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1 Corso post-universitario di specializzazione in Commercio Estero "Esperto d'internazionalizzazione di impresa" D I S P Il bilancio preventivo E N S A a cura di Michele Pisani

2 Il Piano Economico Finanziario 1. Introduzione Il lavoro preliminare alla redazione del bilancio preventivo Il modello economico e finanziario di redazione del P.E.F La procedura di costruzione del P.E.F.: le fasi, i dati necessari e le determinazioni quantitative La produzione di moneta L autofinanziamento operativo lordo La preventivazione del margine di contribuzione La preventivazione dei costi operativi fissi Il flusso di cassa operativo corrente La stima del capitale circolante netto commerciale (CCNc) L effetto del trattamento di fine rapporto (TFR) e dei fondi rischi e oneri Le imposte L assorbimento di moneta Gli investimenti operativi Gli investimenti finanziari Il servizio dei debiti in essere La raccolta di moneta La sintesi dei risultati La presentazione delle stime reddituali nel conto economico preventivo La presentazione delle stime patrimoniali nello stato patrimoniale preventivo La valutazione del bilancio preventivo La valutazione delle ipotesi La fattibilità finanziaria La convenienza economica Le simulazioni Il budget di cassa...59 Appendice: start-up calzaturificio...66 Per saperne di più

3 1. Introduzione La gestione di un impresa viene normalmente analizzata impiegando: bilanci consuntivi; indicatori costruiti con quantità-livello (es. ROE, ROI, D/E etc.). L indagine condotta seguendo solo questa strada, tuttavia, soffre di due limiti rilevanti: l attenzione è concentrata su aspetti statici della gestione, che non consentono di percepire l evoluzione delle operazioni aziendali; si guarda alla gestione del passato. E soprattutto l ultimo limite ad apparire il più grave. Infatti, se è vero che l impresa è un fenomeno di tempo che ha un senso non in quanto è stata o è ma in quanto sarà, compiere analisi facendo ricorso a bilanci storici è come guidare un automobile guardando costantemente nello specchietto retrovisore. Senza dire che l analisi storica non è applicabile per la valutazione di iniziative imprenditoriali di nuova costituzione. Da qui nasce l esigenza di redigere dei bilanci preventivi, traducendo determinate ipotesi di futuro svolgimento della gestione in grandezze economico-finanziarie. L impiego di questi strumenti permette di ricreare, come in una sorta di laboratorio, il funzionamento aziendale e di simulare gli effetti che differenti politiche gestionali sono destinate a produrre in futuro sugli assetti economici, finanziari e patrimoniali dell impresa. La logica del bilancio preventivo trova molteplici ambiti di impiego. Essa si applica infatti: - ad imprese in fase di costituzione o nell avvio di un nuovo ramo di azienda, per individuare gli assetti gestionali più opportuni; - ad imprese già in funzionamento, per orientare i futuri programmi di gestione. Si pensi ad esempio alla necessità di valutare l impatto di una nuova strategia, oppure, in momenti patologici, la bontà di una piano di ristrutturazione (cd. turnaround); - a singoli progetti di investimento, per giudicarne la fattibilità e la convenienza. - nelle operazioni di project financing, oggi sempre più numerose, per giudicare la sostenibilità dell iniziativa progettata; In tutti questi casi, attraverso la costruzione del preventivo, le operazioni di gestione vengono tradotte in numeri che potranno essere di supporto alla comprensione della sostenibilità finanziaria e alla convenienza economica del progetto imprenditoriale. 2. Il lavoro preliminare alla redazione del bilancio preventivo La costruzione del P.E.F. (o bilancio preventivo) è il momento finale di un articolato processo di descrizione di un progetto imprenditoriale che inizia dall analisi strategica, prosegue con la definizione della strategia aziendale e culmina con l individuazione dei piani di azione il cui svolgimento determinerà i risultati economici e finanziari che, opportunamente sintetizzati, permetteranno di valutare la sostenibilità finanziaria e la convenienza economica del progetto. Si veda, in proposito, tavola 1. 2

4 Tavola 1: dall analisi strategica al piano economico e finanziario. analisi strategica analisi ambiente analisi azienda generale settore risorse competenze opportunità/ minacce assumptions esterne Fattori critici di successo strategia piano d azione dove competere come competere piano economico-finanziario forze/ debolezze assumptions interne L analisi strategica consiste in una serie di indagini preliminari condotte all esterno e all interno dell azienda, volte a verificare la coerenza tra l ambiente nel quale l azienda si troverà ad operare e le risorse e le competenze di cui essa dispone o dovrà disporre per poter crescere e prosperare. L analisi strategica d ambiente è rivolta all esterno dell azienda ed è finalizzata alla formulazione di un giudizio complessivo sull attrattività del segmento di mercato obiettivo, che aiuti ad individuare le principali minacce che potrebbero pregiudicare il successo del progetto imprenditoriale e le opportunità di sviluppo dello stesso. In altre parole, attraverso l analisi esterna si vogliono individuare i fattori critici di successo su cui agire per conquistare vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. L analisi strategica interna, invece, è volta ad individuare i punti di forza e di debolezza dell azienda in relazione alla capacità di agire sui fattori critici di successo individuati durante l analisi esterna. In particolare, l analisi interna dovrebbe produrre informazioni sulle «risorse e sulle competenze distintive» di cui essa dispone o dovrà dotarsi. L analisi strategica culmina con il confronto tra le minacce e le opportunità offerte dall ambiente ed i punti di forza e di debolezza dell azienda. Un tale confronto, infatti, permette di definire le strategie competitive e le strategie funzionali attraverso le quali si darà vita al progetto imprenditoriale. Al fine di dare concretezza e credibilità alla strategia formulata sui risultati dell analisi, è opportuno illustrare in maniera precisa e dettagliata le modalità operative attraverso le quali si intendono raggiungere gli obiettivi aziendali. I documenti che descrivono il collegamento tra le intenzioni strategiche e le grandezze economiche e finanziarie conseguenti alle scelte intraprese sono normalmente chiamati piani di azione o programmi di gestione. Non esiste una modalità precisa di traduzione delle scelte strategiche in piani di azione, dal momento che questi varieranno in funzione della tipologia di settore su cui opererà l azienda e dalle strategie competitive e funzionali che questa deciderà di adottare. Tuttavia, è opportuno che i piani contengano informazioni relative alle ipotesi di futuro svolgimento della gestione aziendale (assumption). In particolare i contenuti generali di un piano di azione dovrebbero riguardare la descrizione di almeno i seguenti punti: 3

5 volumi di produzione e vendita, prezzi-ricavo e prezzi-costo variabili unitari; investimenti da realizzare e politica di assunzione del personale; costi di politica (ricerca e sviluppo, formazione del personale, pubblicità) e costi riconducibili alla struttura aziendale (manodopera indiretta, spese generali, ammortamenti e accantonamenti); Tali contenuti dovranno naturalmente essere adattati alle logiche economiche specifiche del progetto imprenditoriale, in maniera tale da tradurre i piani di azione futuri in valori economici e finanziari contenuti nei documenti che compongono il bilancio preventivo (conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario). Per passare dalle informazioni contenute nei piani di azione alla redazione di prospetti di sintesi che permettono di valutare la fattibilità finanziaria e la convenienza economica del progetto imprenditoriale è necessario: 1. definire un modello di rappresentazione dei risultati economico-finanziari del piano; 2. individuare le determinanti dei risultati, ovvero di quelle variabili che esplicitano le relazioni tra le operazioni di gestione e la conseguente produzione di quantità economiche e finanziarie; 3. individuare le leve di gestione su cui agire per influenzare le determinanti. In altre parole, è necessario, da un lato, descrivere come si formano i risultati, dall altro comprendere, come se ne governa la formazione al fine di stimare i valori dei futuri ricavi, costi, investimenti e finanziamenti. 3. Il modello economico e finanziario di redazione del P.E.F Per proiettare in chiave patrimoniale, economica e finanziaria le assumption contenute nei piani di azione è necessario disporre di uno schema interpretativo che consenta di mettere a sistema le relazioni tra le determinanti dei risultati e le grandezze di derivazione contabile ad esse associate. Con riferimento a questo schema si può parlare di modello economico finanziario. Il modello economico e finanziario a cui si fa riferimento richiede una lettura della gestione per aree omogenee di operazioni (operativa, finanziaria, tributaria). Questa chiave di lettura aiuta ad ordinare sia i risultati, sia le informazioni relative alle determinati dei risultati. Quando il progetto è articolato su più Aree Strategiche di Affari (ASA), 1 tali informazioni devono essere elaborate in modo tale da evidenziare il contributo di ciascuna ASA alla formazione dei risultati economici e finanziari e rendere, così, più agevole il successivo momento di valutazione. Si veda, in proposito, tavola 2. 1 Le ASA possono essere individuate in corrispondenza di combinazioni originali di una o più unità prodotti/mercati/tecnologie, tali da possedere un autonoma logica competitiva ed economica e richiedere, quindi, la definizione di un profilo strategico ad hoc. 4

6 Tavola 2: la costruzione del modello economico-finanziario piano d azione aree di gestione modello economico-finanziario P.E.F individuazione risultati economico-finanziari del piano rilevanti e del modello di loro rappresentazione ricostruzione delle determinanti dei risultati economico-finanziari Conto Economico Stato Patrimoniale Rendiconto finanziario operativa finanziaria tributaria assumptions evoluzione delle determinanti nel periodo di piano livello ASA livello azienda livello azienda La strutturazione dei risultati per aree di gestione caratterizza tutti e tre i documenti che compongono il bilancio preventivo. Il conto economico evidenzia per primo il Margine Operativo Netto (MON), cioè il reddito atteso dallo svolgimento delle operazioni pertinenti alla gestione operativa dell azienda. Sommando al MON il saldo di eventuali proventi o perdite derivanti dall impiego di eccedenze monetarie in investimenti finanziari si ottiene il Reddito Ante Oneri Finanziari (RAOF). Dal RAOF si sottrae il saldo di eventuali proventi o oneri della gestione straordinaria, le imposte e gli oneri finanziari e si determina il reddito netto. Muovendo da questa aggregazione di valori, è possibile presentare la strutturazione dell'intero conto economico preventivo, comprensivo della: gestione ordinaria; gestione straordinaria; gestione tributaria. Si veda, in proposito, tavola 3. 5

7 Tavola 3: il modello di conto economico risultati reddituali ricavi operativi - costi operativi = margine operativo netto ± proventi/perdite finanziari = reddito ante oneri finanziari - oneri finanziari = reddito ordinario ± proventi/oneri straordinari = reddito ante imposte - imposte dell esercizio = reddito netto area operativa area finanziaria area tributaria Per determinare il MON si fa riferimento al modello a margine di contribuzione. La logica che è sottesa a questo modello è molto semplice. La redditività aziendale, infatti, è fortemente influenzata dalla struttura dei costi, ossia dalla loro ripartizione tra: costi variabili; costi fissi. I costi variabili sono strettamente correlati ai volumi di attività. Queste voci di costo, il cui tipico esempio sono le materie prime e le lavorazioni, variano proporzionalmente al variare dei volumi di produzione e/o di vendita. I costi fissi, al contrario, sono costituiti da tutte quelle voci di costo che non risentono della variazione dei volumi di produzione e/o di vendita. Rientrano in questa categoria i costi di struttura (personale non direttamente impiegato nelle attività di produzione, canoni, affitti e altre spese generali), i costi di politica (spese di R&S, pubblicità, formazione etc.), gli ammortamenti e gli accantonamenti di natura operativa. Si veda, in proposito, tavola 4. Quando un progetto imprenditoriale è riferito ad un azienda che opera, od opererà, su più aree strategiche di affari (ASA), è opportuno separare i costi fissi e i costi variabili in funzione dell ASA che li ha generati, in modo da identificare il margine di contribuzione di ASA, ovvero il contributo che l ASA offre in termini di copertura dei costi fissi aziendali. Sebbene la separazione dei costi variabili per ASA sia abbastanza agevole, la attribuzione dei costi fissi a ciascuna ASA richiede un ulteriore criterio di classificazione dei costi, quella basata sulla distinzione tra costi fissi specifici e costi fissi comuni. Infatti, oltre ai costi fissi che l azienda non sosterrebbe se non operasse in una determinata ASA (i costi specifici di ASA) è opportuno tenere conto delle attività che sono svolte in comune tra più ASA (le quali generano costi di natura comune rispetto alle ASA). La costruzione del Conto Economico di un azienda che opera su più ASA dovrebbe, pertanto, avvenire imputando singolarmente i ricavi e i costi variabili «specifici» di ciascuna ASA da cui determinare, per differenza, un margine di contribuzione di primo livello. Successivamente, è opportuno imputare i costi fissi «specifici» di ASA, identificando un secondo margine di contribuzione (Margine Semilordo di Contribuzione), in grado di segnalare la capacità della stessa di coprire di costi fissi comuni relativi all intera struttura. I costi comuni, invece, non vengono ripartiti, ma sono considerati a livello complessivo di azienda. 6

8 Tavola 4: il modello di redditività operativa ricavi di vendita - costo variabile del venduto = margine di contribuzione (MdC) - costi di struttura - costi di politica - accantonamenti operativi - ammortamenti costi fissi = margine operativo netto (MON) Una volta determinato il Margine Semilordo di Contribuzione per ogni singola ASA, la costruzione del Conto economico prosegue solo per valori riferiti all azienda nel suo complesso. In particolare, dal Margine Semilordo di Contribuzione si detraggono i costi comuni di struttura, di politica, gli ammortamenti e gli accantonamenti comuni per giungere MON. Si veda, in proposito, tavola 5. Tavola 5: il modello economico per ASA ricavi vendita ASA - costo variabile del venduto ASA = margine lordo di contribuzione ASA - costi fissi di struttura ASA - costi fissi di politica ASA - accantonamenti ASA - ammortamenti ASA = margine semilordo contribuzione ASA - costi fissi struttura comuni - costi fissi politica comuni - accantonamenti comuni - ammortamenti comuni = margine operativo netto (MON) ASA 1 ASA N totale x y xy x y xy z La logica di presentazione dei risultati economici per aree di gestione è utilizzata anche per la costruzione dello stato patrimoniale. Questo è strutturato secondo il modello a capitale investito e capitale raccolto, nel quale i valori sono elencati attraverso determinati margini che 7

9 sintetizzano le modalità di formazione dei fabbisogni finanziari netti per area di gestione e le relative forme di copertura. Il primo margine, il Capitale Circolante Netto Commerciale (CCNc), esprime la consistenza del fabbisogno finanziario derivante dal ciclo operativo al netto dei debiti verso i fornitori e di altre passività spontanee legate allo svolgersi del ciclo (debiti tributari). Il secondo margine è il Capitale Operativo Investito Netto (COIN), il quale esprime il volume complessivo degli investimenti richiesti dalla gestione operativa al netto delle passività spontanee complessive suscitate dalla stessa, ossia al netto non solo dell indebitamento verso fornitori ma anche di tutti gli accantonamenti legati alla gestione operativa (TFR; fondi spese; fondi rischi). L'aggregato esprime il fabbisogno finanziario netto totale riconducibile alla gestione operativa. Aggiungendo al COIN eventuali investimenti finanziari si ottiene il complessivo fabbisogno finanziario della gestione visto nelle sue aree fondamentali. Si veda, in proposito, tavola 6. Tavola 6: il modello patrimoniale: gli investimenti margini patrimoniali attività legate al ciclo operativo - passività legate al ciclo operativo = capitale circolante netto commerciale + immobilizzazioni operative nette - passività legate alla struttura operativa - T.F.R. = capitale operativo investito netto + investimenti finanziari = capitale investito netto investimenti Il fabbisogno rappresentato dal capitale investito netto trova copertura attraverso il capitale proprio ed i mezzi di terzi negoziati nelle forme tecniche del credito a breve termine e a mediolungo termine. Si veda, in proposito, tavola 7. Analogamente a quanto già visto per il conto economico, se l azienda opera su più ASA, lo stato patrimoniale dovrebbe evidenziare per ciascuna ASA gli elementi patrimoniali attivi e passivi specifici di ciascuna ASA e tenere separate le poste attive e passive relative alle attività comuni alle varie ASA, ossia tutte quelle attività non specificamente e oggettivamente attribuibili a ciascuna di esse. Salvo situazioni particolare, i finanziamenti si riferiscono all azienda nel suo complesso e pertanto non sono necessarie modifiche alla rappresentazione dei valori pertinenti al capitale raccolto. Si veda, in proposito, tavola 8. 8

10 Tavola 7: il modello patrimoniale: i finanziamenti margini patrimoniali capitale sociale + fondi di riserva + utile/perdite di esercizio = capitale proprio + debiti finanziari netti debiti finanziari a m-l termine + debiti finanziari a breve termine - liquidità = capitale raccolto finanziamenti Tavola 8: lo stato patrimoniale per ASA attività legate al ciclo operativo ASA - passività legate al ciclo operativo ASA = capitale circolante netto comm. ASA + immobilizzazioni operative ASA - passività struttura operativa ASA -T.F.R.ASA = capitale operativo investito netto ASA + capitale circolante netto comm. comune + immobilizzazioni operative comuni - passività struttura operativa comuni -T.F.R.comune = capitale operativo investito netto (COIN) + investimenti finanziari = capitale investito netto (CIN) ASA 1 ASA N totale x y xy x y xy w z Un prospetto di stato patrimoniale così articolato consente di evidenziare separatamente per ciascuna ASA il Capitale Circolante Netto Commerciale (CCNC) ed il Capitale Operativo Investito Netto (COIN) individuando così i fabbisogni finanziari da queste richiesti. Diventa, allora, possibile, compiere valutazioni preliminari di fattibilità finanziaria del progetto che tengano in considerazione il diverso contributo che le ASA apportano in termini di formazione del fabbisogno finanziario complessivo. L ultimo documento su cui si articola il modello economico e finanziario è il rendiconto finanziario preventivo. Questo evidenzia, in primo luogo la liquidità prodotta (o assorbita) dalle operazioni di 9

11 gestione operativa corrente (flusso operativo corrente) e quella complessivamente prodotta (o assorbita) dalla gestione operativa nel suo complesso (Free Cash Flow operativo). Considerando eventuali flussi pertinenti alla gestione di attività finanziarie si determina la liquidità disponibile per il servizio dei debiti (Free Cash Flow al servizio dei debiti). Sottraendo da questa grandezza gli importi relativi agli oneri finanziari e alle quote capitale da rimborsare si ottiene la liquidità disponibile per il servizio dell equity (Free Cash Flow al servizio dell equity) e da questa, considerando le uscite legate al pagamento dei dividendi, il fabbisogno finanziario complessivo. La variazione della posizione finanziaria netta dell esercizio è ottenuta sommando al fabbisogno finanziario complessivo gli importi relativi all accensione di nuovi debiti o all aumento di capitale sociale. Si veda, in proposito, tavola 9. Tavola 9: il modello di rendiconto finanziario flussi finanziari MON + ammortamenti - imposte dell esercizio - variazione CCNc + variazione T.F.R. e altri fondi operativi = flusso di cassa operativo corrente ± investimenti/disinvestimenti operativi = free cash flow operativo ± flusso gestione attività finanziarie = free cash flow al servizio dei debiti - oneri finanziari e rimborso quote capitale = free cash flow al servizio dell equity - dividendi e rimborsi capitale proprio = fabbisogno finanziario complessivo + accensione debiti finanziari + aumenti di capitale proprio = variazione posizione finanziaria netta corrente Quando l azienda opera su più ASA, il rendiconto finanziario dovrà indicare separatamente i flussi operativi prodotti da ciascuna ASA (Free Cash Flow operativo di ASA). Sommando al totale di questi flussi quelli operativi comuni a tutte le ASA si ottiene il free cash flow operativo. Analogamente a quanto visto per lo stato patrimoniale, i flussi relativi alle operazioni finanziarie sono considerati relativi alla azienda nel suo complesso e pertanto non richiedono di modificare lo schema descritto. Si veda, in proposito, tavola

12 Tavola 10: il modello di rendiconto finanziario per ASA margine semi-lordo contribuzione ASA + ammortamenti di ASA - variazione CCNc ASA + variazione T.F.R. e altri fondi ASA = flusso operativo corrente ASA - investimenti operativi netti ASA = free cash flow operativo ASA - costi struttura e politica comuni - variazione CCNc comune - investimenti operativi netti comuni - imposte dell esercizio + variazione T.F.R. e fondi operativi comuni = free cash flow operativo ASA 1 ASA N totale x y xy x y xy z Un modello di rappresentazione del funzionamento dell azienda basato sulle aree di gestione agevola anche la delicata operazione di raccolta dei dati relativi alle ipotesi di futuro svolgimento della gestione. Tale operazione, pur essendo preliminare alla vera e propria costruzione del bilancio preventivo, deve essere condotta con metodo, dal momento che dall accuratezza e dalla completezza delle informazioni disponibili dipende la qualità e l attendibilità del bilancio preventivo. Separando le numerose informazioni, relative alle operazioni che saranno poste in essere, per aree di gestione (operativa, finanziaria e tributaria), è possibile, infatti, razionalizzarne la raccolta e ridurre il rischio che siano trascurati aspetti che potrebbero incidere, anche significativamente, sulla qualità della previsione. Sulla base di queste considerazioni, il modello economico finanziario dovrà essere costruito organizzando i dati di input nei seguenti gruppi di variabili: 1. informazioni relative alla gestione operativa, separate a loro volta, in informazioni relative alla: gestione corrente (previsione dei prezzi ricavo, dei prezzi costo e politiche commerciali); gestione strutturale (previsione degli investimenti e politiche di ammortamento); 2. informazioni relative alla gestione finanziaria, separate in informazioni relative al: servizio dei debiti in essere (quote capitale, oneri finanziari); servizio del capitale di rischio (distribuzione dividendi, rimborso di quote sociali); eventuale gestione di attività finanziarie; 3. informazioni relative alla gestione tributaria, (basi imponibili, aliquote, dinamica dei pagamenti a saldo e in acconto). Attraverso l elaborazione di queste informazioni è possibile: 11

13 1. stimare i flussi di cassa che saranno originati dal programmato svolgersi delle operazioni pertinenti all area della gestione operativa corrente e che verranno impiegati per coprire i fabbisogni finanziari ad essa riconducibili; 2. stimare i fabbisogni finanziari originati dallo svolgersi di operazioni di investimento e di servizio dei debiti in essere. 3. impostare, sulla base delle precedenti informazioni, la definizione di adeguate scelte di politica finanziaria. Queste possono essere tradotte nella accensione di nuovi debiti e/o in aumenti di capitale sociale. Una volta definite le forme di copertura del fabbisogno più adeguate al progetto è necessario integrare le informazioni relative alla gestione finanziaria di cui sopra con quelle relative ai nuovi finanziamenti a titolo di debito o di rischio. Le nuove forme di copertura infatti, possono determinare il sorgere di determinate uscite le quali concorrono, a loro volta, alla formazione di nuovi fabbisogni finanziari. Così, ad esempio, se si decide di accendere un mutuo passivo, dovranno essere considerati gli esborsi monetari relativi al piano di rimborso del mutuo (quote capitale e gli oneri finanziari). L analisi della situazione finanziaria che si viene a creare dopo la copertura di tali fabbisogni suggerirà di rivedere le scelte di politica finanziaria o, qualora ciò non fosse sufficiente, gli stessi piani di azione attraverso un processo iterativo che termina nel momento in cui si ottiene una situazione economica, finanziaria e patrimoniale equilibrata e compatibile con le aspettative di chi propone il progetto. Infatti, se al termine del procedimento il fabbisogno che si crea non è compatibile con la capacità di credito dell azienda (le banche non concedono ulteriori finanziamenti e/o i soci non sono disposti a nuovi versamenti), o si riduce il fabbisogno rivedendo le assumption iniziali o si abbandona il progetto. Se, invece, dopo la fase di raccolta quello che residua è un avanzo finanziario (perché si è raccolto un importo superiore al fabbisogno finanziario), questo va a sommarsi alle disponibilità liquide presenti all inizio dell esercizio o, in alternativa, va a ridurre l eventuale l indebitamento bancario a breve preesistente. In altri termini, la procedura di costruzione del bilancio preventivo si basa sui flussi finanziari originati dal progetto imprenditoriale e sintetizzati nel rendiconto finanziario preventivo. Seguendo il percorso dei movimenti di moneta che scaturiranno dal progetto imprenditoriale è possibile determinare anche tutte le altre informazioni reddituali e patrimoniali necessarie per la costruzione del conto economico preventivo e dello stato patrimoniale preventivo, in modo da disporre di prospetti di sintesi necessari per le successive valutazioni di convenienza economica e di fattibilità finanziaria. Prima di procedere alla descrizione dei singoli passaggi previsti dalla procedura di redazione del bilancio preventivo, è opportuna qualche considerazione in merito all ampiezza: dell orizzonte temporale lungo il quale estendere la previsione delle grandezze economiche, finanziarie e patrimoniali che caratterizzeranno il progetto; dei singoli intervalli di previsione. Con riferimento all orizzonte temporale, una prima distinzione può essere fatta tra progetti che a vita definita (ad esempio iniziative di project financing, attività in concessione, operazioni di leverage buy out) e a vita indefinita. Per i primi, l ampiezza del periodo di previsione dovrebbe coincidere con la durata prevista dal progetto, mentre per i secondi non esiste una soluzione di validità generale. Concettualmente, il periodo temporale più corretto dovrebbe corrispondere a quello nel quale è possibile ottenere una certa stabilità dei flussi finanziari originati dal progetto. Ovviamente, questo periodo varia a seconda dei settori di attività, dei risultati storici ottenuti dalle aziende, del tasso di sviluppo del mercato, dell intensità della concorrenza e delle strategie adottate. All atto pratico, nella maggior parte dei casi si proiettano i risultati attesi su un orizzonte compreso tra i 5 ed i 10 anni, periodo oltre il quale le assumption potrebbero essere poco attendibili. Per quanto riguarda i singoli intervalli di tempo in cui è suddiviso l orizzonte di previsione, normalmente questa coincide con l anno. Tuttavia, potrebbero verificarsi anche dei casi in cui un intervallo così esteso può portare ad una perdita di attendibilità delle informazioni, come ad esempio per le aziende che si trovano a fronteggiare un mercato stagionale; per queste è più opportuno suddividere l intervallo di previsione in sottoperiodi trimestrali o mensili. 12

14 4. La procedura di costruzione del P.E.F.: le fasi, i dati necessari e le determinazioni quantitative La costruzione del bilancio preventivo si articola su quattro momenti, che a loro volta possono essere separati in fasi. I momenti e le fasi sono i seguenti: 1. produzione di moneta preventivazione dell autofinanziamento operativo; preventivazione del flusso di cassa operativo corrente; 2. assorbimento di moneta operazioni della gestione operativa strutturale; operazioni della gestione finanziaria attiva; operazioni della gestione finanziaria passiva (servizio vecchi debiti e distribuzione utili di esercizi precedenti); 3. raccolta di moneta scelta delle forme di copertura del fabbisogno finanziario; calcolo degli oneri finanziari; 4. sintesi dei risultati calcolo delle imposte di competenza dell esercizio; chiusura dei prospetti di bilancio preventivo (conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario). Nei prossimi paragrafi saranno descritti i concetti, la strumentazione tecnica e le modalità di raccolta delle informazioni necessarie per stimare le grandezze economiche e finanziarie che caratterizzano la prima fase del processo di redazione del preventivo, quella relativa alla preventivazione della moneta autoprodotta dallo svolgersi delle operazioni di gestione operativa corrente (acquisto dei fattori produttivi, loro trasformazione e vendita). Le altre fasi saranno descritte nella prossima lezione. Allo scopo di agevolare la comprensione del processo di costruzione del preventivo, sarà fatto continuo riferimento ad un esempio relativo all avvio di una nuova azienda di produzione industriale. Le assumption relative al progetto, sulla base delle quali procedere a determinare le grandezze economiche e finanziarie da sintetizzare nei prospetti di bilancio sono descritte nell appendice A. 5. La produzione di moneta Il primo ostacolo da superare nella costruzione del bilancio preventivo è rappresentato dalla stima del flusso di cassa operativo corrente (FCOC), ovvero la moneta che l azienda autoproduce attraverso lo svolgersi del ciclo operativo della gestione. Per la determinazione del flusso di cassa operativo corrente è necessario preventivare: l autofinanziamento operativo; la variazione del Capitale Circolante Netto commerciale; gli effetti monetari legati al trattamento di fine rapporto (TFR) e all eventuale accantonamento di altri fondi operativi; il pagamento delle imposte. Al termine di questi calcoli, l auspicio è che il flusso di cassa operativo corrente sia positivo: cioè che sia stata prodotta moneta. Tuttavia, si potrebbe anche verificare il caso che già in questa fase la 13

15 gestione non produca ma, piuttosto, assorba risorse. In questa seconda ipotesi si viene a manifestare un fabbisogno per il quale bisogna già iniziare a pensare ad una qualche forma di copertura L autofinanziamento operativo lordo L autofinanziamento operativo lordo rappresenta la moneta potenzialmente prodotta attraverso lo svolgersi dei cicli operativi. Il suo ammontare può essere calcolato, in modo semplice e corretto, nel seguente modo: Margine Operativo Netto (MON) + ammortamenti + svalutazioni =Autofinanziamento operativo lordo Per determinare il MON è necessario seguire un percorso articolato su cinque fasi nelle quali vengono preventivate le seguenti grandezze: 1. margine di contribuzione; 2. costi di struttura; 3. costi di politica; 4. accantonamenti operativi; 5. ammortamenti. Se l azienda opera su più ASA, la preventivazione di tale grandezze dovrà avvenire per ogni singola ASA e a livello complessivo di azienda La preventivazione del margine di contribuzione Per preventivare il margine di contribuzione è opportuno individuare le variabili da cui esso dipende e le determinanti di tali variabili. In generale, il margine di contribuzione è determinato dal prodotto tra il margine di contribuzione unitario e il volume di produzione/vendita realizzato dall azienda. Il primo dipende dalla differenza tra prezzo di vendita e costo unitario variabile di produzione, il secondo dalla quota di mercato e dallo sfruttamento della capacità produttiva. Tali variabili, di carattere generale, sono determinate dalle condizioni specifiche di ciascuna azienda, in relazione al settore in cui questa opera e alla strategia competitiva adottata. Si veda in proposito tavola

16 Tavola 11: le determinanti del margine di contribuzione politiche approvvigionamenti politiche retributive politiche tecnologiche qualità offerta politiche di prezzo prezzi-ricavo ricavi medi unitari prezzi-costo margine contribuzione unitario costi variabili medi unitari contratti di lavoro selezione fornitori produttività composizione % mix produzione carichi di lavoro organizzazione capacità produttiva sfruttamento capacità produttiva scelte di outsourcing volume produzione/ vendita giro d affari mercato quota mercato margine contribuzione determinanti variabili In sintesi, per determinare il margine di contribuzione è necessario, da un lato, preventivare il fatturato, dall altro i costi operativi variabili ad esso associati. Se il progetto è articolato su più ASA, ciò dovrà avvenire con riferimento ad ogni singola ASA e con riferimento ai costi comuni di azienda. A. La preventivazione del fatturato Il valore del fatturato atteso è senza alcun dubbio il dato più importante per la redazione di un bilancio preventivo. È ad esso che si correla tutta la struttura produttiva dell azienda la quale, a sua volta, determina la struttura dei costi. Le principali variabili che incidono sull importo del fatturato preventivo sono rappresentate dalle quantità che si prevede di vendere, in termini di unità di prodotto o servizio, e dei prezzi ricavo unitari relativi ai singoli prodotti o servizi. fatturato preventivo = quantità x prezzo ricavo ricavo unitario Con riferimento alla quantità venduta, le principali determinanti, definite in sede di analisi strategica, sono rappresentate dall andamento mercato, dalla forza dei concorrenti, dal trend delle vendite (ciclo di vita del prodotto) e dalla capacità produttiva disponibile. Per quanto riguarda i prezzi di vendita, invece, le principali determinanti sono rappresentate dalla reattività della domanda rispetto al prezzo (elasticità della domanda), dalla strategia competitiva, dal livello costi e dai margini reddituali obiettivo. 15

17 chiariamoci le idee con un esempio Si consideri l esempio del calzaturificio di nuova costituzione descritto in appendice. 2 La preventivazione del fatturato avverrà moltiplicando la quantità di paia di scarpe che si ritiene di poter vendere per il prezzo (al paio) che si ritiene di poter praticare sul mercato per ciascun anno di previsione. 20x1 20x2 20x3 20x4 20x5 Quantità (paia) Prezzo (al paio) Ricavi di vendita Per quelle imprese che operano su più ASA è necessario, ai fini del preventivo, indicare il fatturato previsto per singola ASA. In questo caso, il valore complessivo del fatturato è dato dalla somma dei fatturati di ogni ASA (quantità vendute di ASA per i prezzi di vendita unitari di ASA). B. La preventivazione dei costi variabili di produzione I costi variabili possono essere distinti in costi variabili di produzione e costi variabili commerciali. I primi sono rappresentati dal costo dei materiali impiegati nella produzione, dal costo dei servizi legati alla produzione (prevalentemente originati dall esternalizzazione di alcune fasi della lavorazione) e dal costo della manodopera diretta; i secondi sono costituiti, prevalentemente, dalle provvigioni di vendita e dai costi di trasporto o di distribuzione. L'entità di tali costi sarà determinata sia dalla quantità di fattori impiegati, sia dai prezzi costo ad essi associati. La quantità di fattori impiegati dipenderà dalle condizioni di efficienza interna (tecnologie disponibili e modalità di organizzazione della produzione e dell attività commerciale), mentre i prezzi costo dei fattori di produzione saranno determinati dalle condizioni del mercato e dalla forza negoziale dell'azienda nei confronti dei fornitori. La stima dei costi variabili di produzione può avvenire secondo i seguenti passaggi: a. stima del volume di produzione; b. stima dell organico di mano d opera diretta e del costo mano d opera per unità di prodotto; c. stima dei consumi di materie prime per unità di prodotto; d. stima del costo dei servizi per unità di prodotto; e. calcolo del valore delle scorte prodotti finiti, del valore della produzione ottenuta e del costo industriale variabile di produzione; f. calcolo degli acquisti di materie prime; g. calcolo degli altri costi variabili. a. stima del volume di produzione 2 I valori contenuti nelle tabelle relative all esempio contengono arrotondamenti che possono generare differenze marginali nei risultati dei calcoli. 16

18 Il primo passo per preventivare i costi variabili di produzione è dato dalla stima del volume di produzione. Se i programmi di gestione prevedono l'accumulo di scorte, di semilavorati o di prodotti finiti, il volume di produzione sarà superiore al volume di vendita. In questo caso, la preventivazione dell impiego dei fattori produttivi sulla base dei volumi di vendita attesi porterebbe a sottostimare i costi di produzione. L opposto potrebbe succedere nei casi in cui i programmi di gestione prevedano la progressiva riduzione delle scorte di prodotti, si pensi, ad esempio, alla ristrutturazione di un'azienda in crisi. In questi casi, infatti, il volume di produzione è inferiore al volume di vendita dal momento che nell esercizio saranno venduti, in parte, prodotti realizzati nei precedenti esercizi e accumulati in magazzino. Le politiche di scorta dei prodotti sono influenzate sia da fattori fisico tecnici, sia da fattori finanziari. Con riferimento ai primi dovranno essere considerate le caratteristiche di deperibilità dei prodotti, i loro tempi di consegna, i lotti minimi di produzione, l'eventuale stagionalità delle vendite ed il trend della domanda. Con riferimento a secondi, invece, dovranno essere considerati i costi di stoccaggio ed il costo opportunità del capitale impiegato nel finanziamento delle scorte. Tutte le volte si prevede una variazione delle scorte di prodotti è necessario considerare che l impiego dei materiali nella produzione non coincide con i relativi acquisti. In particolare, se le scorte di prodotti aumentano, potranno rendersi necessari maggiori acquisti di materie rispetto ai consumi, mentre se le scorte si riducono gli acquisti potranno essere inferiori ai consumi. Potranno, dal momento che gli acquisti di materie dipendono dagli obiettivi di scorta di materie previsti dai piani di azione. Sulla base di queste considerazioni la stima dei valori di scorta di prodotti prevede: 1. la definizione della giacenza media obiettivo (espressa in giorni vendite o in quantità di prodotti); 2. il calcolo delle scorte di prodotti a fine esercizio (se la giacenza media è espresso in giorni vendite) attraverso la formula: quantità di prodotti in scorta = quantità di vendita attese nell anno/360 x gg. di giacenza obiettivo. 3. il calcolo della variazione della quantità di prodotti in scorta, ottenuto per differenza tra il valore delle scorte a fine esercizio e quello ad inizio esercizio. Chiariamoci le idee con un esempio: Ritornando all esempio del calzaturificio, se in relazione alle dinamiche della domanda si ritiene necessario costituire un livello di giacenza media di magazzino prodotti finititi pari alle vendite di 15 giorni, la stima delle scorte alla fine del primo anno avverrà calcolando il numero di paia di scarpe corrispondenti a 15 giorni vendita: Quantità di prodotti in scorta: /360 X 15 = paia Dal momento che, per ipotesi, l azienda è di nuova costituzione, tale quantitativo coincide con la variazione delle scorte intervenuta nell esercizio. Nei casi in cui l azienda sia già avviata, il calcolo della variazione di prodotti in scorta è dato, invece, dalla differenza tra le quantità in scorta alla fine dell esercizio e le quantità in scorta all inizio dell esercizio. Così, nel periodo di previsione la variazione delle scorte di prodotti finiti sarà la seguente: 20x1 20x2 20x3 20x4 20x5 Giacenza obiettivo prodotti (in giorni) gg Scorte di prodotti di fine esercizio paia Scorte di prodotti di inizio esercizio paia Variazione quantità scorta prodotti paia 17

19 Nella stima delle scorte di magazzino è opportuno considerare che raramente sono applicate le stesse politiche di magazzino a tutte le materie prime e a tutti i prodotti finiti; più verosimile è il caso in cui si registrino differenze nelle politiche di stoccaggio dettate da esigenze interne d azienda (si pensi a particolari caratteristiche del processo produttivo) ed esterne d ambiente (si pensi alla più o meno agevole disponibilità delle varie materie prime). Quindi, se l azienda produce più prodotti ai quali vengono applicate politiche di magazzino diverse, è necessario indicare, sia per le materie prime, che per i prodotti finiti, i diversi giorni obiettivo di scorta previsti. Un esempio di questo modo di procedere è fornito nella tabella 1. Tabella 1: Indicazione dei giorni scorta per i Prodotti Finiti. Magazzino Prodotti Finiti Prodotto A Prodotto B Prodotto C giorni scorta Una volta stimata la variazione delle scorte, il volume di produzione sarà dato dalla somma algebrica tra la quantità di prodotti che si prevede di vendere e la variazione delle scorte di prodotti. Quando si prevede un aumento delle scorte, la produzione ottenuta sarà superiore alla produzione venduta, al contrario, se si prevede una riduzione delle scorte, la produzione ottenuta sarà inferiore alla produzione venduta. Vol. di produzione = n. di prodotti venduti + variaz. scorte di prodotti Chiariamoci le idee con un esempio: Ritornando all esempio del calzaturificio, il volume di produzione sarà dato dalla somma tra prodotti venduti e prodotti messi in scorta: 20x1 20x2 20x3 20x4 20x5 Quantità di paia Variazione quantità scorta prodotti Volume di produzione (paia) b. stima dell organico di mano d opera diretta e del costo mano d opera per unità di prodotto Una volta stimato il volume di produzione, è possibile stimare l organico di mano d opera diretta ed il costo della mano d opera diretta per unità di prodotto. A tale proposito, è essenziale disporre del ciclo di lavorazione, cioè del documento che elenca tutte le fasi di lavorazione necessarie per realizzare un prodotto finito, la sequenza di operazioni che devono essere svolte per completare ciascuna fase ed i tempi richiesti per lo svolgimento di ciascuna operazione. Nella preventivazione della manodopera diretta è opportuno tenere presente che il relativo costo è il più delle volte variabile soltanto verso l'alto, nel senso che l'azienda non è in grado di ridurlo 18

20 proporzionalmente alla riduzione dei volumi di produzione, a meno che non sia prevista l adozione di strumenti di flessibilizzazione del costo del lavoro (lavoro interinale, collaborazioni occasionali, contratti a progetto, staff leasing, ecc ). In quest ultimo caso, per calcolare quanto lavoro dovrà essere impiegato per ottenere un certo risultato, non è utile fare riferimento al numero di impiegati presenti in azienda, ma è più opportuno considerare l attività svolta globalmente dal numero di lavoratori a tempo pieno equivalenti (o full-time equivalent - FTE). I due termini, infatti, non coincidono. Ad esempio, se dieci persone lavorano metà giornata, il numero di FTE è cinque, sebbene gli impiegati assunti siano dieci. Questa misura è un surrogato del totale di ore di lavoro impiegate per ottenere un certo risultato e considera tutte le possibili configurazioni contrattuali ipotizzabili per realizzare una determinata prestazione: non solo il lavoro degli assunti a tempo pieno, ma anche quello di coloro che sono impiegati a tempo parziale, nonché le ore svolte da lavoratori interinali (ovvero somministrati alle imprese da agenzie di lavoro private) e da collaboratori esterni. Sulla base di queste considerazioni, il calcolo del costo di manodopera per unità di prodotto dovrà essere condotto secondo i seguenti passaggi: 1. calcolo del tempo totale di lavorazione, ottenuto dal prodotto tra volume di produzione atteso e tempo totale di lavorazione per realizzare la singola unità di prodotto; (1) T tot = T u x VP Dove: T tot : tempo totale di lavorazione T u : tempo di lavorazione interna per unità di prodotto VP: volume di produzione atteso 2. Calcolo del costo totale annuo di manodopera diretta, ottenuto dal prodotto tra il numero di FTE richiesti per realizzare il volume di produzione atteso ed il costo annuo per FTE. Il primo fattore è ottenuto dal rapporto tra il tempo totale di lavorazione, precedentemente determinato, ed il numero di ore lavorate all anno da un FTE, il secondo fattore deve essere inteso al lordo degli oneri contributivi, assicurativi e previdenziali a carico dell azienda (imposte, INAIL, INPS, TFR e altri oneri); (2) C tot = ( T tot /Ore FTE ) x C FTE Dove: C tot : costo totale della manodopera diretta T tot : tempo totale di lavorazione Ore FTE : numero di ore lavorate annue per FTE C FTE : costo annuo lordo per FTE 3. Calcolo del costo del lavoro unitario (CLUP), ottenuto dal rapporto tra il costo totale annuo della manodopera diretta ed il volume di produzione atteso. (3) CLUP = C tot /VP Dove: CLUP: costo del lavoro per unità di prodotto C tot : costo totale della manodopera diretta VP: volume di produzione atteso 19

21 Chiariamoci le idee con un esempio: Tornando all esempio del calzaturificio, in relazione al ciclo di lavorazione previsto, il costo del lavoro per unità di prodotto al primo anno può essere determinato come segue. Stima del tempo totale di lavorazione: Ttot = Tu x VP = 570 secondi x paia = ore Ipotizzando che il numero di ore lavorate alla settimana per FTE sia pari a 35, che le settimane lavorative nell anno siano 46 e che il costo annuo lordo per FTE sia pari a , il costo totale della manodopera diretta ammonterà a: Ctot=( Ttot/Ore FTE )xc FTE = [(4.950 ore /(35 ore x 46 settimane)] x = Il costo del lavoro unitario, pertanto, sarà pari a: CLUP = Ctot/VP = / = 2,5 c. stima dei consumi di materie prime e dei costi per servizi per unità di prodotto Per stimare queste grandezze è necessario conoscere i costi variabili legati all utilizzo di materiali e di lavorazioni. Solitamente, tali informazioni sono riepilogate in una distinta base, ovvero nel documento che esplode il costo di un prodotto nelle sue componenti elementari, indicando analiticamente quali sono le materie prime, i componenti ed i servizi necessari per la realizzazione di un prodotto, le quantità di impiego di detti fattori produttivi ed il relativo costo. A riguardo, è opportuno tenere separato il costo dei materiali dal costo dei servizi. Ciò renderà più agevole i calcoli in sede di preventivazione delle scorte di materiali. L esempio di distinta base del calzaturificio è riportato nell appendice. d. calcolo del valore delle scorte di prodotti finiti, del valore della produzione ottenuta e del costo industriale variabile di produzione La valorizzazione delle scorte di prodotti finiti avviene, solitamente, secondo la logica del direct costing industriale, la quale prevede di attribuire ai prodotti rimasti in scorta un valore pari alla somma dei costi variabili industriali complessivamente sostenuti per la loro realizzazione. Il valore delle scorte di prodotti finiti, pertanto, è ottenuto moltiplicando la variazione di scorta di prodotti finiti dell'esercizio per il costo industriale variabile unitario di lavorazione. 20 Chiariamoci le idee con un esempio: Ritornando all esempio del calzaturificio, il valore delle scorte di prodotti sarà dato da: Costo unitario dei materiali = 14 Costo unitario dei servizi = 3 Costo unitario MOD = 2,5 = Costo Variabile Unitario di produzione = 19,5 Costo Variabile Unitario di produzione = 19,5 x

22 Quantità di variazione scorta prodotti = paia Valore variazione scorta prodotti = 19,5 x = Negli esercizi successivi, i risultati sono i seguenti: 20x1 20x2 20x3 20x4 20x5 Valore scorte finali PRODOTTI Valore scorte iniziali PRODOTTI Variazione scorte PRODOTTI Una volta determinato il valore della variazione delle scorte di prodotti finiti è possibile ottenere, per somma algebrica con i ricavi di vendita, il valore della produzione ottenuta. Questo valore dovrà poi essere confrontato con il costo industriale variabile di produzione, il cui calcolo non presenta particolari difficoltà dal momento che sarà sufficiente moltiplicare il costo variabile unitario di produzione per il volume di produzione (in quantità) precedentemente stimato. Chiariamoci le idee con un esempio: Ritornando all esempio del calzaturificio, il valore della produzione ed il costo industriale variabile di produzione sono determinarti come segue: 20x1 20x2 20x3 20x4 20x5 Volume di produzione Ricavi di vendita Variazione scorte PRODOTTI Valore della produzione Costo totale MOD Costo tot. Materiali Costo tot. Servizi Costo industriale di lavorazione f. calcolo degli acquisti di materiali Il calcolo degli acquisti di materiali non deve essere confuso con quello relativo ai consumi di materiali. Infatti, con modalità che variano in relazione al settore di attività e alla strategia competitiva adottata per l'azienda, può verificarsi la necessità operativa (in relazione alla deperibilità dei prodotti, ai tempi di approvvigionamento, ai lotti minimi di acquisto e alla dinamica della produzione) o l'opportunità strategica (dinamica dei prezzi costo, ottenimento di sconti quantità sugli acquisti, politiche di circolante) di costituire delle scorte di materiali. 21