La digestione anaerobica dei rifiuti umidi

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1 La digestione anaerobica dei rifiuti umidi Giovanni De Feo Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIIn), via Ponte don Melillo, Fisciano (SA), g.defeo@unisa.it Introduzione La digestione anaerobica della frazione umida dei rifiuti (urbani e non) sta assumendo sempre maggiore rilevanza, in Italia e all estero, per i suoi indubbi benefici energetici ed ambientali. Il prodotto principale della digestione anaerobica è il biogas, cioè una miscela gassosa (soprattutto metano - dal 50 al 75% - e biossido di carbonio). L impiego del biogas può ridurre le emissioni di gas serra in maniera significativa, soprattutto se utilizzato come biocarburante per i mezzi di trasporto o se immesso direttamente nella rete di distribuzione del gas. Il processo di digestione anaerobica, inoltre, dà luogo a un sottoprodotto principale, il digestato, che può essere sottoposto a un successivo processo di compostaggio e utilizzato a fini analoghi come compost, migliorando così il recupero complessivo di risorse dai rifiuti. I processi di digestione anaerobica si possono classificare rispetto a: - regime termico; - contenuto di solidi totali nel substrato; - fasi biologiche; - tipo di alimentazione del reattore; - modalità di movimentazione del substrato (tipo di reattore). Non considerando il regime termico in psicrofilia, poiché poco utilizzato, la scelta tra la mesofilia e la termofilia determina, in genere, anche il tempo di residenza (HRT) del substrato all interno del reattore (durata del processo). In mesofilia si hanno HRT di giorni, mentre in termofilia i tempi di residenza sono tipicamente inferiori ai giorni. Con impiantistica di tipo semplificato è possibile operare anche in psicrofilia (10-25 C), con HRT superiori ai 30 giorni, fino a un massimo di 90 giorni. Il digestato in uscita dal processo anaerobico può essere direttamente applicato in agricoltura in maniera controllata, secondo i dettami della normativa che disciplina l applicazione dei fanghi in agricoltura (D.Lgs. 99/92 e successive modifiche e integrazioni). Esso, infatti, va inquadrato e, pertanto, gestito come un fango. Il problema principale dell applicazione diretta del digestato in agricoltura deriva dal fatto che esso ha un potenziale fitotossico ancora relativamente elevato, a causa della presenza di ammoniaca e della natura ancora relativamente fermentescibile della sostanza organica residua. Le principali applicazioni del digestato, pertanto, sono quelle in pieno campo, da attuare secondo i meccanismi dello spandimento controllato, previsti dalla normativa (autorizzazione al sito d impiego, analisi del suolo pre- e post- applicazione, contingentamento delle dosi applicabili, ecc.). Il digestato può essere sottoposto a una fase di spremitura e di separazione di una parte eminentemente solida, da avviare al processo di compostaggio, da una parte eminentemente liquida, da avviare a un impianto di depurazione di acque reflue e/o da inviare all impianto di compostaggio, dove può essere sfruttata come acqua di processo. Il digestato sottoposto a post-compostaggio può trovare spazi di applicazione in giardinaggio, vivaistica in vaso e in terra, nella semina di prati, ecc. e, inoltre, può essere liberamente impiegato e commercializzato come ammendante compostato sulla base del disposto della normativa sui fertilizzanti. Da quanto visto, pertanto, si può affermare che la digestione anaerobica e il compostaggio non sono da considerare come processi di trattamento alternativi della frazione organica dei rifiuti. Essi, invece, sono processi perfettamente integrabili secondo uno schema che prevede dapprima la 1

2 degradazione della frazione putrescibile con produzione di biogas (e produzione di energia) e successivamente la stabilizzazione aerobica del digestato, al fine di ottenere un prodotto finale adatto all uso agricolo. In generale, tuttavia, i processi di digestione anaerobica presentano una serie di vantaggi e svantaggi rispetto al compostaggio. La tabella 1 ne riporta un elenco. Tabella 1 Vantaggi e svantaggi della digestione anaerobica rispetto al compostaggio. Vantaggi - La digestione anaerobica produce energia rinnovabile (biogas) a fronte del compostaggio che consuma energia. - Gli impianti anaerobici sono in grado di trattare tutte le tipologie di rifiuti organici, indipendentemente dalla loro umidità, a differenza del compostaggio che richiede un certo tenore di sostanza secca nella miscela di partenza. - Gli impianti anaerobici sono reattori chiusi e quindi non vi è rilascio di emissioni gassose maleodoranti in atmosfera, come può avvenire durante la prima fase termofila del compostaggio. Svantaggi - Nella digestione anaerobica, l acqua di processo in eccesso necessita di uno specifico trattamento, mentre nel compostaggio le eventuali acque di percolazione possono essere ricircolate come agente umidificante sui cumuli in fase termofila. - Gli impianti di digestione anaerobica richiedono investimenti iniziali maggiori rispetto a quelli di compostaggio ( /t/anno per il compostaggio; /t/anno per la digestione anaerobica). - Ai fini dell utilizzo in agricoltura, la qualità del digestato, in uscita dalla digestione anaerobica, è più scadente del prodotto finale in uscita dal processo di compostaggio. Gli impianti per la digestione anaerobica dei rifiuti hanno iniziato a fare la loro comparsa in Europa all inizio degli anni novanta dello scorso secolo. Sul finire del 2010, in Europa si contavano circa duecento impianti (distribuiti in diciassette paesi) che trattano almeno il 10% di FORSU e con una capacità di almeno t/anno. Il processo a umido (digestione wet) Il processo a umido è il primo a essere stato utilizzato per il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani come derivazione diretta dei processi di digestione anaerobica dei fanghi di supero negli impianti di trattamento delle acque reflue. Nei processi di tipo wet il rifiuto di partenza è diluito con acqua (di rete o di ricircolo dell effluente del reattore) fino a ottenere un tenore in solidi totali inferiore al 10%. In questo modo si può utilizzare un classico reattore completamente miscelato (CSTR) della stessa tipologia (con le opportune modifiche) applicata nella stabilizzazione dei fanghi biologici negli impianti di depurazione. Il processo, in generale, prevede una fase di pretrattamento del rifiuto (rimozione di plastiche, inerti e corpi grossolani), seguita dalla fase di miscelazione in cui si ottiene una miscela con caratteristiche omogenee e l opportuno contenuto in solidi. In tabella 2 si propongono i principali vantaggi e svantaggi dei processi wet. Tabella 2 - Vantaggi e svantaggi dei processi wet Criterio Vantaggi Svantaggi Tecnologico Buona conoscenza ed esperienza nel campo del processo. Applicabilità in co-digestione con rifiuti liquidi ad alto contenuto in sostanza organica. Corto-circuitazione idraulica. Fasi separate di materiale galleggiante e pesante. Abrasione delle parti meccaniche dovuta alla presenza di sabbie e inerti. Pre-trattamenti di preparazione dei rifiuti complessi. 2

3 Biologico Economico e ambientale Diluizione dei picchi di concentrazione di substrato e/o sostanze tossiche in ingresso nel reattore. Spese ridotte per i sistemi di pompaggio e miscelazione, ampiamente diffusi sul mercato. Forte sensibilità a eventuali shock per la presenza di sostanze inibitorie e carichi organici variabili che entrano in contatto intimo con la biomassa. Perdita di sostanza volatile biodegradabile nel corso dei pretrattamenti. Elevati costi d investimento a causa degli equipaggiamenti utilizzati per i pretrattamenti e per il volume dei reattori. Produzione di elevate quantità di acque di processo. Il processo a semisecco (digestione semi-dry) Il processo a semisecco lavora con substrati che presentano un contenuto di solidi intermedio tra quelli concernenti il processo a umido e a secco (10-20%). Il digestore anaerobico è un reattore continuamente e completamente miscelato (CSTR) che può operare sia in regime di mesofilia sia in regime di termofilia. La frazione organica proveniente da raccolta differenziata si può avviare al processo di digestione semi-dry, ricorrendo solamente a semplici pre-trattamenti di pulizia del substrato, con eliminazione del materiale ferroso e di quello inerte grossolano, seguito da triturazione e miscelazione. La frazione organica proveniente, invece, da impianti di selezione meccanica del residuo della raccolta differenziata, a causa del suo elevato contenuto di sostanza solida, richiede un pre-trattamento spinto di pulizia e poi una diluizione con acqua (di processo riciclata o acqua fresca). Una caratteristica che accomuna il processo semi-dry con il processo wet è che, in genere, si osserva la formazione di tre fasi distinte all interno del reattore. A tal proposito è necessario prevedere lo svuotamento periodico e la pulizia del fondo del reattore. Il sistema di miscelazione è generalmente garantito da miscelatori meccanici che possono essere, inoltre, coadiuvati da lance a gas che provvedono a ricircolare il biogas prodotto per incrementare l efficienza di miscelazione. Può essere inoltre previsto il ricircolo del materiale presente nel digestore inviato alla caldaia e poi reimmesso nei digestori. In tabella 3 si propongono i principali vantaggi e svantaggi dei processi semi-dry. Tabella 3 - Vantaggi e svantaggi del processo semi dry Criterio Vantaggi Svantaggi Tecnologico Semplicità dei sistemi di pompaggio e miscelazione. Possibilità di trattare il rifiuto da raccolta differenziata senza particolari pre-trattamenti. indifferenziato. Biologico Economico e ambientale Diluizione dei picchi di concentrazione di substrato o sostanze tossiche. Spese ridotte per i sistemi di pompaggio e miscelazione Accumuli di materiali inerti sul fondo del reattore e necessità di scaricarli. Abrasione delle parti meccaniche. Pre-trattamenti complessi per RU Sensibilità a eventuali shock per la presenza di sostanze inibitorie e carichi organici. Perdita di sostanza volatile biodegradabile nel corso dei pretrattamenti del rifiuto indifferenziato. Elevati costi d investimento a causa degli equipaggiamenti utilizzati per i pretrattamenti e per i volumi dei reattori. Produzione di elevate quantità di acque di processo. 3

4 Il processo a secco (digestione dry) Nei processi a secco, il tenore in solidi del rifiuto alimentato al digestore è generalmente compreso nell intervallo 25-40% e, pertanto, solamente particolari rifiuti, con elevato tenore di solidi (> 50%), hanno bisogno di essere diluiti con acqua per essere convenientemente trattati. In condizioni normali, invece, il rifiuto organico è trattato tal quale senza bisogno di diluizioni. A causa delle proprietà reologiche dei flussi trattati, il materiale organico deve essere trasportato con nastri e pompato attraverso speciali pompe, appositamente progettate per operare con flussi molto viscosi. Questa circostanza incide, ovviamente, sui costi di realizzazione. Di solito, l unico pre-trattamento richiesto è una preliminare vagliatura, al fine di rimuovere il materiale con dimensioni superiori ai 40 mm (vagli a tamburo per il rifiuto organico separato meccanicamente; trituratori per il rifiuto organico raccolto separatamente). Siccome i pre-trattamenti sono limitati, nei processi dry non si osserva perdita di materiale organico biodegradabile come può invece avvenire per i processi wet e semi-dry. A causa della elevata densità e viscosità dei flussi trattati i reattori per il trattamento dry non sono del tipo CSTR, ma con flusso parzialmente o totalmente a pistone (PFR): ciò rende i reattori più semplici, dal punto di vista meccanico, ma comporta problemi di miscelazione tra il rifiuto organico fresco e la biomassa fermentante. La risoluzione di questo problema è cruciale per evitare fenomeni localizzati di sovraccarico organico, con eventuale acidificazione che può inibire il processo metanigeno. Il fatto di operare con flussi molto densi, inoltre, consente di superare il problema della suddivisione di tre fasi distinte all interno del reattore, come può accadere, invece, nei processi wet e semi-dry. In tabella 4 si propongono i principali vantaggi e svantaggi dei processi dry. Tabella 4 - Vantaggi e svantaggi dei processi dry Criterio Vantaggi Svantaggi Tecnologico Nessun bisogno di miscelatori interni al reattore. Robustezza e resistenza a inerti pesanti e plastiche. Nessuna corto circuitazione idraulica. Biologico Economico e ambientale Aspetti progettuali Bassa perdita di sostanza organica biodegradabile nei pretrattamenti. Elevati carichi organici (olr) applicabili. Resistenza a picchi di concentrazione di substrato o sostanze tossiche. Pre-trattamenti minimi e più economici. Ridotti volumi dei reattori. Ridotto utilizzo di acqua fresca. Minime richieste di riscaldamento del reattore. Rifiuti con basso tenore in sostanza solida (< 20%ts) non possono essere trattati da soli. Minima possibilità di diluire sostanze inibitorie e carichi organici eccessivi con acqua fresca. Elevati costi d investimento a causa degli equipaggiamenti utilizzati per il trattamento. L integrazione tra i processi di trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani di tipo anaerobico e di tipo aerobico genera diversi vantaggi: - si migliora il bilancio energetico dell impianto, poiché nella fase anaerobica si ha, in genere, la produzione di un surplus di energia (che può accedere ai benefici previsti per le fonti energetiche rinnovabili) rispetto al fabbisogno dell intero impianto; - a parità di rifiuti trattati, si ha un minor impegno di superficie, come conseguenza della maggiore compattezza architettonica dei digestori, anche per effetto del loro sviluppo verticale; 4

5 - in aree densamente urbanizzate, tipicamente caratterizzate da una bassa disponibilità di materiali strutturali (scarti vegetali da manutenzione del verde), la digestione anaerobica consente un efficace gestione delle prime fasi di bioconversione delle matrici a elevata umidità (scarti alimentari, fanghi, deiezioni zootecniche); - siccome le fasi più odorigene sono gestite in reattori chiusi, si riescono a controllare meglio e con minori costi i problemi olfattivi; il digestato, inoltre, essendo un materiale semi-stabilizzato, consente un controllo più agevole degli impatti olfattivi durante il post-compostaggio aerobico; - si riduce l emissione di CO 2 in atmosfera. Un impianto di digestione anaerobica dei rifiuti può essere suddiviso in tre sezioni, ognuna con diversi reparti, come di seguito elencato: - sezione 1 ricezione pretrattamento - sezione 2 preparazione substrato digestione anaerobica produzione di energia - sezione 3 disidratazione biossidazione accelerata post-maturazione raffinazione stoccaggio prodotti e scarti. In figura 1 si riporta un generico schema a blocchi di un impianto di digestione anaerobica, coerente con l organizzazione in sezioni e reparti, come di sopra riportata. Per quanto riguarda la fase di raffinazione, in particolare, si prevede l invio dei metalli a recupero, degli inerti a discarica e delle frazioni combustibili alla produzione di CDR. Per quanto riguarda, invece, la frazione organica stabilizzata (FOS) e il compost di qualità si prevede rispettivamente l utilizzo per ripristini ambientali e l uso agronomico. 5

6 Rifiuti organici Sezione 1 Ricezione Pretrattamento Metalli Inerti Frazione combustibile Recupero Discarica Produzione CDR Fanghi Diluenti Preparazione del substrato Sezione 2 Acqua di processo Digestione anaerobica Biogas Produzione energia Impianto di depurazione Disidratazione Sezione 3 Biossidazione accelerata Post maturazione Metalli Recupero Raffinazione Inerti Discarica FOS Compost di qualità Frazione combustibile Produzione CDR Ripristini ambientali Uso agronomico Figura 1 Generico schema a blocchi di un impianto di digestione anaerobica dei rifiuti 6

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