STORIA DI UN CONTRASTATO TRAMONTO: LA LEGGE ABROGATIVA DELLA CAUSA D ONORE E DEL MATRIMONIO RIPARATORE

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1 VITTORIA CALABRÒ STORIA DI UN CONTRASTATO TRAMONTO: E DEL MATRIMONIO RIPARATORE SOMMARIO: 1. Premessa. 2. La ragazza «che rifiutò il matrimonio riparatore»: storia di una scelta niente affatto normale nella Sicilia degli anni Sessanta. 3. Tra Otto e Novecento: la normativa italiana su delitto d onore e matrimonio riparatore. 4. Il codice penale Rocco e la tutela dell onore : le proposte del ministro Reale per la modifica dell art. 587 c.p : il lungo e complesso iter di approvazione della legge abrogativa della causa d onore e del matrimonio riparatore. 7. Aprile-agosto 1981: l epilogo. 1. Premessa. La cerimonia svoltasi al Quirinale l 8 marzo 2014 in occasione della Giornata Internazionale della Donna è stata dedicata a tutte le attività volte a contrastare le condizioni di oppressione femminile nel mondo, oltre che, come ha ribadito nel suo intervento il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alle conquiste per «affermare diritti e libertà» ( 1 ). ( 1 ) È quanto si legge nell Intervento del Presidente Napolitano alla Giornata Internazionale della Donna. All indirizzo &key=2842, il testo del discorso è consultabile on-line. Per un analisi della condizione femminile nel mondo si rinvia a Il libro nero della donna. Violenze, soprusi, diritti negati, a cura di C. O- CKRENT, con una Prefazione di B. POLLASTRINI, Milano, Cairo, Per un quadro d insieme dei provvedimenti a favore delle donne adottati in Italia nel periodo compreso tra il 1950 ed il 2012 si veda, fra gli altri, il volume Le leggi delle donne che hanno cambiato l Italia, a cura della

2 276 Alla presenza del Presidente del Senato Pietro Grasso, della Presidente della Camera Laura Boldrini e del Presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri, il Capo dello Stato ha consegnato le onorificenze dell Ordine al Merito della Repubblica Italiana: fra le donne insignite del titolo di Grande Ufficiale anche la signora Franca Viola, la siciliana originaria di Alcamo che, nel 1965, si era opposta alla celebrazione di un matrimonio riparatore. Il suo «coraggioso gesto di rifiuto», ben presto imitato anche da altre giovani, l avrebbe resa, suo malgrado, un icona del femminismo, al punto da rappresentare, così come si legge nella motivazione del prestigioso riconoscimento, «una tappa fondamentale nella storia dell emancipazione delle donne» italiane ( 2 ). A partire da quella vicenda, infatti, avrebbe preso avvio un lento ma inesorabile processo di cambiamento che, scardinando un certo tipo di cultura e di costume radicati prevalentemente in alcune regioni dell Italia meridionale (ma non solo), a- vrebbe favorito l adozione di una serie di provvedimenti normativi di particolare rilevanza politico-sociale. Tra questi, l abolizione, nel 1981, del matrimonio riparatore e della causa d onore, introdotti nell ordinamento italiano dal codice penale approntato, nel 1930, dal regime fascista. Nelle pagine che seguono tenteremo di ripercorrere le difficili tappe di quel processo soffermandoci, in particolare, a ricostruire il complesso dibattito maturato all interno del Paese e del Parlamento in occasione dell iter di approvazione di quel provvedimento. fondazione Nilde Iotti, Roma, Ediesse, Sul punto si vedano anche M.A. COCCHIARA, Alla ricerca delle radici storiche della violenza di genere e dei modi per contrastarla, in Noi accadiamo dentro le storie. Donne, politica e istituzioni, a cura di A. Cammarota e T. Tarsia, Roma, Aracne, 2011, pp ; EAD., Il diritto e la violenza. Le tappe di una lentissima evoluzione, in «ingenere», 25 novembre 2013, in EAD., Le radici storico-giuridiche della violenza sulla donne e la pluralità delle forme di contrasto, in «AIF@Learning News», 12 (2013), pp. 1-5, che si legge in LN1213 ViolenzaCocchiara.pdf. ( 2 ) La citazione è tratta dal Comunicato ufficiale approntato dalla Presidenza della Repubblica in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l 8 marzo 2014, in

3 VITTORIA CALABRÒ 277 E per farlo non possiamo che prendere le mosse proprio dalla storia di Franca Viola. 2. La ragazza «che rifiutò il matrimonio riparatore»: storia di una scelta niente affatto normale nella Sicilia degli anni Sessanta. La mattina del 26 dicembre 1965, due automobili si arrestano di colpo davanti al civico n. 41 di via Arancio, ad Alcamo, grosso centro a poche decine di chilometri da Trapani: un gruppo di giovani scende dalle vetture e, dopo aver sparato in aria alcuni colpi di pistola e sfondato la porta d ingresso, entra in casa. Nel volgere di pochi minuti il gruppo si allontana dall appartamento trascinando a forza una ragazza che grida e si dimena: in una piovosa mattina di fine dicembre ha, così, inizio la storia della non ancora diciottenne Franca Viola, rapita dal suo ex fidanzato Filippo Melodia che, stando alle testimonianze del tempo, «apparteneva a una banda di giovani mafiosi che incominciavano allora la loro carriera» ( 3 ). Una storia che si dipana nel contesto peculiare della Sicilia della metà degli anni Sessanta in cui, secondo quando sostiene Giuseppe Giarrizzo, la politica e le sue istituzioni [ ] non interpretano più l inquieta crescita della società isolana. L egemonia della città, e l attivo mercato e- dilizio attraggono dalla campagna in lento riordino strutturale [ ] forza lavoro inferiore ; ma l industrializzazione tarda, e la piena oc- ( 3 ) È quanto riporta L. MADEO, Franca Viola, la rivincita della «svergognata», in La Stampa, 15 agosto 1992, p. 15. Per una dettagliata ricostruzione di quella vicenda cfr. G. ROVERA, Delitto d onore, con una Introduzione di F. BARBANO, Torino, ERI Edizioni RAI, 1984, pp Sul punto si vedano anche E. DONI-M. FUGENZI, Il secolo delle donne, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 84; M. BONESCHI, Di testa loro: dieci italiane che hanno fatto il Novecento, Milano, Mondadori, 2002, pp ; M.P. DI BELLA, Dire o tacere in Sicilia. Viaggio alle radici dell omertà, Roma, Armando, 2011, pp ; B. MONROY, Niente ci fu, Molfetta, la Meridiana, 2012; P. BUSOLO, Franca Viola, in Enciclopedia delle donne, in &id=961. Utili indicazioni si leggono anche nell intervista concessa da Franca Viola a Riccardo Vescovo il 17 gennaio 2006; un riferimento in =item&id=4733:una-cosa-chiamata-ragazza-franca-viola&itemid=32.

4 278 cupazione che rimane l obiettivo di ogni piano di sviluppo non ispira certo la politica della spesa pubblica che la struttura del potere regionale è fatta quasi apposta per disperdere verso punti di attrazione creati dai mutevoli accordi politici ( 4 ). Una realtà assai singolare, dunque, quella siciliana, in cui il modello dell autonomia previsto dallo Statuto Regionale, entrato in vigore il 15 maggio 1946, sembra esser già naufragato a causa, principalmente, dell incapacità della classe politica isolana di avviare processi di sviluppo economico-sociale, e in cui si assiste, inoltre, alla crescente affermazione del fenomeno mafioso ( 5 ). La polizia avvia subito le ricerche della giovane che viene liberata, non senza resistenze da parte dei rapitori, il 2 gennaio Mentre Franca fa ritorno a casa dai suoi genitori, Filippo viene tradotto in carcere con l accusa di rapimento e violenza carnale. Non sembra, tuttavia, preoccupato più tanto, anzi è convinto del fatto suo: ha disonorato Franca (la convivenza forzata non lascia alcun dubbio in merito) ed è sicuro di uscire di prigione in poco tempo. I suoi parenti, infatti, hanno presentato alla famiglia Viola la consueta offerta di matrimonio riparatore che, ai sensi dell art. 544 c.p., estinguerà i reati di cui è stato accusato ( 6 ). ( 4 ) Così G. GIARRIZZO, Sicilia oggi ( ), in La Sicilia, a cura di M. Aymard e G. Giarrizzo, Torino, Einaudi, 1987, pp : la citazione è a p Per un quadro delle vicende siciliane del tempo si veda, da ultimo, anche L. CHIARA, La Sicilia e la modernizzazione incompiuta ( ), in La Sicilia nel secolo breve. Modernità e sottosviluppo, a cura di L. Chiara, L. D Andrea e M. Limosani, Milano, Giuffrè, 2013, pp , in particolare pp. 79 ss. ( 5 ) Cfr. sul punto le riflessioni di GIARRIZZO, Sicilia oggi, cit., pp Sullo Statuto della Regione Siciliana si vedano A. ROMANO, Influenze costituzionali spagnole sul costituzionalismo italiano: la genesi dello Statuto della Regione siciliana, in The Spanish Constitution in the European context, edited by F. Fernandez Segado, Madrid, Dykinson, 2003, pp ; D. NOVARESE, Per una storia della Regione Siciliana. La stagione separatista e il progetto autonomistico, in Donne, politica e istituzioni. Percorsi, esperienze e idee, a cura di M.A. Cocchiara, Roma, Aracne editrice, 2009, pp ; EAD., Alle origini della Regione Siciliana, in «Segno», 312 (2010), pp ; A. ROMANO, Lo Statuto Regionale Siciliano di autonomia speciale nel contesto dell evoluzione politico-istituzionale dello Stato italiano, in «Iura Vasconiae», 7 (2010), pp ; L. D ANDREA, Lo Statuto Siciliano tra Assemblea Costituente e processi di attuazione, alla luce del principio di sussidiarietà, in La Sicilia nel secolo breve, cit., pp ( 6 ) «Art. 544 Causa speciale di estinzione del reato Per i delitti preveduti dal capo primo e dall articolo 530, il matrimonio, che l autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il

5 VITTORIA CALABRÒ 279 Ma le cose non vanno esattamente come Filippo e la sua famiglia hanno immaginato e la storia prende una piega diversa. Il signor Bernardo, padre di Franca, si comporta, infatti, in modo decisamente insolito: dopo aver ricevuto la proposta dei Melodia, chiede alla figlia se intenda o meno sposare il suo rapitore per riconquistare la stima dei suoi compaesani, per riappropriarsi, cioè, del suo onore, termine che, pur di non facile definizione sia sotto il profilo semantico che giuridico ( 7 ), acquisisce grande rilevanza per il riconoscimento sociale degli individui all interno di una comunità ( 8 ). E, al rifiuto della ragazza («non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce» ( 9 ), sosterrà nei giorni successivi al suo ritorno a casa), prende una decisione che, fino a quel momento, nessun padre siciliano ha mai preso: non darà sua figlia in sposa a chi, per averla, è ricorso alla violenza e, soprattutto, non vendicherà, secondo un co- reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l esecuzione e gli effetti penali» (Codice penale del Regno d Italia. Testo definitivo approvato con Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, Napoli, Pietrocola, 1934 Anno XII, p. 140). ( 7 ) Cfr. sul punto quanto sostiene M. LIOTTA, voce Onore (diritto all ), in Enciclopedia del diritto, vol. XXX, Milano, Giuffrè, 1980, pp , in particolare p. 203: «Secondo la prevalente dottrina il termine onore può essere adoperato in una triplice accezione: come intimo valore morale della persona; come coscienza dalla propria dignità; come stima dei terzi». ( 8 ) Sul punto si vedano le riflessioni di C. POVOLO, Introduzione, in «Acta Histriae», 8.1 (2000), pp. XIX-XXXVI (Onore: identità e ambiguità di un codice informale (area mediterranea secc. XII-XX). Atti del convegno internazionale. Capodistria, novembre 1999): «La definizione del concetto d onore è dunque strettamente collegata alla struttura sociale esistente, alle sue gerarchie e ai valori che queste ultime ritengono fondamentali per il mantenimento degli equilibri di potere [ ] L ambiguità del codice d onore si riflette innanzi tutto sul piano semantico. In quasi tutte le lingue europee infatti il termine onore esprime una sostanziale dualità di significati. Da un lato l onore di un individuo è ricollegato alla sua condotta virtuosa, alla sua capacità di aderire a valori e comportamenti riassumibili in una sorta di codice non scritto che esprime la cultura ideale di una determinata società. Dall altro, invece, il concetto d onore di un individuo è strettamente associato al gruppo di appartenenza, alle gerarchie sociali che ne definiscono il ruolo e la funzione. Onore, in definitiva, riferibile sia a valori etici o morali, ma anche a criteri distintivi del gruppo di appartenenza. È evidente che tale dualità è molto spesso percepibile solo alla luce delle relazioni personali e familiari esistenti sia tra i diversi ceti sociali che all interno di ciascun ceto». La citazione si trova alle pp. XIX-XX. ( 9 ) La citazione è tratta da MADEO, Franca Viola, la rivincita della «svergognata», cit.

6 280 stume largamente diffuso, l onore offeso della sua famiglia con un omicidio. Franca e Bernardo, dunque, dicono un doppio no: alla famiglia Melodia (e con loro ai potenti signori locali con cui gli stessi Melodia sono imparentati) e ad una secolare ma barbara tradizione in base alla quale, per riscattare l onore perduto, giovani ma sfortunate ragazze sono costrette a sposare l autore della violenza o, in casi estremi, obbligate al suicidio, all infanticidio o all uccisione del seduttore ( 10 ). I Viola, invece, desiderano solo che la giustizia segua il suo corso. Nonostante le intimidazioni subite (un incendio distrugge l orto e la casa colonica di loro proprietà) e l isolamento in cui si ritrovano a vivere (sono in molti, in paese, a ritenere che Franca debba accettare la proposta di matrimonio per mantenere «l onorabilità delle ragazze della provincia» ( 11 )), tengono fede alla loro decisione, costituendosi parte civile. Il processo contro Filippo Melodia e i suoi complici si celebra a Trapani e ha inizio il 9 dicembre Assistita da un pool di quattro avvocati (Ludovico Corrao ( 12 ), Alberto Dal- ( 10 ) Alcuni di questi casi vengono dettagliatamente analizzati da ROVERA, Delitto d onore, cit. ( 11 ) «Franca Viola non tiene affatto alla riparazione tradizionale, non vuole in nessun modo legare la propria vita con quella del giovane boss di Alcamo. E la buona società del Trapanese si scandalizza: ma come, dicono, allora è una donna di strada! Si faccia sposare, mantenga l onorabilità delle ragazze della provincia, o l uccidiamo»: è quanto si legge nell articolo P.M. all attacco al processo Viola, in l Unità, 14 dicembre 1966, p. 5. ( 12 ) Avvocato e pubblicista, Ludovico Corrao (Alcamo, 26 giugno 1927-Gibellina, 7 agosto 2011) viene eletto alla Camera dei Deputati come indipendente nelle liste del PCI (IV Legislatura) e al Senato (V, VI, XII e XIII Legislatura) con la Sinistra Indipendente e con il PDS. Più volte sindaco del comune di Gibellina, si prodiga per la ricostruzione della città distrutta dal terremoto che nel 1968 colpisce la valle del Belice. Presidente della fondazione Orestiadi di Gibellina, viene assassinato nella sede della stessa fondazione da Saiful Islam, un bengalese suo dipendente. Sulla sua attività politica si vedano le schede approntate sul sito dell archivio storico della Camera dei Deputati, in ad indicem. Per alcune indicazioni biografiche si vedano Gibellina, ucciso a coltellate l ex parlamentare Corrao, in Giornale di Sicilia.it, 7 agosto 2011, in A Gibellina Ludovico Corrao ucciso a coltellate, in Giornale di Sicilia.it, 7 agosto 2011, in news/gibellina-ludovico-corrao-ucciso-coltellate-presopre sunto.html; Ucciso il sindaco del doposisma, in la Repubblica Palermo.it, in ucciso_a_gibellina_ex_parlamentare_pci /.

7 VITTORIA CALABRÒ 281 l Ora ( 13 ), Cristoforo Fileccia ( 14 ) e Antonino Varvaro ( 15 )), la famiglia Viola, che viene anche minacciata di morte ( 16 ), sente, forse per la prima volta, di non essere da sola: i quotidiani locali e nazionali riservano, infatti, ampio spazio alla cronaca di quello che viene definito «un processo d onore alla rovescia» ( 17 ) e l eco di quanto accade in tribunale colpisce fortemente l opinione pubblica, che sembra percepire l importante cambiamento socio-culturale che si sta registrando nell Isola, cambiamento che vede contrapposte, secondo quanto scrive, ad e- sempio, il giorno prima dell inizio del processo il corrispondente a Palermo del quotidiano torinese La Stampa, la «Sicilia ( 13 ) Su Dall Ora (Verona, 1923-Milano, 1988), abile penalista, editorialista de Il Corriere della Sera e libero docente di Diritto penale presso l Ateneo di Milano, si veda L. LUPÁRIA, Dall Ora Alberto, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, 2 voll., Bologna, il Mulino, 2013, vol. I, p ( 14 ) Brevi note su Cristoforo Nino Fileccia (Alcamo, 1922-Palermo, 2012), decano dei penalisti palermitani, difensore del boss Totò Riina e di Carmela De Rosa, madre del bandito di Montelepre Salvatore Giuliano, si leggono sul sito della Camera Penale di Palermo Girolamo Bellavista, in sto.aspx?doc_id=226. Alcune notizie anche in oltre che su ( 15 ) L avvocato Antonino Varvaro (Partinico, 25 ottobre 1892 Palermo, 9 agosto 1972) è tra i fondatori del Movimento Indipendentista Siciliano (di cui sarà, fino al febbraio del 1947, anche segretario generale), all interno del quale rappresenta, insieme ad Antonio Canepa, l area di sinistra. Deputato costituente nelle fila del MIS, nel 1951 (II Legislatura) viene eletto all Assemblea Regionale Siciliana con il Blocco del Popolo e, successivamente, dal 1955 al 1959 (per la III, IV e V Legislatura), con il PCI. Sul punto si vedano la schede approntate sul portale storico della Camera dei Deputati, in e sul sito dell Assemblea Regionale Siciliana, in ad indicem. ( 16 ) Si veda, a questo proposito, la dichiarazione resa da Bernardo Viola al Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Alcamo due giorni prima dell inizio del processo e riportata nell articolo intitolato Minacciata di morte la ragazza che rifiutò il matrimonio riparatore, in l Unità, 12 dicembre 1966, p. 2: «mi hanno fatto sapere che se gli attuali imputati saranno condannati, vi andrà di mezzo la testa mia o quella di mia figlia». ( 17 ) «Potrebbe essere considerato, questo, un processo d onore alla rovescia, rispetto a quelli celebrati per giudicare chi l onore crede di poterlo vendicare da sé. Franca Viola [ ] rifiutato il matrimonio riparatore, esclusa la vendetta d onore le strade che si era abituati a considerare, nell ambiente siciliano, le più seguite ha chiesto giustizia secondo la legge»: così La cittadinanza di Alcamo solidale con Franca Viola, in l Unità, 16 dicembre 1966, p. 5.

8 282 profonda e quella nuova e vitale capace di smontare i più vecchi e rispettati tabù» ( 18 ). Un cambiamento di cui sono anche espressione, così come emerge da un inchiesta condotta nei giorni dell udienza, le giovani siciliane intervistate a Palermo, tutte concordi nel dire di no alla violenza, all antica concezione dell onore e al matrimonio riparatore, tutte decise, «malgrado dubbi e incertezze [...] a camminare coi tempi» ( 19 ). E gli attestati di solidarietà a Franca non tardano ad arrivare. Tra questi anche quello di un gruppo di parlamentari: Maria Lisa Cinciari Rodano e Nives Gessi, a nome delle deputate e delle senatrici del Partito Comunista Italiano, inviano un telegramma in cui esprimono ammirazione per la battaglia civile intrapresa dalla ragazza e dalla sua famiglia a difesa della dignità, dei diritti e delle libertà delle donne ( 20 ). Intanto, l attesa per la sentenza, che dovrebbe portare alla «giusta condanna» ( 21 ) di quanti sono implicati nella vicenda, cresce sia a Trapani che nel resto del Paese. Il 17 dicembre 1966 Filippo Melodia, riconosciuto colpevole di violenza carnale, ratto a fine di matrimonio, violazione ( 18 ) F.D., Violentò una ragazza per sposarla dopo averla rapita con 12 complici, in La Stampa, 9 dicembre 1966, p. 13. Molto simili anche le riflessioni di G. GUIDI, Chiesti 23 anni per il giovane che rapì e violentò la ragazza: domani la sentenza, in La Stampa, 16 dicembre 1966, p. 15, che scrive: «In tribunale [ ] si sono trovate di fronte due Sicilie: quella antica e tradizionalista di chi sostiene e giustifica in un certo senso il Melodia (per il quale il P.M. ha chiesto mercoledì la pena di 22 anni e 10 mesi); quella nuova e moderna, pronta ad accettare le critiche e a sbarazzarsi di ogni bardatura medioevale di chi, invece, si è schierato dalla parte della bruna, timida ma decisa ragazza di Alcamo e di suo padre Bernardo, un sanguigno contadino che si è rivolto ai carabinieri per non soggiacere a una sopraffazione». Sul punto si veda anche l articolata analisi di M.A. COCCHIARA, Violenza sessuale: storia di un crimine, storia di una legge, in questo stesso volume, p. ***. ( 19 ) Si veda, a questo proposito l inchiesta di G. FRASCA POLARA, Palermo: come le ragazze giudicano il caso Viola. La forza di dire no, in l Unità, 18 dicembre 1966, p. 13. ( 20 ) «Deputate e senatrici comuniste con ammirazione solidarizzano vivamente sua grande e coraggiosa battaglia civile per affermazione dignità e libertà della donna et nuovo costume Sicilia democratica»: il testo del telegramma è riportato in Le parlamentari del PCI solidali con la Viola, in l Unità, 17 dicembre 1966, p. 5. ( 21 ) Così G. GUIDI, La Parte Civile chiede una giusta condanna del giovane che rapì e violentò la diciottenne. Cominciate le arringhe al processo di Trapani, in La Stampa, 14 dicembre 1966, p. 15.

9 VITTORIA CALABRÒ 283 di domicilio pluriaggravata, lesioni pluriaggravate, danneggiamento, pascolo abusivo e tentativo di violenza privata, viene condannato a undici anni di carcere. Mentre sette dei suoi complici dovranno scontare quattro anni e otto mesi di reclusione per averlo coadiuvato durante il rapimento, gli altri sei, invece, vengono assolti per insufficienza di prove ( 22 ). Nel luglio dell anno successivo, negando le attenuanti generiche agli imputati, la Corte d Appello di Palermo inasprisce tutte le condanne ( 23 ). La sentenza non spegne, però, i riflettori sulla vicenda che continua a rimanere al centro dell attenzione, suscitando, nell opinione pubblica, reazioni contrapposte. A quanti ritengono che la pena inflitta al Melodia ed ai suoi complici sia sostanzialmente equa e mite, si affianca chi la ritiene (sono in pochi in verità) troppo severa. A commentare la sentenza anche lo scrittore Leonardo Sciascia che non esita ad individuare nello Stato italiano e nella legislazione vigente gli altri imputati della vicenda, quelli che, però, a dispetto di tutto e tutti, sono riusciti a farla franca: sotto accusa, in particolare, l art. 544 c.p. che, a suo modo di vedere, ha rappresentato, per il Melodia ed i suoi complici, un sorta di istigazione a delinquere. Il giudizio di Sciascia nei confronti di un Paese che continua a mantenere in vigore «leggi ipocrite e assurde» è, pertanto, un giudizio senza appello: «La correità morale dello Stato in ogni reato di questo tipo è evidente e continua» avrebbe affermato lo scrittore racalmutese in un intervista pubblicata sul quotidiano l Unità qualche giorno dopo la pronuncia della sentenza aggiungendo di seguito «per cui la solidarietà che i rappresentanti dello Stato elargiscono alle vittime, è qualche cosa di grottesco, oltre che di ipocrita e mistificatore» ( 24 ). ( 22 ) Il resoconto della sentenza si legge in Undici anni al rapitore di Franca Viola, in l Unità, 18 dicembre 1966, pp ( 23 ) Sul punto si veda F.D., Aumentata da 11 a 13 anni la pena per il siciliano che rapì Franca Viola, in La Stampa, 11 luglio 1967, p. 5. ( 24 ) La citazione è tratta da G.F.P., Leggi assurde: un sì farebbe liberi i rapitori di Franca Viola, in l Unità, 20 dicembre 1966, p. 5.

10 284 Per contro, l ambiente ecclesiastico locale mantiene un atteggiamento evasivo, invitando i sacerdoti a non rilasciare dichiarazioni e commenti sull argomento ( 25 ). Un atteggiamento che sembra avallato, a livello nazionale, dal disinteresse della stampa cattolica. Intanto Franca e i suoi familiari, che per decisione del questore di Trapani vengono sottoposti, per motivi precauzionali, ad una stretta sorveglianza da parte di agenti di P.S. e carabinieri ( 26 ), cercano di continuare la loro vita di sempre. Ma non sanno ancora che il loro esempio sarà presto imitato. Qualche giorno dopo la fine del processo, infatti, un altra ragazza siciliana, Mattea Ceravolo, rapita e segregata per cinque giorni in uno sperduto casolare, fa arrestare l ex fidanzato Andrea Virtuoso con l accusa di ratto, violenza e sequestro di persona: anche in questo caso, sarà la famiglia a sostenere la ragazza nella sua non facile scelta: «mia figlia è libera di decidere. In ogni caso l aiuteremo», dirà il padre di Mattea dopo il suo ritorno a casa ( 27 ). Ben presto Franca e Mattea diventano due «eroine», simbolo di quella che viene definita la «moderna Sicilia» in cui si registra, dopo quelle vicende, il progressivo sgretolamento di alcuni tabù e modelli di comportamento profondamente radicati, fino a quel momento, soprattutto nelle classi meno abbienti, da sempre abituate al lavoro e alla fatica e a piegarsi, loro malgrado, alla volontà di potenti e prepotenti ( 28 ). Un importante cambiamento di mentalità testimoniato dal numero sempre ( 25 ) Ibidem. ( 26 ) Sul punto si veda G.F.P., Stretta vigilanza per Franca Viola, in l Unità, 28 dicembre 1966, p. 5. ( 27 ) Per un quadro dettagliato della vicenda, si rinvia a Rapita dall ex fidanzato una ragazza di Salemi, in l Unità, 21 dicembre 1966, p. 5; Meglio morta che sposata a lui dice la ragazza. Un altro caso Viola a Salemi, ivi, 24 dicembre 1966, pp. 1-2; G.F.P. La ragazza di Salemi ha firmato le denuncia, ivi, 27 dicembre 1966, p. 5. Sul punto si sofferma anche ROVERA, Delitto d onore, cit., p. 38. ( 28 ) Sul punto si rinvia, in particolare, a G. GHIROTTI, Franca Viola e la ragazza di Salemi nuovi simboli della moderna Sicilia, in La Stampa, 28 dicembre 1966, p. 7. L articolo riporta parte dell intervista con il prof. Francesco Corrao, psicanalista, al tempo direttore del gabinetto medico psico-pedagogico del Centro di rieducazione per minorenni di Palermo.

11 VITTORIA CALABRÒ 285 maggiore di ragazze che, con il passare del tempo, decidono di resistere ad ogni tipo di sopraffazione e di esercitare il proprio diritto di scegliere in piena autonomia la persona da sposare ( 29 ). Un cambiamento che suscita l interesse e l attenzione anche del mondo del cinema: nel 1970, infatti, il regista Damiano Damiani si ispirerà alla vicenda di Franca girando il film La moglie più bella, interpretato da una giovanissima Ornella Muti. Il 4 dicembre 1968 Franca sposa Giuseppe Ruisi, un giovane ragioniere che le è vicino fin dai tempi del processo e che, come lei o, per alcuni, addirittura meglio di lei, incarna l immagine della nuova Sicilia: non solo per aver deciso di sposare la ragazza disonorata ma, soprattutto, per aver scelto di continuare a vivere ad Alcamo, nonostante le numerose proposte per lavorare in altre città della Penisola. Per evitare curiosi e cronisti (anche in questo caso, infatti, la stampa nazionale ritorna ad occuparsi della vicenda), il matrimonio viene celebrato all alba: una cerimonia semplice cui partecipano solamente i parenti e gli amici più stretti ( 30 ). Un breve trafiletto sulle nozze appare anche sulle pagine de L Osservatore Romano che, ai tempi del rapimento e del processo, non aveva dedicato alcun rigo a quella storia così particolare. In occasione del matrimonio, invece, Franca viene ricordata come la ragazza che «ha osato sfidare la forza di una tradizione inumana e purtroppo largamente condivisa» ( 31 ). Pur salutando con «ammirazione e con soddisfazione» la fine di quelli che vengono definiti i «tempi oscuri di una larvata schiavitù della donna», il cronista appare, tuttavia, ancora saldamente ancorato a posizioni conservatrici: la «ragazza che ha rifiutato le nozze vio- ( 29 ) Cfr., a titolo esemplificativo, i casi della diciassettenne Franca Salleo di Montalbano Elicona e della tredicenne Vita Pirrone di Alcamo rispettivamente in Accusa il rapitore e respinge le nozze riparatrici, in l Unità, 27 febbraio 1974, p. 5, e Tredicenne rifiuta le nozze riparatrici, ivi, 19 aprile 1974, p. 5. ( 30 ) Sul punto si vedano, a titolo esemplificativo, A. LIPARODI, Franca Viola si sposa all alba eludendo giornalisti e curiosi, in l Unità, 5 dicembre 1968, p. 5 e F. ROSSO, Più di Franca Viola, il marito ha sfidato la vecchia Sicilia, in La Stampa, 10 dicembre 1968, p. 3. ( 31 ) Cfr. V.L., Nozze in Sicilia, in L Osservatore Romano, 5 dicembre 1968, p. 3.

12 286 lente [...] incomincia la sua vita di sposa, da persona civile», sottolinea nelle battute iniziali del suo articolo. Un affermazione con cui sembra, quasi, riconoscere al matrimonio, pur celebrato per «scelta libera», una sorta di funzione catartica, comunque necessaria per la riabilitazione sociale della giovane. La storia di Franca ritorna, indirettamente, agli onori della cronaca nell aprile del 1978, quando i quotidiani nazionali riservano ampio spazio alla morte di Filippo Melodia che, dopo a- ver scontato dieci anni di reclusione, viene ucciso in un agguato mafioso alla periferia di Modena, dove risiedeva con obbligo di soggiorno disposto con provvedimento restrittivo dell autorità giudiziaria ( 32 ). Rintracciata telefonicamente, Franca sceglie di non rilasciare alcuna dichiarazione, mantenendo, anche in questa occasione, la condotta schiva e riservata che l ha contraddistinta subito dopo il rapimento e durante tutta la durata del processo, preferendo continuare a vivere, allora come oggi, lontana dai riflettori e nel più assoluto anonimato. 3. Tra Otto e Novecento: la normativa italiana su delitto d onore e matrimonio riparatore. Il disonore ci sconvolge, ci devasta, ci annienta: ci rende folli ed irresponsabili [...] C è da noi [...] come un imperativo categorico più forte di noi: Se sei tradito, uccidi!. Te lo gridano i tuoi avi da tutti i millenni; te lo gridano i tuoi morti da tutte le fosse; te lo grida la tua gente da tutte le case prossime e lontane. Uccidi, ché se no, sei disonorato due volte! ( 33 ). Con queste parole Giuseppe Casalinuovo, avvocato del fo- ( 32 ) F.F., Assassinato il rapitore di Franca Viola, la ragazza che rifiutò nozze riparatrici, in La Stampa, 14 aprile 1978, p. 9; V. VA., Ucciso il boss che rapì Franca Viola, in l Unità, 14 aprile 1978, p. 5. ( 33 ) Così G. CASALINUOVO, In difesa di Annibale Mazzone, estratto da «L Eloquenza», Anno XX, fasc , vol. II, Roma, Biblioteca de «L Eloquenza», 1930, pp. 8-9.

13 VITTORIA CALABRÒ 287 ro di Catanzaro, si rivolgeva ai giudici della Corte di Gerace nell arringa conclusiva in difesa di Annibale Mazzone, processato per aver ucciso con tre colpi di rivoltella, il 18 maggio 1928, la moglie Carmela Cimarosa, colpevole, a suo giudizio, di averlo tradito con un maestro di musica durante la sua permanenza in America per motivi di lavoro. Non è questa la sede per ricostruire le diverse fasi di uno dei tanti processi per causa d onore celebrati in Italia e conclusisi con la pronuncia di una sentenza che, tenendo conto di svariati aspetti, condannava gli imputati a pochi anni di carcere o, addirittura, li assolveva, come sarebbe successo a Mazzone, peraltro reo confesso. La lettura di alcuni brevi passaggi dell appassionata arringa dell avvocato/poeta Casalinuovo ( 34 ) può, invece, rivelarsi interessante al fine di individuare le strategie difensive dallo stesso utilizzate durante il dibattimento per far crollare le accuse rivolte contro il suo assistito e per cercare di comprendere le motivazioni che avrebbero indotto i giudici ad assolvere l imputato. L intero impianto difensivo messo in piedi dal brillante penalista calabrese si basava, principalmente, sulla peculiare concezione dell onore avvertita dalle popolazioni del sud Italia. Senza dare alcuna definizione del termine, egli sosteneva che l onore veniva percepito da noi meridionali in genere e da noi calabresi in ispecie, un po diversamente di come lo sentono gli altri [...] Altrove il disonore può lasciare indifferenti o può tranquillamente risolversi con una partita cavalleresca o più tranquillamente con la carta bollata. Da noi no. Noi siamo e la colpa non è nostra un po diversi anche degli altri italiani ( 35 ). Questa diversa percezione dell onore, e quindi anche del disonore, determinata, come scrive Giovanna Fiume, dal «ri- ( 34 ) Sul poeta e penalista calabrese si veda D. SCAFOGLIO, Casalinuovo, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 21, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1978, pp ( 35 ) CASALINUOVO, In difesa di Annibale Mazzone, cit., p. 8.

14 288 spetto di un insieme di valori, divenuto sistema morale» ( 36 ), poteva portare, secondo Casalinuovo, addirittura a dei comportamenti estremi, conseguenza dell incapacità dell individuo ad essere presente a se stesso. Ecco perché in quel caso, come in altri analoghi casi che, a ragione, venivano definiti «di onore, di amore e di morte» ( 37 ), egli riteneva che non si dovesse far riferimento ad un generico «diritto di uccidere» riconosciuto all imputato e da questi invocato a sua totale o parziale discolpa quanto, piuttosto, al preciso «dovere di assolvere» ( 38 ) che incombeva su quanti si trovavano a giudicare le sue azioni. Rivolgendosi ai giurati, dunque, egli non chiedeva loro di assolvere per una ragione d onore o di assolvere perché dovete credere al disonore. Assolvete, noi vi diciamo, come assolvereste dei pazzi! Il dolore attinge sempre i più alti vertici. In Leopardi, quelli dell arte: in Amleto quelli del delitto. Ma quando Amleto ha ucciso, non si dirà che Amleto ha ucciso. Si dirà che ad uccidere è stata la follia d Amleto ( 39 ). Perché ci fosse un colpevole era questa, infatti, la sua tesi era necessario avere un uomo, non lo straccio, non l ombra, non la follia di un uomo. E, per aver l uomo che agisca volontariamente, è necessario trovare in lui libertà e padronanza di volontà: nervi che agiscono, poteri i- nibitori che funzionano, cuore a posto, cervello a posto, energie fisiche che conservino le loro forze pulsanti. Chi è tutto pieno di veleno, ha dentro di sé il tossico che l uccide, non la volontà che lo dirige. E chi è senza volontà, è senza colpa ( 40 ). Mazzone aveva agito, dunque, in uno stato di alterazione ( 36 ) Così G. FIUME, Introduzione a Onore e storia nelle società mediterranee, a cura di G. Fiume, Palermo, La Luna, 1989, pp. 5-22, in particolare p. 7. ( 37 ) CASALINUOVO, In difesa di Annibale Mazzone, cit., p. 3. ( 38 ) Ivi, p. 8. ( 39 ) Ivi, p. 10. ( 40 ) Ivi, p. 23.

15 VITTORIA CALABRÒ 289 fisica e mentale e, come tale, al pari di un bambino, non poteva essere giudicato colpevole. L accorato appello dell avvocato sarebbe stato accolto con favore dai giurati che, alla fine, ritenendo plausibile l intera strategia difensiva, avrebbero deciso, anche sulla scorta del diritto vigente, di assolvere l imputato. Ma a questo punto possiamo legittimamente chiederci: qual era la legislazione vigente in materia al tempo in cui era stato commesso il reato? La normativa penale in vigore era quella contenuta nel codice approntato nel giugno del 1889 su impulso di Giuseppe Zanardelli, ministro di Grazia e giustizia e dei culti del II governo guidato da Francesco Crispi. Si tratta, com è noto, del primo codice penale del Regno d Italia, codice che non aveva visto la luce insieme a quello civile, di procedura civile, di commercio, di procedura penale e della marina mercantile (vigenti a partire dal 1 gennaio 1866) perché il legislatore unitario non era riuscito a risolvere la delicata questione della pena di morte, abolita nel Granducato di Toscana già dal 1853, ma vigente in tutti gli altri ex Stati progressivamente annessi al Regno sabaudo ( 41 ). E, nelle more, nei territori del centro-nord veniva esteso il codice penale sardo-piemontese emanato nel 1859, in Toscana veniva mantenuto quello approntato dai Lorena nel 1853, mentre nelle province meridionali e in Sicilia si applicava una versione emendata (contenente alcune integrazioni tratte dalla normativa introdotta dai Borbone nel 1819) dello stesso codice sardo. Articolato in tre libri (Dei reati e delle pene in generale, Dei delit- ( 41 ) Sul punto si veda M. DA PASSANO, La pena di morte nel Regno d Italia, , in «Materiali per una storia della cultura giuridica», XXII (1992), pp che, con alcune varianti, si legge anche in Diritto penale dell Ottocento. I codici preunitari e il codice Zanardelli, a cura di S. Vinciguerra, Padova, Cedam, 1993, pp Sul lungo processo che avrebbe portato alla redazione del codice Zanardelli si veda, fra tutti, C. GHISALBERTI, La codificazione del diritto in Italia , Roma-Bari, Laterza, 2000, pp

16 290 ti in ispecie, Delle contravvenzioni in ispecie), il codice Zanardelli, entrato in vigore il 1 gennaio 1890, presentava una struttura che potremmo definire moderna soprattutto, come sostiene Carlo Ghisalberti, per «le soluzioni che prospettava ai più discussi problemi del diritto penale» ( 42 ). Particolarmente interessante, ai nostri fini, il contenuto del titolo IX (Dei delitti contro la persona) del libro II. Dopo aver trattato dell omicidio (artt ) e delle lesioni personali (artt ), il codice rubricava, nel capo III dedicato alle disposizioni comuni «ai capi precedenti» (artt ), le cause attenuanti speciali previste per i delitti. Nello specifico, l art. 377 prescriveva una sensibile riduzione della pena (meno di un sesto) per il coniuge, l ascendente, il fratello o la sorella rei dell omicidio di un congiunto (coniuge, discendente, sorella o correo) sorpreso in flagrante adulterio o in amplesso illegittimo ( 43 ). Non di rado, all attenuante in questione si sommava anche una di quelle generali (alterazione totale o parziale dello stato di mente, ubriachezza accidentale, giovane età o impeto d ira in seguito ad ingiusta provocazione) previste per escludere o limitare l imputabilità del reo dal titolo IV (Della imputabilità, e delle cause che la escludono o la diminuiscono) del libro I (artt ): e proprio dalla giusta combinazione di attenuanti generali e speciali era scaturita, come abbiamo visto, l assoluzione di Mazzone. Largamente applicata nella prassi, l attenuante di cui all art. 377 c.p. era, peraltro, prevista dalla gran parte della legislazione penale pre-unitaria ( 44 ): analoghe disposizioni si leggono, infatti, ( 42 ) Così GHISALBERTI, La codificazione del diritto in Italia, cit., p ( 43 ) «377. Per i delitti preveduti nei capi precedenti, se il fatto sia commesso dal conjuge, ovvero da un ascendente, o dal fratello o dalla sorella, sopra la persona del conjuge, della discendente, della sorella o del correo o di entrambi, nell atto in cui li sorprenda in flagrante adulterio o illegittimo concubito, la pena è ridotta a meno di un sesto, sostituita alla reclusione la detenzione, e all ergastolo è sostituita la detenzione da uno a cinque anni» (Il codice penale per il Regno d Italia... corredato di brevi Avvertenze e Note... per l avvocato Giulio Crivellari, Torino, Unione tipografico-editrice, 1889, pp ). ( 44 ) Sul punto si sofferma M. CAVINA, Nozze di sangue. Storia delle violenza coniugale, Roma-Bari, Laterza, 2011, pp

17 VITTORIA CALABRÒ 291 nelle Leggi penali del Regno delle Due Sicilie emanate nel 1819 ( 45 ), nel codice parmense del 1820 ( 46 ), in quello criminale estense del 1855 ( 47 ), nel codice sardo piemontese del 1859 esteso con modifiche alle province meridionali ( 48 ), oltre che nel codice modello di quelli ora citati, il code pénal francese del 1810 ( 49 ). ( 45 ) «Se il marito sorprende in adulterio la moglie e l adultero, ed uccida, ferisca o percuota uno di essi o entrambi nell atto della flagranza del delitto; in caso di omicidio sarà punito col secondo al terzo grado di prigionia; e nel caso di percossa o ferita, se contiene un misfatto, sarà punito col primo grado di prigionia o confino, se contiene un delitto sarà soggetto a pene di polizia. Le stesse pene soltanto colpiranno i genitori che, sorprendendo nella loro casa in flagranza di stupro o di adulterio la figlia ed il complice, uccidano, feriscano o percuotano l uno di essi o entrambi. La disposizione del presente articolo non sarà applicabile a mariti ed a genitori, quante volte essi fossero stati i lenoni delle loro mogli o figlie, o ne avessero favorito, eccitato o facilitato la prostituzione»: così l art. 388 del Codice per lo Regno delle Due Sicilie. Parte seconda. Leggi penali, Napoli, dalla Real Tipografia del Ministero di Stato della Cancelleria Generale, 1819, p. 95. ( 46 ) «Per qualunque omicidio volontario, e non premeditato sarà minorata la pena ordinaria, quando in esso si verifichi alcuna delle circostanze seguenti: [ ] 4 Se è stato commesso dal conjuge sulla persona dell altro, e del complice nell atto che li coglie entrambi sul fatto di adulterio. In tutte queste circostanze l omicidio di cui sopra sarà punito colla reclusione, non essendo tolto a tribunali o di ridurre la pena ad un solo anno di reclusione, od a commutare eziandio la reclusione in prigionia non mai minore di sei mesi, quando la situazione del colpevole all atto dell omicidio meritar potesse un giusto particolare riguardo, il che verrà motivato nella sentenza di condanna»: è quanto disposto dall art. 351 del Codice penale per gli Stati di Parma, Piacenza, ecc., ecc. Ristampato con Note e con un Indice per Materie, Parma, Dalla Reale Tipografia, 1850, pp ( 47 ) Si vedano, a questo proposito, l art. 366 («L omicidio volontario commesso dal conjuge nella persona dell altro conjuge o del correo, o d ambedue, nell istante in cui li sorprende in flagrante adulterio, sarà punito col carcere, che non sarà minore di un anno») e l art. 367 («Colla medesima pena sarà punito l omicidio commesso dai genitori, nella loro casa, su la persona della figlia, o dell altro delinquente, o di ambidue, nell atto che li sorprendono in istupro o adulterio») del Codice criminale e di procedura criminale per gli Stati Estensi, Modena, per gli Eredi Soliani Tipografi Reali, 1855, p. 84. ( 48 ) «L omicidio volontario sarà punito col carcere nei seguenti casi: 1 Se è stato commesso dal marito sulla persona della moglie, o del complice, o di entrambi nell istante in cui li sorprende in flagrante adulterio; 2 Se è stato commesso dai genitori e nella loro casa sulla persona della figlia, o del complice o di entrambi, nello istante che li sorprendono in stupro od adulterio flagrante. La disposizione del presente articolo non sarà applicabile ai mariti ed ai genitori quante volte essi fossero stati i lenoni delle loro mogli o figlie, o ne avessero favorito eccitato o facilitato la prostituzione»: così l art. 561 del Codice penale per le provincie napoletane, Napoli, Stabilimento Tipografico di Giannini e C., 1861, pp. V-VI. ( 49 ) «L omicidio commesso da un marito sopra la moglie, o da questa sopra di quello, non è scusabile, se la vita del marito o della moglie che ha commesso l omicidio non è stata messa in pericolo nel momento stesso in cui l omicidio è stato effettuato. Nondimeno nel caso di adulterio previsto dall art. 336 l omicidio commesso dal marito sopra la sua moglie, non che sopra il di lei complice, nel momento istesso in cui li sorprenda in flagrante delitto nella casa conjugale, è scusabile»: così l art. 324 del Codice penale per

18 292 Un ulteriore aspetto merita, ancora, di essere approfondito e riguarda uno dei crimini previsti dal titolo VIII del libro II intitolato Dei delitti contro il buon costume e l ordine delle famiglie (artt ). L individuazione delle diverse figure criminose elencate nel titolo in questione (la violenza carnale, la corruzione di minorenni e l oltraggio al pudore, il ratto, il lenocinio, l adulterio, la bigamia, la supposizione e la soppressione di un infante) era stata voluta, così come si legge nella relazione al progetto presentata dallo stesso Zanardelli, al fine di «reprimere severamente i fatti dai quali può derivare alla famiglia un danno evidente ed apprezzabile o che sono contrari alla pubblica decenza» senza, tuttavia, invadere il «campo della moralità» ( 50 ). Nello specifico, è sul ratto (artt c.p.) che vogliamo richiamare, brevemente, l attenzione. Il codice, è bene ricordarlo, prevedeva quattro diverse ipotesi di rapimento (di donna maggiorenne od emancipata, di minorenne, di minorenne consenziente e di persona minore di dodici anni) per le quali erano previste delle pene che variavano sì a seconda dei casi ma indipendentemente dalla circostanza che il reo avesse o meno raggiunto il suo scopo (libidine o matrimonio). A questi, tuttavia, se ne aggiungevano due in cui era prevista, per il rapitore, una pena quantitativamente o qualitativamente più lieve: l ipotesi in cui egli avesse volontariamente rimesso in libertà la donna rapita senza aver commesso alcun atto di libidine (art. 342) ( 51 ) e quella in cui il ratto fosse stato commesso per solo fine di matrimonio (art. 343) ( 52 ). Mentre nel primo caso il legislatore disponeva una consistente riduzione della pena previ- l impero francese. Traduzione italiana scrupolosamente eseguita sull edizione officiale del corpo legislativo, Milano, Dalla Tipografia di Francesco Sonzogno, 1810, p. 90. ( 50 ) La citazione è tratta da Il codice penale per il Regno d Italia, cit., p ( 51 ) «342. Quando il colpevole di alcuno dei delitti preveduti negli articoli precedenti, senza aver commesso alcun atto di libidine, restituisca volontariamente in libertà la persona rapita, riconducendola alla casa onde la tolse o a quella della famiglia di lei, o collocandola in altro luogo sicuro a disposizione della famiglia stessa, la reclusione è da un mese ad un anno nel caso dell articolo 340, e, rispettivamente, da sei mesi a tre anni, e da uno a cinque anni, nei casi dell articolo 341» (Il codice penale per il Regno d Italia, cit., p. 224). ( 52 ) «343. Se alcuno dei delitti preveduti negli articoli precedenti sia commesso a solo fine di matrimonio, alla reclusione può essere sostituita la detenzione» (ibidem).

19 VITTORIA CALABRÒ 293 sta (la reclusione presso uno degli «stabilimenti a ciò destinati, con l obbligo del lavoro e secondo le norme seguenti», specificate dai commi 2 e 3 dell art. 13 ( 53 )), nella seconda ipotesi, invece, stabiliva che alla reclusione potesse essere sostituita la detenzione disciplinata dall art. 15 ( 54 ). Pur parallela, nella durata, alla reclusione, la detenzione era regolata da una disciplina diversa e più mite che evitava, ad esempio, al condannato la segregazione cellulare continua, consentendogli anche di poter scegliere il lavoro cui doveva essere addetto ( 55 ). Il codice Zanardelli, in conclusione, non faceva alcun riferimento espresso al concetto di onore e di matrimonio riparatore, ma le attenuanti previste dagli artt. 377 e 343 potevano essere considerate una sorta di legittima giustificazione al compimento di alcuni reati che, con il passare del tempo, come per il caso Mazzone, si sarebbero sempre più connotati come delitti d onore e avrebbero finito anche con l incentivare i cosiddetti matrimoni riparatori. 4. Il codice penale Rocco e la tutela dell onore. La normativa ora analizzata sarebbe rimasta in vigore fino al 1 ( 53 ) «13. La pena della reclusione si estende da tre giorni a ventiquattro anni. Si sconta negli stabilimenti a ciò destinati, con l obbligo del lavoro e secondo le norme seguenti. Se non superi i sei mesi, si sconta con segregazione cellulare continua per tutta la sua durata: e può essere fatta scontare in un carcere giudiziario. Se superi i sei mesi, si sconta con segregazione cellulare continua per un primo periodo uguale al sesto dell intera durata della pena, e che non può essere inferiore ai sei mesi, né superiore ai tre anni; con segregazione notturna e silenzio durante il giorno per il periodo successivo» (Il codice penale per il Regno d Italia, cit., pp ). ( 54 ) «15. La pena della detenzione si estende da tre a giorni a ventiquattro anni. Si sconta negli stabilimenti a ciò destinati, con l obbligo del lavoro e con segregazione notturna. Il condannato può scegliere, tra le specie di lavoro ammesse nello stabilimento al quale è assegnato, quella che è più confacente alle sue attitudini e precedenti occupazioni; e può essergli anche permessa una specie diversa di lavoro. Se la pena non superi i sei mesi, può essere fatta scontare in una sezione speciale del carcere giudiziario» (Il codice penale per il Regno d Italia, cit., pp ). ( 55 ) Cfr., sul punto, T. PEDIO, voce Detenzione (diritto penale), in Enciclopedia del diritto, vol. XII, Milano, Giuffrè, 1964, pp

20 294 luglio 1931, quando veniva sostituita da quella contenuta nel nuovo codice penale varato su impulso del ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Rocco ( 56 ). Si trattava di un testo che, nelle intenzioni di Mussolini, avrebbe dovuto rispondere pienamente alle finalità politiche del fascismo-regime ma che in realtà si presentava più come il frutto dell evoluzione della tradizionale esperienza giuridica italiana che non come il mero prodotto della stessa ideologia fascista ( 57 ). Era proprio con il codice penale Rocco che il concetto di onore e la sua tutela entravano a tutti gli effetti nell ordinamento giuridico italiano. Nella sua Relazione, il Guardasigilli definiva l onore come «un bene individuale immateriale, protetto dalla legge per consentire all individuo la esplicazione della propria personalità morale». Egli proseguiva sostenendo che quella peculiare nozione racchiudesse in sé una duplice accezione: Inteso in senso soggettivo, esso si identifica col sentimento che ciascuno ha della propria dignità morale, e designa quella somma di valori morali che l individuo attribuisce a se stesso; è precisamente questo che comunemente viene denominato onore in senso stretto. Inteso, invece, in senso oggettivo, è la stima o l opinione che gli altri hanno di noi; rappresenta cioè il patrimonio morale che deriva dall altrui considerazione e che, con termine chiaramente comprensivo, si definisce reputazione. In tal guisa è agevole stabilire che il sentimento personale dell onore viene leso con fatti immediatamente sensibili alla persona, indipendentemente dal loro riflesso sulla opinione altrui, e cioè con offese pronunciate alla presenza del soggetto passivo; mentre la reputazione può solo esser lesa con la divulgazione presso gli altri di offese che comunque la sminuiscano ( 58 ). ( 56 ) Sul punto cfr. GHISALBERTI, La codificazione del diritto in Italia, cit., pp ( 57 ) Si vedano, a questo proposito, le riflessioni di GHISALBERTI, La codificazione del diritto in Italia, cit., pp ( 58 ) Così la Relazione del Guardasigilli. Lavori preparatori del Codice Penale vol. V, Parte II Relazione sui Libri II e III, p. 401, riportata in nota al Codice penale illustrato con i lavori preparatori, a cura dei dott. R. Mangini e F. P. Gabrieli e dell Avv. U. Cosentino segretari delle commissioni ministeriale e parlamentare, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1930, pp La citazione è tratta da p. 478.

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