Capisaldi dell idealismo tedesco

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1 Capisaldi dell idealismo tedesco Ricerca di un principio fondativo del pensiero in senso assoluto, e NON limitatamente al sapere scientifico, come invece accadeva in Kant. Questo è un primo allargamento della prospettiva kantiana Tale principio assoluto (chiamato in modi diversi dai vari autori: l Io di Fichte, la Natura di Schelling, l Idea o il Logos di Hegel) è visto anche come matrice generativa della realtà nella sua dimensione ontologica. Tutto ciò costituisce un ulteriore allargamento del programma kantiano.

2 Capisaldi dell idealismo tedesco Ma chi è l idealista? Non è, secondo il nostro senso comune, qualcuno che trascura la realtà concreta del mondo. Egli, invece, accentua l importanza del principio originario del reale. Tenderà, dunque, a privilegiare questa presenza universale rispetto alle determinazioni particolari. L idealista è spesso orientato a cogliere la presenza del Principio dentro le cose concrete (che, quindi, non sono trascurate!): uno dei nodi cruciali dell Idealismo è quello del rapporto fra le cose determinate, nella loro singolarità, e il Principio universale che le produce: ciò che è particolare, finito, contingente, viene spiegato tramite ciò che è generale, infinito, necessario.

3 Capisaldi dell idealismo tedesco L idealismo non propone neppure un pensiero a carattere soggettivista. Quando, per esempio, Fichte parla di Io questo non va interpretato in senso esistenziale concreto. Si tratta, come vedremo, di un modo per indicare il principio assoluto. In effetti nell idealismo il soggetto, come noi lo intendiamo, ovvero il singolo individuo concreto, la persona, tende ad avere un ruolo assai limitato (cosa, questa, che Kierkegaard rimprovererà aspramente agli idealisti!).

4 Capisaldi dell idealismo tedesco L idealismo ha, infine, un carattere dinamico. Questo risulta evidente soprattutto nel fatto che il Principio non è mai inteso in senso cosale (esso, cioè, non è una cosa ), ma sempre come movimento, forza dinamica e produttiva accostandosi, in questo senso, allo streben romantico.

5 (I) Cenni sulla vita Famiglia povera di contadini sassoni Può studiare solo grazie al generoso aiuto di un possidente locale. Dopo il collegio di Pforta, compie studi teologici a Jena e Lipsia, per poi diventare precettore a Zurigo.

6 (I) Cenni sulla vita Nel 1790 incontra il pensiero di Kant che lo entusiasma, al punto da fornire l ispirazione per il suo primo scritto, dal titolo: Saggio di una critica di ogni rivelazione Questo testo gli porta fama, ma anche fastidi, come l accusa di ateismo del Si dimette dall università di Jena e si trasferisce a Berlino, ove rimarrà sino alla morte.

7 ADESIONE A KANT... Il primo Fichte riteneva che la prospettiva emersa con Kant fosse, in ambito filosofico, insuperabile. ambito noumenico Oggetto proprio della Filosofia non è l Essere (quindi l ontologia) ma il sapere (quindi la gnoseologia). ambito fenomenico La gnoseologia, inoltre, deve assumere una prospettiva di tipo fondazionale, proprio come in Kant. Occorre, quindi, scoprire e chiarire al meglio quali sono gli elementi capaci di garantire all uomo un sapere solido e fecondo.

8 QUASI SUBITO SMENTITA! Ben presto, Fichte si distacca da Kant e, anzi, lo critica aspramente. La critica portata al noumeno non è troppo differente da quelle cui abbiamo già accennato (Schultze e Maimon). Vediamola: Kant presuppone, ma non giustifica in alcun modo la cosa in sé, il noumeno Ammettere l esistenza di qualcosa il noumeno, appunto che si pone come del tutto indipendente da chi ha consapevolezza e sapere di tale esistenza cioè l uomo significa accettare qualcosa che si sottrae alla riduzione ad un unico Principio capace di spiegare la realtà, qualcosa che dunque si sottrae alla sistematizzazione. Insomma: la filosofia del limite di Kant pone i suoi limiti in modo arbitrario e inspiegabile!

9 IL PRINCIPIO Proponiamo ora una breve descrizione di come Fichte provi a qualificare il Principio assoluto da lui chiamato Io. 1 Il Principio è INCONDIZIONATO Questo vuol dire che non c è nulla che, esternamente ad esso, lo condizioni e determini. Il Principio, in quanto tale, non ha nulla prima e fuori di sé, ma tutto deriva da lui: esso è originario e originante. Non subisce né può subire alcun condizionamento: è radicalmente libero. In quanto incondizionato, poi, il Principio non potrà essere una realtà data una sorta di oggetto, diciamo ma dovrà essere un atto, una attività. Solo l azione infatti in principio era l azione diceva anche Goethe può essere radicalmente prima. Ogni cosa, infatti, richiede una qualche giustificazione che la preceda, dunque non può essere un vero Principio.

10 IL PRINCIPIO 2 Il Principio AGISCE SU UN CONTENUTO CHE GLI È INTERNO Se, infatti il Principio, che è attività, agisse su qualcosa che gli è ab origine esterno, allora non sarebbe più il Principio. Questo qualcosa di esterno, infatti, proprio perché esterno al Principio richiederebbe un altro principio giustificativo. PRINCIPIO

11 IL PRINCIPIO In considerazione di quanto appena ricordato, Fichte ritiene che il Principio si possa esprimere efficacemente tramite la seguente formula : L IO PONE SE STESSO Tale formulazione mostra tanto il carattere incondizionato quanto quello condizionante del Principio. Chiamare il Principio Io significa coglierlo non come frutto di un processo (ciò che vale per ogni cosa, ogni oggetto ), ma come soggettività originariamente produttrice (e non prodotta!).

12 IL PRINCIPIO L IO PONE SE STESSO Questo io è appunto azione, attività: in effetti esso pone, cioè agisce! Pone che cosa? Pone innanzitutto se stesso! Dire questo significa che: 1) l Io si autogiustifica cosa necessaria per salvaguardare l assolutezza del Principio. 2) l Io non ha nulla di fronte a sé come esterno a sé (sempre per salvaguardarne l assolutezza!), ma tutto è interno ad esso e da esso posto.

13 IL PRINCIPIO L IO PONE SE STESSO Non esiste alterità alcuna: tutto ciò che il Principio compie, è sempre e comunque interno a se stesso. In questo assoluto monismo, l alterità è sempre e solo apparente. Ciò che chiamiamo alterità (l altro da me) è, non a caso, la stessa soggettività, l io, fattosi contenuto (della propria azione). È la soggettività che prende sé medesima a contenuto della propria azione e della propria riflessione, sdoppiandosi come in uno specchio.

14 CHIARIMENTO Per provare a rendere più chiara questa sua concezione così astratta, Fichte evoca innanzitutto il PRINCIPIO DI IDENTITÀ. A = A Il fatto che A è A, che A = A è autoevidente. Si tratta, cioè, di qualcosa che non abbisogna di alcuna dimostrazione, spiegazione, chiarimento, fondazione, ecc. Nulla costituisce il fondamento di tale Principio: nulla infatti è più chiaro o basilare o fondamentale di esso, sì da poterlo spiegare o giustificare. Esso, al contrario, si giustifica da sé, e a partire da esso ogni cosa può essere spiegata, dimostrata, ecc. L io pone se stesso di Fichte è come questo principio logico-matematico (almeno nell opinione di Fichte medesimo!). L io (come soggetto operante) pone se stesso (come oggetto posto).

15 CHIARIMENTO A = A Io pone se stesso In quanto soggetto In quanto oggetto Esempio: pensiamo a una persona che si ponga davanti a uno specchio. Accade proprio che l io (in quanto soggetto che guarda l immagine) pone se stesso (si pone come oggetto guardato) dicendo, appunto, quello che vedo qui davanti (oggetto) sono io (soggetto).

16 CHIARIMENTO <*> Nel Principio di identità, Fichte ritiene di ritrovare implicitamente un secondo principio, il PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE E DELLA OPPOSIZIONE. È vero che l io pone se stesso come identico a sé, ma anche e necessariamente come altro da sé: in effetti l io pone se stesso non come soggetto, ma come oggetto. Dunque nel principio dell io si deve pensare simultaneamente l identico e il diverso, l uguale e l opposto: l io in quanto puro atto e identità assoluta e l io in quanto si oggettiva e si oppone a sé.

17 CHIARIMENTO E allora, dice Fichte, l io è allo stesso tempo io e non io, cioè soggetto e oggetto. Il non io, in particolare, è la natura: ciò che si manifesta alla coscienza di ciascuno come esteriorità. Qui la contraddizione è palese, ma l esempio dello specchio ci aiuta a comprenderne la necessità: di fronte alla mia immagine riflessa posso dire, e posso farlo allo stesso tempo, sia quello sono io sia quella è solo la mia immagine.

18 CHIARIMENTO La contraddizione appena denunciata viene però risolta : se ne occupa il PRINCIPIO DI RAGIONE. In accordo con tale principio, Fichte afferma che il non-io è negazione non dell io stesso, ma solo di una parte di lui. L io assoluto, infinito e illimitato, viene a trovarsi limitato e in sé diviso dal suo atto autoponente. L io oppone sé come soggettività a sé come oggetto, oggetto che viene colto come limite e ostacolo all estrinsecazione della soggettività stessa.

19 CHIARIMENTO Il processo con il quale l io si autolimita è di per sé incondizionato: in quanto soggetto che si condiziona da sé l Io è l assoluto stesso: è quell assoluto di cui la coscienza singola, che è finita, ha coscienza. Esempio: una persona prende una decisione libera e consapevole dicendo a se stessa: diventerò un avvocato!. Questa medesima decisione, di per sé incondizionata (almeno idealmente!) limita e condiziona il soggetto che pure ne è l artefice. Ciò che la persona ha posto, la sua decisione, nell atto stesso della sua effettiva realizzazione limiterà, ostacolerà il soggetto stesso (per diventare avvocato devo fare certe cose e devo escluderne altre!).

Johann Gottlieb Fichte

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