Il bilanciamento degli impianti termici

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1 Il bilanciamento degli impianti termici MANUALE TECNICO-OPERATIVO

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3 INDICE - IL BILANCIAMENTO DEGLI IMPIANTI TERMICI 1. Perchè bilanciare un impianto Pag L emissione termica dei corpi scaldanti Pag Effetti di una variazione di portata su [t a ] Pag Sintesi generale Pag Il bilanciamento idraulico degli impianti Pag Introduzione Pag Bilanciamento idraulico di impianti nuovi Pag Metodo di calcolo delle derivazioni da un collettore Pag Influenza di [dl] sulla temperatura ambiente [t a ] Pag Considerazioni generali sul calcolo delle derivazioni Pag Il bilanciamento dei collettori Pag Procedura di bilanciamento dei collettori Pag Il bilanciamento idraulico degli impianti esistenti Pag Lo schema di valutazione ed intervento Pag Concetti preliminari Pag Procedura di bilanciamento dei corpi scaldanti Pag Bilanciamento mediante misura delle temperature Pag Il bilanciamento delle reti di distribuzione: metodo dei rapporti di portata Pag Metodo di bilanciamento diretto Pag Il bilanciamento di reti a portata variabile Pag Le valvole di sfioro o di sovrappressione Pag Sintesi e conclusioni Pag Il bilanciamento idraulico degli impianti sanitari Pag Introduzione Pag La progettazione secondo la norma UNI 9182:2008 Pag Impianti sanitari esistenti Pag Prevenzione della legionellosi Pag Bilanciamento e produzione acqua calda sanitaria Pag. 34 Appendice: Gamma - Caratteristiche Tecniche - Accessori Pag. 38 Organizzazione Commerciale - Contatti Diretti Honeywell Pag MANUALE TECNICO-OPERATIVO

4 1. Perché bilanciare un impianto Non è raro incontrare impianti che, pur soddisfacendo ai carichi termici in campo, sono causa di disagio e causa di sensibili sprechi con conseguenti alti costi di gestione. Ammettendo per un attimo che il generatore di calore sia di nuova concezione ed abbia alti rendimenti di produzione, che le superfici scaldanti siano correttamente dimensionate e che la rete di distribuzione sia perfettamente coibentata, spesso e volentieri i problemi persistono e sono dovuti al mancato bilanciamento; vale a dire alla non corretta suddivisione delle portate nei vari circuiti che compongono l intero impianto. Nemmeno i più sofisticati sistemi di regolazione elettronica possono sopperire agli inconvenienti generati da una rete idraulica male o non bilanciata. I problemi che più facilmente si incontrano in impianti non equilibrati sono noti e si possono così riassumere: Per prima cosa è importante definire cosa s intende per bilanciamento idraulico di un impianto; da tale definizione dipendono tutti gli argomenti sviluppati nei successivi capitoli e paragrafi. Con bilanciamento s intende tutto ciò che riguarda le procedure di calcolo e di cantiere necessarie affinchè ogni utenza di un impianto riceva l esatta portata di progetto e sia in grado quindi di sopperire adeguatamente al fabbisogno termico richiesto. Come si può notare questa definizione, così semplice e generale, coinvolge però tutti gli aspetti fondamentali di un impianto correttamente progettato, installato e gestito. In estrema sintesi, tutti noi sappiamo che la progettazione di un sistema di riscaldamento o di climatizzazione è sostanzialmente divisa in due parti generali: il calcolo dei fabbisogni termici, con il conseguente dimensionamento dell unità di produzione dell energia termica e delle unità terminali in ambiente, ed il calcolo della rete di distribuzione del fluido termovettore incaricato di trasferire l energia termica prodotta in centrale ai punti di utenza. In questa sede non ci si occuperà del calcolo del fabbisogno termico nè del dimensionamento dei corpi scaldanti, al riguardo si farà accenno solamente per quanto riguarda il comportamento di questi ultimi in funzione della portata che li attraversa; al contrario si analizzeranno gli argomenti legati alla rete di distribuzione idraulica. alcuni ambienti raggiungono la temperatura di benessere con grande difficoltà mentre altri sono soggetti a condizioni di surriscaldamento; sciagura vuole che spesso si interviene aumentando le superfici radianti negli ambienti penalizzati oppure aumentando la temperatura di alimentazione dei corpi scaldanti o, peggio ancora, facendo le due cose contemporaneamente. Un simile comportamento non risolve i problemi ed aggrava in modo inaccettabile i costi di gestione, oltre a determinare condizioni ambiente limite. Può essere utile al riguardo sottolineare come mantenere delle condizioni di temperatura ambiente al di sopra delle condizioni di benessere, possa determinare un aumento dei costi di gestione variabile da un 5 ad un 8% per ogni grado in più; già questo dato è un ottimo motivo per procedere al bilanciamento dell impianto oltre a quanto detto al punto precedente, in mancanza di una corretta ripartizione delle portate, quando il sistema si trova in condizioni di basso fabbisogno termico, le temperature in ambiente tendono ad oscillare, anche se si sono adottati sistemi di regolazione sofisticati i problemi denunciati nel primo punto qui sopra, hanno influenza anche sul rendimento di produzione, di distribuzione e di emissione dell energia termica, soprattutto nei periodi transitori più impegnativi come l avviamento mattutino o dopo il fine settimana. Quando si tratta di bilanciamento idraulico, si tende ad associare a questo concetto gli impianti di riscaldamento; ciò non è del tutto esatto, allo stesso modo gli impianti ad acqua refrigerata hanno gli stessi problemi, con l aggravante che i gruppi frigoriferi richiedono portate costanti e portate alla distribuzione compatibili con quelle richieste alla produzione. 4 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

5 Dunque, il bilanciamento degli impianti richiede attenzione, in particolar modo per avere la certezza che: ogni corpo scaldante venga attraversato dalla portata calcolata in sede di progetto ed in funzione della quale è stato dimensionato. ogni circuito dell impianto possa convogliare l esatta quantità di fluido termovettore prevista in sede di progetto e, per avere questo risultato, si deve prevedere l installazione di valvole di bilanciamento, correttamente posizionate e dimensionate. ogni caldaia (o gruppo frigorifero) venga effettivamente attraversato dalla portata prevista dal costruttore e non subisca aumenti o riduzioni di portata che possano limitarne i rendimenti di produzione o apportare danni al componente stesso; in molti casi è anche consigliabile che la portata rimanga del tutto costante. 2. L emissione termica dei corpi scaldanti Le attuali normative in materia di risparmio energetico e di ripartizione delle spese di gestione negli impianti, obbligano di fatto l installazione di valvole termostatiche o elettrotermiche sui corpi scaldanti; questo significa che viene utilizzato il parametro della portata come variabile di regolazione in aggiunta o in sostituzione al controllo della temperatura di alimentazione dei corpi scaldanti stessi. Dunque, la regolazione della portata in un radiatore può avvenire in due modi: a temperatura [t i ] costante oppure a [t i ] variabile in funzione delle condizioni climatiche esterne, dove [t i ] = temperatura d ingresso del fluido nel corpo scaldante. Nel primo caso quindi, si avranno circuiti a portata variabile e temperatura costante mentre nel secondo caso circuiti a portata e temperatura variabile. Nella logica del bilanciamento degli impianti è quindi utile analizzare il comportamento dell emissione termica di un radiatore soggetto ad una variazione di portata. Il diagramma di Figura 1 riporta a titolo indicativo alcune curve che rappresentano appunto la relazione [%] tra portata ed emissione termica, calcolate per un ipotetico corpo scaldante avente un esponente n = 1,33, una temperatura ambiente pari a 20 C e differenti valori di [t i ] e [Δt d ], dove [Δt d ] = [t i ] - [t u ] = salto termico a cavallo del corpo scaldante. Come si può facilmente notare, il valore di [Δt d ] incide significativamente sulla regolabilità di un impianto mediante la variazione della portata o, se si preferisce, è molto chiaro come tale valore modifichi la sensibilità di un radiatore al variare della portata che lo attraversa. Ma non solo, e come vedremo di seguito, il diagramma di Figura 1 è emblematico anche di altri aspetti molto significativi, vale a dire: della maggiore o minore capacità di regolazione di una valvola termostatica della maggiore o minore sensibilità del sistema quando sottoposto ad un azione di bilanciamento idraulico Rapporto Portata / Emissione termica di un corpo scaldante 80/50 80/60 70/55 80/70 Emissione termica Er - (%) Portata G d - (%) Figura 1 5 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

6 Come si vede, quindi, il valore di [Δt d ] che a prima vista sembra un parametro banale e spesso sottovalutato, costituisce al contrario una scelta progettuale fondamentale in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Un esempio su tutti, è facile constatare come con piccoli valori di [Δt d ] si ottengano piccole variazioni di emissione termica anche in presenza di forti parzializzazioni della portata. Con un valore di Δt d =10 C (in regime 80/70 C), per ottenere una riduzione al 50% dell emissione termica del radiatore, si è costretti a ridurre la portata fino al 20% circa del suo valore nominale mentre, con un Δt d = 30 C basterebbe ridurre la portata solo alla metà circa (45%). In buona sostanza ed al di là dei valori numerici, ciò che è assolutamente importante considerare è il fatto che impianti con piccoli valori di salto termico, quando sottoposti ad una variazione di portata, sono meno sensibili alla regolazione di impianti con buoni valori di [Δt d ]. Allo stato attuale, con l avvento delle caldaie a condensazione, le temperature ipotizzate nel diagramma di Figura 1 sono elevate rispetto ai valori oggi in uso per le nuove installazioni, tuttavia sono ancora rappresentative per un gran numero d impianti esistenti che, guarda caso, rappresentano gli interventi più necessari ai fini del bilanciamento idraulico ed a maggior ragione qualora si consideri il nascente obbligo di dotarsi di sistemi di ripartizione delle spese di gestione. Con l attuale obbligo d installazione di valvole termostatiche, per ottenere un loro corretto funzionamento il parametro [Δt d ] è molto importante. Si definisce come banda proporzionale [B p ] di una valvola termostatica, il valore di differenza di temperatura dell elemento sensibile (per semplicità assimilabile alla temperatura ambiente) con il quale l otturatore della valvola compie la sua corsa completa da tutto aperto a tutto chiuso e viceversa. È quindi possibile rappresentare questo scostamento di temperatura sull asse delle ascisse del diagramma di Figura 1 e si ottiene la Figura 2. Nell esempio specifico si è assunto un valore di banda proporzionale pari a 2 C che rappresenta il valore generalmente considerato, tuttavia va detto che l ampiezza di [B p ] è diretta conseguenza della perdita di carico che si assegna alla valvola; più la perdita di carico è elevata, minore sarà l ampiezza di [B p ] e viceversa. Sull argomento della perdita di carico da assegnare ad una valvola termostatica ritorneremo più avanti. 80/70 70/55 80/60 80/50 Figura 2 Ora, tornando a considerare il diagramma di Figura 2, è facile notare come un aumento ad esempio di 1 C della temperatura ambiente, che determina la metà della corsa dell otturatore e quindi il 50% della portata, con bassi valori di [Δt d ] la valvola termostatica non sia assolutamente in grado di intervenire in modo significativo sull emissione termica del corpo scaldante (e quindi sulla temperatura ambiente). E chiaro ad esempio come nel caso di un impianto che funzioni con valori di Δt d =5 C, dove con il 50% della portata l emissione termica del radiatore diminuisce solo del 12 13% circa, una valvola termostatica non possa che assumere una caratteristica di regolazione On/Off. Purtroppo, i casi d impianti con valori di [Δt d ] così contenuti, con valvole termostatiche dimensionate con insufficiente autorità e in più sbilanciati, sono molto più numerosi di quanto si creda Effetti di una variazione di portata su [t a ] Questo paragrafo, dopo quanto scritto nel precedente, potrebbe anche sembrare superfluo ma non è così; al contrario e soprattutto negli impianti esistenti il problema dell influenza della portata sulla temperatura ambiente è più complesso di quanto a prima vista potrebbe sembrare limitandosi al calcolo della variazione di emissione termica reale [E r ] e della temperatura ambiente [t a ] al variare della portata [G d ]. Quando si interviene su impianti di edifici esistenti, sono molto comuni i casi in cui i parametri di calcolo originari sono stati via via nel tempo resi obso- 6 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

7 leti da interventi successivi, ad esempio per migliorie della trasmittanza di infissi e pareti, oppure per modifiche alla disposizione interna dei locali oppure ancora per la sostituzione dei corpi scaldanti con altri di diversa tipologia e potenza. Tutte queste difformità che devono essere attentamente rilevate durante un intervento di bilanciamento idraulico degli impianti conducono a constatare come i radiatori in opera siano molto spesso sovradimensionati rispetto all emissione termica necessaria. Questo rapporto di sovradimensionamento, che si potrebbe definire come C s = E n /E r, è nella quasi totalità dei casi diverso da radiatore a radiatore e, per conseguenza, l impiego della portata [G d ] come grandezza regolante determina diversi valori di [Δt d ] per i diversi corpi scaldanti di uno stesso circuito o impianto che, peraltro, sono sottoposti alla stessa temperatura di alimentazione [t i ]. Come incidono questi differenti valori di [Δt d ] sull evoluzione della temperatura ambiente [t a ] al variare della temperatura esterna [t er ] tenuto conto che tutti i corpi scaldanti sono alimentati alla stessa temperatura [t i ]? Sono due aspetti di un unico problema e un impianto in queste condizioni, anche se ben bilanciato, non è omogeneo nella risposta alle variazioni di condizioni climatiche esterne. Temperatura di mandata [ti] Δt d 30 Δt d Temperatura esterna [t er ] Δt d 15 Δt d 10 0,5 C [ta] Figura 3 Il diagramma di Figura 3 riporta, a puro titolo di esempio, le curve di un ipotetico corpo scaldante avente un esponente n=1,33 sottoposto a portate diverse e quindi [Δt d ] diversi per diversi valori di temperatura esterna [t er ] e temperatura di mandata [t i ]; come si può notare le differenze sono nette Sintesi generale Da quanto sin qui esposto si possono ricavare alcune considerazioni generali che sono così sintetizzabili: utilizzare per quanto possibile buoni valori di [Δt d ], in genere non inferiori a 15 C, che consentono una maggiore regolabilità dell impianto utilizzare corpi scaldanti con la più ampia superficie frontale possibile; ciò contribuisce a migliorare la temperatura operante degli ambienti non considerare, se non nei più piccoli sistemi impiantistici, la portata come unico parametro di regolazione dell impianto, anche in presenza di valvole termostatiche sui radiatori nei casi di impianti esistenti trasformati negli anni da circolazione naturale a forzata, oppure oggetto di modifiche e miglioramenti, è molto frequente riscontrare sovradimensionamenti delle superfici radianti (basti pensare ad esempio alle sostituzioni di radiatori con altri di maggiore potenza termica in seguito ad un insufficiente temperatura ambiente causata unicamente dallo squilibrio idraulico dei circuiti) chi volesse utilizzare questi sovradimensionamenti al fine di ridurre le portate occorrenti e, quindi, aumentare il valore di [Δt d ] per una maggiore regolabilità dell impianto, deve prestare attenzione a non superare valori di [Δt d ] pari a C e, soprattutto, operare in modo che tale parametro sia il più possibile uniforme per tutti i corpi scaldanti installati o, comunque, che non si abbiano scostamenti maggiori di 1 2 C quando si calcola l emissione termica di un radiatore esistente per le condizioni di t er = t ec, (dove t ec è temperatura esterna minima di progetto) non è detto che il valore così trovato sia necessariamente la potenza termica nominale [E 60 ] del corpo scaldante in opera (si è indicato il parametro [E 60 ] poiché negli impianti centralizzati esistenti corrisponde con ogni probabilità a quanto considerato in sede di progetto all origine) al fine di ottenere un impianto termicamente omogeneo, nel calcolo della portata massima ai radiatori si devono sempre considerare tutti i legami di causa/ effetto che intercorrono tra i vari parametri, quindi anche le condizioni geometriche reali d installazione ed il tipo di collegamento idraulico alle volte è meglio accettare un piccolo surriscaldamento localizzato piuttosto che operare nella globalità dell impianto con una curva climatica che male si adatta alla totalità dei corpi scaldanti in opera 7 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

8 qualora tutti i corpi scaldanti avessero un coefficiente di sovradimensionamento [C s ] sostanzialmente identico, il calcolo delle portate ai fini della sua correzione non avrebbe ovviamente più senso; in questi casi, molto rari, è possibile correggere globalmente l emissione termica dei radiatori semplicemente operando una scelta corretta della curva di regolazione climatica quando il coefficiente di sovradimensionamento [C s ] dovesse raggiungere valori elevati e tali da imporre forti riduzioni di portata (con conseguenti valori di Δt d >25 30 C) è meglio intervenire sostituendo il radiatore con uno di minore potenza termica. Quindi, gli strumenti a nostra disposizione per raggiungere un corretto bilanciamento idraulico delle reti sono costituiti dalle valvole a doppio regolaggio, dalle valvole termostatiche a Kv variabile e dalle valvole di bilanciamento vere e proprie, dotate di attacchi piezometrici che consentono l uso di un manometro differenziale per la lettura e taratura dei valori di portata e pressione - Figura Bilanciamento idraulico degli impianti 3.1. Introduzione Il concetto di bilanciamento idraulico delle reti di distribuzione è talmente semplice nella sua definizione che, a volte, può sembrare banale il parlarne. In effetti, tutto si riduce alla procedura di calcolo necessaria ad ottenere che ogni corpo scaldante, derivazione, colonna montante, ecc. abbia la corretta portata prevista. In altri termini, il bilanciamento idraulico di un impianto consiste nell assicurarsi che ogni radiatore venga attraversato dalla portata [G d max ] calcolata secondo le valutazioni tecniche di cui al capitolo precedente. Tutto questo, naturalmente, è piuttosto semplice nel caso di impianti di nuova installazione, un poco più complesso invece nei casi di impianti esistenti. Per ottenere il risultato di un buon bilanciamento idraulico, si dovrà operare in modo che, con i valori di portata desiderati, ad ogni nodo della rete di distribuzione venga applicata la medesima pressione differenziale o, se preferite, che ogni circuito che si diparte da uno stesso nodo abbia la medesima perdita di carico. In tal modo, non vi saranno circuiti più favoriti di altri e le portate si suddivideranno secondo i valori prestabiliti. Nel corso del precedente capitolo si è visto come un diverso valore di [Δt d ], tra diversi corpi scaldanti di uno stesso circuito, possa incidere negativamente sul comportamento omogeneo dell impianto sottoposto, nel suo insieme, all azione di regolazione del sistema climatico. Per conseguenza, il metodo di bilanciamento idraulico delle reti mediante la variazione della portata (metodo molto utilizzato ai tempi degli impianti a circolazione naturale) risulta perlomeno di difficile e delicata applicazione nei moderni sistemi impiantistici. Figura Bilanciamento idraulico di impianti nuovi Questa parte della presente pubblicazione riguarda le procedure di calcolo necessarie per il bilanciamento idraulico di impianti di nuova installazione, con riferimento alle tecniche impiantistiche di uso più frequente sul mercato. Al momento dell esecuzione di un progetto esecutivo di un impianto, di qualsiasi tipo esso sia, si devono effettuare delle scelte che, proprio come in un ecosistema, determinano di conseguenza altre variabili, ad esempio: scelto il tipo di distribuzione vengono di conseguenza stabiliti anche i limiti entro i quali fissare il salto termico nominale di calcolo, i tipi di corpi scaldanti utilizzabili, il sistema di regolazione della temperatura ambiente e così via. Tra tutte le tecniche impiantistiche utilizzate, limitatamente agli impianti di nuova installazione, verranno considerati gli impianti a distribuzione orizzontale mediante collettori che, attualmente, sono i più utilizzati in assoluto (Figura 5). 8 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

9 3.3. Metodo di calcolo delle derivazioni da un collettore Per prima cosa è doveroso richiamare alla memoria i vantaggi caratteristici di questi tipi d impianto, che tanto hanno contribuito al loro successo commerciale: un unico nodo di distribuzione per ogni singola unità abitativa alimentazione in parallelo dei singoli corpi scaldanti (e non in serie come per i sistemi monotubo) con la conseguente uniformità della temperatura media dei vari corpi scaldanti (quindi di Δt d e di Δt m ) distribuzione secondaria (collettore-radiatori) realizzata con tubazioni di piccolo diametro e, quindi, con elevata rapidità di posa compatibilità con la quasi totalità di corpi scaldanti in commercio massima flessibilità di posizione dei corpi scaldanti in ambiente (si vedrà in seguito come ciò dipenda molto dal calcolo delle derivazioni) massima libertà di controllo/regolazione della temperatura ambiente, indipendentemente dal sistema di regolazione centrale possibilità di una semplice contabilizzazione dell energia termica utilizzata per ogni unità abitativa. Il diagramma di flusso di Figura 9 (pag. 16) mostra le diverse fasi di calcolo della rete di distribuzione. La Tabella I riporta i dati di base assunti per l esempio di calcolo, ipotizzando le seguenti condizioni nominali di esercizio: Figura 5 Quanto verrà scritto al riguardo, se si immagina che le varie derivazioni di un collettore sono di fatto degli anelli, è dunque altrettanto valido per gli impianti monotubo e, allo stesso modo, se si immagina che i collettori posti lungo una colonna montante (come sopra raffigurati) sono come dei corpi scaldanti, il ragionamento sarà valido anche per gli impianti a due tubi verticali. Un breve esempio di calcolo ci darà modo di introdurre alcuni concetti di base relativi al calcolo di questi tipi d impianto; ciò che ne risulta sarà un metodo molto semplice ed affidabile soprattutto nell ottica di un corretto bilanciamento idraulico, del resto argomento principale di questa pubblicazione. temperatura massima di mandata: t i = 80 C salto termico nominale: Δt d = 15 C temperatura ambiente di calcolo: t a = 20 C Come si può notare, la temperatura massima di mandata esprime un valore tipico degli impianti centralizzati e, in effetti, è per questi tipi d impianto che si descrivono le procedure di bilanciamento. Negli impianti autonomi il bilanciamento idraulico è di solito limitato ai soli corpi scaldanti di uno stesso collettore. Tabella I Radiatore L [m. eq.] Fabb. Termico [W] La lunghezza in metri equivalenti indicata in tabella, esprime la distanza (andata + ritorno) del radiatore dal collettore, comprese curve, tratti verticali, ecc. 9 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

10 Nell esempio di calcolo verrà sviluppata solamente la parte relativa al dimensionamento idraulico delle reti; il calcolo delle superfici radianti andrà effettuato tenendo conto degli argomenti di cui al capitolo [2]. La Tabella II riporta dunque il dimensionamento delle derivazioni, condotto considerando i parametri di calcolo sopra indicati ed ipotizzando l impiego di un tubo di rame (UNI 6507 Serie B) con i classici radiatori (in ghisa, alluminio o acciaio) e valvole termostatizzabili a doppio regolaggio. Come si può notare la procedura di calcolo è molto semplice e tradizionale. Vi sono solo due aspetti da sottolineare: uno che riguarda il valore di [Δt d ] nominale di progetto ed il secondo che riguarda le valvole a doppia regolazione da installare sui corpi scaldanti. Per quanto riguarda il salto termico nominale [Δt d ], è stato adottato pari a 15 C poichè, dall esperienza oramai trentennale, risulta essere il valore che, nella grande maggioranza dei casi, determina il miglior bilancio tecnico/economico di questi sistemi. Relativamente agli organi di intercettazione posti sui radiatori, nell esempio si è supposto di installare delle valvole termostatizzabili che, proprio in quanto tali, è possibile che possano essere dotate della loro testina termostatica di regolazione della temperatura ambiente. Queste valvole hanno due importanti valori di [Kv]; quello che corrisponde all alzata totale dell otturatore [Kv t ] e quello relativo all alzata nominale [Kv n ] dove, per quest ultimo, ci si riferisce convenzionalmente al valore della curva corrispondente ad una banda proporzionale di 2 K (nell esempio Kv t = 1,62 e Kv n = 0,6). Il bilanciamento delle varie derivazioni, facenti capo allo stesso collettore, si può quindi eseguire considerando uno dei due valori di [Kv] sopra indicati; in Tabella II sono stati eseguiti i calcoli per entrambe le situazioni ed i risultati relativi al bilanciamento con i valori di [Kv n ] sono stati riportati in colore blu e, per il circuito più sfavorito, in rosso. Come si può facilmente notare, i valori di [Kv r ] da assegnare alle valvole da radiatore per ottenere un corretto bilanciamento delle derivazioni, sono notevolmente diversi nei due casi. Con una importante differenza; calcolando il bilanciamento delle derivazioni assumendo comunque il valore di [Kv n ], si ottiene che anche termostatizzando le valvole in un momento successivo il sistema resta perfettamente equilibrato mentre, nel caso contrario, si dovrà procedere ad nuovo intervento di equilibratura con le difficoltà del caso. Ma non è questo il solo vantaggio, poichè si ottiene anche una migliore autorità della valvola sul circuito regolato e, come vedremo, una più ampia libertà di posa dei radiatori in cantiere, rispetto la posizione prevista a progetto. Chiunque abbia un esperienza di cantiere avrà infatti constatato come, sovente, quanto previsto a disegno in sede di progetto venga poi più o meno modificato in fase di realizzazione pratica. Nel caso degli impianti di riscaldamento queste variazioni sono spesso dovute ad una diversa posizione dei radiatori in ambiente per esigenze di arredamento, di facilità di posa, ecc. Come fare dunque per ottenere, già in fase di calcolo, un impianto che possa garantire la libertà di effettuare questi cambiamenti senza che il bilanciamento delle derivazioni venga compromesso? La risposta, seppure semplice, è strettamente legata alla perdita di carico delle derivazioni stesse. Come riportato in Tabella II, tutti i circuiti sono stati bilanciati per una stessa perdita di carico, pari a quella massima rappresentata dalla derivazione n 4. La differenza sta nel fatto che in un caso il [Δp Tot ] max è pari a 4,36 kpa e nell altro (in rosso) a 6,76 kpa e, qui di seguito, si vedrà come questa differenza assicuri un minore o maggiore grado di libertà [dl] nel posizionamento dei corpi scaldanti. Tabella II n Dispers. Δtd G d L ø R V Δp der Δp v [kpa] Δp v [kpa] Δp Tot d[δp] Kv r [W] [ C] [Kg/h] [m.eq.] [mm] [kpa/m] [m/s] [kpa] Kv max B p =2 K [kpa] [kpa] x1 0,13 0,28 1,43 0,48 1,91 2,45 0,52 2,02 2,45 4,31 0, x1 0,18 0,34 2,34 0,68 3,02 1,34 0,82 2,85 5,19 1,57 0, x1 0,10 0,20 1,90 0,10 0,20 2,36 0,23 0,39 2,29 4,47 0, x1 0,20 0,36 3,60 0,76 4, ,62 3,16 6, , x1 0,15 0,30 1,50 0,54 2,04 2,32 0,56 2,28 3,78 2,98 0,38 10 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

11 L espressione che consente di calcolare [dl] è la seguente: dove: Δp Tot dl = x [1] R R = perdita di carico unitaria, in kpa/m, relativa alla derivazione oggetto della verifica. x = percentuale di variazione massima della portata nella derivazione, che si considera come ammissibile Δp Tot = perdita di carico totale massima, in kpa, delle derivazioni. Riprendendo tutti i valori [R] e di [Δp Tot] delle varie derivazioni per le due situazioni di cui alla Tabella II, ed applicando l espressione [1] si ottengono i risultati riportati in Tabella III. In entrambi i casi i valori di [dl] sono stati calcolati ammettendo come accettabile una variazione di portata pari al ± 10 % del valore nominale di progetto [G d ], vale a dire ponendo x= 0,1. Derivazione n Tabella III Δp Tot Valori di [dl] 4,36 3,5 2,4 4,4 2,2 3,0 6,76 5,2 3,8 6,8 3,4 4,5 Come si può notare, il calcolo condotto per valvole con [Kv n ] all alzata nominale, determina un grado di tolleranza nel posizionamento dei radiatori molto più ampio (in blu). I valori indicati si riferiscono alla variazione di distanza (andata + ritorno) dal collettore rispetto alle condizioni di progetto quindi, in termini assoluti e geometrici, la variazione di distanza effettiva ammissibile sarà pari alla metà dei valori indicati. In ogni caso la Tabella III dimostra che è possibile avere una tolleranza di posizionamento dei radiatori di ± 2 3 metri senza avere scompensi sensibili nel bilanciamento idraulico e, per conseguenza, nella resa termica prevista per i radiatori stessi; non è certo un risultato da trascurare. L espressione [1] può essere anche utilizzata per il calcolo del margine di errore massimo ammissibile sul valore di [R] e, in tal caso prende la seguente forma: Δp Tot dr = x [2] L 3.4. Influenza di [dl] sulla temperatura ambiente [t a ] Come si è visto nel paragrafo precedente, qualora in fase di cantiere si decida di posizionare un corpo scaldante in un luogo avente una distanza dal collettore pari a quella di progetto aumentata del valore [dl], di cui alla Tabella III, ne consegue una nuova portata al radiatore pari al 90% rispetto al valore nominale. Parlando di bilanciamento delle derivazioni, il fatto di avere alcuni corpi scaldanti alimentati dalla loro portata nominale [G d ] ed altri alimentati con una portata ridotta del 10%, potrebbe sembrare un controsenso. Tuttavia, durante la realizzazione di un impianto a collettori, come del resto per altri sistemi, si verificano sempre delle variazioni rispetto a quanto previsto a progetto e, molto spesso, sarebbe inutilmente costoso procedere ad un aggiornamento a posteriori dei calcoli e dei disegni come costruito. E molto più semplice effettuare una verifica preventiva come indicato in Tabella III, indicando a disegno il valore di tolleranza massima sulla distanza dal collettore per ogni radiatore oppure, in situazioni assolutamente impreviste, calcolare la perturbazione risultante di [t a ] qualora il corpo scaldante venga installato in una posizione più distante dal collettore rispetto a quanto stabilito in sede di calcolo. Per eseguire questa verifica si devono considerare alcune variabili caratteristiche del sistema, ed esattamente: la temperatura esterna minima di progetto [t ec ] il salto termico nominale di progetto [Δt dn ] la temperatura massima di mandata [t i max ] la temperatura ambiente desiderata [t a ] Nel caso dell esempio in corso, per le suddette variabili si ipotizzino i seguenti valori: t ec = -5 C; Δt dn = 15 C; t i max = 80 C; t a = 20 C Si prenda ora, come esempio, la derivazione n 1 di cui alla Tabella II e Tabella III e si avranno dunque i seguenti dati: emissione termica reale E r = 1400 W variazione massima ammissibile dl = 5,2 m eq. variazione massima della portata 10% - x = 0,1 Come primo passo si deve calcolare quale dovrebbe essere la potenza termica nominale [E 60 ] del radiatore n 1 che deve sopperire ad un fabbisogno termico di 1400 W con un regime di esercizio 80/65 C. 11 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

12 Il calcolo è molto semplice: da cui: f = (Δt m / 60) n = (52,5 / 60) 1,3 = 0,84 E 60 = E r / f = 1400 / 0,84 = 1667 W A questo punto si deve calcolare il valore di [t e min ]; vale a dire il valore di temperatura minima esterna per il quale nelle condizioni di emissione termica [E 60 ] la temperatura ambiente sia comunque pari a 20 C (cioè t a = t ar ). dove: t a - a - t ec E r = E 60 [3] t ar - t e min a - apporti interni e/o gratuiti di energia termica, valutabili in C di temperatura ambiente; nell esempio sono considerati nulli. t ar - temperatura ambiente risultante; essendo l esempio un calcolo di verifica e, comunque, non desiderando valori superiori della temperatura di progetto si pone la condizione t a = t ar. Ne consegue che: t e min = t ar - ((t a - a - t ec ) / (E r / E 60 )) t e min = t ar - ((t a - a - t ec ) / f ) = - 9,7 C A questo punto del calcolo di verifica, stabilito che la lunghezza totale della derivazione n 1 sarà Lt = L + dl e, quindi, che la portata al radiatore n 1 sarà G dr = 0,9 G dn, si procede al calcolo della temperatura ambiente [t a ] determinata da questa variazione. Per ottenere questo risultato è necessario assumere un valore fittizio di emissione termica reale [E r1 ] ed applicare nuovamente l espressione [3] per il calcolo di [t a ]. Ammettendo, in prima approssimazione, che E r1 possa avere un valore pari a 1200 W, si avrà che: t a = ((E r1 / E 60 ) (t ar - t e min )) + t ec = 16,4 C Accettando per il momento, ma solo per il momento, come valido il valore di [t a ] così calcolato e, quindi, considerando come valido anche il valore di [E r1 ], si passi a calcolare la temperatura di uscita dell acqua dal corpo scaldante [t u ]; ne consegue: per cui: [4] E r1 = (0,9 G dn ) (80 - t u ) / 0,86 [5] t u = 80 - ((E r1 0,86) / (0,9 G dn ) = 65,7 C Con i valori così calcolati di [t a ] e [t u ], applicando l espressione E n = E 60 (Δt m / 60) n si procede al calcolo del nuovo valore di emissione termica [E r2 ] e, una volta effettuato questo calcolo, qualora sia verificata la condizione E r1 =E r2, vorrà dire che i valori così determinati corrisponderanno realmente alle nuove condizioni di esercizio del corpo scaldante della derivazione n 1 preso in esame. E r2 = E 60 (Δt m / 60)n = 1413 W Viceversa se, come in questo esempio, dal calcolo risulta che E r1 E r2 si dovrà ripetere in modo iterativo il calcolo, ricominciando dall espressione [5], ponendo un nuovo valore fittizio di E r1 = (E r1 + E r2 ) / 2. Poichè, come si può ben comprendere, la procedura potrebbe essere lunga e noiosa, sarà consigliabile utilizzare un computer. Nel caso di questo esempio, le condizioni finali di esercizio, del radiatore n 1 saranno le seguenti: E r2 = E r1 = 1383 W t a = 19,7 C A questo punto vale la pena ricordare come, il calcolo di verifica sopra riportato, sia stato condotto per le condizioni di perdita di carico della derivazione derivanti dalla installazione di valvole da radiatore termostatizzabili, considerate al loro valore di [Kv r ] riportato in colore blu nella Tabella II. Qualora volessimo applicare la stessa variazione di lunghezza [dl] alla derivazione n 1, ma stavolta calcolata con la perdita di carico derivante dall avere considerato le valvole termostatizzabili al loro valore di [Kv t ], quali risultati si otterrebbero? In tal caso, applicando nuovamente la procedura di verifica, si avrebbe che: E r2 = E r1 = 1373 W t a = 19,5 C Al di la dei valori strettamente numerici, che peraltro indicano un ulteriore diminuzione di [t a ], ciò che è interessante sottolineare sono le considerazioni di carattere generale sul metodo di calcolo che derivano da quanto sin qui esposto e che sono oggetto del prossimo paragrafo Considerazioni generali sul calcolo delle derivazioni Riconsiderando per un attimo i vantaggi caratteristici degli impianti a collettori, in particolar modo proprio la grande flessibilità di posizionamento dei corpi scaldanti, si possono trarre le seguenti indicazioni generali: nel calcolo delle perdite di carico delle derivazioni, facenti capo allo stesso collettore, in impianti dotati 12 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

13 di valvole termostatizzabili (come oramai in uso), sarà sempre consigliabile assumere come base di calcolo il loro valore di [Kv n ] in modo che, anche qualora queste valvole vengano in tutto od in parte dotate di testine termostatiche, le varie derivazioni rimarranno tra di loro perfettamente bilanciate. preferire valvole da radiatore con alti valori di [Kv], quindi con bassi valori di perdita di carico, è una scelta discutibile poichè non porta alcun beneficio pratico e, al contrario, limita di molto la libertà di posizionamento dei corpi scaldanti che, come si è visto, è uno dei vantaggi di questi sistemi. Inoltre, avere valvole con bassi valori di [Δp] significa anche ottenere una insufficiente autorità sul circuito regolato (il radiatore) e, per conseguenza, nel caso di termostatizzazione un azione di regolazione instabile della temperatura ambiente [t a ]. gli impianti a collettori centralizzati, ma anche gli impianti a due tubi a colonne montanti, dovrebbero essere calcolati con un valore di [Δt d ] pari a 15 C che, negli anni, si è dimostrato essere il migliore compromesso tecnico/economico. Trasportare inutili masse d acqua per avere valori di [Δt d ] più contenuti (5 10 C) può in effetti portare ad una contenuta riduzione delle superfici radianti, ma implica l installazione di tubazioni e componenti di maggior diametro (con conseguenti costi di materiale, manodopera e coibentazione) e, in più, diminuisce la capacità del sistema ad adattarsi ad una regolazione termostatica delle temperature in ambiente (vedere Figura 2). Non si deve inoltre dimenticare che per ottenere una corretta temperatura operante è sempre meglio avere una maggiore superficie radiante, anche ad una temperatura media più contenuta piuttosto che il contrario. Un esempio limite su tutti, che chiarisce molto bene il punto: come noto un ambiente riscaldato con pannello radiante (che ha un ampia superficie ad una temperatura media di soli 5 7 C superiore alla temperatura ambiente) è in grado di garantire un livello di comfort molto più elevato di quello che si otterrebbe installando un camino dove si ha sì un elevato irraggiamento ma concentrato in un solo punto. diminuire, per quanto possibile, le portate nei vari tratti di circuito, significa anche diminuire le dispersioni termiche di linea, quindi aumentare il rendimento di distribuzione [ηd] dell energia termica. molto spesso, proprio per le considerazioni espresse nei precedenti paragrafi, si usa attribuire ad ogni derivazione di uno stesso collettore e per tutti i collettori di uno stesso impianto, un valore di perdita di carico predefinito (di solito compreso tra 8 12 kpa) ed in seguito calcolare a ritroso i valori di [Kv r ] da assegnare alle valvole a doppio regolaggio poste sui corpi scaldanti. Nel prossimo paragrafo, dedicato al bilanciamento dei vari collettori posti sulla stessa rete, come una simile procedura sia di estrema praticità poichè, in tal caso, le differenze di pressione tra un collettore e l altro saranno solo dovute ai tratti di rete che li separano Il bilanciamento dei collettori Si è già detto come, considerando un collettore di distribuzione come se fosse un singolo radiatore, la procedura di calcolo che verrà sviluppata qui di seguito possa essere del tutto identica anche per gli impianti a due tubi a colonne montanti verticali che, sovente, sono ancora utilizzati nei sistemi di climatizzazione con mobiletti ventilconvettori. Figura 6 Sarebbe, crediamo, del tutto inutile effettuare un esempio di calcolo riguardante il bilanciamento di vari nodi (collettori o radiatori appunto) connessi alla medesima rete di distribuzione (colonne montanti o tratti orizzontali che siano). In effetti il problema non consiste nel come si esegue, ma nel se si esegue questo calcolo e, successivamente, nel se si apportano le necessarie regolazioni in fase di installazione dell impianto. Tralasciando ogni altra considerazione, la prima cosa da farsi, in ogni caso, è di prevedere gli appositi organi di taratura; vale a dire le valvole a doppia regolazione poste sui corpi scaldanti e sui collettori nonchè le valvole di bilanciamento a piede di colonna. Se non si fa questa scelta di base tutte le altre considerazioni non hanno più alcun motivo d essere poichè non avremo fisicamente gli strumenti necessari per effettuare una corretta taratura del sistema impiantistico. Cercheremo comunque di proporre un metodo per il calcolo della rete di distribuzione, partendo dalle perdite di carico delle tubazioni ed in seguito degli organi di taratura. 13 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

14 Procedura di bilanciamento dei collettori Riprendendo ad esempio un tratto di rete di distribuzione come quello indicato in Figura 7, una volta terminato il calcolo delle varie derivazioni facenti capo ad uno stesso collettore, si deve procedere al calcolo della rete che alimenta i vari collettori, al loro bilanciamento idraulico nonchè al calcolo e bilanciamento di altre porzioni di rete confluenti in uno stesso nodo. Per ciò che riguarda le derivazioni si è già visto; per i collettori si avrebbe, in tal caso, che le differenze di pressione da recuperare riguarderebbero sostanzialmente solo le perdite di carico dovute alla rete di distribuzione primaria. Considerando che per i nuovi impianti la progettazione avviene oggi quasi sempre con appositi software, qui di seguito si considera di sviluppare l argomento proprio con l ipotesi di cui sopra poichè adatta, meglio di altre, al calcolo manuale. Esistono infatti delle tabelle che, predefinito il valore di pressione differenziale a disposizione del collettore, forniscono tutte le possibili combinazioni di tubo e regolazione da assegnare alle valvole in funzione della emissione termica del radiatore e della sua distanza dal collettore. Ammettendo allora di avere assegnato per tutti i collettori un [Δp] pari a 8 kpa e partendo dal collettore [C 1 ], con i dati di cui all esempio di calcolo del paragrafo 3.3 ricalcolati per il valore di perdita di carico predefinita, si procede al calcolo delle differenze di perdita di carico ai vari nodi, iniziando da [N 1 ] quindi [N 2 ] poi [N 3 ] sino ad [N AB ]. Dopo aver calcolato la perdita di carico massima delle derivazioni al collettore [C 1 ] si deve aggiungere a questo valore le perdite dovute agli organi di intercettazione e della rete di distribuzione sino al nodo [N 2 ]. Ad esempio, con un Δp C1 = 8 kpa = 800 mm di c.a. si calcolino le perdite di carico continue e localizzate sino al nodo [N 2 ] tenendo presente che: il valore di [Kv s ] delle valvole d intercettazione ed esclusione dei collettori verrà assunto pari a Kv=3,5 le tubazioni di raccordo tra collettore [C 1 ] e montante [A], nonchè i tratti di rete sino al nodo [N 2 ] sono in acciaio Ø 3/4 per una lunghezza pari a 12 m eq. Il valore della perdita di carico lineare unitaria [R] sarà pari a 8,0 mm di c.a./m si avrà quindi che la perdita di carico degli organi d intercettazione ed esclusione sarà pari a: Δp tubi = (R L) = 96 mm di c.a. = 0,96 kpa Figura 7 Anche in questo caso, non avendo come riferimento una marca ben precisa di valvole e componenti, si prenderanno come riferimento i valori di [Kv] e [Kv r ]. Prima di iniziare un breve esempio di calcolo, vale la pena di riprendere un concetto espresso al paragrafo 3.5. Poichè molto spesso gli impianti centralizzati a collettori sono installati in edifici plurifamigliari aventi unità abitative molto simili le una alle altre, nel calcolo delle perdite di carico per ogni singolo collettore si arriva ad avere valori di [Δp] e di portata simili tra loro. Negli anni, con l esperienza, è diventato di uso comune assegnare a tutti i collettori un medesimo valore di perdita di carico (normalmente compreso tra 8 e 12 kpa) e quindi bilanciare a ritroso sia le derivazioni che i collettori. ne consegue che al nodo [N 2 ] la pressione differenziale disponibile sarà pari a: Δp N2 = Δp C1 + Δp v + Δp tubi = 1150 mm di c.a. = 11,5 kpa A questo punto, per l ipotesi di partenza che il collettore [C 2 ] ha la medesima perdita di carico del precedente, resta solo da calcolare le perdita di carico tra collettore e montante [A] assumendo che, ad esempio, la portata G dc2 sia di 350 l/h e che il tratto di rete di raccordo tra collettore e colonna sia pari a L = 4 m eq.; ne consegue: e quindi: Δp C2 = 2 (0,01 (G dc2 /Kv) 2 ) + (R L) Δp C2 = 2 (0,01 (350/3,5) 2 ) + (6 4) Δp C2 = = 1025 mm di c.a. = 10,25 kpa 14 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

15 Non rimane ora che calcolare il valore di [Kv] da assegnare all organo di bilanciamento del collettore [C 2 ] affinchè il suo valore totale di perdita di carico corrisponda a quello caratteristico del nodo [N 2 ]; vale a dire: dδp = 11,5-10,24 = 1,26 kpa = 126 mm di c.a. Kv r2 = G dc2 /(10 dδp) = 3,16 Il calcolo di [Kv r2 ] avrebbe potuto essere risolto con un unica espressione: G dc2 Kv r2 = [6] Δp N2 - (Δp C2 + (R L) + (0,02 (G dc2 /Kv v ) 2 )) 0,01 Si calcoleranno ora le perdite di carico del tratto di colonna montante N 2 -N 3 che, sommate al valore di [Δp N2 ] daranno il valore totale di [Δp] al nodo [N 3 ]: Δp N3 = Δp N2 + (R L) = 1337 mm di c.a. = 13,37 kpa dove: il tratto di montante è sempre Ø 3/4, con una portata di 745 l/h, una perdita di carico unitaria R=24 mm di c.a./m ed una lunghezza del tratto pari a 8 m eq. Analogamente a quanto descritto per il collettore [C 2 ], si calcoli il valore di [Kv r3 ] per bilanciare la derivazione facente capo al nodo [N 3 ]. Ipotizzando una portata nel collettore [C 3 ] pari a 400 l/h, a parità di altri parametri, utilizzando l espressione [6] e risolvendo si ottiene che Kv r3 = 2,55. Terminato il calcolo del montante [A] si deve ora procedere al dimensionamento del tratto di circuito tra il nodo [A3] ed il nodo di confluenza con il montante [B], considerando che in questa porzione di rete la portata sarà pari a 1145 l/h, che la sua lunghezza sia di 36 metri equivalenti, che venga realizzata con tubazioni Ø 1 e che vengano installate due valvole a piede di colonna aventi un Kv s = 6,8. Con questi dati si avrà dunque che: Δp v = 2 (0,01 (G da / Kv v1 ) 2 ) = 567 mm di c.a. = 5,67 kpa Δp tubi = (R L) = = 612 mm di c.a. = 6,12 kpa e quindi: Tra le due soluzioni la seconda è decisamente la migliore per svariati motivi, tra cui i seguenti: operare un calcolo a ritroso, partendo dal nodo [AB] sino a risalire al collettore [C 4 ], ipotizza la scelta di non installare degli organi di bilanciamento a piede di colonna e di recuperare le differenze di pressione, tra la perdita di carico nei collettori e quella disponibile allo stacco dal montante, unicamente attraverso gli organi di regolazione posti sui collettori stessi. Questo tipo di scelta, tecnicamente ineccepibile, ha la sua principale controindicazione nel fatto che, così facendo, spesso gli organi di bilanciamento posti sui collettori devono essere tarati su posizioni di forte parzializzazione e che, essendo i collettori quasi sempre installati all interno degli appartamenti, questi organi di taratura sono facilmente manomissibili (come infatti spesso avviene) con conseguente forte sbilanciamento del sistema. calcolando a ritroso la colonna [B], non è detto che la prevalenza residua al collettore [C 4 ] sia sufficiente a garantire le corrette portate di progetto. In tal caso significherebbe che il circuito [A], precedentemente preso in esame e considerato come il più sfavorito in effetti non lo fosse e, questo, implicherebbe di procedere di nuovo ad una verifica. Questo caso non è infrequente, soprattutto nei casi di impianti centralizzati piuttosto estesi. viceversa, calcolare il montante [B] partendo dal collettore [C 4 ] sino al nodo [AB] consente di determinare la perdita di carico totale della colonna, di confrontare questo valore con quello precedentemente calcolato per il circuito [A] e, quindi, decidere molto semplicemente se recuperare le differenze di perdita di carico tramite le valvole a piede colonna installate su [B] o su [A] a seconda dei valori calcolati. Analogo ragionamento si può ed è consigliabile fare, quando invece di una colonna montante si tratti di sottoreti raggruppanti ciascuna più colonne - Figura 8. Anche in questi casi è consigliabile installare delle valvole di bilanciamento ai capi di ogni sottorete. le valvole di bilanciamento vengono difficilmente manomesse poichè generalmente non accessibili direttamente e del tutto sconosciute nelle loro funzioni all utente comune. Δp AB = = 2516 mm di c.a. = 25,16 kpa Giunti a questo punto, si devono effettuare tutti i calcoli anche per il montante [B] e, per ottenere un corretto bilanciamento tra montanti e tra collettori, è possibile procedere in due modi: partire dal nodo [AB] e calcolare a ritroso le perdite di carico nella colonna [B] recuperando le differenze di pressione tramite le valvole poste sui collettori. calcolare la colonna [B] esattamente come fatto per il circuito [A] e recuperare le differenze tramite le valvole a piede di colonna. Figura 8 15 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

16 SCHEMA DI VALUTAZIONE ED INTERVENTO PER IL BILANCIAMENTO DEGLI IMPIANTI ESISTENTI 16 MANUALE TECNICO-OPERATIVO Figura 9

17 4. IL BILANCIAMENTO IDRAULICO DEGLI IMPIANTI ESISTENTI 4.1. Lo schema di valutazione ed intervento Il diagramma di flusso a pag. 16 riassume in modo schematico le operazioni che si rendono in genere necessarie per eseguire correttamente un intervento di bilanciamento idraulico di un impianto esistente. Si è già accennato in precedenza come, in questi casi, si deve operare in condizioni di totale, o quasi, mancanza di dati tecnici attendibili riguardanti l impianto. Chiunque abbia provato questa esperienza sa che la situazione esistente non è quasi mai significativa del progetto originario; caldaie sostituite con altre di maggiore potenza, altrettanto per le pompe, superfici radianti aumentate (spesso proprio per far fronte alle carenze di bilanciamento), reti di distribuzione parzialmente rifatte, ecc. Da qui la necessità di avere un metodo da seguire per arrivare con sufficiente precisione all acquisizione dei dati tecnici necessari. Come si può facilmente notare, sempre dallo schema a lato, la strada non è una sola; ci sono diverse soluzioni che implicano diversi costi e diversi gradi di qualità nel risultato finale. Tuttavia, vi sono alcune tappe che, indipendentemente da ciò che si farà in seguito, sono comunque assolutamente necessarie ed indispensabili, vale a dire: calcolo delle dispersioni termiche: nella totalità dei casi (salvo rarissime eccezioni) non sono disponibili i calcoli di progetto e, quand anche lo fossero, spesso si sono eseguite migliorie che rendono comunque necessario un nuovo calcolo (adozione di doppi vetri, isolamento agli ultimi piani, ecc.). Un nuovo calcolo delle dispersioni è anche utile per meglio valutare l idoneità dei corpi scaldanti in opera. valutazione dei corpi scaldanti installati: questo punto è di assoluta importanza per meglio comprendere in seguito come intervenire. Valutare se vi sono degli effettivi sovra o sottodimensionamenti delle superfici radianti è di assoluta necessità in una procedura di bilanciamento idraulico, così come stimare l emissione termica reale di ogni corpo scaldante in funzione delle nuove condizioni di esercizio che si prevedono nel dopo bilanciamento. calcolo delle portate nominali: anche questo è un passaggio di fondamentale importanza per l obiettivo che si vuole ottenere. Come già ampiamente analizzato, emissione termica e portata (e quindi anche il salto termico nominale Δt d ) sono parametri strettamente connessi; definire quali dovranno essere le portate nominali corrette da assegnare ai singoli radiatori e, quindi, alle sottoreti, reti, ecc. significa mettersi nelle migliori condizioni operative ed avere dei dati certi sui quali lavorare. rilievo della rete esistente: anche in questo caso è difficile che siano ancora disponibili i progetti originali riguardanti piante e schemi con i percorsi dei tubi ed i diametri degli stessi. Non rimane quindi che provvedere al rilievo in opera della rete che consenta la tracciatura di uno schema sul quale dovrebbero essere riportate, per quanto possibile, sezioni delle tubazioni, lunghezze e sviluppo. Questo rilievo, se ben eseguito, consente di calcolare la rete di distribuzione come se si trattasse di una nuova installazione e, in seguito, di effettuare direttamente le tarature degli organi di bilanciamento, eliminando numerosi costi. Non solo, consente anche di verificare che le portate nominali, che si intende assegnare ai vari tratti di rete, siano compatibili con quanto in essere e, nel caso ciò non fosse, di decidere dove intervenire e come. Compiuto questo importante lavoro di preparazione, si dovrà scegliere quale percorso seguire per portare a termine il bilanciamento dell impianto oggetto di verifica. Se i dati così raccolti sono sufficientemente precisi ed accurati, sarà possibile procedere come se si trattasse di una nuova installazione ed eseguire un calcolo idraulico che consentirà di installare (qualora già non ci fossero) e tarare direttamente gli organi di bilanciamento previsti. Viceversa, se i dati raccolti e/o disponibili non consentiranno di procedere ad un calcolo ex-novo, si dovrà intervenire con delle misurazioni in opera ed effettuare, in seguito, le tarature necessarie. Per l esperienza diretta acquisita in molti anni, si consiglia di dedicare molta attenzione a queste fasi preliminari di valutazione poichè, se eseguite con la dovuta attenzione e precisione, consentono di risolvere i problemi di bilanciamento in tempi molto rapidi; tutto il tempo speso nella ricerca di dati tecnici affidabili viene poi abbondantemente recuperato durante la fase operativa di intervento. Nei casi più comuni di impianti oggetto di bilanciamento idraulico, come potrebbero essere i vecchi condomini anni sessanta-settanta, in genere non è impossibile risalire ad una tracciatura della rete di distribuzione; ben diverso può essere il caso di vecchi impianti originariamente nati con circolazione naturale o di impianti modificati negli anni in modo assolutamente estemporaneo. In questi ultimi casi non rimane che intervenire installando le valvole di bilanciamento dove necessario e, grazie a queste, iniziare le misurazioni necessarie ad ottenere i dati tecnici utili per la taratura dell impianto. Si vedrà, nelle pagine successive, come concretamente operare e con quale metodo. Naturalmente, per analogia con il capitolo precedente, non si considera il caso di vecchi impianti nei quali, grazie ad una corretta valutazione dei dati, si può intervenire come se si trattasse di un nuovo impianto. 17 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

18 4.2. Concetti preliminari Prima di iniziare la descrizione dei metodi di bilanciamento da utilizzare in impianti esistenti, è utile soffermarsi su alcuni concetti preliminari che, una volta analizzati, rendono molto più comprensibile ciò che verrà scritto in seguito. In particolare deve essere molto chiara l interdipendenza che esiste tra i vari circuiti di uno stesso impianto e le leggi che regolano questa situazione di interattività reciproca. Ciò significa che, la chiusura dell organo di regolazione posto sul radiatore [R 3 ] influenza sensibilmente i circuiti a valle [R 1 R 2 ] e non allo stesso modo quelli a monte [R 4 ]. Chiunque abbia provato ad eseguire un intervento di bilanciamento idraulico, si sarà accorto come modificando la posizione di taratura di un organo a doppia regolazione, si ottiene come riflesso la variazione delle portate (e quindi delle perdite di carico) anche in altri organi di bilanciamento e relativi circuiti. Se intervenendo sulla regolazione di una portata si ha come risultato la variazione anche di altre portate di altri circuiti, ne consegue che si renderà necessario un nuovo intervento di riequilibratura anche degli altri organi di regolazione e... così via procedendo in modo iterativo. Come si può ben comprendere, tale approccio sarà lungo, costoso e, spesso, non consentirà di ottenere un grado di bilanciamento ottimale. Tuttavia, come è noto, le formule di calcolo che stanno alla base del calcolo di una rete di distribuzione ci dicono che, in linea di massima, la perdita di carico è proporzionale al quadrato della portata o, se preferite, che la portata è proporzionale alla radice quadrata delle perdite di carico. Senza entrare nello specifico teorico delle formule matematiche che, in funzione del fatto che ci si trovi in un regime laminare o turbolento, definiscono con maggiore precisione l esponente di proporzionalità sopra menzionato, rimane il fatto che queste due grandezze sono tra di loro correlate e, per le operazioni di bilanciamento, si può tenere conto di questa legge fisica. Da questa correlazione matematica, prende il nome di un metodo di bilanciamento che viene appunto definito metodo proporzionale. Ritornando qualche riga sopra, si può allora dire che applicando una variazione di portata ai capi di una derivazione, si avrà una variazione proporzionale della portata anche nei circuiti (o utenze) direttamente connessi alla derivazione stessa. In altri termini, considerando come esempio la colonna di Figura 10, applicando una variazione di portata al nodo [AB] si avrà una variazione proporzionale delle portate anche nei rimanenti circuiti a valle; in questo caso specifico rappresentati dai corpi scaldanti [R 1 R 4 ]. Continuando il ragionamento sull esempio di Figura 10, risulta anche evidente che, qualora si escludesse un utenza della colonna (ad esempio il radiatore R 3 ), i tratti di colonna [B-C] e [H-A] non subirebbero una perturbazione molto elevata mentre, al contrario, i tratti [D-E] ed [F-G] con i relativi radiatori [R 1 ] ed [R 2 ] sarebbero soggetti a valori di portata sensibilmente maggiori di quelli nominali Procedura di bilanciamento dei corpi scaldanti Figura 10 Una volta completate le fasi preliminari di valutazione, di cui al paragrafo [4.1], si è pronti per passare alla fase operativa di taratura degli organi di bilanciamento installati. La natura del tipo di impianto da bilanciare, dipenderà da caso a caso; qui di seguito, come esempio, si considererà il caso più comune dei sistemi a colonne montanti che alimentano radiatori. Nella quasi totalità della letteratura tecnica che tratta l argomento del bilanciamento degli impianti, si inizia sempre dal corpo scaldante, ma si assume che i radiatori siano dotati di valvole a doppio regolaggio in grado di consentire la lettura della portata mediante il manometro differenziale. 18 MANUALE TECNICO-OPERATIVO

19 In teoria ciò è tecnicamente fattibile, basterebbe installare delle valvole di taratura con attacchi piezometrici anche sui terminali; tuttavia, nella realtà, questa situazione non si verifica mai (almeno negli impianti civili a radiatori). Nella migliore delle ipotesi, infatti, i radiatori installati in vecchi impianti sono dotati di valvole a doppia regolazione con caratteristiche tecniche incerte e, sul ritorno, del classico detentore. Molto spesso non vi sono nemmeno le valvole a doppio regolaggio e talvolta nemmeno il detentore. Sarà quindi sempre consigliabile provvedere alla sostituzione delle valvole e detentori esistenti con altri aventi caratteristiche tecniche note. Per conseguenza, in queste condizioni, il bilanciamento dei corpi scaldanti posti su di una stessa colonna deve essere eseguito mediante calcolo. In genere, poichè le colonne montanti hanno un andamento verticale diritto, questo calcolo è semplice ed agevole. Nei casi limite dove non si ha certezza del tracciato della colonna, e quindi non si ha certezza di quali siano i corpi scaldanti ad essa collegati, si devono necessariamente installare delle valvole a doppia regolazione con la possibilità di collegamento al manometro differenziale per la lettura della portata Bilanciamento mediante misura delle temperature Viste le espressioni matematiche che consentono il calcolo dell emissione termica di un corpo scaldante, ne consegue che la sua portata nominale può essere stimata anche misurando alcune temperature. Questo metodo, per avere un sufficiente grado di precisione, richiede però che l impianto sia in funzione ed anche che, al momento delle misure, il carico termico sia piuttosto elevato; vale a dire una bassa temperatura esterna. Per le condizioni di minima temperatura esterna di progetto [t ec ] è noto il salto termico nominale [Δt d ] che si desidera ottenere tra entrata ed uscita dal radiatore ed al quale, se la superficie radiante è correttamente dimensionata, corrisponde una temperatura ambiente di benessere [t a ]. Sarà dunque sufficiente misurare le seguenti temperature: t er : temperatura esterna reale al momento della misura t a : temperatura ambiente al momento della misura t i : temperatura dell acqua entrante al radiatore t u : temperatura dell acqua uscente dal radiatore Avendo misurato [t i ] e [t u ] è noto il valore di salto termico reale al momento della misurazione [Δt d r]. Ne consegue dunque che: dove: G dt Δt dr (20-t ec ) Kv t = = [7] G dr Δt d (t a -a-t er ) Kv r G dt : portata dopo la taratura della valvola G dr : portata reale al momento della misura Δt dr : salto termico misurato Δt d : salto termico nominale di calcolo Kv t : Kv valvola di regolazione dopo la taratura Kv r : Kv valvola di regolazione al momento della misura a: apporti di calore interni e/o gratuiti (luci, cucina, ecc.) Utilizzando l espressione [7] e, noto il valore di [Kv r ] della valvola installata (se completamente aperta Kv r =Kv s ), si può agevolmente calcolare [Kv t ]. Questo modo di procedere, pur avendo una sua utilità in certi casi, implica però la misura delle temperature sopra indicate che devono essere rilevate con la massima precisione possibile, utilizzando termometri elettronici di ottima qualità. Non è infrequente che il salto termico [Δt dr ], a causa delle eccessive portate dovute allo sbilanciamento, possa avere valori di pochi gradi (5 6 C) e, in queste condizioni, un errore strumentale o di metodo, può portare ad un errore nella stima della portata fino al 20%. Applicando questo metodo, le azioni di taratura devono iniziare dal radiatore più favorito della colonna; in genere quindi partendo dai piani bassi sino ai piani alti. Per meglio chiarire questo metodo riportiamo come sempre un breve esempio numerico ipotizzando di avere un radiatore avente una potenza termica E 60 = 1000 W sottoposto alle seguenti condizioni di esercizio misurate: t a : temperatura ambiente misurata 22 C t er : temperatura esterna misurata 3 C t ec : temperatura esterna di progetto -5 C Δt dr : salto termico misurato 5 C Δt d : salto termico nominale 10 C Kv r : Kv valvola di regolazione 0,6 a: apporti di calore interni 1 C ne consegue dunque che: Kv t 5 (20-(-5)) = = 0,694 Kv r 10 (22-1-3) e quindi, se Kv r =Kv s : Kv t = 0,694 0,6 = 0, MANUALE TECNICO-OPERATIVO

20 Con questo valore di [Kv t ], se le misurazioni sono state accurate, la portata [G dt ] dovrebbe avvicinarsi molto alla portata nominale di calcolo; nell esempio G dn = 86 l/h. A questo punto, noti il valore di [Kv t ] e di [G dn ] è possibile anche stimare la perdita di carico relativa allo stesso corpo scaldante, vale a dire: Δp = 0,01 (G dn / Kv t ) 2 = 0,01 (86/0,417) 2 = 4,25 kpa Questo valore potrà essere utile nella procedura di taratura degli altri radiatori posti sulla colonna montante. Non rimane ora che eseguire il calcolo di verifica dell emissione termica reale del corpo scaldante sottoposto alle nuove condizioni di esercizio Il bilanciamento delle reti di distribuzione: metodo dei rapporti di portata Ammettendo di dover bilanciare un impianto simile a quello rappresentato in Figura 11, che come si può notare è quanto di più comune si possa trovare nella realtà, si descrivono le operazioni necessarie per ottenere il bilanciamento idraulico dei vari circuiti. Si tenga sempre presente, però, che le fasi preliminari di valutazione devono essere state completate e che quanto descritto nel precedente paragrafo circa i corpi scaldanti, deve essere eseguito dopo aver individuato la colonna montante più favorita. Prima di iniziare una qualsiasi operazione di misura e taratura del sistema, ci si deve assicurare che: tutti gli organi di regolazione siano completamente aperti; vale a dire nella loro posizione di [Kv s ] le valvole di regolazione automatica siano disinserite ed anch esse nella posizione di massima apertura che l impianto sia preferibilmente spento tranne, ovviamente, la pompa di circolazione Poichè nelle fasi preliminari al bilanciamento si sono ricalcolate le dispersioni termiche, si sono valutati i corpi scaldanti in opera, si sono così determinate le portate nominali da assegnare ad ogni singolo radiatore, colonna montante o sottorete, ne consegue che è altrettanto nota la portata totale nominale desiderata alla mandata generale del sistema impiantistico in esame. La valvola [V bt ] deve dunque essere tarata per questo valore di portata totale, aumentato di 10 15% circa. Per eseguire questa prima operazione, si collegherà il manometro differenziale alla valvola [V bt ] e si effettuerà la taratura richiesta. In seguito, collegando il manometro differenziale di volta in volta alle valvole poste ai capi di ogni sottorete [V bs 1 V bs3 ] si misurano le portate reali per ciascuna di esse. I valori così misurati serviranno per il calcolo dei rapporti di portata che intercorrono con i rispettivi valori nominali che dovranno ottenere a bilanciamento ultimato; vale a dire: R Q[S1..S3] = G dm [S1..S3] / G dn[s1..s3] Figura MANUALE TECNICO-OPERATIVO

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