DECOMPRESSIONE E STABILIZZAZIONE POSTERIORE NELLE METASTASI SPINALI NEUROLOGHE

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1 DECOMPRESSIONE E STABILIZZAZIONE POSTERIORE NELLE METASTASI SPINALI NEUROLOGHE DR. A. RAMIERI, DR. M. DOMENICUCCI*, DR. G. COSTANZO Ortopedia, Università di Roma La Sapienza Polo Pontino - ICOT di Latina Servizio di Ortopedia, Fondazione Don Gnocchi, Roma Neurochirurgia, Università di Roma La Sapienza INTRODUZIONE Il trattamento di una metastasi spinale può essere chirurgico o conservativo e la decisione circa la strategia terapeutica da adottare può avvalersi di diverse scale di valutazione (1,2,3). Il trattamento chirurgico è basato sull adozione di procedure più o meno aggressive e radicali e, generalmente, si associa a terapie adiuvanti (4), instaurate prima o immediatamente dopo l atto chirurgico. Presentiamo una serie consecutiva di metastasi dorsali e lombari, con interessamento neurologico legato alla compressione midollare e/o radicolare esercitata dal tessuto neoplastico penetrato nel canale vertebrale. Il trattamento ha previsto decompressione posteriore, stabilizzazione e terapie adiuvanti post-chirurgiche. I risultati a distanza hanno verificato: dolore, recupero e/o stabilità neurologica, ripresa di malattia locale, insorgenza di altre metastasi localizzate al rachide o extrarachidee. MATERIALI E METODI Nel periodo , 41 casi di metastasi spinale unica, toracica o lombare, con compromissione neurologica, sono stati operati mediante approccio posteriore di decompressione e stabilizzazione. I pazienti sono stati valutati pre-operatoriamente da una equipe multidisciplinare composta da ortopedici, neurochirurghi, oncologi internisti, radiologi. Sono state utilizzate scale per la definizione dello status clinico generale mediante Karnofsky score (5), neurologico mediante scala di Frankel (6) e del dolore (scala analogica VAS 0=assente; 10=intollerabile). Per la stadiazione di malattia e l aspettativa di vita è stato applicato il sistema TNM. Sotto l aspetto chirurgico si trattava, in tutti i casi, di metastasi spinali uniche, instabili in accordo con Kostuik (7), diffuse al di fuori del comparto vertebrale (metastasi extracompartimentali), con invasione del canale spinale. Sono stati considerati parametri sufficienti all esecuzione dell intervento un Karnofsky score almeno uguale o maggiore a 60, un estensione di malattia a non più di tre localizzazioni scheletriche extraspinali e senza metastasi parenchimali, un Frankel B, C o D. L istotipo tumorale ha riguardato prevalentemente mammella, rene e linfomi (Tabella). L impianto di stabilizza- 41

2 zione è stato scelto in base alle caratteristiche biomeccaniche del tratto di colonna interessato dalla lesione e alla qualità dell osso rilevata intra-operatoriamente. Sono stati eseguiti montaggi plurisegmentali con soli uncini nel tratto dorsale alto e medio-dorsale, con viti peduncolari distali ed uncini prossimali a livello della giunzione toraco-lombare (fig.1), solo con viti peduncolari nel tratto lombare (fig.2). Tutti i pazienti hanno effettuato dopo l intervento, terapie adiuvanti (radio, chemio e/o ormonale), uniche o associate. Fig. 1: Stabilizzazione corta con viti peduncolari in metastasi L3 da mammella. Si noti l effetto osteoaddensante della radioterapia post-chirurgica. Fig. 2: Montaggio plurisegmentale con viti e uncini in una metastasi dorsale da mammella. RISULTATI Gli istotipi più rappresentati sono stati emopoietico (13 casi fra linfomi e mielomi) e mammella (11 casi), seguiti dal rene (8 casi). La casistica comprendeva 23 femmine e 18 maschi. L età media era di 57 anni (range 30-81). La condizione neurologica pre-operatoria era Frankel D in 12 casi, C in 27 e B in 2. 42

3 Sopravvivenza Due pazienti, uno Frankel B e l altro C, sono giunti all exitus nei primi 3 mesi dopo intervento. Si trattava rispettivamente di metastasi da polmone e da rene. Al follow-up (media 1.9; range 1.6-3), i pazienti erano 28. La sopravvivenza più elevata si registrava per metastasi da mammella (9/11), emopoietiche (11/13) e da rene (6/8). La sopravvivenza minore riguardava le metastasi da polmone (3/3) e da colon (2/3). Dolore Il dolore pre-operatorio era in 27 casi forte o fortissimo (VAS 7-9) ed intrattabile (VAS 10) nei restanti. Ad un mese dall intervento, la riduzione del dolore era significativa: assente in 24 casi, presente (VAS 3-4) ma controllabile con terapia medica in 16. Nell immediato post-operatorio, un caso sviluppava sintomatologia dolorosa dorso-lombare intrattabile (VAS 10) per lo sviluppo di un ematoma epidurale post-chirurgico. L evacuazione dell ematoma risolveva la sintomatologia dolorosa acuta. Al follow-up, il dolore era essente in 22 pazienti, accettabile in 5, insopportabile in 1 per ripresa locale di malattia. Abilità deambulatoria Nel pre-operatorio i casi Frankel D erano in grado di deambulare con ausilio, mentre i restanti Be C erano costretti a letto. Dopo l intervento, un caso Frankel C era neurologicamente peggiorato: si trattava di un uomo di 75 anni, con metastasi L1 da carcinoma polmonare, che sviluppava paraplegia incompleta legata alla formazione di un ematoma epidurale posteriore. L evacuazione in urgenza dell ematoma, consentiva il recupero a Frankel D, con capacità deambulatoria conservata fino all exitus. Ad un mese dall intervento, tutti gli altri casi, ad eccezione dei 2 Frankel B rimasti tali dopo decompressione, erano migliorati o avevano mantenuto una condizione neurologica stabile: nei Frankel D, 8 recuperavano ad E e 4 rimanevano stabili; 4 Frankel C recuperavano ad E, 17 recuperavano a D, 6 rimanevano stabili. Al follow-up, dei 28 pazienti sopravvissuti 11 deambulavano autonomamente (Frankel E), 14 deambulavano autonomamente con ausilio (Frankel D), 3 erano costretti su carrozzina (Frankel C). Quest ultimo gruppo comprendeva un paziente operato per metastasi lombare da carcinoma renale: inizialmente Frankel D e, successivamente all intervento, Frankel E, sviluppava progressivo peggioramento a Frankel C per recidiva locale (fig. 3). L ulteriore procedura di revisione non otteneva alcun miglioramento neurologico. Fig. 3: Recidiva locale in metastasi L3 da carcinoma renale. 43

4 Abilità deambulatoria e sopravvivenza Nei 12 pazienti che, nel post-operatorio, recuperavano a Frankel E, 11 sopravvivevano all ultimo follow-up. Dei 21 Frankel D, 7 erano deceduti senza manifestare aggravamenti neurologici. Allo stesso modo, 3 Frankel C su 6 giungevano ad exitus in condizioni neurologiche stabili. La correlazione fra abilità deambulatoria e maggiore sopravvivenza era altamente significativa nei Frankel E (chi-quadro 0.029), significativa nei Frankel D (p=0.045), non significativa nei Frankel C (p= 0.068). DISCUSSIONE I recenti progressi nel trattamento medico e chirurgico dei tumori primitivi maligni hanno consentito di prolungare l aspettativa di vita dei malati di cancro. Di conseguenza, sempre più frequente è l osservazione di processi metastatici parenchimali e/o scheletrici. Il rachide rappresenta la localizzazione scheletrica prevalente: lesioni metastatiche sono state rilevate all esame autoptico di pazienti deceduti per cancro in percentuale variabile dal 40 all 80% (8). Il coinvolgimento vertebrale è legato alla diffusione delle cellule cancerose attraverso il sistema venoso di Batson. Fino a pochi decenni fa, la comparsa di una o più metastasi vertebrali era sinonimo di diffusione di malattia e quindi di abbandono terapeutico (9). Attualmente, le possibilità di trattamento di una metastasi spinale sono notevolmente aumentate, grazie allo sviluppo della diagnostica per immagini che permette la precisa definizione della lesione vertebrale, all introduzione di sistemi di stabilizzazione e ricostruzione vertebrale che rendono possibili ampie decompressioni o anche escissioni complete, fino all evoluzione dei trattamenti adiuvanti. In definitiva, oggi, l approccio alla lesione, dalla laminectomia fino alla vertebrectomia, non rappresenta per il chirurgo un particolare problema tecnico. Tuttavia, ancora dibattuti e non completamente chiariti sono i parametri di scelta da adottare nei confronti del paziente da avviare al trattamento chirurgico. Esistono, infatti, in letteratura numerose scale di valutazione. In ambito oncologico, esse riguardano essenzialmente lo status clinico generale e l estensione di malattia. In ambito radiologico, definiscono l entità della lesione, l interessamento di una o più vertebre, la presenza o meno di instabilità. Dal punto di vista strettamente chirurgico, le scale attualmente più utilizzate sono quelle di Tokuhashi (2) e di Tomita (3): la prima, più completa, considera il tumore primitivo, la presenza di deficit neurologici, l estensione di malattia ai visceri e/o allo scheletro. Fourney e coll (10) hanno elaborato un metodo che consentirebbe un accurato planning pre-operatorio: con l acronimo MAPS, sarebbe possibile individuare la più indicata procedura chirurgica (Metodo=M) in relazione all anatomia della lesione (Anatomia=A), al grado di performance (P) residuo del paziente e alla necessità di stabilizzazione (S). Recentemente, Gasbarrini e coll (11) hanno definito una flow-chart che indirizza al tipo di trattamento chirurgico sulla base della condizione del paziente (classificazione ASA/idoneità anestesiologica all intervento), dell estensione del coinvolgimento vertebrale, della risposta ai trattamenti adiuvanti dei differenti istotipi tumorali. Nella nostra esperienza, e in accordo con Heller e Pedlow (8), diversi aspetti possono influenzare il planning di trattamento di una metastasi spinale: la condizione clinica genera- 44

5 le, l aspettativa di vita, l istotipo, la compromissione neurologica e l entità del dolore sono i principali fattori che modulano la scelta del trattamento. Tuttavia, anche le richieste dei familiari e/o le stesse capacità del chirurgo possono determinare, a volte, approcci più aggressivi del necessario. La casistica inserita in questo studio ha riguardato pazienti con unica localizzazione vertebrale, nessuna parenchimale ed un massimo di 3 allo scheletro extraspinale. Tutti all osservazione presentavano condizione clinica discreta o buona (Karnofsky score > 60), aspettativa di vita almeno superiore ai 3 mesi, dolore significativo e deficit neuromotori incompleti. Il trattamento chirurgico veniva indicato per la risoluzione della sintomatologia dolorosa e la possibilità di recuperare parzialmente o completamente i deficit. L istotipo tumorale guidava la tipologia delle terapie adiuvanti post-chirurgiche. Attualmente, il trattamento chirurgico prevede diverse procedure, dalla stabilizzazione interna con decompressione per via posteriore, alla corpectomia con sostituzione mediante gabbia fino alla vertebrectomia totale con ricostruzione circonferenziale. Anche interventi percutanei mini-invasivi, come la vertebroplastica, sono previsti in procedura unica o associata a talune stabilizzazioni interne (10). L approccio posteriore con decompressione e fissazione, da noi utilizzato, è una chirurgia palliativa. Tuttavia, sembra in grado di trattare il dolore, restituendo stabilità alla colonna, e di preservare, nella maggioranza dei casi, la deambulazione fino all exitus (12). Pertanto, in presenza di una metastasi vertebrale instabile ed extracompartimentale, che rende impossibile qualunque trattamento radicale, la via posteriore può essere idonea per la rapida decompressione midollare ed il ripristino della stabilità Quest ultima, peraltro, può essere amplificata dall effetto osteoaddensante che la radioterapia post-chirurgica mostra di avere su determinati istotipi tumorali, prevalentemente mammella e emopoietici. Le terapie adiuvanti, peraltro, possono contribuire al controllo del dolore. Un approccio più aggressivo, con debulking o corpectomia per via anteriore, pur esponendo il paziente ad un maggior sanguinamento intraoperatorio e ad un elevato rischio di complicanze (4,13), può essere adottato in metastasi localmente molto aggressive, poco rispondenti alla radioterapia e ad alto potenziale di recidiva locale. Sulla base dei nostri risultati, è ipotizzabile una chirurgia più aggressiva su casi di metastasi da rene. Il mantenimento nel tempo dei risultati neurologici sembra essere strettamente correlato alla mancata recidiva locale di malattia. CONCLUSIONI Il prolungamento della sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro ha reso sempre più frequente l osservazione di metastasi scheletriche. La localizzazione vertebrale è prevalente e l estensione del tessuto neoplastico al canale vertebrale determina, generalmente, compressione delle strutture nervose. La presenza di deficit neurologici associati ad instabilità vertebrale spesso condiziona il processo decisionale verso il trattamento chirurgico. Tuttavia, la scelta basata solo sull esperienza personale e sui dati clinici retrospettivi della letteratura non è più accettabile: la maggior parte dei pazienti con metastasi vertebrale ha una aspettativa di vita limitata e dovrebbe essere trattata con estrema cautela in caso di decisione chirurgica. La determinazione multidisciplinare dei parametri di diffusione di malattia, status generale e aspettativa di vita possono guidare il chirurgo verso la scelta più 45

6 efficace e meno traumatizzante per il paziente. L intervento di decompressione e stabilizzazione per via posteriore è una chirurgia palliativa, applicabile nei casi in cui l estensione epidurale extracompartimentale della lesione rende inutili e rischiose escissioni radicali. Tale procedura sembra evidenziare, nella maggioranza dei casi, la capacità di preservare la deambulazione e risolvere la sintomatologia dolorosa, con significativo miglioramento della qualità e della quantità di vita residua. L associazione con terapie adiuvanti è indispensabile e particolarmente utile per alcuni istotipi tumorali. Rappresenta un eccezione la metastasi da carcinoma renale, poco sensibile alla radioterapia e ad elevato rischio di recidiva locale, per la quale sembrerebbero giustificati approcci più demolitivi. BIBLIOGRAFIA Harrington KD: Anterior cord decompression and spinal stabilization for patients with metastatic lesions of the spine. J. Neurosurg. 1984; 61: Tokuhashi Y. et al: Scoring system for the preoperative evaluation of metastatic spine tumor prognosis. Spine 1990; Tomita T. et al: Surgical strategy for spinal metastasis. Spine 2001; 26: Van der Linden YM et al: Prediction of survival in patients with metastases in the spinal column: results based on a randomized trial of radiotherapy. Cancer 2005;103: Karnofsky DA et al: The use of nitrogen mustard in the palliative treatment of carcinoma. Cancer 1948; 1: Frankel HL: The value of postural reduction in the initial management of closed injuries of the spine with paraplegia and tetraplegia. Paraplegia 1969; 7; Kostuik JP et al: Spinal stabilization f vertebral column tumors. Spine 1988; 13: Heller JG, Pedlow FX: Tumors of the spine. In Orthopaedic Knowledge Update: Spine. Am. Academy Orthop. Surg. Ed., 1997 Enkaoua EA et al: Vertebral metastases: a critical appreciation of the preoperative prognostic tokuhashi score in a series of 71 cases. Spine 1997; 22: Fourney DR et al: Use of MAPS for determining the optimal surgical approach to metastatic disease of the thoracolumbar spine: anterior, posterior, or combined. J. Neurosurg. (Spine) 2005; 2: 40-9 Gasbarrini A. et al: Spinal metastases: treatment evaluation algorithm. Eur. Rev. Med. Pharmacol. Sci. 2004: 8;

7 Hirabayashi H. et al: Clinical outcome and survival after palliative surgery for spinal metastases: palliative surgery in spinal metastases. Cancer 2003; 97: Sundaresan N. et al.: Indications and results of combined anterior-posterior approaches for spine tumor surgery. J. Neurosurg. 1996; 85:

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