Sentenza n del 19 marzo 2009 della Corte Cassazione - Sezione tributaria
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- Rosangela Spina
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1 Sentenza n del 19 marzo 2009 della Corte Cassazione - Sezione tributaria Svolgimento del processo - La C.T.P. di Milano, previa riunione, rigettava i ricorsi proposti dalla s.r.l. G.M. avverso avvisi di accertamento integrativi per Irpeg, Ilor e Tributo Straordinario di solidarietà relativi agli anni di imposta 1995 e La C.T.R. Lombardia accoglieva l appello proposto avverso la decisione di primo grado dalla contribuente, in particolare rilevando che gli accertamenti integrativi erano fondati su di una motivazione contraddittoria, in quanto con essi si disconosceva l esistenza di costi dichiarati, mentre in altri accertamenti erano stati determinati maggiori ricavi applicando una percentuale di ricarico che era stata calcolata tenendo conto proprio di quei costi. Secondo i giudici della C.T.R., l Ufficio, una volta disconosciuti i costi d acquisto dei metalli, avrebbe dovuto annullare in sede di autotutela i precedenti accertamenti induttivi. I suddetti giudici aggiungevano che la società contribuente, al fine di provare l effettivo acquisto dei metalli indicati nelle fatture esaminate dalla G.d.F., aveva ricostruito la contabilità rispetto ad una particolare categoria di metalli (pani di zinco elettrolitico), rilevando che nel corso dell esercizio 1995 erano stati, venduti pani di zinco per Kg 109,60 e che pertanto, non essendo ipotizzabile che la disponibilità di quella stessa merce fosse limitata a kg 74,381, doveva ritenersi che le fatture relative all acquisto dei pani di zinco si riferivano a merce successivamente venduta dalla società appellante.
2 Avverso tale sentenza ricorrono per Cassazione il Ministero dell Economia e delle Finanze e l Agenzia delle Entrate; la società resiste con controricorso. Motivi della decisione - Deve essere preliminarmente dichiarata l inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell Economia e delle Finanze, in quanto dalla sentenza impugnata risulta che l appello fu depositato il 26 novembre 2003 e che al giudizio d appello partecipò la sola Agenzia delle Entrate (v tra le altre SU n del 2006). Atteso il consolidarsi della giurisprudenza citata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, devono essere compensate le spese del relativo rapporto. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, oltre che vizi di motivazione, l Agenzia ricorrente sostiene che i giudici della C.T.R. avrebbero violato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, affermando che, per non cadere in contraddizione, l Ufficio avrebbe dovuto annullare i primi due avvisi coi quali aveva accertato l esistenza di maggiori ricavi, posto che la citata norma consente di integrare un precedente accertamento quando l Ufficio venga a conoscenza di nuovi elementi atti a giustificare ulteriori addebiti. Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell art c.c., oltre che vizi di motivazione, la ricorrente rileva che non sussiste alcuna contraddizione tra le riprese effettuate per ricavi determinati induttivamente e le riprese effettuate per costi fittizi relativi allo stesso periodo, in quanto le prime derivano da un apprezzamento della veridicità del ricarico applicato (con operazione che resta "interna" ai dati
3 dichiarati), mentre le seconde conseguono ad un controllo incrociato delle fatturazioni e delle contabilizzazioni tra la G.M. e altre due società presso le quali era stata esperita apposita verifica, giungendo alla conclusione che le predette due società avevano agito da "cartiera" nei confronti della G.M., consentendole di ottenere un illecito risparmio di Irpeg (mediante abbattimento dell utile) e di IVA. La ricorrente aggiunge che, una volta ipotizzato un contrasto tra la ripresa dei ricavi e quella dei costi, i giudici della C.T.R. non avrebbero potuto in ogni caso dichiarare la totale illegittimità dell accertamento opposto. Aggiunge ancora la ricorrente che erroneamente i giudici della C.T.R. avrebbero affermato che la società aveva fornito piena prova dell effettività delle operazioni in questione, avendo la giurisprudenza di legittimità affermato che quando l amministrazione finanziaria contesta al contribuente l indebita detrazione di fatture perché relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni (che deve essere fornita dal contribuente) non può essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente e che, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza (o assenza) deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali. In particolare, la ricorrente rileva che nella specie la G.M. non aveva dimostrato che le società emittenti le fatture erano effettivamente operanti e in grado di acquistare le ingenti quantità di metalli asseritamente oggetto di cessione, non potendo costituire valida prova di ciò le fatture emesse dalle suddette società nei confronti della G.M., trattandosi
4 di quegli stessi documenti contabili dei quali è contestata l attendibilità. La ricorrente conclude rilevando che tutto il percorso logico - argomentativo della sentenza impugnata sarebbe scarno, insufficiente ed incongruo. Entrambi i motivi sono fondati, nei limiti e nei termini di cui in prosieguo. Con riguardo al primo motivo, giova rilevare che il processo tributario è strutturato come un giudizio d impugnazione del provvedimento, in cui l oggetto del dibattito è circoscritto alla pretesa effettivamente avanzata con l atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed entro i limiti delle contestazioni sollevate dal contribuente e che pertanto l oggetto di tale processo non è l accertamento dell obbligazione tributaria in sé, da condursi attraverso una diretta ricognizione della disciplina applicabile e dei fatti rilevanti sulla base di essa, a prescindere da quanto risulti nell atto impugnato, bensì l accertamento della legittimità della pretesa tributaria in quanto avanzata con l atto impugnato e alla stregua dei presupposti di fatto e in diritto in tale atto indicati (v. tra le altre Cass. nn /2007, 2010/2006). Ne consegue che in sede di impugnazione di un avviso di accertamento integrativo il giudice tributario è chiamato a pronunciarsi esclusivamente sulla legittimità della pretesa avanzata con tale avviso e non può ritenerne l illegittimità sulla base della ritenuta contraddittorietà con altro precedente avviso, posto che il difetto logico idoneo ad inficiare l atto impugnato non potrebbe che essere intrinseco all atto stesso, senza possibilità di estendersi ad atti non oggetto di impugnazione e, peraltro, senza che il mancato esercizio dell autotutela da parte dell Amministrazione in relazione
5 ad atto diverso da quello impugnato possa rilevare e tanto meno costituire valida motivazione per l annullamento dell atto oggetto di impugnazione. Tanto premesso, il giudice tributario, essendo in questa sede chiamato a giudicare della legittimità dell atto col quale l amministrazione aveva disconosciuto l esistenza di costi dichiarati, doveva fondare il proprio giudizio sull atto oggetto di impugnazione e sulla pretesa con esso avanzata, non sul rapporto (di asserita contraddittorietà) di tale atto con altro precedente non oggetto di impugnazione. Con riguardo al secondo motivo, giova innanzitutto rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, in tema di IVA, qualora l Amministrazione contesti al contribuente l indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti, non assumendo rilievo la propria buona fede (v. tra le altre Cass. n. 2847/2008). Tanto premesso, dalla stessa sentenza impugnata non risulta che tale prova sia stata fornita per tutti i costi in discussione. Peraltro, anche solo con riguardo ai costi relativi ad una particolare categoria di metalli, la stessa sentenza non afferma che è stata fornita la prova della effettiva realizzazione di quei costi, ma solo che, al fine di dare tale prova, la contribuente aveva "ricostruito" la contabilità in relazione alla vendita di quei metalli nel corso dell esercizio: a tacer d altro, la motivazione sul punto non consente di individuare quali siano gli elementi certi sui quali basare una eventuale prova presuntiva della
6 effettività dei costi in questione, né chiarisce eventualmente quale incidenza abbia la suddetta prova sull ammontare complessivo delle riprese a tassazione riportate nell avviso in questione. Il ricorso deve essere pertanto accolto nei termini e nei limiti di cui sopra e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese. Accoglie il ricorso dell Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Lombardia.
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