GABRIELE BASILICO

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1 GABRIELE BASILICO Fotografo di architettura, arte e design, definito FOTOGRAFO DELLE CITTÀ, protagonista assoluto della storia della cultura visiva internazionale, con le sue immagini ha registrato e documentato spazi e città di tutto il mondo, decifrando le contrapposizioni più stridenti per dare dignità anche ai luoghi di margine urbano, interprete della complessità infinita dei fenomeni urbani. Architetto: formazione artistica al Liceo con indirizzo architettura e poi Politecnico. Nel 1968 gli studenti universitari prendono coscienza che il mondo sta cambiando nessuno faceva progetti ma "esperienze", la fotografia era un modo veloce, immediato e contemporaneo per testimoniare la realtà. 169

2 Nasce la galleria milanese "il diaframma" grazie a Lanfranco Colombo, si crea l'occasione per incontrare fotografi famosi come Ugo Mulas e Gianni Berengo Gardin ("se non avessi conosciuto lui forse non sarei diventato fotografo, mi ha insegnato il rispetto per il soggetto, che sia con o senza persone") "Con le sue immagini, dalla controllata, consapevole tensione metafisica, egli ha efficacemente collaborato a presentare in questi ultimi anni il gusto post modern, rilevando visivamente alcune dimenticate architetture industriali e di periferia, rivalutate come reperti archeologici e fissate con un chiaroscuro intenso ed una prospettiva sfuggente e basculata, nello stile sofisticato anni 30" I.Zannier Utilizza il grande formato, banco ottico, vedere l'immagine capovolta attraverso il vetro smerigliato con il panno in testa consente di astrarre il soggetto architettonico Ritiene che per fotografare un soggetto è necessario spostarsi, cambiare il punto di vista, come un rabdomante che va' alla ricerca di qualcosa che non si vede, l'occhio del 170

3 fotografo cerca la visione giusta con uno sguardo preciso ed appassionato e finchè non scatta la foto non esiste. Milano e le sue proporzioni sono state la matrice di ogni suo scatto, testimone delle sue trasformazioni con l'intento di registrare con la fotografia gli oggetti e i luoghi dell'architettura industriale milanese "Una zona drammatica e periferica con un forte contrasto può diventare un inferno, al contrario si può concentrare l'attenzione solo sulla scena." Il grattacielo Pirelli è un punto di riferimento per Milano, se si paragona la città ad un corpo, il Pirellone è un ago dove converge l'energia, un monumento sempre ben visibile vedendo dall'alto la città Uno dei lavori più cari a GB è il Quartiere Vigentina 1978, abbandonato nel weekend di Pasqua, appariva silenzioso e mostrava la "pelle", libera dalle persone, con una luce forte e pulita, un vento leggero e un tepore primaverile... La condizione ottimale per stare ad osservare, osservazione della differenza estetica rispetto ai giorni feriali, tentativo di "introiettare il paesaggio attraverso la contemplazione, non significa stare per più tempo davanti ad un fatto, ma vedere di più". Sviluppato fino al 1983, gli diede notorietà come "Ritratti di fabbriche". Un altro luogo milanese caro a GB era Piazza Missori, poco considerata, subito dietro al Duomo ma particolare, piacevole da percorrere e per sostare, con una centralità anche se non del tutto simmetrica e ordinata 171

4 Uno degli incarichi più prestigiosi fu la Mission photographique della Datar del 1984, insieme ad altri fotografi molto noti, doveva immortalare i "paesaggi transalpini degli anni 80": decise elaborare un progetto per i porti francesi, tutta la costa fino alla N o r m a n d i a ( c h e p o i a m p l i a successivamente per interesse personale in tanti altri contesti tra i quali Genova). 172

5 "Vicino al mare hai la tensione dell'infinito, la forma del percorso lontano, con una prospettiva verso qualcosa di naturale e quasi metafisico." Le sue immagini di Genova, Corso Aurelio Saffi e zona portuale intorno alla Lanterna, sono immagini "come cartoline", rettangoli all'interno dei quali ottenere un equilibrio, senza alcun artificio della veduta, "è il luogo stesso che suggerisce cosa vedere, tutto è impostato alla massima semplicità, visione collettiva e calma, dove tutto appare rallentato". 173

6 Beirut è stato un lavoro forte, s o f f e r e n t e, b e l l i s s i m o e d emozionante: un gruppo di fotografi celebri (Robert Frank, Renè Burri, Josef Koudelka e Basilico, l'unico tra questi che fotografava in banco ottico), nell'autunno del 1991 fu incaricato di interpretare la città dopo i bombardamenti, prima della ricostruzione. "Mi trovavo di fronte ad una città ferita la cui immagine era ancora perfettamente visibile", dall'ultimo piano dello scheletro dell'hotel Hilton era evidente che la città, dilaniata e distrutta, continuava a vivere, scarnificata ma con un'ossatura ancora presente. Con il senso di vuoto che ricercò, lo spazio è il protagonista, i libanesi riconoscevano i luoghi, anche se ne raccontavano anche il dramma. 174

7 Offre una visione diversa della città di Mosca con "Mosca verticale": immagini simbolo sono il MID, ministero della Difesa e la visione all'alto della città che "plana" e consente di osservare il corpo della città, lo spazio, il colore, gli edifici costruttivisti e il traffico. le due immagini a confronto creano doppie forze e doppie traiettorie per fare esperienza visiva dello spazio urbano. A San Francisco, nella Silicon Valley, offre una visione di sintesi con luce doppia. Fa esperienza sul sito, raccontando uno spazio attraverso un percorso, on the road, iniziando dal SOMA fino a San Josè (più abitanti di SF), senza raccontare le grandi aziende ma come abita e vive la gente, luoghi di confine e principali che creano la struttura dell'abitato. 175

8 Ha sempre scattato in bianco e nero, solo negli ultimi anni si era dedicato anche al colore per delle visioni di Roma, lasciandosi ispirare dai vedutisti settecenteschi, rendendo la città eterna con luce tenue e atmosfere rarefatte. Puntò sempre al rallentamento dello sguardo, "con i miei scatti tendo a dilatare tutto il più possibile e i tempi lunghi vivono in simbiosi con il silenzio". «E certo che io faccio fotografie in relazione al principio e all esperienza estetica della visione. In questo senso io sono pienamente fotografo. Ma è anche vero che la fotografia, e non solo come linguaggio, è entrata da parecchio tempo, e a buon diritto, nel mondo dell arte. Sono convinto però che un unità della fotografia nel grande bacino della ricerca artistica è un idea troppo riduttiva: una cosa è usare la fotografia come linguaggio per comunicare un opera concepita in modo diverso (per esempio un installazione), un altra cosa è pensare «fotograficamente», interpretandola, la realtà 176

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