Biotecnologie e bonifica ambientale

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1 Biotecnologie e bonifica ambientale Prof. Laura Martinis Liceo Scientifico G. Marinelli Prof. Massimo Vischi e Luca Marchiol - Facoltà di Scienze Agrarie dell Università di Udine Cl. III B

2 Noi studenti della classe 3B abbiamo avuto l opportunità, nell ambito di un progetto di preorientamento promosso dal Liceo Scientifico G. Marinelli e dall Università di Udine, di recarci alla Facoltà di Agraria dell Università per seguire una lezione teorica relativa alle biotecnologie e attuare un esperimento di Elettroforesi su gel. I docenti M. Vischi e L. Marchiol, dopo averci spiegato il programma della giornata e aver testato le nostre conoscenze sull argomento, hanno voluto che noi facessimo una foto ricordo assieme a loro. Si sono quindi formati due gruppi di lavoro che si sono alternati nell utilizzo del laboratorio. Così, mentre un gruppo era impegnato con l elettroforesi su gel, l altro seguiva una lezione teorica sulle biotecnologie e sul loro possibile utilizzo nell ambito dei progetti di bonifica ambientale curati dall Università di Udine. La tecnologia del DNA ricombinante La nostra esperienza in laboratorio

3 La tecnologia del DNA ricombinante La ricombinazione genetica è un processo biologico che avviene normalmente in tutti gli organismi ed in seguito al quale si ha uno scambio del genoma. Esso si verifica normalmente con la rottura e la riunione del DNA. Oggi è pero possibile creare delle molecole ricombinanti tra segmenti di DNA che non presentano omologia e che possono provenire da organismi diversi. Mediante l utilizzo di enzimi di restrizione, che tagliano il DNA in corrispondenza di determinate basi azotate, è possibile dividere sia il gene donatore che il vettore (DNA in cui viene inserito il gene estraneo) in segmenti che presentano alle estremità corte sequenze di basi complementari. Il vettore utilizzato è generalmente un plasmide batterico, ovvero un piccolo anello di DNA extracromosomico che contiene pochi geni e che si duplica indipendentemente dal cromosoma batterico principale. Il vettore unito al nuovo gene viene quindi reinserito dell organismo (di solito un batterio) da cui proveniva.

4 Questa tecnica, come ci è stato spiegato, trova largo impiego in diversi campi della biologia, della ricerca e non solo. In particolare il caso che abbiamo preso in esame è applicabile dell ecologia. Più precisamente il caso preso in esame riguarda l intervento sul DNA di un organismo batterico (Agrobacterium tumefaciens), che è solito vivere nel terreno e infettare le piante (in particolare le dicotiledoni) in corrispondenza di eventuali lacerazioni del fusto. Una volta all interno della pianta il batterio inserisce il suo plasmide dentro le cellule vegetali, legando in questo modo il suo DNA a quello della cellula infettata. Su questo plasmide batterico sono presenti diversi geni, che codificano informazioni per la sintesi di diverse proteine e molecole. In particolare un segmento del plasmide, che prende il nome di T-DNA, contiene le informazioni necessarie per una veloce riproduzione della cellula vegetale infettata e per far produrre alla cellula le sostanze utili al batterio. E questo il gene che si vuole sostituire con un frammento di DNA estraneo contenente le informazioni che interessano i ricercatori e che sarebbero in grado di modificare il comportamento delle cellule vegetali infettate e, in seguito, dell intero organismo vegetale.

5 Per poter estrarre il plasmide dal batterio, bisogna far sì che l organismo unicellulare si riproduca per mitosi (esso si riproduce ogni 20 minuti). Quando la quantità di batteri è sufficienti, li si frantuma (si rompe quindi la membrana cellulare) e, poi, li si centrifuga per separare i plasmidi. A questo punto il DNA viene trattato con particolari enzimi di restrizione. Gli enzimi utilizzati possono essere ad esempio: ECO RI e HAE III. Il primo enzima (ECO RI) taglia il DNA in corrispondenza del gruppo di basi azotate GAATTC e ciò significa che c è 1 possibilità su 4096 (1/4 6 ) di trovare questa sequenza. Il secondo enzima (HAE III), invece, opera in presenza della sequenza GGCC ed ha quindi più possibilità (1 su 256) di trovare il sito da tagliare. (Es: se ho un campione di 2000 basi non mi aspetto alcun frammento con il primo enzima e circa otto frammenti con il secondo). Una volta ottenuti i due frammenti con estremità adesive complementari (mediante l elettroforesi su gel, che permette di individuare i due segmenti in cui è stato diviso il DNA) è possibile unire il vettore e il gene estraneo prescelto così da creare un plasmide ricombinante che viene, quindi, inserito nel batterio. Questo, poi, infetta una pianta e, quando nasce il nuovo germoglio contente cellule geneticamente modificate, si ottiene una piante transgenica che ha nuove caratteristiche, determinate dal gene inserito nei suoi cromosomi.

6 Questo processo, come ci è stato illustrato, viene impiegato dai ricercatori nell ambito di un progetto di bonifica ambientale. Per rimediare al problema dell inquinamento da metalli pesanti, è, infatti, possibile attuare metodi diversi. La metodologia su cui si basa il processo e su cui si stanno compiendo questi studi è la PHYTOREMEDIATION. Essa presuppone l impiego di piante, dette iperaccumulatrici, in grado di assorbire e metabolizzare metalli pesanti, così da ricavarne composti organici. In natura queste piante esistono ma non si prestano nel modo migliore a essere utilizzate per la bonifica di grandi aree inquinate. Esse, infatti, sono per lo più piante selvatiche, con piccola biomassa e caratterizzate da un accrescimento lento. Il gene che si vuole inserire nel plasmide batterico fa dunque parte del patrimonio genetico di queste piante iperaccumulatrici. Una volta inserito dal batterio nelle cellule vegetali di piante più comuni e di biomassa maggiore, esso sarebbe in grado di modificare le capacità di queste ultime, rendendo così più efficiente il processo di fitoestrazione e di bonifica dell ambiente. La percentuale di rimozione di agenti inquinanti (idrocarburi e metalli pesanti) è, infatti, determinata da questa relazione: (Biomassa prodotta x fattore di bioaccumulazione) = % Rimozione Volume del suolo esplorato

7 L elettroforesi su gel di agarosio: Per separare i segmenti di DNA tagliati dall enzima di restrizione viene utilizzato un processo che prende il nome di elettroforesi. Questo metodo è finalizzato all isolamento di frammenti di DNA di diversa lunghezza ed è resa possibile dalla carica elettrica presente sui frammenti di DNA. Questa è a sua volta determinata dalla ionizzazione dei gruppi fosfato che collegano unità di zucchero successive nella catena polinucleotidica. Una miscela di frammenti di DNA viene deposta su un gel poroso (che ha lo scopo di mantenere l ambiente neutro e non influenzare quindi il comportamento dei frammenti di DNA), attraverso cui viene applicato un campo elettrico. I segmenti, di carica negativa, si spostano attraverso il campo, diretti verso il polo positivo. In questa migrazione i frammenti di DNA più piccoli si muovono più velocemente e percorrono quindi una distanza maggiore. Le molecole così separate possono poi essere estratte dal gel in forma pura. Campioni di diversi possono essere fatti migrare contemporaneamente, applicati uno accanto all altro. In questo modo è anche possibile determinare la lunghezza dei segmenti, confrontando quelli di cui non si conosce la misura con altri di cui lunghezza e peso molecolare sono già noti.

8 L'elettroforesi del DNA di dimensioni da 100 bp a 7 Kb viene effettuata su gel di agarosio (polisaccaride) a concentrazione variabile da 0,8% a 3%, in tampone TAE (Tris 40mM, acidi acetico 29mM, EDTA 2mM ph=8) ed 1 mg/l di bromuro di etidio, molecola planare idrofobica che si intercala fra le basi del DNA e che è in grado di emettere fluorescenza in seguito ad esposizione a raggi UV. L'elettroforesi viene effettuata in orizzontale applicando un campo elettrico costante di circa 7,5 V/cm: il DNA, essendo carico negativamente, ovviamente migrerà verso il polo positivo. Bande contenenti almeno 5 ng di DNA possono essere, quindi, visualizzate direttamente e fotografate in transilluminazione.

9 La nostra esperienza in laboratorio: Dopo aver seguito la lezione teorica, ci siamo recati nel laboratorio per eseguire alcune operazioni pratiche sotto la supervisione del docente universitario. Prima fase: preparazione gel Seconda fase: solidificazione del gel e formazione dei pozzetti Terza fase: inserimento del DNA e applicazione dell elettricità Quarta fase: visualizzazione dello spostamento dei frammenti di DNA

10 Prima fase Durante la prima fase dell esperimento abbiamo preparato il gel a base di agarosio (un polisaccaride) su cui i frammenti di DNA sarebbero poi migrati e che avrebbe fatto da conduttore. La soluzione (al 1%) era composta da 40 ml di TBE, da 0,4 g di agarosio e da 2 ml di etiliobromuro (una sostanza che ha la capacità di intercalarsi tra le basi azotate del DNA ed emettere fluorescenza se sottoposta a raggi UV) e una volta formata doveva essere scaldata affinché il polisaccaride si sciogliesse. Mentre aspettavamo che la soluzione si raffreddasse, abbiamo preparato la vaschetta entro la quale avremmo poi messo il gel e l abbiamo posizionata su un piano perfettamente orizzontale in modo tale che la concentrazione del gel fosse uniforme. Una volta predisposta la vaschetta, ci abbiamo versato dentro il gel ormai raffreddato e abbiamo aspettato finché non si è solidificato.

11 Seconda fase Dopo aver aspettato all incirca 10 minuti che il gel si solidificasse, abbiamo continuato con la preparazione dei pozzetti entro i quali sarebbero poi stati messi i campioni di DNA da dividere e misurare. Per la formazione dei pozzetti ci siamo serviti di un pettine, che inserito nel gel, ha creato lo spazio in cui inserire, in un secondo tempo, i frammenti di acido nucleico.

12 Terza fase Abbiamo quindi inserito i campioni di DNA da analizzare, mischiati a un particolare colorante (4 ml di colorante, 2,5 ml di DNA, 8,5 ml d acqua) affinché fossero visibili sul gel trasparente, nei pozzetti. Abbiamo utilizzato anche alcuni frammenti di misura conosciuta (lunghezza in basi azotate e peso molecolare), in modo da poter confrontare i segmenti sconosciuti con quelli la cui lunghezza (in questo caso 1 kb=1000 basi) era già nota. Dopo aver riempito i pozzetti abbiamo applicato il campo elettrico, sistemando l elettrodo negativo in corrispondenza del lato della vaschetta su cui avevamo praticato i pozzetti e quello positivo in corrispondenza dell altro lato.

13 (L immagine mostra lo spazio percorso sul gel dai due frammenti di DNA uno in blu, l altro in violetto dopo un tempo di circa 10 minuti) Quarta fase Abbiamo dunque aspettato all incirca 15 minuti che i campioni di DNA si muovessero sulla superficie del gel, migrando verso il polo positivo con una velocità inversamente proporzionale alla loro lunghezza. Abbiamo quindi controllato con la luce ultravioletta, che reagisce con l etiliobromuro e lo rende fluorescente, lo spostamento compiuto dai frammenti, confrontando lo spazio percorso dal segmento di DNA campione con quello del frammento di lunghezza sconosciuta.