Regione Lazio La normativa sociale regionale

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1 Regione Lazio La normativa sociale regionale 1. La Legge Regionale di riordino e il primo Piano Regionale socio-assistenziale La Regione Lazio ha iniziato il proprio percorso di riordino del sistema dei servizi socioassistenziali con la L.R. n. 38 (del 9 settembre 1996) Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio e il primo Piano socio-assistenziale Regionale Provvedimenti che hanno anticipato molte delle indicazioni normative contenute nella legge nazionale di riforma dell assistenza (lex 328/2000). La L.R. 38/96 è una legge di riordino, che racchiude e ottimizza tutta la legislazione regionale precedente in materia socio-assistenziale. Essa interviene nella programmazione e organizzazione dei servizi e degli interventi sociali nel Lazio. Disciplina l esercizio decentrato delle funzioni amministrative nel campo socio-assistenziale. Individua le modalità di coordinamento per l integrazione con i servizi e gli interventi sanitari, educativi, scolastici e sportivi. Regola le funzioni relative all autorizzazione e alla vigilanza sulle istituzioni pubbliche e private e sulle organizzazioni di volontariato che operano nel settore. Con il primo Piano socio-assistenziale , la Regione si impegna a promuovere una trasformazione delle forme di organizzazione del sistema dei servizi sociali, alla ricerca di assetti che possano garantire una maggiore efficacia e efficienza degli interventi sul territorio. Essa si propone, con la strumentazione a disposizione, di perseguire e anticipare la riforma nazionale dell assistenza, allora in discussione in Parlamento. Alla base del processo di riorganizzazione dei servizi sociali viene posta la scelta di procedere nella costruzione dei distretti delle politiche sociali. L obiettivo è quello di superare un sistema decisionale prescrittivo a cascata (dal Centro alla Periferia) 2, in favore di procedure democratiche di tipo circolare, in grado di favorire il coinvolgimento delle comunità locali nel processo politicoprogrammatorio. 1 Approvato con Delibera del Consiglio Regionale n.591 del 1 Dicembre (BUR n.4 del 10/02/ supplemento ordinario n.1). 2 Come in parte era quello disegnato dalla L.R. n.38/

2 In funzione di una visione diversificata e paritaria dei poteri in materia sociale, il Piano riserva alla Regione una funzione di indirizzo e orientamento degli Enti locali e dei soggetti privati, assegnando ai Comuni il ruolo inedito di attori di un processo di miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini delle loro comunità. L idea forza di questo Piano socio-assistenziale sta nel considerare i tre anni di attuazione un periodo di transizione e di sperimentazione. Il fine che si intende perseguire è quello di superare la separazione tra socio-assistenziale e sanitario, che si è storicamente tradotta in una frammentazione degli interventi sul territorio, per arrivare ad una ricomposizione delle due azioni in un unico intervento che sia appunto socio-sanitario. In attesa della legge nazionale di riordino dei sevizi sociali, la Regione si impegna a lavorare per far crescere tra gli operatori e gli amministratori delle Asl e degli Enti locali la consapevolezza dell importanza dell integrazione funzionale e operativa tra le prestazioni erogate direttamente dai Comuni e le prestazioni di pertinenza del Servizio Sanitario. A tale scopo, il Piano individua nei distretti delle Asl la dimensione territoriale ottimale per la gestione degli interventi sociali e sanitari. Essa consente di sviluppare al massimo i sistemi innovativi e alternativi al ricovero, di attivare processi comunicativi triangolari tra operatori, amministratori e cittadini, di esercitare un controllo sociale diffuso e di garantire una sostanziale partecipazione della comunità locale nella decisione politico-amministrativa. Se, al termine della sperimentazione, l organizzazione del distretto socioassistenziale sarà stata in grado di produrre risultati positivi, dimostrando la fattibilità dei diversi passaggi, il Piano auspica, anche in previsione dell evoluzione legislativa nazionale, eventuali modifiche normative, che permettano di utilizzare tale modello integrato per gestire servizi socioassistenziali, servizi socio-sanitari, progetti obiettivo e azioni programmate. Per la gestione dei servizi e degli interventi all interno dei bacini distrettuali, il Piano prevede che, a partire dalle aree scelte per la sperimentazione, gli Enti responsabili dei servizi sociali e sociosanitari costituiscano forme associative 3 e adottino progressivamente il metodo della pianificazione di zona, favorendo il coinvolgimento degli altri Enti locali (Comunità montane, Province), delle diverse istanze del privato sociale (associazionismo, cooperazione sociale) e delle IPAB. Il Piano di Zona diviene quindi lo strumento sperimentale attraverso il quale i Comuni del distretto attuano forme di gestione unitaria dei servizi socio-assistenziali e modalità di integrazione dei servizi sociosanitari, tramite accordo di programma con la Asl competente. Gli obiettivi della regolamentazione del sistema sociale sono individuati nel: 3 Tra quelle previste dalla normativa vigente (delega per convenzione, consorzio, accordo di programma, spa). 2

3 produrre una semplificazione del sistema dei servizi, attraverso la riduzione delle tipologie di intervento da ricondursi a modelli caratterizzati secondo specificità funzionali essenziali, evitando sovrapposizioni all interno dello stesso territorio; consentire l individuazione del servizio non per classe di appartenenza o categoria destinataria, ma attraverso la definizione di funzioni e prestazioni; favorire servizi flessibili rispetto a quelli che tendono ad una eccessiva specializzazione. Intendendo per flessibilità: offerta di prestazioni differenziate; assunzione di gruppi di popolazione bersaglio, non limitati ad una categoria; capacità di integrazione con gli altri servizi dell area o del bacino distrettuale. Per garantire livelli uniformi di prestazione su tutto il territorio regionale, il Piano si propone di assicurare, in ogni area distrettuale, l organizzazione di strumenti di intervento tali da garantire livelli minimi di tutela sociale e di affiancamento della comunità locale, della famiglia, delle persone. Tali livelli sono individuati in: Segretariato sociale, con funzioni di informazione, consulenza, mediazione sociale e istituzionale; Servizi di emergenza e pronto intervento assistenziale, con adeguate risorse sia economiche che di ospitalità temporanea; Prestazioni domiciliari di servizio sociale. Le aree di intervento prioritarie sono indicate in: - anziani; - maternità, infanzia e minori; - handicap; - disagio psichico in età evolutiva; - immigrati. Costituiscono infine strumenti di rafforzamento del sistema dei servizi sociali: l avvio di azione formative e l istituzione del Sistema Informativo. 2. Linee Guida ai Comuni ( ) Per fornire le indicazioni necessarie alla realizzazione dei Piani di Zona su base distrettuale, la Regione ha fornito ai Comuni apposite Linee Guida, elaborate in tre successive DGR, nel 2001 (n.860 del 28 giugno 2001) e nel 2002 (n.471 del 19 aprile 2002 e n.807 del 21 giugno 2002). 3

4 La DGR n.860/ provvede alla determinazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione del Fondo per l attuazione del primo Piano socio-assistenziale Regionale e contiene, in allegato, le Linee Guida ai Comuni per l esercizio delle funzioni di servizio sociale (anno 2001). Ampia parte delle Linee Guida è dedicata alla disamina della legge nazionale di riforma dei servizi sociali (328/2000) e all illustrazione delle indicazioni provenienti dal Piano sociale Nazionale (DPR 3 maggio 2001). In attesa dei provvedimenti regionali attuativi delle norme statali, la Regione chiarisce i provvedimenti centrali, indicando: ruolo e funzioni degli Enti locali; obiettivi e priorità di intervento; modalità di integrazione socio-sanitaria; livelli essenziali delle prestazioni; strumenti di programmazione. La delibera ribadisce come la L.R. 38/1996 e il primo Piano Regionale socio-assistenziale abbiano anticipato i tempi della riforma, individuando nel distretto la sede privilegiata per garantire l insieme delle prestazioni e dei servizi socio-sanitari, sulla base del principio dell integrazione istituzionale, gestionale e professionale, attraverso l adozione di un modello di servizi a rete. È, infatti, in quest ottica che è stata avviata la sperimentazione su 7 distretti del Lazio 5, con l obiettivo strategico di individuare un modello di riferimento regionale. Con la presente deliberazione, i Comuni dei distretti sperimentali ricevono un contributo integrativo, relativo all anno 2001, per le spese organizzative e hanno l obbligo di presentare un programma di servizi intercomunali (prime linee del Piano di Zona) integrato con gli interventi di competenza delle Asl che tenga conto delle esigenze dell intero territorio distrettuale. Al fine di incrementare le aree a forte integrazione sociale e sanitaria, vengono tuttavia prese in considerazione anche auto-candidature di Comuni capofila in nuovi distretti, che abbiano già avviato attività integrate (attraverso la sottoscrizione di accordi di programma o protocolli di intesa tra i Comuni afferenti al distretto e la Asl competente), ai quali viene garantito il contributo integrativo. Il Fondo Unico Regionale 6, che nel 2001 si prevede pari a lire (che arrivano a circa se si sommano anche gli altri interventi previsti dalle leggi vigenti), fatte salve le riserve di bilancio e una quota di lire da destinare ad interventi in favore dei disagiati psichici, viene ripartito sulla base dei seguenti criteri: una quota pari al 65% viene assegnata al singolo Comune in ragione della popolazione residente (95%) e della superficie territoriale (5%); 4 Concernente Legge regionale n.38/1996. Determinazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione del fondo per l attuazione del primo piano socio assistenziale. Art.10 legge regionale n.11/2001, capitolo 42115, esercizio finanziario (BUR n.22 del 10/08/2001). 5 Individuati con DGR n.6879 del 9 dicembre Istituito ai sensi della L.R. n.38/1996 per l esercizio delle funzioni di servizio sociale. 4

5 una quota pari al 15% è finalizzata al finanziamento di progetti comunali recanti interventi di interesse regionale e/o di rilevante interesse sociale e a iniziative dirette della Regione; la restante quota del 20% è destinata a progetti intercomunali finalizzati alla gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari a livello distrettuale. Percorrendo la strada dell associazionismo tra Comuni per la realizzazione di servizi intercomunali, l obiettivo ultimo della programmazione regionale è la ricomposizione dei finanziamenti all interno dei bacini distrettuali socio-sanitari con la costituzione di un budget di distretto, in cui trovano collocazione anche le risorse finanziarie destinate alle spese sanitarie e socio-sanitarie di competenza delle Asl. Per ottenere i contributi previsti, la delibera indica nel 10 settembre 2001 la data ultima di presentazione dei progetti, precisando che questi ultimi devono comunque contenere: - descrizione dell intervento e sue modalità operative; - finalità; - tempi di attuazione; - indicazione se trattasi di prosecuzione di servizio già operante o di nuovo servizio; - tipologia e numero delle figure professionali operanti e loro costi; - piano finanziario recante il complessivo costo del servizio o intervento, con specifiche indicazione degli elementi che lo compongono. Infine, la delibera indica l ammontare complessivo delle risorse, sia finalizzate che non finalizzate, provenienti dal Fondo Nazionale per le politiche sociali ( di lire circa). E rimanda al 2002 l impegno di quelle non finalizzate, anticipando però alcuni dei criteri e delle modalità che caratterizzeranno la loro allocazione (poi ripresi dalla DGR n.471/2002). La DGR n.471/ individua i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse indistinte provenienti dal Fondo Nazionale per le politiche sociali relative all anno 2001 ( ,82) e fornisce ai Comuni, in allegato, le Linee Guida per l esercizio delle funzioni in materia di servizi sociali. Come anticipato dalla DGR n.860/2001, fatti salvi ,00 riservati alla realizzazione di specifici progetti di interesse regionale, sono destinatari del finanziamento i Comuni associati nell ambito del distretto socio-sanitario e i Municipi del Comune di Roma 8, a cui è assegnato un budget complessivo di distretto. 7 Concernente Determinazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle risorse provenienti dal fondo nazionale per le politiche sociali. Anno 2001, esercizio finanziario (BUR n.17 del 20/06/ supplemento ordinario n.4 al BUR n.16 del 10/05/2002). 8 Avendo la Capitale una dimensione sovradistrettuale. 5

6 Il riparto viene effettuato sulla base di due direttrici: a) macro aree di intervento, individuate in: - responsabilità familiari; - diritti dei minori; - persone anziane; - contrasto della povertà; - disabili; - avvio della riforma. b) parametri basati sulla struttura demografica 9, sui livelli di reddito e sulle condizioni occupazionali della popolazione. Tabella 1 - Quote per il riparto delle risorse indistinte AREE DI INTERVENTO INDICATORI PERCENTUALI Responsabilità familiari Popolazione residente 15 Diritti dei minori Popolazione < 18 anni 5 Popolazione < 4anni 5 Persone anziane Popolazione > 65 anni 30 Popolazione > 75 anni 30 Contrasto della povertà Disagio socio-economico / Rapporto Censis Disabili Numero delle pensioni di invalidità 7 Avvio della riforma Popolazione residente 1 Per sostenere e incentivare il sistema dei servizi, la metodologia di riparto prevede anche che una quota delle risorse venga specificatamente destinata a: favorire l associazionismo degli Enti locali, per superare l ostacolo della dimensione comunale inadeguata ad assicurare un efficiente organizzazione dei servizi; supportare l integrazione tra programmi di intervento e tra Enti locali e Asl, per garantire al sistema una reale struttura a rete. In proposito, il provvedimento ribadisce che obiettivo prioritario della programmazione regionale è l integrazione socio-sanitaria, da realizzarsi attraverso l attivazione, ai vari livelli istituzionali, di strategie, programmi e modelli organizzativi coerenti e funzionali. Le Linee Guida individuano nel Piano di Zona lo strumento fondamentale di pianificazione del sistema integrato sul territorio e, riprendendo il dettato della legge 328/00, indirizzano l attività dei Comuni del distretto in merito a obiettivi e contenuti. Dagli orientamenti assunti dalla programmazione locale e in relazione agli obiettivi prioritari, discendono i singoli progetti operativi, 9 A tale indicatore viene assegnata un importanza maggiore rispetto agli altri. 6

7 considerati parte integrante dei Piani di Zona, in funzione dei quali vengono richiesti specifici finanziamenti regionali, nei limiti della quota assegnata al distretto (budget di distretto) e in riferimento alle aree di intervento. La data entro la quale i Piani di Zona e i relativi progetti operativi devono pervenire all Assessorato alle Politiche per la Famiglia e Servizi sociali viene indicata nel 18 giugno 2002 (60 giorni dall approvazione della presente deliberazione), successivamente prorogata all 8 luglio Dopo aver fornito indicazioni per la formulazione del Piano di Zona, la Regione individua un possibile percorso per l avvio del Piano stesso, in attesa che tali provvisorie indicazioni trovino una compiuta formulazione nell ambito del secondo Piano Regionale socio-assistenziale. Detto percorso inizia con la costituzione, nel distretto, del Comitato dei Sindaci, che ha il compito di individuare il Comune capofila, i bisogni e le domande del territorio, gli obiettivi strategici e le priorità di intervento. Una volta definite le linee generali di programmazione, tutti i Comuni del distretto e la Asl compente sottoscrivono un accordo di programma, alla cui formulazione occorre prevedere la partecipazione dei soggetti del Terzo settore attraverso apposite forme di consultazione. Una parte delle Linee Guida è dedicata ai livelli essenziali delle prestazioni. In questa sezione, vengono indicati i servizi, gli interventi e le prestazioni che devono comunque essere assicurati (sulla scorta delle indicazioni provenienti dal Piano sociale Nazionale), ciascuno dei quali risulta corredato da un piccola spiegazione. Essi sono: Segretariato sociale per l informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; Servizio sociale professionale; Servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personale e familiare; Assistenza domiciliare; Strutture residenziali e semi-residenziali per soggetti con fragilità sociali; Centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. Qualora i distretti del Lazio non fossero ancora in grado di adottare in via definitiva il Piano di Zona, possono in alternativa produrre un documento recante le linee di programmazione, ferma restando l individuazione dei progetti operativi con cui si richiedono i finanziamenti. Fanno eccezione i distretti sperimentali, inizialmente in numero di 7 e successivamente aumentati a 14 nel 2001 grazie alle auto-candidature 11, che sono costretti ad elaborare il proprio Piano di Zona al fine di accedere ai finanziamenti provenienti dal Fondo Nazionale. Il Comune di Roma, data la sua specificità, invia alla Regione un unico Piano di Zona comunale, nel quale però confluiscono i 10 Vedi DGR n.705/2002 concernente Deliberazione giunta regionale n.471/2002 «Determinazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle risorse provenienti dal fondo nazionale per le politiche sociali». Proroga dei termini. (BUR n. 22 del 10/08/2002). 11 Vedi DGR n.860/

8 singoli Piani di Zona distrettuali elaborati dai vari Municipi. La Regione verifica la conformità dei Piani (e dei relativi progetti operativi) alla propria programmazione e adotta i conseguenti provvedimenti per l erogazione dei contributi ai distretti. Con la presente deliberazione, il legislatore regionale intende portare a conclusione la fase di sperimentazione introdotta dal primo Piano socio-assistenziale e avviare un percorso, da perfezionare con il nuovo Piano Regionale, per rendere uniforme sull intero territorio laziale l assetto istituzionale e organizzativo della rete dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. La DGR n.807/ individua i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse provenienti dal Fondo Unico Regionale e dal Fondo Nazionale per le politiche sociali per l anno I criteri di riparto del Fondo Unico Regionale (di ,88 a cui vanno sottratte le riserve di bilancio e una quota di ,99 da destinare ad interventi in favore dei disagiati psichici) vengono in parte modificati rispetto al passato 13, secondo il seguente schema: una quota pari al 65% viene assegnata al singolo Comune in proporzione alla popolazione residente (95%) e alla superficie territoriale (5%); una quota pari al 10% è finalizzata al finanziamento di specifici progetti comunali di interesse regionale e/o di rilevante interesse sociale; la restante quota del 25% è destinata all organizzazione e alla gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari e è assegna a livello di singolo distretto sulla base dell intensità del disagio socio-economico ponderato con la popolazione (come da risultato del rapporto La povertà nel Lazio elaborato dal Censis). Detti finanziamenti sono indirizzati, in particolare, al proseguimento dei progetti intercomunali già attivati, così da garantire la continuità degli interventi, e non necessitano quindi per la loro assegnazione della presentazione di appositi progetti. Le risorse provenienti dal Fondo Nazionale per le politiche sociali ( ,00) vengono invece ripartite tra i distretti secondo i criteri già in precedenza stabiliti dalla DGR n.471/2002 e sono destinate all integrazione e all aggiornamento dei Piani di Zona presentati con i relativi progetti operativi. Infine, una quota pari all 8% del Fondo Nazionale viene destinata a specifici progetti e/o iniziative dirette della Regione. La data entro la quale gli aggiornamenti dei Piani di Zona e dei relativi progetti operativi devono pervenire all Assessorato alle Politiche per la Famiglia e Servizi sociali viene indicata nel 30 ottobre Concernente Criteri per il riparto del fondo unico regionale e del fondo nazionale per le politiche sociali anno Esercizio finanziario Vedi DGR n.860/

9 Tale deliberazione si inserisce nel quadro delle linee di politica volte a promuovere l assetto e lo sviluppo del sistema socio-assistenziale regionale, già adottate dalla Regione con i precedenti provvedimenti (DGR n.860/2001 e n.471/2002) che vengono presi a riferimento per la programmazione degli interventi anche per l esercizio finanziario Il secondo Piano Regionale socio-assistenziale Il Piano Regionale socio-assistenziale conclude la fase di sperimentazione avviata dal primo Piano Regionale, che ha introdotto e successivamente portato a regime, attraverso le progressive delibere della Giunta regionale, una pratica del sociale fondata su l aggregazione dei Comuni nei Distretti, l integrazione territoriale con la Asl competente, la programmazione degli interventi attraverso i Piani di Zona. Definita la cornice normativa di riferimento, il secondo Piano punta a generalizzare gli aspetti positivi emersi dalla sperimentazione, dedicando il triennio allo sviluppo quantitativo e qualitativo dei servizi sul territorio e alla loro effettiva integrazione sociosanitaria. Il nuovo documento di pianificazione regionale si presenta come lo strumento guida per l innovazione. Il tramite per avviare la costruzione di un vero e proprio sistema regionale del welfare: un modello Lazio che vincoli i finanziamenti all operatività dei progetti e alla loro concreta realizzazione, in funzione dei bisogni delle famiglie, con il concorso di tutti i soggetti attivi nella programmazione (Enti locali, Asl, Terzo settore). Il principio ispiratore fondamentale della pianificazione sociale viene individuato nella centralità dei bisogni degli utenti e delle famiglie. La linea politica indicata parte dal riconoscimento della peculiarità del territorio laziale: una regione-contenitore che raccoglie contesti fortemente diversificati da un punto di vista sociodemografico, economico, culturale e di articolazione del disagio sociale. Una Regione dove alle disparità tra Roma e il resto del territorio, e tra le città capoluogo e le zone provinciali, si sono progressivamente giustapposte differenziazioni interne e trasversali. Una realtà che si diversifica sensibilmente per quantità e qualità delle risorse disponibili, che presenta segmenti di territorio in ritardo rispetto ad una moderna cultura del welfare, dove coesistono esigenze e graduatorie di 14 Approvato con Deliberazione della Giunta Regionale 25 ottobre 2002, n.1408 concernente Art. 48 legge regionale 38/1996. Approvazione schema di piano socio-assistenziale (BUR n.36 del 30/12/ supplemento ordinario n.3). 9

10 priorità spesso molto diverse tra loro, che richiedono quindi una capacità crescente di garantire un offerta socio-assistenziale non standardizzata, ma flessibile e di qualità. Nell impostazione regionale viene sottolineata la necessità di porre a fondamento della programmazione sociale una conoscenza approfondita dell articolazione dei bisogni e del contesto in cui essi maturano. È per questo che il Piano contiene un allegato dove sono raccolte informazioni statistico-demografiche utili per conoscere il territorio e programmare gli interventi, e rimanda ad un successivo perfezionamento degli strumenti di conoscenza dei bisogni e dell offerta attraverso l aggiornamento della ricerca sulla povertà 15 e soprattutto l avvio del Sistema Informativo Sociale 16. Gli orientamenti strategici della programmazione regionale vengono individuati in: politica per la famiglia e con la famiglia 17 ; lotta alla povertà; contrasto dell emarginazione, realizzato a vari livelli in funzione dei diversi destinatari: minori; disabili fisici, sensoriali e psichici; tossicodipendenti e alcolizzati; anziani; detenuti; immigrati e Rom; emigrati. welfare integrato nella comunità locale; qualità sociale. L unità territoriale di riferimento delle politiche e degli interventi socio-assistenziali è il distretto, la cui articolazione sul territorio coincide con la distribuzione territoriale delle competenze delle Asl. Il Piano di Zona è lo strumento cardine attraverso il quale i Comuni del distretto, singoli o associati, codificano gli obiettivi strategici, gli assetti organizzativi, gli interventi operativi e le modalità gestionali del comparto degli interventi sociali. Il PdZ deve essere così articolato: 15 Realizzata dal Censis sull articolazione territoriale dei bisogni e del disagio nel Lazio. 16 Da realizzare attraverso la trasformazione dell Osservatorio e Centro di Documentazione e analisi per l infanzia, l adolescenza e i giovani. 17 Con la L.R. 7 dicembre 2001, n.32 recante Interventi a sostegno della famiglia, la Regione riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e istituzione privilegiata per la nascita, la cura e l educazione dei figli, per l assistenza ai suoi componenti e per la solidarietà tra le generazioni. 10

11 Analisi del contesto: domanda e offerta 18 struttura di offerta; mappa dei bisogni. Definizione per ogni macro-area di intervento di: obiettivi strategici, assicurando quanto previsto dai Liveas; programma di intervento e relative priorità; strumenti e mezzi per la realizzazione degli interventi; quantificazione delle risorse finanziarie (budget di distretto); modalità organizzative innovative; modalità per garantire l integrazione socio-sanitaria; coordinamento con organi periferici dello Stato; modalità per garantire il coordinamento con la pluralità di soggetti operanti a livello locale; tempi di attuazione; sistema di controllo, monitoraggio e verifica dei risultati; requisiti di qualità. Dalle linee di pianificazione locale discendono i singoli progetti operativi (che fanno parte integrante dei Piani di Zona) con i quali si richiedono specifici finanziamenti regionali, nell ambito e nei limiti delle risorse assegnate con il budget di distretto e con particolare riferimento alle macro aree di intervento. Essi devono contenere: 1. descrizione dell intervento, finalità e sue modalità operative; 2. indicazione se trattasi di servizio di nuova attivazione o di servizio già operativo; 3. tipologia delle figure professionali impiegate e loro costi; 4. piano finanziario, con l indicazione del costo complessivo del servizio/intervento articolato per voci quali: costi di struttura costi del personale costi per il funzionamento; costi di informazione. 5. indicazione del livello di compartecipazione a carico di: Comune; Asl; Enti Pubblici; Utenti; 18 Da aggiornare e integrare annualmente. 11

12 Terzo settore. Gli strumenti tecnico-amministrativi di supporto per la realizzazione delle linee politiche indicate dalla programmazione locale sono individuati negli organismi di Piano, da attivare in ciascun Distretto: Organismi di Piano Funzioni Comitato dei Sindaci Coordinamento istituzionale Definizione obiettivi strategici Struttura del Piano Rilevazione e analisi statistica dei dati Gestione finanziaria dei progetti Comunicazione e interrelazione con altri operatori e soggetti sul territorio Interlocutori della Struttura del Piano, nel processo di programmazione territoriale, sono i rappresentanti degli organismi del Terzo settore. Sul tema della partecipazione, in particolare, fondamentale è il ruolo che il Piano Regionale assegna ai Centri di Servizio per il Volontariato nella costruzione di un sistema di referenti attivi sul territorio. Nello sviluppo delle attività dei Centri di Servizio è prevista infatti la creazione di sportelli su base distrettuale con il compito di svolgere le funzioni istituzionali di informazione, formazione e consulenza per il Volontariato, nonché di favorire, nel contempo, l organizzazione di una rete di rapporti e relazioni con tutti i soggetti del Terzo settore, definendo forme innovative di concertazione e progettazione. Una parte consistente del documento di programmazione regionale è dedicata ai Liveas: i livelli essenziali di assistenza da garantire in ciascun ambito sociale. Nel Piano Regionale viene infatti riportata una griglia, in parte anticipata dalle Linee guida ai Comuni per l utilizzo delle risorse provenienti dal Fondo Nazionale per le politiche sociali (anno 2001) 19, in cui sono indicate le funzioni assistenziali da inserire nei Piani di Zona come livelli di assistenza che devono comunque essere assicurati in ogni distretto, nonché gli interventi e le prestazioni che possono rappresentarne l articolazione strumentale. Le aree organizzative di intervento per i Liveas vengono individuate (su indicazione del Piano sociale Nazionale) in: Segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; 19 DGR n.471/

13 Servizio sociale professionale; Servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personale e familiare; Assistenza domiciliare; Strutture a ciclo residenziale; Strutture a ciclo semi-residenziali; Centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. Per ciascuna di queste aree sono specificate le finalità; il tipo di prestazioni e/o interventi da garantire; l organizzazione; i destinatari; i servizi afferenti; gli obiettivi operativi. Nel documento di programmazione sociale, la Direzione Regionale Famiglia e Servizi alla Persona dichiara di aver avviato una riorganizzazione dei propri uffici coerente con l impostazione data al Piano socio-assistenziale. La necessità di dare risposte adeguate al processo avviato spinge infatti la Regione ad eliminare le tradizionali aree tematiche per dare spazio ad una organizzazione trasversale che abbia l obiettivo di valorizzare e potenziare i seguenti aspetti: l attività di programmazione e di progettazione d interventi; la partecipazione ai programmi europei; la competenza in materia di autorizzazione e accreditamento. Per quanto riguarda, in particolare, i criteri per l autorizzazione e l accreditamento dei sevizi e delle strutture, il Piano individua la metodologia da applicare, che si basa su: i criteri già definiti per l autorizzazione; la definizione di standard numerici e qualitativi relativi al personale; la definizione di criteri di qualità nei rapporti con l utente: carta dei servizi, contratto assistenziale, monitoraggio delle condizioni dell utente; l individuazione di requisiti di rete relativi alla collaborazione tra singoli servizi, siano essi pubblici o privati; la definizione di un sistema di obblighi informativi tra i singoli servizi e il Servizio sociale distrettuale; la definizione del sistema di tariffe regionali (prevedendo i margini di flessibilità in relazione al superamento dei requisiti minimi per l autorizzazione). Infine, il Piano si conclude indicando i risultati attesi nel triennio di applicazione: Completamento e ottimizzazione dell organizzazione del distretto: si tratta di passare dalla fase di sperimentazione, ormai conclusa, al concreto sviluppo del modello e degli strumenti di governo e 13

14 gestione del sistema degli interventi e dei servizi sociali a livello locale. L obiettivo è di avviare un solido processo di programmazione che, a partire dalla lettura del territorio, individui le priorità operative, in collaborazione con tutti gli altri comparti delle politiche di welfare (in primo luogo le Asl e la Scuola). Realizzazione di un sistema omogeneo e uniforme di servizi sociali sull intero territorio regionale: si tratta di superare la tradizionale frammentazione, che ha caratterizzato i servizi sociali nella Regione, attraverso la fissazione di priorità operative, la qualificazione dei servizi e degli interventi in relazione ai bisogni del territorio, la garanzia dei livelli essenziali di assistenza 20. Realizzazione di un sistema a rete di servizi integrati: si tratta di cercare le interazioni e le collaborazioni possibili tra i diversi servizi, gli enti e i soggetti presenti nel territorio, allo scopo ultimo di fissare un metodo di lavoro che si traduca, per i cittadini, in una maggiore facilità di accesso e fruizione delle prestazioni del welfare e nella copertura ottimale dei bisogni e delle domande che richiedono interventi integrati 21. Attivazione di sportelli Informa famiglia : si tratta di fornire concretezza al ruolo della famiglia quale titolare di diritti e di competenze sociali. Gli sportelli 22 hanno la funzione di individuare e mettere in connessione le risorse dei servizi sociali, sanitari, educativi e formativi utili a supportare il ruolo delle famiglie, diffondendo, al contempo, le informazioni atte a facilitarne l accesso alla rete e l individuazione dei servizi adeguati. Stimolo e potenziamento dell inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: si tratta di sperimentare forme di interazione e di integrazione a rete in grado di offrire una pluralità di strumenti per innalzare l occupabilità dei soggetti svantaggiati. Avvio del Sistema Informativo Sociale: si tratta di attivate procedure di rilevazione semplificate, aggiornabili e di facile accesso, da informatizzare e trasmettere con strumenti telematici in modo da accelerare notevolmente i tempi di trasmissione e di elaborazione delle informazioni, allo scopo ultimo di affiancare il processo programmatorio della Regione e dei distretti La Regione si propone di concorrere al raggiungimento di questo obiettivo attraverso l attività di monitoraggio e valutazione, nonché attraverso l emanazione delle procedure di autorizzazione e accreditamento. 21 La Regione, per sostenere il processo di costruzione del sistema a rete, si propone di monitorare, valutare e valorizzare le buone prassi, definendo in tal senso apposite Linee Guida. 22 Nell arco del triennio ogni distretto dovrà realizzare almeno uno sportello Informa Famiglia. 23 Con le attività analitiche propedeutiche alla realizzazione del Piano, la Regione ha già provveduto a sistematizzare le informazioni correnti: passaggio utile alla costruzione di un linguaggio comune, su cui basare lo sviluppo del Sistema Informativo Sociale. 14

15 4. Linee Guida ai Comuni (2003) La DGR n.704/ (del 25 luglio 2003) individua i criteri di riparto del Fondo per l attuazione del secondo Piano socio-assistenziale Regionale (di complessivi ,00) e contiene, in allegato, il documento concernente le Linee Guida ai Comuni per l anno I criteri per il riparto del Fondo Regionale per l implementazione del Piano socio-assistenziale (di residui ,08 al netto dei finanziamenti di specifici interventi regionali) vengono mantenuti inalterati rispetto al : una quota pari al 65% viene assegnata al singolo Comune, in proporzione alla popolazione residente (95%) e alla superficie territoriale (5%), per i servizi così detti alla porta del cittadino ; una quota pari al 10% è finalizzata al finanziamento di specifici progetti comunali di interesse regionale e/o di rilevante interesse sociale, relativi al proseguimento di attività già finanziate nel o a specifici interventi (di emergenza o per le isole) che non possono rientrare nei PdZ; una quota del 25% è destinata all organizzazione e alla gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari attivati in ambito distrettuale, con particolare riferimento a quelli inseriti nei PdZ, al fine di garantirne la continuità. I finanziamenti sono assegnati a livello di singolo distretto sulla base dell intensità del disagio socio-economico ponderato con la popolazione (dati Censis Lazio). I progetti da finanziare non devono essere inviati alla Regione, ma inseriti nei PdZ. Per quanto riguarda invece le modalità di ripartizione del Fondo Nazionale per le politiche sociali (anno 2003), le Linee Guida anticipano, in attesa che il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali effettui il trasferimento alle Regioni, i criteri di riparto, da fissare con successivo atto regionale. Le risorse nazionali indistinte vengono di nuovo indirizzate alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali a livello distrettuale 27. Al momento della loro assegnazione, gli ambiti territoriali hanno il dovere di aggiornare i rispetti Piani di Zona e i relativi progetti operativi. 24 Concernente Criteri per il riparto del fondo per l attuazione del piano socio-assistenziale regionale. Esercizio finanziario Approvazione documento concernente Fondo per l attuazione del piano socio-assistenziale regionale e fondo nazionale per le politiche sociali. Linee guida ai Comuni anno (BUR n.26 del 20/09/03). 25 Vedi DGR n.807/ Tali progetti devono essere presentati alla Regione entro 60 giorni dall approvazione della presente deliberazione. 27 Vedi DGR n.471/

16 Poiché dall esame dei documenti di programmazione locale precedentemente trasmessi alla Regione sono stati riscontrati elementi di eterogeneità tra i diversi distretti, sia rispetto ai contenuti del Piano di Zona che alle procedure adottate per la sua definizione, le Linee Guida intendo puntualizzare alcune modalità operative per individuare un modello organizzativo più omogeneo 28, nel riconoscimento che il Piano socio-assistenziale rappresenti il quadro di riferimento regionale per le politiche sociali. In particolare, oltre a richiamare il contenuto delle Linee Guida allegate alla DGR n.471/2002, vengono riportate le modifiche apportate dalla legge finanziaria regionale per l anno alla L.R. 38/1996 di riordino dei servizi sociali. Con tali modifiche si stabilisce che il Piano di Zona venga di norma adottato attraverso accordo di programma, secondo le procedure indicate dal Testo Unico sull ordinamento degli Enti locali, come peraltro sancito dalla legge nazionale di riforma dell assistenza (328/2000). Nella fattispecie, l articolo 34 del citato T.U. dispone che: 1. l amministrazione con interesse prevalente (il Comune capofila) promuove la conclusione dell accordo e indice una conferenza tra i rappresentanti delle amministrazioni interessate; 2. l accordo deve: assicurare il coordinamento delle azioni; determinare i tempi e le modalità; determinare i finanziamenti; prevedere eventuali procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di possibili inadempienze dei soggetti partecipanti; 3. l accordo consiste nel consenso unanime delle amministrazioni (Sindaci dei Comuni del distretto autorizzati dai rispettivi Consigli, Direttore generale della Asl competente) e è approvato con atto formale dell amministrazione procedente (Sindaco del Comune capofila); 4. l accordo va pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio. Il Piano di Zona viene inoltre definito come lo strumento di stimolo delle risorse locali di solidarietà e di responsabilizzazione dei cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi. In questa direzione, si raccomanda ai distretti di prevedere e adottare modalità operative sempre più incisive e ampie di consultazione dei soggetti del Terzo settore. Le linee Guida dispongono anche che, entro il 2003, tutti i distretti si adoperino per istituire la Struttura del Piano 30, nell ambito della quale occorre individuare una figura professionale che si ponga come referente del Piano di Zona. 28 La Regione si propone, in questa direzione, di trasmettere successivamente lo schema da compilare per la presentazione dei PdZ. 29 L.R. 6 febbraio 2003, n.2 recante Legge finanziaria regionale per l esercizio finanziario Le cui funzioni sono indicate nel Piano Regionale socio-assistenziale

17 Sempre in riferimento ai finanziamenti relativi all anno 2003, la Regione precisa che non saranno approvati i Piani di Zona che non assicurino prioritariamente i livelli essenziali di assistenza, al fine di garantire pari opportunità e tutela ai soggetti delle fasce più deboli di popolazione. In particolare, nel corrente esercizio finanziario tutti i distretti del Lazio devono garantire nel proprio territorio due particolari aree organizzative di intervento, che costituiscono priorità nell ambito dei Liveas: il Segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai familiari; l Assistenza domiciliare. Infine, in attesa dell emanazione di specifiche direttive regionali atte a disciplinare la materia dell affidamento dei servizi e dell accreditamento, le Linee Guida richiamano il contenuto della circolare n del 12 ottobre 2000 sulle procedure di gara, ricordando inoltre l obbligo di iscrizione ai registri e agli albi regionali per tutte le organizzazioni cui il Comune intenda affidare la gestione di interventi e servizi. La DGR n.977/ (del 10 ottobre 2003) definisce il piano di utilizzazione degli stanziamenti provenienti dal Fondo Nazionale per le politiche sociali (che nell anno 2003 sono assegnati alla Regione senza vincolo di destinazione) e contiene, in allegato, i criteri e le modalità per il riparto della quota del Fondo destinata a: 1. gli interventi di aiuto in favore delle persone con disabilità grave; 2. gli interventi a favore dell infanzia e dell adolescenza; 3. l organizzazione e la gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e sociosanitari attivati a livello distrettuale, inseriti nei Piani di Zona. Le risorse assegnate alla Regione Lazio per il 2003 ammontano complessivamente a ,00, di cui una quota da destinare ad interventi in favore delle famiglie di nuova istituzione e una quota da indirizzare alla conclusione della sperimentazione del RMI. I residui ,00 vengono ripartiti secondo i seguenti criteri: A) una quota pari a è indirizzata agli interventi previsti da leggi vigenti dello Stato e posti a carico del Fondo Nazionale: per gli interventi a favore dei disabili gravi; per gli interventi in favore dell infanzia e dell adolescenza; per gli interventi in favore degli immigrati; per gli interventi in favore dei senza fissa dimora; 31 Concernente Piano di utilizzazione degli stanziamenti provenienti dal fondo nazionale per le politiche sociali per l anno 2003 e delle relative risorse regionali di cofinanziamento. (BUR n.33 del 29/11/03). 17

18 per gli interventi finalizzati a contrastare le dipendenze da droghe, alcool e farmaci, di cui il 50% a fini di prevenzione, recupero e reinserimento sociale; B) una quota pari a è destinata alla realizzazione di: specifici progetti di interesse regionale o di rilevante interesse sociale; studi, ricerche e specifiche attività sperimentali; progetti comunali relativi alla promozione dell uso del tempo per fini di solidarietà sociale; programmi interregionali di scambio e di formazione in materia di interventi in favore dell infanzia e dell adolescenza, nonché per interventi diretti regionali; progetti connessi con lo sviluppo del Sistema Informativo regionale dei Servizi Sociali, anche relativi alla formazione e all aggiornamento degli operatori; C) la restante quota di è finalizzata all organizzazione e alla gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari attivati a livello distrettuale, con riferimento a quelli inseriti nei Piani di Zona. I destinatari del finanziamento sono i Comuni associati, cui è assegnato un budget complessivo di distretto. Una quota non inferiore al 20% di tale budget deve essere indirizzata ad interventi in favore di persone anziane non autosufficienti. Il riparto, secondo le indicazioni contenute in allegato, viene effettuato sulla base delle stesse indicazioni già fornite dalla Regione nelle precedenti deliberazioni 32. Dal canto suo, la Regione, a titolo di cofinanziamento, stanzia le seguenti risorse regionali: A) per gli interventi a favore dei disabili gravi; B) per gli interventi a favore degli immigrati; C) per le misure a sostegno della povertà, in favore dei Comuni, relative alla conclusione della sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento. La data entro la quale i Comuni, singoli o associati, devono presentare i Piani di Zona distrettuali viene fissata al 31 dicembre Tali PdZ devono essere redatti sulla base delle indicazioni contenute nella DGR n.704/2003 e devono comprendere, oltre ai relativi progetti operativi, anche i progetti inerenti gli interventi in favore dei disabili gravi e in favore dell infanzia e dell adolescenza (secondo le indicazioni contenute in allegato) Vedi DGR n.471/ Per i progetti approvati relativi agli interventi in favore dei disabili gravi e in favore dell infanzia e dell adolescenza i distretti ricevono un budget finalizzato aggiuntivo. 18

19 5. Linee Guida ai Comuni (2004) La DGR n.610/ (del 9 luglio 2004) individua i criteri di riparto del Fondo per l attuazione del Piano socio-assistenziale Regionale, stabilisce la quota del Fondo Nazionale da destinare all organizzazione e gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e sociosanitari attivati a livello distrettuale e contiene, in allegato, il documento concernente le Linee Guida ai Comuni. I criteri per il riparto del Fondo per l attuazione del Piano socio-assistenziale Regionale vengono in parte modificati rispetto al : una quota pari al 60% viene assegnata ai Comuni, in proporzione alla popolazione residente (93%) e alla superficie territoriale (7%); una quota pari al 15% è finalizzata al finanziamento di specifici progetti comunali di interesse regionale e/o di rilevante interesse sociale, relativi: al proseguimento delle seguenti attività: - gestione di strutture residenziali per minori; - gestione di strutture residenziali comunali per anziani; - servizi di mensa sociale e/o accoglienza notturna; - interventi di assistenza domiciliare autogestita; - interventi per la realizzazione di spazi per minori nei condomini; - interventi finalizzati alla risocializzazione di detenuti e ex detenuti; - interventi di inserimento lavorativo di adulti in grave stato di bisogno; ad interventi non rientranti nei Piani di Zona distrettuali relativi a situazioni di emergenza comunali e a specifiche esigenze per le isole; al finanziamento di servizi locali, già finanziati negli anni precedenti con risorse finalizzate ai servizi intercomunali, che per la loro valenza sovracomunale vengono inseriti per la prima volta nei PdZ distrettuali; una quota del 25% è destinata all organizzazione e alla gestione associata dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari attivati in ambito distrettuale, già inseriti nei PdZ, al fine di garantirne la continuità. I finanziamenti sono assegnati a livello di singolo distretto 34 Concernente Piano di utilizzazione del fondo per l attuazione del piano socio-assistenziale regionale e della quota di fondo nazionale per le politiche sociali destinata all organizzazione e alla gestione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari a livello distrettuale. Approvazione documento concernente «Fondo per l attuazione del piano socio-assistenziale regionale e fondo nazionale per le politiche sociali. Linee guida ai Comuni». (BUR n.24 del 30/08/04 - supplemento ordinario n.5 al BUR n.23 del 20/08/04). 35 Vedi DGR n.704/

20 sulla base dell intensità del disagio socio-economico ponderato con la popolazione (dati Censis Lazio). I progetti da finanziare devono essere inseriti nei PdZ. Per quanto riguarda invece il Fondo Nazionale per le politiche sociali, la delibera stabilisce di destinare, nell ambito delle risorse complessivamente assegnate alla Regione Lazio, la somma di all organizzazione e gestione associata dei servizi e interventi socio-assistenziali e socio-sanitari attivati a livello distrettuale e individua i seguenti criteri di ripartizione: una quota pari a viene suddivisa in funzione delle aree di intervento e delle aree territoriali, secondo il seguente schema: AREE DI INTERVENTO INDICATORI PERCENTUALI Responsabilità familiari Popolazione residente 16 Diritti dei minori Popolazione < 18 anni 5 Popolazione < 4anni 5 Persone anziane Popolazione > 65 anni 30 Popolazione > 75 anni 30 Contrasto della povertà Disagio socio-economico / Rapporto Censis Disabili Numero delle pensioni di invalidità 7 una quota pari a , a cui va a sommarsi a titolo di cofinanziamento regionale la cifra di , viene assegnata per il perseguimento delle finalità della legge 104/92 in favore dei disabili gravi, sulla base dei seguenti criteri 36 : - 70% in relazione al numero di invalidi civili con indennità di accompagnamento; - 30% in funzione del disagio socio-economico ponderato con la popolazione (dati Censis Lazio); una quota pari a viene destinata al perseguimento delle finalità della legge 285/97 in favore dell infanzia e dell adolescenza 37, nella seguente misura: - 50% in base alla popolazione 0-4 anni; - 50% in base alla popolazione 0-18 anni. Le somme assegnate ai singoli distretti socio-sanitari devono essere indirizzate al finanziamento dei progetti inseriti nei Piani di Zona, tenendo conto che è da destinarsi: - una quota non inferiore al 20% agli interventi in favore degli anziani non autosufficienti; - una quota non inferiore al 6,5% agli interventi in favore dei disabili gravi (legge 104/92); - una quota non inferiore al 11,5% agli interventi in favore dell infanzia e dell adolescenza (legge 285/97). 36 A ciascun distretto dovrà comunque essere garantita una somma non inferiore a Fanno eccezione i distretti del Comune di Roma, essendo il Comune stesso destinatario diretto dei finanziamenti ex legge 285/97. 20

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