APPROFONDIMENTI DI ATTIVITÀ FISICA ADATTATA, INTEGRAZIONE E INCLUSIONE NELLE ATTIVITÀ MOTORIE
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- Camillo Berti
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1 SETTIMO MODULO OL Lo sport nella persona con disabilità: aspetti riabilitativi, psicologici. 1.1 Lo sport nel processo evolutivo della persona con disabilità. Tra i modi d'impiegare il tempo libero, le attività sportive rappresentano, probabilmente, quello più diffuso. Nel mondo della disabilità, la pratica sportiva può svolgere la funzione di promuovere l'educazione e l'integrazione delle persone. Infatti, oltre che essere centrale in campo riabilitativo (settore in cui, prevalentemente, finora è stata inserita), può ricoprire un ruolo essenziale nel favorire la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della personalità. Le attività psicomotorie tipiche dello sport si pongono alla base di ogni apprendimento ed accompagnano lo sviluppo individuale in ogni sua tappa. Risulta evidente la portata educativa dello sport, che offre alle persone con disabilità un'occasione irrinunciabile per compensare le lacune formative ed i problemi di sviluppo dovuti agli specifici deficit. Inoltre, la pratica sportiva permette di soddisfare in modo produttivo alcuni bisogni propri dell'uomo legati all'esperienza di gioco, movimento, agonismo e vita di gruppo, dimensioni che trovano una integrazione nell attività sportiva. Il soddisfacimento di questi bisogni è alla base dell'organizzazione della personalità e dello sviluppo cognitivo, entrambi strettamente connessi all'esperienza psicomotoria che si realizza attraverso la percezione e la padronanza del movimento del proprio corpo. Lo sport condivide col gioco caratteristiche importanti ai fini dello sviluppo individuale. In entrambi, infatti, l'individuo sperimenta la propria personalità; vive il proprio corpo in relazione con gli altri e con la realtà esterna; soddisfa il bisogno di socialità (attraverso l'interazione), ma anche quello di autonomia (attraverso la libera iniziativa e la padronanza dell'attività); affina abilità e competenze (Castelli, op. cit.). Tutte queste dimensioni confluiscono quindi nello sviluppo di un forte senso di autoefficacia e nel miglioramento dell'autostima. Particolarmente rilevante per la persona con disabilità risulta essere anche la dimensione creativa: la possibilità di dare vita, attraverso attività ludiche e sportive, a un proprio stile di vita, un originale modo di essere, in quanto, a causa del suo deficit, rischia di venire esclusa da ogni forma di progettualità e di realizzazione autonoma e personale (Neri, 1980). E comprovato che i rapporti con l'ambiente si strutturano proprio attraverso il movimento: gli effetti autopercettivi di questo processo contribuiscono all'organizzazione della personalità. E' evidente, inoltre, una diretta connessione tra esercizio fisico e abilità mentale: un'attività fisica praticata in modo costante sembra incidere, infatti, sulle prestazioni cognitive delle persone con ritardo mentale. Molti sono gli autori che ritengono positiva l attività motoria nel processo di maturazione e sviluppo dell individuo. Praticare uno sport significa acquisire delle abilità motorie, generali e specifiche, ampliare e differenziare lo sviluppo delle proprie competenze. Sappiamo che qualsiasi semplice gesto è l effetto di un pensiero e di una attività nervosa corrispondente. L esecuzione migliora con l aumentare del controllo del corpo in movimento ed esige competenza sulla capacità di utilizzarlo in vista di obiettivi. Si può definire, da un punto di vista psicologico, Donatella Donati -Pagina 1 di 5
2 l addestramento sportivo un tipo di apprendimento cognitivo, con associate un area affettiva ed una sociale. Se si analizza l apprendimento motorio in senso stretto, la definizione più interessante da prendere in esame è quella cognitiva a prevalenza senso- percettivo- motoria. La psicofisiologia dello sport studia il problema di come si apprende un movimento, il potenziale di apprendimento motorio, i perquisiti sensopercettivi. Questo studio occupa gran parte dei lavori degli psicologi sportivi sovietici e nordamericani che danno due differenti interpretazioni. Per i nordamericani, rifacendosi al comportamentismo e alla teoria delle mappe cognitive, lo sviluppo delle abilità motorie comporterebbe la formazione di una gerarchia e successione di schemi motori ideati, guidati e sperimentati soggettivamente attraverso piani di azione regolati mediante azioni retroattive (feedback). L orientamento sovietico, guidato dalla neurofisiologia pospavolviana enfatizza l aspetto percettivo dando importanza ai processi di differenziazione dell attività recettrice e quindi all analizzatore motorio. Per la scuola sovietica, i presupposti capaci di realizzare la destrezza dell atleta sono: lateralizzazione, gli schemi motori, l affinamento sensopercettivo. Essi vedono nell atleta una struttura fisiologica con analizzatori del movimento particolarmente efficaci, con la capacità della selezione della selezione degli stimoli che portano informazioni importanti e dell inibizione delle sollecitazioni accessorie. Se si analizza l apprendimento motorio in senso più ampio, vediamo che nella dimensione relativa alla sfera cognitiva sono incluse anche le funzioni del linguaggio, della memoria, dell attenzione e dell intelligenza, tali aree fanno parte dell atto sportivo, basti pensare che attenzione e memoria sono i presupposti dell apprendimento. Con il concetto di apprendimento si indica, tradizionalmente, una modificazione del comportamento a seguito dell esperienza. Secondo Salvini (1978), se facciamo riferimento a soggetti in età evolutiva, l apprendimento si lega ad altri due fattori fondamentali, la maturazione e lo sviluppo. Per maturazione si intende il processo derivante dalla realizzazione di un processo geneticamente predisposto di crescita e differenziazione. L apprendimento, interagendo con la maturazione, dà luogo allo sviluppo. Se è vero che la maturazione del sistema nervoso rende possibile l apprendimento, è anche vero che quest ultimo aiuta, orientandola, l attività organizzativa del processo di maturazione. Sarà quindi l ambiente che influirà sull utilizzo del potenziale maturativo. Si noti anche che lo sviluppo (interazione tra maturazione e apprendimento) innescando un processo circolare, retroagisce sulla maturazione: più un individuo è sviluppato sul piano psicomotorio tanto migliore sarà lo stimolo che darà alla propria maturazione delle relative funzioni. Inoltre, chi possiede delle informazioni tende ad accumulare altre, quindi il livello di apprendimento sollecita il potenziale maturativo. Coloro che operano in campo sportivo conoscono la validità ed il ruolo essenziale assunto dallo sviluppo motorio che, visto in una prospettiva evolutiva, diviene strumento di realizzazione cognitiva e di integrazione socio - affettiva. Saranno inoltre concordi nell affermare che l attività sportiva possa favorire nella persona con disabilità l apprendimento di competenze atte a migliorare gli aspetti cognitivi e relazionali, riconoscendo all individuo un ruolo attivo, compatibilmente con il grado di sviluppo consentito alla disabilità, nella costruzione e nel controllo delle sue competenze e prestazioni motorie. Infatti, come ogni attività intenzionale, anche questa è integrata in un contesto di relazioni che nell ottica evolutiva esiste come interazione sociale. L azione reciproca degli schemi cognitivo motori dell individuo con le regole, rapporti e significati insiti in ogni ambiente, retroagisce sul comportamento cognitivo e affettivo favorendo una maggiore autonomia nei limiti consentiti dalle caratteristiche soggettive, tutto ciò rende l azione motoria espressione di un processo interattivo complesso (Salvini, Tarantini, 1987). La pratica sportiva per persone con disabilità intellettiva può costituire motivo di emancipazione e accrescimento, poiché il confronto con gli altri, la verifica o percezione immediata della propria efficienza, l affinamento delle capacità autoregolative possono strutturare un ambiente ricco di possibilità e di stimolazioni significative. Donatella Donati -Pagina 2 di 5
3 Infatti, gli spazi dell azione motoria sportiva sono molteplici, variano in funzione della disciplina praticata e, come sostengono gli esperti, in funzione del livello di abilità raggiunto. Neisser (1976) ricorda che non solo il movimento ci informa sui dati ambientali che ci circondano ma, contemporaneamente, ci trasforma in soggetti che percepiscono. Questo è quanto accade anche se il livello di consapevolezza può risultare minimo. Se riteniamo la percezione come una discriminazione razionale di stimoli il cui atto è guidato da schemi cognitivi che hanno come obiettivo una qualche forma di azione (Salvini, 1988), e strettamente connesso, quindi, con quello del conoscere e del ricordare (Shaw e Brandsford, 1977), possiamo dare il giusto valore all azione motoria, che diviene importante strumento per la possibile soluzione di problemi fisici, cognitivi e simbolici. Un altra caratteristica dello spazio sportivo - motorio è quella di essere uno spazio simbolico, condiviso e produttore di significati (es. pugno diventa - uppercut/rotazione del busto con alzata di mano diventa - volée di rovescio ecc.) la conoscenza dei significati attribuiti al gesto sportivo dà un padronanza specifica come: la capacità di assumere il ruolo dell altro. Imparando un gesto l atleta acquisisce anche un sistema di significati ad esso associati. Praticando l attività sportiva il soggetto con disabilità intellettiva può imparare, a entrare o a padroneggiare più ruoli, a compiere le decentrazioni cognitive indispensabili per il conseguimento di un risultato. Nello sport, lo spazio comportamentale e motorio è strettamente correlato con lo spazio rappresentativo. Ogni atleta crea una mappa cognitiva, variabile, della sua azione e di quella altrui, in alcuni casi. Questo processo di sviluppo della mappa cognitivo non è dato da un fattore puramente ripetitivo, ma piuttosto da un mettere in relazione, un trans - formare la realtà sulla base di obiettivi e finalità diverse che sottintendono strategie e abilità differenti (es. un giocatore di calcio avrà una visione del gioco diversa da quella dell arbitro, o di uno spettatore, anche se tutti e tre stanno osservando la stessa partita). A seconda del tipo di sport l atleta si trova a dover operare all interno di un sistema di relazioni plurime: corpo a corpo = judò, lotta; corpo - oggetto = salto, volteggio; oggetto - oggetto = tennis, baseball. L azione sportiva quindi, spesso implica l uso di due sistemi integrati di codifica della presa d informazione spaziale: uno, definito da Harris (1977), self - related che potremmo tradurre in auto - organizzativo (quando l atleta si prepara a saltare un ostacolo utilizzando i meccanismi di anticipazione programmazione, esecuzione e controllo del gesto), l altro sistema è landmark - related o di organizzazione spaziale (che attribuisce significato alla situazione in cui l atleta si trova immerso e che gli consente di scegliere e organizzare l azione motoria più appropriata) che è lo stesso processo di codifica che ci permette di orientarci osservando una carta stradale. La buona acquisizione dei due metodi di codifica ci assicura una migliore capacità di orientamento spazio - temporale. Con l elaborazione delle risposte date a problemi concreti quali il lanciare la palla, tirare a canestro, l atleta con disabilità acquisisce una migliore capacità di differenziare se stesso dagli altri e sviluppa quindi una visione più articolata delle sue potenzialità, e non in termini negativi, come di norma incapacità, deficit, mancanza, ma con qualificazioni positive come efficienza fisica, gratificazione, autorealizzazione personale. Grande rilevanza acquista lo sport in relazione all'evoluzione ed integrazione della personalità. Nell'attività sportiva, il soggetto sperimenta la continuità della propria identità nel tempo, impara a controllare autonomamente e produttivamente le proprie energie, sviluppa una maggiore autoconsapevolezza e rafforza la fiducia nelle proprie capacità, raggiunge, cioè, più alti livelli di autonomia personale. Numerosi studi e ricerche condotti secondo il paradigma derivante dall approccio funzionalista, hanno dimostrato come, soprattutto durante l età evolutiva, si assista ad una maturazione più pronta e precoce di alcuni parametri Donatella Donati -Pagina 3 di 5
4 intellettivi in soggetti praticanti attività ludico-motorie e/o sportive (Cratty, 1985), evidenziando che l attività sportiva influisce positivamente sugli stili attentivi, sulla percezione e sui processi di costruzione ed elaborazione dell'informazione, che hanno un ruolo centrale nella formazione dell identità personale. 1.2 Lo sport come attività per l integrazione Notevoli cambiamenti del pensare comune circa le persone con disabilità si sono verificati nel corso degli ultimi trent anni, buona parte dei quali sono stati determinati da interventi di gruppi di ricercatori e di clinici che, in varie parti del mondo, hanno accettato e per molti aspetti, vinto la sfida di riuscire a modificare le aspettative e la qualità della vita delle persone con disabilità. Il superamento dei limiti di funzionamento si è realizzato non solo attraverso l uso sistematico degli ausili protesici o la precoce e continuativa attività chinesiterapica ma, anche, attraverso l inserimento in programmi psico-pedagogici sempre più sofisticati e specifici. La ricerca in campo medico ha contribuito a volgarizzare il concetto di prevenzione della disabilità e l attenzione più o meno indotta degli uomini di governo nei confronti dei temi legati alla solidarietà sociale ha prodotto un corpus legislativo sostanzialmente mirato a bilanciare, attraverso una serie di norme per la concessione di benefici, lo svantaggio sociale determinato dalla disabilità. Le istituzioni, tra cui la scuola in modo particolare, hanno contribuito in maniera determinante alla realizzazione di spazi sociali comuni. L approfondimento delle conoscenze scientifiche ha consentito il miglioramento della prognosi circa gli aspetti evolutivi derivanti dalla disabilità accrescendo l adattamento relazionale della persona diversamente abile togliendola dalla gabbia familiare in cui ignoranza e vergogna l hanno costretta fino a qualche decennio fa. Per loro, il concetto di sport si è lentamente sviluppato nell arco di quasi mezzo secolo, le prime sperimentazioni risalgono agli anni 50 in Inghilterra, subito riproposte agli inizi degli anni 60 in Italia. Soltanto nell ultimo trentennio la diffusione della pratica sportiva fra le persone con disabilità è diventata rilevante. Cercare di avvicinare, comunque, due realtà apparentemente inconciliabili sembrava una questione senza possibili soluzioni. Da una parte, il mondo dello sport che, in virtù di una dominate cultura mediatica, evoca nell immaginario collettivo l idea di un atleta emblema e sintesi della perfezione, della bellezza e della abilità - questo aspetto incide in particolare nella nostra cultura che impregnata dal mito classico dell atleta che conquistando l alloro di Olimpia assurgeva al ruolo di semidio e, dall altra, il mondo della disabilità popolato da persone che, in quanto menomate spesso, hanno ancora, come unico riferimento, la malattia. Le affinità e le uguaglianze tra i due mondi possono essere trovate esaminando i fattori che caratterizzano ambedue le realtà, quella dello sport e quella della disabilità. In entrambe abbiamo: la persona, con la propria abilità e determinazione, l obiettivo che si vuole raggiungere con i relativi ostacoli da superare, il contesto in cui si agisce fatto di regole e persone. Le due persone, il disabile e il non disabile, usano le stesse risorse cioè le proprie abilità, facendo leva sulla determinazione personale e condividono anche lo stesso obiettivo: raggiungere il confine dei propri limiti attraverso il superamento di ostacoli. La pratica sportiva separa le disabilità, che sono una competenza della pratica riabilitativa, valorizzando le abilità che rappresentano le uniche competenze richieste. La persona in tuta da ginnastica è un giocatore, un atleta non un disabile; la carrozzina o l ausilio utilizzato nella disciplina prescelta non è un fattore discriminante riconducibile alla disabilità ma un elemento proprio dello sport praticato. In palestra non vedremo mai dei disabili in carrozzina che giocano a basket ma degli atleti che giocano a basket in carrozzina. Il contesto è rappresentato dall insieme di regole, di organismi, di strutture che sovrintendono allo sport in generale ma è, anche, l insieme di atteggiamenti stigmatizzati secondo cui la separatezza tra sport e Donatella Donati -Pagina 4 di 5
5 disabilità è incolmabile: discipline sportive non riconosciute ufficialmente, organismi competenti differenziati, impiantistica non accessibile, manifestazioni separate. Anche in questo caso bisogna scalfire luoghi comuni e false convenzioni con la certezza che nello sport è possibile per tutti confrontarsi, mettersi in discussione, soffrire e gioire. E probabile che il maggior vantaggio dello sport rispetto ad altre attività rivolte alle persone con disabilità, sia quello di favorire l'integrazione sociale. Nell'attività sportiva viene stimolata la crescita attraverso il gruppo, nonché la valenza formativa e le occasioni di apprendimento che si verificano al suo interno. Appartenere ad una squadra, confrontarsi con gli altri e condividere le emozioni suscitate dall'attività, sono tutte esperienze fondamentali per la crescita personale nella sua dimensione relazionale. Una simile funzione socializzante ne rende la pratica ancora più importante per il disabile: sperimentare la vita di gruppo costituisce una notevole opportunità di sviluppo e, al contempo, permette di apprendere modelli di comportamento più appropriati al vivere sociale (Wehman e Schleien, 1980). Giacché lo sport costituisce non solo un efficace strumento di crescita psicofisica dell'individuo e, quindi, anche della persona con disabilità ma, anche, un importante fattore aggregativo e formativo, occorre che la sua pratica sia liberata dalla competitività esasperata, ponendo in primo piano i bisogni dei protagonisti (Castelli, op. cit.). Tali bisogni si differenziano non solo in base all'età, ma anche in rapporto alla condizione generale della persona ed alle sue aspettative. Solo in un contesto rispettoso delle capacità di ciascuno, la pratica sportiva può configurarsi per tutti come un momento di partecipazione e di crescita della personalità. Da ciò derivano due importanti implicazioni: in primo luogo, è necessaria un'approfondita opera di preparazione e formazione di tutti coloro che si occupano di attività sportive (allenatori, formatori, compagni di squadra, ecc.), in modo tale da favorire la comprensione degli specifici bisogni del disabile. In secondo luogo è fondamentale dar vita a quegli adattamenti delle attività sportive (nelle regole, nelle attrezzature, ecc.), che permettano al soggetto con disabilità di essere protagonista e non solo spettatore degli sport più diffusi tra i propri coetanei. Solo in questo modo si favorirà l'integrazione della persona con disabilità, che non sarà più relegato ad attività elementari, che non suscitano l interesse dei pari. Sottovalutare questi due fattori ha fatto si che in passato sia stata considerata improponibile l integrazione della persona con disabilità nelle pratiche sportive aperte a tutti, dando vita, invece, a quelle attività sportive speciali per disabili che finiscono con l'avere un sottile aspetto di segregazione (Block, 1994). L'attenta considerazione dei due precedenti fattori permette, viceversa, di rendere lo sport strumento d'integrazione. Soprattutto consente d'introdurre gradualmente elementi di competizione nelle attività sportive svolte anche da disabili: se è un diritto di questi, infatti, vivere una vita la più normale possibile, è anche loro diritto essere posti nelle condizioni di sperimentare e di vivere in modo sano e costruttivo il confronto e la competizione con gli altri. COMITATO ITALIANO PARALIMPICO_sede ROMA (ex FEDERAZIONE ITALIANA SPORT DISABILI) COMITATO Regionale Veneto CIP_sede Padova SPECIAL OLYMPICS_ITALIA_ ONLUS_ sede Roma Donatella Donati -Pagina 5 di 5
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