IL SILLABO TOMISTA Commento alle XXIV Tesi del tomismo

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1 IL SILLABO TOMISTA Commento alle XXIV Tesi del tomismo d. CURZIO NITOGLIA 6 marzo II Tesi: Atto puro e atto misto ÄL atto come perfezione Ç limitato dalla potenza, che Ç capacité di ricevere la perfezioneñ. * L atto dice perfezione, la potenza imperfezione. L atto Ç attivo e perfeziona o realizza la potenza, la quale Ç passiva ed Ç perfezionata dall atto. Quindi esiste una certa analogia o somiglianza tra atto/forma/essere da una parte e potenza/materia/essenza dall altra. Infatti la forma perfeziona o informa la materia e l essere dö l ultima perfezione all essenza facendola esistere in atto (l ente Ç un essenza che ha o riceve l essere per partecipazione). La potenza dice capacitö passiva di ricevere l atto. Tuttavia vi Ç anche la potenza attiva o capacitö di dare qualcosa (per esempio l occhio ha la capacitö attiva di vedere ed Ç potenza attiva; mentre il legno ha la capacitö passiva di ricevere la forma di statua, sedia o tavolo). Quando si parla di potenza senza aggiungere nulla, si intende 1

2 potenza passiva. Se si vuol parlare di potenza attiva occorre precisarlo. L atto dice perfezione, realizzazione o attuazione della potenza. Quindi l Atto puro da ogni potenza Ç la Perfezione stessa per sü sussistente ossia Dio. Siccome la perfezione ultima o piá perfetta di tutte le altre perfezioni (atti, forme, essenze) Ç l essere ( actualitas omnium actuum ), Dio Ç in primis Essere stesso per essenza. Solus Deus est suum Esse. Dio non ha o riceve l essere per partecipazione, ma Ç l Essere stesso per essenza, mentre le creature (dall Angelo al minerale) ricevono o hanno l essere per partecipazione (vedi S. Tommaso, Somma Teologica, I parte, questione 7, articoli 1-2; Somma contro i Gentili, libro I, capitolo 43). Questo concetto di partecipazione, sublimato e ultimato perfettamente da S. Tommaso, lo si trova giö in Platone. Infatti per Platone il mondo sensibile, l'ente creato (o per partecipazione ) partecipa all'iperuranio o Mondo delle Idee (Ente per essenza). S. Tommaso mutua da Platone e non solo da Aristotele (come vorrebbero alcuni, che vedono nell Angelico un semplice commentatore di Aristotele) il concetto di partecipazione (Ens per essentiam et ens per participationem). Platone si ferma alle Idee pure, Aristotele va oltre e giunge alla sostanza o essenza delle cose, ma si arresta lâ. S. Tommaso eleva Aristotele col concetto intensivo di essere come atto ultimo di ogni essenza ( ultima perfectio omnium perfectionum, actualitas omnium actuum, actus ultimus omnium formarum seu essentiarum ) e Platone col concetto di ente per partecipazione o creato ed Ente per essenza o Infinito ed Increato. Inoltre l Aquinate corregge la svalutazione eccessiva del mondo creato in Platone, il quale insegnava che il vero mondo o la vera realtö Ç solo l Iperuranio, mondo delle Idee o Essere per essenza, mentre il mondo fisico Ç solo un ombra e per di piá un carcere dell Iperuranio, con la 2

3 conseguente svalutazione tendenzialmente gnostica/manichea della materia, del mondo, del creato, del corpo ( soma/sema, ossia corpo/tomba ). Tuttavia non si puä negare la presenza della filosofia di Platone nell Aquinate. Infatti la quarta via tomistica per dimostrare l'esistenza di Dio Ç tutta fondata sul concetto di partecipazione e porta alla Causa Prima increata di ogni effetto finito. Quindi l'angelico ha ripreso il meglio di Platone e di Aristotele, ha corretto Platone alla luce di Aristotele ed ha perfezionato quest'ultimo con la metafisica dell'essere come actus essendi, superiore alla metafisica della sostanza aristotelica (vedi C. FABRO, Partecipazione e causalitö in san Tommaso d'aquino, Torino, Sei, 1939; ID., Il concetto di partecipazione, Milano, Vita & Pensiero, 1961). Il cuore della metafisica tomistica Ç costituito da questi due grandi princâpi dai quali derivano tutti gli altri: 1ã) l essere come actus essendi o ultima perfezione di ogni essenza; 2ã) l Ente per essenza (che Ç il suo stesso Essere per sua natura o essenza) e l ente per partecipazione (che ha o riceve l essere e non Ç il suo stesso essere). L Atto puro Ç senza nessun limite di potenza o imperfezione. Quindi Ç Infinito ed essendo Infinito Ç necessariamente Unico (contro il politeismo), poichü se esistessero due infiniti realmente distinti, uno di loro dovrebbe mancare di una qualitö o perfezione che ha l altro per potersene distinguere; altrimenti sarebbero una sola cosa. La teoria del politeismo o di due infiniti Ç assolutamente contraddittoria, poichü uno dei due infiniti dovrebbe mancare di qualcosa ed essere perciä finito e limitato. Il Dottore Comune Ç lapidario: per il fatto stesso che l Atto Ç puro, puä essere solamente Illimitato, Infinito e Unico (Somma Teologica, I parte, questione 11, articolo 3). Siccome il limite viene dalla potenza, che dice imperfezione, manchevolezza, 3

4 restrizione, finitudine, la molteplicitö degli enti viene dalla potenza. Infatti Parmenide, che non conosceva ancora la potenza, (per difendere il principio speculativo di identitö, anche se mal formulato: l essere Ç l essere, il non-essere non esiste ) affermava il monismo statico di un unico essere senza nessuna potenza nü cambiamento o divenire e negava pure la molteplicitö degli enti, cosa che Ç contraria all evidenza dei fatti. Egli faceva il seguente sillogismo: dal nulla viene il nulla, dall ente in atto non viene un ente in atto poichü Ç giö esistente in atto. Quindi il divenire non esiste ( ex nihilo nihil fit. Ex ente in actu non fit actum, qua iam est in actu. Ergo ipsum fieri est impossibile ). Ma il buon senso ci dice che contro il fatto non vale l argomento. Noi tutti costatiamo che vi Ç del movimento, cambiamento o divenire attorno a noi (il fiore che nasce, appassisce e muore, il fiume che scorre ) e vi sono molti enti, uno distinto dall altro (Antonio, Marco, un cavallo, un leone, un albero, un sasso). Quindi il monismo panteistico e statico di Parmenide Ç falso. Al contrario Eraclito (per difendere il fatto del movimento) negava il principio speculativo e per sü noto di identitö ed affermava che esiste il solo divenire (monismo dinamico o evoluzionista: esiste un solo unico movimento perpetuo); egli non conosceva ancora - come Parmenide - la nozione di potenza e negava ogni essere o sostanza per se sussistente e stabile: per lui tutto scorre come un fiume, non vi Ç nulla di stabile. Il suo ragionamento suonava cosâ: dal nulla viene nulla. Dall atto non viene alcunchü, poichü Ç giö in atto. Quindi l essere in atto Ç impossibile ( ex nihilo nihil fit. Ex ente in actu non fit actum quia iam est in actu. Ergo esse non existit ). Ora la realtö dei fatti ci mostra che esistono molte sostanze stabili sotto gli accidenti che mutano; l essere che fa esistere o passare dalla potenza all atto le essenze le quali divengono enti in atto, e non un unico perpetuo movimento sostanziale senza sostanze o essere che sostengono, supportano o fanno da soggetto all accidente movimento, anche se le sostanze sono sottomesse a 4

5 cambiamenti accidentali (Giovanni che invecchia, incanutisce, dimagrisce o ingrassa, distinto da Pietro e Paolo). Aristotele con la nozione di potenza, che Ç distinta realmente dall atto e dal nulla, Ç riuscito a conciliare il principio teoretico dell essere e il fatto pratico del divenire. Il suo sillogismo spiega esattamente la realtö delle cose e la coniuga con il principio speculativo ed evidente d identitö ben formulato: l essere Ç l essere, l essere non Ç il non-essere, il non-essere Ç non-essere, ossia la potenza, che non Ç essere in atto, Ç potenza ed esiste in quanto potenza (mentre Parmenide diceva erroneamente: il non-essere [in atto] non esiste ). Infatti, grazie alla potenza (che non Ç il nulla, ma neppure l essere in atto), lo Stagirita dice: dal nulla viene nulla, dall ente in atto non viene l atto poichü Ç giö in atto, ma dalla potenza viene l atto ovvero la potenza passa all atto. Quindi il divenire Ç possibile e l essere pure grazie alla potenza ( ex nihilo nihil fit. Ex ente in actu non fit actum quia iam est in actu. Ex ente in potentia fit actum quia non est in actu. Ergo esse existit et fieri est possibile ) e riformulava esattamente il principio di identitö: l essere Ç l essere, il non-essere Ç il non-essere, ma l essere non Ç il non-essere (mentre Parmenide diceva erroneamente: il non-essere [la potenza] non esiste ). Ora la potenza Ç non-essere in atto ed esiste come qualcosa di intermedio tra il nulla e l essere in atto perfetto (per esempio il legno della statua che viene cesellata pian piano non Ç il puro nulla, ma neppure Ç la statua ultimata tuttavia esso esiste mentre l artista lo lavora e tende all atto perfetto e non al movimento perpetuo). Ecco l importanza della distinzione reale tra potenza e atto, scoperta da Aristotele e sublimata da S. Tommaso con l essere che perfeziona l essenza, alla quale Aristotele si era fermato senza giungere all atto di essere (vedi San Tommaso, De Spiritualibus creaturis, articolo 8). Da questa semplice distinzione metafisicamente iniziale tra potenza e atto deriva 5

6 virtualmente il termine e il vertice della metafisica ascendente: la distinzione tra Dio e le creature e la sua ragione, motivo o perchü piá alto. Lo vedremo nella III Tesi del Tomismo. d. CURZIO NITOGLIA 6 marzo

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