CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS

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3 PATHOLOGICA 004;96:97-00 Tumori rari e lesioni pseudotumorali dei tessuti molli Moderatori: A.P. Dei Tos (Treviso) e A. Franchi (Firenze) Neoplasie mesenchimali a differenziazione osteocartilaginea A. Franchi Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università di Firenze Si tratta di un gruppo di neoplasie dei tessuti molli di rara osservazione, che possono essere definite come proliferazioni nelle quali le cellule tumorali producono matrice cartilaginea, e come proliferazioni nelle quali le cellule lesionali producono matrice osteoide o ossea, in assenza di altre linee differenziative. Questo gruppo di lesioni offre innanzitutto a considerare alcune problematiche di ordine generale riguardo il loro inquadramento. Un primo aspetto controverso è rappresentato dalla assenza di criteri per definire precisamente la matrice cartilaginea e la matrice osteoide, e dalla difficoltà che spesso esiste nel distinguere questo tipo di matrice da simulatori, come la matrice condroide, che troviamo ad esempio nel lipoma condroide, o il collageno ialino che simula l aspetto dell osteoide e che possiamo riscontrare in numerosi sarcomi dei tessuti molli. Un secondo aspetto che deve essere discusso riguarda la distinzione delle neoplasie mesenchimali a differenziazione ossea e cartilaginea dalle lesioni dei tessuti molli che possono presentare formazione di matrice ossea e/o cartilaginea di significato metaplastico, quali ad esempio i tumori di tipo adiposo, il sarcoma sinoviale, il sarcoma epitelioide, il tumore a cellule giganti dei tessuti molli, e numerose altre. In generale, il tessuto osseo metaplastico tende ad essere localizzato alla periferia della lesione, e soprattutto appare costituito da trabecole regolari di osso lamellare, in rapporto con elementi cellulari non atipici, così come la cartilagine metaplastica appare come cartilagine ialina matura contenente cellule non atipiche. Un ultimo aspetto controverso di questo gruppo di lesioni riguarda il loro inquadramento nosologico, che si è modificato in maniera rilevante nella classificazione WHO del 00. Infatti in questo schema classificativo solo il condroma dei tessuti molli, il condrosarcoma mesenchimale e l osteosarcoma extrascheletrico sono inseriti nella categoria dei tumori condro-ossei. Altre entità, come la miosite ossificante e lo pseudotumore fibro-osseo delle dita vengono considerate varietà della fascite nodulare, mentre la fibrodisplasia ossificante progressiva è un processo di natura non neoplastica e pertanto non viene preso in considerazione nella classificazione. Il condrosarcoma mixoide è stato provvisoriamente inserito nella categoria Miscellanea in quanto, nonostante la nomenclatura, chiari aspetti di differenziazione cartilaginea non sono dimostrabili nella maggior parte di queste neoplasie. Per quanto riguarda poi quelle neoplasie nelle quali la differenziazione ossea o cartilaginea è presente assieme ad una o diverse ulteriori linee differenziative (ad esempio leiomiosarcoma con aree di osteosarcoma), viene sconsigliato l uso del termine mesenchimoma maligno, che comporta il raggruppamento di entità diverse sotto la stessa voce, mentre appare preferibile designare queste neoplasie secondo il tipo prevalente, specificando le ulteriori linee differenziative presenti. Ciò premesso, lo scopo principale di questa presentazione è quello di illustrare e discutere le problematiche di diagnostica differenziale delle lesioni dei tessuti molli che presentano formazione di matrice ossea o cartilaginea. Fra le prime verranno prese in considerazione la miosite ossificante, lo pseudotumore fibro-osseo delle dita, il tumore fibromixoide ossificante e l osteosarcoma extrascheletrico. Tra le lesioni con formazione di matrice cartilaginea verranno esaminate il condroma dei tessuti molli, la condromatosi sinoviale e tenosinoviale, il condrosarcoma mixoide ed il condrosarcoma mesenchimale. Fletcher CDM, Unni KK, Mertens F (Eds.). World Health Organization classification of tumors. Pathology and genetics of tumours of soft tissues and bone. IARC Press, Lyon 00. Diagnosi differenziale delle neoplasie mesenchimali mixoidi A. Parafioriti, E. Armiraglio U.O. di Anatomia Patologica, Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano Si definisce mixoide una proliferazione con morfologia blanda, ipocellulare, immersa in una matrice fibrillare lassa, simile al mesenchima primitivo. Le lesioni dei tessuti molli definite mixoidi costituiscono un gruppo molto eterogeneo di disordini proliferativi che, pur avendo in comune questo carattere morfologico, differiscono profondamente fra loro nella patogenesi e nel comportamento biologico. Dal punto di vista nosologico sotto questa etichetta sono raggruppate entità che includono sia lesioni di carattere reattivo che neoplasie benigne e neoplasie maligne a diverso grado di malignità. Caratteristiche mixoidi focali o estese sono comuni nei tumori dei tessuti molli sia superficiali che profondi e non sono significativi nella diagnosi finale. Esistono inoltre varianti mixoidi di istotipi specifici che sono facilmente diagnosticabili, come ad esempio il liposarcoma mixoide, il dermatofibrosarcoma protuberans mixoide o nell ambito reattivo-pseudotumorale, la fascite nodulare mixoide. Le numerose similarità morfologiche possono creare problemi di diagnosi differenziale rilevanti: lesioni benigne scambiate per maligne a causa delle grosse dimensioni, della profondità di localizzazione o del pattern di crescita infiltrativo o lesioni maligne scambiate per benigne a causa dell apparenza blanda e della scarsa cellularità. Un approccio diagnostico corretto ai tumori mixoidi dei tessuti molli non può prescindere da adeguate informazioni cliniche come età, sesso, sede poiché questi tumori mostrano differenze legate all età ed al sesso dei pazienti. Infatti, ad esempio, il lipoblastoma e rabdomiosarcoma embrionale/botrioide sono tipici dell età pediatrica, il sarcoma fibromixoide a basso grado dell età adulta, il mixofibrosarcoma dell età anziana; tipico per sesso e sede l angiomixoma aggressivo che insorge preferenzialmente in regione pelvica di soggetti femminili. La localizzazione superficiale o profonda è un altro criterio molto importante per distinguere diversi tumori mixoidi: localizzazione superficiale dermica o sottocutanea si osserva nel dermatofibrosarcoma protuberans mixoide,

4 98 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS nell angiomixoma e nei neurotecomi, mentre localizzazione profonda hanno di solito il liposarcoma mixoide, il condrosarcoma mixoide extrascheletrico, il sarcoma sinoviale mixoide e le varianti mixoidi di altri sarcomi fusocellulari come il leiomiosarcoma e i tumori maligni delle guaine dei nervi periferici. I parametri istologici principali per la diagnosi dei tumori mixoidi sono fondamentalmente l architettura di crescita, il pattern vascolare, la cellularità e la citologia; la combinazione di questi parametri rappresenta la chiave diagnostica più importante sia nei confronti di lesioni benigne che maligne. Tumori mesenchimali e lesioni pseudotumorali in età pediatrica R. Alaggio Servizio di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera, Padova Le neoplasie mesenchimali dell età pediatrica per le caratteristiche morfologiche e cliniche, hanno meritato l attribuzione di borderland between embriology and pathology coniata da Willis. La loro classificazione si basa su due principi: identificazione della cellula di origine ed equazione tra immaturità di tale cellula e malignità. Tale criterio può rivelarsi una trappola diagnostica per il patologo nell area grigia rappresentata dal vasto gruppo di tumori di difficile inquadramento nosologico costituita da neoplasie vere e proprie, pseudoneoplasie ed amartomi. Le caratteristiche clinico-radiologiche di crescita infiltrativa e destruente o la presenza di mitosi ed atipie citologiche, non rappresentano criteri diagnostici di malignità, essendo presenti anche in molte lesioni pseudosarcomatose. Il ruolo delle tecniche ancillari appare limitato: l immunoistochimica è importante per la conferma della linea differenziativa delle cellule costituenti la lesione, ma inutile ai fini del corretto inquadramento; la caratterizzazione biomolecolare è importante in casi isolati con specifiche traslocazioni. La diagnosi finale è quindi frutto della capacità investigativa del patologo in grado di integrare la clinica ed i dettagli morfologici talora sfuggenti. In questa revisione saranno esaminati due gruppi di lesioni: quelle simulanti sarcomi per la presenza di cellule immature ed i veri pseudosarcomi miofibroblastici. Lesioni con cellule mesenchimali immature Lipoblastoma: il lipoblasto, cellula diagnostica di liposarcoma in età adulta, è l elemento talora predominante nel lipoblastoma, una neoplasia benigna del tessuto adiposo dei primi anni di vita. La diagnosi differenziale con il liposarcoma mixoide è talora impossibile. L età è un criterio diagnostico importante, tuttavia, seppur raramente, il liposarcoma può insorgere nei primi anni di vita. Le indagini biomolecolari con l identificazione della traslocazione tipica del liposarcoma mixoide t(;6)(q;p) sono fondamentali in casi selezionati. Rabdomioma Fetale (RF) ed Amartoma Rabdomiomatoso (AR): una popolazione di elementi rabdomioblastici in diverse fasi di maturazione è la caratteristica morfologica del RF, facilmente confuso con un rabdomiosarcoma embrionale (ERMS). Le mitosi o l anaplasia focale sono più frequenti nell ERMS, ma possono essere raramente presenti nel RF. Rispetto al RF l amartoma rabdomiomatoso, una lesione del derma superficiale molto rara, con componente muscolare striata, non mostra elementi immaturi, ma può essere confuso con un ERMS dermico ben differenziato. Tumore melanotico neuroectodermico dell infanzia (MNE- TI): in una piccola biopsia il MNETI, lesione disembriogenetica che ricapitola lo sviluppo della retina, può essere facilmente confuso con un PNET o con un Neuroblastoma per la predominante popolazione di piccole cellule, talora con differenziazione neuroblastica e sottile feltro fibrillare di neuropilo. L architettura lobulare con gruppi di cellule separati da setti fibrosi, la presenza di pigmento nelle cellule più grandi alla periferia dei lobuli sono diagnostici di MNETI. Lesioni Miofibroblastiche: Neoplasie e Pseudotumori Le caratteristiche morfologiche delle fibromatosi infantili, delle miofibromatosi e dei fibrosarcomi e di alcuni degli pseudo-sarcomi come fasciti, miositi e tumore miofibroblastico infiammatorio, sfumano le une nelle altre rendendo talora ardua la diagnosi. I criteri diagnostici differenziali si basano su: caratteristiche differenziative degli elementi miofibroblastici (in senso fibroblastico o mioide), disposizione degli elementi (fasci allungati e sfuggenti, a spina di pesce, nodulare), presenza o meno di pattern bifasico, componente infiammatoria. Fascite nodulare: l elevata variabilità morfologica rende questa lesione l emblema degli pseudotumori e la causa più frequente di errori diagnostici per la spiccata cellularità e le numerose mitosi. La presenza di elementi miofibroblastici con stroma mixoide ed aspetti tipo cellula in coltura, combinati ad una componente infiammatoria e ad emazie stravasate sono caratteristiche diagnostiche importanti. In alcuni casi tali aspetti sono estremamente focali e difficili da identificarsi senza un attenta ricerca, così come può essere assente il tipico pattern bifasico con area centrale ipocellulare-mixoide ed area periferica ipercellulare infiltrativa. Tumore miofibroblastico infiammatorio (IMT): nato come pseudo-tumore, l IMT va definendosi come vera lesione neoplastica, a variabile potenziale di aggressività, specialmente se a sede addominale, che lo rende parte di un unico spettro di lesioni con il Fibrosarcoma Infiammatorio. Le caratteristiche morfologiche con i tre pattern descritti da Coffin: similfascite, simil-fibromatosi, simil-cicatriziale dimostrano la difficoltà di diagnosi differenziale, complicata dalla presenza di cellule talora mostruose ed alto indice mitotico che possono suggerire un sarcoma. La componente infiammatoria è un importante criterio diagnostico, come la positività immunoistochimica per ALK nei miofibroblasti, presente nel 40% dei casi. Miofibromatosi: la miofibromatosi infantile, sia solitaria che multifocale è caratterizzata da miofibroblasti allungati, con abbondante citoplasma eosinofilo che conferisce un aspetto mioide alle cellule, disposte frequentemente a formare i cosiddetti noduli mioidi, che tendono alla erniazione intravascolare. Non sempre evidente un pattern bifasico con centro riccamente vascolare con tipico pattern emangiopericitomatoso e periferia fibrosa ipocellulare. Il trattamento è chirurgico, con prognosi favorevole. Fibromatosi desmoide extra-addominale (Fibromatosi Infantile): la Fibromatosi Infantile è una lesione ad alta cellularità, con miofibroblasti allungati e margini poco delineati, disposti in fasci sottili, commisti a collageno, senza noduli mioidi e senza pattern emangiopericitomatoso, con tipica crescita infiltrativa alla periferia. La diagnosi differenziale tra fibromatosi e fibrosarcoma sia infantile che adulto si basa prevalentemente su cellularità minore, minori atipie e minore probabilità di necrosi nella fibromatosi. Fibrosarcoma Congenito-Infantile (CIFS) ed Adulto (AF): Il CIFS rappresenta un area grigia tra Fibromatosi e AF. Morfologicamente indistinguibile dall AF quando mostra fa-

5 TUMORI RARI E LESIONI PSEUDOTUMORALI DEI TESSUTI MOLLI 99 sci allungati di fibroblasti con tipico pattern a spina di pesce, viene facilmente confuso con una fibromatosi quando le cellule sono più primitive ed immature e può simulare una miofibromatosi quando mostra un pattern emangiopericitomatoso od aree con noduli mioidi. La presenza di una traslocazione t(;5), in una percentuale variabile di casi è un utile criterio diagnostico differenziale. La prognosi è generalmente favorevole con tendenza alla recidiva locale e rare metastasi. Tumori mesenchimali pleomorfi benigni e a basso grado di malignità A. De Chiara U.O.C. Anatomia Patologica, I.N.T. G. Pascale, Napoli Nella diagnosi istologica delle neoplasie mesenchimali dei tessuti molli, la prima domanda cui rispondere è se il processo sia reattivo o neoplastico; una volta esclusa la natura reattiva della lesione in esame, si procede all identificazione della neoplasia con riguardo al suo potenziale biologico (benigno versus maligno; basso grado versus alto grado di malignità). Le lesioni reattive sono più frequentemente superficiali o sono caratterizzate istologicamente da una distinta crescita zonale (vedi fascite proliferativa, fascite ischemica, miosite ossificante). Le cellule assomigliano a fibroblasti in cultura; si possono osservare mitosi ma mai atipiche nè sono presenti marcate atipie citologiche (così come avviene nei sarcomi). Una volta orientati verso un processo neoplastico, molti sono i criteri morfologici da valutare per il corretto inquadramento biologico. Necrosi, pleomorfismo cellulare ed elevato indice mitotico sono criteri classicamente associati a neoplasie maligne di alto grado (vedi grading sec. FNCLCC). Negli anni, però, vi è stato un crescente numero di entità che, nonostante un anche marcato pleomorfismo cellulare, si sono rivelate del tutto benigne o con solo una limitata capacità di recidiva locale (eccezionali le metastasi). Fondamentale appare, pertanto, il riconoscimento di queste entità ai fini del corretto approccio terapeutico, per evitare inutili interventi chirurgici demolitivi e/o regimi chemioterapici (indicati solo negli alti gradi). Un criterio molto importante da valutare è la presentazione clinica, in quanto lesioni a lenta crescita e a localizzazione soprafasciale sono caratterizzate da un decorso clinico in genere benigno. È da sottolineare che nei tumori benigni il pleomorfismo cellulare è spesso solo focale e legato a fenomeni di tipo degenerativo (leiomioma pleomorfo soprattutto dell utero, ancient schwannoma, tumore glomico simplastico). Anche lesioni maligne, come il fibroxantoma atipico ed il sarcoma fibroblastico mixoinfiammatorio acrale, che pure sono in grado di recidivare localmente ed in casi eccezionali anche di dare metastasi, sono quasi sempre soprafasciali. Sul piano puramente morfologico, la necrosi è assente o minima; e soprattutto l indice mitotico è basso (a differenza di quanto accade nei sarcomi pleomorfi) e le mitosi mai atipiche. Di seguito, è illustrato un elenco di tumori benigni o maligni di basso grado, caratterizzati dal pleomorfismo cellulare. Abbiamo scelto di approfondire solo alcuni di essi, quelli che a nostro parere possano essere più facilmente misinterpretati quando li si incontra in sedi inusuali (angiofibroma con cellule giganti), per la presenza di inusuali caratteristiche morfologiche (tumore glomico simplastico) o immunofenotipiche (fibroxantoma pleomorfo), o perchè siano ancora troppo poco conosciuti soprattutto ai non specialisti del settore (tumore angiectasico ialinizzante pleomorfo, sarcoma fibroblastico mixoinfiammatorio). Di fianco se ne indica la linea differenziativa sec. il WHO 00. Tumori benigni con atipie citologiche Ancient schwannoma: neurogenica Angiofibroma con cellule giganti: fibroblastica/miofibroblastica Fibroistiocitoma con cellule bizzarre: verosimilmente fibroblastica Fibroma pleomorfo della cute: fibroblastica/miofibroblastica Leiomioma pleomorfo: muscolare Lipoma pleomorfo: adipocitica Tumore glomico simplastico: pericitica (perivascolare) Tumore angiectasico ialinizzante pleomorfo (PHAT): differenzazione incerta Tumori maligni di basso grado Fibroblastoma a cellule giganti: tipico dell infanzia Fibroxantoma atipico: cosiddetta fibroistiocitica Sarcoma fibroblastico mixoinfiammatorio: fibroblastica/miofibroblastica L angiofibroma a cellule giganti (GCA) è stato descritto per la prima volta nel 995 ed è una neoplasia coinvolgente tipicamente la regione orbitaria nei maschi, e meno frequentemente testa e collo (in aree extraorbitarie) e sedi ancora più inusuali quali mediastino, dorso, regione inguinale e ascellare, retroperitoneo e vulva soprattutto nelle donne. Istologicamente, si apprezzano aree più o meno cellulari con cellule rotondo-ovali (CD4+, CD99+, meno frequentemente Bcl+) e cellule stromali multinucleate intorno vasi ectasici. Un caso ha mostrato anormalità della banda cromosomica 6q. Il tumore glomico simplastico, così definito da Folpe et al., è un tumore glomico che mostra atipie citologiche come unica caratteristica inusuale. Nel loro lavoro ne descrivono 9 casi, e nessuno di essi ha sviluppato metastasi in un periodo di follow-up tra e 0 anni. L atipia nucleare viene considerata come un fenomeno degenerativo simile a quello che si osserva nei leiomiomi uterini simplastici e negli ancient schwannoma. Il tumore angiectasico ialinizzante pleomorfo (PHAT) è un entità recentemente descritta per la prima volta da Smith et al. 4. Da allora pochi altri casi sono stati riportati in letteratura 5. È una neoplasia di basso grado di malignità ma a causa del marcato pleomorfismo cellulare viene spesso confusa con un sarcoma di alto grado. È una neoplasia degli adulti, a lenta crescita che spesso dà l impressione di un ematoma. In genere, si localizza nel tessuto sottocutaneo degli arti inferiori, ma occasionalmente viene descritto in sede sottofasciale. La caratteristica istologica maggiore è la presenza di vasi dilatati tendenti a formare piccoli gruppi il cui endotelio appare bordato da materiale eosinofilo amorfo; i vasi talora sono trombizzati con anche iperplasia papillare endoteliale. Ciò che confonde circa il grading, è la presenza di cellule di varia forma (allungate o rotondeggianti) con nuclei pleomorfi arrangiate in fasci. Sono presenti anche evidenti inclusioni citoplasmatiche intranucleari. L impressione superficiale è quello di un MFH ma se ne differenzia per il basso indice mitotico (< mitosi/50 HPF). Le cellule in genere coesprimono vimentina e CD4, mentre sono negative per S00 (che aiuta nella d.d. con schwannoma e schwannoma melanotico psammomatoso), CK, EMA, actina, desmina, FVIIII e CD. La tendenza è la recidiva locale; al momento non si sono documentate metastasti a distanza. L istogenesi non è chiara. Poichè è stata documentata positività a VEGF, una proteina associata ad angiogenesi tumore-associata, sia nelle cellule neoplastiche che in quelle endoteliali, l ipotesi è che il deposito di materiale ialino provochi una progressiva obliterazio-

6 00 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS ne vascolare e ipossia tumorale, con conseguente produzione di VEGF che a sua volta provoca una attiva angiogenesi 6. Il fibroxantoma atipico (AFX) tipicamente occorre nelle aree foto-esposte di persone anziane, ma in _ dei casi colpisce arti e tronco di giovani adulti. Si presenta come un nodulo solitario talora ulcerato. Classicamente, assomiglia istologicamente ad un MFH ma con localizzazione dermica. Sono stati riportati rari casi a cellule granulari o chiare. Necrosi è raramente presente. La d.d. è tipicamente nei confronti di carcinoma epidermoide e melanoma, soprattutto se si associa ad una inusuale positività per markers melanocitari 7. Viene, in genere, visto come una forma superficiale di MFH con prognosi eccellente se adeguatamente escisso. Infatti, la recidiva è locale, con solo casi metastatici 8. Tra AFX e MFH sono state trovate similarità in alcune alterazioni genetiche, suggerendo un comune pathway patogenetico; alcune differenti alterazioni potrebbero invece essere responsabili del differente comportamento biologico 9. Il sarcoma fibroblastico mixoinfiammatorio è stato descritto per la prima volta da Montgomery nel Come la designazione originaria implica,due sono le caratteristiche principali di questo tumore: la sede acrale (soprattutto la mano, ma successivamente descritto anche in sede prossimale e nel tronco) e l aspetto istologico simulante un processo infiammatorio. Tipicamente multinodulare; frequentemente coinvolge i tendini circostanti e la sinovia delle articolazioni adiacenti. In genere, localizzazione sottocutanea con infrequente coinvolgimento del derma e del tessuto muscolare sottostante. L aspetto tipico è il denso infiltrato infiammatorio (leucociti e plasmacellule) frammisto ad aree mixoidi o ialine. In queste ultime, lì dove la cellularità è maggiore, si osservano grandi cellule atipiche (fusate, istiocitoidi o epitelioidi); soprattutto queste ultime presentano grandi nuclei con prominenti nucleoli e con abbondante citoplasma eosinofilo somigliando così a cellule di Reed- Sternberg o a virociti. Ma ancora una volta, a fronte del marcato pleomorfismo cellulare, l indice mitotico è basso (< mitosi /50HPF). Si osservano anche cellule ganglionlike, cellule simulanti lipoblasti e cellule tipo Touton. Sia le cellule mono che multinucleate sono positive a vimentina, variabilmente positive a CD68, CD4 e actina; negative a S00, HMB45, desmina, EMA, LCA, CD5 e CD0. Il riscontro di determinate alterazioni cromosomiche clonali avrebbe caratterizzato questa neoplasia come entità distinta da altri processi fibroblastici. La diagnosi differenziale va posta nei confronti di: tumore a cellule giganti dei tendini, tumore miofibroblastico e fibrosarcoma infiammatorio (tipica la localizzazione addominale), fibroistiocitoma maligno angiomatoide, e linfoma di Hodgkin. I casi descritti hanno mostrato recidiva locale con percentuali variabili tra il % ed il 67%. Tre casi sono risultati metastatici (linfonodi inguinali, e polmone) 4. Nel WHO, questa neoplasia viene posta nella categoria intermedia raramente metastatizzante. DeiTos AP, Seregard S, Calonje E, Chan JK, Fletcher CDM. Giant cell angiofibroma. A distinctive orbital tumor in adults. Am J Surg Pathol 995;9:86-9. Sonobe H, Iwata J, Komatsu T, Fukushima A, Hayashi N, Moriki T, Shimizu K, Ohtsuki Y. A giant cell angiofibroma involving 6q. Cancer Genet Cytogenet 000;6: Folpe AL, Fanburg-Smith JC, Miettinen M, Weiss SW. Atypical and malignant glomus tumors: analysis of 5 cases, with a proposal for the reclassification of glomus tumors. Am J Surg Pathol 00;5:-. 4 Smith ME, Fisher C, Weiss SW. Pleomorphic hyalinizing angiectatic tumor of soft parts: a low-grade neoplasm resembling neurilemoma. Am J Surg Pathol 996;0:-9. 5 Matsumoto K, Yamamoto T. Pleomorphic hyalinizing angiectatic tumor of soft parts: a case report and a review of the literature. Pathol Int 00;5: Groisman GM, Bejar J, Amar M, Ben-Izhak O. Pleomorphic hyalinizing angiectatic tumor of soft parts: immunohistochemical study including the expression of vascular endothelial growth factor. Arch Pathol Lab Med 000;4: Smith-Zagone MJ, Prieto VG, Hayes RA, Timperman WW. HMB-45 (gp0) and MART- expression within giant cells in atypical fibroxanthoma. J Cutan Pathol 004;: Rizzardi C, Angiero F, Melato M. Atypical fibroxanthoma and and malignant fibrous histiocytoma of the skin. Anticancer Res 00;: Mihic-Probst D, Zhao J, Saremaslani P, Baer A, Oehlschlegel C, Paredes B, Komminoth P, Heitz PU. CGH analysis show genetic similarities and differences in atypical fibroxanthoma and undifferentiated high grade pleomorphic sarcoma. Anticancer Res 004;4: Montgomery EA, Devaney K, Weiss SW. Inflammatory myxohyaline tumor of distal extremities with Reed-Sternberg-like cells: a novel entity with features simulating myxoid malignant fibrous histiocytoma, inflammatory conditions and Hodgkin disease. Mod Pathol 997;0:47A. Jurcic V, Zidar A, Montiel MD, Frkovic-Grazio S, Nayler S, Cooper K, Suster S, Lamovec J. Acral myxoinflammatory fibroblastic sarcoma: a tumor not restricted to acral sites. Ann Diagn Pathol 00;6:7-80. Lambert I, Debiec-Rychter M, Guelinckx P, Hagemeijer AR. Acral myxoinflammatory fibroblastic sarcoma with unique clonal chromosomal changes. Virchows Arch 00;48: Meis-Kindblom JM, Kindblom L-G. Acral myxoinflammatory fibroblastic sarcoma: a low-grade tumor of the hands and feet. Am J Surg Pathol 998;: Sakaki M, Hirokawa M, Wakatsuki S, Sano T, Endo K, Fujii Y, Ikeda T, Kawaguchi S, Hirose T, Hasegawa T. Acral myxoinflammatory fibroblastic sarcoma: a report of five cases and review of the literature. Virchows Arch 00;44:5-0.

7 PATHOLOGICA 004;96:0-0 Dermatopatologia oncologica Moderatori: C. Clemente (Milano) e T. Faraggiana (Roma) Tumori vascolari borderline della cute F. Passarelli Servizio di Istologia, Istituto Dermopatico dell Immacolata, IRCCS, Roma Il termine emangioendotelioma (E) indica tumori a linea differenziativa vascolare che hanno un comportamento biologico intermedio tra l emangioma e l angiosarcoma: hanno alta probabilità di recidivare localmente e danno metastasi in una percentuale ridotta rispetto all angiosarcoma. Sebbene gli E della cute siano rari, è importante conoscerne la morfologia e la prognosi, poiché impongono un trattamento chirurgico adeguato fin dall inizio e un follow-up accurato. I tipi più importanti sono: E epitelioide, E kaposiforme, E retiforme, tumore di Dabska ed E composito. L emangioendotelioma epitelioide (EE) può insorgere a qualunque età. Le sedi più colpite sono i tessuti molli, il fegato, il polmone, l osso e la cute, dove può avere l aspetto di una placca eritematosa o di un nodulo, di dimensioni variabili da 0, a 4 cm. Nei tessuti molli, circa il 50% dei casi insorge da un vaso; nei casi primitivi cutanei ciò non è stato evidenziato con chiarezza. L EE è composto da cordoni di cellule endoteliali epitelioidi, con nucleo vescicoloso, citoplasma eosinofilo di forma poligonale, con frequenti vacuoli citoplasmatici, a volte contenenti emazie. Lo stroma varia da mixoide a ialino. In circa il 5% dei casi si osservano atipie nucleari, attività mitotica (>/0 HPF), focolai di necrosi e cellule fusate. Poiché tali aspetti sembrano correlare con un comportamento biologico più aggressivo, si parla di EE atipico o maligno. Le cellule neoplastiche esprimono CD, CD4 e FVIII. Circa il 5% degli EE esprime CK e focalmente l actina muscolare. La diagnosi differenziale si pone con l angiosarcoma epitelioide, l angioma epitelioide, il sarcoma epitelioide, l adenocarcinoma metastatico e il melanoma. La prognosi dell EE dei tessuti molli è migliore rispetto a quella dell EE a primitività viscerale. Nelle serie studiate che includono sia la forma classica che quella atipica, emerge che si hanno recidive locali nel 0-5% dei casi, metastasi nel 0-0%, di cui il 50% linfonodali e che la mortalità è del 0-0%. Per EE a primitività viscerale la mortalità varia dal 40% al 65%. Inoltre, l analisi separata della forma classica mostra una percentuale di metastasi del 7% e una mortalità del %. In particolare, se si considera la cute, l EE ha tendenza a recidivare, raramente metastatizza nei linfonodi e, al momento, non sono noti casi di morte per malattia. Ciò suggerisce una prognosi più favorevole per le lesioni cutanee superficiali. La neoplasia va asportata completamente e va effettuato un accurato controllo dei linfonodi. Il termine emangioendotelioma hobnail (EH) comprende il tumore di Dabska (TD) e l emangioendotelioma retiforme, due entità strettamente correlate tra loro sia dal punto di vista istologico che prognostico. L EH colpisce un ampio spettro di età, sebbene lesioni con aspetti classici del TD siano più frequenti nei bambini, mentre l ER interessa giovani adulti e adulti. Si manifesta sulle estremità (50% dei casi) e su testa, collo e tronco. Raramente si sono osservate altre localizzazioni (milza, lingua). Il TD può insorgere nell ambito di malformazioni o di neoplasie vascolari benigne, mentre l ER si può associare a linfedema o a pregressa irradiazione. Clinicamente si osserva una placca mal definita di colorito violaceo. Il TD è caratterizzato da spazi vascolari ben formati rivestiti da cellule endoteliali cuboidali con nuclei ipercromatici che sporgono nel lume dei vasi, con il caratteristico aspetto hobnail che si aggregano intorno ad assi ialini, formando strutture papillari simil glomerulari. Il tessuto connettivo tra i vasi è ialino e contiene linfociti. L ER è costituito da spazi vascolari allungati che ricordano la rete testis, che crescono nel derma e nell ipoderma. I vasi sono rivestiti da cellule endoteliali hobnail con minore tendenza a formare papille intravascolari. Si osserva sclerosi ialina perivascolare con infiltrato linfocitario. L immunofenotipo del TD e dell ER è sovrapponibile. Le cellule esprimono CD4 e meno intensamente FVIII e CD. La diagnosi differenziale si pone con l emangioma hobnail, l iperplasia endoteliale papillare e con l angiosarcoma ben differenziato. Gli EH recidivano nel 60% dei casi e metastatizzano nei linfonodi in meno del 0% dei casi. L emangioendotelioma kaposiforme (EK) colpisce la prima infanzia fino alla I decade e, più raramente, l età adulta. La sede più frequente è il retroperitoneo, seguito da cute e sottocute. Le lesioni cutanee si possono presentare come placche violacee mal definite a rapida crescita o come teleangectasie. I tumori di maggiori dimensioni si associano quasi sempre alla sindrome di Kasabach-Merritt (coagulopatia da consumo). L EK ha una crescita plurinodulare infiltrativa data da spazi vascolari sottili, a fessura, commisti ad aggregati nodulari di cellule endoteliali con pochi lumi e a proliferazione di cellule fusate. A volte i noduli contengono nidi glomeruloidi di cellule endoteliali epitelioidi con ampio citoplasma eosinofilo con granuli di emosiderina, globuli ialini e vacuoli citoplasmatici. Si possono osservare microtrombi ed emazie frammentate. Non si osservano atipie cellulari, mitosi, o infiltrato infiammatorio. Le cellule esprimono CD4, CD e debolmente FVIII. La diagnosi differenziale si pone con l angioma capillare dell infanzia, con il sarcoma di Kaposi e con il tufted angioma. La prognosi dell EK è legata alla sede e alle dimensioni della lesione. Quelle retroperitoneali hanno la prognosi peggiore perché sono le più estese, difficilmente resecabili chirurgicamente e si associano a coagulopatia da consumo. Le lesioni cutanee e dei tessuti molli più superficiali e meno estese vengono trattate con l ampia escissione chirurgica. Lesioni non aggredibili chirurgicamente sono trattate con farmaci sistemici e radioterapia. Tra gli EE, l emangioendotelioma composito (EEC) è quello più recentemente descritto. È una neoplasia rara che colpisce principalmente mani e piedi, in età adulta. Si manifesta come una massa infiltrativa a lenta crescita, del diametro variabile da 0,7 a cm con colorazione rosso-violacea della cute. È una lesione infiltrativa che interessa il derma e il tessuto sottocutaneo. È composta dall alternarsi e mescolarsi di aspetti tipici di altre neoplasie vascolari: emangioendotelioma epitelioide, e. retiforme, emangioma a cellule fusate, angiosarcoma ben differenziato, angioma, malformazione arterovenosa. In molti casi si osservano aggregati di cellule endoteliali vacuolate con aspetto pseudolipoblastico. Raramente sono presenti aree simil angiosarcoma di alto grado. Nello stroma sono presenti aggregati linfoplasmacellulari e depositi di emosiderina. L EEC esprime CD, CD4 e FVIII. Dei casi noti, cir-

8 0 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS ca il 50% ha dato recidive locali, mentre un solo caso ha dato metastasi linfonodali. Tutti i casi sono stati trattati con l escissione chirurgica ampia, talvolta fino all amputazione della zona interessata, senza l impiego di radio o chemioterapia. Enzinger FM, Weiss SW. Hemangioendothelioma:vascular tumors of intermediate malignancy. In: Soft Tissue Tumors 4 th ed. St Louis: CV Mosby; 00, p Enzinger FM, Weiss SW. Malignant vascular tumors. In: Soft Tissue Tumors 4 th ed. St Louis: CV Mosby; 00, p Enzinger FM, Weiss SW. Benign tumors and tumor-like lesions of blood vessels. In: Soft Tissue Tumors 4 th ed. St Louis: CV Mosby; 00, p Requena L, Sangueza OP. Cutaneous vascular proliferations. Part III. Malignant neoplasms, other cutaneous neoplasms with significant vascular component, and disorders erroneously considered as vascular neoplasms. J Am Acad Dermatol 998;8: Forschner A, Harms D, et al. Ulcerated epithelioid hemangioendothelioma of the foot in childhood. J Am Acad Dermatol 00;49:-6. 6 Roh HS, Kim YS, et al. A case of childhood epithelioid hemangioendothelioma. J Am Acad Dermatol 000;4: Grezard P, Balme B, et al. Ulcerated cutaneous epithelioid hemangioendothelioma. European Journal of Dermatology 999;9: Kato N, Tamura A, et al. Multiple cutaneous epithelioid hemangioendothelioma: a case with spindle cells. The Journal of Dermathology 998;5: Mentzel T, Beham A, et al. Epithelioid hemangioendothelioma of skin and soft tissues: clinicopathologic and immunohistochemical study of 0 cases. The American Journal of Surgical Pathology 998;5: Chu CY, Hsiao CH, et al. Transformation between kaposiform hemangioendothelioma and tufted angioma. Dermatology 00;06:4-7. Giannotti R, Gelmetti C, et al. Congenital cutaneous multifocal kaposiform hemangioendothelioma. The American Journal of Dermatopathology 999;:557. Beaubien ER, Nigel J, et al. 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Dermatology 000;0:-5. 0 Quecedo E, Martinez-Escribano JA, et al. Dabska tumor developing within a preexisting vascular malformation. The American Journal of Dermatology 996;8:0-07. Fukunaga M, Ushigome S, et al. Endovascular papillary angioendothelioma like tumor associated with lymphoedema. Histopathology 995;7:4-49. Calonje E, Fletcher CDM, et al. Retiform hemangioendothelioma. The American Journal of Surgical Pathology 994;8:5-5. Reis-Filho JS, Paiva ME, et al. Congenital composite hemangioendothelioma: case report and reappraisal of the hemangioendothelioma spectrum. J Cutan Pathol 00;9:6-. 4 Nayler SJ, Rubin BP, et al. Composite hemangioendothelioma. The American Journal of Surgical Pathology 000;4:5-6. I margini di resezione nei tumori cutanei: un problema per il chirurgo e per il patologo G. Leigheb Clinica Dermatologica, Università del Piemonte Orientale A. Avogadro, Ospedale Maggiore della Carità, Novara Una stretta collaborazione tra clinico e patologo dovrebbe sempre essere condizione indispensabile al fine di una diagnosi più corretta e più rapida con risparmio di energie; ciò è tanto più vero quanto più vengano coinvolti i singoli specialisti in rapporto alla specifica patologia in esame. Al contrario, il colloquio del patologo col chirurgo generale che ha asportato una lesione nevica o un carcinoma cutaneo rischia di essere sterile in quanto l operatore non ha specifiche conoscenze (competenze cliniche ed istopatologiche) su quelle affezioni. Ne consegue che i margini di resezione sono talora affidati al caso e spesso sono in difetto. In ogni caso l escissione di lesioni maligne cutanee primitive può portare ad errori evitabili sia da parte del chirurgo sia del patologo: si pongono, infatti, problemi di margini di sicurezza e di documentata persistenza di neoplasia ai margini dell exeresi. A tal proposito due sono i criteri di maggior garanzia di radicalità: ) Il dermochirurgo dopo aver formulato la diagnosi clinica, ricorrendo ad eventuale biopsia incisionale deve ricorrere a sperimentati protocolli terapeutici chirurgici che indicano l ampiezza dei margini di exeresi in rapporto alla natura e alla fase evolutiva della neoplasia; ) Il patologo deve formulare la diagnosi istologica ed anche il giudizio di escissione più o meno completa della lesione. Purtroppo, non potendo eseguire sezioni seriate su tutto il pezzo operatorio egli darà un giudizio di negatività dei margini di escissione anche quando una neoplasia infiltra oltre tali margini in sedi non comprese nei cosiddetti tagli ortogonali convenzionali. Di conseguenza nel referto istologico non sarà corretto esprimere giudizio di radicalità di escissione bensì è da preferirsi la dizione di exeresi compresa entro i margini di escissione nelle sezioni esaminate. Tali problematiche sono particolarmente pesanti nel caso delle neoplasie maligne cutanee più frequenti come tipicamente il carcinoma basocellulare (C.B.) dell estremo cefalico dove, in rapporto all elevatissimo numero di pazienti giornalmente trattati, le possibilità di errore diventano statisticamente rilevanti. Fattori di particolare rischio sono rappresentati da talune regioni anatomiche come le pliche cutanee del volto ove alcuni tipi di C.B. hanno evoluzione particolarmente aggressiva ed infiltrante. In quelle sedi infatti è più difficile il controllo dei margini della neoplasia. Mancanza di rispetto dei margini di sicurezza ed esame istologico incompleto sono la causa più comune e dilagante delle cosiddette recidive di carcinoma basocellulare. In effetti non si tratta di recidive ma di exeresi incomplete o di referti istologici incompleti, ossia di casi per cui non è raggiunta la radicalità. Il problema è ancor più scottante in situazioni di contenziosi medico-legali. Per quanto concerne la patologia neoplastica cutanea più difficile è raggiungibile un affinamento tecnologico al fine di un referto più circostanziato. Le possibilità sono offerte dalla marcatura dei margini di exeresi con coloranti e dalla topografizzazione del pezzo operatorio o, ancor meglio, dalla tecnica microtopografica di Mohs. Vengono presentati casi esemplificativi e dimostrativi dei vantaggi di tali metodiche, frutto di attività collaborativa tra dermatologo ed istopatologo.

9 PATHOLOGICA 004;96:0-05 Patologia respiratoria non neoplastica Moderatori: G. Barbolini (Modena) e B. Murer (Mestre) Patologia polmonare da micobatteri e actinomicetaceae G. Barbolini, G. Rossi Dipartimento Integrato di Servizi Diagnostici, di Laboratorio e di Medicina Legale, Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Gli Actinomicetali comprendono, oltre alle Micobacteriaceae, anche le Actinomicetaceae, le Nocardiaceae e le Termoactinomicetaceae. L appartenenza di questi batteri ad uno stesso ordine implica il loro pneumotropismo e la condivisione di alcune peculiari caratteristiche (ad es. l alcole-acidoresistenza) intercorrenti tra batteri di genere diverso (micobatteri, nocardie e rodococchi). In caso di flogosi cronica granulomatosa necrotizzante tubercoloide l identificazione di actinomiceti, nocardie e rodococchi è generalmente ottenuta mediante una batteria di colorazioni (PAS, Grocott, Giemsa, Gram). All interno di questa famiglia di microrganismi patogeni per l uomo, l infezione da micobatteri (e la tubercolosi in particolare) rappresenta senza dubbio ancora oggi la patologia prominente ed una sfida diagnostica formidabile. Nonostante sia una malattia conosciuta da millenni, l Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno siano circa 8 milioni i nuovi casi e che milioni di persone muoiano a causa di questa malattia. I dati si riferiscono principalmente a paesi in via di sviluppo dove le risorse sanitarie per combattere l infezione sono estremamente ridotte e l infezione da virus dell immunodeficienza acquisita (HIV) è tuttora endemica. Tuttavia, il 0-40% della popolazione mondiale è portatore del M. tubercolosis e, di conseguenza, la tubercolosi rimane un problema sociale anche nei paesi industrializzati, dove, dopo un marcato decremento nell incidenza sino a metà degli anni 80, si è registrata una ripresa della malattia in seguito a forme epidemiche legate alla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), all incremento dei flussi migratori da Paesi in via di sviluppo, ed all aumento del numero di persone anziane e di soggetti immunodepressi a seguito di terapie adottate principalmente in corso di neoplasie e trapianti. Inoltre, l aumento di malattie croniche come le malattie polmonari ostruttive e restrittive, l alcolismo, il diabete, le malattie autoimmuni collageno-vascolari, le pneumoconiosi, la fibrosi cistica, e i tumori polmonari, costituiscono importanti fattori predisponenti all infezione da M. tubercolosis o di altri micobatteri opportunistici non tubercolari. Più recentemente, è stato dimostrato come anche il frequente e spesso inopportuno utilizzo di farmaci potenzialmente immunosoppressori (come corticosteroidi a basso dosaggio) possa rappresentare un importante fattore per lo sviluppo di infezioni, compresa quella da micobatteri 4. I micobatteri patogeni non tubercolari, riportati in letteratura con varie dizioni (atipici, anonimi, opportunistici, paratubercolari), sono attualmente indicati come MOTT (acronimo di Mycobacterium Organisms Other Than Tuberculosis). Si tratta di un modello in espansione di patologia ambientale dove l habitat prevalente è all interfaccia acqua/aria e la porta d ingresso dell infezione è generalmente rappresentata dalle vie respiratorie e dal tratto gastrointestinale. Oltre che in soggetti immunocompromessi, l infezione da MOTT (in particolare da M. avium) insorge genralmente in maniera insidiosa anche in soggetti immunocompetenti 5. Proprio per questo, da un lato molte ricerche sono impegnate nell individuazione di nuovi test che possano predire l infezione latente da M. tubercolosis. A questo proposito va segnalata l approvazione negli Stati Uniti da parte della FDA di un test diagnostico in vitro, QuantiFE- RON-TB, che misura l interferone-gamma rilasciato dai linfociti sensibilizzati del sangue intero incubato con il derivato proteico di M. tubercolosis che costituisce già il test più specifico e sensibile di infezione tubercolare latente 6. Dall altro, rimane comunque imprescindibile il ruolo del patologo nell identificare il micobatterio in campioni cito-istologici. Sebbene la diagnosi possa essere generalmente raggiunta nel 50-80% circa dei prelievi ottenuti da espettorato e lavaggio bronco-alveolare o da biopsie bronchiali mediante l utilizzo di semplici metodiche istochimiche (Ziehl-Neelsen con fucsina basica e Kinyoun, o tecnica a fluorescenza con colorazione auramina-rodamina), nei casi in cui la carica micobatterica sia ridotta, queste colorazioni possono risultare falsi negativi in una significativa percentuale di casi. A livello polmonare, oltre alla tubercolosi primaria ed alle classiche forme di tubercolosi post-primaria (larvata, essudativa o ulcero-caseosa, miliarica, areattiva, bronchiale o neoplastiforme), vale la pena di sottolinearne una cosiddetta paucibacillare che può presentarsi anche in sedi extra-polmonari. Recentemente, infatti, abbiamo osservato diversi casi di processi granulomatosi necrotizzanti e non in soggetti immunocompetenti con aspetti morfologici fortemente sospetti per infezione da micobatteri, peraltro clinicamente e radiologicamente misconosciuta ed in cui non erano stati effettuati prelievi per esame colturale microbiologico. Solamente l analisi mediante PCR per identificare sequenze di DNA dei micobatteri del complesso tubercolare (M. tuberculosis, M. bovis, M. africanum) o del complesso Avium (MAC) o complesso Avium-Intracellulare (MAI) con sonda specifica IS60 ed IS0, rispettivamente, ci aveva permesso di confermare che il processo granulomatoso era imputabile ad una infezione micobatterica. Va sottolineato, a questo proposito che i comuni liquidi di fissazione utilizzati nei laboratori (formalina tamponata) ed i tempi prolungati di fissazione per la conservazione dei prelievi cito-istologici possono incidere nel mantenere integri i micobatteri e permetterne la loro identificazione nei tessuti 7. In questi casi, metodiche di PCR riescono ad amplificare segmenti specifici di DNA del micobatterio anche in casi di prolungata fissazione e possono risultare essenziali nell identificazione dei microrganismi 8 9. WHO Report on the Tuberculosis, Geneve, Switzerland, 996. Sudre P, et al. Bull World Health Org 99;70: ATS and CDC. Am J Respir Crit Care Med 000;6: Agusti C, et al. Chest 00;: Khoor A et al. Am J Clin Pathol 00; 5: Mazurek GH et al. JAMA 00; 86: Fukunaga H, et al. Am J Respir Crit Care Med 00;66: Schluger NW. Am J Respir Crit Care Med 00;64: Selva E, et al. Pathology 004;6:77-8.

10 04 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS Patologia polmonare iatrogena M. Barbareschi, A. Cavazza * U.O. Anatomia Patologica, Ospedale S. Chiara, Trento; * U.O. Anatomia patologica, Ospedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia Il polmone è frequentemente coinvolto in reazioni a farmaci, anche se il patologo solo raramente viene coinvolto nel processo diagnostico in quanto generalmente i pazienti non vengono sottoposti a procedure bioptiche. Peraltro è di importanza fondamentale sottolineare che, anche quando il paziente viene sottoposto a procedure bioptiche, la diagnosi di reazione polmonare a farmaci è sostanzialmente una diagnosi anatomo-clinica e che la funzione del patologo è quella di fornire uno dei vari tasselli che servono a chiarire il mosaico. Da un punto di vista classificavo le reazioni polmonari possono essere suddivise in effetti diretti ed indiretti. I primi sono poi ulteriormente suddivisibili in effetti tossici ed idiosincrasici. Gli effetti diretti tossici sono generalmente associati ad una relazione dose-effetto e ad una azione diretta del farmaco sui tessuti, ed un esempio può essere rappresentato dal danno dovuto agli agenti chemioterapici. Gli effetti diretti idiosincrasici, viceversa, sono indipendenti dalla dose e connessi spesso ad una reazione dell organismo al farmaco somministrato. Chiaramente si tratta di una suddivisione non sempre netta e alcuni farmaci possono agire con uno o l altro meccanismo a seconda delle situazioni e talora mescolando i due effetti. Gli effetti indiretti sono invece dovuti non tanto alla azione del farmaco sul tessuto polmonare quanto sull organismo intero con conseguenti effetti secondari sul polmone. Esempi di tali condizioni possono essere le infezioni opportunistiche nei pazienti in terapia immunosoppressiva, le complicazioni tromboemboliche, e la aspirazione di materiale gastrico durante terapie con sedazione centrale. Dal punto di vista della evoluzione temporale possiamo individuare effetti precoci e tardivi, indicando con i primi gli effetti che si manifestano durante la assunzione del farmaco e con i secondi gli effetti che si manifestano a distanza di tempo dalla cessazione di assunzione del farmaco. Gli effetti precoci possono poi manifestarsi sia all atto della assunzione del farmaco oppure dopo un variabile periodo di tempo durante il quale il farmaco viene assunto (p.es.: effetto di accumulo). Gli aspetti (patterns) istologici associati alle reazioni ai farmaci sono estremamente vari, ed un importante considerazione è che un certo farmaco può determinare più quadri istopatologici e che un singolo quadro istopatologico può essere causato da farmaci diversi. Un interessante strumento per valutare rapidamente la possibilità che un certo farmaco possa determinare un danno polmonare è costituito dal sito web del Groupe d Etudes de la Pathologie Pulmonaire Iatrogène, che consente di interrogare un esauriente ed aggiornato database sui farmaci e sulle lesioni polmonari ad essi associate. Va ulteriormente sottolineato che la maggior parte delle reazioni polmonari sono non-specifiche e che la diagnosi deve essere sostenuta fondamentalmente da considerazioni di tipo clinico-anamnestico. Esistono tuttavia alcuni rari aspetti istopatologici sufficientemente caratteristici che possono per lo meno suggerire la possibilità di un danno da farmaci. Questo è il caso per esempio della tossicità da amiodarone: il farmaco comporta infatti l accumulo di fosfolipidi nei macrofagi alveolari e nei pneumoniti di II tipo; tale effetto (anche se non necessariamente segno di tossicità) può essere un elemento che, in un adeguato contesto, può porre il sospetto di tossicità da amiodarone. Una ultima considerazione riguarda i criteri per la diagnosi di tossicità polmonare. Possiamo così riassumerli: ) il farmaco deve essere stato assunto con una relazione temporale con la reazione polmonare; ) altre cause di patologia polmonare devono essere escluse; ) la reazione polmonare si riduce o scompare con la sospensione del farmaco; 4) il farmaco è l unico ad essere stato somministrato al paziente; 5) l aspetto clinico, radiologico ed istopatologico sono compatibili con l effetto del farmaco in questione. Difficilmente tutti questi criteri possono essere soddisfatti e quindi molto spesso la diagnosi deve essere considerata come sospetta, compatibile o probabile a seconda delle situazioni. Patologia polmonare in corso di collagenopatie A. Cavazza Unità Operativa di Anatomia Patologica, Ospedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia Considerazioni generali -4 ) Una patologia polmonare subclinica è frequente. Ad esempio, la metà circa dei pazienti con artrite reumatoide dimostra anomalie funzionali, al BAL, alla TAC o all istologia, ma solo il 5% presenta sintomi polmonari. ) La patologia polmonare può precedere le manifestazioni sistemiche. ) Esiste una notevole sovrapposizione istologica tra le diverse collagenopatie. Tutte le componenti del lobulo polmonare possono essere coinvolte, anche se con diversa frequenza: la patologia pleurica prevale nell artrite reumatoide e nel lupus, la patologia parenchimale in tutte le collagenopatie, la patologia vascolare nel lupus e nella sclerodermia e la patologia bronchiale/bronchiolare nell artrite reumatoide e nel Sjögren. 4) In nessun caso l istologia è specifica di collagenopatia: qualunque quadro istologico compatibile con collagenopatia può essere sostenuto anche da altre malattie. Stabilire se un paziente con patologia polmonare è affetto o meno da connettivite (e a maggior ragione classificare l eventuale connettivite presente) spetta al reumatologo, non al patologo. 5) I seguenti aspetti istologici sono più frequenti nelle connettiviti: interstiziopatia con pattern polmonite interstiziale non specifica (NSIP) o polmonite interstiziale linfocitaria (LIP), numerose plasmacellule interstiziali, follicoli linfoidi, noduli necrotici polmonari o pleurici compatibili con noduli reumatoidi, corpi ematossilinofili nel liquido pleurico, coesistenza di lesioni pleuriche e parenchimali e più in generale di patologie multiple, tanto che può essere difficile classificare esattamente la lesione. In presenza di questi aspetti il patologo deve comunicare al clinico la possibilità di una collagenopatia, tenendo tuttavia presente che nessuno è diagnostico. 6) Mentre nelle interstiziopatie idiopatiche prevale il pattern polmonite interstiziale usuale (UIP), nelle interstiziopatie in corso di connettivite il pattern più frequente è la NSIP ) La prognosi delle interstiziopatie in connettivite è migliore rispetto alla prognosi delle forme idiopatiche. Ciò è dovuto sia alla prevalenza nelle connettiviti della NSIP (cioè di un pattern a prognosi più favorevole rispetto alla UIP), sia al fatto che la UIP in corso di connettivite ha una prognosi migliore rispetto alla UIP idiopatica ) Patologie polmonari secondarie alla terapia e complicanze della malattia di base devono essere tenute presenti nel paziente con collagenopatia. In questo contesto, il ruolo del pa-

11 PATOLOGIA RESPIRATORIA NON NEOPLASTICA 05 tologo consiste nel contribuire ad escludere un infezione opportunistica, tenendo presente che l agente infettivo può essere nascosto e la sua ricerca deve essere meticolosa. Una seconda importante considerazione diagnostica è un danno da farmaci, la cui istologia è aspecifica e non differenziabile con sicurezza da una connettivite. Altre possibilità da tenere presenti sono una polmonite da aspirazione (che è una causa importante di morbilità e di mortalità soprattutto nei pazienti con polimiosite/dermatomiosite), un amiloidosi e una neoplasia (carcinoma e linfoma, più frequenti rispettivamente nella sclerodermia e nel Sjögren). 9) Nel campo del polmone reumatologico, l istologia da sola è spesso ambigua e in tutti i casi è indispensabile correlarla attentamente con il quadro clinico. Singole entità La patologia toracica più frequente nell artrite reumatoide - è la pleurite, che ha in genere un istologia aspecifica e solo occasionalmente ricorda la morfologia del nodulo reumatoide. La patologia parenchimale interstiziale si esprime più spesso con i patterns NSIP, UIP o polmonite in organizzazione (BOOP), talvolta associati a follicoli linfoidi. La patologia bronchiale/bronchiolare non è rara: nella bronchiolite può prevalere la componente infiammatoria (bronchiolite cellulata o follicolare) oppure la componente cicatriziale (bronchiolite costrittiva, clinicamente più grave). I noduli reumatoidi sono infrequenti, in genere multipli e asintomatici. Sulla base della sola istologia è in molti casi impossibile differenziarli con sicurezza da noduli necrotici infettivi o dal Wegener. Anche nel lupus eritematoso sistemico 0 la patologia toracica più frequente è la pleurite. La patologia parenchimale più tipica è il danno alveolare diffuso (DAD), il cui riscontro deve indurre ad escludere con rigore un infezione. Complicanza infrequente ma temibile è l emorragia alveolare diffusa, mentre un interstiziopatia cronica clinicamente significativa, più spesso con pattern NSIP, complica il decorso dei pazienti con lupus nel -% dei casi, ma raramente è severa. La patologia bronchiale/bronchiolare è infrequente, mentre è importante la patologia vascolare, che può assumere l aspetto di una vasculite o di una malattia trombo-embolica. Le lesioni pleuro-polmonari più tipiche della sclerodermia 6 sono un interstiziopatia con pattern NSIP fibrosante e alterazioni vascolari di tipo ipertensivo. Nella polimiosite/dermatomiosite, la più frequente localizzazione polmonare consiste in un interstiziopatia con pattern NSIP, sia cellulata che fibrosante. In serie recenti 7 8, la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con interstiziopatia in corso di polimiosite/dermatomiosite è risultata del 60% e 50%. La lesione polmonare più tipica del Sjögren consiste nell accumulo di linfociti e plasmacellule, che possono localizzarsi nella parete dei bronchioli (bronchiolite cellulata o follicolare), lungo le vie linfatiche (iperplasia linfoide diffusa), oppure espandere l intero interstizio (LIP). Travis WD, Colby TV, Koss MN, et al. Atlas of nontumor pathology. Non neoplastic disorders of the lower respiratory tract. ARP & AFIP, Washington 00. Colby TV, Carrington CB. Interstitial lung disease. In: Thurlbeck WM, Churg AM. Pathology of the lung. Thieme, New York 995. Wells AU. Lung disease in association with connective tissue diseases. Eur Respir Mon 000;4: Nicholson AG, Colby TV, Wells AU. Histopathological approach to patterns of interstitial pneumonia in patients with connective tissue disorders. Sarcoidosis Vasc Diff Lung Dis 00;9: Nakamura Y, Chida K, Suda T, et al. Nonspecific interstitial pneumonia in collagen vascular disease: comparison of the clinical characteristics and prognostic significance with usual interstitial pneumonia. Sarcoidosis Vasc Diff Lung Dis 00;0: Kim SD, Yoo B, Lee JS, et al. The major histopathologic pattern of pulmonary fibrosis in scleroderma is non-specific interstitial pneumonia. Sarcoidosis Vasc Diff Lung Dis 00;9:-7. 7 Douglas WW, Tazelaar HD, Hartman TE, et al. Polymiositis-dermatomyositis-associated interstitial lung disease. Am J Respir Crit Care Med 00;64: Cottin V, Thivolet-Béjui F, Reynaud-Gaubert M, et al. Interstitial lung disease in amyopathic dermatomyositis, dermatomyositis and polymyositis. Eur Respir J 00;: Flaherty KR, Colby TV, Travis WD, et al. Fibroblastic foci in usual interstitial pneumonia. Idiopathic versus collagen vascular disease. Am J Respir Crit Care Med 00;67: Keane MP, Lynch JP III. Pleuropulmonary manifestations of systemic lupus erythematosus. Thorax 000;55:59-66.

12 PATHOLOGICA 004;96:06-0 La biopsia ossea nelle lesioni neoplastiche e non neoplastiche dello scheletro Moderatori: F. Bertoni (Bologna) e C. Della Rocca (Roma) Problemi generali di diagnostica istopatologica su biopsia pertinente a materiale osseo C. Della Rocca Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università di Roma La Sapienza Nell approccio diagnostico istopatologico su biopsia pertinente a materiale osseo vanno considerati preliminarmente una serie di problemi che solo in parte si riscontrano su prelievi bioptici relativi ad altri tessuti. Tali problemi vengono di seguito schematicamente riportati. Inerenti al prelievo Mancanza delle lesione nel materiale prelevato Le difficoltà di prelievo anche radiologicamente mirato, consistenti principalmente nella ricostruzione tridimensionale della lesione, nella profondità della stessa e nella durezza delle barriere da superare, aumentano il rischio di fallimento del prelievo. Limitatezza del materiale rappresentativo della lesione Le stesse difficoltà ricordate al punto precedente possono inficiare la rappresentatività del prelievo Presenza di artefatti da prelievo La necessità di superare barriere dure porta di frequente ad artefatti da schiacciamento e da frammentazione Inerenti il trattamento del materiale bioptico Inadeguatezza o mancanza del fissativo Tale problema non è diverso da quello riscontrabile in altri tessuti Inadeguatezza della decalcificazione Decalcificazioni troppo corte o troppo lunghe, o inopportune causano importanti artefatti di taglio e di colorazione, nonché di interpretazione diagnostica Mancanza della post-fissazione La mancanza di post-fissazione in formalina tamponata, necessaria per ristabilire la reattività dei gruppi acidi e basici rende le colorazioni di routine, e non, scarsamente attendibili. Difficoltà nel taglio delle sezioni istologiche Nonostante decalcificazioni opportune il taglio del tessuto osseo, soprattutto se con corticale molto rappresentata, non è sempre facile e può introdurre gravi artefatti. Difficoltà nelle colorazioni istologiche La colorabilità delle sezioni dipende in gran parte dai trattamenti precedenti alle stesse. Inerenti l interpretazione del reperto Carenza di notizie cliniche Tale problema non è diverso da quello riscontrabile in altri tessuti, sebbene nella diagnostica delle lesioni ossee il quadro clinico sia più spesso determinante nel poter formulare una diagnosi circostanziata. Mancanza del reperto radiografico Non andrebbe resa diagnosi circostanziata in assenza del reperto radiografico in visione, che non solo in biopsia rappresenta una macroscopica virtuale, ma soprattutto da informazioni sulle modalità di crescita della lesione, fondamentali per l interpretazione diagnostica. Esperienza del patologo La patologia ossea indagata su biopsia è di solito rara, quindi non si deve esitare a chiedere revisione esperta in caso di dubbio diagnostico, anche se minimo. Inerenti le caratteristiche proprie della lesione Lesioni di intrinseca difficoltà diagnostica Molte lesioni ossee rappresentano difficoltà intrinseche di interpretazione a causa del peculiare ambiente in cui crescono. Lesioni di grandi dimensioni con variabilità al loro interno Per le difficoltà di prelievo ricordate, il campionamento di lesioni di grandi dimensioni può non essere adeguato. Lesioni complesse con aspetti istologici multipli Non è raro, in patologia ossea, che una stessa lesione presenti aspetti istologici multipli con produzione di tessuti scheletrici diversi e con diversa maturazione. Lesioni border-line Tale problema non è diverso da quello riscontrabile in altri tessuti. Lesioni di incerto significato biologico A volte in patologia ossea può essere difficile stabilire non solo il comportamento, ma anche il significato biologico, neoplastico o non, di una lesione. Conclusioni La diagnostica bioptica delle lesioni ossee soffre sia delle difficoltà inerenti il prelievo e la lavorazione di un tessuto così peculiare che di quelle inerenti l interpretazione del reperto istologico e le caratteristiche intrinseche di lesioni spesso con aspetti diversi e con possibilità evolutive non sempre prevedibili. È verosimile, inoltre, che l utilizzo di tecniche bioptiche sempre meno invasive in certi casi aumenti la possibilità di errore, soprattutto in assenza di quel contatto stretto tra clinici, radiologi e patologi essenziale da sempre in tale campo della patologia umana. L affinamento delle tecniche bioptiche e il miglioramento dell organizzazione dell approccio interdisciplinare possono diminuire sensibilmente il rischio dell errore diagnostico I tipi di biopsia F. Bertoni Università di Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli Alla base della manovra bioptica ci deve essere conoscenza adeguata delle immagini clinico-radiografiche della patologia e del trattamento dei tumori dell osso da parte dell esecutore. Funzione della biopsia è ottenere materiale adeguato per la diagnosi istologica e di non diffondere la lesione in esame o provocare voluminosi ematomi che costituiscono a loro volta vie di disseminazione della lesione -. La potenziale contaminazione dei tramiti bioptici (con ago o incisionali) impone l asportazione del tramite medesimo insieme alla lesione neoplastica maligna o benigna aggressiva. Le tecniche bioptiche correttamente in uso sono: biopsie con ago fine biopsie con trocar biopsie incisionali biopsie al congelatore

13 LA BIOPSIA OSSEA NELLE LESIONI NEOPLASTICHE E NON NEOPLASTICHE Huvos AG. Bone Tumors - Diagnosis, treatment and prognosis. Second Edition W.B.Saunders Company, 99. Unni KK. Dahlin s Bone Tumor - General aspects and data on.087 cases. Fifth Ed, Lippincott-Raven Publishers, 996. Campanacci M. Bone and Soft Tissue Tumors. nd Edition. Piccin Nuova Libraria, Padova; Springer-Verlag, Wien, New York, 999. La biopsia ossea nelle malattie metaboliche dell osso E. Bonucci Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università di Roma La Sapienza Le osteopatie metaboliche sono affezioni conseguenti ad alterazioni del rimodellamento, o rimaneggiamento, del tessuto osseo. Con questa denominazione si fa riferimento ad un processo fisiologico di demolizione-ricostruzione ossea dipendente dall attività delle cosiddette Unità Multicellulari di Base (generalmente indicate con l acronimo inglese BMU). Trattasi di complessi multicellulari effimeri (la loro durata media è intorno ai 4 mesi) che nell adulto si formano su aree microscopiche dell endostio ed evolvono attraverso le seguenti fasi funzionali, ciascuna caratterizzata da un diverso tipo cellulare: ) fase di attivazione, durante la quale uno o più osteoclasti sono attivati e richiamati sulla superficie endostale; ) fase di riassorbimento, durante la quale tali osteoclasti riassorbono una parte della matrice calcificata con formazione di una lacuna di erosione, o di Howship; ) fase di reversione, durante la quale gli osteoclasti scompaiono e sono sostituiti da cellule post-osteoclastiche le quali, a tutt oggi poco caratterizzate, sembrano sintetizzare la linea cementante che tappezza il fondo della lacuna di erosione; 4) fase di riparazione, durante la quale osteoblasti attivi sostituiscono le cellule post-osteoclastiche e sintetizzano tanta matrice ossea quanta occorre per riparare la lacuna di Howship. L attività osteoclastica è dunque in equilibrio con quella osteoblastica cosicché, al termine della funzione della BMU, non si riscontra alcuna variazione volumetrica dell osso e solo la presenza della linea cementante resta a documentare l avvenuto processo di demolizione-ricostruzione ossea. Il rimodellamento osseo, che si svolge prevalentemente sulle superfici endostali dell osso spugnoso, metabolicamente più attivo dell osso compatto, è dipendente da stimoli di natura metabolica e di natura meccanica. Tra i primi ha un ruolo preminente la regolazione della calcemia. La concentrazione ematica di calcio può infatti essere aumentata allorché gli ioni calcio che derivano dal riassorbimento della matrice calcificata possono passare nel circolo sanguigno. Tra i secondi, è importante il movimento e la funzione muscolare, perché il mantenimento della normale attività delle cellule ossee è in gran parte dipendente dalle forze meccaniche che si esercitano sul tessuto, come dimostra la perdita di volume osseo che si verifica con l inattività fisica (nel soggiorno prolungato a letto, nelle fasciature gessate, per mancanza di gravità quale si riscontra negli astronauti). Il normale equilibrio osteoclastico-osteoblastico è regolato e mantenuto da un complesso sistema di fattori, generali e locali. Per quanto riguarda l osteoclasto, tra i fattori generali meritano menzione per la loro azione di stimolo soprattutto il paratormone (PTH) e il metabolita renale della vitamina D (,5(OH) D ) e, per l azione inibitrice, la calcitonina; tra i fattori locali, hanno azione stimolante le Interleukine (IL-, IL-6), il Tumor Necrosis Factor (TNF) e il Monocyte-Macrophage Colony Stimulating Factor (M-CSF), in assenza del quale la differenziazione dell osteoclasto non si verifica, mentre hanno azione inibitrice l Interferon-gamma (IGF-γ), il Trasforming Growth Factor (TGF-β) e, soprattutto, l osteoprotegerina (OPG). Questa inibisce l attivazione degli osteoclasti in quanto funziona come recettore adescatore (decoy receptor) per RANKL (receptor activator of NFkappaB ligand) e ne impedisce il legame con RANK, il recettore di membrana delle cellule preosteoclastiche, la cui stimolazione ad opera di RANKL, in presenza di M-CSF, dà inizio alla loro differenziazione in senso osteoclastico. Per quanto riguarda gli osteoblasti, hanno azione stimolante gli estrogeni e, tra i fattori locali, soprattutto quelli della superfamiglia del Transforming Growth Factor (TGF) e della Bone Morphogenetic Protein (BMP), mentre hanno azione inibitrice i glucocorticoidi. Qualsiasi alterazione di uno o più di tali fattori può determinare lo sviluppo di una osteopatia metabolica la quale può essere diagnosticata mediante agobiopsia ossea, eseguita a livello della cresta iliaca. L osso spugnoso di questa sede, facilmente aggredibile, è infatti ritenuto con buona approssimazione rappresentativo della situazione del resto dello scheletro. Il cilindro bioptico, pur nelle sue limitate dimensioni, consente di esaminare sia l osso compatto che quello spugnoso, nonché di apprezzare la cellularità del midollo osseo. Se adeguatamente trattato, esso permette non solo le consuete indagini istopatologiche, ma anche quelle istochimiche, immunoistochimiche e ultrastrutturali. Esso consente inoltre uno studio quantitativo istomorfometrico, il quale può essere basato sia su parametri statici di perimetri, superfici e volumi, sia su parametri dinamici ottenibili mediante la somministrazione di tetracicline e la misura delle marcature fluorescenti corrispondenti alla loro fissazione nelle aree di ossificazione. Si tenga presente comunque che già il semplice studio istopatologico offre elementi sufficienti ad una corretta diagnosi di osteopatia metabolica. Così un eccessivo riassorbimento osseo, quale si riscontra negli iperparatiroidismi, primitivi o secondari, è caratterizzato dall aumentato numero di osteoclasti attivi, eventualmente evidenziati mediante la reazione per l attività fosfatasica acida resistente al tartrato (TRAP), dalla presenza di profonde lacune di riassorbimento che possono apparire come ampie erosioni nel contesto delle trabecole (riassorbimento lacunare) o possono interromperne la continuità (riassorbimento dissecante), dalla presenza della cosiddetta fibrosi midollare (impropriamente denominata osteite fibrosa ). Una eccessiva attività osteoblastica, quasi sempre presente in questi casi e in tutti quelli contrassegnati da accentuato rimodellamento osseo, è facilmente individuabile non solo in base all aumentato numero di osteoblasti, eventualmente evidenziati mediante la reazione per la fosfatasi alcalina, ma anche per l eccessiva ampiezza del tessuto osteoide (iperosteoidosi) e per la maggior fissazione delle tetracicline. Il tessuto osteoide può essere aumentato anche nell osso osteomalacico a seguito della sua mancata calcificazione, ma in tal caso la fissazione delle tetracicline è diminuita. Al contrario, un ridotto rimodellamento osseo è contrassegnato dalla scarsa presenza o dall assenza di elementi osteoclastici e/o osteoblastici e dal fatto che le superfici endostali sono rivestite quasi esclusivamente dalle cellule piatte di rivestimento (cellule lining). In tal caso, si riscontra frequentemente una diminuzione del volume osseo, come si verifica tipicamente nelle osteoporosi primitive (senile, post-menopausale) e secondarie (da glucocorticoidi), o nella cosiddetta malattia adinamica dell osso del paziente uremico, che sembra conseguente ad una eccessiva inibizione iatrogena dell attività paratiroidea.

14 08 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS La biopsia nelle lesioni condrogeniche F. Bertoni Università di Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli I tumori condrogenici benigni nella casistica dell Istituto Rizzoli sono: osteocondroma (esostosi ): 77 (solitarie) e 74 (multiple) condroma: 48 (solitari) e 90 (multipli) condroblastoma: 5 fibroma condromixoide: 7 I tumori condrogenici maligni sono: condrosarcoma centrale: 500 condrosarcoma periferico: 6 condrosarcoma dedifferenziato centrale: 0 condrosarcoma mesenchimale: 0 condrosarcoma a cellule chiare: 6 Mentre nel condroblastoma ed nel fibroma condromixoide la biopsia con trocar può offrire abbastanza materiale per la diagnosi nel condroma la morfologia e la citologia non sono sufficienti per differenziare quest ultima lesione dal condrosarcoma a basso grado. Sono i caratteri clinico-radiografici che guidano la biopsia che deve essere incisionale quando la lesione assume caratteri di sospetta malignità. Nel condrosarcoma e varianti la biopsia con trocar e incisionale sono indifferentemente applicate. Le lesioni osteogeniche benigne C. Della Rocca Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università di Roma La Sapienza Per lesioni osteogeniche si intendono lesioni caratterizzate dalla capacità di deporre matrice ossea, più o meno calcificata; tali lesioni sono di solito caratterizzate dalla presenza preponderante di elementi osteoblastici o simil osteoblastici. Esse sono comunemente suddivise in benigne e maligne. La diagnosi differenziale, generalmente facile dal punto di vista clinico, radiologico e istologico, può porre problemi su biopsia, ove la frammentarietà del materiale rende difficile l interpretazione di alcuni parametri istologici. Premesso che l approccio diagnostico corretto di qualsiasi lesione ossea necessita di uno studio preventivo diretto del materiale radiografico ad essa relativo e all acquisizione dei dati clinici, vengono di seguito descritti i quadri istologici classici delle lesioni osteogeniche benigne. Fibroma Ossificante Con il termine di fibroma ossificante si designano due lesioni con caratteristiche diverse sia dal punto di vista istologico che dal comportamento clinico: il fibroma ossificante delle ossa gnatiche ed il fibroma ossificante delle ossa lunghe. Il primo è di solito una lesione ben circoscritta e mostra un carattere di crescita espansivo. Lo stroma è fibroso e può presentare aspetti proliferativi anche con mitosi numerose, ma sempre tipiche. Le trabecole osse lesionali sono irregolari, vanno incontro a maturazione lamellare e sono pressoché sempre bordate da osteoblasti tipici, mai in mitosi. La vascolarizzazione stromale non è particolarmente pronunciata e le cellule giganti di tipo ostoclastico sono presenti in relazione a superfici ossee in riassorbimento e/o in sede periferica. Il fibroma ossificante delle ossa lunghe, noto anche come displasia osteofibrosa e malattia di Campanacci, colpisce pressoché esclusivamente la tibia ed il perone, e in tali sedi può essere multifocale. Di sovente la lesione non è ben demarcata, e può interessare la corticale deformandola. Pur non esistendo un chiaro carattere infiltrativo e/o permeativo, il margine di crescita può non essere netto nei confronti dell osso limitrofo. I caratteri istologici sono abbastanza simili al fibroma ossificante delle ossa gnatiche e, in particolare, la componente ossea è tipicamente maturante in senso lamellare e gli osteoblasti che bordano le trabecole lesionali sono tipici, mai in mitosi, e ben riconoscibili. Lo stroma, anche in questo caso, tipicamente fibroso, può esser più lasso e talvolta meglio vascolarizzato delle lesioni del massiccio craniofacciale, mentre del tutto simile è la presenza e disposizione delle cellule giganti di tipo osteoclastico. Il fibroma ossificante delle ossa lunghe è stato messo in relazione all insorgenza dell adamantinoma delle ossa lunghe e pertanto risulta utile indagare le lesioni con colorazioni immunoistochimiche alla ricerca di cellule ameloblastomatose a volte di difficile rilevabilità alla mera ricerca morfologica. Osteoma Per osteoma si intende un addensamento osseo, probabilmente quasi mai a significato neoplasico, costituito da osso lamellare maturo compatto, osteoma eburneo, e/o trasecolare, osteoma spongioso. Osteoma Osteoide L Osteoma Osteoide è una lesione ben circoscritta circondata da osso sclerotico reattivo. L area centrale della lesione è occupata dal cosiddetto nido, costituito da trabecole di tessuto osteoide a fibre intrecciate, irregolari, con vario grado di calcificazione. Nel centro del nido la rete trabecolare, che in alcuni casi assume l aspetto di una deposizione diffusa di osteoide, risulta più densa che in periferia, dove appare più regolare. La frequente commistione di questi quadri su materiale bioptico non deve indurre in errore e deve farne sospettare la natura artefattuale. Gli osteoblasti, rotondeggianti o fusati, sono spesso presenti lungo le trabecole neoplastiche. Non si rinvengono mitosi tra le cellule osteoblastiche e rare sono quelle tra le cellule stromali. Rari gli aspetti epitelioidi ed eccezionali le atipie cellulari. Un discreto numero di osteoclasti e di cellule simil-osteoclastiche è sempre rinvenibile. Generalmente la densità dello stroma è alta, mentre la vascolarizzazione è limitata. Osteoblastoma I principali componenti degli Osteoblastomi sono rappresentati da cellule simil-osteoblastiche, cellule stromali, osteoclasti e cellule giganti simil-osteoclastiche. Vi e, inoltre, sempre presente, deposizione di tessuto osteoide ed evidente vascolarizzazione. Anche se tutte queste componenti sono di solito presenti contemporaneamente, tuttavia le loro caratteristiche e la loro quantità relativa varino creando un ampio spettro di aspetti istologici che può porre in seria difficoltà il patologo. Gli osteoblasti si riscontrano solitamente allineati lungo le trabecole di nuova formazione in genere disposti in un unico strato. Essi possono assumere varie forme ed in particolare appaiono ora tondeggianti ora fusati. Con una certa frequenza gli osteoblasti possono assumere aspetto epitelioide con dimensioni aumentate, nuclei rotondi, nucleoli prominenti e citoplasma scarsamente eosinofilo. Lo stroma della lesione risulta lasso in circa la metà dei casi mentre è compatto nei restanti. L atipia delle cellule stromali è pressoché assente. Le mitosi, peraltro infrequenti, sono presenti esclusivamente in cellule di tipo stromale. Spesso sono presenti osteoclasti e cellule giganti simil-osteoclastiche, omogeneamente disperse nell ambito della neoplasia. È rilevabile in tutti i casi una deposizione di tessuto osteoide con vario grado di calcificazio-

15 LA BIOPSIA OSSEA NELLE LESIONI NEOPLASTICHE E NON NEOPLASTICHE ne e maturazione lamellare. Contrariamente a quanto comunemente ritenuto, non è raro rinvenire osteoide a deposizione interstiziale e/o diffusa mentre la vascolarizzazione della lesione risulta sempre chiaramente discernibile a livello stromale sebbene possa essere variamente espressa in termini quantitativi. I margini della lesione sono generalmente ben delineati e, nella maggior parte dei casi la neoplasia appare ben circoscritta. Se il tumore cresce nei tessuti molli, un sottile strato di osso reattivo generalmente separa la lesione dai tessuti viciniori. Tale reperto, di particolare importanza è di solito visibile sui primi prelievi bioptici effettuati, di solito concernenti la parete della lesione; in casi di recidiva, non è infrequente rinvenire un atteggiamento di pseudo-permeazione dei tessuti sani circostanti. Displasia fibrosa Le caratteristiche istologiche salienti della displasia fibrosa, lesione non neoplastica mono e poliostotica, sono rappresentate dalla presenza di un tessuto fibroso nel contesto del quale si apprezzano trabecole ossee e/o osteoidi, irregolari pressoché sempre di tipo primario in assenza di osteoblasti morfologicamente riconoscibili, ancorché, in realtà, presenti ma con fenotipo mutato. La lesione non è mai circoscritta e si compenetra nel tessuto osseo circostante. Le lesioni osteogeniche maligne centrali A. Franchi Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Università di Firenze Il quadro istologico dell osteosarcoma è uno dei più eterogenei riscontrabili nell ambito della patologia neoplastica umana, in quanto aspetti profondamente diversi possono coesistere nell ambito della stessa neoplasia, o possono essere osservati in neoplasie diverse. L elemento cardine che è necessario per la diagnosi è la produzione, anche in piccole quantità, di matrice osteoide da parte delle cellule neoplastiche. Peraltro, alcune caratteristiche citoarchitetturali possono essere utilizzate per suddividere gli osteosarcomi in gruppi distinti. Secondo la classificazione WHO del 00 tra le forme centrali o intramidollari, che sono l oggetto di questa presentazione, si possono distinguere l osteosarcoma convenzionale, con le varietà osteoblastica, condroblastica e fibroblastica, l osteosarcoma telangectasico, l osteosarcoma a piccole cellule, l osteosarcoma a basso grado di malignità, e gli osteosarcomi secondari. Dal punto di vista terapeutico appare di fondamentale importanza separare le forme a basso grado di malignità, che sono caratterizzate da una scarsa propensione alla disseminazione a distanza e vengono trattate con il solo intervento chirurgico, dalle forme ad alto grado di malignità, che necessitano di un trattamento chemioterapico associato al trattamento chirurgico, a causa del rischio elevato di disseminazione metastatica già al momento della diagnosi. Nella maggior parte dei casi gli osteosarcomi centrali ad alto grado presentano caratteristiche clinico radiologiche fortemente indicative della diagnosi, sulla base dell età del paziente, della sede della lesione, e del quadro radiologico di distruzione ossea, di mineralizzazione, e di formazione di osso reattivo a livello periostale. Le difficoltà diagnostiche possono insorgere quando occasionalmente la neoplasia si presenta in età più avanzata, in sede non metafisaria, o con un quadro istologico che devia significativamente da quello usuale. Le problematiche più rilevanti di diagnostica differenziale dell osteosarcoma ad alto grado di malignità che verranno discusse nella presentazione riguardano innanzitutto lesioni benigne, quali il tessuto osseo reattivo ed il callo di frattura con componenti ossea e cartilaginea, che possono essere confusi con l osteosarcoma convenzionale; la cisti aneurismatica ossea, che può simulare l osteosarcoma telangectasico; l osteoblastoma, che deve essere distinto dall osteosarcoma osteoblastico, ed il tumore a cellule giganti dell osso, il cui aspetto istologico può essere molto simile a quello dell osteosarcoma ricco di cellule giganti. Inoltre l osteosarcoma ad alto grado di malignità deve essere distinto da altre neoplasie maligne primitive dell osso, quali il condrosarcoma, nel caso in cui ci sia una preponderante produzione di matrice cartilaginea, il fibrosarcoma/istiocitoma fibroso maligno, quando la produzione di matrice osteoide sia scarsa e difficilmente evidenziabile, ed il sarcoma di Ewing, quando la neoplasia è costituita da elementi rotondeggianti di taglia medio-piccola. L osteosarcoma centrale a basso grado di malignità è una varietà molto rara (circa l % degli osteosarcomi) e che spesso crea notevoli problemi di diagnosi differenziale a causa dell aspetto istologico estremamente blando, che può essere facilmente confuso con quello di una lesione benigna -. Si tratta di una diagnosi differenziale di notevole rilievo, in quanto un trattamento chirurgico incompleto di un osteosarcoma di basso grado può esitare in recidiva della neoplasia, con progressivo incremento del grado di malignità (dedifferenziazione) e possibile comparsa di metastasi a distanza -. L osteosarcoma centrale a basso grado è caratterizzato da una proliferazione di elementi neoplastici fibroblasto-simili, con atipia scarsa o assente, immersi in abbondante matrice ricca di collageno, e con produzione di matrice ossea che più spesso è organizzata in trabecole sottili e di forma irregolare, in modo che il quadro istologico è molto simile a quello della displasia fibrosa ossea -. Altre volte le trabecole ossee prodotte dalla neoplasia sono più spesse e ricordano quelle dell osteosarcoma parostale, oppure si caratterizzano per un aspetto a mosaico delle linee cementanti che ricorda quello della malattia di Paget dell osso -4. In ogni caso, il carattere aggressivo della lesione, che è il cardine per la distinzione da lesioni benigne, può essere riconosciuto principalmente valutando la presenza di infiltrazione del tessuto osseo circostante. Aspetti chiaramente invasivi non sono però sempre evidenziabili su materiale bioptico pre-operatorio, e pertanto diventa essenziale un accurata correlazione con le caratteristiche radiologiche della lesione. Infatti, a livello radiologico, l aspetto aggressivo è in genere evidente, e si manifesta con irregolarità dei contorni della proliferazione e con tendenza a distruggere la corticale ossea con invasione dei tessuti molli -4. Fletcher CDM, Unni KK, Mertens F (Eds.). World Health Organization classification of tumors. Pathology and genetics of tumours of soft tissues and bone. IARC Press, Lyon 00. Bertoni F, Bacchini P, Fabbri N, Mercuri M, Picci P, Ruggieri P, Campanacci M. Osteosarcoma. Low-grade intraosseous-type osteosarcoma, histologically resembling parosteal osteosarcoma, fibrous displasia, and desmoplastic fibroma. Cancer 99;7:8-45. Choong PF, Pritchard DJ, Rock MG, Sim FH, McLeod RA, Unni KK. Low grade central osteogenic sarcoma. A long term follow-up of 0 patients. Clin Orthop 996;: Franchi A, Bacchini P, Della Rocca C, Bertoni F. Central low grade osteosarcoma with pagetoid bone formation. A potential diagnostic pitfall. Mod Pathol 004;7:88-9.

16 0 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS Le lesioni osteogeniche della superficie A. Parafioriti, E. Armiraglio U.O. di Anatomia Patologica, Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano Le lesioni osteogeniche della superficie dell osso rappresentano una percentuale esigua rispetto alle lesioni che insorgono in sede intramidollare. In questa categoria di lesioni osteoproduttive sono comprese sia proliferazioni similtumorali e benigne, come le periostiti ossificanti floride e le miositi ossificanti profonde sottofasciali, sia neoplasie maligne come gli osteosarcomi periferici. La neoapposizione ossea osservata in lesioni periostee reattive (periostite ossificante florida, e proliferazione osteocondromatosa bizzarra paraosteale) può rappresentare un importante problema di diagnosi differenziale con lesioni osteoproduttive maligne. Solitamente queste lesioni sono più tipiche delle piccole ossa tubulari delle mani o dei piedi, occasionali nelle ossa lunghe. Dal punto di vista istologico raramente vengono osservate atipie citologiche vere, mitosi atipiche e deposizione di matrice osteoide immatura a disposizione pericellulare anche se le lesioni preoccupano per l ipercellularità e l indice mitotico che può risultare elevato rispetto ad esempio all osteosarcoma iuxtacorticale a basso grado di malignità. Analogamente può risultare difficile, soprattutto in caso di biopsie piccole e senza la necessaria integrazione anatomo-clinica, la diagnosi differenziale della miosite ossificante a sede profonda iuxtacorticale che può mimare una lesione osteoproduttiva soprattutto se non si reperta istologicamente il fenomeno della zonazione. Gli osteosarcomi periferici o iuxtacorticali rappresentano meno del 7% di tutti i sarcomi osteogenici e costituiscono un gruppo eterogeneo sia dal punto di vista anatomo-clinico sia dal punto di vista del comportamento biologico. A questo gruppo appartengono entità caratterizzate da crescita lenta e scarsa tendenza alla disseminazione metastatica, quali l osteosarcoma parostale o iuxtacorticale e l osteosarcoma periosteo ed entità caratterizzate da un comportamento estremamente aggressivo, quali l osteosarcoma parostale dedifferenziato e l ostesarcoma di superficie ad alto grado di malignità. Quest ultimo è molto raro, rappresenta lo 0,6% di tutti gli osteosarcomi, può presentare un infiltrazione microscopica della cavità midollare e istologicamente ha morfologia sovrapponibile all osteosarcoma intramidollare col quale condivide la prognosi. L osteosarcoma parostale rappresenta il 5% degli osteosarcomi, predilige l età adulta ed è, morfologicamente e biologicamente, una neoplasia a basso grado di malignità che di solito non pone problemi di diagnosi differenziale. Nel 0% dei casi può presentare dedifferenziazione con coesistenza del pattern classico a basso grado di malignità con aree citologicamente da sarcoma di alto grado. Infine l osteosarcoma periosteo rappresenta l,5% degli osteosarcomi; è una neoplasia di grado intermedio e istologicamente mostra aree condroidi, cellule fusate spesso anaplastiche e scarsa produzione di matrice osteoide, ponendo degli importanti problemi di diagnosi differenziale anche con lesioni di natura cartilaginea. La biopsia ossea nelle lesioni non osteocondrogenetiche P. Bacchini Università di Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli Le lesioni non osteocondrogenetiche comprendono i tumori ematopoietici quali linfoma e mieloma, i tumori fibrogenetici ed istiocitari benigni e maligni, tumori notocordali e vascolari e tumori di c.d. origine ignota quali il tumore a cellule giganti, il sarcoma maligno associato a tumore a cellule giganti ed il sarcoma di Ewing. In tutte queste lesioni la biopsia con ago fine o con trocar può essere impiegata proficuamente al fine di arrivare ad una diagnosi ed indirizzare la terapia.tra le lesioni pseudosarcomatose una delle lesioni più importanti è la cisti aneurismatica -. Nell ambito delle lesioni ematopoietiche la casistica dell Istituto Rizzoli comprende n. 58 casi di mieloma. Nella casistica della Mayo Clinic sono riportati 749 mielomi: 84 diagnosticati con biopsia chirurgica ed i restanti 95 diagnosticati con agoaspirato midollare. I linfomi maligni dell osso all Istituto Rizzoli ammontano a n. 65: ed in circa il 0% dei casi la diagnosi è stata fatta su materiale bioptico. Nell ambito dei tumori ad origine sconosciuta i tumori più frequenti sono rappresentati dal tumore a cellule giganti (all Istituto Rizzoli sono 876) e dal sarcoma di Ewing (n. 788 casi). La diagnosi preoperatoria in entrambe le lesioni è stata effettuata tramite biopsia con trocar che ha dato risultati sicuri quando effettuata da mani esperte dal punto di vista clinico e radiografico. Il materiale inoltre è sufficiente per eventuali tecniche speciali quali immunoistochimica, microscopica elettronica o biologia molecolare.tra i tumori fibrogenici il più importante tumore di questo gruppo è il fibrosarcoma che assomma nella casistica del Rizzoli a n. 84 casi. L agobiopsia negli ultimi 0 anni è stata impiegata routinariamente per la diagnosi di questo tumore. L immunoistochimica applicata ha permesso di differenziare il fibrosarcoma dal leiomiosarcoma (tumore raro nel distretto osseo). Nell ambito dei tumori istiocitici l istiocitoma fibroso maligno ha seguito la stessa evoluzione dell analoga lesione nelle parti molli e tale diagnosi è raramente fatta al giorno d oggi. I tumori della notocorda costituiscono circa n. 0 casi nella casistica dell Istituto Rizzoli e sono rappresentati dal cordoma: si tratta di tumori in cui l agobiopsia è in grado di ottenere sufficiente materiale per la valutazione istochimica dei markers epiteliali e dell S00. In tale tumore in particolare va tenuto presente che il tramite bioptico può essere contaminato e quindi va sempre asportato all atto dell intervento chirurgico. Questa regola, vera in tutti i tumori, è particolarmente applicabile al cordoma. La cisti aneurismatica è in genere ritenuta lesione pseudoneoplastica: la diagnosi con ago può essere difficile in quanto lo scarso materiale può essere immerso in abbondante materiale ematico e non avere aspetti diagnostici. Bibilografia Huvos AG. Bone Tumors - Diagnosis, treatment and prognosis. Second Edition W.B.Saunders Company, 99. Unni KK. Dahlin s Bone Tumor - General aspects and data on.087 cases. Fifth Ed, Lippincott-Raven Publishers, 996. Campanacci M. Bone and Soft Tissue Tumors. nd Edition. Piccin Nuova Libraria, Padova; Springer-Verlag, Wien, New York, 999.

17 PATHOLOGICA 004;96: Dermatopatologia infiammatoria: approccio diagnostico per patterns Moderatori: D. Massi (Firenze) e G. Massi (Roma) Dermatopatologia infiammatoria: approccio diagnostico per patterns D. Massi, G. Massi * Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università di Firenze; * Dipartimento di Patologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Nel 978 A. Bernard Ackerman pubblicò il volume intitolato Histologic Diagnosis of Inflammatory Skin Diseases: A Method by Pattern Analysis nel quale per la prima volta veniva introdotto nello studio della dermatopatologia infiammatoria un metodo diagnostico basato sull analisi morfologica di patterns di reazione tissutale. Il metodo consiste nell esaminare la distribuzione dell infiltrato infiammatorio e le modificazioni epidermiche integrando tali reperti e riconducendoli a 9 patterns principali. L applicazione di un metodo algoritmico all analisi di tali patterns è indispensabile, sebbene talora non sufficiente, al fine di poter formulare una diagnosi specifica. Nel corso degli anni, il metodo algoritmico basato sull analisi di patterns è stato costantemente perfezionato, soprattutto in funzione delle correlazioni clinico-patologiche. In particolare, è stato approfondito lo studio di quelle dermatiti che nel corso della loro spontanea evoluzione sviluppano lesioni elementari diverse corrispondenti a patterns istopatologici eterogenei. Il metodo algoritmico deve essere inteso come una guida alla diagnosi specifica ed applicato con una certa flessibilità tenendo presente che in alcune circostanze alcuni reperti possono non essere specifici, ma solo compatibili con un determinato quadro clinico 4. Nel corso dello slide seminar saranno illustrati casi riconducibili a 4 principali patterns di reazione, quali: i) pattern di interfaccia o lichenoide; ii) pattern spongiotico; iii) pattern vescicolo-bolloso; e iv) pattern granulomatoso. Pattern di interfaccia Il pattern di interfaccia o lichenoide è caratterizzato da un danno dello strato basale epidermico e/o da un infiltrato infiammatorio che oscura la giunzione dermo-epidermica. Il danno dello strato basale si può manifestare come degenerazione vacuolare basale e/o con la comparsa di cheratinociti picnotici andati incontro a morte cellulare per apoptosi (corpi di Civatte). Al fine di formulare una diagnosi specifica nell ambito delle dermatiti di interfaccia è necessario prendere in considerazione l entità e la tipologia del danno dello strato basale epidermico, la composizione e distribuzione dell infiltrato infiammatorio e la presenza di altre modificazioni istopatologiche peculiari quali la presenza di abbondante incontinentia pigmenti. Alcune dermatosi sono più tipicamente associate ad un infiltrato lichenoide (lichen planus, lichen nitidus, lichen striatus, reazione lichenoide da farmaci, cheratosi lichenoide, lichen sclero-atrofico) mentre altre si caratterizzano per un più marcato danno dell interfaccia (lupus eritematoso, dermatomiosite, poichilodermia, eritema multiforme, pitiriasi lichenoide, agvhd). Pattern spongiotico Il pattern di reazione spongiotico è caratterizzato da edema intraepidermico intercellulare. All esame istopatologico si riconosce per la presenza di un allargamento degli spazi intercheratinocitari ed allungamento delle strutture desmosomiali. La spongiosi può manifestarsi in foci microscopici o costituire lesioni vescicolo-bollose. La cronicizzazione di lesioni spongiotiche si associa alla comparsa di una iperplasia epidermica psoriasiforme, spesso in conseguenza del grattamento, con progressiva riduzione dell edema intercellulare. Nell ambito delle dermatiti spongiotiche la caratterizzazione dell infiltrato infiammatorio (linfoistiocitario vs. eosinofilo vs. neutrofilo) associato può essere di aiuto nella definizione dello specifico quadro clinico. Pattern vescicolo-bolloso In presenza di una lesione vescicolo-bollosa a livello intraepidermico e giunzionale la diagnosi specifica si basa sul riconoscimento di: i) livello anatomico del distacco; ii) meccanismo patogenetico responsabile del distacco, e iii) caratterizzazione dell infiltrato infiammatorio. Il livello anatomico del distacco può essere subcorneo, nel contesto dello strato spinoso, soprabasale o subepidermico. Il meccanismo responsabile del distacco può essere spongiosi, edema intracellulare e degenerazione balloniforme o acantolisi (diminuita coesione intercellulare). Per un accurato inquadramento delle dermatiti vescicolo-bollose subepidermiche oltre ai dati clinici è fondamentale l integrazione con i dati laboratoristici (immunofluorescenza, immunoistochimica per lo studio dei costituenti della membrana basale), microscopia elettronica, ed immunoelettromicroscopia. Pattern granulomatoso Le dermatiti granulomatose sono caratterizzate dalla presenza nel derma e/o ipoderma di aggregati di cellule epitelioidi commiste a cellule giganti, linfociti, plasmacellule e fibroblasti. Sulla base delle caratteristiche citoarchitetturali si distinguono 5 tipologie di granuloma: i) tuberculoide, ii) sarcoideo, iii) necrobiotico (a palizzata), iv) suppurativo e v) da corpo estraneo. La diagnosi specifica nell ambito delle dermatiti granulomatose si basa sul riconoscimento della tipologia e distribuzione dei granulomi, sulla presenza di aspetti peculiari quali necrosi centrale, suppurazione o necrobiosi ed infine sulla documentazione di corpi estranei o microrganismi. Attraverso un approccio eminentemente pratico sarà illustrato il metodo diagnostico algoritmico privilegiando quegli aspetti che possono essere di ausilio nella pratica diagnostica, con particolare riferimento alle correlazioni clinico-patologiche. Ackerman AB. Histologic Diagnosis of Inflammatory Skin Diseases: A Method by Pattern Analysis. Philadelphia: Lea & Febiger, 978. Ackerman AB, et al. Histologic Diagnosis of Inflammatory Skin Diseases: An algorithmic method based on pattern analysis. (Second Edition). Baltimore: William & Wilkins, 997. Weedon D, Strutton G. Skin Pathology (Second Edition). London: Churchill Livingstone, Massi G, Chiarelli C. Atlante di Dermatopatologia. Milano: Masson, 995.

18 PATHOLOGICA 004;96: Patologia respiratoria neoplastica e non Moderatori: M. Chilosi (Verona) e G. Fontanini (Pisa) Iperplasia adenomatosa atipica polmonare S. Damiani *, L. Morandi *, S. Asioli *, A. Cavazza **, A. Pession * * Sezione di Anatomia Patologica M. Malpighi, Università di Bologna, Ospedale Bellaria; ** Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia Storia clinica del caso: paziente di sesso maschile, fumatore, di 58 anni. Nodulo polmonare del lobo superiore dx, di cm. Nel tessuto polmonare a distanza dalla neoplasia, macroscopicamente indenne da neoplasia, si rilevano all istologia, aree multiple di -4 mm, con setti rivestiti da pneumociti atipici. Diagnosi: focolai di iperplasia adenomatosa atipica associata ad adenocarcinoma. Commento: l iperplasia adenomatosa atipica (IAA), entità definita recentemente anche dall Organizzazione Mondiale della Sanità, è considerata il precursore dell adenocarcinoma (AD) e del carcinoma bronchiolo-alveolare (BAC). La IAA è, per definizione, una lesione di piccole dimensioni (non superiore ai 5 mm), costituita da setti alveolari conservati, o di poco ispessiti, bordati da pneumociti con atipie nucleari che vanno dalla presenza di pseudoinclusioni eosinofile alla cromatina addensata alle irregolarità della membrana nucleare. Da un punto di vista morfologico, il problema principale nella definizione di lesioni interpretabili come IAA risiede nei confini alquanto sfumati tra questa e un piccolo focolaio di BAC e, il criterio delle dimensioni scelto dalla OMS appare essere ovviamente un artifizio, seppure utile. La reale incidenza della IAA non è chiara. Infatti, la frequenza di focolai singoli o multipli di IAA varia nelle casistiche dal -5% a oltre il 50% dei pazienti portatori di carcinoma polmonare. In realtà, date le piccole dimensioni che caratterizzano la IAA, la grande differenza di questi dati è almeno in parte riconducibile alla vastità del campionamento del tessuto polmonare macroscopicamente normale. Seppure esistono ormai varie evidenze, non solo morfologiche, ma anche molecolari, a supporto della natura neoplastica della IAA, il tipo di relazione che esiste tra questa lesione e il carcinoma polmonare non è ancora chiaro e in particolare non è chiaro il rapporto di clonalità esistente tra il carcinoma e i focolai di IAA associati. È noto che il carcinoma polmonare si presenta non di rado in forma bi o multifocale. Studi sul rapporto di clonalità tra i noduli carcinomatosi multipli e tra i foci di IAA e il carcinoma associato hanno dato risultati discordanti. Niho e collaboratori hanno trovato un pattern di Humara differente tra la IAA e il carcinoma in su 5 casi studiati, supportando un origine multifocale. Simili risultati sono stati portati da Huang e collaboratori che hanno trovato differenti alterazioni genetiche nei tumori multifocali. Al contrario, recentemente Ullmann e Collaboratori 4 studiando pazienti con tecniche di ibridazione genomica comparata hanno riscontrato alterazioni sovrapponibili nel BAC e nei foci di IAA associati, suggerendo per questi casi la possibilità che i foci di IAA rappresentino piuttosto foci di disseminazione neoplastica a partenza dal nodulo principale. Tuttavia il limite di questi e altri studi simili è posto principalmente dal basso numero di alterazioni cromosomiche studiate e, quindi, anche trovare un pattern simile non esclude in assoluto un origine policlonale delle lesioni. Recentemente abbiamo studiato l assetto clonale in 6 pazienti, per un totale di 8 BAC/AD e foci di IAA. La clonalità è stata studiata sia valutando la perdita di eterozigosi (LOH) per 7 microsatelliti, tra quelli maggiormente coinvolti nella carcinogenesi polmonare, sia mediante il sequenziamento diretto della regione D-Loop del DNA mitocondriale. Quest ultima tecnica appare particolarmente vantaggiosa negli studi di clonalità poichè permette di esaminare con la microdissezione di un numero di cellule relativamente basso, una grande quantità di alterazioni geniche, essendo il DNA mitocondriale molto esposto a mutazioni ed essendo queste particolarmente frequenti nella regione D-Loop (non codificante). Nella nostra serie, in tutti i casi che sono stati considerati informativi, i foci di IAA sono risultati geneticamente lontani dal carcinoma associato supportando la teoria della carcinogenesi multifocale del polmone. Koga T, Hashimoto S, Sugio K, Yonemitsu Y, Nakashima Y, et al. Am J Clin Pathol. 00;7: Niho S, Yokose T, Suzuki K, Kodama T, et al. Am J Pathol 999;54: Huang J, Behrens C, Wistuba II, gazdar AF, Jagirdar J. Arch pathol Lab Med 00;6: Ullmann R, Bongiovanni M, Halbwedl I, Fraire AE, et al. J Pathol 00;0:7-76.

19 PATHOLOGICA 004;96:-4 Patologia feto-placentare L autopsia feto-neonatale: livelli diagnostici minimi o di eccellenza? Moderatori: G. Bulfamante (Milano) e E. Fulcheri (Genova) Realtà complesse ed epidemiologia di un fenomeno M. Grosso, L. De Meo *, M. Trovato, N. Carlo Stella **, G. Barresi Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina; * Dipartimento Scienze Economiche, Finanziarie, Sociali, Ambientali e Territoriali, Università di Messina; ** Dipartimento Scienze Ginecologiche, Ostetriche e Medicina della Riproduzione, Università di Messina Il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 09/07/999 n 7500 art. comm. recita in questi termini: per i nati morti devono essere eseguiti gli esami autoptici, gli accertamenti anamnestici previsti dalla visita medica e qualora ritenuti necessari gli esami strumentali e l esecuzione di fotografie. È ragionevole pensare che questo decreto sia nato dalla constatazione, che molte patologie fetali e neonatali, siano sfuggite alla valutazione epidemiologica per mancanza di riscontro diagnostico. Inoltre, le attuali problematiche demografiche nazionali, legate al decremento della natalità, impongono l attivazione di uno stretto monitoraggio della gravidanza e, nel caso di un esito infausto, la necessità di fornire alla coppia risposte ben precise circa le previsioni di successo per una futura gravidanza. Da una revisione della letteratura si evince una riduzione del numero dei riscontri diagnostici in generale, affermandosi sempre di più il concetto che: nell ambiente medico accademico ed ospedaliero l autopsia è vissuta e percepita da tempo come una pratica fuori moda inserita in uno scenario caratterizzato da spettacolari ed affascinanti innovazioni tecnologiche. I clinici, pur riconoscendo la validità, sempre meno frequentemente richiedono il riscontro diagnostico. Tale riduzione coinvolge anche l autopsia feto-neonatale a causa della disponibilità e della diffusione di tecnologie avanzate nel monitoraggio della gravidanza, quali gli ultrasuoni ad alta risoluzione, gli screening biochimici, l eco-doppler e le valutazioni genetiche. La pratica di tali indagini ha comportato di conseguenza un incremento degli aborti terapeutici In tali casi bisogna però sottolineare che l autopsia andrebbe sempre eseguita per escludere la presenza di altre minime malformazioni che possono non essere state precedentemente visualizzate e per l inquadramento del tipo di malformazione. Un altro dato che emerge dalla letteratura è la sottovalutazione dell esame placentare, fondamentale per la formulazione diagnostica e talora anche punto cruciale per la risoluzione di controversie giudiziarie 4. Ancora oggi, definire la placenta come il diario della gravidanza rappresenta insieme il messaggio e la definizione più appropriati [5]. Nel corso degli ultimi anni le nuove spettacolari ed affascinanti innovazioni tecnologiche ci hanno già fornito delle risposte molto importanti ma dobbiamo essere consapevoli che queste rappresentano solo una piccola parte delle potenzialità, che può offrirci lo studio della placenta, miniera ancora poco esplorata 6. Nel 999 al Congresso SIAPEC-IAP il Gruppo Italiano APEFA aveva segnalato, seppur in un quadro di generale miglioramento, la persistente incompletezza nella raccolta di dati epidemiologici e di informazioni demografiche 7. Tale incompletezza di informazioni si evidenzia anche in Sicilia. Questo convincimento è stato condiviso anche dai responsabili degli Uffici statistici del Comune di Messina e della Regione Sicilia che evidenziano, inoltre, notevoli limitazioni nell utilizzo di alcuni dati statistici per la legge sulla privacy. La lacunosità dei suddetti elementi epidemiologici, diviene oltremodo preoccupante, se consideriamo che i dati ISTAT 000 indicano la Sicilia come la regione italiana con il più alto tasso di mortalità perinatale (7,4 x000 nati) 8. Gli unici riferimenti presenti nel territorio si limitano ai casi di malformazione, segnalati nel Registro ISMAC relativo all intera area territoriale siciliana. La presente relazione si pone i seguenti obbiettivi: Verificare l incidenza della mortalità fetale e neonatale Determinare il numero e la causa di morte in riscontri diagnostici fetali e neonatali, correlati con l esame della placenta. Le informazioni in nostro possesso abbracciano un orizzonte temporale compreso tra il 99 ed il 00 e sono state ottenute attraverso la revisione dei registri autoptici del Dipartimento di Patologia Umana del Policlinico Universitario di Messina e la successiva comparazione con le corrispondenti cartelle cliniche del Dipartimento di Ostetricia. L effettuazione di prime analisi sui dati in nostro possesso hanno fornito le seguenti evidenze preliminari: Quoziente di natimortalità relativo alla Clinica Ostetrica del Policlinico Universitario di Messina: pari a circa il 4, x000 nati contro un valore nazionale del,4 x000 nati ed un valore delle regioni del mezzogiorno del,5 x000 nati (ISTAT). Numero dei riscontro diagnostici con elevata variabilità per anno sul totale dei nati morti provenienti dalla Clinica Ostetrica del Policlinico: dal 8,6% del 999 al 00% negli anni 995 e 000 e con una media che non supera il 64%. Limitato ricorso all utilizzo dell esame placentare: in particolare su 0 autopsie eseguite, solo nel 54% dei casi la placenta è stata inviata. Va sottolineato un trend di crescita, che negli ultimi due anni considerati, e solo in quelli, ha evidenziato valori superiori alla media (rispettivamente il 58% nel 00 e l 85% nel 00). Come risolvere il problema: ) creazione di uno staff costituito da patologi, ostetrici, neonatologi, genetisti, microbiologi ed epidemiologi per un corretto monitoraggio della natimortalità, ) sensibilizzazione sul problema a livello regionale e nazionale. Andrion A. L autopsia: problemi emergenti di deontologia medica. Pathologica 004;96():-. Sicolo N, Martini C, Mioni R, Maffei P, Scandellari C. L errore in medicina: conseguenze e prevenzione. Pathologica 00;9(5):6-68. Tennstedt C, Hufnagl P, Chaoui R, Korner H, Dietel M. Fetal autopsy: a review of recent developments. European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology 00;99: Benirschke K, Kaufmann P. Pathology of the human placenta. Springer Fourth edition 000; Gillan JE. Perinatal placental pathology. Curr Opin Obstet Gynecol 99;4:86-94.

20 4 CORSI BREVI - SLIDE SEMINARS 6 Trovato M, Grosso M, Vitarelli E, Benvenga S, Trimarchi F, Barresi G. Immunoexpression of the hepatocyte growth factor (HGF),HGFreceptor (c-met) and STAT on placental tissues from malformed fetuses. Histol Histopathol 00;7: Gruppo Italiano APEFA. Patologia malformativa feto-neonatale: studio anatomopatologico policentrico italiano. Pathologica 999;9(5):-. 8 ISTAT Annuario statistico Italiano 00.

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