Fisica della Visione Programma ragionato Seconda parte

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3 2 Seconda parte Dal punto di vista ottico l occhio è un sistema ottico in grado di produrre sulla retina un immagine reale di una parte dell ambiente circostante.

4 3 L occhio come sistema ottico L occhio umano può essere considerato, in prima approssimazione, un sistema ottico centrato i cui elementi ottici sono la cornea eilcristallino, mentrelaretina costituisce la superficie su cui si forma l immagine. Tali elementi sono a contatto con differenti mezzi rifrangenti: all esterno della cornea vi è il film lacrimale, tra cornea e cristallino vi è l umor acqueo, tra cristallino e retina vi è l umor vitreo. Tra cornea e cristallino è anche presente l iride, che ha la funzione di pupilla per il sistema ottico.

5 4 Le caratteristiche ottiche essenziali (posizione relativa, diametri, raggi di curvatura, indici di rifrazione) cambiano da individuo ad individuo, ma nel medesimo individuo cambiano anche con l età e dipendono (accomodamento) anche dalle condizioni di lavoro, ossia dalla posizione dell oggetto e dalle condizioni di illuminazione.

6 5 Trattando l occhio umano come un sistema ottico centrato si possono prendere in esame tutte le quantità definite per tali dispositivi: asse ottico, punti cardinali [fuochi (anteriore / posteriore), punti nodali (anteriore / posteriore)], punti / piani principali (anteriore / posteriore), lunghezza focale (anteriore / posteriore), potere rifrattivo, pupille di entrata / uscita. Le grandezze menzionate possono ovviamente essere definite per l occhio nel suo complesso, ma anche separatamente per alcune parti, ad esempio per la sola cornea o per il solo cristallino. Trattare l occhio umano come un sistema ottico centrato significa considerare un modello semplificato, ma comunque utile in varie applicazioni. Si può migliorare tale modello se si decide di tener conto dei vari scostamenti dalla schematizzazione dell occhio come una successione di diottri sferici centrati. Per ciascun diottro reale la superfice non è perfettamente sferica (una migliore approssimazione si ottiene, ad esempio, trattandola come una superficie toroidale),icentridi curvatura non sono perfettamente allineati ma si deve parlare di asse ottico medio (ottenuto tramite un best fit), e comunque il punto di fissazione non viene posto su di esso (si definiscono pertanto altri assi, tra cui asse visivo, asse pupillare, asse di fissazione) di cui è necessario tener conto nelle osservazioni e nelle misure dirette fatte sull occhio.

7 6 Nell approssimazione di Gauss ovvero di raggi parassiali (e quindi di legge di Snell per angoli piccoli) è possibile realizzare un sistema ottico stigmatico. Per angoli di incidenza più ampi è possibile realizzare solo sistemi ottici non generalmente stigmatici (ottenuti di solito utilizzando superfici riflettenti o rifrangenti derivate da coniche). In genere i sistemi ottici, e ciò vale anche per l occhio, sono non stigmatici. Idifetti, che fanno sì che il comportamento di un sistema ottico si discosti da quello di un sistema ottico stigmatico, sono detti aberrazioni.alcune (le aberrazioni cromatiche)si hanno solo in presenza di luce non monocromatica, mentre le aberrazioni monocromatiche permangono anche se si utilizza luce monocromatica. Le aberrazioni cromatiche dipendono sostanzialmente dalla dispersione cromatica presente, in misura maggiore o minore, in qualunque materiale trasparente, mentre le aberrazioni monocromatiche dipendono da come il fronte d onda incidente viene modificato dal sistema ottico. Una misura quantitativa dell aberrazione monocromatica è data dalla funzione di aberrazione, che indica quanto il fronte d onda reale si discosta da un fronte d onda sferico.

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9 8 Un modo comodo di rappresentare la funzione di aberrazione è quello di farne uno sviluppo in serie tramite i polinomidizernicke. Tale sviluppo ha il vantaggio che ciascun termine (o, in alcuni casi, alcune coppie di termini) hanno un interpretazione immediata in termini dell effetto prodotto sull immagine di una sorgente puntiforme. Dalla forma della funzione o dall effetto prodotto derivano le denominazioni che sono usualmente attribuite ai primi termini: piston, tilt (X / Y), defocus, (primary) astigmatism (oblique / vertical), coma (vertical / horizontal), trefoil (vertical / oblique), (primary) spherical, secondary astigmatism (oblique / vertical), quadrafoil (oblique / vertical). I termini in coppia generati dalle specificazioni riportate sopra in parentesi (tilt X e tilt Y, per esempio, etc.) possono essere utilmente associati tra loro introducendo un angolo di rotazione. È interessante notare che, in campo oftalmico, i polinomi di Zernicke trovano anche applicazione nella descrizione quantitativa dello scostamento della superficie della cornea da una superficie sferica. Dal punto di vista neurologico l occhio è un estensione del cervello e svolge la funzione di trasduttore in grado di convertire un immagine in segnali elettrici e inviarli al cervello dopo una pre elaborazione.

10 9 L occhio come trasduttore e sistema di pre elaborazione delle immagini I differenti tipi di recettori retinici svolgono funzioni differenti: i bastoncelli sono utilizzati per la visione scotopica, in bianco e nero, mentreiconi sono utilizzati per la visione fotopica, a colori. A loro volta i coni sono di tre tipi diversi, dotati di differenti curve di sensibilità (coni L, coni M, coni S), e consentono al sistema nervoso di ricevere informazioni, sebbene sintetiche, sulla distribuzione spettrale della radiazione luminosa che raggiunge l occhio.

11 10 Il malfunzionamento o l assenza, solitamente per cause genetiche, di uno o più tipi di coni provoca varie possibili alterazioni della visione dei colori (deuteranomalia, protanomalia, tritanomalia, acromatopsia) che spesso sono genericamente accomunate sotto il termine daltonismo. La presenza ed il grado di tali anomalie può essere valutata tramite gli Ishihara plates.

12 I segnali provenienti dai recettori sono elaborati già a livello delle cellule nervose (bipolari, orizzontali, gangliari, amacrine, gliali retiniche) presenti nella retina medesima. Tuttavia è possibile rappresentare lo stimolo 11 prodotto da una radiazione monocromatica (stimolo corrispondente a un colore spettrale) come un punto in uno spazio SLM tridimensionale (l acronimo SLM deriva dai tre tipi di coni). Questa rudimentale rappresentazione dei colori può poi essere migliorata nell ambito della colorimetria.

13 12 I punti dello spazio SML sulla curva indicata corrispondono alla sensazione di colore prodotta da una luce monocromatica (colori spettrali) S Ogni altro punto dello spazio SML corrisponde ad una sensazione di colore che non è ottenibile con una luce monocromatica (es. il bianco, il magenta, etc.). M L

14 13 Come in qualunque sistema ottico, la capacità di risoluzione spaziale dipende dalle caratteristiche dell ottica (apertura del diaframma) e del sensore (densità dei pixel): nell occhio è determinata dalla figura di diffrazione prodotta dall iride (disco di Airy) e dalla densità spaziale di coni e bastoncelli (in particolare dalla distanza tra due coni contigui in prossimità della fovea).

15 14 L effettiva capacità di risoluzione spaziale contribuisce a determinare l acuità visiva, grandezza della quale è possibile definire varie forme, tra cui acutezza di visibilità, acutezza di risoluzione, acutezza di allineamento, acutezza di riconoscimento. Tali quantità possono essere valutate sperimentalmente (ad esempio tramite gli ottotipi) ma i loro valori ideali possono essere determinati in base a considerazioni ottiche (diametro del disco di Airy sulla retina) e fisiologiche (distanza tra due coni). La visibilità di un oggetto dipende, com è ovvio, dalla sua luminanza, ma è funzione anche del contrasto rispetto allo sfondo e della frequenza spaziale. La percezione visiva delle immagini avviene quindi in parte nella retina e in parte nel cervello. In particolare la percezione dei colori (presente in visione fotopica e, parzialmente, in visione mesopica) è in gran parte dovuta alla pre elaborazione dei segnali provenienti dai fotorecettori, che viene effettuata nella retina medesima. La colorimetria si occupa di fornire una misura quantitativa di ciò che il nostro occhio ed il nostro cervello interpretano come colore.

16 15 Cenni di colorimetria La percezione del colore dipende dalla stimolazione dei coni, e si riscontra che è possibile che differenti combinazioni di lunghezze d onda possano produrre la medesima sensazione di colore. In particolare la luce monocromatica produce una sensazione di colore (colori spettrali) che dipende esclusivamente dalla lunghezza d onda, ma è possibile produrre la medesima sensazione mescolando opportunamente tre radiazioni monocromatiche. Le funzioni di colore (color matching functions), ricavate sperimentalmente, consentono di definire uno spazio di colore in cui ciascun punto è individuato da tre coordinate colorimetriche (RGB, XYZ, xyy, Lu'v', LC' uv h uv, HSL sono alcune tra le varie possibili scelte, le cui motivazioni sono dettate da ragioni storiche o da esigenze particolari).

17 16 Le coordinate possono essere semplificate e ridotte a due se si vuole rappresentare solo il colore, escludendo l intensità. In tal caso le più significative sono tonalità e saturazione (hue, chroma). Limitandoci al diagramma di cromaticità CIE xy, su di esso è possibile evidenziare tanto i colori spettrali quanto tutte le sensazioni di colore percepibili, nonché la curva di Planck (Planckian locus) che rappresenta i punti di bianco corrispondenti a differenti temperature di colore (Color Correlated Temperature).

18 17 Il colore percepito dipende dalla sorgente luminosa e da come la luce che essa emette interagisce con gli oggetti osservati (diffrazione, assorbimento). Gli oggetti visibili come target del processo visivo Il colore con cui viene visto un oggetto dipende dallo spettro della luce che provenendo da esso raggiunge l occhio, pertanto è determinato tanto dalla sorgente luminosa quanto da come la radiazione da essa generata interagisce con l oggetto osservato. L interazione può avvenire tanto in corrispondenza della superficie (all interfaccia o in uno strato molto prossimo alla superficie) quanto nel bulk, ossia all interno del materiale. Nel primo caso si distinguono riflessione, riflessione speculare, riflessione diffusa, riflessione metallica, rifrazione, e si definiscono riflettanza, legge della riflessione, polarizzazione S/P (o TE/TM), formule di Fresnel per la riflessione, angolo di Brewster, angolo critico, riflettanza per incidenza normale, interferenza da un film sottile. Nel secondo si distinguono trasmissione, assorbimento, scattering e si definiscono trasmittanza, assorbanza, legge di Lambert Beer, scattering di Reileigh, scatteringdi Mie, fluorescenza, fosforescenza.

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