NOTE DI INDIRIZZO SULL UTILIZZO DEL COMPOST E DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI IN AGRICOLTURA

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1 Provincia di Bergamo Settore Ambiente Settore Urbanistica e Agricoltura NOTE DI INDIRIZZO SULL UTILIZZO DEL COMPOST E DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI IN AGRICOLTURA

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3 SOMMARIO PRESENTAZIONE...2 INTRODUZIONE... 3 QUADRO NORMATIVO... 4 D.G.R del 21 novembre Zone vulnerabili e non vulnerabili... 5 Dosi di applicazione... 6 REFLUO O EFFLUENTE ZOOTECNICO... 8 Uso agronomico degli effluenti di allevamento Lo stoccaggio Tempi e modalità di distribuzione Quantità in distribuzione Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento Valorizzazione agroenergetica degli effluenti di allevamento Compostaggio degli effluenti di allevamento AMMENDANTE COMPOSTATO O COMPOST DI QUALITÀ Modalità, dosi di impiego ed epoca di distribuzione Colture erbacee Frutticoltura Tappeti erbosi ornamentali, ricreativi e sportivi Paesaggistica Il risanamento ambientale di siti degradati: la bioremedation L ammendante compostato e il Green Public Procurement Alcune azioni che permettono di riconoscere un ottimo ammendante compostato Il programma della rintracciabilità DIVIETI DI UTILIZZO ADEMPIMENTI AZIENDALI CONTROLLO CONTATTI

4 PRESENTAZIONE Storicamente c è sempre stata una stretta connessione tra allevamento, produzione di foraggi e coltivazione dei campi: l utilizzo delle deiezioni degli animali forniva il concime necessario per la produzione di un buon raccolto e il mantenimento della fertilità del suolo. Con l agricoltura moderna, l avvento della concimazione chimica e la specializzazione degli indirizzi produttivi si è talvolta persa questa connessione, fino ad arrivare ad avere allevamenti senza terra. Un ostacolo a questo disaccoppiamento è posto dalla produzione di reflui che, se non valorizzati a scopo agronomico, diventano un rifiuto da smaltire, con tutti i problemi e i costi che da ciò derivano. L utilizzazione agronomica non è tuttavia da considerare solo come una modalità efficiente ed economica per smaltire i reflui e nemmeno come una semplice alternativa alla fertilizzazione minerale: è una forma di concimazione che, se attuata correttamente, tutela il suolo e le sue caratteristiche biochimiche, fondamentali per garantire le produzioni nel lungo periodo. In tempi più recenti si è affermato anche l utilizzo del compost. Il compost è un ammendante ottenuto dai rifiuti organici. La sua produzione e il suo utilizzo si collocano nell ambito delle politiche di attuazione della raccolta differenziata, recupero, riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti organici e delle biomasse. Per ottenere il massimo risultato dall utilizzazione degli effluenti di allevamento e del compost bisogna però conoscerne le caratteristiche, porre attenzione alle varie fasi di produzione, stoccaggio e distribuzione e calcolare in modo corretto i quantitativi da distribuire. Questa guida vuole essere uno strumento utile a fornire agli operatori del settore e alle autorità locali indicazioni sul corretto impiego e sul migliore utilizzo in agricoltura dei reflui zootecnici e del compost. L Assessore all Ambiente Pietro Romanò L Assessore all Urbanistica e Agricoltura Enrico Piccinelli 2

5 INTRODUZIONE Con questo documento, frutto della collaborazione del Settore Ambiente e Settore Urbanistica e Agricoltura della Provincia di Bergamo con il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) e della partecipazione del Dipartimento ARPA di Bergamo, si vuole fornire il quadro di riferimento per l utilizzo agronomico dei reflui zootecnici e del compost. Si vuole inoltre promuovere l utilizzo del compost anche nell ambito del Green Public Procurement (GPP) che rappresenta una modalità di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni che permette di ridurre gli impatti ambientali, legati ai processi di produzione e di consumo. 3

6 QUADRO NORMATIVO Il quadro normativo che regola l utilizzo agronomico dei reflui zootecnici è piuttosto complesso e negli ultimi anni ha subito notevoli modifiche e aggiornamenti, tutti finalizzati a ridurre l impatto ambientale delle attività di allevamento e, in particolare, a preservare le acque dall inquinamento da nitrati di origine agricola. La norma che detta il quadro di riferimento e i principi fondamentali è la Direttiva 91/676/CEE, conosciuta come Direttiva Nitrati. A livello regionale la prima norma organica di settore è stata la L.R. 37/93 Norme per il trattamento, la maturazione e l utilizzo dei reflui zootecnici ; successivamente, a seguito dell emanazione del Decreto Ministeriale del 7 aprile 2006, la Regione Lombardia ha approvato il Programma d Azione Nitrati che, più volte integrato e modificato, è stato approvato da ultimo con D.G.R del 21 novembre Anche l utilizzo in agricoltura del compost è soggetto alle disposizioni dettate dal Programma d Azione Nitrati di cui alla sopra citata D.G.R del 21 novembre Recentemente è stato approvato il Piano Nazionale Strategico Nitrati, documento che fornisce un quadro complessivo delle problematiche connesse all impatto Inverno: campi arati dopo la distribuzione della Direttiva Nitrati ed è orientato a favorire l uso autunnale dei reflui zootecnici efficiente dell azoto in agricoltura. Il Piano fornisce anche un utile contributo alla chiarezza del quadro normativo per la gestione integrata degli effluenti di allevamento e individua diverse tipologie di intervento finalizzate ad adeguare la gestione aziendale alle restrizioni dettate dalla UE. Va inoltre ricordato il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), documento approvato con Decreto Ministeriale nel 1999 e finalizzato ad ottimizzare la gestione dell azoto attraverso l impiego di corrette pratiche agricole. Il quadro normativo si integra con le norme nazionali in materia di tutela ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006 n Norme in materia ambientale) e in materia di fertilizzanti (D.Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88). 4

7 D.G.R del 21 novembre 2007 Il Programma d Azione Nitrati disciplina i criteri e le norme tecniche generali che le aziende agricole devono osservare per l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati. La disciplina si differenzia a seconda che i terreni su cui si effettua l utilizzo agronomico ricadano o meno in zona vulnerabile ai nitrati. Zone vulnerabili e non vulnerabili Il territorio regionale è suddiviso in zone vulnerabili (ZVN) e in zone non vulnerabili all inquinamento da nitrati, con vincoli di gestione e possibilità di utilizzo diversi. Ai sensi dell art. 92 del D.Lgs. 152/2006 si considerano zone vulnerabili all inquinamento da nitrati quelle parti di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate (concentrazione di NO 3 superiore a 50 mg/l nelle acque dolci superficiali) o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi. L individuazione delle zone vulnerabili tiene inoltre conto dei carichi zootecnici (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipo dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione Campi con mais al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione. La classificazione del territorio in zone vulnerabili e non vulnerabili attualmente in vigore in Lombardia è quella definita dalla D.G.R del 11 ottobre I Comuni classificati come ZVN della provincia di Bergamo sono attualmente 49; i Comuni della provincia parzialmente vulnerabili (fasce A e B del Piano di Assetto Idrogeologico) sono 22. 5

8 PROVINCIA DI BERGAMO - ZONE VULNERABILI (in giallo) Dosi di applicazione I limiti quantitativi per la distribuzione a scopo agronomico degli effluenti di allevamento previsti dalla Direttiva Nitrati sono pari a: 170 kg di azoto/ettaro/anno al campo per le zone vulnerabili (il limite d uso è comprensivo delle deiezioni degli animali al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici derivanti dagli effluenti di allevamento e dalle acque reflue); 340 kg di azoto/ettaro/anno al campo per le zone non vulnerabili (il limite d uso è comprensivo delle deiezioni degli animali al pascolo). Tali valori sono al netto delle perdite per volatilizzazione che si verificano nelle fasi di gestione degli effluenti prima del loro utilizzo agronomico (nei ricoveri, durante le fasi di rimozione, 6

9 stoccaggio e trattamento), valutate mediamente nel 28% dell azoto escreto, e sono da intendersi come valori medi aziendali. Va però considerato che, in ogni caso, non si può distribuire più azoto rispetto ai fabbisogni delle coltivazioni, anche se questo valore risultasse sensibilmente inferiore ai valori sopra citati: ad esempio in un campo coltivato a orzo, con una produzione stimata di 5,5 t/ha di sola granella, la distribuzione massima coinciderà con l azoto aspostato dalla coltura, pari a 100 kg di azoto efficiente/ettaro/anno. Accanto al limite normativo esiste quindi un limite agronomico che deve essere comunque rispettato. Tale valore è determinato in base al criterio del bilancio dell azoto : gli apporti azotati complessivi (apportati dalle piogge, provenienti dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno o dai residui colturali, apportati da fertilizzazioni organiche, da concimi chimici, ecc.), tenuto conto dell efficienza di utilizzazione da parte delle colture, non possono superare le asportazioni delle colture effettuate. Nelle zone vulnerabili da nitrati il Programma d Azione Nitrati stabilisce inoltre: per tutti i fertilizzanti e gli ammendanti organici di derivazione non zootecnica (digestato, fertilizzanti azotati e i fanghi di depurazione come normati dal D.Lgs. 92/99) il limite d uso agronomico di 340 kg di azoto/ ettaro/anno; per quanto riguarda il digestato: se derivante Box per allevamento suini da ingrasso dalla fermentazione anaerobica di effluenti di allevamento, il limite d uso agronomico di 170 kg di azoto/ettaro/anno; se derivante dalla fermentazione anaerobica di sola componente vegetale, il limite di 340 kg di azoto/ ettaro/anno. Nelle zone non vulnerabili da nitrati il Programma d Azione Nitrati stabilisce invece che il digestato, i fertilizzanti azotati, per entrambi se di origine organica non zootecinica, e i fanghi di depurazione come normati dal D.Lgs. 92/99 possono essere utilizzati nel rispetto del bilancio dell azoto. A settembre 2009 il Ministero dell Ambiente ha presentato al Comitato Nitrati della Commissione UE richiesta di deroga. La richiesta riguarda le regioni del bacino padano-veneto e prevede che, rispettando precise condizioni, nelle zone vulnerabili da nitrati le aziende possano derogare al limite di 170 kg di azoto/ettaro/anno sino ad un limite massimo di kg di azoto/ettaro/anno. 7

10 REFLUO O EFFLUENTE ZOOTECNICO Varie definizioni sono state adottate nel tempo dal legislatore per i reflui o effluenti zootecnici. La Legge Regionale 37/93, in modo sintetico e chiaro, denomina come reflui o effluenti i residui organici di origine zootecnica e vegetale conseguenti all esercizio dell attività di allevamento. Il più recente Programma d Azione Nitrati individua in modo più articolato le tipologie di effluente e dà delle definizioni più specifiche in funzione della specie allevata, delle modalità di gestione dell allevamento, delle caratteristiche dell effluente. Una prima differenziazione è fatta in base alla consistenza fisica dell effluente, ossia tra: materiali palabili : letami e assimilati materiali non palabili : liquame e assimilati Per palabile o non palabile si intende il materiale in grado o non in grado, se disposto in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad esso conferita. LETAMI: effluenti di allevamento palabili provenienti da allevamenti che utilizzano la lettiera. Il più diffuso e tradizionalmente conosciuto è il letame proveniente da allevamenti di bovini su pavimento pieno e con lettiera di paglia, siano le bestie legate o a stabulazione libera. Sono assimilate ai letami: le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli (anche in questo caso l allevamento è praticato su pavimento pieno) le deiezioni di avicunicoli rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali anche se non mescolate a lettiera gli altri tipi di effluente zootecnico sottoposto a trattamento di disidratazione e/o compostaggio le frazioni palabili, da destinarsi all utilizzazione agronomica, frutto di processi di trattamento a cui sono stati sottoposti gli effluenti di allevamento, da soli o in miscela con biomasse vegetali di origine agricola (es. separazione, centrifugazione). LIQUAMI: effluenti di allevamento non palabili. Rappresentano il tipo di refluo attualmente più diffuso perché prodotto dalle moderne tipologie di allevamento. Al fine di contenere i costi di gestione, esse prevedono che gli animali siano allevati su pavimenti completamente o parzialmente fessurati e che deiezioni, acque di 8

11 lavaggio e perdite di abbeverata vengono raccolte in fosse sottostanti e da qui veicolate nelle vasche di stoccaggio. La consistenza del materiale è quindi liquida. Sono assimilati ai liquami: i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio i liquidi di sgrondo di accumuli di letame (cioè di depositi temporanei di letami idonei all impiego effettuati i prossimità o sui terreni destinati all utilizzazione) le deiezioni di avicunicoli con o senza lettiera, se non sufficientemente disidratate le frazioni non palabili, da destinarsi all utilizzazione agronomica, provenienti da processi di trattamento a cui sono stati sottoposti gli effluenti di allevamento da soli o in miscela con biomasse vegetali di origine agricola (es. separazione, centrifugazione) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati le acque di lavaggio di strutture, attrezzature, impianti zootecnici se mescolate a liquami e destinate all uso agronomico. La corretta classificazione dell effluente come materiale palabile o non palabile riveste molta importanza ai fini della gestione aziendale in quanto la norma prevede modalità e tempi di stoccaggio, condizioni di utilizzo, vincoli e divieti diversi per le due tipologie. Un altra classificazione degli effluenti di allevamento può essere fatta considerando le caratteristiche chimiche rilevanti dal punto di vista agronomico, come il tenore in azoto, fosforo e potassio. In questo caso le tipologie riscontrabili sono molto numerose in quanto molte sono le variabili in gioco: specie allevata, età dell animale, indirizzo produttivo (latte/carne), tipologia di stabulazione, tecniche gestionali. Bovini: stalla con bufale da latte Nelle tabelle n.1, 2 e 3 è riportata a solo titolo esemplificativo la quantità di refluo prodotto e il suo tenore in azoto e fosforo per alcune tipologie di allevamento, in funzione del tipo di stabulazione e dell età dell animale (dati estratti dall Allegato n. 3 alla D.G.R. 5868/07). Come si potrà notare, per alcuni tipi di stabulazione si ha produzione contemporanea sia di letame che di liquame. 9

12 TABELLA N. 1 - SUINI SPECIE CATEGORIA TIPOLOGIA STABULAZIONE LIQUAME (mc/t/anno)* N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/anno)** P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) LETAME (mc/t/anno) N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) suini scrofe ( kg) gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna - pavimento pieno, lavaggio ad alta pressione suini scrofe ( kg) gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna - pavimento parzialmente fessurato suini scrofe kg zona parto su lettiera integrale (estesa a tutto il box) 0,4 1,1 1,3 31,2 99,9 102, suini suini scrofe ( kg) lattonzoli (7-30 kg) zona parto in gabbie sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo box a pavimento pieno senza corsia esterna di defecazione - lavaggio con acqua ad alta pressione suini lattonzoli (7-30 kg) box a pavimento parzilamente fessurato senza corsia esterna di defecazione suini lattonzoli (7-30 kg) box su lettiera 31, suini accrescimento e ingrasso ( kg) box a pavimento pieno senza corsia esterna di defecazione - lavaggio con acqua ad alta pressione suini accrescimento e ingrasso ( kg) box senza corsia esterna di defecazione pavimento parzialmente fessurato suini accrescimento e ingrasso ( kg) box senza corsia esterna di defecazione pavimento totalmente fessurato suini accrescimento e ingrasso ( kg) box su lettiera integrale 0,4 1,1 1,3 31,2 99,9 102, * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P 2O 5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH 3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 10

13 TABELLA N. 2 - BOVINI DA LATTE E CARNE SPECIE CATEGORIA tipologia stabulazione LIQUAME (mc/t/anno)* N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/anno)** P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) LETAME (mc/t/anno) N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) bovini da latte vacche da latte (600 kg) stabulazione libera su lettiera permanente 14, , , bovini da latte vacche da latte (600 kg) stabulazione libera su cuccetta senza paglia bovini da latte vacche da latte (600 kg) stabulazione libera su cuccetta con paglia (groppa a groppa) , , bovini da latte rimonta vacche da latte (300 kg) stabulazione libera su cuccetta senza paglia bovini da latte rimonta vacche da latte (300 kg) stabulazione libera su cuccetta con paglia (groppa a groppa) ,3 13, , bovini da latte vitelli (100 kg) svezzamento vitelli su lettiera (0-6 mesi) ,6 43, , bovini da carne bovini da ingrasso (12-24 mesi) stabulazione libera con paglia totale ,9 30, , bovini da carne bovini da ingrasso (12-24 mesi) stabulazione libera su lettiera inclinata ,2 38, , bovini da carne bovini da ingrasso (6-12 mesi) stabulazione fissa su lettiera , bovini da carne vitelli a carne bianca gabbie singole o multiple sopraelevate con lavaggio a bassa pressione bovini da carne vitelli a carne bianca gabbie singole o multiple su fessurato senza acqua di lavaggio bovini da carne vitelli a carne bianca stabulazione fissa con paglia ,8 50, , * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P 2O 5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH 3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 11

14 TABELLA N. 3 - AVICOLI SPECIE CATEGORIA TIPOLOGIA STABULAZIONE LIQUAME (mc/t/anno)* N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/ anno)** P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) LETAME (mc/t/anno) N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) avicoli galline ovaiole in batteria di gabbie con tecniche di predisidratazione (nastri ventilati) 0, , ,5 avicoli galline ovaiole in batteria di gabbie senza tecniche di predisidratazione , ,5 avicoli galline ovaiole a terra con fessurato (posatoio) totale o parziale e disidratazione della pollina nella fossa sottostante 0, , ,5 avicoli polli da carne a terra con uso di lettiera (numero cicli/anno 4,5) 1,2 13, avicoli tacchini a terra con uso di lettiera (maschi - numero cicli/anno 2,0) 0,9 15, avicoli tacchini a terra con uso di lettiera (femmine - numero cicli/anno 3,0) 0,9 15, * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P 2O 5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH 3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 12

15 Uso agronomico degli effluenti di allevamento L uso agronomico è senz altro il miglior mezzo per valorizzare gli effluenti di allevamento in quanto, come cita l art.2 della D.G.R. 5868/07, con l utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento si ottiene il ricircolo della sostanza organica e dei nutrienti in essa contenuti con effetti ammendanti sul terreno e fertilizzanti sulle colture ed un miglioramento della produttività dei terreni. Perché l impiego agronomico sia efficiente, dia cioè i risultati sperati, e perché non si trasformi in fonte di inquinamento, è necessario che l azienda agricola analizzi con attenzione ogni fase del percorso che il refluo segue per arrivare dalla stalla al campo, passando attraverso la fase essenziale dello stoccaggio. Ciascun passaggio deve essere gestito correttamente e il processo complessivo deve poter essere governato al meglio al fine di ottimizzare la resa in campo. Lo stoccaggio La fase di stoccaggio è essenziale in quanto consente agli effluenti di subire un processo di stabilizzazione e di essere conservati in modo idoneo garantendo così un loro corretto impiego (periodi stagionali favorevoli, colture pronte ad utilizzarli). L efficienza agronomica nell utilizzo dei nutrienti è infatti correlata al periodo di distribuzione: i migliori risultati si riscontrano distribuendo l effluente in primavera o comunque in corrispondenza dell attività vegetativa delle piante. È quindi fondamentale avere a disposizione Vascone con liquami degli stoccaggi adeguati per garantire il rispetto del calendario di distribuzione programmato. Le strutture di stoccaggio sono differenti a seconda del tipo di refluo, palabile o meno, e della funzione, se di prima raccolta o di accumulo. LETAMI: le strutture di stabulazione dove si produce letame sono quelle a pavimento pieno, di solito con distribuzione di materiale da lettiera (paglia, segatura, etc..) per assorbire i liquidi. Lo stoccaggio del letame (e più in generale dei materiali palabili) va effettuato su platea, coperta o meno, delimitata da cordolo o muro perimetrale di contenimento con possibilità di accesso ai mezzi meccanici. La platea deve avere una pavimentazione impermeabile ed essere 13

16 dotata di strutture di raccolta dei percolati (pozzettone). Il dimensionamento della platea va fatto garantendo una capacità di stoccaggio non inferiore al volume di letame prodotto in 90 giorni. Sono considerate utili al fine del calcolo della capacità di stoccaggio le superfici della lettiera permanente e, nel caso delle galline ovaiole, le fosse profonde dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati nell allevamento a terra. In questi casi, se il ciclo di allevamento lo permette, tutto il periodo di stoccaggio può svolgersi nei ricoveri. Negli altri casi la lettiera viene asportata ad intervalli regolari, in modo da garantire l igiene dell allevamento, pertanto il periodo di stoccaggio deve essere completato in platea; da qui poi il letame sarà trasportato in campo per l utilizzo diretto o per un ulteriore fase di stoccaggio temporaneo, ossia fino a che ne sia possibile la distribuzione. L accumulo temporaneo in campo è ammesso solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni; fanno eccezione gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni, le cui lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sottoforma di cumuli in campo. I cumuli possono permanere in campo per un periodo non superiore a 90 giorni, devono essere dimensionati in relazione alle necessità delle colture praticate sui terreni circostanti e non possono essere ripetuti nello stesso luogo nell ambito della medesima annata agraria. Devono inoltre essere realizzati in modo tale da evitare di essere fonte di inquinamento per la fuoriuscita di percolati e da garantire le necessarie condizioni microaerobiche all interno della massa. È fatto divieto di realizzare l accumulo temporaneo di letami a meno di 5 m dalle scoline, a meno di 30 m dalle sponde dei corpi d acqua superficiali e a meno di 40 m dalle sponde dei laghi. LIQUAMI: questi effluenti non palabili devono necessariamente essere stoccati in vasche. La produzione di liquame avviene generalmente in allevamenti dove gli animali vengono allevati su pavimento completamente o parzialmente fessurato, al di sotto del quale si trovano le fosse di raccolta delle deiezioni, delle acque di lavaggio e delle perdite di abbeverata. Dalle fosse sottogrigliato il refluo viene pompato, o defluisce per gravità, verso le vasche di accumulo. Naturalmente deve essere garantita l assoluta impermeabilità del fondo e delle pareti di tutte le vasche e nel dimensionamento, per le vasche senza copertura, deve essere previsto un franco di sicurezza di 30 cm per le acque piovane incidenti; gli stoccaggi devono inoltre poter accogliere, ove previsto, anche le eventuali acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche. È invece necessario prevedere l esclusione delle acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonché delle acque provenienti da aree non connesse all allevamento. Per il dimensionamento delle vasche vanno tenuti in considerazioni vari fattori tra cui la specie allevata, l indirizzo produttivo (carne, latte), l ordinamento colturale (tipo di colture e rotazioni praticate): 14

17 la capacità di stoccaggio non deve essere inferiore al volume prodotto in 180 giorni; fanno eccezione le aziende di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini con assetti colturali che prevedono la presenza di pascoli o prati o erbai e cereali autunno-vernini, per le quali il volume di stoccaggio minimo deve essere di almeno 120 giorni per le aziende che producono almeno kg di azoto/anno, nel caso di costruzione di nuove strutture di stoccaggio o di ampliamento di quelle esistenti, deve essere previsto il frazionamento dello stoccaggio in almeno due bacini per garantire un più alto livello di stabilizzazione dei liquami eccetto che per le aziende situate in comuni di montagna, nelle strutture di nuova realizzazione, siano esse nuovi allevamenti o ampliamenti, le fosse sottogrigliato non possono essere considerate utili ai fini del calcolo dei volumi di stoccaggio necessari; tali strutture devono cioè servire solo per la veicolazione dell effluente. Le aziende che producono oltre a liquame anche piccole quantità di letame, possono evitare di realizzare platee trattando il letame come un effluente non palabile, ossia stoccandolo nelle vasche di accumulo; in questo caso i tempi di stoccaggio sono equiparati a quelli del liquame. Tempi e modalità di distribuzione Tutti i reflui zootecnici possono essere distribuiti solo dopo il periodo minimo di stoccaggio previsto dalla normativa: i letami vengono sparsi con carri spandiletame di capacità di carico normalmente variabile tra 3 e 12 tonnellate mentre per i liquami si usano carribotte dotati di pompe idrauliche centrifughe e capacità di carico variabile tra le 4 e le 30 tonnellate. In entrambi i casi la tecnologia sta mettendo a disposizione mezzi sempre più capaci per ridurre il numero di viaggi dall azienda al campo. Altra modalità di distribuzione è la fertirrigazione, ossia l applicazione al suolo effettuata mediante l abbinamento dell irrigazione con la fertilizzazione, attraverso l addizione controllata alle acque di irrigazione di quote più o meno rilevanti di liquame. La miscela viene poi distribuita utilizzando rotolone e irrigatore semovente oppure per scorrimento, facendo tracimare il canale adacquatore in cui si è immesso il liquame. Gli studi hanno dimostrato che, per migliorare l efficienza della distribuzione Carrobotte per la distribuzione del liquame e ridurre la quantità di perdite per percolazione, va preferita una distribuzione il più a ridosso possibile alla semina, ossia al momento in cui i vegetali coltivati cominceranno ad utilizzare le sostanze distribuite. 15

18 La normativa vigente vieta gli spandimenti con irrigatori a lunga gittata, la distribuzione da strada a bordo campo e l utilizzo di tubazioni o manichette di irrigazione a bocca libera. È invece consigliato lo spandimento superficiale a bassa pressione associato a interramento entro le 12 ore o l iniezione diretta nel suolo. La distribuzione di refluo in copertura, ottima perché massimizza l efficienza agronomica dell intervento e riduce i rischi di percolazione, presenta problemi tecnici essendo di facile esecuzione solo nei prati dopo lo sfalcio; la distribuzione in copertura è comunque vietata nelle tre settimane precedenti lo sfalcio e su coltivazioni in atto destinate direttamente all alimentazione umana. In fase di distribuzione va inoltre attentamente considerato l aspetto relativo alla produzione di odori, aspetto delicato soprattutto in zone ad elevato grado di urbanizzazione, caso ricorrente nella pianura bergamasca. La misura più efficace per ridurre l impatto olfattivo è l interramento immediato mediante aratura o altre tecniche di interramento; l interramento è inoltre efficace per ridurre l emissione in atmosfera di ammoniaca. Va naturalmente evitata la distribuzione in campo di liquami e letami non completamente maturi, molto più odorigeni. Quantità in distribuzione Prima di distribuire i reflui è importante valutare la quantità di effluente che si andrà a spandere in funzione della coltura praticata. Il quantitativo di azoto (e quindi di effluente) che è possibile distribuire è determinato in base al metodo del bilancio azotato. Gli apporti azotati derivanti dalle diverse fonti (apporti naturali, disponibilità di azoto derivante da precessioni colturali, fertilizzazioni organiche e chimiche), tenuto conto dell efficienza di utilizzo dell azoto, non devono superare le asportazioni delle colture. Per ogni coltura effettuata nell anno si considerano i seguenti apporti azotati: azoto atmosferico (10 kg/ettaro/anno); azoto proveniente dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno (15 kg/ ettaro/anno per ogni punto percentuale di S.O. del terreno); nel caso del letame, la forza vecchia, o disponibilità di azoto frutto della concimazione dell anno precedente (calcolata nel 30% dell azoto distribuito); precessione colturale (apporti variabili a seconda della coltura attuata e dei relativi residui lasciti in campo). 16

19 L efficienza (alta media bassa) dell azoto degli effluenti dipende soprattutto dall epoca di distribuzione in relazione alle colture attuate; deve comunque essere garantita a scala aziendale un efficienza non inferiore ai valori di efficienza media definiti dalle tabelle 1/a e 1/b dell Allegato 3 alla D.G.R. 5868/07. Si riporta a titolo esemplificativo la tabella 4 che indica le asportazioni di azoto delle colture più diffuse nella realtà bergamasca. A questo dato è stato affiancato un valore indicativo che esprime la quantità (mc/ha) di liquame o letame necessari a soddisfare le esigenze dei vegetali; il tenore in azoto degli effluenti considerati è relativo ad alcune delle categorie di animali indicate nelle tabelle 1, 2 e 3; si è considerata un efficienza media dell azoto negli effluenti pari al 50% e, per semplicità, non si è qui tenuto conto delle altre voci del bilancio azotato specificate in precedenza. Indipendentemente dai fabbisogni colturali si ricorda che nelle zone vulnerabili è possibile distribuire con i reflui zootecnici fino a 170 kg di azoto/ettaro/anno al campo e nelle zone non vulnerabili fino a 340 kg di azoto/ettaro/anno al campo, pertanto può essere necessario ricorrere anche alla concimazione chimica (tabella 5). Nota la quantità di azoto che mediamente è presente in un metro cubo di letame o liquame, l efficienza media aziendale degli effluenti distribuiti e i fabbisogni delle singole colture, è semplice calcolare quanto refluo portare sui vari appezzamenti e a quanti viaggi con carrobotte o spandiletame corrisponde la distribuzione di tali quantitativi. Circa la densità degli effluenti, quella del liquame è approssimabile a quella dell acqua (1 mc = 1 t), mentre la densità del letame maturo è approssimabile a 0,75 t/mc, con variazioni anche significative in relazione al quantitativo di materiale da lettiera utilizzato. Per le aziende tenute alla predisposizione del PUA, è possibile attraverso tale documento individuare per ciascuna Unità Gestionale il quantitativo di prodotto (mc/ha) da spandere in base al calendario di distribuzione programmato. 17

20 TABELLA N. 4 ASPORTAZIONI COLTURE E COPERTURA FABBISOGNI CON SOLI EFFLUENTI (ipotesi teorica in base al limite agronomico ) DESCRIZIONE GRUPPO COLTURA RESA (t/ha) TIPOLOGIA COLTIVAZIONE ASPORTAZIONI AZOTO (kg/ettaro) LETAME BOVINO (mc/ettaro) POLLINA (mc/ettaro) LIQUAME BOVINO (mc/ettaro) LIQUAME SUINO (mc/ettaro) mais 10 granella 200, mais 10 granella e stocchi 280, silomais , grano tenero 5 granella 115, grano tenero 5 granella e paglia 139, triticale 4,5 granella 81, triticale 4,5 granella e paglia 118, orzo 5,5 granella 99, orzo 5,5 granella e paglia 121, erba medica (*) , prato stabile 4 impianto 78, prato stabile 6 produzione 118, erbaio di graminacee 8 loglio fieno 208, Tipologie di refluo utilizzate per il calcolo: letame bovino prodotto da bovini da ingrasso a stabulazione libera su paglia totale: 2,4 kg N/mc letame pollina prodotta da galline ovaiole in gabbie con tecniche di predisidratazione: 12,1 kg N/mc pollina liquame bovino prodotto da vacche da latte a stabulazione libera con cuccette senza paglia: 4,2 kg N/mc liquame liquame suino prodotto da suini da ingrasso in box multiplo su pavimento fessurato: 3,0 kg N/mc liquame efficienza media dell azoto considerata: 50% (*) nei casi in cui se ne verifichi la necessità è possibile ricorrere alla fertilizzazione, con esclusione del primo anno 18

21 TABELLA N. 5 ASPORTAZIONI COLTURE E QUANTITATIVO DI EFFLUENTI DISTRIBUIBILE (limite normativo vincolante) DESCRIZIONE GRUPPO COLTURA TIPOLOGIA COLTIVAZIONE ASPORTAZIONI AZOTO (kg/ettaro) LETAME BOVINO (mc/ettaro) POLLINA (mc/ettaro) LIQUAME BOVINO (mc/ettaro) LIQUAME SUINO (mc/ettaro) ZVN ZO ZVN ZO ZVN ZO ZVN ZO mais granella 200, mais granella e stocchi 280, silomais 276, grano tenero granella 115, grano tenero granella e paglia 139, triticale granella 81, triticale granella e paglia 118, orzo granella 99, orzo granella e paglia 121, erba medica (*) 248, prato stabile impianto 78, prato stabile produzione 118, erbaio di graminacee loglio fieno 208, Tipologie di refluo utilizzate per il calcolo: letame bovino prodotto da bovini da ingrasso a stabulazione libera su paglia totale: 2,4 kg N/mc letame pollina prodotta da galline ovaiole in gabbie con tecniche di predisidratazione: 12,1 kg N/mc pollina liquame bovino prodotto da vacche da latte a stabulazione libera con cuccette senza paglia: 4,2 kg N/mc liquame liquame suino prodotto da suini da ingrasso in box multiplo su pavimento fessurato: 3,0 kg N/mc liquame (*) nei casi in cui se ne verifichi la necessità è possibile ricorrere alla fertilizzazione, con esclusione del primo anno ZVN: zona vulnerabile da nitrati (max 170 kg N/ha/anno) ZO: zona ordinaria (non vulnerabile da nitrati : max 340 kg N/ha/anno ) 19

22 Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento Il quadro delineato dal Programma di azione nitrati impone la valutazione di modelli gestionali e di soluzioni tecnologiche che consentano di affrontare l adeguamento alle normative, mantenendo nel contempo la sostenibilità economica delle aziende. Tale esigenza è evidente soprattutto nelle aree in cui molte aziende si trovano a dover gestire un esubero di reflui rispetto alla possibilità di una loro idonea utilizzazione agronomica. Situazioni critiche si evidenziano in particolare in ambiti territoriali in cui l evoluzione strutturale delle aziende e del comparto zootecnico nel suo complesso hanno portato ad una forte concentrazione di allevamenti a lato di Cumulo temporaneo di letame non a norma una progressiva riduzione di territorio agricolo disponibile, soprattutto a causa della diffusa urbanizzazione. Le possibili strategie d intervento per gestire questa situazione, senza dover ricorrere alla riduzione dei capi allevati, passano attraverso: l adozione di tecniche gestionali mirate al contenimento dell azoto negli effluenti, l individuazione di nuovi terreni su cui poter distribuire a scopo agronomico i reflui zootecnici, soluzione cui si accompagnano i costi gestionali dovuti al trasporto del materiale anche ad elevate distanze, la riduzione del tenore di azoto nei reflui, utilizzando i trattamenti biologici e/o fisicochimici oggi disponibili. RAZIONE ALIMENTARE: intervenendo sulla razione proteica fornita agli animali è possibile ridurre l azoto escreto; le proteine distribuite in eccesso rispetto ai limiti fisiologici di assimilazione dell animale vengono infatti eliminate attraverso le deiezioni, aumentando il loro tenore di azoto. Va quindi attentamente valutata la razione alimentare, calcolandone con attenzione tutte le componenti per ottimizzarla. TRATTAMENTI a cui sottoporre i reflui zootecnici, in particolare il liquame, per razionalizzarne la gestione o per ridurne il tenore di azoto. Si riportano di seguito i principali trattamenti finalizzati ad ottimizzare la gestione degli effluenti di allevamento. SEPARAZIONE SOLIDO-LIQUIDO: il trattamento adotta tecniche per la rimozione delle particelle di diversa granulometria sospese nell effluente in modo da rendere sia la com- 20

23 ponente liquida che la frazione solida più facili da gestire; in particolare la componente separata palabile può essere trasportata in modo più agevole. RIMOZIONE BIOLOGICA DELL AZOTO (NITRO-DENITRO): è un trattamento che consente di abbattere l azoto contenuto negli effluenti, liberando in atmosfera fino al 70-80% dell azoto in ingresso all impianto. Percentuali di rendimento anche maggiori si possono attenere in relazione all obiettivo che si intende raggiungere: dalla semplice riduzione, più o meno spinta, del carico organico e azotato, fino alla depurazione completa con possibilità di scarico in acque superficiali. In sintesi il processo necessita di due fasi: la prima, detta di nitrificazione, avviene in ambiente aerobico ad opera di batteri che trasformano l ammoniaca (NH 4 ), forma in cui l azoto è principalmente presente nei reflui, dapprima in nitriti (NO 2 ) e poi in nitrati (NO 3 ); nella seconda fase i nitrati vengono trasformati, ad opera di altri batteri che operano in ambiente anaerobico, in azoto molecolare (N 2 ) che si disperde in atmosfera. La realizzazione di questi impianti (costituiti da più vasche, pompe idrauliche, agitatori, aereatori, etc ) è però costosa e la loro gestione necessita di personale specializzato e di un controllo costante di tutte le fasi. Un interessante applicazione di questa tecnologia è costituita dai reattori SBR (Sequencing Batch Reactors) che consentono il trattamento biologico a flusso discontinuo. Sono impianti costituiti generalmente da uno o due bacini in cui hanno luogo i processi di ossidazione biologica e di sedimentazione; le fasi del processo sono condotte in tempi diversi, variando ciclicamente le condizioni operative dell impianto. Un altro aspetto da considerare adottando sistemi biologici di trattamento è la possibile presenza di antibiotici negli effluenti da trattare. Gli antibiotici, forniti agli animali in alcune fasi del ciclo di allevamento, se in eccesso, vengono infatti eliminati attraverso le deiezioni; quando queste giungono alle vasche di trattamento, il farmaco agisce sui batteri che dovrebbero depurare il refluo, con conseguente mancata efficienza del processo. Infine anche le condizioni climatiche (troppo caldo o troppo freddo) possono influire sul buon funzionamento dell impianto di trattamento: è quindi fondamentale un attento e continuo monitoraggio delle condizioni operative. STRIPPAGGIO: è una tecnica che consente un trattamento conservativo dell azoto che viene separato, concentrato e può essere facilmente trasportato e utilizzato fuori dell azienda. Si tratta di un Distribuzione localizzata di digestato in copertura su mais 21

24 processo chimico che si basa sull aggiunta ai reflui di soda caustica, fino a portare il ph a valori di 11-11,5. In queste condizioni l ammoniaca, che è debolmente basica, si trasforma in gas; questo viene poi convogliato e messo in contatto con una soluzione di acido solforico. Si ottiene quindi del solfato ammonico liquido o, per precipitazione, del sale ammonico. L abbattimento del tenore di azoto con la tecnica dello strippaggio varia tra il 60 e l 80% circa, perché nitrati e composti azotati organici non vengono coinvolti nella reazione. La tecnica è consolidata dal punto di vista del processo in quanto ampiamente utilizzata in altri settori; non è ancora pienamente sperimentata per il trattamento degli effluenti di allevamento. FITODEPURAZIONE: è un sistema di depurazione naturale che utilizza la capacità di specifiche essenze vegetali di assorbire elementi nutritivi. Il sistema, che può presentare diverse varianti applicative, prevede sostanzialmente la realizzazione di una laguna interrata e impermeabilizzata, al cui interno si deposita uno strato di circa cm di ghiaia o altro materiale inerte di diversa granulometria, in cui vengono monte della laguna va realizzata una fossa settica tipo Imhoff e un pozzetto filtrante, mentre messe a dimora delle specie vegetali macrofite, solitamente Phragmites Australis e la Typha latifolia. Il processo depurativo passa attraverso l attività radicale dei vegetali e quella microbica di ingenti colonie di Particolare dei solchi di distribuzione batteri che si sviluppano all interno del substrato. A valle deve essere previsto un pozzetto collettore per il deflusso delle acque depurate. Le acque possono essere riutilizzate come acque non potabili o, se i parametri analitici delle stesse garantiscono il rispetto dei limiti normativi, possono essere immesse in corso idrico superficiale. I pregi di questa metodologia sono i bassi costi di gestione, una manutenzione semplice, la mancata produzione di fanghi e odori, il basso impatto ambientale; il principale svantaggio è che l installazione richiede spazi considerevoli, pertanto la fitodepurazione si adatta bene solo a piccole utenze e ad allevamenti di ridotte dimensioni. VALORIZZAZIONE AGROENERGETICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO Gli impianti di digestione anaerobica con produzione di biogas, anche se non hanno un effetto diretto sul contenuto di azoto dei liquami, possono costituire un elemento importante nella gestione dei reflui zootecnici. 22

25 All uscita dall impianto di digestione gli effluenti risultano stabilizzati, la formazione di odori è notevolmente ridotta, l azoto ha subito un processo di mineralizzazione ed è presente prevalentemente in forma ammoniacale, più prontamente utilizzabile. La produzione di energia da fonte rinnovabile costituisce l altro aspetto che rende interessante e di sempre maggior attualità la digestione anaerobica degli effluenti di Ovini al pascolo: forme di agricoltura estensiva riducono il problema dei nitrati allevamento, in quanto fonte integrativa di reddito per l azienda agricola. Per ottenere energia si sfrutta l attività biologica di microrganismi (batteri) che porta alla produzione del biogas, composto principalmente da metano (dal 50 all 80% a seconda della natura del materiale utilizzato) e anidride carbonica. Il biogas poi può venire utilizzato direttamente come combustibile per riscaldamento o per produrre energia elettrica attraverso gruppi elettrogeni azionati da motori a scoppio. Il processo prevede che il refluo, generalmente dopo aver subito un trattamento di separazione solido-liquido, venga immesso in appositi silos ove avviene la digestione; per aumentare l efficienza del processo possono essere aggiunte al liquame altre componenti (colture energetiche come il mais o il sorgo, residui vegetali quali paglia, altre biomasse di diversa natura). Al termine del processo, il digestato, nel rispetto delle specifiche norme che ne disciplinano l impiego, può venire utilizzato a scopo agronomico nei campi, non avendo perso nessuna delle proprietà fertilizzanti ed essendo anzi un prodotto migliorato dal punto di vista della gestione agronomica. Come già detto, il processo di digestione non abbatte il tenore di azoto: va anzi evidenziato che l utilizzo di biomasse aggiunte può determinare un aumento del quantitativo di azoto finale che deve poter essere gestito nel rispetto dei limiti normativi. Molto interessante l utilizzo di impianti combinati per la rimozione dell azoto e la produzione di energia, in grado di contenere i costi di gestione per i processi di abbattimento dell azoto. La realizzazione di questi impianti deve comunque essere sempre valutata attentamente, sia per l impegno tecnico della gestione (necessità di professionalità specifiche, monitoraggio e manutenzione costanti), sia dal punto di vista economico. Per questi motivi, nel caso di aziende che non siano di dimensioni sufficienti o non abbaino sufficiente capacità economica, diventa interessante valutare la possibilità aderire ad impianti consortili di trattamento. 23

26 COMPOSTAGGIO DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO Tra i trattamenti possibili sugli effluenti di allevamento vi è il compostaggio, processo che si realizza attraverso la degradazione biologica o bio-ossidazione (digestione aerobica) del substrato. Il prodotto finale viene tipicamente valorizzato come ammendante organico che può essere immesso sul mercato dei fertilizzanti. Più diffusamente utilizzato per la gestione dei reflui palabili o delle frazioni solide del separato solido-liquido, il processo di compostaggio può essere applicato anche ad effluenti non palabili, attraverso processi che prevedono la miscelazione ai liquami di materiale legnocellulosico. La corretta conduzione del trattamento richiede adeguate soluzioni impiantistiche, opportuna scelta dei substrati da miscelare all effluente e corretta valutazione del quantitativo necessario, adeguata durata del processo di trattamento. 24

27 AMMENDANTE COMPOSTATO O COMPOST DI QUALITÀ L art. 183 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 definisce: t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità; u) compost di qualità: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni (oggi decreto legislativo n. 75 del 2010). L allegato 2 del D.Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, anorma dell articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88 è relativo agli ammendanti: materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o l attività biologica. La legislazione individua tra gli ammendanti i seguenti prodotti: Ammendante compostato verde (ACV): prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti da scarti di manutenzione del verde ornamentale, altri materiali vegetali come sanse vergini (disoleate o meno) od esauste, residui delle colture, altri rifiuti di origine vegetale. Ammendante compostato misto (ACM): prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica degli RSU proveniente da raccolta differenziata, da rifiuti di origine animale compresi liquami zootecnici, da rifiuti di attività agro-industriali e da lavorazione del legno e del tessile naturale non trattati, da reflui e fanghi, nonché dalle matrici previste per l ammendante compostato verde. Modalità, dosi di impiego ed epoca di distribuzione L ammendante può essere impiegato nelle colture cerealicole-foraggere, in orticoltura, in frutticoltura ed in generale nelle colture in pieno campo; tuttavia alcune caratteristiche determinano la possibilità di impiego più ampio. Se si prevede l impiego nel settore florovivaisico (giardinaggio, colture in vaso, ecc.), come per qualsiasi ammendante ricco in elementi nutritivi, non è consigliabile l utilizzo in purezza e a diretto contatto con le radici o con i semi, ma 25

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