LA NUOVA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI:
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1 B. Albertazzi STUDI e RICERCHE LA NUOVA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI: D.M. 26 giugno 2000, n. 219 Dicembre 2000
2 FEDERAMBIENTE OSSERVATORIO GIURIDICO LA NUOVA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI: D.M. 26 giugno 2000, n. 219
3 LA NUOVA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI:D.M. 26 giugno 2000, n. 219 Sulla Gazzetta ufficiale del 4 agosto 2000 n. 181 è stato pubblicato il D.M. 26 giugno 2000, n. 219 Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell'articolo 45 (1) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n Il decreto, la cui emanazione era attesa da più di tre anni, è entrato in vigore il giorno 19 agosto Esso è composto di 16 articoli e di 3 allegati. (1) Il menzionato art. 45 del decreto Ronchi, di cui il nuovo D.M. costituisce l attuazione dispone: Art Rifiuti sanitari 1. Il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare alterazioni che comportino rischi per la salute e può avere una durata massima di cinque giorni. Per quantitativi non superiori a duecento litri detto deposito temporaneo può raggiungere i trenta giorni, alle predette condizioni. 2. Al direttore o responsabile sanitario della struttura pubblica o privata compete la sorveglianza ed il rispetto della disposizione di cui al comma 1, fino al conferimento dei rifiuti all operatore autorizzato al trasporto verso l impianto di smaltimento. 3. I rifiuti di cui al comma 1 devono essere smaltiti mediante termodistruzione presso impianti autorizzati ai sensi del presente decreto. Qualora il numero degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno, il Presidente della Regione d intesa con il Ministro della sanità ed il Ministro dell ambiente può autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 anche in discarica controllata previa sterilizzazione. Ai fini dell'acquisizione dell'intesa, i Ministri competenti si pronunciano entro novanta giorni. 4. Con decreto del Ministro dell ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, sono: a) definite le norme tecniche di raccolta, disinfezione, sterilizzazione, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi; b) individuati i rifiuti di cui all articolo 7, comma 2, lettera f) e definite le norme tecniche per assicurare una corretta gestione degli stessi; c) individuate le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbani nonché le eventuali ulteriori categorie di rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento. 1
4 5. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata al di fuori della struttura sanitaria che li ha prodotti è sottoposta alle procedure autorizzative di cui agli articoli 27 e 28. In tal caso al responsabile dell impianto compete la certificazione di avvenuta sterilizzazione.. Abrogazioni Ai sensi dell Articolo 15 ( Abrogazioni ) dall'entrata in vigore del nuovo regolamento sono abrogate le seguenti disposizioni: a) i punti 1.1.3, 2.2 e della deliberazione in data 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (2); b) il decreto interministeriale 25 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 137 del 14 giugno 1989 (3). (2) I punti 1.1.3, 2.2 e della delibera del comitato interministeriale 27 luglio 1984 disponevano: I rifiuti speciali di cui all'art. 2, quarto comma, punto 2) del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, provenienti da medicazioni o da reparti infettivi o che comunque presentino pericolo per la salute pubblica, nonché i rifiuti speciali provenienti da laboratori biologici in genere, possono essere assimilati ai rifiuti urbani soltanto ai fini dell'incenerimento. Detti rifiuti, per essere conferiti agli impianti di incenerimento di rifiuti urbani o ad altri impianti con caratteristiche almeno equivalenti, devono essere accompagnati da apposite dichiarazioni scritte dei direttori sanitari degli ospedali, case di cura e simili o dei responsabili dei laboratori biologici, dalle quali risulti la natura e la provenienza, e che siano stati sottoposti ad adeguati trattamenti di disinfezione o sterilizzazione. Per particolari esigenze connesse all attività ospedaliera potrà rendersi indispensabile la distruzione dei rifiuti di cui sopra in impianti di incenerimento realizzati sul posto, sempre nel rispetto delle condizioni operative minimali indicate al paragrafo 3.3 lettera a) RACCOLTA E TRASPORTO DI RIFIUTI OSPEDALIERI E SIMILI E DI RIFIUTI PROVENIENTI DA LABORATORI BIOLOGICI. 2
5 I rifiuti speciali di cui all'art. 2, quarto comma, punto 2) del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 provenienti da medicazioni o da reparti infettivi o che comunque presentano pericolo per la salute pubblica, ed i rifiuti speciali provenienti da laboratori biologici, devono essere sottoposti, prima del loro allontanamento, ad idonei trattamenti di disinfezione o di sterilizzazione indicati e controllati dal direttore sanitario o dal responsabile del laboratorio. [Immediatamente] dopo detti trattamenti i rifiuti vanno immessi in un apposito contenitore a perdere di adeguate caratteristiche di resistenza e dotto di sistema di chiusura che eviti spandimenti accidentali del contenuto. Tale contenitore va quindi immesso in un secondo contenitore di materiale rigido e resistente e munito di chiusura ermetica. I contenitori di cui sopra, sia interni che esterni, devono essere facilmente distinguibili, per colore o altra caratteristica specifica, dai contenitori usati per altri tipi di rifiuti e recare con evidenza la dicitura "rifiuti ospedalieri trattati". Essi possono uscire dai luoghi di provenienza soltanto se ermeticamente chiusi. I contenitori esterni vanno puliti e disinfettati dopo ogni ciclo d'uso [e periodicamente sterilizzati]. I locali in cui essi sono stoccati in attesa dell'avvio allo smaltimento vanno puliti e disinfettati giornalmente e periodicamente sterilizzati. La raccolta e il trasporto dei rifiuti di cui sopra devono essere effettuati con sistemi e mezzi appositi. E' vietata l'apertura dei contenitori nel corso della raccolta e trasporto. Le parti anatomiche devono essere raccolte e sigillate i sacchetti di plastica rinforzata presso i luoghi di produzione, introducendo nei sacchetti anche un'adeguata quantità di disinfettante. I sacchetti sigillati devono essere conservati in idoneo luogo ed avviati con le apposite cautele ai forni crematori Discariche di Tipo C. Sono impianti di stoccaggio definitivo nei quali possono essere smaltiti, oltre quelli indicati nei punti precedenti del presente paragrafo: - i rifiuti speciali di cui ai punti 1) e 5) del quarto comma dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982; nel caso trattisi di fanghi, questi devono essere stabilizzati e palabili; - tutti i rifiuti tossici o nocivi, tal quale o trattati, ad eccezione di quelli contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9 20 e 24, 25, 27, 28 dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 in concentrazioni superiori a 10 volte le rispettive CL. In ogni caso non possono essere smaltiti in discariche di seconda categoria di Tipo C i seguenti tipi di rifiuti: - infiammabili, aventi punto di infiammabilità inferiore a 55 C; - comburenti; - in grado di reagire pericolosamente con l'acqua o con acidi e basi deboli, con sviluppo di gas e vapori tossici e/o infiammabili; 3
6 - liquidi; - ospedalieri e simili, di cui al punto a) Ubicazione. Gli impianti non possono essere ubicati: - in zone sismiche di prima categoria; - in aree vulcaniche attive ivi compresi i campi solfatarici; - in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme carsiche superficiali; - in zone sottoposte a vincoli idrogeologici. Gli impianti devono inoltre essere posti a distanza di sicurezza, in relazione alle caratteristiche geologiche e idro-geologiche del sito: - dalle zone di approvvigionamento idrico di acque destinate ad uso potabile; - dall'alveo di piena di laghi, fiumi e torrenti. Fatte salve diverse e motivate disposizioni della Regione, gli impianti devono essere posti a una distanza di sicurezza di almeno 2000 m dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati. b) Caratteristiche geologiche e geotecniche. Gli impianti devono essere ubicati su suoli o in suoli la cui stabilità sia tale, o resa tale, da evitare pericoli di frane o cedimenti delle pareti e del fondo discarica, nonché pericoli di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche. c) Impermeabilizzazione. Per tutti gli impianti è obbligatoria l'impermeabilizzazione del fondo e delle pareti con uno strato di materiale artificiale resistente all'eventuale azione aggressiva dei rifiuti depositati. Lo spessore e le caratteristiche di resistenza di tale strato devono essere tali da impedire la fuoriuscita del percolato dallo strato medesimo per almeno 150 anni dal fondo e per almeno 50 anni dalle pareti della discarica, calcolati come rapporto tra lo spessore totale dello strato impermeabilizzante e la permeabilità dello strato medesimo, allorché l'impianto si trova in condizione di massimo carico idraulico. In ogni caso lo strato impermeabilizzante di materiale artificiale deve poggiare su uno strato di terreno con permeabilità uguale o minore a 10-7 cm/s e spessore d almeno 200 cm o, in alternativa, su uno strato con proprietà equivalenti. Tale strato deve essere sistemato in modo da facilitare il controllo della tenuta dello strato di materiale artificiale. Lo strato di materiale artificiale deve essere inoltre adeguatamente protetto dagli agenti atmosferici e da pericoli di danneggiamento in fase di realizzazione e di esercizio della discarica. Il fondo discarica deve trovarsi al di sopra del livello di massima escursione della falda idrica, con un franco di almeno 200 cm. d) Drenaggio e captazione del percolato. 4
7 Gli impianti devono essere dotati di un sistema di drenaggio e captazione del percolato, il cui eventuale scarico deve in ogni caso rispettare i limiti di accettabilità di cui alla legge n. 319/1976 e successive modifiche e integrazioni. Il sistema di drenaggio e captazione, nonché l'eventuale impianto di trattamemto del percolato raccolto, dovranno essere mantenuti in esercizio anche dopo la chiusura dell'impianto, a carico del gestore di quest ultima, per il periodo di tempo che sarà stabilito dall autorità competente. e) Smaltimento del biogas. Qualora la natura dei rifiuti sia tale da far prevedere la formazione di biogas, devono essere adottati i dispositivi di captazione e recupero previsti al punto lettera e). f) Esercizio. Gli impianti devono essere condotti con modalità e mezzi tecnici tali da ridurre al minimo i rischi per l'ambiente e per il personale addetto. A tal fine: - i rifiuti solidi immessi in discarica vanno deposti in strati compattati e sistemati in modo da evitare, lungo il fronte di avanzamento, pendenze superiori al 30%; - i rifiuti che possono dar luogo a dispersione di polveri o ad emanazioni moleste e nocive devono essere al più presto ricoperti con strati di materiali adeguati; - lo stoccaggio dei rifiuti tra loro incompatibili deve avvenire in distinte aree della discarica, tra loro opportunamente separate e distanziate. E' inoltre vietato bruciare i rifiuti disposti in discarica. g) Drenaggio delle acque sperficiali. In tutto il periodo di conduzione della discarica le acque meteoriche devono essere allontanate dal perimetro dell'impianto a mezzo di idonee canalizzazioni, dimensionate sulla base delle piogge più intense con tempo di ritorno di 10 anni. h) Attrezzature e servizi. Gli impianti devono essere provvisti di una recinzione di altezza non inferiore a 200 cm, in modo da impedire l'accesso a persone non autorizzate e agli animali. Gli impianti devono essere dotati di opportuni sistemi e mezzi antincendio di rapido impegno. i) Sistemazione finale dell'area. A completamento della discarica dovrà essere effettuata la copertura finale con materiali impermeabilizzante di spessore opportuno, atto ad impedire l'infiltrazione delle acque meteoriche nel corpo della discarica stessa. Su tale copertura deve essere posto uno strato di terreno naturale sistemato a prato, di spessore non inferiore a 100 cm e con una pendenza atta a favorire il rapido allontanamento delle acque meteoriche. La recinzione deve essere mantenuta in efficienza, in modo che sia interdetto l'accesso nell'area alle persone e agli animali per tutto il periodo stabilito nell'autorizzazione regionale. l) Registri di carico e scarico. 5
8 E' obbligatorio l'uso di registri giornalieri di carico e scarico dei rifiuti. (3) Il decreto interministeriale 25 maggio 1989, recava: "Individuazione dei rifiuti ospedalieri da qualificare come assimilabili ai rifiuti solidi urbani". Campo di applicazione del nuovo decreto Ai sensi dell articolo 1 il nuovo regolamento disciplina, allo scopo di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e della salute pubblica e controlli efficaci : 1) la gestione dei rifiuti sanitari e 2) degli altri rifiuti di cui al comma 4 e cioè: a) i rifiuti sanitari non pericolosi; b) i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani; c) i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo; d) i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo; e) i rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento; f) i rifiuti da esumazioni e da estumulazioni, nonché i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali. Ai sensi dell articolo 3 del nuovo D.M. le parti anatomiche riconoscibili, costituite da arti inferiori, superiori e parti di essi, nonché i resti mortali derivanti dalle operazioni di esumazione ed estumulazione restano disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, recante regolamento di polizia mortuaria, e successive modificazioni ed integrazioni. I rifiuti sanitari devono essere gestiti, conformemente ai principi fondamentali di cui agli articoli 4 e 5 del Dlgs 22/97 e S.M., in modo da diminuirne la pericolosità, da favorirne il reimpiego, il riciclaggio e il recupero e da ottimizzarne la raccolta, il trasporto, e lo smaltimento. A tal fine il nuovo D.M. elenca una serie di strumenti che devono essere incentivati: 6
9 a) l'organizzazione di corsi di formazione del personale delle strutture sanitarie sulla corretta gestione dei rifiuti sanitari, soprattutto per minimizzare il contatto di materiali non infetti con potenziali fonti infettive e ridurre la produzione di rifiuti a rischio infettivo; b) la raccolta differenziata dei rifiuti sanitari assimilati agli urbani prodotti dalle strutture sanitarie; c) l'ottimizzazione dell'approvvigionamento e dell'utilizzo di reagenti e farmaci per ridurre la produzione di rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo e di rifiuti sanitari non pericolosi; d) l'ottimizzazione dell'approvvigionamento delle derrate alimentari al fine di ridurre la produzione di rifiuti alimentari; e) l'utilizzo preferenziale, ove tecnicamente possibile, di prodotti e reagenti a minore contenuto di sostanze pericolose; f) l'utilizzo preferenziale, ove tecnicamente possibile, di plastiche non clorurate; g) l'utilizzo di tecnologie di trattamento di rifiuti sanitari tendenti a favorire il recupero di materia e di energia. Tali disposizioni trovano ulteriore applicazione nell articolo 5 ( Recupero di materia dai rifiuti sanitari ), in base al quale per ridurre il quantitativo dei rifiuti sanitari da avviare allo smaltimento, deve essere favorito il recupero delle seguenti categorie di rifiuti sanitari, anche attraverso la raccolta differenziata: a) contenitori in vetro di farmaci, di alimenti, di bevande, di soluzioni per infusione privati di cannule o di aghi ed accessori per la somministrazione, esclusi i contenitori di soluzioni di farmaci antiblastici o visibilmente contaminati da materiale biologico, che non siano radioattivi ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 ("Attuazione delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti") e non provengano da pazienti in isolamento infettivo; b) altri rifiuti di imballaggio in vetro, di carta, di cartone, di plastica, o di metallo, ad esclusione di quelli pericolosi; c) rifiuti metallici non pericolosi; d) rifiuti di giardinaggio; 7
10 e) rifiuti della preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie; f) liquidi di fissaggio radiologico non deargentati; g) oli minerali, vegetali e grassi; h) batterie e pile; i) toner; l) mercurio; m) pellicole e lastre fotografiche. Definizioni Ai sensi dell Articolo 2 il nuovo regolamento definisce come: a) rifiuti sanitari: i rifiuti elencati a titolo esemplificativo, negli allegati I e II del presente regolamento, che derivano da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (4), e successive modificazioni, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833; (4) Il quale reca: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421". (5) La legge 23 dicembre 1978, n. 833, reca: "Istituzione del servizio sanitario nazionale". 8
11 Dunque un rifiuto per essere qualificato come sanitario deve possedere contemporaneamente tutti i seguenti requisiti: 1) essere elencato, sia pure a titolo esemplificativo, negli allegati I (TIPOLOGIE DI RIFIUTI SANITARI E LORO CLASSIFICAZIONE) e II (RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI NON A RISCHIO INFETTIVO) del D.M. 26 giugno 2000, n. 219; 2) derivare da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del dlgs 502/92, le quali 2a) svolgano attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca e 2b) eroghino le prestazioni di cui alla legge n. 833/78. b) rifiuti sanitari non pericolosi: i rifiuti sanitari che non sono compresi tra i rifiuti elencati nell'allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni; c) rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo: i rifiuti sanitari elencati a titolo esemplificativo nell'allegato II (RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI NON A RISCHIO INFETTIVO), compresi tra i rifiuti pericolosi dell'allegato D al Dlgs 22/97 e S.M., che presentano almeno una delle caratteristiche di pericolo individuate dall'allegato I (CARATTERISTICHE DI PERICOLO PER I RIFIUTI) al decreto medesimo, con esclusione di quella individuata dalla voce "H9" ("Infettivo": sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri organismi viventi; ) dello stesso allegato I; (6)Che detta: 4. Quando un ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento richiesto dalla classificazione del ceppo parentale non è necessariamente applicato a meno che la valutazione del rischio da esso rappresentato sul luogo di lavoro non lo richieda. 9
12 d) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci e dell'allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che presentano la caratteristica di pericolo di cui alla voce "H9" (su cui vedi supra) dell'allegato I al predetto decreto: 1) tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea nonché da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo IV (6) di cui all'allegato XI (Elenco degli agenti biologici classificati.) del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioni; 2) i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell'allegato I (su cui vedi supra) del presente regolamento che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: 2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati; 2b) siano contaminati da: 2b 1 ) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile; 2b 2 ) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti; 2b 3 ) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico; 3) i rifiuti provenienti da attività veterinaria, esclusi i rifiuti disciplinati dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508 (7), che: 3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali; 3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per i quali sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi; (7) Sono i rifiuti di origine animale destinati a fini diversi dal consumo umano di cui al cit. dlgs Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e 10
13 la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE. e) rifiuti da esumazione ed estumulazione: i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione: 1) assi e resti lignei delle casse utilizzate per la sepoltura; 2) simboli religiosi, piedini, ornamenti e mezzi di movimentazione della cassa (ad es. maniglie); 3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari; 4) resti non mortali di elementi biodegradabili inseriti nel cofano; 5) resti metallici di casse (ad es. zinco, piombo); f) rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali: i seguenti rifiuti derivanti da attività cimiteriali: 1) materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, smurature e similari; 2) altri oggetti metallici o non metallici asportati prima della cremazione, tumulazione od inumazione; g) rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani: i seguenti rifiuti sanitari, qualora non rientrino tra quelli di cui alle lettere c) e d) (rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e non) del presente articolo, assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione dei rifiuti urbani. 1) i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie; 2) i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui; 3) vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e per quantità siano assimilati agli urbani ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g) (8), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; (8) Che detta: I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare: 11
14 g) l assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell articolo 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d acqua. 4) la spazzatura; 5) i rifiuti costituiti da indumenti monouso; 6) i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'ambito delle strutture sanitarie; 7) i gessi ortopedici, gli assorbenti igienici, i pannolini pediatrici e i pannoloni; 8) i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo (e quindi pericolosi) assoggettati al procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera l), a condizione che sia in esercizio nell'ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, almeno un impianto di incenerimento per rifiuti urbani, oppure sia intervenuta autorizzazione regionale allo smaltimento in discarica, secondo quanto previsto all'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; h) rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione: le seguenti categorie di rifiuti sanitari: 1) farmaci scaduti o inutilizzabili compresi i farmaci ed i materiali antiblastici per uso umano o veterinario; 2) organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento; 3) animali da esperimento di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento; 4) sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope, Ai sensi del primo comma dell art. 14 tali rifiuti devono essere smaltiti in impianti di incenerimento. In particolare i rifiuti di cui ai punti 2 e 3, devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. Le sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope sub 4), ai sensi del secondo comma dell art. 14 del regolamento, devono essere avviate allo smaltimento in impianti di incenerimento autorizzati ai sensi del decreto Ronchi, secondo le modalità e le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; 12
15 i) disinfezione: drastica riduzione della carica microbica effettuata con l'impiego di sostanze disinfettanti; l) sterilizzazione di cui all'articolo 45 del decreto legislativo n. 22/1997: abbattimento della carica microbica tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a La sterilizzazione è effettuata secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento nonché la diminuzione di volume dei rifiuti stessi. L'efficacia viene verificata secondo quanto indicato nell'allegato III del presente regolamento. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo è una facoltà esercitabile ai fini della semplificazione delle modalità di gestione dei rifiuti stessi; m) sterilizzatrici: apparecchiature dedicate esclusivamente alla sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. L'efficacia del procedimento di sterilizzazione ed i metodi per dimostrarla, sono stabiliti dalla norma UNI 10384/94, parte prima sulla base delle prove di convalida in essa stabilite. 13
16 L assimilazione dei rifiuti sanitari agli urbani, in particolare di quelli sterilizzati L art. 2 del nuovo decreto, nella sua lettera g) definisce i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani. Non si capisce bene se l elencazione di tali rifiuti di cui ai punti da 1) a 8) (su cui vedi supra) sia tassativa oppure subordinata alla condizione che essi siano assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione dei rifiuti urbani, nel quale ultimo caso ci troveremmo di fronte ad una tautologia e quindi ad una interpretazione del nuovo disposto normativo pressochè impossibile. Un altra interpretazione possibile del disposto in base al quale sono: g) rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani: i seguenti rifiuti sanitari, qualora non rientrino tra quelli di cui alle lettere c) e d) del presente articolo, assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione dei rifiuti urbani è quella secondo cui la piena assimilazione ope legis del rifiuto speciale sanitario all urbano passa comunque attraverso l ordinaria procedura di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani prevista dagli articoli 7 (comma 2, lett. b), 21, comma 2, lettera g) e 18, comma 2, lettera d), che dispongono rispettivamente, : Art. 7 - Classificazione 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell articolo 21, comma 2, lettera g); Art Competenze dei Comuni 2. I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare: g) l assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell articolo 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d acqua. Art Competenze dello Stato 2. Sono inoltre di competenza dello Stato: d) la determinazione dei criteri qualitativi e qualiquantitativi per l assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani; 14
17 del Dlgs 22/97 e S.M., e cioè necessita della pubblicazione del decreto ministeriale previsto dall art.18 e dell inserimento della menzionata categoria di rifiuti sanitari all interno del regolamento comunale di cui all art.21. La questione della assimilazione, in questo preciso momento, diventerebbe in tale ipotesi assai probleatica e probabilmente inattuabile (Su tale rilevante problematica mi permetto di rinviare al mio Le certificazioni obbligatorie in materia di rifiuti: M.U.D., registri e formulari, ed. E.P.C., novembre 2000, pag. 125 e seguenti). La disposizione di cui all art. 2, lett. g) n. 8 è poi meritevole di commento, in quanto definisce le condizioni per l assimilazione agli urbani dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati ad un procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera l). Ciò significa in primo luogo che non è mai possibile l assimilazione agli urbani dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati ad un procedimento di sterilizzazione diverso da quello di cui alla lettera l). La categoria di rifiuti sanitari sub 8), per poter rientrare in quella degli assimilati agli urbani deve rispondere ai seguenti requisiti contestualmente: 1) deve trattarsi di rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, 2) deve essere stata assoggettata a procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera l), devono inoltre sussistere alternativamente i seguenti requisiti: a) deve essere in esercizio nell'ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 23 (9) del decreto Ronchi, almeno un impianto di incenerimento per rifiuti urbani, oppure b) deve essere intervenuta autorizzazione regionale allo smaltimento in discarica, secondo quanto previsto all'articolo 45, comma 3 (10), del dlgs 22/97 e S.M.; 15
18 Entrambe le condizioni alternative sopra indicate appaiono bizzarre: la prima subordina l assimilazione agli urbani dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo sterilizzati all esistenza di un impianto di incenerimento per rifiuti urbani nell ambito territoriale ottimale in cui sono stati prodotti ( che le regioni hanno fatto solitamente maldestramente coincidere con le province,) e dunque richiede l attivazione di tali impianti ai fini dell assimilazione in tutti gli A.T.O. che ne siano oggi sprovvisti (cosa che sembra inimmaginabile economicamente, e che potrebbe realizzarsi in non meno di 10 anni), la seconda subordina tale assimilazione ad una farraginosa procedura d intesa tra il Presidente della Regione interessata ed i Ministri della sanità e dell ambiente, intesa peraltro mai sperimentata e mai proceduralizzata, in sintesi: nessuno sa come si dovrebbe raggiungere. Si può qui ricordare che il criterio direttivo di cui alla legge-quadro sui rifiuti alla quale il D.M. applicativo si deve attenere, ai sensi del comma quarto dell art. 45 del dlgs 22/97 consiste nell individuazione (con decreto del Ministro dell ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome), delle frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbani. Non pare proprio che l estensore ministeriale si sia attenuto a tale principio avendo egli fissato criteri di assimilazione per la categoria dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo sterilizzati, che nulla hanno a che vedere con la tipologia del rifiuto in sè e cioè con le caratteristiche fisiche o chimiche o di pericolosità dello stesso, ma ha invece fatto riferimento alle capacità impiantistiche degli A.T.O. (cioè alla presenza o meno di inceneritori) e a procedure d intesa tra Regioni e Ministero dell ambiente. Ciò che pone seri dubbi di legitimità su tali criteri di assimilazione. (9) Che detta: "Articolo 23 (Gestione dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali) Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le province. In tali ambiti territoriali ottimali le province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i comuni, in applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del presente decreto. 2. Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, le province possono autorizzare gestioni anche a livello subprovinciale purché, anche in tali ambiti territoriali sia superata la frammentazione della gestione. 3. I comuni di ciascun ambito territoriale ottimale di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità. 16
19 4. I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come integrata dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n Per le finalità di cui ai commi 1, 2 e 3, le province, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, coordinano, sulla base della legge regionale adottata ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale. Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'articolo 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142, le province individuano gli enti locali partecipanti, l'ente locale responsabile del coordinamento, gli adempimenti ed i termini previsti per l'assicurazione delle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n Dette convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno essere adottate per l'assegnazione del servizio di gestione dei rifiuti, le forme di vigilanza e di controllo, nonché gli altri elementi indicati all'articolo 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n Decorso inutilmente il predetto termine le regioni e le province autonome provvedono in sostituzione degli enti inadempienti. (10) Che dispone: Qualora il numero degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno, il Presidente della Regione d intesa con il Ministro della sanità ed il Ministro dell ambiente può autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 anche in discarica controllata previa sterilizzazione. Ai fini dell'acquisizione dell'intesa, i Ministri competenti si pronunciano entro novanta giorni. RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI A RISCHIO INFETTIVO Ai sensi dell articolo 7 la sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo è effettuata in impianti autorizzati al sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e S.M.. Il disposto di cui al secondo comma ribadisce il principio di cui all art. 45, comma quinto del Dlgs 22/97 in base al quale La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata al di fuori della struttura sanitaria che li ha prodotti è sottoposta alle procedure autorizzative di cui agli articoli 27 e 28. Da tale disposto il regolamento desume quindi che, a contrario, gli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno del perimetro della struttura sanitaria non devono essere autorizzati ai sensi degli articoli 27 e 28 di tale decreto. 17
20 Ciò sembra confermare l interpretazione che aveva dato in dottrina G. Amendola, secondo il quale il cit. disposto dell art. 45 fa desumere che se la sterilizzazione di rifiuti sanitari pericolosi (a maggior ragione se sono speciali) avviene all interno della struttura sanitaria che li ha prodotti, non vi è obbligo di autorizzazione. (11). Tuttavia il regolamento richiede, ai fini dell esclusione dell autorizzazione, l ulteriore requisito che in tali impianti siano trattati esclusivamente rifiuti prodotti dalla struttura stessa. A tali fini si considerano prodotti dalla struttura sanitaria dove è ubicato l'impianto di sterilizzazione anche i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie decentrate ma organizzativamente e funzionalmente collegate con la stessa. (11) In Ambiente e sicurezza,e.p.c., n.5/97, pag. 56. In senso contrario si veda P. Giampietro La gestione dei rifiuti sanitari, in Ambiente Ipsoa, n. 5/97, pag. 389 e seg.. Ai sensi del quarto comma, tuttavia l'attivazione degli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno delle strutture sanitarie deve essere preventivamente comunicata alla provincia ai fini dell'effettuazione dei controlli periodici. Quindi non è richiesta per tali impianti una autorizzazione preventiva espressa ma sussiste comunque un obbligo procedimentale consistente nella comunicazione. Il direttore o il responsabile sanitario e il gestore degli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno delle strutture sanitarie sono responsabili dell'attivazione degli impianti e dell'efficacia del processo di sterilizzazione in tutte le sue fasi. Il quinto comma del regolamento, dopo aver individuato nel direttore o nel responsabile sanitario o i soggetti istituzionalmente competenti al procedimento di convalida dell'impianto di sterilizzazione, specifica che tale convalida deve avvenire: a) ordinariamente e per tutti gli impianti nuovi prima della messa in funzione degli stessi o, b) se si tratta di impianti già in esercizio, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, e cioè entro il giorno 18 ottobre 20000, secondo i criteri e per i parametri previsti dall'allegato III. 18
21 Ai sensi di tale allegato la convalida dell'impianto di sterilizzazione deve essere effettuata secondo i criteri e i parametri previsti nella norma UNI 10384/94 parte prima e successive modifiche e/o integrazioni. Per i parametri essenziali la convalida deve essere ripetuta ogni ventiquattro mesi e comunque ad ogni intervento di manutenzione straordinaria dell'impianto, e la relativa documentazione deve essere conservata per cinque anni presso la sede della struttura sanitaria o presso l'impianto e deve essere esibita ad ogni richiesta delle competenti autorità. Il comma sesto richiede esplicitamente un autocontrollo della struttura sanitaria, cioè che l'efficacia del processo di sterilizzazione sia verificata e certificata secondo i tempi, le modalità ed i criteri stabiliti nell'allegato III da parte del direttore o responsabile sanitario o dal responsabile tecnico. L'efficacia dell'impianto e del processo di sterilizzazione nel corso della gestione ordinaria devono essere verificate con cadenza trimestrale e comunque non oltre i 100 cicli di utilizzo dell'impianto, ove lo stesso abbia un elevato ritmo di utilizzo, mediante l'impiego di bioindicatori adeguati al processo di sterilizzazione usato. Il numero di bioindicatori dovrà essere almeno 1 ogni 200 litri di volume utile di camera della sterilizzazione, con un minimo di tre. Tali bioindicatori dovranno essere conformi alle norme CEN serie 866. I suddetti controlli devono essere effettuati sotto il controllo del responsabile sanitario e nel caso di impianti esterni alla struttura sanitaria sotto il controllo del responsabile tecnico. Il cit. autocontrollo non esonera gli impianti di sterilizzazione da adeguati controlli periodici da parte delle autorità competenti. La disposizione di cui al comma ottavo, che fa salvo l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico ed aggiunge che presso l'impianto di sterilizzazione deve essere tenuto un registro con fogli numerati progressivamente nel quale, ai fini dell'effettuazione dei controlli, devono essere riportate le seguenti informazioni: a) numero di identificazione del ciclo di sterilizzazione; b) quantità giornaliera e tipologia di rifiuti sottoposti al processo di sterilizzazione; c) data del processo di sterilizzazione, ci sembra che vada letta nel senso che i requisiti di cui al D.M. n. 148/98 (Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del dlgs 5 febbraio 1997, n. 22) (12 ) vanno integrati, nel caso individuato dal comma ottavo del D.M. 219/2000, con i requisiti di cui alle lett. da a) a c) di cui sopra. (12 ) In G.U. n. 110, 14 maggio 1998, Serie Generale Il principio generale della gestione dei rifiuti sanitari sterilizzati viene enunciato nel secondo comma, il quale, dopo aver fatto salvo quanto stabilito dai commi 1 e 3, dispone che le 19
22 operazioni di deposito temporaneo, stoccaggio, raccolta e trasporto (cioè tutte le operazioni di gestione ad eccezione del recupero e dellosmaltimento) dei rifiuti sanitari sterilizzati sono sottoposti al regime giuridico e alle norme tecniche che disciplinano la gestione dei rifiuti urbani. Il primo comma prescrive che i rifiuti sanitari sterilizzati : a) devono essere raccolti e trasportati separatamente dagli altri rifiuti urbani. b) il deposito temporaneo, la movimentazione interna alla struttura sanitaria, lo stoccaggio, la raccolta ed il trasporto devono essere effettuati utilizzando appositi imballaggi a perdere, anche flessibili, di colore diverso da quelli utilizzati per i rifiuti urbani e per gli altri rifiuti sanitari assimilati, recanti, ben visibile, l'indicazione indelebile "Rifiuti sanitari sterilizzati" alla quale dovrà essere aggiunta la data della sterilizzazione Il terzo comma prescrive che qualora i rifiuti sanitari sterilizzati risultino inclusi tra quelli di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), cioè tra i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo ad essi si applicano le disposizioni che disciplinano le operazioni di deposito temporaneo, stoccaggio, raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi. SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SANITARI STERILIZZATI Il primo comma dell art. 11 enuncia il principio generale dello smaltimento dei rifiuti sanitari sterilizzati, in base al quale essi devono essere smaltiti mediante termodistruzione in impianti autorizzati ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. L unica eccezione a tale principio è collocata nel terzo comma in base al quale i rifiuti in oggetto possono essere smaltiti in discarica solo qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 45, comma 3, del decreto Ronchi e cioè attraverso lo strumento dell autorizzazione rilasciata dal Presidente della Regione : a) qualora il numero degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno e b) previa intesa tra il Presidente della Regione ed i Ministri della sanità e dell ambiente. 20
23 A tali fini: a) i rifiuti sanitari sterilizzati non compresi tra i rifiuti sanitari pericolosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (non a rischio infettivo ), sono sottoposti alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani ed assimilati; b) i rifiuti sanitari sterilizzati che sono invece compresi tra i rifiuti sanitari pericolosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (non a rischio infettivo ), sono sottoposti alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica dei rifiuti pericolosi. Ci sembra che sussista un evidente errore di formulazione nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale perchè il significato del terzo comma dell art. 11, a nostro sommesso avviso, dovrebbe essere esattamente il contrario e cioè che: a) i rifiuti sanitari sterilizzati compresi tra i rifiuti sanitari pericolosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (non a rischio infettivo ), sono sottoposti alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani ed assimilati; b) i rifiuti sanitari sterilizzati che non sono invece compresi tra i rifiuti sanitari pericolosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (non a rischio infettivo ), sono sottoposti alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica dei rifiuti pericolosi. Il secondo comma dell articolo in esame dispone che i rifiuti sanitari sterilizzati, che non presentano alcuna delle altre caratteristiche di pericolo di cui all'allegato "I" al dlgs 22/97, possono essere smaltiti anche in impianti di incenerimento di rifiuti speciali e di rifiuti urbani, non dotati di un appropriato sistema di alimentazione per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, nel rispetto delle disposizioni del D.M. Ambiente 19 novembre 1997, n. 503, e S.M. ( Regolamento recante norme per l'attuazione delle direttive 89/369/CEE e 89/429/CEE concernenti la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e la disciplina delle emissioni e delle condizioni di combustione degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani, di rifiuti speciali non pericolosi, nonche' di taluni rifiuti sanitari, pubblicatoin Gazzetta Ufficiale Italiana n 23 del 29/01/1998) (13 ). (13) Su cui vedi B. Albertazzi Emissioni in atmosfera e impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, in Ambiente e sicurezza, E.P.C., n. 10/99, speciale Ricicla. 21
24 Un po perplessi ci lascia il disposto di cui al quarto comma che sembra enunciare la regola generale (che quindi avrebbe trovato migliore collocazione nel primo comma dell articolo o nei primi articoli del nuovo D.M.) secondo la quale: i rifiuti sanitari sterilizzati sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani, a cui fa eccezione quanto stabilito : 1) nei commi 1, 2 e 3 dell art. 11 (su cui vedi supra), 2) all'articolo 2, comma 1, lettera g), punto 8 ( i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera l), a condizione che sia in esercizio nell'ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 23 del dlgs 22/97 almeno un impianto di incenerimento per rifiuti urbani, oppure sia intervenuta autorizzazione regionale allo smaltimento in discarica, secondo quanto previsto all'articolo 45, comma 3, del medesimo decreto ), e 3) all'articolo 9 (Deposito temporaneo, stoccaggio, raccolta e trasporto dei rifiuti sanitari sterilizzati), SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI A RISCHIO INFETTIVO Ai sensi dell art. 10 i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono essere smaltiti mediante termodistruzione in impianti autorizzati ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, con le modalità di cui ai commi 2 e 3 e cioè: a) quelli che presentano anche altre caratteristiche di pericolo di cui all'allegato I del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, devono essere smaltiti solo in impianti per rifiuti pericolosi. b) quelli a solo rischio infettivo possono essere smaltiti, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 19 novembre 1997, n. 503, e successive modificazioni ed integrazioni: 1) in impianti di incenerimento dedicati; 2) in impianti di incenerimento di rifiuti speciali e in impianti di incenerimento di rifiuti urbani, a condizione che tali impianti siano dotati di un sistema di alimentazione per tali rifiuti appropriato ed idoneo a garantire una efficace tutela della salute e dell'ambiente, con particolare riferimento all'obbligo di evitare lo sversamento dei rifiuti sanitari e il contatto dei rifiuti sanitari con gli operatori. 22
25 RIFIUTI DA ESUMAZIONE E DA ESTUMULAZIONE, RIFIUTI DERIVANTI DA ALTRE ATTIVITÀ CIMITERIALI. Gli articoli 12 e 13 del nuovo D.M. disciplinano la gestione dei rifiuti da esumazione e da estumulazione, rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali, esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali. In particolare ai sensi dell art. 12 i rifiuti da esumazioni ed estumulazioni devono : 1) essere raccolti separatamente dagli altri rifiuti urbani; 2) essere raccolti e trasportati in appositi imballaggi a perdere flessibili, di colore distinguibile da quelli utilizzati per la raccolta delle altre frazioni di rifiuti urbani prodotti all'interno dell'area cimiteriale e recanti la scritta "Rifiuti urbani da esumazioni ed estumulazioni"; 3) essere avviati al recupero o smaltiti in impianti autorizzati ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, per lo smaltimento dei rifiuti urbani, in conformità ai regolamenti comunali ex articolo 21, comma 2, lettera d), dello stesso decreto legislativo. Nel caso di avvio a discarica senza preventivo trattamento di taglio o triturazione dei rifiuti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), punti 1 e 3, e cioè 1) assi e resti lignei delle casse utilizzate per la sepoltura e 3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari, tali rifiuti devono essere inseriti in apposito imballaggio a perdere, anche flessibile. Ai sensi dell art. 13 i rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), punto 1, cioè materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, smurature e similari, possono essere riutilizzati all'interno della stessa struttura cimiteriale, avviati a recupero o smaltiti in impianti per rifiuti inerti. 23
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