LECTIO SU SAN FRANCESCO D ASSISI AGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA. 2 settembre 2008, auditorium Istituto Gramsci, Padova

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1 LECTIO SU SAN FRANCESCO D ASSISI AGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA 2 settembre 2008, auditorium Istituto Gramsci, Padova Sono lieto di incontrarvi anche quest anno all inizio del nuovo anno scolastico. Da parte mia e dell Ufficio scuola della Diocesi questo appuntamento intende esprimere la stima per voi insegnanti e l incoraggiamento per un proficuo espletamento del vostro incarico, importante ma anche delicato per se stesso e nel contesto attuale della vita della Chiesa e della società. In queste ultime settimane il tema della scuola, anche per la prossimità dell apertura del nuovo anno scolastico, è venuto nuovamente alla ribalta. Il ministro della pubblica istruzione ha preso dei provvedimenti sul piano della disciplina e dell educazione al senso della cittadinanza responsabile, con l intenzione di riportare la scuola a un livello di comportamenti virtuosi e responsabili e dare autorevolezza agli insegnanti. Quando si toccano i temi della condotta, del comportamento, dell autorità, viene alla luce il tema dell educazione. Questa sembra particolarmente in crisi; crisi che non riguarda solo e forse neppure primariamente gli alunni e l insegnamento scolastico, ma più in profondità ed estensione il mondo degli adulti, i modelli di cultura prevalenti, di visione della vita, i valori che sono proposti. Il papa Benedetto XVI è intervenuto autorevolmente su questo argomento inviando una lettera alla Diocesi di Roma, in cui affronta l argomento della emergenza educativa. Io stesso, nel messaggio indirizzato alla città di Padova in occasione della festa di sant Antonio, ho svolto il tema dell educazione sotto forma di dialogo (cfr. Antonio Mattiazzo, Dialogo con sant Antonio sull educazione, 13 giugno 2008). Voi insegnanti di religione cattolica avete, a questo riguardo, un ruolo particolare. Vorrei dire che siete chiamati a dare un anima alla scuola con la vostra testimonianza personale, con la vicinanza e la sollecitudine verso gli alunni, con l insegnamento che impartite. Metteteci impegno generoso, metteteci mente e cuore nell espletare il vostro compito. Siate ripieni della sapienza dello Spirito Santo. Quest anno intendiamo focalizzare la nostra riflessione su una splendida figura: san Francesco d Assisi. Lo spirito e la motivazione ci vengono dal fatto che è la Regione Veneto, quest anno, a recare in pellegrinaggio ad Assisi l olio per la lampada che brillerà davanti al patrono d Italia. L evento è di tale significato e importanza da interessare ed essere valorizzato nelle scuole. L Ufficio scuola ha predisposto un programma di grande interesse e vorrei incoraggiarvi a seguirlo e a realizzarlo. In questa lectio mi propongo di trattare tre punti: 1- l Incarnazione di Gesù Cristo che fa risplendere l umiltà 2- la passione e croce che manifestano la carità di Dio 3- il Cantico delle creature, che esprime la riconciliazione, l armonia e la fraternità con il creato. Tommaso da Celano, annota che san Francesco «meditava continuamente le sue parole (di Gesù Cristo) e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l umiltà dell Incarnazione e la carità della passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria che difficilmente voleva pensare ad altro» (Vita prima, FF 467). 1. L umiltà dell Incarnazione 1

2 L Incarnazione di Dio in Gesù Cristo è con la Santissima Trinità il mistero centrale e la verità fondamentale della fede cristiana. Il cristianesimo si distingue dalle altre religioni precisamente per questi due misteri, i quali sono intimamente collegati. Questi due misteri hanno prodotto una conseguenza, potremmo dire una rivoluzione, nel concetto di Dio. Infatti, nessuna religione, al di fuori del cristianesimo, li riconosce. La ragione sta nel fatto che la filosofia classica e le religioni considerano Dio come immutabile e trascendente. Se Dio è immutabile, non può cambiare. Anche perché, essendo Perfettissimo, se cambia, non può cambiare che in peggio. Dio è trascendente, in una sfera inaccessibile alle creature, non può entrare nel mondo caratterizzato dallo spazio e dal tempo, da Infinito entrare nel finito, mescolarsi con noi. Eppure il Vangelo di san Giovanni, afferma: «Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). La vera ragione dell Incarnazione di Dio va ricercata in Dio Trinità, che è relazione e amore. L Amore ha la capacità e la tendenza ad accogliere il diverso, a donarsi, a perdersi per l Altro. Questo spiega la ragione fondamentale dell Incarnazione: un amore che si fa umile e povero e che arriva all estremo, supera ogni limite, sulla croce. San Francesco ha una chiara e profonda consapevolezza di questa verità che Dio è amore. (cfr. Lettera ai fedeli, FF 178) e che questo amore è la motivazione dell Incarnazione: «Ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo nome con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre Vergine bellissima Santa Maria» (Regola non bollata, cfr. FF 64). San Francesco si commuove nel contemplare l umanità umile, povera e fragile di Dio. La contempla non idealisticamente ma nella sua realtà concreta generata dalla Vergine Maria: «dal grembo di Lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità» (FF 181). Si noti quel nostra, che significa che Gesù Cristo ha assunto non un umanità impassibile e gloriosa, ma una umanità simile alla nostra e connotata dalla fragilità. Quello che commuove Francesco è la contemplazione di Gesù Bambino: il Figlio dell Altissimo, divenuto come un bambino umile e povero che giace nella mangiatoia. Francesco non è un sentimentale. Ha una penetrazione singolare del mistero dell Incarnazione ed è insieme un poeta. Il poeta riveste le idee, la razionalità, di vita pulsante. Ecco l invenzione del presepio, che dà una rappresentazione viva di Gesù Bambino nella sua umanità umile, povera, fragile. Il Celano ne fa una mirabile descrizione (cfr. Vita prima, cap. XXX, FF 466 ss.) trattando «della mangiatoia che preparò nel giorno della Natività del Signore» a Greccio, cioè del presepio, di fronte al quale Francesco stava come estatico, ripieno di un gaudio straordinario. Vorrei qui fare una considerazione che ritengo molto importante. Ho notato come nessuna religione, nessun uomo religioso, neppure gli ebrei che pure avevano avuto la rivelazione più elevata di Dio, giungano ad ammettere l Incarnazione di Dio, a considerare Gesù Cristo come vero uomo, ma anche vero Dio. Questo induce a non affermare superficialmente che tutte le religioni sono uguali. Ma più importante ancora è proporre il concetto di Dio-Amore. I filosofi antichi Platone, Aristotele sapevano che Dio è il Bene, ma impersonale. Dio, secondo Aristotele, è oggetto di amore, ma non può amare, perché se ama significa che è bisognoso, gli manca qualcosa. Il cristianesimo ha cambiato questa concezione dell amore, a partire proprio dall Incarnazione, che mostra l amore come dono di sé fino al sacrificio: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio» (Gv 3,16). Sul piano umano è risaputo che l amore è capace di fare pazzie, cioè può essere non irrazionale, ma meta-razionale. Pascal ha detto: «il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce». Così, l Incarnazione è la pazzia dell amore Infinito di Dio. Aggiungo un altra considerazione. Occorre mettere in atto una saggia pedagogia per aprire la mente e il cuore alla verità di Gesù vero uomo e vero Dio. Che sia vero uomo non fa difficoltà, ma che sia vero Dio fa scandalo. Gesù stesso ha osato prudenza e gradualità nel rivelare la sua identità. Così deve cercare di fare anche l insegnante. Portare gli alunni alla scoperta della verità piena di Gesù è 2

3 un impresa sublime. L accogliere questa stupenda verità dell Incarnazione cambia la vita e il mondo. I Padri della Chiesa l avevano ben capito e l hanno espresso con la formula: è salvato tutto quello che Gesù Cristo ha assunto. La salvezza e la trasfigurazione del mondo sono possibili grazie all Incarnazione. Dobbiamo considerare un ulteriore aspetto dell Incarnazione del Figlio di Dio. San Francesco vede l Eucaristia come il prolungamento dell Incarnazione nella sua dimensione di umiltà. Anzitutto ha una fede viva nel sacramento che dona la presenza più preziosa: «dello stesso Santissimo Figlio nient altro vedo corporalmente in questo mondo, se non il Santissimo corpo e il Santissimo sangue» (Testamento, FF 113; Lettera a tutti i chierici, FF 207). La presenza di Gesù nell Eucaristia Francesco la percepisce come presenza umile: «Ecco ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull altare nelle mani del sacerdote» (Ammonizioni, FF 144). Ecco un altro testo: «Tutta l umanità trepidi, l universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull altare, nella mano del sacerdote è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime. O sublimità umile che il Signore dell universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane. Guardate fratelli, l umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati» (Lettera a tutto l ordine. Della Santa Messa, FF 221). Egli aveva e sollecitava ad avere speciale cura per la conservazione dell Eucaristia: «dovunque il Santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo sarà stato collocato e abbandonato in modo illecito, sia rimosso da quel luogo e posto e custodito in luogo prezioso» (Lettera a tutti i chierici [prima redazione], FF 209). Mi permetto di osservare a questo riguardo, come sia venuto meno il senso della presenza reale dell Eucaristia, che si manifesta, ad esempio, nella mancanza di educazione nell entrare in Chiesa, senza rispetto e senza genuflessione. 2. La carità della Passione L esperienza spirituale di Francesco è segnata dall incontro personale con il Crocifisso. Dopo la conversione, informa il Celano, il Poverello di Assisi, «confeziona per sé una veste che riproduce l immagine della Croce» (Vita prima di Tommaso da Celano FF 356). È risaputa l importanza del Crocifisso di San Damiano (una tavola a tempera di stile bizantino, ancora visibile nella basilica di Santa Chiara in Assisi), dinanzi al quale Francesco, prostrato in preghiera, udì le parole: «Francesco, va, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Tommaso da Celano annota che Francesco in quel momento sentì in se stesso una «ineffabile trasformazione», e «da quel momento si fissò nella sua anima la compassione del Crocifisso». Lo stesso biografo aggiunge un osservazione importante, e cioè «le venerande stimmate della passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore» (T. da Celano, Vita seconda, FF ). Le stimmate di Gesù, i cui segni Francesco riceverà nel proprio corpo sulla Verna, egli le portava dunque nel suo cuore con l assidua meditazione e la conformazione interiore alla Passione e Croce del Signore. Il Crocifisso manifesta in modo sublime l amore infinito di Dio. Il IV Vangelo afferma: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Francesco, contemplando il Crocifisso, «aveva impressa nel suo cuore la carità di Cristo» (T. da Celano, Vita prima, FF 467). La Carità manifestata dalla Passione di Cristo e implorata da Francesco, è al centro di due preghiere che ci sono pervenute. Dal Crocifisso Francesco implora la carità (Cfr. Preghiera davanti al Crocifisso. FF 276) O altissimo e glorioso Dio, 3

4 illumina le tenebre del core mio. E damme fede diricta, speranza certa, caritade perfetta... La carità perfetta va insieme con la fede retta e la speranza certa. Le tre virtù teologali sono come tre sorelle inseparabili. Ma notiamo anche un altra cosa importante: prima di chiederle a Dio, Francesco implora che Dio illumini le tenebre del suo cuore. Non c è perfetta carità senza la purificazione del cuore. La tenebra più fitta è l amor proprio, l egoismo. Molto significativa la preghiera detta Absorbeat (FF 277): Rapisca, ti prego, o Signore, l ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell amore tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell amore mio. L amore del Signore Crocifisso è per Francesco una forza ardente come il fuoco e dolce come una carezza. È un amore che rapisce da tutto e attira verso di Lui. La prova dell amore è il dono di sé, della propria vita. Francesco vuole ricambiare con il suo amore l amore di Cristo che ha dato la sua vita per lui. In una cultura così erotizzata come la nostra, ma che provoca tanto vuoto di amore e tanta solitudine, tanta divisione è davvero bellissimo sapere proporre la carità della Passione di Cristo come segno e misura del vero amore. Negli ultimi tempi ci ha avvertito il Signore «la carità di molti si raffredderà» (Mt 24,12). Ravviviamola sull esempio di san Francesco. 3. Il Cantico delle creature Il Cantico viene generalmente interpretato come una bella poesia, una contemplazione estetica della natura. Francesco aveva certamente l animo del poeta. Il Cantico, tuttavia, racchiude una verità più profonda. Per comprenderlo occorre partire dal fatto storico che quando Francesco compose il Cantico era affetto da un oftalmia purulenta che l aveva reso quasi cieco. Dopo una notte insonne, era rimasto privo di forze e psicologicamente afflitto. Sentì allora una voce interiore: «Francesco, rallegrati come se tu fossi già nel mio regno». Una luce dolcissima invase la sua anima. E in questa luce egli vide tutte le creature in una luce nuova, radiosa come un mattino di Pasqua. E le cantò così: Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so le laude, la gloria e l honore et onne benedizione. Ad Te solo, Altissimo, se konfane, e nullu homo ène dignu Tè mentovare. Laudato sie, mi Signore, cum tutte le Tue creature, spezialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significazione. Laudato si, mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l ài formate clarite e preziose e belle. Laudato si, mi Signore, per frate Vento e per aere e nubilo e sereno et onne tempo, per lo quale a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si, mi Signore, per sor Acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta. 4

5 Laudato si, mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la notte: et ello è bello e iocundo e robustoso e forte. Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa, e produce diversi frutti con coloriti fiori et herba. Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore e sostengo infirmitate e tribulazione. Beati quelli ke 1 sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 1 farrà male. Laudate e benedicete mi Signore e rengraziate e serviateli cum grande humilitate. Il Cantico si apre con un inno di lode all «Altissimo, Onnipotente, Buon Signore». È il riconoscimento della trascendenza di Dio e questo libera l uomo dall orgoglio e dalla volontà di appropriazione delle creature, che dicono riferimento essenziale a Dio. Francesco si è fatto povero e questa povertà è la rinuncia al possesso, è una scelta di libertà. Il Cantico si rivolge quindi alle creature. San Francesco si iscrive nella tradizione biblica e dei salmi dove Dio è lodato per le creature. Ma il Poverello d Assisi apporta una nota personale e originale. Questa consiste nel fatto che gli elementi cosmici sono considerati fratelli e sorelle. C è quindi il senso di una fraternità cosmica. Questa non è un mero sentimentalismo, ma ha la sua radice nella fede viva di Francesco nella paternità universale di Dio. Il Celano scrive: «chiamava tutte le creature con il nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, poiché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio» (Vita prima, p. 48, FF p. 308). Possiamo confrontare questo atteggiamento di Francesco con quello dell uomo che ha acquistato una grande potere sulla natura: questa allora non è una serie di oggetti da dominare e sfruttare, ma riserva di energie da conquistare. Fraternizzare con le creature non significa rinunciare a utilizzarle mettendole al servizio delle necessità. Francesco stesso lo riconosce: frate Sole dispensa la luce, frate Vento conferisce vigore; sorella Acqua è utile, la madre Terra ci nutre Quello che viene escluso è l esercizio di un potere che usa la violenza per il profitto. L umanità odierna ha acquisito, grazie al progresso della scienza e allo sviluppo della tecnologia, un potere sulla natura che giunge sino alle sorgenti della vita stessa. Che uso farà di questo potere? Può usarlo per il bene o per il male, per la vita o per la morte. Dovrebbe usarlo come Dio: che è onnipotente, ma usa il potere solo per amore, senza mai fare alcuna violenza. Il Cantico delle creature, oltre a questa concezione, rivela a una attenta analisi, una dimensione di insospettata profondità. In effetti le creature cantate da Francesco sono dei simboli viventi, simboli non solo cosmici, ma che rivelano il nostro atteggiamento interiore, la nostra affettività, il nostro rapportarci interiormente agli elementi del cosmo. Per comprendere e fondare questa interpretazione, notiamo che le creature non sono evocate a caso e senz ordine, ma secondo una alternanza regolare di coppie fraterne. Così abbiamo una serie di tre coppie: frate Sole e sorella Luna 5

6 frate Vento e sorella Acqua frate Fuoco e nostra madre Terra. Si noterà che la coppia è costituita da un elemento maschile e uno femminile, indicanti una polarità che può divenire contrasto. Possiamo inoltre considerare che gli elementi cosmici sono ambivalenti: l acqua è utile, ma può anche produrre una alluvione distruttiva; così il vento; il fuoco riscalda, ma un incendio distrugge la vita. Ebbene, nel Cantico non v è traccia di violenza e di aggressività. Vi regnano la luce e la serenità. L alternanza di immagini virili e femminili rivela che i due versanti dell anima umana, animus e a- nima si rapportano come fratello e sorella. Si scopre nel Cantico una riconciliazione interiore tra le forze positive e le forze oscure, istintive e aggressive che minacciano l unità e la pace. Il dualismo divisore e aggressivo è ricomposto nell armonia. In fondo, Francesco canta le creature che nel suo animo sono state «liberate dalla schiavitù della corruzione» e sono entrate «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rom 8, 20-21) e compongono già «il nuovo cielo e la nuova terra» in virtù della Pasqua di Cristo. Antonio Mattiazzo 6

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