DISTRETTO PRODUTTIVO DELLE POLITICHE SOCIALI

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1 PATTO PER LO SVILUPPO DEL DISTRETTO PRODUTTIVO DELLE POLITICHE SOCIALI Regione Siciliana - Assessorato Regionale della Cooperazione, Commercio, Artigianato e Pesca Decreto n.152 dell'1/12/2005 (GURS n. 57 del 30 dicembre 2005) Criteri di individuazione e procedure per il riconoscimento dei "distretti produttivi" previsti dall'articolo 56 della Legge Regionale n.17/2004 Pag. 1

2 INDICE 1. DENOMINAZIONE E RAPPRESENTANTE DEL DISTRETTO DISTRETTO REGIONALE DELLE POLITICHE SOCIALI IL CONTESTO DI RIFERIMENTO DELIMITAZIONE TERRITORIALE LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL SETTORE LA SITUAZIONE ITALIANA UNO SGUARDO PIÙ ATTENTO SULLA REALTÀ SICILIANA DESCRIZIONE DELLA PARTNERSHIP DEL PATTO DELLE POLITICHE SOCIALI TIPOLOGIE DI SERVIZI EROGATI: POTENZIALITÀ DI SVILUPPO: ORGANIZZAZIONE DEL DISTRETTO PROGRAMMA DELLE AZIONI E DEGLI INTERVENTI DEL DISTRETTO MISURA 1 STRUMENTI DI INGEGNERIA FINANZIARIA AZIONE 1.1 FONDI PER CAPITALE DI RISCHIO AZIONE 1.2 FONDI GARANZIA PER LE IMPRESE E PER LO START UP AZIONE 1.3 FONDI GARANZIA PER IL PRESTITO SOCI MISURA 2 CIRCOLI DELLA CONOSCENZA MISURA 3 SVILUPPO DELLA COMPETITIVITÀ DELLE PMI SOCIALI AZIONE 1.1 FORMAZIONE CONTINUA AZIONE 1.2 FORMAZIONE SUL LAVORO PER I NEO-ASSUNTI NELLA LOGICA DELLA IMMEDIATEZZA DELL INTERVENTO MISURA 4 RICERCA APPLICATA E TRASFERIMENTO DEL SAPERE MISURA 5 SOSTEGNO E PROMOZIONE AL SISTEMA DISTRETTUALE PER LA RICERCA E LO SVILUPPO TECNOLOGICO MISURA 6 MARKETING TERRITORIALE PIANO FINANZIARIO DI MASSIMA DEL DISTRETTO Pag. 2

3 1. DENOMINAZIONE E RAPPRESENTANTE DEL DISTRETTO Il Distretto Produttivo individuato nel presente "Patto per lo Sviluppo" viene denominato: "DISTRETTO PRODUTTIVO DELLE POLITICHE SOCIALI" caratterizzato dalla presenza di imprese operanti nel settore socio-assistenziale e dell inserimento lavorativo di soggetti svantiaggiati. Ai sensi dell'art 7 del Decreto dell'assessorato Regionale della Cooperazione, del Commercio, dell'artigianato e della Pesca n.152 dell'1/12/2005, pubblicato nella GURS n. 57 del 30/12/2005 come Rappresentante Legale del Distretto Produttivo delle Politiche Sociali è stato proposto il Dott. BARBAROSSA Edoardo, presidente e legale rappresentante del Consorzio SOL.CO Catania, domiciliato per la carica in Via P. Carrera n Catania Tel. 095/ solco@solcoct.it. 2. DISTRETTO REGIONALE DELLE POLITICHE SOCIALI 2.1. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO Il distretto produttivo delle Politiche Sociali della Regione Sicilia, candidato al riconoscimento di distretto produttivo ai sensi dell'art. 56 della L.R. 17 del 28/12/2004 è tracciato secondo i criteri dettati del Decreto dell Assessorato della Cooperazione, del commercio e dell artigianato e della pesca, del 01/12/05. Il presente distretto produttivo vede la partecipazione di 103 Cooperative Sociali e la presenza della Università degli Studi di Palermo Centro per il Dottorato di Ricerca Informatica e l ACLI Sede Regionale DELIMITAZIONE TERRITORIALE L area di insediamento delle imprese operanti nel settore socio-assistenziale e di inserimento produttivo è rappresentata dall intero territorio regionale con una presenza più marcata nell area del catanese (48 cooperative su un totale di 103 pari al 47%). La distribuzione territoriale delle imprese partecipanti al patto è meglio rappresentata nella seguente cartina: Pag. 3

4 2.3. LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL SETTORE LA SITUAZIONE ITALIANA Nel corso del biennio l'istat ha svolto la seconda rilevazione sulle cooperative sociali iscritte nei registri regionali e provinciali al 31 dicembre 2003 (si vedano le Note informative). Rispetto ai risultati della rilevazione precedente, riferita al 2001, il numero delle cooperative sociali è cresciuto dell 11,7%. Le cooperative sociali attive al 31 dicembre 2003 sono 6.159, mentre ammontano a 875 quelle che, alla data di riferimento della rilevazione, non avevano ancora avviato l attività o l avevano sospesa temporaneamente. A conferma della relativa novità del fenomeno, più del 60% delle cooperative sociali italiane è nato dopo il Nel 60,2% dei casi si tratta di cooperative che erogano servizi sociosanitari ed educativi (tipo A, unità) e nel 32,1% di unità che si occupano di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (tipo B, unità). Le cooperative ad oggetto misto (che svolgono sia attività di tipo A sia di tipo B) ed i consorzi sono molto meno numerosi: 249 le prime (4,0%) e 224 i secondi (3,6%). Nelle cooperative sociali sono impiegati circa 190 mila lavoratori retribuiti (161 mila dipendenti e 28 mila lavoratori con contratto di collaborazione) e 32 mila non retribuiti (28 mila volontari e 4 mila obiettori di coscienza). Il 70% circa delle risorse umane è costituito da donne. Dal punto di vista economico, le cooperative sociali registrano nel complesso circa 4,5 miliardi di euro di entrate. I valori non sono distribuiti omogeneamente tra le varie tipologie di cooperativa: a fronte di un valore medio della produzione di 720 mila euro, le cooperative di tipo A si attestano a circa 770 mila euro per unità, quelle di tipo B e ad oggetto misto a circa 473 mila euro, mentre i consorzi presentano un valore medio pari a circa 2 milioni di euro. Tra le cooperative di tipo A il settore di attività relativamente più diffuso è l assistenza sociale, il servizio più frequentemente offerto è l assistenza domiciliare Pag. 4

5 e la categoria di utenza privilegiata è costituita dai minori; tra le cooperative di tipo B, l inserimento lavorativo riguarda soprattutto i disabili (invalidi fisici, psichici e sensoriali). Distribuzione territoriale Nel 2003, la maggior parte delle cooperative sociali è localizzata nel Mezzogiorno (32,4% pari a unità). Seguono il Nord-ovest con il 26,6% (1.637 unità), il Nordest con il 20,9% (1.289) ed il Centro con il 20,1% (1.235) (Grafico 1). Rispetto al 2001, le cooperative sociali del Nord-ovest diminuiscono leggermente il proprio peso relativo, scendendo dal 29,8% al 26,6%. Una tendenza opposta si registra nel Centro e nel Mezzogiorno, dove le cooperative passano rispettivamente dal 18,0% al 20,1% e dal 31,5% al 32,4%. Nel Nord-est la quota delle cooperative sul totale nazionale si mantiene sostanzialmente stabile (20,7% nel 2001 e 20,9% nel 2003). Pag. 5

6 La distribuzione regionale delle cooperative sociali appare più disomogenea di quella riscontrata per ripartizione territoriale (Tavola 1). Nel 2003 il maggior numero di cooperative sociali ha sede in Lombardia (996 unità, pari al 16,2% del totale nazionale); seguono il Lazio (591), il Veneto e la Sicilia (entrambi 528), l Emilia-Romagna e la Puglia (ambedue 487). Le regioni con una minore presenza assoluta di cooperative sociali sono quelle di dimensioni più piccole: Valle d Aosta (31), Molise (58) e Basilicata (118). Rispetto al 2001, il numero di cooperative sociali aumenta in buona parte delle regioni italiane; in particolare, l incremento è notevole (superiore al 25%) in Basilicata (42,2%), nel Lazio (30,2%), nella provincia autonoma di Bolzano (32,7%) e in Puglia (25,8%). Al contrario, si osserva, una diminuzione del numero di cooperative sociali in Molise (-26,6%), Valle d Aosta (-8,8%), Piemonte (-6,2%), Calabria (-6,1%) e Lombardia (-1,4%). Per analizzare in modo più approfondito la distribuzione territoriale, dato il diverso peso demografico delle regioni italiane, i valori assoluti sono stati normalizzati considerando la popolazione residente in ciascuna regione alla fine del Nel complesso, in Italia sono attive 10,6 cooperative ogni 100 mila abitanti e tale rapporto tende ad essere più elevato nelle regioni settentrionali (nel Nord-est 11,8 e nel Nord-ovest 10,8 cooperative ogni 100 mila abitanti) e del Centro (11,1 cooperative ogni 100 mila abitanti) rispetto a quelle del Mezzogiorno (9,7 cooperative ogni 100 mila abitanti). Di conseguenza, cambia la graduatoria tra le regioni. Al vertice si attestano Valle d Aosta (25,4 cooperative ogni 100 mila Pag. 6

7 abitanti), Basilicata (19,8), Molise e Sardegna (18,0), nonché la provincia di Trento (14,3). Chiudono la graduatoria Campania (3,3 cooperative ogni 100 mila abitanti), Calabria (7,6), Piemonte (9,5) e Toscana (9,8). Anche considerando la tipologia il profilo muta secondo l area geografica (Tavola 2). Nelle regioni del Nord sono relativamente più frequenti le cooperative di inserimento lavorativo (tipo B) e i consorzi, nel Mezzogiorno le cooperative che si occupano dell erogazione di servizi sociosanitari ed educativi (tipo A), nelle regioni del Centro quelle ad oggetto misto (sia tipo A, sia tipo B). Nel dettaglio regionale emergono differenti orientamenti imprenditoriali. Le cooperative di tipo A tendono ad essere relativamente più diffuse in Sicilia (82,0%), Sardegna (79,3%), Basilicata (72,9%) e nella provincia di Trento (71,4%). Le cooperative di tipo B sono relativamente più frequenti in Umbria (46,8%), Lazio (42,1%), Friuli-Venezia Giulia (41,3%) e Marche (39,5%). Le cooperative ad oggetto misto si ritrovano più frequentemente in Campania (15,8%) e nel Lazio (13,9%). Infine, i consorzi sono relativamente più diffusi in Toscana (5,7%), Piemonte (5,2%), Friuli-Venezia Giulia (5,1%) e Liguria (4,9%). Periodo di costituzione Nel complesso, le cooperative sociali attive nel 2003 sono di recente costituzione (Grafico 2). Circa i due terzi di esse (64,8%) si sono costituite dopo il 1991 (anno di pubblicazione della legge di settore). Pag. 7

8 Ulteriori informazioni si ottengono mettendo in relazione il periodo di costituzione con la tipologia e l area geografica di localizzazione delle cooperative sociali (Tavola 3). Riguardo alla tipologia, la quota di cooperative costituitesi dopo il 1991 è relativamente più elevata tra i consorzi (82,6%), le cooperative di tipo B (72,6%) e quelle ad oggetto misto (67,5%). Al contrario, sono relativamente più anziane le cooperative di tipo A (solo il 59,4% di esse è, infatti, nato dopo il 1991). Considerando l area geografica le cooperative sociali localizzate nell Italia nordorientale tendono ad essere relativamente più giovani: in questa area, infatti, la quota di cooperative costituitesi dopo il 1991 (71,5%) è superiore a quanto si rileva nelle altre ripartizioni geografiche. Base sociale e pluralità dei modelli proprietari Pag. 8

9 Nel 2003 i soci delle cooperative sociali sono , distinti in persone fisiche e persone giuridiche. Nel complesso, rispetto alla rilevazione precedente riferita al 2001, la base sociale delle cooperative sociali cresce del 4,1%; nel dettaglio, le persone fisiche aumentano del 3,6% e le persone giuridiche del 30,4%. Tuttavia, il numero medio di persone fisiche per cooperativa scende lievemente da 38 a 35, mentre il numero medio di persone giuridiche si mantiene al di sotto dell unità. Le cooperative sociali che hanno solo persone fisiche sono (81,8% del totale); 224 (3,6%) quelle che hanno solo persone giuridiche, mentre la contemporanea presenza di persone fisiche e persone giuridiche si rileva in 896 casi (14,5%). Rapportando il numero di persone fisiche alla popolazione italiana nel 2003, ci sono 37 soci di una cooperativa sociale ogni persone. Tenendo conto della tipologia della cooperativa (Tavola 4), si rileva che: le cooperative di tipo A hanno un numero di soci notevolmente superiore a quello rilevato per le altre tipologie, con una media pari a circa 41 soci per cooperativa; i soci persone giuridiche risultano concentrati nei consorzi (59,1%) dove sono, in media, pari a 15 per unità. Ordinando le unità per classi di numerosità dei soci (Tavola 5), si osserva che più della metà delle cooperative (56,2%) che associano solo persone fisiche è composta da un numero di soci inferiore a 20 (rispettivamente, il 54,7% delle cooperative di tipo A, il 59,7% di quelle di tipo B e il 53,4% di quelle ad oggetto misto). Per le cooperative che hanno soltanto persone giuridiche e, più precisamente per i consorzi, si osserva che il 50,4% di essi è composto da un numero di soci inferiore a 10. La distinzione tra soci persone fisiche e soci persone giuridiche rappresenta solo un primo passo verso la comprensione della varietà di forme proprietarie assunte dalle cooperative sociali. La base sociale delle cooperative può essere, infatti, composta da diverse categorie di soci persone fisiche (lavoratori, collaboratori retribuiti, volontari, utenti/fruitori, svantaggiati, sovventori, altri) e da più categorie di soci persone giuridiche (cooperative, associazioni, enti pubblici, ecc.), in rappresentanza della molteplicità di soggetti portatori di interessi (stakeholders). Nella rilevazione sono state raccolte informazioni soltanto rispetto alle categorie di soci persone fisiche, considerando troppo oneroso richiedere anche la distinzione interna alle persone giuridiche. Nonostante questo limite, attenuato peraltro dalla minore numerosità dei soci persone giuridiche, il quadro emerge con sufficiente chiarezza. I risultati, ottenuti classificando le cooperative per numero di categorie di soci, mostrano la predominanza di modelli multistakeholder; in particolare, ben l 80,7% delle cooperative è composta da più di una categoria di soci, ma solo il 20,6% ne associa più di 3 (Grafico 3). Pag. 9

10 Considerando le quattro tipologie di unità, le cooperative di tipo A mostrano una distribuzione relativamente più sbilanciata verso un unica categoria di soci (21,9%), mentre tra le cooperative di tipo B e ad oggetto misto si registrano quote percentuali più favorevoli alla molteplicità di categorie di soci (il 93,4% delle cooperative di tipo B ed il 91,3% di quelle ad oggetto misto è composta da almeno due categorie di soci). Per i consorzi, data la mancata distinzione tipologica delle persone giuridiche, la totalità delle unità risulta con unico tipo di stakeholder. Risorse umane Alla fine del 2003 le cooperative sociali operano con persone, di cui dipendenti, lavoratori con contratto di collaborazione, volontari, obiettori di coscienza, 807 religiosi e 497 lavoratori interinali. Pag. 10

11 Sommando i lavoratori retribuiti si ottiene una cifra pari a persone, mentre le risorse umane non retribuite sono (Tavola 6). Nelle cooperative sociali risulta preponderante il peso dei lavoratori dipendenti, che rappresentano il 73,0% delle risorse umane impiegate. Seguono i collaboratori (12,4%), i volontari (12,5%) e gli obiettori di coscienza (1,5%). I religiosi e i lavoratori interinali assieme raggiungono lo 0,6%. Rispetto al 2001, le persone impiegate dalle cooperative sociale sono aumentate complessivamente del 9,7%. La crescita maggiore ha riguardato in prevalenza le tipologie meno diffuse: in primo luogo, i lavoratori interinali (61,9%), seguiti dai religiosi (25,7%). Per quanto riguarda le altre tipologie, i dipendenti e i collaboratori crescono del 9,6% e del 5,9% rispettivamente, mentre i volontari e gli obiettori di coscienza del 13,3% e del 12,6%. Considerando la distribuzione delle risorse umane secondo l area geografica, nel 2003 le cooperative sociali del Centro e del Nord-est presentano una percentuale di dipendenti superiore alla media nazionale (78,3% e 74,7%, rispettivamente). Quelle del Nord-ovest e del Nord-est si distinguono per una quota relativamente maggiore di volontari (15,0% e 16,1%, rispettivamente), mentre quelle del Mezzogiorno per il maggiore impiego di collaboratori (19,1%) e di obiettori di coscienza (3,6%). A livello regionale la percentuale di dipendenti risulta più consistente della media nazionale nelle Marche (86,5%), in Piemonte (84,8%), Toscana (84,6%), Umbria (83,7%), Friuli-Venezia Giulia (83,3%) e Valle d Aosta (80,8). I collaboratori, invece, Pag. 11

12 sono relativamente più presenti in Campania (31,6%), Sardegna (26,9%), nel Lazio (24,9%), nella provincia autonoma di Bolzano (23,9%), in Abruzzo (21,3%) e in Calabria (20,3%). Per i volontari, infine, quote maggiori di quella nazionale si rilevano nella provincia di Trento (27,5%), in Lombardia (19,4%), Veneto (17,1%), Calabria (16,1%) e nella provincia di Bolzano (15,6%). La distribuzione per tipo di risorse umane mostra alcune particolarità, se riferita alle diverse tipologie di cooperativa. In quelle di tipo A e ad oggetto misto essa si presenta in linea con quella nazionale, mentre tra le cooperative di tipo B si osservano quote percentuali relativamente maggiori di dipendenti (76,5%) e di volontari (15,2%) e quote relativamente minori di collaboratori (4,8%). Nei consorzi, infine, si rileva una presenza relativamente maggiore di obiettori di coscienza (17,6%) e di collaboratori (26,2%), mentre i dipendenti scendono al 53,5%. A conclusione dell analisi delle risorse umane è da sottolineare la significativa presenza di donne tra il personale operante nelle cooperative sociali (Tavola 8). Nel complesso, esse rappresentano il 69,7% del totale; la quota sale al 73,1% tra i dipendenti, mentre scende al 52,9% tra i volontari. Dimensioni in termini di lavoratori Per lo svolgimento della loro attività le cooperative sociali impiegano prevalentemente personale retribuito: ben il 96,7% di esse opera cioè con lavoratori che possono essere dipendenti, collaboratori o interinali. I lavoratori occupati nel 2003 sono oltre 189 mila, con una media di 30,7 lavoratori per cooperativa (prossima a quella rilevata nel 2001, pari a 31,4 lavoratori,). Il valore unitario, tuttavia, presenta una forte variabilità. In particolare, la distribuzione delle cooperative per classe di lavoratori (Grafico 4) mostra che la classe dimensionale nella quale si concentra il maggior numero di cooperative (1.445 cooperative, pari al 23,5%) è quella con lavoratori mentre il 38,7% delle cooperative ha meno di 10 lavoratori e il 37,8% ne ha 20 o più; limitata al 14,5% è la quota di cooperative che ne impiega più di 49. Pag. 12

13 Rispetto al complesso delle unità, le cooperative di tipo A e ad oggetto misto sono in genere di dimensioni relativamente più grandi, mentre le cooperative di tipo B sono relativamente più piccole. Riguardo ai consorzi, l 11,6% di essi non utilizza personale retribuito ed il 47,4% opera con un numero di lavoratori compreso tra 1 e 5. Dimensioni economiche Nel 2003, le cooperative sociali dichiarano, nel complesso, un valore della produzione di milioni di euro (pari milioni di euro a prezzi costanti in base 2001), con un importo medio per cooperativa di circa 755 mila euro (720 mila euro a prezzi costanti 2001, Tavola 9). Il valore dei costi risulta proporzionato ai ricavi, con un importo complessivo di milioni di euro e un valore medio di 729 mila euro. Con riferimento alla rilevazione precedente, si osserva una crescita delle entrate e delle uscite del 13,1% e del 13,6% rispettivamente. Nel 2003, la composizione percentuale del valore della produzione secondo la tipologia della cooperativa è sostanzialmente analoga a quella osservata nel La quota maggiore del valore della produzione si concentra nelle cooperative di tipo A, che costituiscono il 60,2% delle cooperative e raccolgono il 64,4% dei ricavi. Seguono, con il 21,1%, le cooperative di tipo B, che in termini di ricavi risultano ridimensionate rispetto alla loro quota numerica (32,1%). Al contrario i consorzi, con l 11,0% dei ricavi, sono sovradimensionati rispetto alla loro frequenza (3,6%). Infine, le cooperative ad oggetto misto, con il 3,5% del totale del valore della produzione, sono lievemente sottodimensionate rispetto al loro peso percentuale sul totale delle cooperative (4,0%). Pag. 13

14 Queste differenze si riflettono in misura accentuata sugli importi medi dei ricavi: valori superiori alla media nazionale si registrano per i consorzi (circa 2,2 milioni di euro, in media) e per le cooperative di tipo A (circa 770 mila euro per cooperativa). Al contrario le cooperative di tipo B e quelle ad oggetto misto presentano valori medi ben al di sotto di quello nazionale (rispettivamente 473 mila e 626 mila euro). Anche con riferimento alla distribuzione territoriale, i ricavi risultano concentrati tra le unità localizzate nelle regioni del Nord-ovest e del Nord-est, che costituiscono, rispettivamente, il 26,6% ed il 20,9% delle cooperative sociali, ma producono nell ordine il 35,0% ed il 27,2% del valore totale. Al contrario, le cooperative sociali del Mezzogiorno, che costituiscono il 31,5% del totale, producono il 14,2% del valore complessivo. Infine, per quelle dell Italia centrale si registra una quota percentuale del valore della produzione (19,2%) sostanzialmente analoga a quella delle cooperative localizzate nella medesima area geografica (18,0%). In confronto alla rilevazione del 2001, si attenua anche se in misura moderata il divario tra le diverse ripartizioni territoriali; in particolare, il valore della produzione decresce di 4,5 punti percentuali nelle regioni del Nord mentre aumenta di 3,0 punti percentuali e di 1,5 punti percentuali rispettivamente al Centro e nel Mezzogiorno. In ragione dei differenziali territoriali, le entrate medie per cooperativa presentano valori che sono in linea con la media generale al Centro (792 mila euro), superiori ad essa nel Nord-ovest e nel Nord-est (947 e 936 mila euro, rispettivamente) e sensibilmente inferiori nel Mezzogiorno (349 mila euro). Allo scopo di approfondire l analisi, le cooperative sociali sono state raggruppate in classi di valori della produzione (Tavola 10). Poco meno della metà delle cooperative (46,9%) ha dichiarato un importo dei ricavi inferiore a 250 mila euro; il 18,7% tra 250 e 500 mila euro, il 16,7% tra 500 mila e 1 milione di euro, il 9,9% tra 1 e 2 milioni e il 7,8% uguale o superiore a 2 milioni di euro. Le cooperative più piccole prevalgono tra quelle di tipo B, dove la percentuale di unità con ricavi inferiore a 250 mila euro sale al 52,5%. Al contrario, le cooperative medio-grandi e grandi sono maggiormente frequenti tra quelle di tipo A e ad oggetto misto (circa il 55% delle cooperative appartenenti a queste tipologie mostrano ricavi uguali o superiori a 250 mila euro), e soprattutto tra i consorzi, tra i Pag. 14

15 quali il 70,1% ha un importo del valore della produzione uguale o superiore a 250 mila euro. Per quanto riguarda le aree geografiche, le cooperative più grandi prevalgono nell Italia settentrionale (con il 67,6% ed il 65,9% di unità con ricavi superiori a 250 mila euro, rispettivamente per il Nord-ovest e per il Nord-est) e quelle più piccole nel Mezzogiorno (con il 65,2% di cooperative con entrate inferiori a 250 mila euro). Nell Italia centrale la distribuzione delle unità per classi di valori della produzione è sostanzialmente analoga a quella nazionale. Rispetto alle fonti di finanziamento (Tavola 11), la maggioranza assoluta delle cooperative sociali (64,4%) registra entrate di origine prevalentemente pubblica e il 35,6% di fonte prevalentemente privata. Tuttavia, il quadro si diversifica per tipologia e sul territorio. La prevalenza del ricorso al finanziamento pubblico è relativamente più accentuata per le cooperative di tipo A (71,9%), mentre lo è meno per le cooperative di tipo B (50,4%). I consorzi e le cooperative ad oggetto misto presentano una distribuzione tra fonti di finanziamento prevalente in linea con quella riferita al complesso delle cooperative sociali. Per ciò che concerne le aree geografiche, le cooperative localizzate nel Mezzogiorno mostrano quote di entrate di fonte prevalentemente pubblica (73,7%) superiore alla media nazionale (64,4%), mentre nelle regioni settentrionali e centrali sono relativamente più numerose le cooperative con entrate di fonte prevalentemente privata (43,9% per il Nord-est, 39,5% per il Centro, 37,4% per il Nord-ovest, a fronte del 35,6% rilevato a livello nazionale). Pag. 15

16 Attività, servizi ed utenti Cooperative sociali di tipo A Le cooperative che appartengono a questa tipologia offrono servizi socio-sanitari ed educativi, attraverso la gestione di residenze protette, asili nido, centri diurni, comunità, presidi sanitari o prestando assistenza domiciliare ad una vasta gamma di utenti, la maggior parte dei quali si trova in situazioni di disagio o fragilità sociale. Rispetto al settore di attività prevalente4, il 58,5% delle cooperative di tipo A opera nel campo dell Assistenza sociale (Tavola 12). Il secondo settore per numerosità di cooperative è quello dell Istruzione e ricerca (20,7%). Seguono, il settore della Cultura, sport e ricreazione (13,2%) e della Sanità e (7,6%). A livello territoriale la specializzazione settoriale delle cooperative di tipo A presenta significative differenze. La vocazione socio-assistenziale risulta relativamente più marcata nelle regioni del Mezzogiorno (il 66,0% delle cooperative sociali di questa area ha indicato l Assistenza sociale come settore di attività prevalente) e, in particolare, in Sicilia (71,8%), in Sardegna (71,0%). Nelle regioni del Nord-est, invece, l Assistenza sociale perde di peso a favore di altri settori, soprattutto dell Istruzione (+10,2 punti percentuali rispetto al dato nazionale). A determinare questo risultato contribuisce in particolare il Veneto, con il 32,7% di cooperative sociali di tipo A operanti in prevalenza nel settore dell Istruzione. Al Centro, si rileva una maggiore concentrazione di cooperative attive in prevalenza nei settori Istruzione e ricerca (+1,8 punti percentuali in confronto con la distribuzione nazionale) e Cultura, sport e ricreazione (+1,4 punti percentuali). Nell Italia nord-occidentale la distribuzione delle cooperative secondo il settore di attività prevalente è in linea con quella nazionale. Rispetto alla gamma di servizi offerti dalle cooperative di tipo A (Tavola 13), i più diffusi sono quelli relativi all assistenza domiciliare (erogata dal 36,2% delle cooperative di tipo A), all assistenza in residenze protette (offerta dal 34,1% delle cooperative di tipo A) e alle prestazioni di ricreazione, intrattenimento e animazione (svolte dal 32,3% delle cooperative di tipo A). Pag. 16

17 Considerando il livello territoriale, il servizio di assistenza domiciliare è il più frequentemente offerto dalle unità localizzate al Centro e nel Mezzogiorno. L assistenza in residenze protette è invece fornita in misura maggiore dalle cooperative attive nelle regioni settentrionali. Inoltre, nel Nord-ovest e al Centro è particolarmente diffuso il servizio di ricreazione, intrattenimento e animazione. Nel corso del 2003 le cooperative sociali di tipo A hanno offerto servizi a più di 2,4 milioni di utenti, in crescita del 13,8% rispetto al 2001 (Tavola 14). Un numero così elevato di utenti è giustificato sia dalla capacità di questa forma di impresa di rispondere con tempestività alla domanda, spesso complessa e difficilmente interpretabile, di soggetti in situazioni di disagio, sia dalla flessibilità dell offerta, che copre anche la domanda di utenti non necessariamente mossi da specifiche necessità di assistenza. In termini geografici, la maggiore concentrazione di utenti si riscontra nel Nordovest (35,5%), segue il Nord-est (26,5%), il Centro (20,2%) e, infine, il Mezzogiorno (17,8%). Per dar conto del diverso peso che gli utenti assumono rispetto alla numerosità delle cooperative e a quella delle risorse umane in esse impiegate sono stati calcolati alcuni indicatori. A livello nazionale, il numero medio di utenti per cooperativa è pari a 648 mentre il numero di utenti per unità di personale è 15. Rispetto alla rilevazione precedente, il numero di utenti per cooperativa permane il medesimo, mentre il rapporto utenti/unità di personale aumenta di un unità. Pag. 17

18 Rispetto al tipo di utenza servita (Tavola 15), le categorie più numerose sono i minori (30,4%), gli utenti senza specifici disagi (26,4%) e gli anziani non autosufficienti (10,3%). Nelle diverse aree geografiche, le categorie di utenza relativamente più frequenti sono: nel Nord-ovest gli anziani non autosufficienti, i disabili e gli immigrati; nel Nord-est gli utenti senza specifici disagi, gli alcolisti, i disabili, gli immigrati, i malati e traumatizzati, le persone con altro tipo di disagio; al Centro i minori; nel Mezzogiorno gli utenti senza specifici disagi, gli anziani autosufficienti, i disoccupati, i malati e traumatizzati, i pazienti psichiatrici, i senza dimora e i tossicodipendenti. Pag. 18

19 Cooperative sociali di tipo B Le cooperative di inserimento lavorativo forniscono opportunità di occupazione a persone svantaggiate, favorendo in tal modo l integrazione sociale di soggetti che altrimenti rimarrebbero esclusi dal mercato del lavoro. Per raggiungere questo obiettivo le cooperative di tipo B possono svolgere qualsiasi attività d impresa in campo agricolo, industriale, artigianale, commerciale e di servizi, ma sono tenute a riservare una parte dei posti di lavoro a soggetti svantaggiati (alcolisti, detenuti ed ex detenuti, disabili fisici, psichici e sensoriali, minori, pazienti psichiatrici, tossicodipendenti e altre persone che, per povertà o per la perdita di una precedente occupazione, si trovano escluse dal mercato del lavoro). Nel corso del 2003 sono le persone svantaggiate presenti nelle cooperative sociali di tipo B (26,1% in più rispetto al 2001). La percentuale di soggetti svantaggiati presenti in cooperativa rispetto al totale dei lavoratori si attesta, a livello nazionale, al 46,5%, ben al di sopra del limite minimo (30%) stabilito dalla legge 381 del Analogamente alla rilevazione precedente, la maggiore concentrazione di persone svantaggiate si riscontra nel Nord-ovest (34,9%), seguono il Centro (24,5%), il Nord-est (con il 24,0%), e, infine, il Mezzogiorno (16,6%). Per dar conto del diverso peso che gli svantaggiati assumono rispetto alla numerosità delle cooperative e a quella dei lavoratori sono stati calcolati alcuni indicatori (Tavola 16). Dalla differenza della distribuzione delle persone svantaggiate con quella delle cooperative per ripartizione territoriale, si osserva che il peso relativo dei soggetti svantaggiati è maggiore nelle regioni del Nord-ovest (+5,5 punti percentuali) e del Nord-est (+2,5 punti percentuali), contrariamente a quanto si rileva nelle aree del Centro (-1,0 punti percentuali) e del Mezzogiorno (-7,0 punti percentuali). A livello nazionale, il numero medio di persone svantaggiate per cooperativa è pari a 12 (leggermente superiore a quello osservato nel 2001 pari a 10) e il numero di svantaggiati ogni 10 lavoratori è pari a 6 (5 nel 2001). Il primo indicatore conferma le differenze territoriali emerse in considerazione dell incidenza del personale svantaggiato nelle cooperative di tipo B. Al Nordovest e al Nord-est si registra una presenza di persone svantaggiate nelle Pag. 19

20 cooperative superiore alla media nazionale (con un numero di svantaggiati per cooperativa pari a 14 e a 13, rispettivamente), mentre in quelle del Centro ma soprattutto in quelle del Mezzogiorno essa scende al di sotto della media (con un numero di svantaggiati per cooperativa pari a 11 e a 8 rispettivamente). Per quanto riguarda il secondo indicatore, il rapporto si mantiene intorno a quello nazionale nelle diverse aree geografiche: esso è sostanzialmente analogo a quello calcolato su base nazionale nelle cooperative del Mezzogiorno e del Nordest (circa 6 svantaggiati ogni 10 lavoratori) e leggermente inferiore in quelle del Centro e del Nord-ovest (circa 5 svantaggiati ogni 10 lavoratori). Rispetto alle tipologie di soggetti svantaggiati presenti nelle cooperative di tipo B (Tavola 17), le categorie più numerose sono quelle dei disabili e dei tossicodipendenti (45,5% e 16,8%, rispettivamente). I soggetti svantaggiati relativamente più frequenti all interno delle cooperative di tipo B localizzate nelle diverse aree geografiche sono: i pazienti psichiatrici e i tossicodipendenti nel Nord-ovest; gli alcolisti, i pazienti psichiatrici, i minori e i tossicodipendenti nel Nord-est; i detenuti ed ex detenuti, i disabili e i disoccupati al Centro; i disabili e i disoccupati nel Mezzogiorno. Consorzi I consorzi sociali rappresentano una delle forme più importanti di integrazione tra cooperative sociali. La loro funzione principale è quella di offrire servizi finalizzati a sostenere le capacità e le attività di gestione delle cooperative aderenti, sia rispetto a funzioni interne (gestione delle risorse umane, assistenza contabile e consulenza fiscale, svolgimento pratiche amministrative, formazione, Pag. 20

21 informazione), sia riguardo ai rapporti con l esterno (elaborazione di progetti, assistenza nella partecipazione a gare pubbliche, supporto nell elaborazione di strategie politiche, partecipazione a gare pubbliche per conto delle cooperative aderenti). Il quadro che deriva dall elaborazione dei dati mostra un ampia varietà di attività. Rispetto alla gamma di servizi offerti (Tavola 18), i più diffusi, a livello complessivo, sono quelli relativi all assistenza nella partecipazione a gare pubbliche (offerta dal 77,2% dei consorzi), alla promozione di nuovi servizi (68,8%), all elaborazione e coordinamento progetti (68,3%) all organizzazione di scambi di informazioni ed esperienze tra cooperative (66,5%) e alla promozione dell immagine delle cooperative (62,9%). Minoritari sono, invece, i servizi di assistenza all acquisto di forniture e di trasmissione di conoscenze relative ai processi di produzione (ambedue inferiori al 21%). A livello territoriale, i consorzi del Nord offrono più frequentemente servizi legati alle attività formative e di accreditamento verso l esterno della cooperativa, mentre quelli del Centro e del Mezzogiorno sono più orientati ad offrire un supporto per il reperimento delle risorse economiche. Più nel dettaglio, i consorzi localizzati nelle regioni nord occidentali oltre a fornire assistenza nella partecipazione a gare pubbliche (68,5%), si occupano dell organizzazione e gestione di interventi di formazione, dell organizzazione di scambi di informazione e di esperienze tra cooperative, della promozione di nuovi servizi (65,8% in tutti e tre i casi). Al Nord-est, i consorzi si interessano più frequentemente dell organizzazione di scambi di informazione e di esperienze, dell elaborazione e coordinamento progetti, dell assistenza nella partecipazione Pag. 21

22 a gare pubbliche (81,6% in tutti e tre i casi) e della promozione dell immagine della cooperativa (71,4%). Per i consorzi del Centro l attività si concentra nell assistenza alla partecipazione a gare pubbliche (69,6%), nel general contracting e nella promozione di nuovi servizi (entrambi i casi con il 64,3%). Nel Mezzogiorno, infine, i servizi più frequentemente offerti dai consorzi riguardano l assistenza nella partecipazione a gare pubbliche (95,7%), l elaborazione e il coordinamento di progetti (80,4%) e il general contracting (73,9%) UNO SGUARDO PIÙ ATTENTO SULLA REALTÀ SICILIANA Erano presenti in Sicilia alla fine del 2001, secondo i dati della Direzione Generale della cooperazione, 936 cooperative, 477 di tipo A, 427 di tipo B e 32 iscritte ai registri prefettizi in entrambe le categorie. L assenza di una legislazione regionale e di conseguenza la mancata istituzione dell albo toglie la possibilità di operare una verifica su questi dati che sarebbe necessaria vista l entità del fenomeno cooperativo in questa regione e vista la problematicità di alcuni dati. tabella 1 Sicilia: le cooperative presenti Agrigento Palermo Siracusa Caltanissetta Trapani Enna Messina Ragusa Catania Sicilia Fonte: nostra elaborazione su dati della Direzione Generale della Cooperazione. Va innanzitutto notato che, al 31 dicembre 2000, data in cui sono disponibili i dati su base provinciale, il 62% delle cooperative sociali della regione ha sede nella provincia di Palermo, dove erano state intraprese alcuni anni fa politiche di promozione delle cooperative che hanno avuto come effetto la costituzione, in poche settimane, di un numero molto alto di nuove cooperative; da questi dati non è possibile sapere quante di queste cooperative abbiano effettivamente intrapreso e continuato l attività e quante non siano andate oltre alla formale costituzione. Se si utilizzano questi dati, la Sicilia parrebbe caratterizzata da un numero abbastanza elevato di cooperative di inserimento lavorativo, il 46% del totale, e addirittura il 74% delle cooperative sociali della provincia di Agrigento; le cooperative di tipo A sono il 49% e sono la totalità delle cooperative della provincia di Caltanissetta e una percentuale molto elevata delle cooperative delle province di Enna e Catania. Pag. 22

23 tabella 2 Sicilia: tipo di attività A B Plurime Agrigento 0% 26% 24% 100% 74% 76% 0% 0% 0% Palermo 21% 35% 37% 74% 61% 59% 5% 4% 4% Siracusa 86% 65% 61% 14% 35% 28% 0% 0% 11% Caltanissetta 100% 100% 100% 0% 0% 0% 0% 0% 0% Trapani 87% 77% 78% 13% 14% 13% 0% 9% 9% Enna 82% 81% 81% 18% 19% 19% 0% 0% 0% Messina 80% 78% 73% 15% 22% 19% 5% 0% 8% Ragusa 86% 70% 72% 14% 30% 25% 0% 0% 4% Catania 85% 88% 80% 14% 11% 12% 1% 1% 8% Sicilia 49% 51% 49% 51% 47% 46% 47% 46% 3% 3% 4% 3% Fonte: nostra elaborazione su dati della Direzione Generale della Cooperazione. Nel triennio si assiste ad una certa crescita del numero di cooperative, anche se le situazioni provinciali sono molto diverse: si va da aumenti molto alti come quelli della provincia di Agrigento, dove però il dato di partenza è costituito dalla sostanziale assenza di cooperative sociali fino a due anni fa, alla situazione di ben 4 province su 9 dove nel biennio considerato le cooperative diminuiscono; inoltre vi è un seppur limitato saldo netto negativo a livello regionale, sia per quanto riguarda le cooperative A, sia per quanto riguarda le cooperative B nell ultimo anno. Tralasciando Palermo per i motivi sopra elencati, Trapani, Caltanissetta e Ragusa sono le province dove la crescita è maggiore, mentre le province di Siracusa, Catania e Messina vedono un ridimensionamento del numero di cooperative presenti. tabella 3 Sicilia: tassi di sviluppo A B Miste Tutte Agrigento - 0% - 600% 12% 342% % 9% 467% Palermo 132% 10% 78% 18% 0% 9% 0% 0% 0% 41% 3% 23% Siracusa 8% -58% -27% 250% -64% 13% % -55% -18% Caltanissetta 31% 6% 19% % 6% 19% Trapani 27% 6% 17% 50% 0% 25% % 5% 25% Enna -6% 0% -3% 0% 0% 0% % 0% -2% Messina -45% 6% -21% -17% 0% -8% -100% - 0% -44% 13% -18% Ragusa -13% 24% 4% 133% 0% 67% % 21% 15% Catania 26% -54% -21% 0% -45% -23% 0% 300% 150% 22% -49% -19% Sicilia 42% -7% 16% 33% -2% 15% 9% 38% 25% 37% -3% 16% Fonte: nostra elaborazione su dati della Direzione Generale della Cooperazione. A livello regionale, le cooperative aumentano tra il 1998 e il 2001 del 42%, che in numeri assoluti significa oltre 90 cooperative in ogni anno. Questo andamento di crescita è confrontato nelle due successive tabelle (Tabella 4 e Fonte: nostra elaborazione su dati della Direzione Generale della Cooperazione. Tabella 5) con quello delle altre regioni di Italia. Pag. 23

24 Il confronto è operato sia sulla base dati DGEC sia su quella di Confcooperative ed il responso è simile. La quota di cooperative sul totale nazionale rimane costante, con un lieve ma non significativo decremento negli ultimi anni. La quota di cooperative sul totale delle cooperative del centro sud è invece più sensibilmente decrescente. Questo significa che il numero di cooperative in Sicilia si evolve come nel resto di Italia, mentre le altre regioni dell'italia meridionale si sono caratterizzate negli ultimi cinque anni per una crescita più consistente. Tabella 4 Cooperative per regione serie storica Regione Totale Nord Totale Centro Totale Sud Totale Isole Sicilia Sicilia su Italia 8% 14% 12% 14% 12% 12% Sicilia su sud e isole 26% 40% 34% 36% 31% 30% Totale Italia Fonte: nostra elaborazione su dati della Direzione Generale della Cooperazione. Tabella 5 Aderenti Confcooperative per regione serie storica Regione Totale Nord Totale Centro Totale Sud Sicilia Sicilia su Italia 9% 9% 10% 10% 10% 9% 9% 9% Sicilia su sud e isole 61% 60% 61% 60% 57% 54% 49% 48% Totale Isole Totale Italia Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. Questo si spiega facilmente con il fatto che la Sicilia era l'unica regione dell'italia sud insulare che già alla metà degli anni novanta aveva sviluppato esperienze consistenti di cooperazione sociale, paragonabili, almeno come numero di unità cooperative presenti, a quelle del nord. Pag. 24

25 Figura 1 Ripartizione cooperative su macro aree territoriali 100% +8.8% 80% 60% 40% 20% 0% 63.4% 13.5% 9.1% 14.0% 59.0% 13.9% 11.7% 15.4% 56.5% 15.4% 14.5% 13.5% 45.0% 19.0% 24.0% 12.0% popolazione Nord Centro Sud Isole +15.2% +21.2% +5.3% Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. Il numero assoluto di cooperative cresce in tutta Italia in modo ininterrotto in tutto l'ultimo decennio; al nord cresce però in misura minore rispetto al sud, dal momento che un primo consistente sviluppo si era verificato già tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta. Dunque, come emerge dalla Figura 1, la quota di cooperative nel sud sul totale cresce, anche se ancora oggi il numero di cooperative rimane più contenuto in rapporto alla popolazione residente. La quota di cooperative in Sicilia segue invece gli andamenti temporali del nord Italia e dunque si ridimensiona leggermente rispetto al resto del meridione. Tabella 6 Numero aderenti Confcooperative per regione serie storica Regione Totale Nord Totale Centro Totale Sud Sicilia Totale Isole Totale Italia Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. Questo tipo di ragionamenti non deve però trarre in inganno rispetto al fatto che anche in Sicilia, come nel resto d'italia, il saldo netto del numero di cooperative sia sempre positivo. Sia che si esamini, come fatto precedentemente, la base dati della DGEC, sia che si esamini la base dati di Confcooperative (cfr. Tabella 7) il numero di cooperative cresce sempre di un numero che va dalle poche unità a qualche decina. Pag. 25

26 Tabella 7 Saldo aderenti Confcooperative per regione serie storica Regione Totale Nord Totale Centro Totale Sud Sicilia Totale Isole Totale Italia Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. Tabella 8 Percentuale crescita aderenti per regione serie storica Regione Totale Nord 9.2% 10.5% 9.5% 10.9% 8.5% 8.6% 7.2% Totale Centro 13.5% 12.6% 19.8% 6.1% 8.3% 17.7% 14.3% Totale Sud 11.3% 19.1% 25.5% 21.8% 19.8% 25.5% 8.8% Sardegna 16.5% 10.1% 21.1% 12.9% 12.8% 4.8% 4.0% Sicilia 6.8% 29.1% 17.6% 6.1% 2.2% 4.9% 4.7% Totale Isole 10.2% 22.1% 18.7% 8.4% 5.9% 4.9% 4.4% Totale Italia 10.1% 13.2% 13.9% 11.0% 9.4% 11.5% 8.1% Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. I dati di Confcooperative, sebbene parziali, sono più aggiornati e comunque relativi ad un consistente numero di imprese; è così possibile desumere alcune indicazioni relativamente al confronto tra il ritmo di crescita in questo triennio e nel triennio precedente. La Tabella 9 evidenzia questo dato. In Italia la crescita media del numero di cooperative nel triennio è pari al 10.6%; questo dato è inferiore del 3.4% all'incremento realizzatosi nel triennio Il rallentamento dei tassi di crescita è un fenomeno condiviso da tutto il territorio nazionale, sebbene meno sentito al sud, dove vi è un calo minimo (dal +22.1% al 21.2%) a partire da tassi molto elevati. La Sicilia è invece una delle regioni dove la "frenata" è più evidente, soprattutto per effetto di un tasso di crescita molto alto nel precedente triennio. Pag. 26

27 Tabella 9 Percentuale crescita aderenti per regione confronto / Regione differenza scostamento da media Totale Nord 10.7% 8.8% -1.9% -1.8% Totale Centro 17.7% 15.2% -2.5% 4.6% Totale Sud 22.1% 21.2% -0.9% 10.6% Sicilia 20.7% 4.1% -16.6% -6.5% Totale Isole 19.9% 5.3% -14.6% -5.3% Totale Italia 14.0% 10.6% -3.4% Fonte: elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. La colonna Scostamento da media è riferita al dato di crescita medio nazionale , pari al 10.6%. Questo andamento va interpretato, dal momento che non è scontato che un alto tasso di crescita del numero di cooperative sia collegato ad uno stato di salute eccellente della cooperazione sociale. Anzi, molte analisi mettono in luce come determinate proliferazioni improvvise di cooperative, in Sicilia come in altre regioni di Italia, siano da mettersi in relazione ad eventi esogeni e spesso effimeri, piuttosto che ad una effettiva maturazione del contesto cooperativo. Una normativa di incentivo, la presenza di fondi specifici, possono portare in breve tempo alla costituzione di una molteplicità di unità imprenditoriali prive però di una solida base progettuale e organizzativa, destinate a rimanere ben presto o fin da subito inattive. Quindi spesso tassi di crescita più ragionevoli, accompagnati da fenomeni di consolidamento, possono ritenersi indicatori più certi di una buona salute della cooperazione sociale rispetto ad improvvise fiammate di breve durata. Tabella 10 Confronto dati Istat aderenti Federsolidarietà differenza Istat Federsolidarietà % Istat Federsolidarietà % Totale Nord % % -1% Totale Centro % % -4% Totale Sud % % 7% Sicilia % % 12% Totale Isole % % 9% Totale Italia % % 1% Fonte: Istat; elaborazione Federsolidarietà su dati Servizio Revisioni Confcooperative. Infine, nella Tabella 10 è possibile confrontare, per la Sicilia e per l'intero territorio nazionale, le due fonti costituite dall'istat e dalla base dati di Confcooperative, entrambe basi dati - la prima generalistica la seconda parziale - che possiedono una qualche forma di controllo e che sono quindi abbastanza attendibili. Le indicazioni che ne emergono confermano l'ipotesi sopra formulata, che invita a non interpretare meccanicamente maggiori tassi di crescita con una buona salute del movimento cooperativo. Pag. 27

28 Il fatto che in Sicilia la quota di cooperative sociali aderenti a Confcooperative aumenti in modo consistente nel biennio ci fornisce indicazioni che vanno al di là dell'evidente buona capacità attrattiva sviluppata nel periodo da questa associazione cooperativa. Infatti l'adesione ad una associazione di rappresentanza testimonia che la cooperativa: 1. non solo si è costituita, ma ha anche iniziato ad operare; 2. solo è attiva, ma opera anche delle scelte di adesione ad un modello cooperativo. In sintesi: le cooperative in Sicilia aumentano; aumentano con un ritmo simile al resto di Italia, ma inferiore al resto del sud. Questo minore tasso di crescita può essere da una parte interpretato come segno di una collocazione temporale più arretrata del fenomeno "esplosivo" di primo sviluppo della cooperazione, dall'altra come compresenza di due fattori: la crescita numerica delle cooperative; la mitigazione del fenomeno di nascita indiscriminata di cooperative prive di progetto imprenditoriale e di base sociale e la "pulizia", dall'insieme delle cooperative, di un certo numero di organizzazioni esistenti solo sulla carta. Servizi alla persona Il numero di cooperative sociali di tipo A era al 31 dicembre 2001, secondo le fonti ministeriali, pari a 477 cooperative (Tabella 11); il dato si accorda abbastanza con quello proveniente dagli archivi di Confcooperative (Tabella 12), che in molte rilevazioni si attesta poco sopra alla metà delle cooperative complessive e che anche in questo caso conferma questo andamento. Quello invece che appare anomalo nei dati ministeriali è l'aumento molto consistente che si verifica tra il 1998 e il 1999 nella provincia di Palermo (oltre cento cooperative in più, con conseguente aumento nel totale regionale) e che non trova riscontro nei dati Confcooperative. Tabella 11 - Numero cooperative sociali di tipo A Agrigento Palermo Siracusa Caltanissetta Trapani Enna Messina Ragusa Catania Totale (11% su totale nazionale) Fonte: Direzione Generale Enti Cooperativi presso il Ministero delle Attività Produttive Il fenomeno appare poco credibile; resta solo da capire se imputarlo ad errori di rilevamento a quei fenomeni di crescita anomala cui già si è fatto cenno, che non portano ad una nascita di cooperative effettivamente attive e operative. I dati DGEC e Confcooperative concordano nello stimare nell'11% la quota di cooperative di tipo A siciliane sul totale delle cooperative A operanti in Italia. Pag. 28

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