IL PROCESSO DI BARCELLONA E LA STRATEGIA DI LISBONA: UN BILANCIO A META DEL PERCORSO 1

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1 IL PROCESSO DI BARCELLONA E LA STRATEGIA DI LISBONA: UN BILANCIO A META DEL PERCORSO 1 1. Un bilancio del processo d integrazione alla luce dei dati La strategia di Lisbona e il processo di Barcellona sono accomunati dalla stessa data di scadenza e dalla parziale delusione che hanno generato per gli scarsi risultati raggiunti finora. Secondo i programmi, entro il 21 dovrebbe giungere a compimento la strategia di Lisbona ( fare divenire l Europa l economia più competitiva e dinamica basata sulla conoscenza ). Nello stesso anno è anche prevista la realizzazione dell area di libero scambio euro-mediterranea, la più grande al mondo, con oltre 4 paesi e quasi 8 milioni di persone. Secondo le attese, avrebbe dovuto verificarsi un netto rilancio degli scambi tra i paesi dell Unione Europea e quelli della sponda sud del Mediterraneo, oltre che tra questi ultimi, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Al contrario, a una fase caratterizzata dall intensificarsi dell integrazione commerciale iniziata a partire dalla metà degli anni ottanta, ha fatto seguito, negli anni novanta, un rallentamento nella tendenza. È vero che i flussi commerciali hanno mostrato un netto incremento in valore tuttavia, benché la Ue sia rimasta il principale partner commerciale, il suo peso sul totale dei flussi d interscambio dei paesi del Mediterraneo è rimasto immutato. Ed è a sua volta rimasto sostanzialmente invariato e su livelli assai modesti il peso di quest area sulle esportazioni ed importazioni complessive dell Ue (il poco più del 3%). L asimmetria continua a caratterizzare i rapporti tra le due aree, come si osserva da pochi dati 2 : l Ue soddisfa oltre il 45% della domanda d importazioni dei paesi del Mediterraneo e assorbe la metà delle sue esportazioni, ma per i paesi europei l area ha un importanza molto più ridotta sia come mercato si sbocco che come mercato di approvvigionamento (considerando il commercio extra Ue, intorno al 1%). Questa asimmetria si nota anche nel commercio con l Italia, cui i paesi membri dell accordo hanno destinato circa il 12% delle esportazioni, mentre essi per l Italia rappresentano appena il 6% del totale delle esportazioni e l 8,5% degli acquisti dall estero 3. Le cause del ritardo nel cammino dell integrazione commerciale, ribadito da alcune analisi quantitative basate sui modelli gravitazionali, sono anche da attribuire all estrema gradualità prevista fin dall inizio dall accordo, che stabiliva tempi di liberalizzazione diversi per vari gruppi di prodotti: più rapidi per quelli intermedi, più lenti (dodici anni) per i beni di consumo, mentre i prodotti agricoli erano stati in un primo tempo (e fino al 1 Redatto da Giorgia Giovanetti ed Elena Mazzeo, Istituto Nazionale per il Commercio Estero - Area Studi, Ricerche e Statistiche. Le opinioni espresse non riflettono necessariamente quelle dell Istituto di appartenenza. 2 Dati di fonte FMI DOTS, relativi al periodo gennaio ottobre I dati sull interscambio con l Italia sono di fonte ISTAT e relativi all anno 25. Newsletter Scambi internazionali

2 2) esclusi dal processo di apertura. È inoltre da sottolineare che si è verificata una riduzione del peso degli scambi collegati con i processi di delocalizzazione e, quindi, i flussi legati al traffico di perfezionamento: questo rallentamento può essere collegato anche all accelerazione dell integrazione con i paesi dell Europa Centrale e Orientale (PECO). Dal punto di vista dell attrazione di IDE, il quadro si mostra ancor più deludente: l area è risultata pressoché emarginata dai flussi che a partire dagli anni novanta sono stati maggiormente attratti dai paesi dell Europa centrale e orientale. L ammontare dei flussi in entrata è cresciuto ma la loro quota sugli stock di IDE in entrata nei paesi in via di sviluppo è diminuita dall 11,2 per cento al 7,4 per cento tra il 199 e il Pesano da una parte problemi di natura economica: altre aree e paesi sono divenuti destinazioni più convenienti offrendo costi, in particolare quelli del lavoro, più bassi oltre che manodopera più qualificata (si pensi ad alcuni paesi asiatici e a quelli dell Europa orientale). A ciò vanno aggiunti i gravi problemi di contesto ambientale, l instabilità politica, gli attacchi terroristici, il perdurare del conflitto israelo-palestinese, uniti a forti carenze istituzionali, tra cui l inefficienza della pubblica amministrazione, l incertezza giuridica che pesa molto sulle transazioni con gli investitori stranieri e la scarsità ed arretratezza delle reti infrastrutturali. La distribuzione dei flussi peraltro si presenta assai disomogenea, essendosi diretti in prevalenza verso Turchia, Marocco, Algeria e, tranne che negli ultimi anni, Israele ed Egitto. In quest ultimo paese la metà circa dei flussi di IDE viene assorbita dal settore manifatturiero, in particolare chimica, materiali da costruzione, agro-alimentare, metallurgico e tessile. In Tunisia sono assai numerose le imprese presenti nei settori del tessile, pelli e calzature, anche se è nel settore degli impianti estrattivi che si rivolgono gli investimenti di dimensioni più rilevanti. In questi due paesi vi sono cospicui investimenti nel settore turistico. In Turchia la distribuzione è molto meno concentrata e si distribuisce tra diversi settori produttivi, tra cui in primo luogo il tessile e abbigliamento, seguito da mezzi di trasporto, meccanica, chimica e alimentare. 2. I rapporti economici tra l Italia e i paesi del Mediterraneo Italia, Germania e Francia rappresentano, tra i paesi dell Ue, i principali partner dei paesi mediterranei coprendo oltre la metà dei flussi da e verso l Unione. L Italia che nel complesso dell area detiene una quota del 7,5% 5, gode in alcuni dei paesi di una posizione privilegiata e ormai consolidata: essa costituisce, dopo Francia e Germania il terzo paese fornitore e, dopo gli Stati Uniti, il secondo mercato di sbocco. La presenza di prodotti italiani è maggiore in Libia (l Italia è il primo paese fornitore con una quota che nei primi dieci mesi del 25 è intorno al 21% delle importazioni totali) e in Tunisia (dove 4 UNCTAD, Word Investment Report, V. nota 1. Newsletter Scambi internazionali

3 l Italia è il secondo fornitore, dopo la Francia, con una quota del 22% nei primi dieci mesi del 25); rimane alta, anche se immutata o leggermente inferiore rispetto alla metà degli anni Novanta, la quota dell Italia in altri paesi del Nord Africa come Egitto, Algeria, Marocco e in Turchia (tra il 6 e il 7%) mentre oscilla intorno al 4 nei paesi più piccoli come Giordania, Israele e Siria. Il saldo dell Italia con i paesi dell area ha segno negativo: nel 25 il suo valore (quasi -9 miliardi di euro, escludendo Cipro e Malta) è stato quasi il doppio di quello registrato nel 24, a causa soprattutto del deficit con Algeria e Libia, due dei nostri principali fornitori di prodotti energetici. Con tutti gli altri paesi dell area, a eccezione della Siria, altro fornitore di petrolio, il saldo dell Italia è attivo. Per quanto riguarda i fenomeni di internazionalizzazione produttiva, secondo i dati dell indagine ICE-Reprint disponibili al 24, si contano nell area MEDA quasi 1. imprese a partecipazione italiana. Nei paesi dell area le nostre multinazionali impiegano oltre 88 mila addetti, realizzando un fatturato superiore ai 1 miliardi di Euro. I paesi del mediterraneo non appartenenti all Ue contano per oltre il 6% delle partecipazioni italiane nel mondo quanto a numero di partecipate, mentre l incidenza degli addetti è superiore e pari all 8% del totale. Dal 1999 agli inizi del 24, la crescita delle partecipazioni nei Meda in termini di imprese è risultata pari al 7,3% (66 unità in più), gli addetti impiegati sono aumentati del 14%, mentre il fatturato delle partecipate è salito del 46%. Per gli investitori italiani i settori di maggiore interesse nei paesi MEDA sono riconducibili ai comparti tradizionali del tessile abbigliamento, che rappresenta circa un quarto delle imprese locali partecipate e assorbe oltre un quarto dei relativi occupati. A questo settore si aggiunge il commercio all ingrosso. Significativa appare inoltre la consistenza degli investimenti italiani nell industria calzaturiera, nella meccanica e nei materiali per l edilizia. Meta privilegiata degli investimenti italiani nell area è la Tunisia che occupa il nono posto nella graduatoria complessiva dei paesi destinatari di IDE. In questo paese sono ubicate quasi la metà delle multinazionali italiane operanti nell area, solo lievemente inferiore risulta essere la quota in termini di occupazione. La presenza italiana appare rilevante anche in Marocco, Turchia ed Egitto. 3. Conclusioni e strategie per il futuro In conclusione, a meno di cinque anni dal traguardo è ormai quasi certo che entrambi gli obiettivi, quelli fissati con la strategia di Lisbona per l Unione Europea e quelli previsti dall accordo di Barcellona, stabiliti forse in maniera troppo ambiziosa ed ottimistica, non siano più raggiungibili, ma appare chiara l importanza che entrambi i processi ricevano una nuova spinta propulsiva. Peraltro, un rilancio di ciascuno dei due processi avrebbe certamente conseguenze positive sull altro. Newsletter Scambi internazionali

4 Infatti, un area del Mediterraneo più pacifica, dinamica e più integrata potrebbe costituire senza dubbio un fattore positivo per l Europa intera e in particolare per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come l Italia e, in primo luogo, le regioni del Mezzogiorno, che vi troverebbero un partner economico più dinamico, sicuro e affidabile. D altro canto anche un Europa più competitiva e innovativa non potrebbe che favorire i paesi della sponda Sud del Mediterraneo, che trarrebbero indubbi vantaggi dalle ricadute positive di un rinnovato flusso d investimenti produttivi, soprattutto se compiuti da imprese con un maggiore tasso di conoscenza e innovazione. È molto importante che l Unione Europea abbia intrapreso la strategia, chiamata di Politica Europea di Vicinato (European Neighborhood Policy) rivolta specificamente ai paesi vicini non coinvolti nel processo di allargamento, quindi oltre che ai paesi del partenariato euro-mediterraneo anche ai tre paesi del Caucaso (Georgia, Azerbaijan e Armenia) e ad altri paesi dell Europa dell Est (Ucraina, Moldavia, Bielorussia e Russia con uno status particolare). In termini di politica commerciale questa strategia non sostituisce la rete di accordi bilaterali esistenti, ma la integra con un sostegno alla realizzazione di riforme economiche. I prossimi anni avranno dunque una fondamentale importanza per dare un impulso rinnovato a questi due processi, tentando di superare alcuni degli ostacoli che ne hanno finora impedito la realizzazione. Alle istituzioni politiche dell Unione Europea nella delicatissima fase attuale viene richiesto di mostrare maggiore coraggio nel dialogo con i paesi dell area del Mediterraneo, affrontando anche le questioni politiche più spinose, quali quelle relative al rispetto dei diritti umani universali, alla prevenzione del terrorismo, ai problemi connessi con i flussi migratori e alla realizzazione delle riforme necessarie, sempre nel rispetto delle specificità culturali di ogni paese. Newsletter Scambi internazionali

5 Integrazione commerciale tra Unione Europea e paesi del Mediterraneo (pesi in % sul totale, in dollari correnti) ,1 Esportazioni 48,1 51,6 5,2 2 8,7 8,7 9,2 8,8 3, 3,3 3,5 3, Esportazioni dei MED verso la UE Esportazioni UE verso i MED Esportazioni UE verso i MED sul totale extra UE 35. Flussi di IDE in entrata (valori in milioni di dollari) Fonte: elaborazioni ICE su dati UNCTAD, WIR 25 Paesi del Mediterraneo Europa centro orientale Newsletter Scambi internazionali

6 Dinamica degli stock di IDE in entrata (variazioni percentuali dei valori in dollari correnti) Mondo Paesi del Mediterraneo PVS Europa centro orientale Fonte: elaborazioni ICE su dati UNCTAD, WIR 25 grafico 3 INTERSCAMBIO DELL'ITALIA CON PAESI DELL'ACCORDO DI BARCELLONA* (25, valori in milioni di euro) * i paesi sono ordinati in base alla graduatoria delle esportazioni italiane, Cipra e Malta sono entrati nella Ue Turchia Tunisia Israele Egitto Fonte: elaborazioni ICE su dati ISTAT Libia Algeria Marocco Libano Siria Giordania Cisgiordania/Striscia di Gaza Esportazioni Importazioni Saldi Newsletter Scambi internazionali

7 gen-ott gen-ott Algeria 8,6 9, 9,9 9, 1,7 9,6 9,5 8,2 7,9 7,1 Cipro 8,2 9,4 9, 9,2 8,5 9,2 9,8 1,5 1,6 11,4 Egitto 7,1 6,7 6,6 7,1 5,1 6,3 7, 6,6 6,7 6, Giordania 6, 5, 4,2 3,6 3,3 3,5 3,8 3,8 3,6 3,4 Israele 6,9 6,7 5,3 4,7 5, 4,6 4,1 3,8 3,8 4, Libano 13,2 11,5 1,9 1,9 11,3 11,3 1,8 11,3 11,7 1,9 Libia 2,1 21,6 23,8 25,9 28,7 25,1 27,9 25,2 26,1 2,7 Malta 2,2 21,4 16,7 16,8 16,8 22,2 23,1 25,4 25, 31,6 Marocco 5,4 6,3 5,9 4,7 5, 5,8 7,1 6,6 6,3 5,4 Siria 7,3 6,5 5,6 8,8 8,4 8, 6,9 4,3 4,3 3,9 Tunisia 19, 19,6 19,8 19,1 19, 19,5 19,9 19, 19, 22,2 Turchia 9,2 9,2 7,9 8, 8,4 7,9 7,9 7,1 7,1 7, MONDO 4, 4,2 3,9 3,5 3,6 3,7 3,7 3,6 3,6 3,4 Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI-DOTS Quote di mercato dell'italia (calcolate sulle importazioni dei paesi) Newsletter Scambi internazionali

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