SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UN SOFTWARE PER COLONSCOPIA VRTUALE: ASPETTI TECNICI E RISULTATI DELLA APPLICAZIONE CLINICA

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1 UNIVERSITÀ DI PISA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA CATTEDRA DI RADIOLOGIA DIRETTORE: PROF CARLO BARTOLOZZI Tesi di Laurea SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UN SOFTWARE PER COLONSCOPIA VRTUALE: ASPETTI TECNICI E RISULTATI DELLA APPLICAZIONE CLINICA Relatore: Chiar.mo Prof. Carlo Bartolozzi Candidato: Sabrina Pallocci

2 INDICE - Riassunto Pag. 1 -Introduzione Pag. 4 - Endoscopia virtuale - Colonscopia virtuale e applicazioni cliniche - Gli attuali sistemi di visualizzazione - La Stereoscopia: un particolare tipo di visualizzazione 3D - Scopo della Tesi Pag Materiali e Metodi Pag Requisiti del software - Validazione del software: trial clinico - Risultati Pag Interfaccia e requisiti del software - Tempi di visualizzazione - Accuratezza diagnostica - Tecniche di visualizzazione a confronto - Discussione Pag Conclusioni Pag Bibliografia Pag. 61

3 RIASSUNTO SCOPO: Obiettivo di questo studio è stato quello di sviluppare e successivamente validare clinicamente un nuovo software per Colonscopia Virtuale (CV) basato su visualizzazione primaria 3D e navigazione automatica. MATERIALI E METODI: In collaborazione con la Società Volume Interactions/Bracco abbiamo progettato lo sviluppo di un software per Colonscopia Virtuale con Tomografia Computerizzata. Il software doveva soddisfare i seguenti requisiti: fornire una visione integrata 3D 2D; essere completamente automatico nella fase di navigazione; consentire una refertazione strutturata dell esame; fornire una interfaccia grafica di facile uso per il radiologo. Per quanto concerne i requisiti della visione 3D erano richiesti un campo di vista fino a 360 e l integrazione con ricostruzioni tridimensionali che simulano il clisma a doppio contrasto.

4 Dopo lo sviluppo del software siamo passati ad una fase di sperimentazione clinica su 20 pazienti (sottoposti anche a controllo endoscopico tradizionale). Venivano inoltre confrontati i risultati ottenuti dall analisi primaria 3D e secondaria 2D con quelli ottenuti dall applicazione clinica di altre 2 procedure d indagine: analisi primaria 2D e secondaria 3D, analisi primaria 3D con navigazione manuale. RISULTATI: Il software sviluppato è caratterizzato da una interfaccia grafica 3D di rendering volumetrico, con navigazione automatica basata sulla creazione di una centerline, e integrazione con immagini 2D. Il software consente la refertazione strutturata dell esame. Il tempo medio di generazione automatica della centerline è di 5 secondi con un tempo medio di navigazione di 12 minuti; un campo di vista costante di 140 ha consentito l identificazione dello stesso numero e tipo di lesioni durante l esplorazione sia anterograda che retrograda. La CV ha identificato 16 lesioni

5 colorettali, la colonscopia tradizionale 13, con 0 falsi negativi e 3 falsi positivi. Per polipi di dimensioni <6mm la sensibilità era del 100% e la specificità del 75%, mentre per polipi di dimensioni >6mm la sensibilità era del 100% e la specificità risultava del 90%. L analisi combinata 3D-2D ha evidenziato una sensibilità del 100% ed una specificità dell 84% per tutte le lesioni parietali. Dal confronto con le altre tecniche di visualizzazione è emerso che il tempo medio della analisi 3D con navigazione automatica è uguale al tempo medio necessario alla interpretazione delle immagini 2D; quindi con la massima efficienza temporale. CONCLUSIONI: Il software sviluppato soddisfa i requisiti utente della visione 3D; consente infatti di effettuare l analisi di un esame di CV con la massima efficienza temporale e una buona accuratezza diagnostica.

6 INTRODUZIONE ENDOSCOPIA VIRTUALE L endoscopia virtuale è un estensione delle tecniche di elaborazione tridimensionale delle immagini, che consente di visualizzare, da una prospettiva endoluminale, sezioni di organi o strutture cave simulando un endoscopio a fibre ottiche. I dati utilizzati possono essere acquisiti mediante tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica (RM). La prospettiva dell endoscopia virtuale viene ottenuta elaborando la differenza di attenuazione in TC e di intensità di segnale in RM tra il contenuto del lume di strutture cave e le strutture o pareti di contenzione. Nelle ricostruzioni volumetriche tipo Volume Rendering (VR) i dati vengono elaborati secondo un gradiente continuo di valori di attenuazione o intensità attribuendo a ciascun volume unitario un diverso grado di trasparenza in funzione della densità o intensità del segnale; nelle tecniche cosiddette di superficie, invece, come quelle utilizzate in endoscopia virtuale, i dati vengono segmentati sulla base di due

7 valori soglia, uno inferiore ed uno superiore e rappresentati o cancellati a seconda che siano all interno o all esterno dell intervallo. I diversi tipi di elaborazione richiedono software dedicati. Il processo finale della elaborazione, una volta eseguita la segmentazione, richiede che le superfici esplorate siano rappresentate secondo una prospettiva endoluminale in modo da simulare una visione endoscopica. A questo scopo il programma di elaborazione grafica rappresenta le irregolarità del lume virtuale mediante una gradazione di luci ed ombre tenendo conto della prospettiva scelta. Il realismo delle immagini viene ulteriormente accentuato dalla possibilità di modificare entro certi limiti l ampiezza dell angolo di osservazione virtuale, cioè il campo di vista. Da un punto di vista teorico tutte le strutture anatomiche cave, o meglio,tutte le strutture in cui i due tessuti o sostanze di differente densità o intensità di segnale delimitino cavità virtuali, possono essere esplorate mediante endoscopia virtuale. Allo stato attuale hanno riscontrato maggiori applicazioni cliniche lo studio

8 del grosso intestino, dell orecchio medio, bronchi, cavità sinusali, vie biliari e vie urinarie. COLONSCOPIA VIRTUALE La possibilità di ottenere con TC un volume di dati dell intero addome e l applicazione dell endoscopia virtuale, hanno reso possibile una nuova modalità d esplorazione del colon definita in modo dedicato colonscopia virtuale (CV). La CV fu presentata ufficialmente per la prima volta da David Vining della Wake Forest University in una conferenza nell ambito di un congresso di gastroenterologia nel 1994, ma già un anno prima era stata oggetto di una presentazione in un seminario alla Stanford University, mentre nel 1992 la stessa tecnica era già stata proposta per lo studio delle vie aeree. La caratteristica principale della metodica illustrata era la simulazione computerizzata della prospettiva endoscopica fino ad allora conosciuta, ovvero quella dell endoscopia tradizionale a fibre ottiche. Nella CV i dati acqusiti vengono sottoposti ad un elaborazione e ricostruzione

9 volumetrica di superficie, interpolati strato per strato fino ad ottenere una navigazione intraluminale, segmento per segmento, dal retto fino al cieco e viceversa (1). LA PREPARAZIONE DEL PAZIENTE Per effettuare la CV il paziente, come nel caso della colonscopia tradizionale, deve aver effettuato una pulizia intestinale adeguata. La preparazione deve essere considerata parte integrante dell esame ed ha valore assolutamente determinante per la qualità diagnostica della procedura. In effetti uno dei problemi principali della CV sta nella bassa specificità dovuta spesso all impossibilità di discriminare tra residui liquidi o fecali e lesioni coliche, clinicamente significative (polipi adenomatosi e neoplasie). La preparazione del paziente inizia nei 3 giorni antecedenti l esame con una dieta priva di fibre: il paziente deve evitare cibi quali pane, pasta, cereali, legumi, frutta e verdura. La sera prima dell esame assume una cena leggera a base di alimenti liquidi e giunge ad effettuare l indagine a

10 digiuno. Parallelamente alla dieta il paziente deve assumere anche un lassativo osmotico quale il polietilenglicole (PEG) (Isocolan, Giuliani, Milano) disciolto in 4 L d acqua nelle 24 ore che precedono l esame. Una delle principali limitazioni di questa preparazione risiede proprio nella difficoltà dei pazienti nell assumere i 4 L d acqua. Talvolta nella pratica clinica il paziente effettua l esame avendone assunto soltanto 2 L. Controindicazioni a questa preparazione sono quelle condizioni patologiche come colite acuta e megacolon tossico, occlusione intestinale e presenza di perforazione. Gli effetti indesiderati sono generalmente da attribuire a nausea e a senso di ripienezza in sede epigastrica, più raramente si possono avere crampi addominali e irritazione rettale. Non meno importante è il fatto che la pulizia intestinale si associa anche a una disidratazione del paziente, da tenere in considerazione nei pazienti cardiopatici.

11 TECNICHE DI FECAL TAGGING (2) Le tecniche di fecal tagging prevedono l assunzione di mezzi di contrasto baritati o iodati per via orale nei giorni che precedono quello dell esame. Queste sostanze ad alta densità entrano nella costituzione delle feci e consentono quindi la marcatura di eventuali residui solidi o liquidi. La procedura di fecal tagging necessita di software più evoluti rispetto a quelli comunemente usati per la CV. I dati ottenuti dalla stazione di acquisizione vengono trasferiti su stazione di lavoro dedicata, dove le immagini sono elaborate in modo tale che, in ogni sezione traversa, i pixel che hanno valore di densità più alto della soglia di 150 HU vengono elettronicamente marcati. Questa soglia viene scelta arbitrariamente come valore di riferimento per l identificazione dei residui marcati col contrasto baritato rispetto ai tessuti molli adiacenti; le aree così evidenziate, vengono poi sottoposte a sottrazione digitale (thresholding) con software dedicato.

12 Dati in letteratura dimostrano l aumento della specificità nella differenziazione tra polipi e residui fecali ottenuto con la tecnica del fecal tagging; con questa tecnica inoltre si riduce in modo significativo il fastidio connesso alla procedura causato dalla preparazione intestinale, che, infatti, può essere modificata o addirittura omessa, secondo alcuni autori. Questi risultati promettenti sono però inficiati dalla formazione di artefatti legati per esempio alla incompleta opacizzazione dei residui fecali con il mezzo di contrasto o alla formazione di bolle d aria che sarebbero falsamente interpretate come polipi (3). PNEUMOCOLON E AGENTI SPASMOLITICI (4) Il paziente, svolta l adeguata preparazione intestinale, prima dell acquisizione TC viene posizionato in decubito laterale sinistro per consentire l introduzione di una sonda rettale. Successivamente viene posto in decubito supino e vengono insufflati 2 L di aria ambiente o in alternativa anidride carbonica. Prima di iniziare ad insufflare, si iniettano 20 mg di

13 Butilbromuro di Joscina (Buscopan, Boheringer, Ing), un farmaco ad azione spasmolitica. Il Buscopan induce rilassamento della muscolatura intestinale e consente una maggiore distensione del colon da parte dell aria; azione importante se si considera che la non completa distensione intestinale può essere causa di artefatti (sovrastima delle dimensioni di lesioni rilevate) e una parete non adeguatamente distesa può impedire la completa visualizzazione della superficie interna dell organo per la presenza di zone buie, dietro pliche semicircolari, che non rientrano nel campo di vista del software dedicato. Peraltro non è detto che il Buscopan consenta una completa distensione; la concomitante presenza di fibrosi della parete (post diverticolitica) può ostacolare la dilatazione. La somministrazione di un miorilassante anticolinergico come il Buscopan comporta di norma la possibilità di visualizzare una più ampia superficie dell organo, rende l insufflazione meglio tollerabile per il paziente e riduce gli artefatti da peristalsi (5). Glaucoma ad angolo acuto, ipertrofia prostatica ed aritmie cardiache rappresentano però controindicazioni alla

14 somministrazione di Buscopan : in questi casi si può ricorrere al Glucagone idrocloroidrato da somministrare sottocute 10 minuti prima o endovena appena prima dell insufflazione. La mancata somministrazione dello spasmolitico non impedisce comunque l effettuazione di pneumocolon, ma si potrà verificare il collasso di alcuni segmenti colici dove l attività peristaltica è più significativa, come il colon discendente ed il sigma; inoltre, l ipertono muscolare in corrispondenza delle pliche semicircolari, riduce la visibilità del lume colico. Ad intestino rilassato inizia l insufflazione meccanica. L insufflazione è effettuata nel decubito supino; contemporaneamente si chiede al paziente di rilassare la muscolatura addominale, respirare lentamente e segnalare il momento in cui non riesce più a tollerare la distensione colica. Dopo l effettuazione di pneumocolon è necessario verificare che distensione colica determinata dall insufflazione abbia interessato tutti i segmenti e che non esistano livelli idroaerei. Tale verifica è possibile con l acquisizione dello scanogramma TC nelle proiezioni anteroposteriore e latero-laterale. Se la distensione non è sufficiente si

15 procede ad insufflare altra aria, mentre se si osservano livelli idroaerei, i residui fluidi possono essere rimossi tramite la sonda endorettale facendoli defluire nella sacca per gravità, non dimenticando di insufflare nuovamente l aria eliminata (6). ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI Prima dell acquisizione volumetrica vera e propria si acquisiscono delle immagini di centraggio (scanogramma) per verificare il grado di dilatazione del colon e, se questa non è soddisfacente, si procede a un ulteriore insufflazione. Il protocollo prevede prima, col paziente in decubito supino, l acquisizione di uno scanogramma seguita da due acquisizioni condotte nei decubiti supino e prono. Le prime esperienze con CV sono state condotte con TC a singolo strato. Oggi è possibile utilizzare la TC multistrato, che consente uno studio ad alta risoluzione (0,5mm) e l identificazione anche di lesioni intraluminali di pochi millimetri.

16 In media l esame dura 15 minuti considerando il posizionamento sul lettino della TC, l acquisizione dello scanogramma e dei dati in posizione supina e prona. Alla consolle TC si può effettuare una prima valutazione dei dati acqusiti ma le immagini TC sono poi trasferite su stazione di lavoro dedicata dove il software consente di simulare multiple prospettive tridimensionali del colon di tipo endoscopico. La CV viene condotta mediante navigazione in tempo reale facendo procedere l endoscopio virtuale all interno del viscere. TC A SINGOLO STRATO VS TC MULTISTRATO (7) L esperienza con TC a singolo strato ha dato risultati promettenti nello studio del colon. Allo scopo di migliorare la specificità nell identificazione dei polipi del colon, tutti gli aspetti della CV sono costantemente oggetto di studio. Questa metodica è in continua evoluzione. Gli autori hanno potuto studiare il colon con collimazione a strato sempre più sottile. L uso di una collimazione millimetrica

17 e submillimetrica può assicurare migliori risultati nel rilievo di polipi di più piccole dimensioni. I radiologi devono però garantire che la procedura sia svolta senza esporre i pazienti ad una dose di radiazioni eccessiva. Queste considerazioni hanno portato a eseguire la CV con TC multistrato a strato sottile. Infatti questa evoluzione della CV assicura diversi vantaggi rispetto alla procedura a singolo strato: innanzi tutto la più rapida acquisizione dei dati riduce la possibilità di artefatti da movimento dovuti alla respirazione. La collimazione a strato sottile incrementa la qualità delle immagini primitive e conseguentemente delle ricostruzioni tridimensionali. Questo aspetto comporta una più ampia risoluzione anatomica rispetto alla tecnica a singolo strato, che ha una scarsa sensibilità nel rilievo di lesioni di dimensioni inferiori ai 5 mm. Il vantaggio maggiore dello svolgere l esame a strato sottile sta nella possibilità di avere a disposizione voxel pressoché isotropici per l interpretazione dei dati raccolti alla TC. Quindi c è una migliore analisi morfologica delle lesioni sospette viste nelle

18 immagini assiali, una miglior risoluzione spaziale per le ricostruzioni multiplanari e per le visioni tridimensionali. Le formazioni che sporgono dalla parete del colon sono differenziate e interpretate in base all analisi della loro densità e della morfologia; la migliore risoluzione spaziale rende più semplice questo tipo di interpretazione. Con la TC multistrato a strato sottile si possono ridurre gli errori di percezione. Infatti lesioni sottili che prima potavano essere studiate solo su 1 o 2 sezioni con la collimazione di 5mm ora possono essere su 5-10 immagini native con collimazione più sottile. In più la miglior risoluzione spaziale consente di meglio apprezzare le caratteristiche morfologiche dei polipi. Le lesioni piatte invece continuano ad essere difficili da discriminare anche con la CV a strato sottile. Nella CV la maggior parte delle prove falsamente positive sono dovute alla scarsa preparazione all esame o alla non soddisfacente dilatazione del colon. I principali errori di interpretazione possono derivare da difetti di riempimento visibili nell immagine TC assiale che pur essendo di diversa natura possono simulare polipi o neoplasie coliche (8).

19 Possibili fonti di errore sono da attribuire a residui fecali solidi aderenti alle pareti coliche, pliche australi irregolari e asimmetriche, lipomi, valvole ileocecali prominenti e compressioni estrinseche sul colon. La CV a strato sottile multistrato grazie alla migliore capacità di valutare l eterogeneità interne e le caratteristiche morfologiche esterne dei difetti di riempimento può ridurre il numero dei falsi positivi. Un importante possibilità che ci viene offerta oggi dalla CV a bassa dose è quella di poter fare nel corso dello stesso esame un acquisizione total-body e studiare oltre all addome anche il torace. Questo aspetto assume grande utilità nei pazienti con tumore del colon, perché viene svolto un esame dove allo studio del colon si affianca la valutazione di eventuali neoplasie ripetitive con particolare riferimento a fegato e polmoni. In un paziente in cui si identifica una lesione sospetta per neoplasia facendo lo studio extra-colico si può già effettuare una prima stadiazione.

20 ELABORAZIONE DELLE IMMAGINI (6) Le varie esperienze cliniche hanno evidenziato che l affidabilità della simulazione endoscopica dipende da una costante correlazione con le immagini da cui essa origina, cioè il dato nativo assiale e, dato importante, è la possibilità di visualizzare il colon con svariate prospettive tridimensionali, riservando alla simulazione endoscopica un ruolo integrativo e non di metodica a se stante. Per questa ragione è oggi appropriato parlare di studio TC o RM dedicato del colon mediante pneumocolon o clisma ed utilizzare il termine di colografia o colongrafia. I sistemi di visualizzazione oggi disponibili consentono infatti di ottenere immagini endoscopiche virtuali ed effettuare contemporaneamente una correlazione con le immagini assiali, ricostruzioni multiplanari, modelli tridimensionali ottenuti con tecniche di rendering di superficie o di volume. La simulazione endoscopica è ottenuta mediante un algoritmo definito ray casting. In pratica, una volta che è stato definito dall operatore un punto di vista o occhio virtuale all interno del

21 colon, l algoritmo proietta raggi divergenti da questo punto verso le pareti coliche e visualizza tutto il campo di vista determinato dall incrocio dei raggi stessi con le pareti coliche. Il metodo descritto è largamente utilizzato nell elaborazione 3D, ma la peculiarità dell endoscopia virtuale è data dalla generazione di una prospettiva con campo di vista a forma conica, tipica degli endoscopi a fibre ottiche. La navigazione nel colon può essere effettuata in tempo reale, ovvero indicando manualmente la direzione e visualizzando nello stesso istante la nuova prospettiva che risulta dallo spostamento di un percorso di navigazione. Tra gli autori non esiste una precisa indicazione sulla direzione ottimale di navigazione (dal retto al cieco o viceversa); in ogni caso è ragionevole pensare che la combinazione della navigazione anterograda con quella retrograda sia preferibile, sebbene comporti un aumento dei tempi di elaborazione. Le ragioni che portano alla combinazione delle due direzioni sono da attribuire alla impossibilità di evidenziare interamente la parete colica interposta tra le pliche semicircolari in quanto queste ultime ne ostacolano la completa

22 visualizzazione, cosicché la parete non visualizzata nella navigazione anterograda può essere riconosciuta in quella retrograda o viceversa. LE APPLICAZIONI CLINICHE DELLA CV (6) Dalla letteratura emergono almeno due situazioni in cui l esame potrebbe risultare elettivo e in molti casi risolutivo di un quesito clinico; queste sono rappresentate dallo screening del carcinoma colorettale e dal completamento di una colonscopia tradizionale incompleta. LO SCREENING DEL CARCINOMA COLORETTALE (6) Esistono numerosi dati della letteratura a favore dell origine del carcinoma colorettale da un pre-esistente polipo adenomatoso, tra cui il frequente sincronismo tra questo tipo di polipi e il carcinoma, il loro più elevato rischio di degenerazione maligna rispetto ad altri tipi di polipi, la caratteristica

23 distribuzione nei vari segmenti colici che riflette quella del carcinoma e, infine, l associazione tra la poliposi adenomatosa familiare e il carcinoma colorettale. La stretta relazione tra la presenza di polipi adenomatosi e lo sviluppo di carcinoma colorettale ha stimolato vari programmi di screening, che hanno lo scopo di identificare i polipi o lesioni francamente neoplastiche nei soggetti definiti a rischio, come i parenti di primo grado di pazienti con carcinoma colorettale, pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare o da sindrome del carcinoma colorettale senza poliposi o sindrome di Lynch. Nell ambito di tali programmi, il metodo preferito per lo screening è ovviamente il meno invasivo e quindi più tollerato dal paziente. Il test per ricerca del sangue occulto nelle feci (FOBT) viene proposto come primo approccio allo screening del carcinoma colorettale poiché è di facile esecuzione e non invasivo; sebbene la sensibilità del test sia elevata, esso è gravato da un ampio numero di falsi positivi che induce spesso a inutili approfondimenti diagnostici con colonscopia tradizionale. Altro limite del FOBT è la scarsa sensibilità nella identificazione di

24 polipi poiché il sanguinamento di questi ultimi è più raro rispetto alla lesione neoplastica di maggiori dimensioni. La colonscopia tradizionale rappresenta oggi la metodica di elezione nello screening del carcinoma colorettale poiché consente l identificazione di lesione e al tempo stesso la sua caratterizzazione (scarso numero di falsi positivi). Inoltre, l esame non si limita alla diagnosi di poliposi, ma consente anche l atto terapeutico mediante l asportazione diretta dello stesso. A sfavore dell esame è la sua invasività: l intolleranza del paziente alla progressione dell endoscopio, spesso per fattori anatomici (dolicocolon), o condizioni di steno-occlusione del lume a carattere neoplastico, infiammatorio o post-chirurgico consente talvolta una valutazione solo incompleta del colon; in ultima analisi è da considerare anche la possibilità di complicanze, sebbene rare, come la perforazione. Il clisma opaco a doppio contrasto viene considerato una alternativa all esame endoscopico tradizionale ed è spesso utilizzato nei casi in quest ultimo non consenta la completa valutazione del colon. A fronte di una accuratezza diagnostica

25 nel rilevamento di polipi adenomatosi lievemente inferiore rispetto alla colonscopia tradizionale, l esame consente di completare uno studio endoluminale diretto che non ha visualizzato il colon prossimale. L identificazione dei polipi adenomatosi rappresenta perciò il target di uno screening efficace del carcinoma colorettale nei soggetti a rischio. Nell ambito dello screening è però importante definire quali sono i polipi che meritano attenzione diagnostica; i fattori da considerare come determinanti per il rischio neoplastico sono le dimensioni, la sede, la morfologia e il tipo istologico. Secondo l American College of Gastroenterology e l Organizzazione Mondiale della Sanità si attribuisce significatività ai polipi con diametro superiore a 5 mm, che quindi necessitano di rimozione a scopo terapeutico o di prevenzione. Da queste considerazioni si evince che può ritenersi efficace nello screening e nella identificazione di carcinoma colorettale quella metodica che presenta elevata sensibilità nel rilevare soprattutto lesioni con diametro superiore a 5 mm. In rari casi il carcinoma colorettale può originare da una preesistente

26 lesione parietale definita carcinoma piatto. Le ipotesi finora formulate indicano tali lesioni come il risultato di una rapida trasformazione adenoma-carcinoma, o addirittura derivanti da degenerazione maligna in assenza di pre-esistenti lesioni benigne. Tali lesioni risultano di difficile rilievo endoscopico proprio per la loro morfologia piatta e quindi rappresentano un complesso problema diagnostico. Recenti studi hanno inoltre dimostrato che il carcinoma piatto ha una spiccata tendenza alla infiltrazione parietale colica con diffusione loco-regionale e poi a distanza più precoce rispetto alle forme polipoidi. Limite principale della CV è la scarsa sensibilità nell identificare polipi con diametro inferiore a 5 mm, che tuttavia hanno scarsa significatività clinica: sebbene esistano differenze significative nei valori di sensibilità per tutte le categorie di polipi, legate alle diverse tecniche di acquisizione, elaborazione e analisi delle immagini, la maggioranza degli autori ritiene che lo studio ottimale del colon con colografia debba essere condotto con acquisizioni ad alta risoluzione nei decubiti prono e supino e mediante la combinazione delle

27 prospettive tridimensionali con le immagini assiali. Altri fattori che influenzano la sensibilità della colografia sono rappresentati dalla presenza di residui fluidi e dal grado distensione colica. Questi limiti hanno portato a valutare l utilità del mezzo di contrasto iodato somministrato per via endovenosa per incrementare significativamente la sensibilità della CV nella identificazione di polipi con diametro superiore a 6 mm. Ulteriore elemento da considerare è la specificità, determinata dal numero dei falsi positivi che si originano nei casi in cui la CV non è in grado di differenziare i residui fecali dai polipi, soprattutto in pazienti con scarsa pulizia intestinale. Studi condotti con ingestione di contrasto baritato almeno 24 ore prima dell esame, ha dimostrato un aumento della sensibilità della CV nel rilevamento di polipi, in pazienti che non hanno effettuato pulizia intestinale corretta. Il mezzo di contrasto viene infatti utilizzato come marcatore fecale, e consente di distinguere i residui fecali per la loro elevata radiopacità rispetto alla parete colica o a formazioni endoluminali.

28 RUOLO DELLA CV DOPO COLONSCOPIA INCOMPLETA (6) Il ruolo della CV nei pazienti già sottoposti a colonscopia tradizionale, nei quali l esame non abbia consentito una esplorazione completa del colon è stato enfatizzato da vari Autori. Le prime esperienze di Morrin e Macari di colonscopia incompleta riportavano la capacità della CV di esplorare completamente il colon fino al ceco nella quasi totalità dei casi, nonostante alcuni limiti della CV nell ottenere talvolta la completa distensione di tutti i segmenti colici. Le cause di colonscopia incompleta riferite da Morrin erano principalmente rappresentate da condizioni anatomiche sfavorevoli o malattia diverticolare e solo in 3 casi esisteva una ostruzione distale invalicabile del colon per la presenza di carcinoma colorettale (23), ma le cause di colonscopia incompleta sono state studiate anche da altri autori ( ). Dalle esperienze fino ad ora riportate emerge quindi che la CV può svolgere un ruolo significativo nelle varie situazioni di colonscopia incompleta.

29 Ovviamente nei casi di intolleranza all esame e nei casi in cui la CV identifica una poliposi significativa per dimensioni (polipi>5mm), la ripetizione dell esame colonscopico è doverosa ai fini terapeutici. Riteniamo però che un ruolo ancor più significativo possa essere svolto dalla CV nel paziente con carcinoma colorettale candidato ad intervento chirurgico. Essa da un lato consente una accurata diagnosi di neoplasia colorettale (nei limiti consentiti dalle dimensioni della lesione e dalle condizioni di distensione e pulizia colica), dall altro permette una efficace stadiazione preoperatoria che include il compartimento colico (potendo identificare lesioni sincrone) ed il compartimento extracolico, con particolare attenzione allo studio del fegato. GLI ATTUALI SISTEMI DI VISUALIZZAZIONE La maggior parte delle lesioni clinicamente significative può essere detettata con la TC. I metodi per la visualizzazione dei dati acquisiti sono molteplici. Si può effettuare un analisi dei dati

30 acquisiti con metodo 2D, con visione 3D oppure con integrazione delle visioni 2D e 3D. METODO DI ANALISI 2D Richiede primariamente l impostazione dei parametri di visualizzazione quali: finestra, livelli, analisi segmentaria e combinazione-integrazione dei decubiti supino e prono. Per lo studio della superficie colica sono scelti i valori di finestra e livelli per osso (W3000, L200) e/o parenchima polmonare (W1600, L700), mentre per lo studio dei reperti extracolici sono scelti valori di finestra e livelli utilizzati per lo studio dei parenchimi addominali (W600, L0) che non consentono però la visualizzazione delle lesioni coliche di piccole lesioni. L analisi segmentaria è effettuata dal retto al ceco e viceversa con metodo manuale o automatico (movie) e possibilità di ingrandimento tramite zoom su un segmento colico e scorrimento (scrolling) delle immagini. Per la combinazione integrazione dei decubiti supino e prono è necessario invece selezionare lo stesso

31 segmento colico ed analizzarlo tramite la sincronizzazione delle serie e lo scorrimento delle immagini con metodo manuale od automatico. Implicazione della variazione di decubito è la modificazione della posizione del colon nella cavità addominale. METODI DI ANALISI 3D La visualizzazione dei dati acquisiti con la TC mediante analisi 3D utilizza differenti approcci: - prospettiva endoscopica classica - prospettiva endoscopica classica con visione stereoscopica - dissezione virtuale del colon - prospettiva cubica - tissue transition projection Per la visione 3D è indispensabile anche impostare requisiti essenziali quali: - definizione del percorso di navigazione lungo il lume colico (centerline) - definizione del campo di vista (da 60 a 360 )

32 In accordo al protocollo della CV si può optare primariamente per la visione 3D con successiva conferma tramite immagini native oppure prediligere inizialmente la visione 2D ed utilizzare eventualmente la 3D in caso di dubbio diagnostico. Quest ultima procedura è quella più utilizzata perché considerata ottimale (9). Il controllo delle immagini 2D con la 3D consente infatti di ottenere una visione più dettagliata della superficie colica è di ausilio inoltre nella differenziazione delle lesioni polipoidi dalle austrature intestinali quando questa non è possibile ottenerla con la sola visione 2D (10). Comunque diversi studi concordano che, non è importante con quale metodo si inizia perché il metodo è soggettivo, l importante è integrare i dati acquisiti con metodica 2D con quelli della metodica 3D (11). Risultati discriminanti delle due metodiche emergono invece dagli studi sulla sensibilità e specificità. Se infatti con l utilizzo di sezioni assiali TC i valori di sensibilità ne specificità sono inferiori a quelli ottenuti con la CV (58 e 74% rispettivamente) in pazienti con adenomi delle dimensioni di 10 mm di larghezza, la CV 3D sembra incrementare specificità e sensibilità rispetto alle immagini

33 assiali 2D, nella detezione di adenomi colorettali clinicamente significativi e sembra inoltre rivelare i falsi positivi della 2D (10-12); in particolare studi comparativi delle metodiche 3D evidenziano un aumento della sensibilità con l analisi 3D PROSPETTIVA CUBICA per polipi inferiori a 5 mm e una riduzione del suo valore per polipi maggiori o uguali a 5 mm. Sebbene la distensione del colon ottenuta con la sommistrazione endovena di agenti spasmolitici tenda a ridurre il problema, l austratura intestinale può occludere la parete riducendo la sensibilità dell analisi e tale limite alla visualizzazione in 3D è attualmente affrontato con la visione 3D PROSPETTIVA CUBICA che combina con successo accuratezza ed efficienza, migliorando in tal modo la visione 3D della CV (13). Da numerosi studi emerge il differente tempo di efficienza delle metodiche di CV, stimato essere di circa 10 minuti per la visione 2D, 16 minuti per la 3D e 40 minuti per la visione 2D integrata con la 3D (14), dovuti soprattutto a fattori limitanti quali residui fecali e/o fluidi per la visione 3D e tortuosità per la visone 2D. Però non sono state rilevate differenze significative dei dati

34 acquisiti con 2D o 3D tranne in taluni casi in cui fu ottenuta una maggiore caratterizzazione delle lesioni con la 3D (12). Concludendo si può asserire che la combinazione 2D-3D ottimizza la valutazione del lume colico per polipi e neoplasie e che le tecniche siano complementari e necessitino di essere validate dal radiologo quando questi debba valutare i risultati della CV (13) e che dall esperienza del radiologo stesso dipendano sempre e comunque l accuratezza ed il tempo di interpretazione della CV (17). LA STEREOSCOPIA: UN PARTICOLARE TIPO DI VISUALIZZAZIONE 3D La stereoscopia è la percezione del rilievo di un oggetto che si ha in conseguenza della visione binoculare ed inizia bruscamente nell uomo fra il III e IV mese di vita. Essa gioca sul fatto che ognuno dei due occhi, per la posizione che occupa sul viso dell uomo, vede un immagine lievemente differente; questo perché nello spazio i nostri occhi sono in due posizioni diverse, separate tra loro da circa 65 mm. Al cervello giungono quindi

35 due immagini leggermente diverse tra loro, sfasate, si parla di disparità retinica, da lui poi elaborate per creare un unica immagine contenente una precisa percezione della profondità, posizione, distanza e dimensione (16). La visione stereoscopica si basa quindi sul confronto delle immagini retiniche dei due occhi ed è efficace fino ad una distanza di circa 30 metri, oltre la quale le immagini retiniche dei due occhi sono praticamente identiche annullando così la disparità d immagine. La tridimensionalità è sempre stata una delle grandi ambizioni delle tecniche di riproduzione delle immagini. Diversi e originali tentativi sono stati fatti per ottenere l effetto della profondità caratteristico della visione binoculare (17), ma la paternità della ideazione della visione stereoscopica la si deve attribuire al fisico Charles Wheatstone con l invenzione dello stereoscopio nel 1838, che scoprì in tal modo l esistenza della visione tridimensionale. Fu poi introdotta nel 1891 da Louis Arthur Ducos du Hauron nella fotografia e successivamente da L. Lumière nel cinema per ottenenere effetti tridimensionali (16). Il fenomeno della stereoscopia è stato a lungo studiato anche per

36 applicazioni in Computer Graphic e nel 1965 Ivan Sutherland (famoso Guru della Computer Graphic) creò l head-mounted display (HMD) stereoscopico per la simulazione della visione stereoscopica. Questa oggi viene ottenuta attraverso dispositivi ormai standard nella computeristica tramite tre soluzioni: occhiali attivi associati ad emitter oppure occhiali passivi associati a schermo polarizzante o l alternativa più recente del display autostereoscopico. La prima soluzione utilizza occhiali attivi dotati di otturatori LCD e lenti a cristalli liquidi che, alternativamente, ed in sincronia con un monitor, inviano le immagini all uno o all altro occhio (18); le immagini vengono interfacciate sul video ad una frequenza di almeno 120 Hz ed un emitter posto sopra il monitor invia il segnale a raggi infrarossi che sincronizza appunto l apertura e la chiusura delle lenti con la stessa frequenza delle immagini a video. La seconda metodica utilizza invece occhiali passivi con lenti apparentemente trasparenti, in realtà polarizzate, che proiettano

37 su un apposito schermo davanti al quale è posto un dispositivo costituito da un vetro polarizzante. La terza alternativa prevede l utilizzo di display che ricostruiscono una visione stereoscopica senza l ausilio di alcun occhiale e con l interessante opzione di poter funzionare sia in modalità tri- che bi-dimensionale sfruttando il fenomeno chiamato Parallasse (18-19 ). L applicazione di maggior rilievo della visione stereoscopica è nel settore cartografico e precisamente nella stampa anaglifica delle curve di livello, elaborata poi con un computer (16), ma sono incoraggianti anche gli esiti delle applicazioni sperimentali nel settore medico-chirurgico, testimoni delle sue poliedriche potenzialità; la visione tridimensionale ha trovato infatti interessante utilità nella neurochirurgia endoscopica per l approccio alle lesioni del sistema nervoso centrale (adenoma ipofisario, aneurismi) e della colonna vertebrale (20), nello studio morfometrico del cuore fetale e dei suoi tronchi arteriosi aortopolmonariri(21) e del nervo ottico (22).

38 SCOPO DELLA TESI Obiettivo di questo studio è stato quello di sviluppare e successivamente validare clinicamente un nuovo software per CV che fosse basato sulla visualizzazione primaria 3D con navigazione automatica. MATERIALI E METODI REQUISITI DEL SOFTWARE La prima parte del lavoro svolto per questa tesi è stata dedicata ad un attenta analisi della letteratura, nonché alla valutazione dei software attualmente esistenti, sia in ambito accademico che clinico, allo scopo di identificare i requisiti d un software per CV. In seguito a questa analisi sono stati quindi individuati alcuni punti che come futuri utenti del software abbiamo ritenuto essere caratteristiche auspicabili del sistema stesso.

39 NAVIGAZIONE: la navigazione all interno del colon dovrebbe essere completamente automatizzata. Tale caratteristica riteniamo sia utile ai fini di una riduzione del tempo di esecuzione rispetto a quello impiegato quando la navigazione è effettuata manualmente. Con questo tipo di navigazione la progressione all interno del lume colico procede automaticamente, una volta che l operatore dà inizio alla procedura, fino al termine del tratto esplorabile. E comunque importante che l operatore possa in ogni momento, arrestare il percorso di navigazione ed eventualmente completarlo con spostamenti manuali, per meglio studiare e caratterizzare reperti sospetti per patologia. Al fine di consentire una ottimale, veloce ed efficace navigazione è necessaria la creazione di una centerline. CENTERLINE: la centerline consiste in una linea che percorre, in posizione centrale, il colon in tutto la sua lunghezza e che guida la navigazione endoluminale all interno del viscere

40 (fig. 1). La centerline può essere tracciata manualmente dall operatore, ma dovrebbe essere preferibilmente generata in modo automatico dal software, questo è possibile grazie allo sviluppo di algoritmi che consentono di delinearla identificando, per ogni sezione traversa del colon, il punto centrale. In varie esperienze diversi autori hanno sviluppato differenti algoritmi di ricostruzione per la generazione della centerline: per esempio 3D TOPOLOGICAL THINNING (28-29), KNOWLEDGE-GUIDED SEGMENTATION (KGS) (30), MARCHING CUBES (31), CENTERLINE-BASED SEGMENTATION (CBS) (32), FAST MARCHING (33).Anche la creazione della centerline dovrebbe essere automatizzata: dati della letteratura dimostrano infatti che tale caratteristica riduce sensibilmente il tempo necessario alla sua generazione rispetto a quella di tipo manuale (34). VISUALIZZAZIONE SINCRONIZZATA 2D-3D: la visualizzazione 2D dovrebbe essere sincronizzata con la 3D per permettere l analisi simultanea con le due metodiche delle lesioni rilevate (fig. 4). Dall esperienza di vari autori si evince infatti

41 l importanza di suddetta caratteristica: solo utilizzando entrambi i tipi di visualizzazione si possono superare i limiti di valutazione che entrambe le metodiche, 2D e 3D, presentano se utilizzate singolarmente( ). La possibilità di disporre di entrambi i tipi di visualizzazione in maniera contemporanea e sincronizzata consente di operare il confronto più rapidamente, evitando il dispendio di tempo nella ricerca del reperto nella metodica complementare a quella con cui è stato individuato e annullando le possibilità di errore nella sua identificazione. CAMPO DI VISTA: per campo di vista si intende l angolo attraverso cui viene visualizzato il segmento di colon esaminato. Il campo di vista ideale dovrebbe essere di 360 : questo permette infatti la visione del 100% della superficie colica da ogni punto di osservazione. Anche dalla letteratura emerge l utilità di questa caratteristica, in particolare nel rilevamento di lesioni della parete colica localizzate nella regione compresa fra le austrature, che spesso rappresenta una zona d ombra, non visualizzata, nelle

42 analisi condotte con precedenti tecniche 3D aventi campi di vista più ridotti (60-90 ) (41). REFERTAZIONE: un aspetto di grande rilevanza è rappresentato dalla necessità di effettuare automaticamente il report delle lesioni osservate sulla superficie colica, con l opportunità di caratterizzarle per tipologia (polipo, diverticolo, altro ), aspetto (sessile, peduncolato), dimensioni e segmento colico di appartenenza (cieco, colon ascendente, flessura epatica, colon trasverso, fessura splenica, colon discendente, sigma, retto) (fig. 3). Questo risulta, ovviamente, utile in presenza di lesioni multiple. SIMULAZIONE DEL CLISMA A DOPPIO CONTRASTO: dovrebbe esistere la possibilità di visualizzare, contemporaneamente alle immagini 2D e 3D, anche un immagine di ricostruzione volumetrica esterna dell intero colon. Tale caratteristica riteniamo sia utile per valutare la configurazione anatomica dell intestino e la sua lunghezza, e per verificare il

43 segmento colico entro il quale procede la navigazione. La disponibilità di tale prospettiva è inoltre potenzialmente utile al chirurgo per pianificare la colectomia nel caso in cui siano rilevate lesioni. Lo spettro dei requisiti sopraelencati presumiamo possa in definitiva ridurre i tempi di esplorazione, analisi ed interpretazione, migliorando l efficienza temporale della metodica. VALIDAZIONE DEL SOFTWARE: TRIAL CLINICO Dal Giugno 2004, al Gennaio 2006, 20 pazienti (10M, 10F; età media 65, min 43, max 85) sono stati sottoposti a CV. In 6 casi i pazienti erano sintomatici e venivano studiati per sospetto clinico di neoplasia colorettale: 3 pazienti erano studiati per sangue occulto fecale positivo, in 3 pazienti lo studio era eseguito per dolori addominali. In 15 casi invece i pazienti erano asintomatici ed erano studiati per screening.

44 I dati acquisiti alla consolle di acquisizione TC sono stati poi trasferiti ad una stazione di lavoro dedicata dotata del software sviluppato che consente in automatico la ricostruzione di immagine del colon in 3D ovvero di simulare multiple prospettive tridimensionali del colon tipo endoscopico o simili al clisma a doppio contrasto (endoscopia virtuale) con visualizzazione stereoscopica e navigazione automatica. La CV è stata svolta mediante primaria generazione automatica della centerline e costruzione di immagini 3D con tecnica di volume rendering. L esplorazione colica è stata effettuata mediante navigazione automatica col procedere dell endoscopia virtuale all interno del viscere seguente la traccia di percorso delineata dalla centerline. Una navigazione di questo tipo è stata eseguita 2 volte in ciascuno paziente, dal retto al cieco e viceversa, una volta per la posizione supina ed una per la prona, con lo scopo di valutare entrambi i lati delle austre. Di ogni paziente, oltre alla descrizione di eventuali lesioni della parete colica, veniva effettuata una valutazione dei tempi medi di navigazione (anterograda + retrograda, sia in posizione

45 supina che prona). Lo studio comprendeva anche l analisi del tempo medio di generazione della centerline. La visualizzazione delle immagini era di tipo stereoscopico ed avveniva con campo di vista di 140, mentre l analisi delle immagini della CV 3D consisteva in una valutazione combinata delle immagini primitive assiali con quelle secondarie che risultavano dalla visione endoluminale virtuale. Durante la navigazione sono state realizzate inoltre ricostruzioni multiplanari (sui piani assiale, saggitale e coronale); indicando un punto sulla superficie del colon era infatti possibile ottenere direttamente la ricostruzione multiplanare passante per quel punto con possibilità di visione simultanea della porzione intra ed extrtaluminale del colon. Lo studio del colon comprendeva anche un giudizio sul grado di distensione colica dei diversi tratti esplorati, sulla presenza di residui fecali o fluidi che pongono problematiche di diagnosi differenziale con polipi, sulla presenza di stenosi o tortuosità e/o loops e si corredava della possibilità di report automatico delle lesioni rilevate dall operatore; indicando la lesione sulla

46 superficie colica, dopo standby della navigazione, era infatti possibile caratterizzare la lesione in termini di anatomotopografici e morfometrici. In definitiva mediante CV 3D di ogni paziente si valutavano la possibile generazione della centerline (ed il tempo per generarla), il tempo di navigazione e si effettuava un report delle lesioni. In tal modo è stata eseguita una primaria analisi con CV 3D ed i dati acquisiti sono stati successivamente comparati a quelli ottenuti con secondaria analisi 2D. E stato così possibile valutare la sensibilità, specificità, accuratezza diagnostica della CV 3D rispetto alla 2D nella identificazione di polipi adenomatosi e neoplasie del colon. Lo studio clinico è stato infine completato dalla comparazione dei dati acquisiti con CV 2D con quelli del controllo endoscopico convenzionale eseguito in cieco, considerato attualmente la procedura diagnostica gold-standard.

47 RISULTATI In collaborazione con la società Volume Interaction abbiamo sviluppato un sistema di visualizzazione stereoscopica e navigazione automatica per la CV 3D. A tal scopo è stato elaborato un software che, rispetto a quello per CV con visione endoscopica classica e navigazione manuale, consentisse migliori prestazioni diagnostiche ed apportasse nuove possibilità di applicazione. INTERFACCIA E REQUISITI DEL SOFTWARE Nell applicazione dell uso del software allo studio dei pazienti è stata posta particolare attenzione alla valutazione delle caratteristiche del software stesso. Un aspetto considerato è stato innanzi tutto quello della semplicità e versatilità di utilizzo attraverso quella che rappresenta la finestra di comunicazione fra l utente e il software stesso e cioè la sua interfaccia. Si è poi proseguito con la verifica della corrispondenza o meno delle

48 caratteristiche del nostro software a quelle che erano le nostre aspettative, valutando gli eventuali problemi riscontrati. L interfaccia per l utente è suddivisa in vari campi visivi (fig. 2): nella configurazione standard quello di dimensioni maggiori mostra l interno del lume colico mediante immagine similendoscopica tridimensionale classica, ma consente anche il passaggio ad una visione con effetto stereoscopico, qualora l operatore lo richieda. Per questi tipo di visualizzazione è previsto l uso combinato di occhiali attivi, indossati dall osservatore, e, di un emettitore ad infrarossi collocato sopra il monitor (19-20). L immagine endoluminale mostra la parete colica colorata in modo da riprodurre più o meno fedelmente i toni naturali della mucosa colica. L esaminatore dopo aver impostato il senso di navigazione (cieco-retto o retto-cieco) può effettuarne verifica continua in quanto riportato sul display. Le altre finestre sono disposte in modo più eccentrico sul monitor: tre di queste riportano immagini 2D del colon, rispettivamente in sezione assiale, coronale, sagittale, che sono sincronizzate con l immagine 3D in modo tale che, toccando un punto sulla

49 superficie colica, simultaneamente se ne ottiene corrispondente segnalazione nelle immagini 2D; una quarta finestra visualizza invece una ricostruzione volumetrica esterna dell intero colon, simile all immagine ottenuta con il clisma a doppio contrasto, che mostra al suo interno lo sviluppo della centerline in ogni segmento colico in cui è stato possibile generarla. Un ultima finestra correda il display mostrando l immagine ingrandita della ricostruzione volumetrica esterna del segmento colico in esame. Esiste la possibilità di modificare, a discrezione dell operatore, l immagine visualizzata in ognuna delle finestre (è possibile, per esempio, rappresentare nel riquadro centrale, di maggiori dimensioni, una delle immagini in 2D, qualora l operatore lo ritenga utile per risolvere un dubbio diagnostico) Una opzione fondamentale dell interfaccia è quella che permette di effettuare un referto strutturato delle lesioni rilevate: infatti, semplicemente toccando la lesione sulla parete colica se ne può ottenere la caratterizzazione in termini di tipologia (polipo, diverticolo, altro.), sviluppo (sessile, peduncolato), dimensioni e segmento colico di appartenenza (cieco, colon

50 ascendente, flessura epatica, colon traverso, fessura splenica, colon discendente, sigma, retto). Il referto, che viene effettuato su un foglio distinto e consultabile in qualsiasi momento dall operatore, viene aggiornato automaticamente di volta in volta che vengono individuate nuove lesioni, in modo da ottenere, al termine della navigazione, un elenco completo di tutte le lesioni. CENTERLINE Non in tutti pazienti studiati è stato possibile generare una centerline continua e completa dal retto al cieco in maniera automatica: in 3 pazienti la centerline non è stata creata né in posizione supina né in prona, mentre in 2 casi è stato possibile generarla, ma non a partenza cecale o rettale, bensì dai segmenti colici successivi, colon ascendente e colon discendente rispettivamente, in quanto ben distesi. In 1 caso lo studio è proseguito fino a metà del colon ascendente dove, per presenza di una angolatura del colon la centerline si è interrotta non

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