PARTE CLINICA. Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche. Introduzione e note metodologiche. Paolo Stanzione Mariangela Pierantozzi

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1 PARTE CLINICA Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche Paolo Stanzione Mariangela Pierantozzi Introduzione e note metodologiche Nell uomo, i segnali elettrofisiologici in risposta a stimoli sensoriali possono essere agevolmente registrati in corrispondenza delle sedi in cui sono generati ed in modo non invasivo, utilizzando tecniche di avareging, impiegate per la prima volta nel In base a tali tecniche si ottengono risposte elettrofisiologiche riproducibili in termini di ampiezza e latenza di comparsa rispetto allo stimolo che le ha generate definite appunto Potenziali Evocati (PE). I PE forniscono dati numerici che contribuiscono in modo oggettivo e attendibile alla diagnosi di numerose patologie neurologiche che interessano diversi sistemi sensoriali. In questo ambito, i potenziali evocati visivi (PEV) rappresentano un importante strumento elettrofisiologico per la diagnosi e lo studio di patologie neurologiche che possono determinare il coinvolgimento del nervo ottico, delle vie ottiche e della corteccia visiva. I PEV esprimono infatti il correlato elettrico dell attività delle vie visive fino alla corteccia calcarina e permettono di ottenere in modo non invasivo informazioni sulla funzionalità del sistema visivo umano.

2 138 PARTE CLINICA I PEV maggiormente utilizzati nello studio di patologie neurologiche che interessano le vie visive sono quelli che impiegano un stimolo strutturato o modello (pattern-pev; P-PEV). In genere si tratta di un pattern di tipo reversal (reversal-p- PEV), in cui gli elementi chiari e scuri del modello sono organizzati a formare una scacchiera (checkboard) o delle barre (grating) e si invertono tra di loro permettendo variazioni di contrasto pur mantenendo una luminanza media costante 92. Meno frequentemente viene utilizzato un pattern di tipo onset-offset (onset-offset-p- PEV), in cui lo stimolo visivo, semplice o impostato in modo analogo a quelli del pattern reversal, sempre caratterizzato da una luminanza media costante, appare e scompare in sequenza. Questo secondo tipo di P-PEV è particolarmente utile nell identificare il misrouting del nervo ottico e delle fibre del chiasma ottico in caso di albinismo oculare o oculo-cutaneo. I PEV che utilizzano uno stimolo da flash diffuso (flash-pev; F-PEV) caratterizzato, a differenza del P-PEV, da una variazione di luminosità, hanno invece un campo di applicazione piuttosto limitato nell ambito delle patologie neurologiche che interessano le vie visive in quanto offrono risposte estremamente variabili nella popolazione di controllo e risultano meno sensibili del P-PEV. Nell ambito dei P-PEV, è possibile selezionare le caratteristiche dello stimolo più adatto per l analisi clinica delle diverse componenti del sistema visivo, che possono essere attivate in modo diverso in base alle proprietà spaziali, temporali, cromatiche e di contrasto dell immagine. In base alle caratteristiche dello stimolo, il P-PEV può fornire indicazioni sulla funzionalità dei vari settori del campo visivo e sull integrità delle vie ottiche, organizzate in modo da elaborare in parallelo tutte le informazioni relative allo stimolo visivo 92,160. La frequenza spaziale (FS) di uno stimolo da pattern misura quante volte il contrasto di una immagine (pattern) passa dal minimo al massimo valore in un grado di angolo visivo. La FS si misura in cicli per grado (c/g), dove 1 c/g corrisponde all alternanza completa da un elemento chiaro ad uno scuro in un grado di angolo visivo, cioè al numero delle barre che sottendono un angolo di grado di campo visivo. La grandezza della barra (w) può essere calcolata con la formula: w = 60/2f, dove w è espressa in minuti di arco ed f è la FS espresso in c/g. Se invece delle barre il modello utilizzato è una scacchiera, le dimensioni degli scacchi si misurano in minuti di arco di grado di angolo visivo. Le diverse FS permettono di esplorare i diversi settori del campo visivo stimolando in modo fisiologico i differenti sistemi neuronali della via visiva. In particolare, la via visiva foveale e parafoveale viene studiata utilizzando alte FS di stimolazione comprese tra i 4c/g (barre) ed i 6-10 di grado (scacchi), mentre le parti più periferiche del campo visivo vengono indagate utilizzando basse FS di stimolazione pari a 1-2c/g (barre) e 30/40/60 di grado (scacchi). La luminanza media (Lm) del pattern corrisponde alla luminanza media dello schermo, espressa in candele/cm 2, secondo la formula: Lm (Lmax + Lmin)/2, dove Lmax e Lmin corrispondono alla luminanza degli elementi più chiari (Lmax) e più scuri (L min) che costituiscono lo stimolo visivo 20. Se I PEV sono registrati secondo uno stimolo di tipo Offset/Onset, la luminanza dello sfondo dello stimolo Offset deve essere identica alla Lm dello stimolo strutturato, stimolo Onset, senza possibili variazioni di luminanza durante il passaggio tra le due condizioni presentate. Il contrasto (C) tra gli elementi del pattern corrisponde invece alla differenza di luminanza tra gli elementi chiari e scuri secondo la formula: C = [(Lmax - Lmin)/(Lmax + Lmin)] 100%, e viene espresso in valori percentuali. L ampiezza del P-PEV, come quella del P-ERG, aumenta linearmente con l incremento del C e scompare per contrasti pari o inferiori al 10%, quando la differenza tra elementi chiari e scuri non è più riconoscibile. In base alle diverse FS utilizzate, esistono diverse curve di sensibilità al C 22. La risposta elettrofisiologica che si ottiene con un P-PEV dipende infine dalla frequenza temporale (FT), cioè dalla rapidità con cui il pattern appare o scompare (onset-offiset-p-pev) o con cui gli elementi del modello invertono la loro posizione (reversal-p-pev), La variazione della FT con cui gli elementi si invertono tra di loro determina alle basse frequenze (<4 Hz) una risposta di tipo transient ed alle alte frequenze (>4 Hz) una risposta di tipo steady state 161, 192.

3 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 139 Nel reversal-p-pev, comunemente adottato nella pratica clinica, vengono correntemente utilizzate basse FT di stimolazione (comprese tra 1 Hz e 4 Hz) che permettono appunto di registrare dalla corteccia occipitale, una risposta elettrofisiologica nota come risposta di tipo transient 34,?01, 92. Il potenziale transient del reversal-p-pev è costituito da una tipica serie di tre deflessioni del segnale elettrico a polarità alternante di latenza e morfologia riproducibili, in cui è possibile riconoscere una componente principale positiva, con una latenza di circa 100 ms (potenziale P100), preceduta e seguita da due componenti negative, con una latenza rispettivamente di circa ms (potenziale N75) e di ms (potenziale N 140). La componente positiva P100, rappresenta la risposta più stabile e ripetibile dei P-PERG 72, 39, tale potenziale, registrabile su tutte le regioni dello scalpo che corrispondono alla corteccia occipitale, presenta la massima ampiezza lungo la linea mediana, in corrispondenza dell inion. Molti studi hanno identificato nella P100 il correlato elettrico dell attività della corteccia visiva primaria 10,49,134,177,179, in particolare uno studio storico ha riportato come, in un paziente con gravi lesioni delle aree visive che però risparmiavano l area 17, fosse ancora possibile registrare una P100 pressoché intatta 22. Le altre due componenti negative del potenziale (N140 ed N70) avrebbero invece dei generatori a livello della corteccia striatale (N70) ed extra-striatale (N140) 39,134,177, si tratta comunque di risposte variabili e quindi scarsamente utili nella pratica clinica 23,66. Nella pratica clinica il pattern di stimolazione dei P-PEV viene presentato monocularmente in modo da stimolare contemporaneamente i due emicampi visivi ai lati del centro di fissazione (stimolazione a campo intero), mentre gli elettrodi registranti sono posizionati sullo scalpo occipitale in corrispondenza di Oz (Sistema Internazionale Elettroencefalografico 10-20) e su due punti simmetrici posti lateralmente a 5-7-cm di distanza da quello centrale. I potenziali registrati dagli elettrodi posti lateralmente sono in genere variabili e meno rappresentati, pertanto i parametri di ampiezza e latenza vengono regolarmente acquisiti considerando l elettrodo centrale. Le valutazioni della morfologia, dell ampiezza e soprattutto della latenza (tempo di conduzione retino-corticale) del potenziale P100 rappresentano l elemento fondamentale per lo studio elettrofisiologico dell integrità delle vie ottiche, soprattutto a livello pre-chiasmatico. La riduzione della sensibilità campimetrica dovuta ad un danno delle strutture nervose retro-orbitarie (nervo ottico) determina infatti alterazioni dei P-PEV che si riflettono in una diminuzione di ampiezza e/o in un allungamento del tempo di latenza delle diverse componenti che costituiscono il potenziale. Vedremo infatti che modificazioni di ampiezza e di latenza dei PEV rappresentano appunto il correlato elettrofisiologico di diversi fenomeni patologici che colpiscono le vie ottiche. La posizione topografica, le dimensioni ed il grado del deficit campimetrico condizionano strettamente le eventuali anomalie rilevate all analisi dei P-PEV. Come riportato da studi ormai classici, lesioni del nervo ottico che determinano scotomi relativi nella zona maculare possono infatti causare significative alterazioni del P-PEV registrato dallo scalpo, mentre uno scotoma assoluto, anche se esteso, ma localizzato nella regione periferica del campo visivo può modificare in modo minimo o addirittura nullo il P-PEV. Per quanto riguarda lo studio delle vie ottiche posteriori al nervo ottico, i P-PEV possono fornire raffinati elementi per la localizzazione delle alterazioni che interessano le vie ottiche a livello chiasmatico e retro-chiasmatico se vengono utilizzate delle stimolazioni appropriate come le stimolazioni ad emicampi 34,35. In questo caso è necessario uno specifico montaggio, noto come Queen Square montage in cui due ulteriori derivazioni vengono poste a circa 10 cm lateralmente, rispettivamente sulla destra e sulla sinistra, dell elettrodo medio-occipitale (Oz), in modo da realizzare una vera e propria mappatura della risposta evocata in corrispondenza delle diverse aree visive. La metodica di stimolazione ad emicampi prevede la presentazione monoculare di un pattern ad alto contrasto, che sottenda oltre 10 gradi dell emicampo in esame. La dimensione degli elementi deve essere appropriata alla porzione di campo visivo da valutare, con stimoli grossolani (50, l c/g) per regioni periferiche, e stimoli più fini per l esame delle zone paracentra-

4 140 PARTE CLINICA li. È preferibile spostare il punto di fissazione di almeno 1 grado all esterno del pattern, per evitare contaminazioni da parte dell emiretina non stimolata. I parametri di stimolo sono per il resto sovrapponibili a quelli per l esame a campo intero, ma è consigliabile mediare fino a 200 tracce per ottenere risposte affidabili. Mentre lo stimolo a campo intero evoca una risposta simmetrica su tutto lo scalpo occipitale, con gli stimoli ad emicampo si assiste al cosiddetto fenomeno di lateralizzazione paradossa 10. La classica triade N70-P100-N140 viene registrata sulla linea mediana e sulle regioni ipsilaterali all emicampo stimolato, mentre nelle regioni controlaterali si ha un inversione di fase, con comparsa di un onda trifasica P75-N105-P135. Questo dato è stato interpretato considerando che i neuroni generatori del P-PEV, situati sulla superficie mediale e postero-mediale della corteccia calcarina controlaterale all emicampo stimolato, presentano un orientamento trasversale dei loro dipoli, per cui la risposta è registrata in opposizione di fase ai due lati dello scalpo 10,18,87-89,92. Gli elettrodi di registrazione posti sullo scalpo in corrispondenza dell emisfero omolaterale all emicampo stimolato, e quindi controlaterali all emisfero che genera il segnale elettrico visivo, affacciando direttamente verso la corteccia calcarina registrano infatti un potenziale positivo, viceversa, gli elettrodi posti sull emisfero controlaterale all emicampo stimolato, essendo posizionati in modo opposto al dipolo registrano un potenziale negativo. Negli ultimi anni la definizione di tecniche di stimolazione multifocale ha permesso la registrazione simultanea di PEV derivati dalla stimolazione di singole regioni del nervo ottico, noti come PEV multi focali (mf-pev). Questi potenziali, a differenza di quanto tradizionalmente possibile con i P-PEV, che permettono di acquisire informazioni provenienti dalla stimolazione dell intero nervo ottico permettono di ottenere una mappa topografica del campo visivo utilizzando multipli canali di registrazione e sono quindi in grado di fornire informazione sullo stato funzionale delle diverse aree che compongono il campo visivo. Per la realizzazione dei mf-pev il paziente osserva infatti uno schermo diviso tipicamente in 60 settori in ciascuno dei quali è presente uno stimolo pattern da checkerboard (per un ulteriore approfondimento tecnico si consiglia 96,97,?02. Comunemente a quanto caratterizza gli altri tipi di potenziali evocati abitualmente utilizzati nella diagnosi in neurologia, il P-PEV, quando è alterato non è patognomonico di una specifica patologia delle vie visive. A tale proposito è fondamentale ricordare che lo studio isolato del P-PEV non può essere considerato sufficiente per individuare un alterazione delle vie ottiche post-retiniche, in quanto l allungamento della latenza o la desincronizzazione del potenziale P100 può presentarsi anche in caso di sofferenza maculare. Sarebbe quindi auspicabile e necessario, per una corretta interpretazione delle alterazioni nella riposta dei PEV, osservate nella pratica clinica, associare sempre allo studio dei P- PEV dei test elettrofisiologici che esplorano in modo specifico la funzione retinica e maculare come l elettroretinogramma (ERG) da Pattern (P- ERG) o l ERG multifocale (mf-erg). La descrizione di tali metodiche esula dagli scopi di questo capitolo e si consiglia per un più completo approfondimento di tali argomenti la seguente Letteratura: P-ERG: Regan 1999; Holder 2001; Celesia e Peachey 2003; Holder et al 2007; Marmor et al mf-erg; Hood 2000a e 2008; Holder et al Applicazioni cliniche I P-PEV rappresentano un sensibile indicatore di anomalie nell integrità dell intero sistema visivo, che può essere oggetto di patologie di tipo demielinizzante o di tipo assonale. In base al tipo di meccanismo patogenetico i P-PEV possono segnalare la presenza di fenomeni di demielinizzazione, espressi da modificazioni della latenza ed incremento del tempo di conduzione retino-corticale, come pure indicare l esistenza di un danno assonale evidenziato da alterazioni di ampiezza e morfologia delle risposte acquisite. In base a tali semplici principi i P-PEV sono ampiamente utilizzati nella diagnosi di patologie neurologiche prechiasmatiche, chiasmatiche e retrochiasmatiche. Sclerosi multipla e demielinizzazione del nervo ottico La sclerosi multipla (SM) fa parte di un gruppo di patologie del SNC in cui la perdita della guaina

5 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 141 mielinica rappresenta l alterazione anatomopatologica predominante. I criteri anatomo-patologici classicamente accettati per la definizione di una malattia demielinizzante consistono fondamentalmente nel riscontro di : i) una primitiva distruzione delle guaine mieliniche con relativo risparmio degli assoni e delle altre componenti del tessuto nervoso associata a scarsi fenomeni di degenerazione walleriana o assonale secondaria; ii) una infiltrazione di cellule infiammatorie perivascolari e perivenose; iii) la presenza di lesioni multiple disseminate o confluenti nella sostanza bianca. La SM è quindi definibile come una patologia infiammatoria della sostanza bianca caratterizzata da un coinvolgimento multifocale del SNC e che si contraddistingue per l ampia varietà dei quadri clinici. Le manifestazioni cliniche della SM sono infatti molto variabili in rapporto alla localizzazione e all estensione dei focolai di demielinizzazione; le lesioni sembrano tuttavia presentare una distribuzione preferenziale in alcune aree del SNC e ciò permette di identificare un complesso di sintomi e segni che possono quindi considerarsi come caratteristici della malattia. La SM colpisce prevalentemente giovani adulti, e le manifestazioni cliniche più frequenti comprendono deficit di forza e disturbi piramidali, parestesie ed altri sintomi sensitivi, atassia, nistagmo, segni di coinvolgimento cerebellare, deficit delle funzioni vescicali e, naturalmente i disturbi visivi 126,157. In più del 20% dei casi il sintomo di esordio della malattia è infatti la neurite ottica ed oltre il 50 % dei pazienti presenta un episodio clinico di neurite ottica durante il decorso della malattia 127. In base alla evoluzione delle lesioni, che possono variabilmente regredire per poi ripresentarsi in un arco di tempo estremamente variabile, la malattia può presentare remissione, ricadute acute e/o lenta progressione dei deficit neurologici. In base all andamento temporale assunto delle presentazioni cliniche sono state quindi identificare quattro forme di SM: i) una forma recidivante-remittente, in cui i deficit neurologici si presentano acutamente con successive ricadute separate da periodi di completo recupero clinico; ii) una forma recidivanteprogressiva, in cui gli episodi acuti migliorano, ma non si hanno più periodi di completo recupero clinico; iii) una forma secondariamente-progressiva in cui ad un primo andamento di tipo recidivante-remittente si sostituisce una fase in cui i sintomi neurologici assumono un andamento progressivo; iv) una fase primariamente progressiva in cui la sintomatologia assume fin dall inizio un andamento aggressivo e progressivo (10% dei casi), tanto da aver fatto ipotizzare una patogenesi diversa rispetto alle altre forme di malattia 120,178. Benché infatti come già detto la SM rappresenta la principale patologia infiammatoria del SNC, negli ultimi anni, studi neuroradiologici e anatomo-patologici hanno ipotizzato la possibilità che, accanto ai ben noti fenomeni immunomediati, nella patogenesi della SM siano coinvolti aspetti neurodegenerativi che interessano direttamente l integrità degli assoni, suggerendo quindi la coesistenza di distinti meccanismi patogenetici alla base delle manifestazioni cliniche della SM. In base a tali interpretazioni, il danno assonale sarebbe addirittura il punto nodale per la disabilità cronica e i deficit neurologici permanenti che caratterizzano la patologia, soprattutto nelle forme progressive 59,60,130,178. In base a tale ipotesi, è possibile che un inefficace o inadeguato trattamento degli iniziali processi infiammatori sia il fattore scatenante per innescare una serie di eventi destinati a cambiare in modo permanente l architettura del tessuto nervoso 61,62. La neurite ottica (NO) infiammatoria (NOI), sebbene può rimanere un fenomeno isolato, rappresenta come già detto, nel 25-50% dei casi, il primo segno clinico di una SM clinicamente definita 37,59,60,127. La NOI è un segno clinico precoce di SM che potrebbe identificare dei fenotipi benigni, caratterizzati da un pressoché completo recupero del visus 143,159. La possibilità di poter studiare la retina ed il nervo ottico rappresenta quindi un modello unico per poter testare, attraverso le modificazioni delle alterazioni morfofunzionali riscontrate, le varie ipotesi patogenetiche di malattia e soprattutto il potenziale effetto delle diverse strategie terapeutiche e neuroprotettive di volta in volta proposte. Dopo i primi dati pionieristici ottenuti utilizzando F-PEV con stimolo diffuso 163, gli studi condotti da Martin Halliday, sempre nei primi anni settanta, hanno permesso di identificare nei P-PEV un importan-

6 142 PARTE CLINICA te strumento per la diagnosi della Sclerosi Multipla (SM) 73. Fin da questi studi, è infatti emerso chiaramente che nelle patologie demielinizzanti del nervo ottico, i P-PEV presentavano il ritardo della latenza delle risposte, spesso in assenza di significative alterazioni dell ampiezza che, se presenti, venivano strettamente correlate al calo dell acuità visiva dei pazienti. Sempre negli stessi anni è stato provato che nell occhio colpito da NOI le alterazioni della latenza del P-PEV potevano persistere per molto tempo anche dopo il pieno recupero dell acuità visiva, e che era possibile osservare il ritardo della latenza del P-PEV anche a carico dell occhio controlaterale a quello colpito dalla NOI, rivelando pertanto la presenza di alterazioni sub-cliniche della conduzione dell impulso lungo il nervo ottico, prima ancora che segni o sintomi clinici di un coinvolgimento del nervo fossero manifesti 73,74. Nel corso degli anni numerosissimi studi elettrofisiologici hanno permesso di confermare che alterazioni dei P-PEV sono presenti nel 85-95% dei soggetti affetti da NOI con possibile diagnosi di SM clinicamente definita 5,77,80,84. In particolare i P-PEV ottenuti stimolando separatamente le regioni centrali, nasali e temporali della macula, hanno permesso di dimostrare che le fibre maggiormente colpite dalla demielinizzazione sarebbero quelle centrali 164. I dati elettrofisiologici relativi allo studio dei P-PEV nelle fasi stabilizzate delle NOI possono comunque differire da quelli registrati nelle fasi iniziali o acute. Nelle NOI in fase acuta, entro i primi sette giorni dall esordio clinico, i P-PEV possono infatti presentare una importante riduzione dell ampiezza della P100 che si evidenzia ancor prima del tipico ritardo della latenza del potenziale e che può associarsi a riduzioni dell ampiezza del potenziale P50 del P-ERG 84,86. Per quanto riguarda le alterazioni dei P-PERG, è inoltre possibile che nelle settimane successive all esordio della NOI, le alterazioni della P50 siano seguite da una riduzione dell ampiezza del potenziale N95. Le alterazioni dell N95 sarebbero espressione elettrofisiologica della sofferenza del nervo ottico che da origine a fenomeni di degenerazione retrograda delle cellule ganglionari retiniche, generatori del potenziale N95. A questo proposito, uno studio condotto su 141 pazienti con NOI (monolaterale o bilaterale) ha riportato che, dopo 4-6 settimane dall episodio acuto, il 40% dei pazienti presentava alterazioni dei P-ERG, e che, nel 85% dei casi, tali alterazioni riguardavano quasi esclusivamente la riduzione dell ampiezza del potenziale P Le alterazioni elettrofisiologiche osservate in acuto a carico dell ampiezza dei P-PEV e dei P-ERG sono in genere transitorie e tendono quindi a risolversi con il ripristino delle normali ampiezze dei potenziali visivi. In particolare, l iniziale riduzione dell ampiezza dei P-PEV si attenua nel giro di alcuni giorni, verosimilmente per riduzione dell edema infiammatorio, e viene sostituita dal caratteristico allungamento della latenza della P100 o altresì dalla completa normalizzazione dei dati elettrofisiologici, in relazione all evoluzione delle lesioni demielinizzanti 12,86,91,189. Il diverso comportamento dei P-PEV in corso di NOI è infatti direttamente collegato agli effetti fisiopatologici indotti dal processo di demielinizzazione alla base dalla patologia. Come noto, il principale effetto della demielinizzazione è quello di impedire o di pregiudicare la regolare conduzione elettrica saltatoria dello stimolo nervoso da un nodo di Ranvier al successivo, di conseguenza, la compromissione della trasmissione nervosa che ne deriva sottende i deficit funzionali propri della SM. Nel caso del coinvolgimento del nervo ottico, quindi, il ritardo nel tempo di latenza dei P-PEV, caratteristico della NOI, riflette esattamente il ritardo della conduzione elettrica lungo le fibre del nervo espressione di demielinizzazione. Se nelle fasi iperacute di NOI si assiste alla completa risoluzione dei segni clinici nel giro di pochi giorni, tale dato indica che il processo di demielinizzazione è rapidamente reversibile, ed è quindi verosimile che la sofferenza del nervo ottico sia principalmente di natura funzionale, dovuta cioè all edema ed ai fenomeni infiammatori che si instaurano acutamente intorno e all interno della lesione demielinizzante. In questo caso la reazione edemigena eserciterebbe un effetto compressivo su tutta la struttura del nervo ottico dando ragione delle importanti, ma transitorie alterazioni dell ampiezza dei P-PEV e della P50 dei P-ERG osservate nelle fasi iniziali di NOI 190. Studi condotti utilizzando la risonanza

7 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 143 magnetica cerebrale (RM) ed i P-PEV hanno dimostrato che, nella fase più acuta della NOI da SM, esiste una relazione diretta tra la riduzione dell ampiezza del P-PEV ed il potenziamento delle lesioni alla RM dopo somministrazione di gadolinio, espressione dell interruzione dell integrità della barriera ematoencefalica causata dall infiammazione in fase acuta 189. Poiché in questa fase iniziale non hanno ancora avuto luogo i possibili fenomeni di degenerazione assonale retrograda retinica, il potenziale N95 del P-PERG risulta nei limiti della norma. Subito dopo la regressione dei fenomeni infiammatori acuti si può osservare un significativo ritardo della latenza dei P-PEV, che, in questo caso, è l espressione elettrofisiologica dell instaurarsi di una lesione demielinizzante ormai stabile nella stessa sede della lesione infiammatoria. In questa fase le alterazioni dei P-PEV possono associarsi alle già descritte alterazioni dell N95 dei P-ERG quale effetto della degenerazione retrograda delle cellule ganglionari retiniche. Nella maggior parte dei casi la SM assume un andamento clinico recidivante-remittente, in quanto le lesioni sintomatiche possono andare incontro a processi di ri-mielinizzazione cui corrisponde una regressione parziale o totale dei sintomi clinici, che possono tuttavia ricomparire ad intervalli di tempo variabile per una riacutizzazione dello stesso meccanismo demielinizzante. L incompleta ri-mielinizzazione delle lesioni del nervo ottico determina invariabilmente una alterazione nella conduzione del nervo anche dopo il completo recupero del visus, che continua ad esprimersi nel tipico rallentamento della latenza dei P-PEV. Tale alterazione, spesso registrata anche a carico dell occhio non affetto come espressione di un coinvolgimento del nervo ottico subclinico, non esclude comunque la possibilità di un parziale e progressivo miglioramento del quadro elettrofisiologico nei mesi o anche negli anni successivi all episodio di NOI 104. Diversi studi elettrofisiologici, hanno infatti riportato, attraverso registrazioni seriate nel tempo, che in pazienti affetti da SM con NOI retrobulbare l allungamento della latenza delle componenti dei P- PEV può regredire anche di più di 20 ms nei 3-6 mesi successivi all episodio clinico e tale recupero può continuare, anche se in modo meno evidente, nei successivi due anni di follow-up, ad indicare la re-mielinizzazione delle fibre del nervo ottico 33,104,139. Nel complesso, i dati di questi studi suggeriscono che i processi di re-mielinizzazione o addirittura di riorganizzazione dei canali ionici possono durare per anni svolgendo un ruolo importante nel proteggere gli assoni demielinizzati dalla successive degenerazione. In linea con questa ipotesi, la riduzione dell ampiezza dei P- PEV e dell acuità visiva riscontrate nelle fasi tardive e/o stabilizzate di malattia rappresentano l epifenomeno di processi di degenerazione e perdita assonale che si sovrappongono al processo di demielinizzazione focale non più compensato da fenomeni di ri-mielinizzazione. In particolare, studi di RM ripetuti nel tempo hanno trovato una correlazione diretta tra riduzione del visus, diminuzione dell ampiezza dei P-PEV e gravità dell atrofia ottica dei pazienti 81. Studi effettuati in pazienti con SM clinicamente definita e normale acuità visiva, hanno riscontrato una riduzione dell ampiezza dei P-PEV a diverse frequenze spaziali di stimolazione. Tale dato è stato interpretato come espressione sub-clinica di un iniziale danno assonale ancora in fase compensata, piuttosto che come un vero e proprio blocco di conduzione dovuto alla severità della demielinizzazione del nervo ottico 48. Per stabilire la relazione esistente tra episodi di NOI acuta con completa regressione clinica e perdita assonale, da cui deriva la disabilità cronica dei pazienti con SM 155, sono stati recentemente condotti studi di Tomografia Ottica (OCT) e tomografia retinica, che permettono di misurare lo spessore delle fibre nervose retiniche (FNR) 61,62. Le FNR, composte esclusivamente da assoni non mielinizzati, possono essere considerate come un indice anatomico affidabile di degenerazione assonale retrograda in corso di SM 61,62,175. In particolare uno studio recente ha dimostrato un assottigliamento delle FNR in pazienti con SM in fase secondariamente progressiva anche in assenza di NOI, ma non in pazienti con SM di tipo primariamente progressiva, suggerendo quindi che le due forme cliniche siano espressione di diversi processi patologici 79. Lo spessore delle FNR, rilevato dalle immagini strutturali della retina dopo episodi di

8 144 PARTE CLINICA NOI, è stato correlato con i dati psicofisici ed elettrofisiologici ed è stata dimostrata una relazione diretta tra assottigliamento delle FNR, acuità visiva, deficit di campo visivo e modificazioni della morfologia e della ampiezza della P100 dei P-PEV, mentre una minore correlazione è stata trovata con le variazioni della latenza 3,46,56,135,188. Anche la discromatopsia, che generalmente si manifesta come percezione di una desaturazione dell intensità del colore rosso, e che rappresenta un disturbo frequentemente persistente dopo NOI potrebbe indicare il non completo recupero della funzione del nervo ottico. Tali dati sembrano suggerire che, dopo episodi acuti di NOI, le modificazioni morfo-funzionali rilevate possano esprimere, al di là del processo infiammatorio acuto, una iniziale perdita assonale a carico delle FNR e delle fibre maculari, che potrebbe col tempo determinare un danno permanente della funzione visiva con atrofia del nervo ottico 63. Alla luce degli studi condotti negli ultimi anni, i P-PEV si sono rivelati adeguati non solo per la definizione diagnostica di SM, ma anche per il follow-up della malattia. I P-PEV sono stati infatti largamente utilizzati, da soli o in associazione ad altre metodiche d indagine, in trials clinici in qualità di affidabili marcatori dell effetto dei diversi trattamenti farmacologici sull andamento della malattia soprattutto in caso di terapie neuroprotettive, che dovrebbero modificare il decorso naturale della malattia 63. In particolare, uno studio condotto nel 2008 su più di 100 pazienti con SM ha riportato che l entità del ritardo della latenza dei P-PEV in occhi non colpiti da NOI rimane stabile nel tempo e che pertanto può essere adottato come indice per misurare potenziali fenomeni di rimielinizzazione 139. Più recentemente, lo sviluppo di tecniche elettrofisiologiche sempre più accurate per lo studio delle vie visive ha permesso di indagare ulteriormente la natura delle alterazioni dei P-PEV osservate in corso di NOI. In tale ambito è importante il ruolo dei mf-pev che, utilizzando uno stimolo complesso che divide il campo visivo in 60 settori distinti, permettono la misurazione topografica dell ampiezza e della latenza delle risposte visive così ottenute. Il mf-pev costituisce quindi un test sensibile e specifico per individuare segni elettrofisiologici di NOI. I mf-pev permetterebbero infatti l identificazione elettrofisiologica delle specifiche regioni del nervo ottico danneggiate dal processo demielinizzante 95. In base a tali studi nella fase acuta della NO, quando è presente un marcato deficit del campo visivo, i pazienti possono presentare una riduzione dei mf-pev in regioni di bassa sensibilità del campo visivo, dopo 4-7 settimane i deficit di campo e l ampiezza dei mf-pev migliorano, ma si associano ad un sostanziale ritardo della latenza che persiste nel tempo in diversi settori dei mf- PEV 95,201. Uno studio condotto su 145 pazienti con SM ha dimostrato che i mf-pev, utilizzando il criterio che combina misurazioni di latenza ed ampiezza nei diversi settori, permettano di raggiungere una sensibilità del 91% ed una specificità del 95% nell individuare anomalie della funzione visiva in pazienti affetti da SM 70. È stato riportato che, in corso di episodi isolati di NOI, il significativo ritardo della latenza del mf-pev, latency z-score, abbia un elevato valore predittivo per la successiva conversione della NOI isolata in SM clinicamente definita, riconoscendo a tale indice elettrofisiologico una sensibilità ed una specificità del 100% nell individuare NO dovute a processi demielinizzanti 57. La possibilità di poter combinare i mf-pev con studi di OCT rappresenterebbero al momento una affascinante possibilità per poter identificare in modo certo le zone di tessuto danneggiato, che corrispondono a specifici settori di degenerazione assonale, fornendo così ulteriori informazioni sulla dinamica dei processi patogenetici nella SM. È comunque da ricordare che attualmente i mf-pev rappresentano soprattutto un raffinato strumento di ricerca elettrofisiologica, in quanto il loro campo di applicazione nella pratica clinica è ancora piuttosto limitato, in quanto si tratta di registrazioni lunghe, complesse, che richiedono la completa partecipazione del paziente ed una particolare perizia nell esecuzione tecnica. La registrazione dei P-PEV rimane pertanto il test preposto per individuare i segni clinici e sub-clinici di NOI, mentre la registrazione dei mf-pev è consigliata solo dopo aver eseguito P-PEV, in caso si sospettasse un danno focale del nervo ottico ed i P-PEV fossero risultati negativi 70.

9 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 145 Come già accennato, numerosi autori hanno descritto una variabile incidenza di alterazioni dei P-ERG in corso di SM, soprattutto a carico dell ampiezza e della morfologia del potenziale N95 e P50 3,52,84,86,144. La componente N95 è un potenziale generato dall attivazione delle cellule ganglionari retiniche in risposta a stimoli di contrasto, mentre la componente P50 deriva solo parzialmente da queste cellule, in quanto riceve un contributo anche da strutture retiniche più distali 88. L origine ganglionare delle risposte dei P- ERG e la possibilità che in corso di NOI si possa verificare una degenerazione retrograda delle cellule ganglionari secondaria al coinvolgimento del nervo ottico, rendono ragione delle alterazioni dei P-ERG riportate. In particolare, mentre la transitoria riduzione dell ampiezza del potenziale P50, osservata nelle fasi più acute di NOI è stata correlata all edema del nervo ottico 84, le alterazioni della P95, che possono essere evidenti anche dopo il recupero della P50, sarebbero quelle maggiormente coinvolte nella degenerazione delle cellule ganglionari 89. A conferma di tali ipotesi è stata osservata una correlazione tra ampiezza dell N95 e spessore delle FNR mentre nessuna correlazione è stata segnalata tra variazioni della P50 e caratteristiche strutturali del nervo ottico 3,144. Studi P-ERG possono quindi esprimere una buona correlazione tra attività funzionale ed alterazioni strutturali delle vie visive anteriori ed essere così un utile test complementare nel follow-up di pazienti con SM. In conclusione, la possibilità offerta dal P-PEV e P-ERG e, più recentemente, dal mf-pev di determinare in modo non invasivo e rapido la presenza di un processo di demielinizzazione a carico del nervo ottico a livello ancora sub-clinico, ha avuto un profondo impatto nella gestione dei pazienti affetti da SM, soprattutto nel secolo scorso, quando le tecniche neuroradiologiche non erano ancora così sviluppate. Negli ultimi anni, il continuo sviluppo di nuove tecniche radiologiche in grado di individuare l esistenza di lesioni demielinizzanti a carico di tutto il sistema nervoso centrale in modo sofisticato e privo di rischi, ha ovviamente ridotto l interesse diagnostico per le metodiche dei P-PEV. L uso del pattern-pev mantiene tuttavia un ruolo importante nel completamento della diagnosi e nel follow-up delle diverse fasi della malattia soprattutto se incluso in una valutazione multimodale che coinvolge diversi tipi di potenziali evocati 64,105,117,148. Neuropatia ischemica del nervo ottico La neuropatia ottica ischemica anteriore (NOIA) è dovuta dall infarto della porzione laminare o retro laminare della testa del nervo ottico causata dall occlusione delle arterie ciliari brevi posteriori. La NOIA non arteritica rappresenta la causa più comune di perdita del visus monoculare oltre i 50 anni, anche se, in un terzo dei pazienti colpiti, soprattutto se ipertesi o affetti da diabete, è possibile che il deficit diventi bilaterale dopo un intervallo di tempo variabile dal primo episodio. Si tratta di una patologia con una patogenesi complessa in cui sono implicati l ipotensione notturna, la scarsa autoregolazione del microcircolo, le vasculopatie e l insufficienza venosa 7,78. È stato ipotizzato che tali fattori possono causare una sindrome compartimentale con edema a livello degli assoni del nervo ottico, successiva degenerazione assonale e perdita di cellule ganglionari retiniche attraverso meccanismi di apoptosi. L esordio clinico della NOIA è generalmente improvviso, senza dolore, la perdita del visus può progredire per molti giorni. Il deficit campimetrico è tipicamente di tipo altitudinale e coinvolge l area di fissazione centrale a giustificare la grave perdita dell acuità visiva. Nonostante queste caratteristiche distintive, la diagnosi di NOIA può essere a volte difficile, soprattutto quando la riduzione del visus evolve nell arco di giorni. Per tale motivo la possibilità di potersi avvalere di dati strumenti è particolarmente utile per la diagnosi precoce e le possibile strategie terapeutiche. Nel 1978 Wilson riportò la prima analisi dettagliata dei dati elettrofisiologici relativi alla NOIA. In questo studio, ormai storico, i P-PEV ed i F-PEV furono studiati 15 pazienti affetti da NOIA su base arteritica e non arteritica e l alterazione predominante risultò essere la marcata riduzione dell ampiezza della P100 associata ad una scarsa modificazione della latenza, che risultava allungata solo in quattro pazienti con valori inferiori ai

10 146 PARTE CLINICA 10 ms. Tutte le alterazioni dei P-PEV erano state registrate esclusivamente negli occhi affetti. Questi dati, ben diversi da quelli che caratterizzano le NOI, dove è tipico il ritardo della latenza del potenziale (>10 ms), frequentemente osservato anche nell occhio non affetto ed altresì associato a limitate variazioni di ampiezza, permettevano una diagnosi differenziale elettrofisiologica tra NOIA e NOI basata appunto sul coinvolgimento di diversi meccanismi patogenetici. Nei pazienti affetti da NOIA, l elevata incidenza di P-PEV caratterizzati da una significativa riduzione dell ampiezza della P100 e da tempi di latenza in genere conservati è stata ampiamente ribadita dagli studi elettrofisiologici successivi, che hanno anche confermato l assenza di alterazioni elettrofisiologiche nell occhio non affetto 43,68,89,146. È stato tuttavia proposto che il possibile riscontro di alterazioni nella morfologia del P-VEP nell occhio non affetto di pazienti con NOIA monoculare, possa essere un indice per il un futuro coinvolgimento bilaterale della patologia 103. In caso di NOIA non arteritica i P-PEV risultano sempre più sensibili del F-PEV, questi ultimi possono comunque presentare un ritardo delle risposte nelle NOIA arteritiche, come in caso di arterite temporale. Benché il dato caratteristico delle NOIA sia la riduzione dell ampiezza della P100 dei P- PEV 89, un apparente ritardo della componente P100 è stato in realtà riportato in alcuni casi ed interpretato come parziale o completa sostituzione della P100 da parte della componente P135 para-maculare, sottolineando così la necessità di identificare con accuratezza le diverse componenti dei P-PEV, soprattutto se registrate da un solo elettrodo corticale (Oz) utilizzando frequenze spaziali di stimolazione troppo ampie 185. Nei pazienti con NOIA che presentano una emianopsia altitudinale inferiore associato al ritardo della latenza della P100 è inoltre possibile che tale ritardo sia solo apparente in quanto il potenziale registrato è generato in risposta alla stimolazione dei soli emicampi superiori, che tipicamente producono una P100 fisiologicamente più ritardata 197. A differenza dei P-PEV, i P-ERG hanno ricevuto una ridotta attenzione nello studio delle NOIA, dove comunque possono verificarsi riduzioni dell ampiezza della N95 8,83,84, ma soprattutto della P50 3,84. Le alterazioni della N50, in caso di NOIA non arteritica sono state correlate ad una compromissione funzionale, su base vascolare, che coinvolgerebbe gli strati retinici posti anteriormente alle cellule ganglionari, come confermato da alcuni dati istopatologici che dimostrano fenomeni di apoptosi a livello dello strato nucleare interno ed esterno della retina in corso di NOIA 168. Considerando le alterazioni dei P-PEV e dei P-ERG riscontrate in pazienti con NOIA e marcata riduzione del visus, è stato riportato che in questi pazienti coesiste un deficit delle cellule dello strato più interno della retina, responsabile delle alterazioni dei P-PERG, ed un alterazione della conduzione nervosa post-retinica, a cui si devono le alterazioni dei P-PEV. In particolare, è stato proposto che la riduzione della acuità visiva sia causata principalmente dal coinvolgimento post-retinico e sia quindi indipendente dalla presenza di retinopatia 146. Più recentemente, la distribuzione spaziale delle alterazioni osservate registrando i mf-pev nelle NOIA non arteritiche è stata correlata con la perdita altitudinale del campo visivo tipica di tali patologie 38. Patologie compressive delle vie ottiche Un esempio caratteristico di compressione del nervo ottico è dato dalla presenza di gliomi dell età infantile che si caratterizzano clinicamente con una graduale perdita del visus in assenza di dolore orbitario o addirittura essere per lungo tempo asintomatici. Una precoce diagnosi clinica ed un accurato follow-up di pazienti con una neuropatia compressiva del nervo ottico, soprattutto se dovuta alla presenza di meningiomi o gliomi, è di fondamentale importanza per migliorarne l approccio terapeutico basato su procedure chirurgiche e radioterapiche. In caso di patologie compressive del nervo ottico, i PEV presentano costantemente una P100 desincronizzata, di bassa ampiezza e con un evidente ritardo della latenza 118. In particolare, il ritardo della latenza, anche se di minore entità rispetto a quello che si osserva in corso di NOI, è da ricondurre alla demielinizzazione ed alla distorsio-

11 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 147 ne dei nodi di Ranvier indotte dall effetto compressivo delle lesioni 140. Nonostante l elevata sensibilità dimostrata dai P-PEV in caso di gliomi del nervo ottico, il loro valore di indagine di screening, nell individuare i tumori della fossa cranica anteriore, è stata recentemente messa in discussione da uno studio basato su un follow-up di 10 anni 119. Viceversa, altri studi elettrofisiologici sono giunti a conclusioni opposte, dimostrando che nel follow-up di pazienti con neurofibromatosi di tipo I le alterazioni dei P-PEV possono precedere le lesioni neuroradiologiche dovute al tumore 199 e che, registrazioni di P-PEV, ripetute nel tempo, permettono di identificare il peggioramento della funzione del nervo ottico prima ancora che si apprezzino modificazioni delle lesioni neoplastiche alla RM 29,53,82,133. Questi dati sembrano quindi indicare che modificazioni dei P-PEV possono precedere i cambiamenti nei quadri di RM, a sottolineare quindi la maggiore sensibilità di un monitoraggio funzionale, rispetto a quello puramente morfologico, nel follow-up dei glomi e/o neurofibromi del nervo ottico. Pazienti con lesioni compressive chiasmatiche o retrochiasmatiche, dovute nella maggior parte dei casi a meningiomi dell ala dello sfenoide, ma soprattutto a tumori dell ipofisi che si estendono in modo asimmetrico, presentano spesso come sintomi d esordio difetti del campo visivo a tipo emianopsia o emiquadrantopsia eteronima o omonima, in base alla sede della lesione. In questi casi i P-PEV ottenuti monocularmente con una stimolazione a pieno campo sono scarsamente utili in quanto risultano in genere nei limiti della norma poiché la decussazione delle componenti nasali delle vie ottiche consente di registrare lungo la linea mediana (Oz) un potenziale P100 di morfologia e latenza normale. Nei casi in cui si voglia esplorare una lesione delle vie visive posteriore al nervo ottico, è quindi indicata una stimolazione monoculare per emicampi, che permette di rilevare la desincronizzazione ed il ritardo della P100 quale espressione elettrofisiologica di una lesione retrochiasmatica (vedi paragrafo nell introduzione). Halliday et al già nel 1976 trovarono una marcata asimmetria nella distribuzione delle risposte registrate sullo scalpo occipitale in 10 pazienti con lesioni del chiasma, descrivendo per primi una asimmetria crociata delle risposte, in quanto i potenziali ottenuti dalla stimolazione di un solo occhio erano significativamente più alterati in un solo emisfero che, secondo il principio della cosiddetta lateralizzazione paradossa era quello ipsilaterale all emicampo visivo deficitario. La successiva Letteratura ha ampiamente confermato la lateralizzazione paradossa delle alterazioni dei P-PEV dovute alla presenza di lesioni localizzate posteriormente al nervo ottico ed intese come riduzione di ampiezza, desincronizzazione e ritardo della latenza 18,30,55,71,87,122. Similmente, alterazioni selettive di P-PEV, ottenuti per stimolazioni delle sole componenti nasali o temporali del campo visivo indicano lesioni, generalmente compressive, che coinvolgono, rispettivamente, porzioni laterali o centrali del chiasma ottico. Lo studio dei mf-pev in pazienti con meningiomi del nervo ottico, lesioni del chiasma o altre lesioni intracraniche ha evidenziato una relazione specifica tra riduzione dell ampiezza e ritardo della latenza delle risposte ottenute nei diversi settori dei mf-pev e la perdita del visus nelle corrispondenti aree del campo visivo 174,202. Tuttavia si tratta di dati isolati, considerando che i mf- PEV prevedono pazienti particolarmente collaboranti, in grado di fissare a lungo e con attenzione la mira proposta. Lesioni compressive del nervo ottico e del chiasma possono indurre fenomeni di degenerazione retrograda delle cellule ganglionari retiniche che si esprimono con la riduzione dell ampiezza e la desincronizzazione della risposta N95 dei P-PERG 83. In base a tale dato, alcuni autori hanno addirittura suggerito di utilizzare i P-PERG nella valutazione pre-operatoria dei tumori dell ipofisi, in quanto indici predittivi del possibile recupero della funzione visiva dopo l intervento 108,147. In conclusione, nel sospetto di un processo occupante spazio intra/extrassiale con effetti compressivi sulle vie visive, benché l esame diagnostico di scelta sia indubbiamente dato dalle neuroimmagini che permettono di indirizzare rapidamente e correttamente la diagnosi, i P-PEV, pur avendo un valore diagnostico limitato, continuano a fornire la prova del coinvolgimento funzio-

12 148 PARTE CLINICA nale delle vie visive e conservano un ruolo importante nel monitorare l andamento delle lesioni nel tempo. Pseudotumor cerebri Il termine di pseudotumor cerebri (PC), indica una sindrome neurologica relativamente comune dovuta all incremento della pressione intracranica in assenza di dilatazione ventricolare o di processi occupanti spazio, evidenziabili radiologicamente. Trattandosi di una sindrome e non di una malattia, la condizione di PC riconosce numerose cause ed associazioni patogenetiche, ma la forma più frequente non ha in realtà un eziologia ben precisa, colpisce in prevalenza giovani donne sovrappeso ed è attualmente definita come ipertensione intracranica idiopatica o benigna (IIB) 99,194. La sintomatologia clinica dello PC include cefalea continua, ma di intensità fluttuante associata a minimi o assenti segni neurologici focali, pressione liquorale elevata ( valori massimi 110 mmmh 2 O) in presenza di una composizione del liquor nei limiti della norma e condizione di papilledema, uni-bilaterale. I pazienti possono comunque presentare offuscamento del visus spesso transitorio, vertigini, minima diplopia orizzontale per deficit del VI n cranico, tinnitus sincrono con il polso arterioso. Il trattamento dello PC comprende: l esecuzione di rachicentesi ripetute con drenaggio di liquor sufficiente a mantenere una pressione a livelli normali o inferiori ai 200 mmmh 2 O, il calo ponderale, la somministrazione di inibitori dell anidrasi carbonica (acetazolamide) e di diuretici (furosemide) ed infine il posizionamento di uno shunt peritoneale o la fenestrazione della guaina del nervo ottico 195. Se l ipertensione endocranica ed il papilledema non rispondono agli interventi terapeutici descritti, vi è il rischio di una di una perdita permanente della vista, dovuta appunto alla compressione delle fibre del nervo ottico e delle vene retiniche centrali. Numerosi studi elettrofisiologici hanno riportato che, nelle fasi iniziali o acute di IIB, i P-PEV, come pure i P-ERG si presentano sostanzialmente nei limiti della norma 19,191, ad eccezione di possibili, ma limitate alterazioni della latenza 191 e dell ampiezza del potenziale P100 51, indicando pertanto una loro scarsa utilità nelle valutazioni iniziali e nel primo follow-up dei pazienti con IIB. Studi più recenti hanno invece rivalutato il ruolo dei P-PEV nel follow-up a lungo termine dei pazienti con PC/ IIB ormai in fase cronica. In questi pazienti, i P-PEV hanno infatti rivelato un significativo ritardo della latenza del potenziale P100, nella maggior parte dei casi bilaterale, senza evidenti riduzioni dell ampiezza del potenziale 110. È stato quindi proposto che la persistente condizione di ipertensione endocranica possa causare l allungamento della latenza del P-PEV attraverso un processo di demielinizzazione dovuto a meccanismi di compressione diretta sul nervo ottico, in modo analogo a quanto si determina in corso di neuropatie compressive dei nervi periferici 121,162. È stato quindi proposto che la valutazione seriata nel tempo delle latenze dei P-PEV, possa permettere di individuare alterazioni sub-cliniche della trasmissione visiva a livello del nervo ottico prima che si manifesti un nuovo peggioramento del visus in pazienti con IIB cronica 110. Malattie degenerative Nell ambito delle patologie neurodegenerative, lo studio della elettrofisiologia della visione non riveste un ruolo diagnostico definito, ma offre tuttavia la possibilità di investigare, con metodiche raffinate e non invasive, i meccanismi fisiopatologici ed il coinvolgimento dei diversi sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella patogenesi di tali condizioni morbose. Le malattie degenerative del SNC costituiscono un gruppo vasto ed eterogeneo e pertanto riportiamo qui sole le forme che, nel corso degli anni, sono state più delle altre oggetto di studi elettrofisiologici. a) Malattia di Parkinson La malattia di Parkinson è una patologia del sistema extrapiramidale dovuta alla degenerazione delle cellule dopaminergiche della sostanza nera mesencefalica e quindi alla compromissione delle terminazioni dopaminergiche nigro-striatali. La diagnosi clinica si basa fondamentalmente sulla presenza di specifici segni motori quali bradi-

13 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 149 cinesia, rigidità, tremore a riposo ed instabilità posturale e si riconoscono pertanto forme prevalentemente acinetiche e forme prevalentemente tremorigene a seconda del sintomo clinico predominante 50,67. Accanto ai sintomi motori, la MP presenta anche numerosi sintomi non-motori, che possono interessare aspetti cognitivi, comportamentali, psichici, tono dell umore, funzioni vegetative e ciclo sonno-veglia e che sono presumibilmente l espressione clinica della compromissione di sistemi dopaminergici extra-striatali (meso-limbico e meso-corticale) e di altri sistemi neurotrasmettitoriali che coinvolgono circuiti serotoninergici, adrenergici e colinergici sottocorticali e del troncoencefalo 28,40. Nell ambito dei disturbi non-motori della MP sono relativamente comuni anche alcuni disturbi oculari, dovuti in parte alla riduzione dell ammiccamento, come la xeroftalmia e le blefariti, ed in parte ad effetti iatrogeni, come il blefarospasmo, il disturbo di convergenza e le difficoltà nella lettura da incremento del tono oculare, e soprattutto le illusioni e le allucinazioni visive 6,28. In particolare, è importante sottolineare che, nella MP, è possibile rilevare, accanto ai sintomi già ricordati, alterazioni della funzione visiva, direttamente causate dal deficit di trasmissione dopaminergica all interno di alcune strutture parte integrante delle vie visive. Fin dalle prime osservazioni, effettuate negli anni 60, numerosi dati sperimentali hanno permesso di documentare che la dopamina (DA) svolge un importante ruolo di neuromodulazione all interno del sistema visivo 123 e che, nello strato interplessiforme interno della retina di diversi mammiferi e dell uomo, sono presenti neuroni dopaminergici 58,114. Tali neuroni, noti come cellule amacrine A18 e caratterizzati da un ricco albero dendritico, sarebbero coinvolti nell organizzazione funzionale dei campi recettivi delle cellule ganglionari e delle cellule bipolari retiniche e nella modulazione dell attività fisiologica dei diversi tipi di fotorecettori, controllando quindi la sensibilità e la specificità del messaggio visivo, nelle prime stazioni di ritrasmissione delle vie retinocorticali in condizioni fotopiche e scotopiche 17,54,113,114,203. Per una descrizione più completa della fisiologia della trasmissione dopaminergica nella retina si consiglia Archibald et al In base a tali premesse antomo-funzionali, studi di neurochimica ed anatomo-patologici hanno evidenziato un deficit dopaminergico a livello retinico in pazienti affetti da MP non trattati farmacologicamente 76,136, mentre già nel 1978 Bodis-Wollner e Yahr avevano documentato, sempre in pazienti con MP non in terapia, il significativo ritardo della latenza della P100 dei P- PEV in risposta alla presentazione di un pattern sinusoidale alle medie FS di stimolazione, osservando inoltre che tale alterazione migliorava in modo significativo dopo trattamento con l- dopa 21. Questo dato elettrofisiologico veniva ampiamente confermato negli studi successivi, condotti utilizzando diversi parametri temporali e/o spaziali di stimolazione 69,101,137,149,151,160, mentre veniva anche dimostrato che la somministrazione di antagonisti dopaminergici, come l aloperidolo, in soggetti sani riproduceva le stesse alterazioni dei P-PEV osservate nei pazienti con MP 142,180. Per quanto riguarda lo studio funzionale della retina, numerosi studi hanno estesamente dimostrato che nei pazienti con MP, non ancora trattati farmacologicamente, sono presenti alterazioni della latenza e dell ampiezza del potenziale P50 dei P-ERG 116,149,151,180. Tali alterazioni sono soprattutto evidenti alle medie FS di stimolazione (2-5 c/g) con bassi valori di contrasto, meno del 50% 149,151,184, e risultano particolarmente sensibili alla terapia dopaminergica 149,150,151. Studi elettroretinografici effettuati in soggetti sani, dopo somministrazione di antagonisti selettivi (l-sulpiride) e non selettivi (aloperidolo) per i recettori dopaminergici D2, hanno infine dimostrato che la l-sulpiride era in grado di riprodurre un quadro elettrofisiologico simile a quello osservato nei pazienti con MP, suggerendo quindi che le due classi di recettori (D1 e D2) possono essere implicati in modo diverso nella genesi dei disturbi visivi in corso di MP ed avvalorando l ipotesi che la dopamina esercita una funzione di neuromodulazione della trasmissione visiva retinica attraverso l attivazione di vie D2 mediate Più recentemente sono state riportate alterazioni delle risposte visive anche per presentazione di stimoli colorati, a supporto dell ipotesi che la DA sia coinvolta anche nella modulazione della trasmissione retinica relativa alla percezione dei co-

14 150 PARTE CLINICA lori. Nei pazienti con MP è stato infatti osservato il ritardo della latenza e la riduzione della ampiezza delle risposte del P-ERG a tutti i tipi di stimolo cromatico 170,171. b) Demenza tipo Alzheimer La malattia o demenza di Alzheimer (AD) costituisce la più comune causa di demenza nel mondo. Le caratteristiche anatomo-patologiche fondamentali della AD sono date dai depositi di betaamiloide e da alterazioni della trasmissione colinergica con marcata riduzione dei livelli di acetilcolina. Sebbene la maggior parte dei pazienti con AD presenta una acuità visiva ed un esame del fondo oculare nella norma 93, sono stati riportati, nel 43% circa dei casi, disturbi del visus che possono comprendere deficit nella lettura, nella percezione del movimento e dei colori, visione offuscata o sdoppiata, fino ad arrivare, nelle fasi più avanzate di malattia, quando la compromissione delle funzioni cognitive è diventata più severa, ad alterazioni dell attenzione visiva e della memoria visiva e ad allucinazioni visive più o meno complesse 129,167. Per poter interpretare tali disturbi è importante ricordare il ruolo fondamentale svolto dall acetilcolina nella trasmissione visiva a livello retinico 186, la presenza di depositi di betaamiloide all interno delle drusen, elementi caratteristici della degenerazione maculare età-correlata 32 e, soprattutto, che studi post-mortem in pazienti con diagnosi clinica di AD, hanno riscontrato placche senili e neurofibrillari a carico dei collicoli superiori, dei corpi genicolati laterali, delle radiazioni ottiche e delle aree visive primaria e secondarie 200. Dal punto di vista prettamente elettrofisiologico, nei pazienti con AD, ovviamente ancora in grado eseguire correttamente gli esami, è stata riscontrata una significativa riduzione dell ampiezza dei P-ERG 107,115,145,187, anche in presenza e P-VEP e F-ERG nei limiti della norma 107. In particolare, in uno di questi studi, è stata riportata una correlazione diretta tra la riduzione dell ampiezza ed il ritardo della latenza dei potenziali N35, P50 ed N95 del P-ERG ed il ridotto spessore delle FNR valutato con la OCT 145. Più recentemente, altri studi di OCT e di tomografia retinica hanno confermato, in pazienti con AD, l assottigliamento dello spessore delle FNR, indicando quindi che, in questi pazienti, avverrebbe uno specifico danno delle cellule ganglionari retiniche, come già suggerito dai precedenti dati elettrofisiologici 11,44. Ad ulteriore prova dell esistenza di una compromissione della retina in corso di AD, non sono state trovare correlazioni tra l assottigliamento delle FNR, documentato tramite OCT, e le caratteristiche della P100 dei P-PEV, risultate appunto nei limiti della norma 102. Il primitivo coinvolgimento della retina in corso di AD, come dimostrato dagli studi elettroretinografici e da evidenze morfologiche 11,15,16,44, non è comunque da considerarsi un elemento patognomonico di malattia. Infatti, in pazienti con AD, studiati in fasi differenti di malattia e con diverse metodiche elettrofisiologiche, sono state documentate alterazioni dei P-PEV 111,115,156, anche con risposte retiniche conservate 111, ad indicare quindi una prevalente compromissione delle vie visive retroorbitarie, con relativo risparmio delle cellule ganglionari. In particolare, alcuni studi con i P-PEV hanno riportato una ridotta sensibilità al contrasto, soprattutto evidente utilizzando basse FS di stimolazione ed altri ancora il ritardo della componente P2 dei F-PEV con conservazione della P100 dei P-PEV 41,107, interpretando tale dato come l espressione della compromissione della cortecce visive associative, particolarmente ricche di terminazioni colinergiche 41. Altri Autori, infine hanno registrato in pazienti con AD, P- ERG e P-PEV nella norma, suggerendo che le alterazioni visive, riportate dai pazienti, potessero derivare soprattutto dal coinvolgimento delle aree associative visive, piuttosto che da un danno diretto della via retino-calcarina vera e propria 167. L insieme di tali dati conferma quindi che nella AD la trasmissione e l elaborazione dello stimolo visivo può essere compromessa lungo tutta la via retino-corticale, dalle cellule ganglionari alle aree visive associative. Emicrania L emicrania è una patologia di interesse neurologico estremamente frequente nella popolazione generale caratterizzata da una estrema varietà nella presentazione clinica. In base ai numerosi

15 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 151 segni e sintomi specifici che contraddistinguono le diverse forme di emicrania, è infatti possibile classificare l emicrania in diversi sottotipi specifici. La patogenesi delle comuni forme di emicrania, con e senza aura, è piuttosto eterogenea e dipende della variabile combinazione di differenti geni, con una diversa suscettibilità a sviluppare tale disturbo 132. Poiché si tratta di un disordine di tipo funzionale, che non si associa a particolari danni strutturali a carico del SNC, le metodiche elettrofisiologiche sembrano rappresentare gli strumenti più adatti per studiarne i meccanismi fisiopatologici, che possono coinvolgere il sistema trigemino-vascolare, il troncoencefalo e la corteccia cerebrale. Accanto al ben noto quadro Elettroencefalografico (EEG), che comprende rallentamenti ed asimmetrie dell attività di fondo 47, i dati elettrofisiologici ottenuti negli ultimi anni, grazie soprattutto a metodiche di EEGgrafia quantitativa e di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), hanno permesso di evidenziare una diffusa depressione dell attività bioelettrica corticale, durante l attacco emicranico, preceduto o meno dal fenomeno dell aura, mentre è stata ipotizzata una ipereccitabilità della corteccia visiva nel periodo che intercorre tra un episodio emicranico ed il successivo 9. Nell ambito dell applicazione dei PEV allo studio dell emicrania, gli Steady-state P-PEV(SS-P- PEV) si sono rivelati strumenti utili nel distinguere elettrofisiologicamente i pazienti affetti da emicrania dai soggetti sani e, in modo più specifico, i pazienti con emicrania senza aura da quelli con aura visiva 45,176. È stato infatti trovato che l ampiezza dei SS-P-PEV, registrati nelle fasi libere da crisi in pazienti con aura visiva, era maggiore rispetto a quella riscontrata in pazienti con emicrania senza aura ed in controlli sani 65,173,176. I dati di tali studi suggeriscono quindi che, nelle fasi inter-critiche, i pazienti con emicrania presentano un incremento dell attività della corteccia visiva primaria, probabilmente legata all iperattività dei meccanismi che regolano l eccitabilità neuronale corticale 4 e che, in caso di emicrania con aura visiva, tale iperattività interessa anche le aree visive associative 176. Risultati simili sono stati ottenuti anche con i TR-P-PEV che, utilizzando differenti frequenze spaziali di stimolazione, hanno mostrato l incremento dell ampiezza delle riposte visive e quindi la possibilità di una persistente alterazione intercritica dei processi visivi pre-corticali in pazienti emicranici con aura visiva 27,141. Sempre studi con TR-P-PEV hanno inoltre evidenziato una ipereccitabilità della corteccia visiva nelle fasi che precedono l attacco emicranico, in linea con l ipotesi che la patogenesi dell emicrania implichi un alterazione ciclica dei meccanismi di eccitabilità corticale 169. Asimmetrie nelle risposte dei P-PEV sono state ampiamente descritte in pazienti emicranici, a testimoniare una diversa attivazione delle cortecce visive in caso di emicrania, tuttavia la lateralizzazione delle alterazioni di ampiezza e sensibilità al contrasto, osservata con R-P-PEV con stimolo a tutto campo e mappe corticali e con R- P-PEV con stimolazione ad emicampi, non è risultata in correlazione con la sede dell aura visiva o del dolore emicranico 42,106. Infine, P-PEV somministrati in sequenze ripetute durante la presentazione di uno stimolo tipo Pattern Reversal mostrato al soggetto in modo continuo, hanno evidenziato l assenza del fisiologico fenomeno dell abitudine, cioè della riduzione dell ampiezza della risposta evocata, o addirittura il suo potenziamento in pazienti affetti da emicrania, con e senza aura, registrati durante l intervallo libero tra una crisi e l altra 1,172. Il fenomeno dell abitudine è un fenomeno ubiquitario nel SNC che implica l attivazione di complessi meccanismi funzionali ed avrebbe il compito di impedire una iperattività corticale. Nella corteccia cerebrale tale fenomeno sarebbe modulato dai neuroni eccitatori, che ricevono afferenza talamocorticali dagli interneuroni inibitori corticali e coinvolgerebbe diversi sistemi neurotrasmettitoriali cortico-sottocorticali eccitatori ed inibitori 128. La mancata riduzione dell ampiezza delle risposte corticali alla presentazione di una stimolazione sensoriale ripetitiva sembra quindi rivestire un ruolo importante nella patogenesi dell emicrania, ed è tuttora dibattuto se tale fenomeno, tipico delle fasi intercritiche, sia dovuto ad un incremento o piuttosto ad una riduzione dell eccitabilità della corteccia visiva. È stato infatti ipotizzato che il deficit di abitudine o il potenziamento della risposta nei pazienti emicranici possa esse-

16 152 PARTE CLINICA re causato dalla riduzione del livello di pre-attivazione dell eccitabilità delle corteccia visiva e spiegato considerando il modello del cosi detto fenomeno di ceiling effect 112. In base a tale modello il fenomeno dell abitudine, in risposta ad una stimolazione sensoriale ripetitiva, si verificherebbe quando viene raggiunto il tetto ( ceiling ) della massima attivazione corticale, che risulterebbe pertanto tanto più precoce tanto più è alto il livello di pre-attivazione corticale 26. Indipendentemente dalle possibili interpretazioni patogenetiche, il deficit del fenomeno dell abitudine è stato ampiamente dimostrato, nei periodi liberi da episodi di emicrania, utilizzando diverse modalità di stimolazione, non solo visive ma anche nocicettive, acustiche, evento-correlate, ha un carattere familiare ed è soggetto a modulazioni periodiche con un recupero pressoché completo durante l attacco emicranico e durante trattamento con farmaci di profilassi emicranica 173. Alterazioni primitive delle cellule ganglionari retiniche Neuropatia ottica ereditaria di Leber e Neurite ottica dominante tipo Kjer ( DOA) La neuropatia ottica di Leber (NOL) e la Kjertype neurite ottica dominante (NOD) costituiscono le forme ereditarie più comuni di malattia primitiva delle cellule ganglionari retiniche. La NOL si presenta clinicamente con una progressive perdita del visus bilaterale non associata a dolore orbitarlo ed è legata a mutazioni nel menoma mitocondriale 165. Le donne sono colpite meno frequentemente degli uomini, e poiché esiste una trasmissione a penetranza incompleta, devono essere probabilmente presenti altri fattori determinanti. Nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta tra gli 11 ed i 30 anni e si associa a gravi alterazioni elettrofisiologiche delle vie visive, che in alcuni casi precedere le manifestazioni cliniche della malattia. I P-PEV, quando registrabili, sono marcatamente alterati con ritardo della latenza e desincronizzazione del potenziale P100 e si associano costantemente ad una severa riduzione dell ampiezza del potenziale N95 del P- ERG, espressione diretta della degenerazione che colpisce le cellule ganglionari. Viceversa, il potenziale P50 si presenta in genere intatto. La NOD è dovuta ad una mutazione sul cromosoma 3 in OPA1 2. Anche in questo caso si verifica una progressiva perdita dell acuità visiva, associata a pallore della papilla, scotoma centrocecale e deficit per la visione dei colori 193. Studi istopatologici ed elettrofisiologici hanno confermato la degenerazione delle cellule ganglionari retiniche che causa la successiva atrofia delle fibre del nervo ottico. Come osservato per la NOL, i P-PEV sono marcatamente ritardati, ma è possibile un relativo mantenimento della morfologia del potenziale P100 almeno nelle fasi iniziale di malattia, in quanto le alterazioni dell ampiezza della P100 sono relative allo stadio ed alla forma clinica di malattia. Le alterazioni del P-PEV sono in genere precedute dalla riduzione dell ampiezza o addirittura dalla mancata riproducibilità del potenziale N95 del P-ERG 13 e, talvolta, si possono osservare profonde alterazioni dei potenziali retinici, in assenza di una altrettanto grave compromissione dei P-PEV. Nelle fasi più avanzate di malattia si osserva infine la riduzione di ampiezza e l accorciamento della latenza del potenziale P50, quale espressione dell estesa perdita delle cellule ganglionari che contribuiscono a generare entrambe le componenti del P-ERG 85. Va tuttavia riportato che, nella NOD, la P50 può essere sempre individuata, anche quando le risposte dei P- PEV risultano ormai indistinguibili. L accorciamento della latenza della P50 riflette la perdita delle cellule ganglionari: in assenza di tali componenti la latenza della P50 deriva esclusivamente dalle componenti più anteriori del potenziale. Miscellanea I traumi cranici commotivi possono determinare frequentemente il ritardo del tempo di latenza dei P-PEV, interpretato come il risultato di un diffuso danno/stiramento assonale e l entità dell alterazione elettrofisiologica è stata correlata alla severità del trauma e del possibile coinvolgimento cognitivo 196. Alterazioni dell ampiezza, ma soprattutto il ritardo della latenza dei P-PEV possono essere presenti in corso di alcolismo, disordini metabolici, stati tossici come l uremia e sindromi carenziali

17 Potenziali evocati visivi e patologie neurologiche 153 tra cui il deficit vit B12 che rappresentano cause frequenti di polineuropatie periferiche di tipo assonale e/o demielinizzante con disordini della conduzione nervosa. Lo studio dei potenziali evocati in corso di disturbi del metabolismo si basa sulla considerazione che, queste condizioni, possono interferire con la produzione e/o l utilizzazione dei processi energetici, necessari per l attività dei neuroni, relativa al mantenimento del potenziale di membrana, dell oligodendroglia deputata alla produzione di mielina e degli astrociti protoplasmatici coinvolti nella regolazione dell omeostasi ionica e degli scambi metabolici tra i neuroni. In particolare, in corso di sindrome da carenza di vitamina B12 con manifestazioni neurologiche (mielo-neuropatie, neuropatie assonali e/o demielinizzanti, deficit cognitivi) sono possibili alterazioni della latenza e della morfologia della P100, direttamente correlate alla durata della malattia 131,158, ma che possono normalizzarsi con il ripristino di valori regolari di vitamina B Conclusioni L elettrofisiologia della visione costituisce tutt oggi un valido strumento per la valutazione della funzione del nervo ottico e dell integrità delle vie visive, e viene comunemente utilizzata, accanto alle metodiche neuroradiologiche, per completare l inquadramento diagnostico/clinico del paziente in esame. Nella corrente pratica clinica neurologica lo studio elettrofisiologico delle vie visive è principalmente utile per confermare o per escludere la presenza di una neuropatia del nervo ottico e per indirizzare l ulteriore iter diagnostico-strumentale. In particolare i P-PEV permettono di documentare, in modo affidabile, rapido e non invasivo, l esistenza di un processo demielinizzante a carico del nervo ottico, anche in assenza di apprezzabili disturbi del visus. Pur essendo altamente sensibili al coinvolgimento del nervo ottico, i P-PEV non sono tuttavia specifici di un deficit delle vie ottiche retro orbitarie e devono pertanto essere sempre associati a test che indagano la funzione retinica e maculare, come i P-ERG o gli mf-erg, in modo da poter escludere che il ritardo della latenza o le altre anomalie del P- PEV possano essere il risultato di una sofferenza della macula o delle regioni anteriori al nervo ottico. BIBLIOGRAFIA 1. AFRA J, CECCHINI AP, DE PASQUA V, ALBERT A, SCHOENEN J. Visual evoked potentials during long period of patternreversal stimulation in migraine. Brain 1998; 121: AIJAZ S, ERSKINE L, JEFFERY G, BHATTACHARYA SS, VOTRUBA M. Developmental expression profile of the opticatrophy gene product:opa1 is not localized exclusively in the mammalian retinalganglion cell layer. Invest Ophthalmol Vis Sci 2004; 45: ALMARCEGUI C, DOLZ I, PUEYO V, GARCIA E, FERNANDEZ FJ, MARTIN J, ARA JR, HONRUBIA F. Correlation between functional and structural assessments of the optic nerve and retina in multiple sclerosis patients. Neurophysiol Clin 2010;40: ANGELINI L, DE TOMMASO M, GUIDO M, HU K, IVANOV PCH, MARINAZZO D, NARDULLI G, NITTI L, PELLICORO M, PIERRO C, STRAMAGLIA S. Steady-state visual evoked potentials and phase synchronization in migraine patients. Phys Rev Lett 2004; ANLAR O, KISLI M, TOMBUL T, OZBEK H. Visual evoked potentials in multiple sclerosis before and after two years of interferon therapy. Int J Neurosci. 2003;113: ARMSTRONG RA. Visual signs and symptoms of Parkinson s disease. Clin Exp Optom 2008; 91: ARNOLD AC. Pathogenesis of nonarteritic anterior ischemic optic neuropathy. J Neuroophthalmol. 2003;23: ATILLA H, TEKELI O, ORNEK K, BATIOGLU F, ELHAN AH, ERYILMAZ T. Pattern electroretinography and visual evoked potentials in optic nerve diseases. J Clin Neurosci 2006; 13: AURORA SK, AHMAD BK, WELCH KM, BHARDHWAJ P, RAMADAN NM. Transcranial magnetic stimulation confirms hyperexcitability of occipital cortex in migraine. Neurology 1998; 50: BARRETT G, BLUMHARDT LD, HALLIDAY MA, HALLIDAY E, KRISSA. A paradox in lateralization of the visual evoked response. Nature 1976; 261:

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