Consiglio regionale Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia
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- Annabella Palumbo
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1 Consiglio regionale Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia VIII LEGISLATURA - ATTI CONSILIARI - PROGETTI DI LEGGE E RELAZIONI PROPOSTA DI LEGGE N. 23 Presentata dai consiglieri Zorzini, Fontanelli, Petris <<Realizzazione di progetti antiviolenza e istituzione di centri per donne in difficoltà>> Pesentata il 4 novembre 1998
2 Signor Presidente, Colleghe, Colleghi, Crediamo che l ente regionale, coordinando le altre realtà amministrative del suo territorio, possa e debba far molto nel campo della realizzazione delle libertà fondamentali del genere femminile, facendo propria, così, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del marzo 1997, sulle <<Azioni volte a promuovere l attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini.>> Questo importante pronunciamento ha avuto il pregio di recepire in toto il senso della Dichiarazione e del programma di azione conclusivi della IV Conferenza mondiale dell ONU sulle donne, svoltasi a Pechino nel Su questa strada si era già mossa da anni l Unione Europea promuovendo Programmi di azione per la parità uomo/donna e progetti particolari atti a contrastare drammatiche situazioni di disagio conseguenti a particolari forme di violenza perpetrati nei confronti delle donne. Ma si deve alle donne stesse, ai movimenti che hanno saputo creare, se questa nuova coscienza di sè ha permesso a loro di riappropriarsi del controllo sulla propria vita e sul proprio corpo, per affrontare di conseguenza con rinnovata dignità sociale e sicurezza le proprie scelte di vita nella sfera pubblica e privata, libere in ciò da ogni forma di violenza lesiva delle libertà fondamentali e della dignità umana. Difatti, finora, erano state da sempre sistematicamente sottovalutate quelle forme di violenza che colpiscono le donne soprattutto nell ambiente familiare, dove invece recenti statistiche ci dicono che il 60% di violenze denunciate si verificano all interno delle mura domestiche. E questo un fenomeno grave ed in crescita in tutti i paesi industrializzati e non sempre limitato a situazioni di disagio materiale, ma diffuso in tutte le classi sociali. Se la sua entità è stata da sempre particolarmente difficile da misurare è proprio perché, in genere, i casi di violenza in famiglia sono gli ultimi ad essere denunciati ed i primi ad essere tenuti nascosti dalle stesse vittime. Ma se tutto ciò succede la causa è da ricercarsi nella pressione sociale che rende difficile alle donne la denuncia di determinate azioni. In ciò, fino ai giorni nostri, non sono state aiutate in maniera particolare da enti pubblici ed istituzioni a cui spetterebbe il compito di offrire informazioni legali, aiuti concreti e protezione, promuovendo inoltre azioni di educazione atte ad affrontare i problemi legati alle cause ed alle conseguenze della violenza. Bisogna dire però che, grazie all impegno attivo delle associazioni femminili e delle forze politiche democratiche sensibili al problema, qualcosa sta cambiando nel nostro paese, per cui centri di accoglienza atti a dare rifugio alle donne maltrattate ed ai loro figli sono stati creati in diverse città italiane, fra cui Trieste ed Udine, dove però difficoltà burocratiche ne impediscono l effettiva attivazione.
3 Purtroppo difatti, problemi finanziari e tecnici, derivanti dalla scarsa attenzione che gli enti locali interessati prestano al problema rendono ardua e problematica la gestione dei centri stessi. Per questa ragione considerato che altre regioni italiane si sono già impegnate in questo settore, ci parrebbe importante che anche la regione Friuli Venezia Giulia si dotasse di una normativa specifica atta ad istituire centri antiviolenza e case rifugio per donne maltrattate, delegando ai comuni, loro consorzi e province la loro creazione. La loro gestione potrebbe invece essere frutto di convenzioni fra enti locali ed associazioni femminili. Con questo spirito e per questi fini, come gruppo rappresentato anche da una delle poche donne che siedono sui banchi di questo Consiglio, abbiamo voluto recuperare il lavoro svolto da altre colleghe nella precedente legislatura, affinché le loro proposte, mai dibattute, non vengano disperse. Ci sembra giusto che questo Consiglio, composto in prevalenza da uomini, cominci ad affrontare questa tematica. Auspichiamo pertanto una rapida approvazione della proposta, non senza aver sentito le rappresentanze dell associazionismo femminile.
4 Art. 1 (Principi) 1. La Regione Friuli-Venezia Giulia, con riferimento alla legge n. 66 <<Nuove norme contro la violenza sessuale>>, riconosce che la violenza contro le donne, in tutte le forme in cui si esplica, rappresenta una specifica limitazione della libertà e dell autodeterminazione femminile, ovvero di quei diritti di cittadinanza sanciti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti. Art. 2 (Finalità) l. La Regione, in attuazione della Dichiarazione e del Programma d azione della IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino, così come esplicitata nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 1997, promuove, coordina, stimola, iniziative per contrastare la cultura della violenza nelle relazioni personali, intervenendo con azioni efficaci contro la violenza sessuale, fisica, psicologica e/o economica, i maltrattamenti, le molestie ed i ricatti a sfondo sessuale in tutti gli ambiti sociali, a partire da quello familiare. 2. La Regione, per le finalità di cui al precedente comma, riconosce e valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome ed autogestite, basate sulle relazioni tra donne, anche avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente dalle Associazioni femminili. Art. 3 <<Progetti antiviolenza>> (Definizione) 1. L Amministrazione regionale, per le finalità della presente legge, finanzia <<Progetti antiviolenza>> presentati da Enti locali singoli o associati, anche in concerto con Associazioni femminili operanti in Regione. 2. I Progetti, da realizzarsi anche in più annualità, possono prevedere due fasi di intervento: a) il centro antiviolenza, facilmente accessibile, adeguatamente pubblicizzato che svolge le seguenti funzioni e attività di prima accoglienza: 1) colloqui preliminari per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili; 2) percorsi personalizzati, basati sull analisi delle specifiche situazioni della violenza, tendenti a rafforzare la fiducia della donna nelle proprie capacità e risorse, e a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia., attraverso la relazione fra donne;
5 3) colloqui informativi di carattere legale; 4) affiancamento della donna, qualora la stessa lo richieda, nella fruizione dei servizi pubblici o privati, nel rispetto dell identità culturale di ognuna. b) una o più case rifugio, segrete o con garanzia di sicurezza, quali strutture di ospitalità temporanea per le donne che si trovano in situazioni di necessità o di emergenza; le ospiti si autogestiscono coadiuvate da operatrici di ospitalità. 3) L accesso alle case rifugio avviene unicamente per il tramite del centro antiviolenza, secondo le valutazioni ed i pareri espressi dalle operatrici di accoglienza. 4) A dette strutture pubbliche e gratuite, si possono rivolgere tutte le donne, siano esse sole o con figli/e minori, indipendentemente dal loro status giuridico o di cittadinanza, che siano vittime di violenza psicofisica, sessuale, economica o di maltrattamenti. Art. 4 (Rapporti con strutture pubbliche) 1. Il centro antiviolenza mantiene costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche cui compete l assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati quali pronto soccorso ospedalieri, carabinieri, commissariati di pubblica sicurezza, consultori, servizi socio sanitari, servizi pubblici di assistenza legale e alloggiativa e strutture scolastiche operanti nel territorio. In tali rapporti si dovrà tener conto della autonoma e libera richiesta delle donne che ad esso si rivolgono. Art. 5 (Assistenza alloggiativa garantita) 1. La Regione emana norme perché i comuni garantiscano adeguata assistenza alloggiativa alle donne che vengono a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata, di abbandonare il proprio ambiente familiare ed abitativo, in quanto vittime di violenze e abusi sessuali fisici o psicologici e che si trovino nell impossibilità di rientrare nell abitazione originaria. Art. 6 (Altre attività del Centro antiviolenza) 1. Il Centro antiviolenza, di cui ai precedenti articoli, svolge inoltre le seguenti attività: 1) raccolta ed analisi dei dati relativi all accoglienza ed all ospitalità;
6 2) diffusione dei dati elaborati ed analisi delle risposte dei servizi pubblici contattati e coinvolti; 3) formazione ed aggiornamento delle operatrici; 4) iniziative culturali, di pubblicizzazione, di sensibilizzazione e di denuncia, in merito al problema della violenza contro le donne, anche in collaborazione con altri Enti, Istituzioni, Associazioni; 5) raccolta di documentazione sull argomento da mettere a disposizione di singole persone o di gruppi interessati. Art. 7 (Soggetti promotori e convenzioni) l. Gli Enti locali, singoli o associati, per lo studio, redazione e realizzazione del Progetto antiviolenza, possono stipulare apposite convenzioni, con una o più associazioni femminili, per definire le modalità di erogazione dei servizi e degli interventi e assicurare la continuità del progetto stesso. 2) Gli Enti locali devono comunque garantire: a) strutture adeguate in relazione alla popolazione, al territorio ed all entità del fenomeno, anche di concerto o in associazione con altri soggetti pubblici; b) le spese di gestione e di funzionamento; c) la copertura finanziaria per almeno il 50% del monte ore necessario alla funzionalità operativa del <<Progetto antiviolenza>>; d) adeguate e periodiche campagne informative in merito all attività ed ai servizi offerti dal Centro. Art. 8 (Cumulabilità dei finanziamenti) 1. I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge sono cumulabili con quelli previsti da altre normative comunitarie, statali o regionali, semprechè non sia da queste diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime. Art. 9 (Modalità e termini per la concessione dei contributi)
7 1. Le domande per il finanziamento dei <<Progetti antiviolenza>>, di cui alla presente legge, devono pervenire alla Direzione regionale alla sanità e alle politiche sociali entro il 31 gennaio di ciascun anno. 2. I finanziamenti vengono erogati, contestualmente al provvedimento di concessione per una somma pari al cinquanta per cento (50%) dell importo complessivo, il restante cinquanta per cento (50%) verrà erogato ad avvenuta rendicontazione da effettuarsi entro il termine stabilito dal decreto di concessione. Art. 11 (Nome finanziarie) 1. Per le finalità della presente legge è autorizzata la spesa di lire milioni suddivisa in ragione di lire 800 milioni per ciascuno degli anni dal 1999 al Nello stato di previsione della spesa del Bilancio pluriennale per gli anni e del Bilancio per l anno 1999 è istituito il capitolo con denominazione <<Realizzazione di progetti antiviolenza e istituzione di centri di accoglienza per donne in difficoltà>> con lo stanziamento, in termini sia di competenza che di cassa, di lire 800 milioni per l anno Art. 12 (Relazioni e rendiconti) 1. Ogni anno i soggetti promotori di cui all articolo 7 devono presentare alla Giunta regionale una relazione sull andamento e sulle funzionalità dei centri e/o delle case rifugio. Art. 13 (Entrata in vigore) 1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
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