7-2017/18 Don Franco Mosconi. Affi - Villa Elena, 21 aprile 2018

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1 7-2017/18 Don Franco Mosconi Affi - Villa Elena, 21 aprile 2018 Affi,21 aprile 2018 Preghiamo con Origene (uno dei primi Padri della Chiesa, un grande sulle Scritture): è una preghiera rivolta al Padre. È di fondamentale importanza per capire la funzione dello Spirito nella interpretazione delle Scritture, che dal medesimo Spirito sono state ispirate. Preghiamo il Signore di concederci un intelligenza più acuta delle profezie e di aprire maggiormente i nostri sensi alla verità. Allora, considerando nello Spirito ciò che ad opera dello Spirito è stato scritto, e misurando in modo spirituale le realtà spirituali, potremo: spiegare le Scritture secondo Dio e secondo lo Spirito Santo che le ha ispirate, in Cristo Gesù nostro Signore, al quale è la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

2 Dopo esserci fermati l ultima volta sul capitolo 5 di Giovanni, consideriamo il capitolo 6. Leggiamo il primo brano. IL PANE DI GESÙ, CIBO PER LA VITA ETERNA Gv. 6, Dopo questi fatti, Gesù andò all altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. 3 Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C è qui un ragazzo che ha cinque pani d orzo e due pesci; ma che cos è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. 12 E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. La moltiplicazione dei pani come fatto storico della vita di Gesù è ricordato da tutti e quattro gli evangelisti, ma Giovanni chiama questo fatto un segno. Perché lo chiama segno? Perché la sua attenzione non è rivolta al miracolo in se stesso, ma a ciò che da esso viene significato. Quindi dobbiamo metterci in sintonia col pensiero dell evangelista per capire cosa egli ci voglia veramente dire. Leggendo il racconto e confrontandolo con quello dei sinottici - Matteo, Marco e Luca - emergono delle particolarità che ci permettono di cogliere il senso specifico del racconto di Giovanni, perché è diverso dagli altri vangeli.

3 Gesù lascia la Galilea e va a piedi verso il deserto in testa a una grande folla che lo segue. Non si tratta di una folla che cerca Gesù, ma di Gesù che cerca di far fare un esperienza di pane nel deserto a questa folla. È chiara l allusione a Mosè, che guida il popolo nel deserto e anche lui fa un esperienza di pane dato da Dio, la manna. Inoltre, nel testo di Giovanni è detto: 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. (non era ancora la Pasqua ultima). Questa annotazione negli altri evangelisti manca del tutto. Tre volte Giovanni annota «la Pasqua dei Giudei»: - la prima volta al cap. 2, quando denuncia il fallimento del culto antico, cacciando i venditori dal tempio; - questa seconda Pasqua (cap. 6) si celebra nel segno, fuori dal tempio, nel deserto, quasi alludendo a quella pasqua dell esodo che era stata segnata dall agnello, dall uscita alla libertà e dalla manna del cammino; - e poi anche al cap. 11. Negli altri evangelisti emerge, per esempio, l urgenza del momento, cioè è vicina la notte, il luogo è deserto: urge raggiunge i villaggi vicini. In Giovanni non ci sono queste urgenze, non è nemmeno notte. C è una folla portata espressamente da Gesù nel deserto per nutrirla. Inoltre, in Giovanni, non sono gli apostoli preoccupati del pane, come nei sinottici, ma è Gesù stesso che, vista la folla, si pone direttamente la questione. Quindi il gesto che farà non è tanto il risultato di una compassione, come avviene per esempio in Marco, ma l inizio di un progetto ben chiaro, perché «egli infatti sapeva bene quello che stava per fare» (v. 6). Gesù pone a Filippo una domanda che è una specie di sfida. Nella distribuzione i sinottici sottolineano la mediazione ministeriale dei discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare». In Giovanni rimane sempre centrale la figura di Gesù, che «rese grazie e distribuì». E, nella conclusione, è Gesù che ordina di raccogliere gli avanzi. Ciò che Cristo dà agli uomini, lo dà in sovrabbondanza e Giovanni esprime questo stile di Gesù in termini teologici quando dice nel Prologo: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto».

4 Anche Gesù, come il Dio dell esodo, il Dio della manna, provvede al suo popolo e la figura del deserto fa da congiunzione tra l antico e il nuovo, tra Mosè e Cristo; c è una continuità e insieme una progressione dell unico tema. Ma il significato di questo pane viene esplicitato e aggiornato da Cristo stesso nel discorso che farà a Cafarnao: dopo il segno, dopo la traversata del mare, arriveranno a Cafarnao e lì, nella sinagoga della città spiegherà il senso di questo miracolo, di questo segno. Anche nell antichità il dono della manna fu posto in un contesto di catechesi. L israelita doveva educarsi a fidarsi di Dio, doveva prendere solo quella quantità di manna che gli serviva per un giorno, cioè doveva fidarsi che Dio l avrebbe mandata anche il giorno dopo; se ne prendeva un po di più marciva e non era più commestibile. Nel nuovo pane Gesù desidera che il popolo vada al di là del segno e si radichi con fiducia nella sua persona. È lui che si propone come alimento dell uomo e come soluzione dello stato radicale di necessità che ogni uomo ha. Entriamo nel testo. In Gesù Dio si prende cura del popolo che ha fame: «2 Una grande folla lo seguiva». Cinquemila è il numero delle persone che si incontrano. La folla è affascinata da Gesù, lo segue nella speranza di aver trovato in lui la risposta alle sue aspettative, ai suoi bisogni. Anche noi possiamo essere tra queste persone, tra questi uomini e donne, che scorgono in Gesù un punto di riferimento per la loro esistenza. Anche noi abbiamo scoperto che Gesù è il senso della nostra vita. Questo è il primo e necessario passo da compiere per poterci mettere alla sequela di Gesù e individuare in lui la luce che rischiara la nostra esistenza. Quante persone sono alla ricerca di una speranza, di una parola di consolazione! Bisogna, tuttavia, capire che cosa vuol dire andare indietro, andare dietro. All andare dell uomo verso Gesù corrisponde un andare di Gesù verso l uomo, manifestato dal desiderio di sfamare la folla. Cioè Gesù non lascia cadere nel vuoto i bisogni dell uomo, i nostri bisogni, anche se non si limita a soddisfarli automaticamente. Rivolgendosi in particolare ai suoi discepoli, cerca di educare ad una interpretazione corretta dei bisogni.

5 Occorre ricordare come la fame di pane costituisca per gli uomini non solo un bisogno biologico fondamentale, ma è anche un segno dell indigenza radicale dell esistenza umana. L uomo, ciascuno di noi, dipende da qualcosa che gli manca e che gli dà la vita. Siamo tutti un po dei bisognosi; il bisogno di mangiare ricapitola ogni bisogno, cioè rivela la struttura del bisogno stesso. Chi ha fame sente un vuoto dentro di sé, una mancanza pressante, urgente, travolgente, che esige una pienezza che possa saziare. Nel momento del bisogno non vedo altro che me stesso, la mia infermità: non ho, dunque ho bisogno di avere; non sono, dunque ho bisogno anche di essere. Gesù dice a Filippo: «5 Dove possiamo comprare del pane perché costoro abbiano da mangiare?» Gesù fa questa domanda, ma: «6 diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare». In tutto il vangelo di Giovanni c è consapevolezza: Gesù sa, è lui che comanda. Qui non è tanto la compassione per la gente che ha fame a muovere Gesù, ma il disegno che sta dietro questa storia. Gesù avvia con Filippo un discorso sul come sia possibile comprare pane sufficiente per tanta gente. É evidente la sproporzione tra l esigenza di vita e di salvezza di una grande folla e l insignificante risorsa a disposizione. E questa sproporzione è anche un indice di un disagio più profondo, cioè della drammatica tensione tra la situazione di morte, a cui l umanità è esposta, e la sua insopprimibile esigenza di vita. Da un lato la ricerca dell uomo di una pienezza di vita, dall altro come essa si scontri con l impossibilità di raggiungerla. Si rimane qui in un ambito puramente mondano della compravendita del pane. La domanda di Gesù a Filippo rivela l insufficienza del solo pane procurato dall uomo per sfamare l insufficienza. 8 Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C è qui un ragazzo che ha cinque pani d orzo e due pesci; ma che cos è questo per tanta gente?».

6 Anche quest altro discepolo, Andrea, entra nel vivo della situazione, addirittura prendendo l iniziativa, ma alla fine anche lui giunge alla medesima conclusione: il cibo a disposizione è insufficiente. Anch egli rimane in una prospettiva puramente mondana, e in questa situazione sorge l interrogativo: esiste veramente un pane capace di sfamare la folla? Da dove viene questo pane? 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie (rendere grazie è Eucarestia), li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. Il come, da dove, trova ora una risposta: è Gesù in persona e solo lui è in grado di prendersi cura della folla, di saziare la fame dell uomo, la fame di ciascuno di noi. E questo perché solo lui è un grado di andare oltre al bisogno puramente materiale dell uomo, la cui fame non è certamente solo quella fisica, ma soprattutto spirituale, di vera vita. I tratti che narrano il miracolo, in effetti, hanno tutti una valenza eucaristica. Qui troviamo gli stessi verbi usati nel racconto della istituzione dell Eucarestia, che non troveremo in Giovanni: «prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì». Il pane che Gesù distribuisce nell Eucarestia non è soltanto il pane che sazia la fame fisica, ma è il pane della vita eterna. È Gesù in persona che viene a colmare il nostro desiderio di pienezza di vita. È il senso vero della vita che deve diventare il senso della nostra vita. Si capirà nel discorso che farà a Cafarnao. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. Questo segno viene equivocato dalla folla, che rimane alla superficie del segno; non capisce il suo implicito significato spirituale: «Non di solo pane vive l uomo». Gesù interpella ciascuno di noi a verificare la qualità della nostra fame, la qualità della nostra fede, la qualità della nostra ricerca di lui. Perché crediamo in Gesù? Cosa ci aspettiamo da lui? Quali sono le motivazioni profonde che ci spingono a partecipare ad una celebrazione eucaristica?

7 Sono domande che non si possono eludere, per non correre il rischio, come è successo per la folla, di vedere poi Gesù allontanarsi e cercare la solitudine. Solo Giovanni descrive le reazioni dei presenti. Gesù viene acclamato come «Il profeta che deve venire nel mondo!». Per Giovanni questa è una definizione importante, perché sulla base di questo segno considera Gesù il donatore del pane di vita, che è superiore a Mosè. È il profeta che deve venire nel mondo. Attesa assai viva ai tempi di Gesù, se pensiamo all attesa che c era di un futuro Messia! Però c è ancora un fraintendimento e anche il monte e la menzione della Pasqua entrano in quest ottica. Dinanzi al tentativo di rapirlo con la forza per farlo re, Gesù fugge, dimostrando il profondo equivoco in cui era incorsa la folla. L idea di un regno politico sulla terra è un misconoscere, per mancanza di fede, il vero regno di Gesù, che non è di questo mondo. La fuga lo porta di nuovo sul monte, tutto solo, e qui la solitudine di Gesù, mentre diventa una chiara presa di posizione contro attese indebite, rivela il profondo legame con il Padre. Quante volte parlando della preghiera, siamo stati rimandati alla preghiera di Gesù, che era in comunione con il Padre, non poteva non esserlo. Perché Gesù va a pregare? La comunione non è un fatto puramente formale; la comunione con il Signore va alimentata continuamente. Quindi la solitudine, questo momento di preghiera è importante, perché rivela che anche Gesù ha bisogno di mettersi davanti al Padre, di arricchire il suo rapporto col Padre, perché non sia solamente formale ma vero, autentico. L essere solo del Cristo giovanneo, infatti, significa essere col Padre. Da questa prima analisi del racconto risulta evidente l intenzione dell evangelista di portare l attenzione su Gesù come colui che, rinnovando i prodigi dell antica economia, sazia la fame della gente, ma la fame vera. Tralasciamo alcune cose e vediamo i versetti 26-33:

8 Gv. 6, Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». 29 Gesù rispose: «Questa è l opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». 30 Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; 33 il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Il testo di per sé incominciava con «22 Il giorno dopo». La cornice entro la quale Gesù inizia questo discorso è il senso della ricerca. La gente cerca; cerca perché è stata provocata dal segno del pane. Tutto il discorso è la spiegazione della esortazione: 27 Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna. Perché questa esortazione: «Procuratevi» Datevi da fare? Perché è sempre attuale. Perché tutti noi spesso esauriamo le nostre ricerche su cose effimere, ma queste non sono il fine della ricerca umana; le cose effimere hanno un termine, tutto finisce, anche le cose importanti come la carriera, la fama, il possedere. Cosa significa «Procurarsi un cibo che non perisce?». È la coscienza di avere un cibo che nutre i veri valori e li porta alla pienezza. Purtroppo, noi sperperiamo molto tempo della nostra vita su cose di poco conto, che non riescono ad evitare l incontro con la morte. Quanti di noi sono bombardati dal cibo che perisce! Basta vedere i grandi centri commerciali. Non dobbiamo assolutizzare e impegnare tutto noi stessi nelle cose che finiscono (certo abbiamo bisogno anche di queste cose), perché la nostra vita è un desiderio infinito. Per questo non possiamo nutrirla esclusivamente di cose relative, di cose effimere.

9 Vivere non è primariamente avere, perché c è tanta gente che è angosciata nella vita pur avendo molto. Si può vivere benissimo anche da poveri, ma con la possibilità di impostare ricerche più serie e più valide. Allora la domanda che Gesù fa: «Perché mi cercate?». Perché noi cerchiamo il Signore? Alla gente che Lo cerca, Gesù dice: «26 Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Gesù viene a noi con grandi prospettive e l uomo lo cerca e lo avvicina unicamente per mangiare. Gesù sembra chiedere: Mi cercate per quello che io voglio darvi, o per le vostre attese?. Qui Gesù non sembra molto entusiasta delle ricerche che la folla manifesta nei suoi confronti. Quale altro motivo deve animare la ricerca? Il segno da comprendere e il bisogno da appagare non sono realtà coincidenti. Non si deve cercare Gesù per colmare dei bisogni, ma per ciò che lui vuole darci e dirci. È il primo passo onesto che l uomo deve compiere nei confronti del Signore. Bisogna cercare Gesù perché lui costruisca la nostra vita secondo i suoi obiettivi e per rimanere legati alla sua persona, lasciandoci provocare da essa. La gente si è incontrata con un miracolo, con un segno che indica non tanto un pane da mangiare, ma quei beni che costituiscono l era messianica. Quindi non fermiamoci al pane, andiamo oltre, perché Gesù vuole condurci alla fame ultima, che ci portiamo dentro. Sembra dire: Mirate più in alto, verso il cibo che non perisce e che ci proietta fin d ora nell eternità. La folla lo cerca con l interesse rivolto puramente al pane, ma la presenza di Gesù offre molto di più all uomo. Non posso cercare Gesù soltanto perché lui risolva i miei problemi, bisogna imparare anche a dirgli: Fai quello che vuoi. Io so che la mia vita avrà una pienezza nelle tue mani. È questione di fede, di credergli, quindi il punto di incontro è nel procurarsi un altro cibo. L interesse suscitato da Gesù non deve essere una realtà epidermica, generica, opportunista, per questo Gesù esorta i suoi ascoltatori a mirare più in alto.

10 Nella nostra ricerca dovremmo avere questa onestà: mirare più in alto, non farci prendere dal giro delle cose, pure importanti, necessitanti alla nostra vita. Questa espressione è sottolineata in modo particolare al v. 27: «Procuratevi!». Datevi da fare. Procuratevi attivamente, lavorate attivamente, impegnate le vostre forze per le cose che rimangono. Ciò che abbiamo costruito nella nostra vita, se non ha valore eterno, sparirà, quindi è bene lavorare per cose che non ci lasceranno mai. La vita conosce ricerche, lavoro, ma conosce anche una fine. Le realtà terrestri contengono anche una loro delusione. Allora Gesù vuole comunicare all uomo un altro orizzonte, quello vero: l uomo può cercare un cibo che ha una caratteristica diversa, nuova. È un cibo che non si corrompe, che nutre per la vita eterna. Quindi: Cercate un cibo permanente, un pane che dà energie per camminare verso la vita eterna. Giovanni aveva già presentato questo valore al cap. 4, nell incontro con la Samaritana: «Io ho un acqua da darti, un acqua viva, un acqua sorgiva, quell energia che nutre per la vita eterna». «Chi berrà l acqua che io gli darò, non avrà più sete». Gesù offre i veri valori. La gloria che egli possiede intende donarla a tutti. Quindi, chi darà il vero cibo? Lui! Tutto viene ricondotto non alle cose, ma alla sua persona. Vedremo alla fine che al centro di tutto il discorso della giornata è la persona di Gesù: vita, parola, progetto, la sua realtà, ciò che lui significa per ciascuno di noi. Lui è in grado di offrire il cibo che non perisce, perché Dio, il Padre, lo ha segnato con il suo sigillo. È una terminologia che indica il battesimo. Dio ha segnato il suo Figlio con il sigillo dello Spirito, senza misura. Lui è ricolmo della vitalità di Dio, per questo può ricostruire nella persona tutta la pienezza della sua libertà. In Gesù l uomo incontra questa forza soverchiante di Dio, che ricostruisce in modo caparbio tutti i valori. Ci possono essere delle persone che vivono nella paura, ma quando incontrano il Signore con la sua vitalità, non c è più niente di irreparabile, anche in vista di una totale ricostruzione di una storia, di una vita.

11 Quante persone quando incontrano veramente il Signore rinascono, escono dalla paura e dall avvilimento! Questa è la forza di Dio, è lo Spirito che agisce senza misura. Non c è niente che possa arrestare l azione di Dio. Dio è in grado di ricostruire la mia vita con il suo cibo. All uomo chiede di collaborare alla sua opera. Lui incalza l uomo offrendo un cibo che spinge alla vita in modo permanente. E a questo punto la gente dice: «28 Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». È una domanda non molto intelligente, perché nasconde ancora una genericità, per cui Gesù, dopo aver invitato la folla a procurarsi un cibo che non perisce, si sente chiedere: «Che cosa dobbiamo fare?». La folla ha intuito qualcosa, però con questa domanda sembra voler quasi lasciare da parte Gesù e cercare di fare qualcosa. È la ricerca delle cose da fare. Lui fa un discorso che riguarda la sua persona, la fede in lui, e gli altri rimangono fermi, prigionieri nel loro mondo e gli chiedono: «Che cosa dobbiamo fare? Quali sono le opere che bisogna fare?». Gesù ha posto quel segno per agganciare la gente, ma questa non riesce ancora a fare il salto qualitativo. Una cosa è muoversi nella direzione di Gesù, un altra è restare nell ambito delle pie pratiche religiose. Non so se queste portano sempre nella direzione di Gesù. L opera che Dio comanda, la fatica che Dio comanda è credere in colui che ha inviato, attaccarsi a lui, saldarsi, fidarsi, legarsi a lui. «Che cosa dobbiamo fare?»: Credere significa mettere la nostra vita nelle braccia di Gesù, portarla nella sua direzione in modo permanente e compiere un adesione che consegna la vita nelle sue mani, senza riserve, senza ristagni, senza genericità, per sempre! perché lui si è già consegnato. Solo a questa condizione Gesù diventerà vitalità dentro di noi. Il testo di Luca dice: «Il Figlio dell uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» e la nostra risposta è soltanto un rispondere a ciò che lui per primo ha già fatto.

12 Ognuno di noi ha un centro interiore, ma la ricerca deve condurci fino al punto di confessare con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me». Forse non ci arriveremo, però la tensione è questa. Se rimaniamo in questo orizzonte, sarà vivere la vita con la Sua forza, sarà intraprendere una via con sicurezza e umiltà. Se siamo nelle mani potenti di Cristo, che possiede lo Spirito senza misura, il segno, il suo sigillo ricade anche su di noi. Per questo la vita non deve temere nessun colpo per paura della propria fragilità, perché in questa realtà può riaffiorare ugualmente la domanda insidiosa dell uomo: «30 Che segno fai, che segno compi?». «Che segno fai?». È la ricerca di una sicurezza. Quindi quando corriamo di qua e di là in cerca di segni, vuol dire non crediamo ancora a lui. Gesù compie un segno, che purtroppo non è compreso; quindi la gente si rifà al grande segno del credo di Israele, quello che ha portato alla fede in Dio e nel suo servo Mosè. E Gesù collega quel segno: «31 I nostri padri nel deserto hanno mangiato la manna del cielo». Ma quello non era il pane del cielo. La manna ha mantenuto in vita nel deserto il popolo di Israele; Gesù mantiene in vita un popolo nel deserto dell esistenza fino alla vita eterna. Come Dio ha mantenuto quella promessa, ora Gesù realizza quella di essere pane per noi in vista della vita eterna. «32 Non Mosè, ma il Padre mio vi ha dato dal cielo quel pane». Il passaggio è ancora da capire, eppure è tutto il senso di questa giornata del cap. 6: dall idea del cibo alla persona di Gesù. È lo stesso Cristo il cibo per l uomo. È Lui il nutrimento, colui che dà vita, che fornisce tutti i valori per i figli di Dio. C è un rapporto tra questo pane e la vita divina: quel pane che nutre è la mia vita. Allora l opera da fare è credere: in quell adesione inizia la vita, perché il vero pane è Gesù, che dirà: «Io sono il pane, quello vero, da me viene la vita, in me l uomo sarà saziato».

13 La gente (vv ) chiede a Gesù: «Tu dici di credere in te che sei il Figlio di Dio. Che segno fai? Che segno dai per essere il Figlio prediletto del Padre? Noi conosciamo bene la storia sacra, sappiamo cosa ha fatto Dio con Mosè: ci ha dato il pane dal cielo, ci ha dato la manna (e questo autenticava che Mosè era l inviato da Dio). Tu che segno dai?». Qui è il giorno dopo aver dato il pane. Cosa sottende questa domanda? C è una mentalità tipica religiosa che dice: Sì, i segni sono accaduti una volta e basta. Gesù è vissuto, è morto; basta!. No, ciò che è accaduto è il segno di ciò che accade sempre. Se Gesù una volta ha spezzato il pane e l ha condiviso, l ha fatto solo una volta, o al massimo due. Il segno, il significato è ciò che è stata tutta la sua vita: ha dato la vita per noi. Il significato permanente è che noi possiamo amarci con lo stesso amore col quale Lui ci ha amati; allora avremo la stessa vita del Figlio. Dio in genere non dà segni, ci dà l intelligenza per capire i segni. Ciò che Dio ha fatto nella storia sarebbe sufficiente per capire cosa sta facendo ora. E Dio non ripete tanti segni. Invece ci dice: I segni ve li ho già dati; guardate il significato. Perché ciò che vi voglio dare non è un pane in più, vi voglio dare la mia stessa vita di Figlio, in modo che viviate liberamente e responsabilmente da figli e da fratelli e gestiate il mondo da figli di Dio. Se Lui invece ci desse sempre dei segni, saremmo sempre dei rimbambiti che vanno in cerca di segni senza mai vivere la realtà, il significato dei segni. Allora questi dicono: «Sì la manna c era, ma tu cosa fai?». Vorrebbero di nuovo la manna come l hanno già avuta il giorno prima «Continua a farlo questo segno» Invece basta segni! C è un altro pane che Gesù dà ora ed è l intelligenza del segno: il pane che scende dal cielo e dà la vita al mondo. Questo pane alla fine è lo stesso Spirito del Figlio che lui ci darà nel suo corpo, che ci fa vivere da figli e dà la vita eterna in questo mondo. Come alla Samaritana Gesù ha fatto venire il desiderio di quell acqua che dà la vita eterna, così a questi di Cafarnao fa venire il desiderio: «Dacci questo pane». La Samaritana dice: «Dacci quest acqua» e Gesù dirà: Io sono qui, io

14 sono l acqua viva. Oggi, direbbe: Io sono il pane della vita, come quell acqua che sazia eternamente. Gesù allora dice «Io sono» e in Giovanni questa parola «Io sono» dice la rivelazione dell identità di Gesù. 34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. 36 Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. 37 Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, 38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. 40 Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno». «Io sono» richiama il nome col quale il Signore si rivela a Mosè nell Esodo. Quando c è una qualifica, un attributo dice: «Io sono il pane»; «Io sono l acqua»; «Io sono la luce»; Io sono il bel pastore. Cosa vuol dire? È una metafora in cui si applica a Lui tutto ciò che possiamo dire del pane. Cos è il pane? Il pane è la vita, ma il pane è anche metafora e la vera realtà è Lui. Quel pane veramente è il simbolo della vera vita. Nel pane c è tutto il bene, nel pane c è la fatica, c è la gioia. Il pane è anche molto umile, necessario, disponibile, appetibile. Tutto ciò che possiamo attribuire al pane, lo possiamo attribuire a «Io sono» cioè a Dio (diciamo: è buono come il pane). Il pane tra l altro ha significato non solo se lo guardi, ma se lo mangi e mangiare vuol dire che vivi di quell energia che ti comunica. Quindi effettivamente Dio si dà da mangiare, diventa nostra vita come il pane. Questa simbologia del pane è bellissima. La vera realtà è che Dio ci vuole comunicare la sua vita. E qui dovremmo veramente rivedere ancora una volta come viviamo le nostre Eucaristie. Dopo la consacrazione si dice: È per voi. L epiclesi sul pane e sul vino li trasforma in corpo e in sangue di Cristo, ma È per voi, non per farsi vedere sull altare e basta, ma perché sia mangiato. La vita è la vita di Gesù: è lui il pane.

15 Accettiamo questa esistenza come segno dell amore del Padre; quindi si vive nella gioia di quest amore. Questo fatto si porta anche alle altre persone con grande libertà. È questa vita che Gesù ci vuol portare sulla terra. Tutto il cap. 6, soprattutto nella seconda parte, è coinvolgente la nostra storia, la nostra vita. La volontà del Padre è salvare ogni figlio e ogni uomo è salvato semplicemente se si sa amato e sa amare. Ecco perché ci dà anche il pane. Senza questo pane l uomo non vive e spesso utilizza il creato per distruggersi. Mi fermo con un racconto rabbinico, un midrash: storiella ebraica per trasmettere un messaggio: - Il primo giorno che Israele entrò nella terra promessa disse: Che buono Dio! e danzò e tacque di stupore. - Il secondo giorno disse: Che buono Dio che ci ha dato la terra! e cantò, guardò con gioia il cielo e la terra. - Il terzo giorno disse: Che buona la terra che Dio ci ha dato! e guardò con piacere la terra e il cielo. - Il quarto giorno disse: Che buona la terra! e guardò con avidità la terra. - Il quinto giorno dimenticò il Padre che aveva dato la terra e guardò con invidia il vicino. - Il sesto giorno ognuno cominciò a litigare con il fratello per la terra. Così ebbe inizio e continuò fino ad ora ciò che i libri di storia e i giornali ci raccontano. Dimenticando la radice si arriva a questa situazione. Riprendiamo con la preghiera prevista per la liturgia di oggi: O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l'eredità eterna. Amen. Continuiamo il cap.6 abbastanza centrato sull Eucarestia.

16 Abbiamo visto il dono del pane che Gesù ha fatto sul lago di Tiberiade, dove la gente si è saziata; ancora sono avanzate dodici ceste piene e Gesù comanda di raccogliere il sovrappiù. É sempre sul pane, che è il simbolo della vita, che noi siamo tentati e pensiamo che la vita sia avere dei beni per accumularli, invece la vita è la relazione d amore con il Padre, che la dona, e con i fratelli che sono figli. E questa è la vita eterna, la vita di Dio, ed è quello che Gesù ci vuole comunicare. Segue l episodio - che noi non abbiamo letto - di Gesù che cammina sulle acque, simbolo anche quello della vittoria sulla la morte, ma i discepoli non se ne sono nemmeno accorti. Ora entriamo più profondamente sul significato eucaristico di questo pane. Quanto leggiamo è una specie di omelia eucaristica, che ci fa comprendere il mistero di ciò che celebriamo. Il discorso non sarà tanto sul pane, ma proprio sulla carne e sul sangue e credere sarà sostituito dal mangiare e dal bere. Credere è qualcosa di concreto: è mangiare e bere. Gv. 6, Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il Pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». 43 Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio

17 sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il Pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 59 Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. I versetti sono un omelia eucaristica che ci fa capire il mistero del pane, dove le parole fondamentali sono mangiare o masticare. Una volta non si poteva masticare; guai masticare l Eucarestia! Mentre negli scritti di Giovanni c è proprio masticare. Mangiare e masticare, che cosa? La carne. Un linguaggio molto crudo. Per quattro volte si dice: bere il sangue. Mangiare e masticare è un processo di assimilazione, e così il bere. L Eucarestia è l assimilazione del Figlio. Gesù dice di essere «Il vero Pane disceso dal cielo» e la gente gli dice. «Come puoi essere il Pane disceso dal cielo se sei il figlio di Giuseppe? Tu non vieni dal cielo, non vieni da Dio, tuo padre è Giuseppe (è l unica volta in cui esce il nome di Giuseppe nel Vangelo di Giovanni), come puoi tu che sei un uomo come noi essere Dio?». E questo è il problema dell Eucarestia: come può un uomo vivere da Dio? È ciò che fa in noi l Eucarestia «Non sono più io, ma è Cristo che vive in me». A noi persone dà la vita stessa del Figlio, dà la pienezza dello Spirito e viviamo già da ora la vita eterna «Chi crede in me ha (non avrà) la vita eterna». Non ne siamo consapevoli, ma è così: ha già ora la vita eterna. Quindi a coloro che affermano: Tu non puoi essere dal cielo, tu non puoi essere da Dio, perché sei carne come noi, Gesù dice: No, proprio il mio essere carne è il principio stesso della salvezza. Innanzitutto dice: «Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira». Nel cuore di ogni uomo c è l attrazione al Figlio esercitata dal Padre. Cosa significa? Perché noi siamo credenti in Gesù Figlio di Dio? Non perché qualcuno ci abbia persuasi con argomenti particolari, ma per un fatto molto semplice: tutti noi siamo figli, nessuno si è fatto da sé; la struttura fondamentale dell uomo è essere figlio.

18 E cosa vuole il figlio dal Padre? Vuole quella cosa che non ottiene mai come lui vorrebbe: vuole essere amato incondizionatamente dal Padre. Questo è scritto nel cuore di ogni uomo. Questo è il desiderio dell amore del Padre che ti fa figlio e ti attira al Figlio, ti fa essere figlio. È da questa attrazione interiore alla verità, che c è nel cuore di ogni uomo, che si capisce la fede cristiana in Gesù Figlio di Dio, nell amore del Padre. Quindi è questione di vita o di morte seguire questa attrazione interna del Padre. È una attrazione che tiene tutti i discepoli di Dio, ammaestrati direttamente; siamo tutti istruiti da Dio. Il cuore dell uomo ha un desiderio di amore assoluto, di accettazione, che diventa la sua guida interiore ed è lo Spirito Santo. Chi segue questa vita diventa veramente figlio di Dio. La fede si trasmette attraverso la testimonianza: noi, testimoniando l amore del Padre e amando i fratelli, facciamo sì che l altro dica: Questa è una cosa bella, una cosa vera, l ho sempre voluta anch io, finalmente la vedo. È questa l unica trasmissione possibile della fede. È importante. L Eucarestia è proprio la realizzazione di questa attrazione interiore verso il Figlio, che ci fa pienamente figli e ci fa vivere ora la vita eterna. Questo pane, che nessuno ha mai visto, dove lo vedo? Lo vedo nel Figlio Gesù, che mi ama come fratello ed è lui che mi testimonia la paternità di Dio. Tutto questo serve quasi da introduzione al brano più specifico che segue. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». «Io sono il pane della vita», e «Io-Sono» richiama il nome di Dio liberatore dell Esodo. Questo pane è la liberazione dell uomo dalla schiavitù. E poi cosa fa il pane? Il pane comunica la vita, fa vivere, mantiene in vita e Gesù afferma di essere la vita, ciò che mantiene in vita. E il pane va mangiato. «Io-Sono», non come la manna che mangiarono i padri e morirono; la manna è venuta allora e non viene più, fu per i padri e non per voi; non garantì la vita perché morirono. Gesù dice che la manna era segno del vero cibo, che è lui, che scende ora dal cielo.

19 Questo pane c è ora, ed è Gesù-Parola, e chi lo mangia ora non muore. Poi continuerà dicendo: «Non muore in eterno». È il tema fondamentale dell Eucarestia: chi mangia il pane che il Signore ci dà, che è lui stesso, non muore in eterno. Vuol dire che ha la vita eterna. Cos è questo pane? È «Il pane che io vi darò». È un preannuncio della passione. Gesù cosa farà nell ultima cena? «Prese il pane e disse: Questo è il mio corpo dato per voi». Giovanni dice altre parole, che sono poi la stessa cosa. Invece di dire il mio corpo dice la mia carne, preferisce la parola carne fin dal Prologo: «E il verbo si fece carne». Carne indica l uomo nella sua fragilità, nella sua debolezza, perché è proprio la debolezza di Dio che ci salva, di questo Dio che assume la nostra condizione. «Il pane che io vi darò», perché quando Giovanni scrive queste cose non è ancora giunta l ultima Cena, manca ancora il tempo, poi tutto avverrà sulla croce. 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. È un testo splendido, veramente fondamentale. La domanda è: come può darti la Sua carne da mangiare? Gesù dice: «Avete capito bene: bisogna mangiare la mia carne». E ribadisce: «Se non mangiate la carne del Figlio dell uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi stessi la vita». Cosa vuol dire «Mangiare la carne»? La carne è l umanità di Gesù. Mangiare vuol dire assimilare. Qui la parola mangiare sostituisce il credere del brano precedente: «Se non credete nel Figlio dell uomo, non avete in voi la vita». La fede non è qualcosa di vago, è assimilare una carne, è assimilare l umanità di Gesù fino ad avere un umanità simile alla sua. Innanzitutto, come lo assimilo? Lo assimilo comprendendo come lui ha vissuto. Senza la Parola che mi mostra il Figlio, io non assimilo il Figlio.

20 Paradossalmente - diceva Dossetti - non è che noi mangiamo l Eucarestia, è l Eucarestia che ci mangia, ci assimila, ci divinizza, perché ascoltando la parola del Figlio, la mia intelligenza si assimila alla sua. È lui che mi assimila a sé, mi dà la mentalità del Figlio: penso come lui, ho i suoi criteri di valore, di giudizio, non solo con l intelligenza, ma con il cuore. Amo come ama Lui, ho il cuore del Figlio in comunione con il Padre e con i fratelli. E di conseguenza agisco come agisce Lui. Sono cose fondamentali queste che si legano e alla Parola e all Eucarestia. Infatti, i due elementi fondanti un cammino serio sono la Parola e l Eucarestia. Se ci manca la Parola e l Eucarestia non andiamo molto lontano. Allora «Mangiare la carne» vuol dire avere il pensiero di Cristo, agire come lui. Tutto il nostro essere è trasformato, divinizzato: diventiamo veramente figli. È qualcosa di molto concreto e, quando celebriamo l Eucarestia, cosa celebriamo? «Un corpo dato per noi» (è detto molto bene nella II Preghiera Eucaristica: «Per voi»), perché in quel corpo, che così ha vissuto, che così si è donato, noi comprendiamo chi è Dio. Dio è colui che ama così, si dona così; si dona a me e io entro in comunione con lui mangiandolo, assimilandolo, masticandolo addirittura. Se io assimilo il suo corpo, ho la sua umanità, ho il suo Spirito, ho la vita stessa di Dio, perché Gesù ha vissuto nel corpo lo Spirito del Figlio e del Padre; divento anch io ebbro dello Spirito. Ne capite le conseguenze... Gesù continua: non solo è da mangiare, ma da «masticare». Esce dieci volte in questi dieci versetti la parola «mangiare», in vista di una lenta assimilazione. Se facciamo così, beviamo il sangue, abbiamo la vita stessa di Dio, lo Spirito, per cui la nostra carne è animata dallo Spirito di Dio. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Notate: «Ha», ora. «Chi mangia e beve il mio sangue ha la vita eterna». Ora, non avrà ; ce l ha già ora e si vede quando uno ce l ha. Mi viene in mente la visita che il Papa ha fatto alla tomba di Don Tonino Bello. Quell uomo veramente trasmetteva l amore di Dio; aveva dentro di sé questa presenza; ci credeva.

21 Chi mangia, ha fin d ora e nel futuro la risurrezione, perché «Chi ama è già passato dalla morte alla vita, ha già vinto anche la morte» (1Gv). Questa vita nello Spirito del Figlio è già caparra piena della risurrezione. Noi diciamo di celebrare l Eucarestia, di fare la Comunione, ma purtroppo il modo con cui normalmente è vissuto e percepito è molto ingrigito, formalizzato, cristallizzato, rispetto a quello che qui viene detto in modo così concreto, in questi termini così radicali, così profondi. Noi non troviamo raccontato nel Vangelo di Giovanni il momento della istituzione dell Eucarestia che troviamo nei Sinottici, ma è contenuto in questo grande e lungo discorso e in altri passi. Semplicemente perché tutta la vita del Figlio è Eucarestia, quindi l evangelista vede tutto come Eucarestia. Il Vangelo di Giovanni non contiene nemmeno la trasfigurazione, che troviamo in Matteo, Marco e Luca, perché tutto il Vangelo di Giovanni è trasfigurazione, è comprensione del mistero profondo della realtà. Un altra cosa molto bella é al v. 56: Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Qui c è un accenno per me anche al Cantico dei Cantici. È un altra variazione sul tema. In che cosa consiste questa vita eterna? Si parla di dimorare l uno nell altro. È tipico dell amore: dimorare reciproco dell uno nell altro. Poiché colui che tu ami, ce l hai nel cuore, diventa il principio della tua vita, diventa la tua vita e l altro, che ti ama, ha te nel suo cuore, tu diventi la sua vita. Allora mangiare del Figlio vuol dire che il Figlio diventa la mia vita. E Lui cosa dice di me? Lo stesso: Tu sei la mia vita. Ho dato la mia vita per te, Questa comunione piena, espressa con la parola «dimorare», tornerà di continuo, perché è una delle definizioni più belle dell amore: essere di casa presso l altro, anzi l altro è la casa mia e viceversa, è la comunione. Questo dimorare è la vera presenza reale. La presenza reale è questo amore che realmente fa abitare te nell altro. E tu dove sei di casa? Stai dove ami, e non è un modo metaforico di dire, ma è un modo reale, perché dopo tutta la tua vita si organizza su ciò che ti sta a cuore. Quindi è importante sottolineare questo dimorare reciproco : Dio in noi e noi in lui.

22 57 Come il Padre, il Vivente, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me (che mastica di me) anche lui vivrà grazie a me. 58 Questo è il Pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Dopo aver detto che il masticare e il bere ci donano la vita e spiegato che questa vita è dimorare l uno nell altro, è l amore reciproco, ora dà un altra approssimazione a questo mistero: si parla di vivere per. Se tu mangi questa carne, la lasci entrare in te e la ami, vivi di lui, vieni da lui, perché la tua vita viene da lui, vivi per lui che è il Figlio, cioè entri nella vita trinitaria. È la divinizzazione dell uomo, che finalmente sa chi è: il figlio del Padre, fratello del Figlio e vede il suo volto in tutti i fratelli. Vedete la ricchezza che ci porta l Eucarestia! Grazie a Dio, però, giorno dopo giorno, questa Parola ci trasforma, possiamo addirittura intendere il Vangelo di Giovanni come tutto un vangelo eucaristico, che spiega questa vita di Gesù che la comunità celebra nel memoriale della cena del Signore. Qui ci viene in mente Paolo: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. E la vita che vivo nella carne la vivo nell amore di Lui, che mi ha amato e ha dato se stesso per me». Ecco, questo pane ci dona la vita di Dio. Giustamente Gesù dice, fuori metafora, la realtà: che lui è il Pane della vita, che ci comunica la vita di Dio. Saulo, trasformato in Paolo proprio per questa graduale assimilazione a Cristo, nella lettera ai Filippesi dirà: «La mia vita è Cristo». 59 Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Tutto questo discorso, che Gesù fa a Cafarnao, parte proprio dal seno del Padre; discorso che la gente ha frainteso. Gesù non è venuto a riempirci la pancia, anche quello quando c è bisogno, ma è lui il sostegno, il vero alimento. «Queste cose disse insegnando in sinagoga a Cafarnao». Sono le parole stesse che la Parola, con la P maiuscola, stamane a voluto ripetersi.

23 Chiediamo proprio al Signore di entrare nel mistero del pane, che è il mistero della vita, nel nostro essere figli: è il mistero di Dio che è Padre, Figlio, che è il mistero dell amore. Gv. 6, Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». 61 Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell uomo salire là dov era prima? 63 E lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 64 Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». 66 Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. 67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». 68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; 69 noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70 Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». 71 Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Siamo alla fine della sezione del Pane. Dopo la moltiplicazione dei pani, dopo le discussioni che sono nate sul senso del pane, Gesù è riconosciuto come il Santo, il Figlio di Dio. Proprio allora Gesù preannuncia la sua passione, darà la sua vita per tutti. Allora ci sarà la reazione di Pietro che non accetta la croce, perché per lui è uno scandalo. I temi fondamentali di quest ultimo brano sono: il non credere, lo scandalizzarsi, la parola dura, il tirarsi indietro, l andarsene fino a tradire. Questo testo finale vuole evidenziare anche l incredulità che c è in noi davanti al discorso fatto prima. È cosa antica l incredulità davanti al dono. Già Adamo ed Eva nel giardino avevano il dono di essere a immagine e somiglianza di Dio, ma non ci hanno creduto e l hanno voluta rapire. Già Israele, nella terra promessa ha avuto il dono della terra e non ha accettato il dono, ma ha voluto possedere, così è finito in esilio. Alla fine, c è un dono originario; il dono precede ogni tentazione, ogni tradimento. Il dono di Dio, però, è irrevocabile e il senso dell Eucarestia è

24 proprio questo: che Gesù si dona a chi lo tradisce, a chi lo rinnega, perché «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati». Abbiamo letto in questi giorni che gli apostoli erano chiusi a sprangate nel cenacolo dove avevano celebrato l Eucarestia, e Gesù entra a porte chiuse; tutta gente che è lì, chiusa dentro, è piena di sensi di colpa: Io ho tradito, Io sono scappato, Io ho rinnegato ; arriva Gesù e dice: «Pace a voi», non rimprovera nessuno. Il brano descrive proprio lo scandalo dei discepoli davanti al fatto che Gesù dà la sua carne e il suo sangue, cioè dà la vita, muore. La gente ed anche i suoi si aspettavano che con un inizio così (la moltiplicazione del pane che ha sfamato cinque mila persone), tutto andasse per il meglio, incominciasse veramente quel regno di Dio che si aspettavano: avrebbero mangiato tutti a sazietà, tutti sarebbero stati bene. Questa era l immaginazione. Ora, invece, questo pane è segno di qualcos altro: devono imparare a condividere, a porre la vita a servizio degli altri, a diventare come il pane che si mette nelle mani degli altri. Perché Dio non è uno che ha in mano tutto e tutti, ma è uno che si mette nelle mani di tutti e a servizio di tutti. Volete essere come Dio? «Mangiate questo Pane, vivete di questo Pane». Lo scandalo che subiscono i discepoli è inevitabile, perché abbiamo sempre un immagine di Dio scorretta, un Dio onnipotente, e noi vogliamo essere come lui. Il pane, invece, ci presenta un Dio che si fa pane, che si mette a servizio della vita, che si fa mangiare per diventare nostra vita, che non domina nessuno, ma serve tutti, che scompare, perché il pane in noi scompare. Emerge una concezione di Dio diversa, di un Dio che è amore, non potere, non dominio, né sopraffazione, non violenza, ma un Dio che è dono, perdono, umiltà, servizio. L uomo vero a immagine di Dio è questo, e mangiare questo pane vuol dire esattamente vivere come Cristo, come Dio. Le reazioni dei discepoli: 60 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». 61 Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell uomo salire là dov era prima?

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