UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL S. CUORE Sede di Brescia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali SISTEMI DINAMICI. Appunti a curadi A.

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1 UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL S. CUORE Sede di Brescia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali SISTEMI DINAMICI Appunti a curadi A.Musesti Anno Accademico Versione del 10 maggio 2021 Indice 1 Un esempio introduttivo: i modelli epidemiologici 3 2 Sistemi di equazioni differenziali ordinarie del primo ordine 7 3 Semigruppi e processi 10 4 Esistenza globale 14 5 Sistemi differenziali lineari 14 6 Esponenzialedelle matrici Sistemi lineari Equilibrio e stabilità 21 9 Stabilità dei sistemi lineari Idue metodi di Ljapunov Metodo delle isocline Sistemi hamiltoniani e sistemi gradiente Biforcazione dell equilibrio Insiemi invarianti e attrattori Attrattori, cicli limite e separatrici Modelli di dinamica delle popolazioni Modelli economici 55 1

2 18 Sistemi dinamici discreti Mappe iterate unidimensionali La mappa logistica discreta Il Teorema di Sharkovsky 71 2

3 1 Un esempio introduttivo: i modelli epidemiologici Un applicazione interessante (e molto attuale) dei sistemi dinamici è quella dedicata allo studio della diffusione di malattie contagiose. Vedremo in questa sezione alcuni semplici modelli introduttivi. Denoteremo con S(t) il numero dei suscettibili (susceptible), cioè gli individui che possono ammalarsi, coni(t) il numero degli infetti (infectious), che possono poi contagiare gli altri, e conr(t) il numero dei rimessi(recovered), cioè dei guariti dalla malattia e che non sono più contagiabili(in questo numero, ahimé, possono rientrare anche i deceduti, nel caso in cui la malattia possa avere conseguenze gravi). Per comodità supporremo S + I + R = N costante, dove N è il numero totale di individui, e normalizzeremotutto con N, in mododa avere 0 S,I,R 1, S +I +R = 1. Questi modelli si dicono compartimentali, perché la popolazione viene suddivisa in sottoinsiemi (compartimenti) e si assume che tutti gli elementi di ogni compartimento abbiano le stesse caratteristiche. Tali modelli furono introdotti dagli scozzesi Kermack e McKendrick nel Ilmodello SIS Il modello più semplice è quello diuna malattia non mortaleche può essere contrattatante volte: in questocasononcisono irimessi es +I = 1. Ladinamicatipicaè S λis γi I ovvero il numero di infetti cresce in modo proporzionale sia al numero attuale di infetti che al numero di suscettibili, mentre decresce in modo proporzionale al solo numero di infetti. Il parametro λ è legato alla contagiosità (numero di contagi per infetto nell unità di tempo), mentre γ è legato alla velocità di guarigione(inverso della durata media della malattia). Il modello diventa S = λis +γi I = λis γi epoichés +I = 1cisi riduceauna solaodedelprimoordine: I I = λ γ λi che ha soluzione I(t) = KI 0 I 0 + (K I 0 )e qt, doveabbiamopostoq = λ γ ek = 1 γ λ (sivedailmodellologistico(7)nellasezione16). Quindi pert + lafrazionedegliinfettitendeak nelcasoλ >γ,restacostantementei 0 nelcasoλ =γ,e tendea0nelcasoλ <γ. Nelprimocasosidicechelamalattiarestaendemica,perchéilnumerodegli infetti nontende a 0. 3

4 1.2 Ilmodello SIR Si trattadelmodello più famoso. Ladinamicatipicaè S λis I γi R dove i coefficientiλ,γ hannolo stessosignificato delmodello SIS,ma stavolta iguariti non sono più suscettibili. Il numero R 0 := λ γ viene chiamato basic reproduction number (numero riproduttivo di base) e rappresenta il numero medio di individui contagiati da un singolo infetto durante tutta la fase infettiva. Il modello differenziale diventa S = λis I = λis γi R =γi e, poichér = 1 S I, possiamoricondurlo alsistemabidimensionale S = λis I = λis γi. Tale sistema dovrà essere dotato di condizioni inizialis(0),i(0) > 0,S(0) +I(0) = 1, poiché all inizio non ci sono rimessi. Studiamo questo sistema: le posizioni di equilibrio sono tutte le posizioni ( S, 0), che dunque prevedonol assenzadella malattia, elamatrice delsistemalinearizzato (1) è [ ] 0 λ S 0 λ S γ per cui se S > γ λ = 1 R 0 l equilibrio è instabile e se S 1 R 0 non possiamo concludere niente. In particolare,poiché S [0,1],seR 0 > 1esistonodeivaloridi S percuilaposizioneèinstabileequindi la malattia si diffonde. Cerchiamo di capire che cosa succede alle traiettorie: poiché S(t) 0, la funzione S(t) è decrescenteedunques(t) S(0) perognit 0ed esisteil limite S( ) := lim S(t) [0,1]. t + InoltreanchelafunzioneS(t) +I(t) èdecrescente, perché equindis(t) +I(t) S(0) +I(0) perognit 0ed esisteil limite S + I = γi 0 (1) S( ) +I( ) := lim S(t) +I(t) [0,2]. t + In particolareesisteil limitei( ). Integrando la(1)da0a+ si ha S( ) +I( ) S(0) I(0) = γ + 0 I(τ)dτ + (1) Questiconcetti sonointrodottiestudiati più avanti,questo è solo unesempio introduttivo. 0 I(τ)dτ < +, 4

5 e dunque I(t) è una funzione integrabile su [0,+ ) che ammette limite I( ), quindi per forza I( ) = 0. Ora analizziamo che cosa succede al variare della condizione iniziale: Se S(0) 1/R 0, allora dalla seconda equazione I(t) 0 per ogni t 0 e quindi I(t) è decrescente. PoichéI(t) 0pert +, lamalattia decresceescompare. NelcasoS(0) > 1/R 0 si ha I(0) > 0 e dunque inizialmente la malattiasi diffonde. Poiché però I(t) èdestinata adiventare0, dauncertoistantet inpoiil numerodegliinfetticominceràa decrescereesidovràaveres(t) 1/R 0 pert t : l istantet incuis(t ) = 1/R 0 èilmomento del famoso picco dei contagi. Si possono trovare in modo esplicito le orbite nel piano delle fasi: pensando I(S) come funzione dis edividendolaseconda equazioneperlaprima, si ottiene equindiintegrando rispetto as si ha I (S) = λis γi λis = 1+ 1 R 0 S I(S) = S + 1 R 0 lns +c. ImponendolacondizioneinizialeI(S(0)) = I(0) si trova I(0) = S(0) + 1 R 0 lns(0) +c c = I(0) +S(0) 1 R 0 lns(0) = 1 1 R 0 lns(0) edunque I(S) = S + 1 R 0 lns +1 1 R 0 lns(0) = 1 S + 1 R 0 ln S S(0). (2) Troviamo un grafico di tali orbite nella Figura 1. 1 S(0) = 0.2 S(0) = 0.5 S(0) = 0.9 S(0) = 0.99 I(S) S Figura 1: Orbite nel pianos I perr 0 = 3. 5

6 È interessante capire dove si trova il massimo delle curve I(S), che rappresenta il picco del contagio: basta calcolare I (S) = 0 1 R 0 S = 1 S = 1 R 0 e dunque il punto di massimo non dipende dalle condizioni iniziali. Il valore massimo è ( 1 ) I max = I = ln R 0 R 0 R 0 1 R 0 S(0). Si veda la Figura 2. PerR 0 grande, il numero massimo di contagi cresce, quindi c è interesse a fare in modocher 0 sia piccolo per abbassarelacurva (flatten the curve) I max S( ) R R 0 Figura 2: L andamentodii max edis( ) in funzionedir 0, pers(0) = 0.9. AbbiamodettocheI(t) 0pert + ;machecosasuccedeas(t)? DenotiamoconS( ) il limitedis(t) pert + : dall equazione(2)otteniamo 0 = 1 S( ) + 1 R 0 ln S( ) S(0) da cui possiamo ricavare il valore di S. Si tratta di un equazione trascendente ma possiamo disegnare il grafico della soluzione al variare di R 0 : si ottiene una curva decrescente. Anche in questo caso, ridurre il valore di R 0 significa mantenere elevato il numero di individui che non contraggono la malattia. Si possono studiare anche altri fenomeni interessanti nei modelli epidemiologici compartimentali. Si può introdurre un tasso di natalità e di mortalità naturale nel modello SIR, oppure aggiungere la classe D dei deceduti per la malattia (modello SIRD). Se la malattia ha un tempo di incubazione significativo, si introduce la classe E degli esposti, cioè gli individui che hanno contratto la malattia ma non sono ancora contagiosi, dando luogo ai modelli SEIR e SEIS. Se gli individui alla nascita hanno una immunità temporanea (dovuta al sistema immunitario materno), si introduce la classe M dei neonati immuni, dando luogo ai modelli MSIR e MSEIR. Oppure si possono considerare modelli stratificati in funzione dell età (age-structured models), in cui la diffusione della malattia dipende anche dall età degli individui: in questo caso si ottengono equazioni integro-differenziali. 6

7 S I, R 0 = 0.1 R S I,R 0 = 2 R S I,R 0 = 5 R Figura 3: Alcune traiettorie del modello SIR. 2 Sistemi di equazioni differenziali ordinarie del primo ordine Definizione 2.1. Un sistema di equazioni differenziali ordinarie del primo ordine in forma normale è dato da u(t) = F(u(t),t) doveu : I R n,i intervallo aperto inr,f :R n I R n. SeF non dipende esplicitamente dat il sistema si dice autonomo. Si chiama problema ai valori iniziali il problema u(t) = F(u(t),t) u(t 0 ) = u 0 dove u 0 R n et 0 I. Di solito si prendef regolare, ad esempioc 1 (o almeno lipschitziana), in modo che valga il Teorema di Cauchy di esistenza e unicità locale della soluzione del problema ai valori iniziali. Proposizione 2.2. Ogni problemaai valoriiniziali sur n può esserescritto come problema autonomo sur n+1. Dimostrazione. Siav R n+1,v := (u,u n+1 ), esia G(v) := (F(u,u n+1 ),1). Consideriamo il problema ai valori iniziali autonomo v = G(v) v(t 0 ) = (u 0,t 0 ). Prendendol ultimacomponentedell equazionesiha u n+1 = 1dacui,considerandoanchelacondizione iniziale,u n+1 =t equindileprimen componentidiventano u(t) = F(u(t),t) u(t 0 ) = u 0. 7

8 Esempio 2.3. Per avere l esistenza di soluzioni è sufficiente richiedere che F sia continua (Teorema di Peano). Peròse F èsolo continuacipuò esseremolteplicità. Siconsideri ad esempioil problema autonomo unidimensionale x = 3 3 x 2 x(0) = 0. Chiaramente la soluzione nulla soddisfa il problema, ma separando le variabili si ha anche 1 3 xx 2/3 = 1 3 x =t +c x(t) =t 3 che è un altra soluzione. Anzi, tutte le funzioni del tipo 0 pert t 0 x(t) = (t t 0 ) 3 pert t 0 sono soluzioni perognit 0 > 0(pennello dipeano). Esempio 2.4. Le soluzioni possono non essere globali: si consideri il problema unidimensionale x =x 2 x(0) =x 0 > 0. Si ha xx 2 = 1 1 x =t +c x(t) = x 0 1 x 0 t cheèdefinita solopert < 1/x 0 enonc è mododiestenderlaoltre. Seil secondomembroèsublineare in u, ovverose F(u,t) a +b u perqualchecostantea,b, alloralasoluzione èdefinita su tuttor. Osservazione 2.5. Il caso di sistemi del primo ordine non è restrittivo, infatti ogni sistema differenziale di ordine k può essere ricondotto ad uno del primo ordine: consideriamo il sistema d k ( u (t) = F u(t), du u (t),...dk 1 ) u dtk dt (t),d2 dt 2 (t),t dtk 1 dove F :R nk I R n. Introducendo lanuovavariabile eil sistemadelprimoordine R nk v = (u,v 2,...,v k ) v(t) = (v 2 (t),...,v k (t),f(v(t),t)) si ottiene u(t) = v 2 (t) v 2 (t) = v 3 (t)... v k (t) = F(v(t),t). In particolare, l ultima equazione corrisponde al sistema di partenza. 8

9 Il caso importante del problema ai valori iniziali per un sistema del secondo ordine u(t) = F(u(t), u(t),t) u(t 0 ) = u 0 u(t 0 ) = u 1 corrisponde quindi al problema del primo ordine u(t) = v 2 (t) v 2 (t) = F(u(t),v 2 (t),t) u(t 0 ) = u 0 v 2 (t 0 ) = u 1. Definizione 2.6. Dato il problema ai valori iniziali u(t) = F(u(t),t) u(t 0 ) = u 0 con F regolare, denoteremo con u(t;t 0,u 0 ) la sua (unica) soluzione calcolata all istante t. L insieme γ + (u 0 ) := u(t;t 0,u 0 ) : t t 0 } R n si diceorbita positiva uscenteda u 0, mentrel insieme γ(u 0 ) := u(t;t 0,u 0 ) : t I} R n si diceorbita completa uscenteda u 0. L insieme (t,u(t;t 0,u 0 )) : t I} R n+1 si dicetraiettoria uscenteda u 0. L insiemer n èdetto spaziodellefasi, l insiemer n+1 spazio esteso. Esempio2.7. Ad esempio, nel cason = 1 lo spazio delle fasi èrmentre lo spazio esteso èr 2. Per il sistema unidimensionale x =x si hax(t;0,1) =e t e l orbita uscente da 1 è l intervallo (0,+ ), mentre la traiettoria è la curva (t,e t ), t R. Esempio 2.8. Per il sistema bidimensionale x = y y =x x(0) = 1 y(0) = 0 lasoluzioneè (x(t),y(t)) = (cost,sint),l orbitaèlacirconferenzax 2 +y 2 = 1elatraiettoriaèl elica cilindrica (t,cost,sint). 9

10 3 Semigruppi e processi Consideriamo il sistema autonomo u = F(u). (A) Per i sistemi autonomi è sempre possibile traslare l origine del tempo, ovvero se u : I R n è soluzione di(a), allora anche v : (I τ) R n definita dav(t) := u(t +τ) è ancora soluzione di (A). Infatti si ha v(t) = u(t +τ) = F(u(t +τ)) = F(v(t)). Quindi neisistemi autonomisi può sempresceglieret 0 = 0, ovvero u = F(u) u(t 0 ) = u 0 v = F(v) v(0) = u 0 conv(t) = u(t +t 0 ). Definizione 3.1(Semigruppo associato). Consideriamo il sistema autonomo(a). La famiglia di funzioni S t } t 0 definita da S t :R n R n x u(t;0,x) si chiama semigruppo(continuo) associato al sistema. Quindi la funziones t associa ad ogni condizione iniziale x il valore della soluzione all istantet uscentedax. Si noticheun semigruppoèunafamiglia difunzioni. Esempio3.2. Datal equazioneunidimensionale x =x, il suosemigruppoassociatoè S t :R R x e t x. Esempio 3.3. Il semigruppo associato all equazione bidimensionale(oscillatore armonico) èdatoda x = y y =x S t :R 2 R 2 (x,y) (x cost ysint,x sint +ycost) = [ cost sint sint cost ] [ ] x. y Esercizio 3.4. (1) Si troviil semigruppoassociatoa x = 1+x 2. 10

11 (2) Si trovi il semigruppo associato a x = x 3y y = 2y Teorema 3.5(Proprietà dei semigruppi). Dato un semigruppo associato a un sistema autonomo, per ognit,s 0siha (1) S 0 = Id; (2) S t+s =S t S s. Dimostrazione. La prima proprietà è ovvia. Per laseconda: siax R n esiav(t) :=S t+s x = u(t +s;0,x). Allorav èlasoluzione di v = F(v) v(0) = u(s). Ma poiché l equazione differenziale non è cambiata, si ha S t+s x = v(t) =S t v(0) =S t u(s) =S t S s x, quindis t+s =S t S s. Definizione3.6. Se le funzioni del semigruppo S t } sono invertibili, si dice che il semigruppo è invertibile. Poniamo S t :=St 1. Teorema 3.7. Datounsemigruppo S t } invertibile, siha per ognis,t R. S t+s =S t S s Dimostrazione. Vediamoilcasot 0,s 0,t +s 0. Siax R n ;dalleproprietàdeisemigruppisi ha S s x =S t S t+s x S 1 ts s x =S t+s x da cuis t S s =S t+s. Vediamoora il casot 0,s 0,t +s 0. Ponendoy =S t 1 x, si ha da cui S t y =S t s S s y x =S t s S s S 1 tx S t+s =S 1 t s =S s S 1 t =S s S t. Per finire, vediamoil casot 0,s 0,t +s 0, chedà subito S s S t =S s t S t+s =S 1 s t =S 1 t S 1 s =S t S s. 11

12 Esempio 3.8. I semigruppi visti negli Esempi sono invertibili e si ha S t x =e t x nel primocasoe nel secondo caso. S t (x,y) = [ ] [ ] cost sint x sint cost y Definizione3.9(Semigruppo). Una famiglia di funzioni S t } t R continue dar n ar n si dice semigruppo (o sistema dinamico) se verifica (1) S 0 = Id; (2) S t+s =S t S s perognit,s R. Abbiamo visto che ad ogni sistema differenziale è associato un semigruppo. Sotto opportune regolarità è vero anche il viceversa. Proposizione Datounsemigruppo S t }, se esiste edèregolare lafunzione F(x) := d dt S tx allora S t } è ilsemigruppoassociatoalsistema u = F(u). Dimostrazione. Perognix R n definiamou(t) :=S t (x);alloradobbiamoverificarecheuèsoluzione delsistema u = F(u). Sapendo che S h+t x =S h S t x =S h u(t) possiamo calcolare u(t) = d dt S S t+h x S t x tx = lim = lim h 0 h h 0 Passiamo ora ai sistemi differenziali non autonomi. t=0 ( ) Sh Id S t x = d h dh S hu(t) = F(u(t)). h=0 Definizione3.11(Processo associato). Dato un sistema differenziale u(t) = F(u(t),t), la famigliadifunzioni U τ,t } τ,t 0 data da U τ,t :R n R n x u(τ +t;τ,x) si chiama processo (continuo) associato al sistema. Esempio Il processo associato all equazione differenziale unidimensionale x = 2tx èdatoda U τ,t x 0 =x 0 e t(t+2τ) 12

13 Teorema 3.13(Proprietà dei processi). Dato un processo associato a un sistema differenziale, per ognis,t,τ 0siha (1) U τ,0 = Id; (2) U τ,t+s =U τ+t,s U τ,t ; (3) se ilsistema è autonomo, allorau τ,t non dipendedaτ eu t è ilsemigruppoassociatoalsistema. Dimostrazione. La prima è facile. Per laseconda: siau(t;τ,x) lasoluzione delproblema u(t) = F(u(t),t) u(τ) = x. Allora la quantità U τ+t,s u(τ +t;τ,x) èlasoluzione altempoτ +t +s delproblema ai valori iniziali v = F(v,t) v(τ +t) = u(τ +t;τ,x). Ma la soluzione di questo problema ai valori iniziali è proprio u, quindi la quantità è proprio u calcolatoall istanteτ +t +s. Si haallora U τ+t,s U τ,t x =U τ+t,s u(τ +t;τ,x) = u(τ +t +s;τ,x) =U τ,t+s x. Per laterza: seil sistemaèautonomoponiamo U τ1,tx = u(τ 1 +t) dove u èsoluzione di U τ2,tx = v(τ 2 +t) dove v èsoluzione di u = F(u) u(τ 1 ) = x v = F(v) v(τ 2 ) = x. Allora lafunzionew(t) := v(t +τ 2 τ 1 ) èsoluzione di w = F(w) w(τ 1 ) = v(τ 2 ) = x equindicoincide conu. Per cuisi ha U τ1,tx = u(τ 1 +t) = w(τ 1 +t) = v(τ 2 +t) =U τ2,tx equindiu τ,t nondipende daτ. 13

14 4 Esistenza globale Definizione4.1. Siano F,G diclassec 1. Idue sistemi differenzialiautonomi u = F(u), u = G(u) sidiconotopologicamenteequivalenti seesisteunomeomorfismosur n chemappaleorbitedelprimo in quelle del secondo, preservandone l orientazione. Teorema 4.2(Esistenzaglobale). SeF C 1 (R n ;R n ), allora il problema autonomo ai valori iniziali u = F (u) 1+ F (u) u(0) = u 0 ammette soluzionedefinita sututtorper ogniu 0 R n. Inoltre, i sistemi differenziali sono topologicamente equivalenti. u = F(u), u = F(u) 1+ F(u) Per la dimostrazione si veda [Perko, pag. 184]. Esempio 4.3. Abbiamo già visto che il sistema unidimensionale x =x 2 hasoluzionex(t) =x 0 /(1 x 0 t) perx 0,chenonèdefinitasututtoR. Seinvececonsideriamoil sistema x = x2 1+x 2 si halasoluzionex(t) = 0perx 0 = 0e x(t) = t +x x 0 t 2x 0 2 x ) ) 2 (x 0 1x0 t + (x 0 + 1x0 perx 0 0. QuestasoluzioneèdefinitasututtoReleorbitesonoomeomorfeaquelledipartenza. 5 Sistemi differenziali lineari Prima di studiare i sistemi differenziali lineari è utile introdurre il concetto di esponenziale di matrice. Denotiamo con M(n) l insieme delle matrici quadrate di ordine n. Definizione 5.1. L esponenziale di una matrice quadrata S M(n) è definito da e S := k=0 (è facile vedere che la serie è assolutamente convergente). 14 S k k!

15 x t Figura 4: Le traiettorie dell Esempio 4.3. Proposizione 5.2(Proprietà dell esponenziale di matrice). Per ogni S, T M(n) valgono i seguenti fatti. (1) L esponenziale di S commuta con S. (2) Se S, T commutano, allora e quindi inparticolare anchee S,e T commutano. (3) La matricee S è sempre invertibileesiha e S+T =e S e T ( e S) 1 =e S. (4) SeS T = S, cioè se Sèuna matrice antisimmetrica, siha chee S è ortogonale. (5) SeS = diag(s 1,...,s n ) è diagonale, allora (6) SeP M(n) è invertibileet = P 1 SP, allora e S = diag(e s 1,...,e s n ). e T = P 1 e S P. Dimostrazione. (1) èimmediatodal fattochescommutacon tutte lesuepotenze. (2) Basta usare il prodotto secondo Cauchy delle due serie (3) PoichéScommutacon S, si ha k=0 S k k!, k=0 T k k!. I =e 0 =e S S =e S e S, 15

16 edunquee S èl inversa die S. (4) Si verifica facilmente che la trasposta dell esponenziale è l esponenziale della trasposta, quindi ( e S) T ( =e S T =e S = e S) 1. (5) Si hafacilmenteche quindi (diag(s 1,...,s n )) k k=0 k! = k=0 (diag(s 1,...,s n )) k = diag(s k 1,...,sk n), ( diag(s1 k,...,sk n) = diag k! k=0 s1 k k!,..., k=0 ) sn k k! = diag(e s 1,...,e s n ). (6) Per induzione si vede facilmente che (P 1 SP) k = P 1 S k P, edunque (P 1 SP) k k=0 k! = P 1 ( k=0 ) S k P = P 1 e S P. k! da Veniamo ora all argomento principale della sezione. I sistemi differenziali lineari sur n sono dati u(t) = A(t)u(t) (3) dove A :R M(n) èuna funzionecontinua. NelcasoautonomolafunzioneAècostante. I sistemi lineari sono caratterizzati dal fatto che la combinazione lineare di soluzioni è ancora soluzione del sistema. Teorema 5.3. Il problema autonomo ai valori iniziali u = Au u(0) = u 0 ha soluzione globale data da u(t) =e ta u 0. Dimostrazione. Usando il fatto che ta, ha commutano, si ha d e (t+h)a e ta dt eta = lim h 0 h e ha I = lim h 0 h e ta 1 = lim h 0 h A k h k e ta = k! k=1 A k h k 1 lim e ta = Ae ta, h 0 k! dove abbiamo potuto scambiare il limite con la serie grazie alla convergenza uniforme della serie. Quindi u(t) = d ) ( ) d (e ta u 0 = dt dt eta u 0 = Ae ta u 0 = Au(t). Per chiudere la sezione, vediamo il caso di un sistema lineare non omogeneo. k=1 16

17 Teorema 5.4. Sia u(t) = Au(t) + f(t) un sistema differenziale lineare a coefficienti costanti non omogeneo, con f :R n R n campo vettoriale continuo. Allora la soluzione del sistema con dato iniziale u(0) = u 0 è datada t u(t) =e ta u 0 +e ta e τa f(τ)dτ. Dimostrazione. Si hasubito cheu(0) = u 0. Inoltre 0 t u(t) = Ae ta u 0 +Ae ta e τa f(τ)dτ +e ta e ta f(t) = Au(t) +f(t). 0 6 Esponenziale delle matrici 2 2 Proposizione 6.1. Si ha: A = A = [ ] λ b 0 λ [ ] a b b a [ ] e A =e λ 1 b, 0 1 [ ] e A =e a cosb sinb. sinb cosb Dimostrazione. Nel primo caso scriviamo A = λi + B, dove B = [ ] 0 b. 0 0 La matrice B è nilpotente e si ha B 2 = 0, quindi la serie dell esponenziale di B contiene solo due termini: e B = I+B. Inoltre le matrici λi e B commutano banalmente, quindi [ ] e A =e λi e B =e λ (I+B) =e λ 1 b. 0 1 Nelsecondocaso, postoλ :=a+ib, si dimostra perinduzioneche A k = [ Re(λ k ) Im(λ k ] ) Im(λ k ) Re(λ k ) edunque e A = k=0 1 k! [ Re(λ k ) Im(λ k ] ) Im(λ k ) Re(λ k = ) [ Re(e λ ) Im(e λ ] [ ] ) Im(e λ ) Re(e λ =e a cosb sinb. ) sinb cosb Vogliamo ora trovare l esponenziale di A, una matrice 2 2. Si possono presentare tre casi: 17

18 La matrice A è diagonalizzabile. In questo caso esiste una matrice invertibile P tale che P 1 AP = [ ] λ 0 0 μ edunque e A = P [ ] e λ 0 0 e μ P 1. La matrice A ha un autovalore doppio non diagonalizzabile. In questo caso, per la forma canonica di Jordan, esiste una matrice invertibile P tale che [ ] P 1 λ 1 AP = 0 λ e dunque, per il lemma precedente, [ ] e A = Pe λ 1 1 P La matrice A ha autovalori complessi coniugati λ = a ±ib. Stavolta esiste una matrice invertibile Ptale che [ ] P 1 a b AP = b a e dunque, sempre per il lemma precedente, [ ] e A = Pe a cosb sinb P 1. sinb cosb Quindi possiamo scrivere la soluzione per un sistema differenziale autonomo lineare bidimensionale [ ] [ ] x x = A. y y La soluzione si presenta nella forma [ ] [ ] x(t) =e ta x0 y(t) y 0 dovee ta èdella forma [ ] e ta e λt 0 = P 0 e μt P 1 [ ] e ta = Pe λt 1 t P [ ] e ta = Pe at cosbt sinbt P 1 sinbt cosbt seaèdiagonalizzabile seahauna autovaloredoppio nondiagonalizzabile seahaautovalori complessi coniugati per opportune matrici invertibili P. 18

19 Esercizio 6.2. Si mostri che le matrici esponenziali di [ ] [ ] A =, B =, C = sono, rispettivamente, e A = 1 e [ cos1 sin1 sin1 cos1 ], e B = 1 2 [ e 4 +e 2 e 4 e 2 e 4 e 2 e 4 +e 2 [ ] ], e C 1 2e 2 [ e 6 +1 e 6 ] 1 e 6 1 e Svolgimento. La matrice A si riconduce direttamente al secondo caso della Proposizione 6.1 con a = 1eb = 1. LamatriceBèsimmetricaedunquediagonalizzabile. Haautovaloriλ 1 = 4eλ 2 = 2,pertrovare lamatricepbastaprenderelecomponentidiunabasediautovettoriemetterlein colonna: poichégli autovettorisono (1,1) perλ 1 e (1, 1) perλ 2, si ha edunque P = [ e A = PAP 1 = ], P 1 = 1 2 [ ] [ e e 2 [ ] ] [ ] Per la matrice C si procede allo stesso modo: anch essa è simmetrica e quindi diagonalizzabile, gli autovalori sonoλ 1 = 2,λ 2 = 4egli autovettori rispettivamente (1, 1) e (1,1). 7 Sistemi lineari2 2 Supponiamo che deta 0. Se gli autovalori della matrice A sono reali e distinti, le soluzioni del sistema u = Ausono della forma [x(t) ] y(t) In particolare: seλ,μ < 0si parladinodo stabile; = P [ ] [ ] e λt 0 0 e μt P 1 x0. y 0 seλ,μ > 0si parladinodo instabile; seλ > 0, μ < 0si parladisella. Nella Figura 5 vediamo una rappresentazione del diagramma di fase in questi casi. Se invece gli autovalori sono reali e coincidenti, o la matrice è un multiplo dell identità oppure nonèdiagonalizzabile. Inognicasosiparlaancoradinodo,stabileoinstabileasecondadelsegno dell unico autovalore. Se infine gli autovalori sono complessi coniugati, la soluzione è della forma [ ] [ ] [ ] x(t) = Pe at cosbt sinbt P 1 x0. y(t) sinbt cosbt y 0 Sea 0 si parla di fuoco, stabile sea < 0 e instabile sea > 0, mentre sea = 0 si parla di centro. In Figura 6 vediamo una rappresentazione del diagramma di fase in questi casi. Seinvece Aèsingolare, edunqueun autovaloreènullo, allorasi ha: 19

20 Figura 5: Nodieselle. Figura 6: Fuochi e centri. 20

21 se l altro autovalore non è nullo tutte le orbite sono semirette parallele, tranne una retta di punti di equilibrio; se l altro autovalore è pure nullo e la matrice non è diagonalizzabile, allora tutte le orbite sono rette parallele, tranne una retta di punti di equilibrio; se la matrice è nulla, allora tutte le orbite sono punti(equilibrio indifferente). Figura 7: Asinistra ilcasoin cui un soloautovalore ènullo, a destraquello in cui entrambisono nulli (malamatrice nonènulla). Si dimostra facilmente il seguente teorema, che riassume quanto detto finora. Si veda anche la Figura 8. Teorema 7.1(tau-delta). Sia A una matrice 2x2, con traccia τ e determinante δ. Consideriamo il sistema differenziale u = Au. Allora siha: (1) seδ = 0, ilsistema è degenere e leorbitesonotutte semirette, rette opunti; (2) seδ < 0siha una sella; (3) seδ > 0eτ 2 4δ siha unnodo, stabileseτ < 0einstabileseτ > 0; (4) seδ > 0eτ 2 < 4δ siha unfuoco, stabileseτ < 0einstabileseτ > 0; (5) seδ > 0eτ = 0siha uncentro. 8 Equilibrio e stabilità Definizione8.1. Unasoluzionediequilibrio èunasoluzionecostantedelsistemadifferenziale u = F(u,t), ovvero u(t) = ū perognit I. Proposizione 8.2. Dato un sistema differenziale u = F(u,t), una funzione costante u(t) = ū è di equilibrioseesolo se F(ū,t) = 0 per ognit I. Dimostrazione. Immediata. 21

22 δ fuoco stabile fuoco instabile τ 2 = 4δ nodo stabile centro nodo instabile sistema degenere sella τ Figura 8: Il pianoτ δ. In particolare, seil sistemaèautonomolesoluzioni diequilibrio sono gli zeri dif. Esempio8.3. Lefunzionicostantix =kπ,k Z,sonosoluzionidiequilibrioperl equazionenon autonoma unidimensionale x =tsinx. Esempio 8.4. Il sistema bidimensionale x =xy y 2 y =x 3 y hatresoluzioni diequilibrio: (0,0), (1,1), ( 1, 1). Si noti che le orbite delle soluzioni di equilibrio sono dei punti, mentre le traiettorie sono delle rette parallele all asse dei tempi. Definizione8.5. Una soluzione di equilibrio ū del sistema autonomo u = F(u) si dice stabile (secondoljapunov) seperogniintornov di ūesiste unintornou di ūtalecheperogni u 0 U si abbia u(t;0,u 0 ) V perognit 0. L equilibrio si dice instabile se non è stabile. PoichéR n è uno spazio normato e la topologia usata è quella indotta dalla norma euclidea, si dimostra facilmentecheuna soluzione diequilibrioūèstabile se esolo se ε > 0 δ > 0 : u 0 ū < δ t 0 : u(t;0,u 0 ) ū < ε. Esempio 8.6. è facile dimostrare che l origine è una soluzione di equilibrio stabile per l oscillatore armonico x =y y = x 22

23 Definizione 8.7. Si dice che una soluzione di equilibrio ū attrae puntualmente un suo intorno U se perogniu 0 U si ha lim u(t;0,u 0) = ū. t + Definizione 8.8. Si dice che una soluzione di equilibrio ū è asintoticamente stabile se è stabile e se attrae puntualmente un suo intorno. SidicecheūèglobalmenteasintoticamentestabileseèstabileeseattraepuntualmenteR n,l intero spazio delle fasi. Si dice che ūèstabilesemplicemente se èstabile manonlo èasintoticamente. Il più grande insiemeu che è attratto da una posizione asintoticamente stabile ū è detto bacino di attrazione di ū. Quindi una posizione globalmente asintoticamente stabile ha come bacino di attrazione tutto lo spazio delle fasi. Tra le soluzioni di equilibrio asintoticamente stabili ne esiste una classe speciale in cui la velocità di convergenza è esponenziale, quindi è particolarmente veloce. Definizione 8.9. Si dice che una soluzione di equilibrio ū è esponenzialmente stabile esistono un suointornou edue costantipositiveα,λ tali cheperogniu 0 U si abbia u(t;0,u 0 ) ū αe λt u 0 ū. Si dice che ū è globalmente esponenzialmente stabile se la proprietà precedente è vera per ogni u 0 R n. Esempio Nella Definizione 8.8 è importante richiedere che la soluzione sia stabile: ad esempio, lasoluzione (r = 1,θ = 0) delsistemain coordinatepolari r =r(1 r) θ =r(1 cosθ) attrae puntualmentetuttor 2 \0}, manonèstabile. Esempio La soluzione nulla del sistema x =y x y = x y è globalmente esponenzialmente stabile. Esempio Tutte le soluzioni di equilibrio dello smorzatore lineare x =y y = λ 2 y sono stabili semplicemente. 23

24 9 Stabilità dei sistemi lineari La stabilità delle posizioni di equilibrio dei sistemi lineari è completamente determinata dagli autovalori della matrice del sistema, come spiegato nel teorema seguente. Teorema 9.1. Sia A la matricen n di un sistema differenziale lineare e sianoλ 1,...λ k C,k n, i suoi autovalori. (1) SeReλ i < 0per ognii, allora 0èglobalmente esponenzialmentestabile. (2) SeReλ i > 0per qualchei, allora 0èinstabile. (3) SeReλ i 0per ognii ma nonsiamonel primo caso, allora: (a) se per tutti gli autovaloriλ j con Reλ j = 0 la molteplicità algebrica e geometrica coincidono, allora 0 è stabile semplicemente; (b) se per almeno un autovalore λ j con Reλ j = 0 le molteplicità non coincidono, allora 0 è instabile. (4) Se ci sono infinite posizioni di equilibrio, esse hanno tutte la stessa stabilità di 0 (in questo caso ci sono autovalori nulli, quindi si ricade necessariamente nel terzo punto). Dimostrazione. Si deve ridurre in forma canonica di Jordan la matrice A, per poterne calcolare la matrice esponenziale. Consideriamo il caso di un autovaloreλ i reale; allora il corrispondente blocco dijordanèdella forma λ i λ i e la sua dimensione è uno più la differenza tra molteplicità algebrica e geometrica. Quindi il corrispondentebloccodellamatriceesponenzialecontieneterminidellaformat k e λit,doveiltermine polinomiale non è presente se il blocco di Jordan ha dimensione 1 (e quindi le due molteplicità coincidono). Inognicaso,seλ i < 0taliterminisonolimitatievannoa0esponenzialmente,mentre seλ i > 0tali terminidivergono. Nelcasodiautovalori complessi coniugatiλ = α +iβ, si può introdurreilblocco dijordanreale, D I , D = I2 0 0 D [ ] α β, I β α 2 = [ ] 1 0, 0 1 la cui dimensione è 2(1+m a m g ). Il corrispondente blocco della matrice esponenziale contiene termini della forma t k e αt (cosβt +isinβt) 24

25 con k m a m g. Quindi se m a = m g abbiamo termini limitati che danno l origine stabile semplicemente, mentresem a >m g abbiamo terminipolinomiali chedivergono. Nel caso di più soluzioni di equilibrio, sia ū un altra soluzione di equilibrio e facciamo il cambio divariabiliv(t) = u(t) ū. Allorasi hachev èsoluzione se esolo seuèsoluzione, infatti Av(t) = A(u(t) ū) = Au(t) = u(t) = v(t), quindi la soluzione di equilibrio ū corrisponde alla soluzione di equilibrio v = 0 dello stesso sistema differenziale, e quindi ha la stessa stabilità. Esempio 9.2. La posizione nulla del sistema x =x +z y = y z =y +z èinstabile, in quantogli autovalori della matrice sonoλ 1 = 1,λ 2,3 = 1. Esempio 9.3. Tutte le posizioni del sistema x =x +3y +z y = 2y +z z = x y 2z sono stabili, in quantogli autovalori della matrice sonoλ 1 = 2,λ 2 = 1,λ 3 = 0. Esempio 9.4. La posizione nulla del sistema x =y y = x z =w w = z è stabile semplicemente, in quanto gli autovalori della matrice sonoλ = ±i con molteplicità 2, ma la matrice haiblocchi dijordanrealididimensione2. Esempio 9.5. La posizione nulla del sistema x =y y =z z =w w = x 2z è instabile, in quanto gli autovalori della matrice sonoλ = ±i con molteplicità 2, ma la matrice ha un solo blocco di Jordan reale di dimensione 4. 25

26 Esercizio 9.6. Si studino le stabilità delle posizioni di equilibrio del sistema x =y alvariarediω,p. Si dimostriche: y = ω 2 x 2py per p > 0 c è stabilità asintotica esponenziale globale (oscillatore armonico smorzato); perp < 0c è instabilità; perp = 0eω 0c è stabilità semplice; perp = 0,ω = 0c è instabilità. Per la stabilità nei sistemi lineari quindi è importante sapere se il polinomio caratteristico della matrice del sistema ha tutte le soluzioni con parte reale strettamente negativa. Tali polinomi si dicono stabili. Si verifica facilmente la seguente proprietà: Proposizione 9.7. Se un polinomio è stabile, allora tutti i suoi coefficienti hanno lo stesso segno. Si noti che la proposizione precedente fornisce soltanto una condizione necessaria per la stabilità. Un criterio completo per verificare se un polinomio è stabile è il seguente, che non dimostriamo. Teorema 9.8(Criterio di Routh-Hurwitz). Un polinomio a 0 λ n +a 1 λ n 1 + +a n 1 λ +a n, a 0 > 0 è stabilese e solo sesonostrettamentepositivi tutti i minori dinord-ovest dellamatricen n H ij =a 2j i, a k = 0perk < 0ok > n, detta matrice di Hurwitz. Adesempio, il polinomioλ 3 +3λ 2 +2λ +1halamatrice dihurwitz eiminoridinord-ovestvalgono3,5,5,quindiilpolinomiohatutteradiciconparterealestrettamente negativa. Osservazione 9.9(Criterio di Liénard-Chipart). Esiste una versione un po più semplice del criterio precedente, in cui basta calcolare soloalcuni minori. Infatti, si può dimostrare che, sea 0 > 0, il polinomioèstabileseesolose (1) a i > 0perognii = 1,...n; (2) Δ n 1 > 0, Δ n 3 > 0,...,dove Δ k èilminoredinord-ovestdiordinek dellamatricedihurwitz. Quindi ad esempio, posto che tutti i coefficienti siano positivi, basta verificare: 26

27 nel cason = 3che Δ 2 > 0; nel cason = 4che Δ 3 > 0; nel cason = 5che Δ 4 > 0, Δ 2 > 0; nel cason = 6che Δ 5 > 0, Δ 3 > 0. Si veda [Gantmacher, pag. 199]. Unmodopiùcompleto, incui sihannoinformazionisia sullepartirealipositiveche suquelle negative, è quello di costruire la tabella di Routh: a 0,0 a 0,1 a 0,2 a 0,3 a 1,0 a 1,1 a 1,2 a 1,3 a 2,0 a 2,1 a 2,2 a 2,3 a 3,0 a 3,1 a 3,2 a 3, fattadan +1righe,dovenellaprimarigamettiamoicoefficientidellepotenzeparidecrescentidel polinomio e nella seconda riga quelli delle potenze dispari decrescenti: a 0,j :=a 2j, a 1,j :=a 2j+1. Le righe successive sono ottenute facendo l operazione [a i,0,a i,1,a i,2,...] = [a i 2,1,a i 2,2,a i 2,3,...] a i 2,0 a i 1,0 [a i 1,1,a i 1,2,a i 1,3,...] i 2 che può anche essere scritta come a i,j = a i 1,0 a i 2,j+1 a i 2,0 a i 1,j+1 a i 1,0, i 2. Poi si guarda la prima colonna: ad ogni variazione di segno corrisponde una soluzione con parte reale positiva, ad ogni permanenza una soluzione con parte reale negativa(se compaiono degli zeri nella prima colonna, il metodo va raffinato: ad esempio si può provare a moltiplicare il polinomio per (x +k) perqualchek fissato, sperandodieliminaregli zeri). Riprendendo l esempio precedente delpolinomioλ 3 +3λ 2 +2λ +1, latabella dirouth è / ed essendo tutte permanenze, il polinomio è stabile. Facendo un altro esempio: il polinomiox 4 +2x 3 +3x 2 +2x +1 (che è il quadrato dix 2 +x +1) ha la tabella di Routh

28 equindièstabile. In questocasolamatrice dihurwitz è 10 Iduemetodi di Ljapunov Ora vediamo due metodi per studiare la stabilità di un sistema autonomo non lineare. Il primo si chiama metodo di linearizzazione. Teorema Sia u = F(u) unsistemadifferenzialeautonomoconf C 1 esiaūunasuasoluzione di equilibrio. Poniamo A = DF(ū), detta matrice del sistema linearizzato attorno a ū. Se tutti gli autovalori di A hanno parte reale strettamente negativa, allora ū è esponenzialmente stabile. Se invece esiste un autovalore di A con parte reale strettamente positiva, allora ū è instabile. Dimostrazione. La dimostrazione userà dei fatti di Algebra Lineare che non dimostreremo. Lo sviluppoditaylorcon restodipeano dif attorno aūsi scrive F(ū+v) = Av +R(v), R(v) lim v 0 v = 0. Quindi, ponendov(t) = u(t) ū si ottieneil sistemadifferenziale v(t) = Av(t) +R(v) (4) che ha 0 come posizione di equilibrio. Chiaramente la stabilità di ū nel sistema iniziale corrisponde alla stabilità di0in (4). Supponiamo ora che tutti gli autovalori di A abbiano parte reale strettamente negativa; allora, a meno diun cambio dibase (non necessariamenteortogonale), esistec > 0tale che v Av c v 2 per ogni v R n. Questa proprietà si dimostra facilmente per diagonalizzazione nel caso di A simmetrica, mentre il caso generale è un po più complicato e non lo dimostriamo. Sia poiu un intorno di0tale che R(v) c 2 v perogni v U. Ora per ogni v 0 U studiamo come varia nel tempo la distanza di v(t;0,v 0 ), soluzione di (4), dall equilibrio 0: 1 d 2dt v(t) 2 = v(t) v(t) = v(t) (Av(t) +R(v(t)) ) c v(t) 2 + R(v(t)) v(t). Fintantochév(t) U, si ha R(v(t)) c 2 v(t) edunque 1 d 2dt v(t) 2 c 2 v(t) 2, 28

29 da cuisegue v(t) 2 v 0 2 e ct. Quindi si conclude che v(t) non può abbandonare U e c è stabilità esponenziale. Per questa parte della dimostrazione, si veda[hs, pag. 187]. Supponiamo invece che esista almeno un autovalore di A con parte reale strettamente positiva: allora possiamo effettuare un cambio di variabililinearev = Pw percuiasi presenta in forma diagonale a blocchi [ ] A A conn =h+k,a + matriceh h conautovaloriaparterealepositivaea matricek k conautovalori aparterealenullaonegativa. (2) Nelcasodimatricesimmetrica,A + èlamatricechehasulladiagonale gliautovaloristrettamentepositiviea quellacongli autovaloriminoriougualiazero. Inoltre,se a > 0èpiù grande delmassimo delle partirealidegliautovalori, allorasur h si ha eperognib > 0suR k si ha (3) p R h : p A + p a p 2 + m R k : m A m b m 2, dove abbiamo denotato con + la norma euclidea sur h e con la norma euclidea sur k. ConsidereremoR n dotato della norma (p,m) = p m 2 e del prodotto scalare associato. Sia 0 < ε < a b 2 e consideriamo il sistema (4) e un intorno limitatou di 0 per cui R(w) ε w 2 perogni w U. Sia poik il conotroncato datoda Notiamocheperogni w = (p,m) K si ha K =U w = (p,m) : p 2 + > m 2 }. R(w) ε w 2ε p + (5) e consideriamo una condizione iniziale w 0 K. Poniamo w(t) = (p(t),m(t)); fintantoché la soluzione w(t) staink si ha,sostituendo nel sistemaemoltiplicandoper (p,0) eper (0,m): 1 d 2dt p(t) 2 + a p (p,0) R(v) a p + 2 p + R(v) a p + 2 2ε p +, 2 1 d 2dt m(t) 2 b m 2 + (0,m) R(v) b m 2 + m R(v) b p ε p +. 2 (2) Adesempio,se P è lamatrice di passaggio allaforma canonica di JordanJ = P 1 AP,possiamoporre v = Pw,dacui v = P w, F (0) = AP w w = P 1 APw +R(w) = Jw +R(w). (3) Nella forma canonica di Jordan, gli elementi 1 sopra la diagonale possono essere resi piccoli a piacere, a patto di scegliere opportunamente la matrice di passaggio P. 29

30 Dalla prima disuguaglianza segue che p(t) + cresce esponenzialmente, e quindiw(t) deve uscire da K in un tempofinito. Ma lafunzione g(t) := 1 2 ( p(t) 2 + m(t) 2 ) è taleche g(t) (a b 2 2ε) p +,quindi 2 èstrettamente crescente; inoltreg deve annullarsisulla superficie laterale del cono, per cui w(t) non può abbandonare il cono dalla superficie laterale. Ne segue che w(t) deve abbandonare U, quindi la posizione è instabile. Una posizione di equilibrio tale che tutti gli autovalori della matrice del sistema linearizzato siano a parte reale non nulla si dice iperbolica. Il teorema precedente dice in particolare che le posizioni di equilibrio iperboliche di un sistema non lineare si comportano come quelle di un sistema lineare e o sono esponenzialmente stabili oppure sono instabili. In realtà esiste un importante risultato, il Teorema di Hartman-Grobman, che dice che non solo una posizione di equilibrio iperbolica di un sistema non lineare ha la stessa stabilità di quella del sistema linearizzato, ma addirittura i due sistemi, non lineare e linearizzato, sono topologicamente equivalenti in un intorno della posizione di equilibrio (si veda [Perko, pag. 119]). Quindi in particolare nel caso di dimensione due le posizioni di equilibrio iperboliche si comportano localmente come fuochi, nodi o selle. Visto che nel metodo di linearizzazione bisogna capire il segno della parte reale degli autovalori, anche in questo caso sarà utile il criterio di Routh-Hurwitz 9.8. Ora vediamo il cosiddetto metodo diretto di Ljapunov, che serve soprattutto per i casi in cui ci siano autovalori a parte reale nulla. Definizione10.2. Siaūunaposizionediequilibrioperilsistemaautonomo u = F(u). Unafunzione W :U R, definita su un intornou di ūèdettafunzionediljapunov relativa aūse: (1) W èdiclassec 1 ; (2) W(x) 0eW(x) = 0se esolosex = ū; (3) si ha x U : W(x) := W (x) F(x) 0, x Osservazione La definizione può essere leggermente generalizzata richiedendo che la funzione W sia solo continua eche (3 ) se u(t) è una soluzione del sistema uscente da un punto diu, la funzione composta t W(u(t))} ènoncrescenteint perognit 0. L importanza della funzione di Ljapunov sta nel seguente teorema di stabilità. Teorema Sia ū una posizione di equilibrio per il sistema autonomo u = F(u). Se esiste una funzionediljapunov relativa aū, allora ū è stabile. 30

31 Dimostrazione. Sia ε > 0 tale che B ε (ū) = x R n : x ū ε} U. Poichéū B ε (ū), si ha chew è strettamente positiva su B ε (ū), che è un compatto. Quindi, per la continuitàdiw eil Teorema diweierstrass, si ha m ε := min W > 0. B ε (ū) Sia orau ε = x U : W(x) <m ε }; si ha cheu ε è un intorno di ū contenuto inu, quindi esiste δ > 0talecheB δ (ū) U ε. Dalla terza condizione, perognisoluzione u(t) uscentedab δ (ū) si ha che la funzione t W(u(t)) haderivatanegativa,cioèènoncrescente,quindiw(u(t)) <m ε eu(t) nonpuòusciredab ε (ū) (per assurdo: se esiste un istante t tale che u( t) B ε (ū), allora per continuità esiste un istantet tale che u(t ) B ε (ū), da cuiu(t ) m ε, cheèuna contraddizione). Esempio Consideriamo il sistema del pendolo semplice x =y y = ω 2 sinx che ha le posizioni di equilibrio (kπ, 0). La matrice del sistema linearizzato attorno alle posizioni ((2k +1)π,0) è [ ] 0 1 ω 2 0 che ha autovalori reali e discordi, quindi le posizioni sono instabili (selle). Se linearizziamo attorno a (2kπ, 0) invece otteniamo [ ] 0 1 ω 2 0 che ha solo autovalori con parte reale nulla, quindi il metodo di linearizzazione fallisce. Consideriamoallora (0,0) eil suointornou = ( π,π) R; lafunzione è funzione di Ljapunov, infatti: W(x,y) :=ω 2 (1 cosx) + y2 2 (1) W èc 1 ; (2) W 0, W = 0 cosx = 0, y = 0 x =y = 0; (3) W(x,y) = W x (y, ω2 sinx) = (ω 2 sinx,y) (y, ω 2 sinx) = 0. Quindi (0,0) èstabile, analogamente a tutte leposizioni deltipo (2kπ,0). Inoltre, avendo trovato una funzione costante sulle traiettorie, ed essendo in dimensione due, possiamo anche disegnare il ritratto di fase per questo sistema: basta rappresentare le curve di livello della funzionew. 31

32 Figura 9: Le curvedilivellodella funzionew(x,y) := 4(1 cosx) + y2 2. Ora vediamo un metodo per verificare la stabilità asintotica. Premettiamo un lemma. Lemma Consideriamounsistemaautonomo u = F(u) esiaw :R n Runafunzionecontinua tale che t W(u(t;0,u 0 )) sia strettamentedecrescenteper ogniu 0 non diequilibrio. Alloraipuntilimitedelletraiettorieu(t;0,u 0 ),ovveroipuntiy R n talicheesisteunasuccessione t h + con lim h u(t h ;0,u 0 ) = y, sono di equilibrio per il sistema. Dimostrazione. Dalla stretta decrescenza di W si ha t > 0 :W(u(t;0,u 0 ) >W(y). (6) Per assurdo sia y non di equilibrio e consideriamo il prolungamento della soluzione u(s; 0, y). Pers > 0fissato,dalladipendenzacontinuadaidatiinizialiedallacontinuitàdiW seguechela funzione x W(u(s;0,x)) W(y) è continua; inoltre essendo W strettamente decrescente sulle traiettorie non di equilibrio, si ha W(u(s;0,y)) W(y) < 0 per ognis > 0. Quindi dal Teorema della permanenza del segno si ha che esisteun intornov di y tale che x V : W(u(s;0,x)) W(y) < 0. Ma perh abbastanza grande si deveavereu(t h ;0,u 0 ) V, quindi cheèin contraddizionecon la(6). W(u(t h +s;0,u 0 ) =W(u(s;0,u(t h ;0,u 0 )) <W(y), Teorema 10.7(Teorema di Ljapunov sulla stabilità asintotica). Sia ū una posizione di equilibrio per il sistemaautonomo u = F(u). Supponiamo che esista una funzione di Ljapunovrelativa a ū tale che u(t) ū sia l unica orbita contenuta nell insieme Allora ū è asintoticamente stabile. x U : W(x) = 0}. 32

33 Osservazione Si noti che la condizione del teorema può essere rimpiazzata da una condizione lievemente più generale: supponiamo che esista una funzione di Ljapunov (continua) relativa a ū tale che la funzione t W(u(t;0,u 0 )) sia strettamentedecrescenteperogniu 0 U,u 0 ū. Dimostrazione. Per il teorema precedente la posizione ū è sicuramente stabile, poiché ammette una funzionediljapunov. Quindi perogniε > 0esisteδ > 0tale cheperogniu 0 B δ (ū) U si abbia u(t;0,u 0 ) B ε (ū) perognit 0. Sia u 0 ū; poiché l orbita u(t;0,u 0 ) : t 0} sta in un limitato, allora ha chiusura compatta, quindiesisteuna successionedivergente (t h ) tale che u(t h ;0,u 0 ) y B ε (ū). Poiché y è un punto limite di una traiettoria ed esiste una funzione continua strettamente decrescente sulle traiettorie, dal Lemma 10.6 troviamo che y è soluzione di equilibrio. Visto che l unica soluzione diequilibrioinu èū,risultachetuttiipuntilimitedelletraiettoriecoincidonoconū,chequindiè asintoticamente stabile. Osservazione La costruzione di una funzione di Ljapunov per una posizione asintoticamente stabile è utile per determinarne il bacino di attrazione: la componente connessa dell intorno U su cui è definita la funzione, che contiene la posizione di equilibrio, è contenuta nel bacino di attrazione dell equilibrio. Se invece abbiamo una funzione di Ljapunov per una soluzione stabile (semplicemente) che rimane costante sulle traiettorie, ovvero tale che x U : W(x) = 0 allora le orbite delle soluzioni staranno sulle superfici di livello della W; come abbiamo visto nell Esempio 10.5, in dimensione due le curve di livello danno proprio le orbite del sistema. Ora vediamo un metodo per dedurre l instabilità di una soluzione di equilibrio. Teorema (Teorema di Četaev). Sia ū una posizione di equilibrio per il sistema autonomo u = F(u) e siau un suo intorno aperto. Supponiamo che esista un apertou U tale che ū U e una funzionew :U RdiclasseC 1 tale che W > 0e W > 0inU ; W = 0suU U. Allora ū è instabile. 33

34 Dimostrazione. Sia ε > 0 tale che B ε (ū) U e sia u(t) l orbita uscente da u 0 U B ε (ū); ovviamente si haw(u 0 ) > 0. Poichél insieme K =U B ε (ū) u : W(u) W(u 0 )} è compatto, allora la funzione W ammetteminimom suk e taleminimo è strettamentepositivo. Si ha u 0 K: fintantochéu(t) K, allorasi haladisequazionedifferenziale eintegrando da0at si ottiene d dt W(u(t)) m W(u(t)) mt +W(u 0 ) pert 0. MapoichéW èlimitatasuk,neseguecheu(t) deveusciredak;essendow crescentesulleorbite, lacondizionew(u(t)) W(u 0 ) nonèviolata;inoltreu(t) nonpuòusciredau perchédovrebbe attraversarnelafrontiera,maw = 0su U mentrelaw devecrescerelungol orbita. Quindideve accaderecheu(t) abbandoni l intornob ε (ū). (4) Esiste anche un metodo per capire se la soluzione instabile è di tipo sorgente, cioè se, localmente, tutte le traiettorie si allontanano dall equilibrio equilibrio. Premettiamo un lemma. Lemma Siaūuna posizione di equilibrio per il sistema autonomo u = F(u). Supponiamo che esistau 0 R n, u 0 ū, tale che lim t u(t;0,u 0) = ū. Allora ū è instabile. Dimostrazione. Sia r := u 0 ū e siav = B r/2 (ū). Allora per ogni h N esiste t h > 0 tale che u( t h ) B 1/h (ū) e u(t h ;0,u( t h )) = u 0 V. Teorema Sia ū una posizione di equilibrio per il sistema autonomo u = F(u). Supponiamo che esista un intornou di ū e una funzione continuaw :U R tale chew(ū) = 0,W(u) > 0 per u ūe W 0. Supponiamo poicheu(t) ū sia l unica orbita contenuta nell insieme Allora ū è instabile(sorgente). x U : W(x) = 0}. Dimostrazione. Consideriamoilsistemadifferenziale v = F(v),lecuisoluzionisonolestessedel problema di partenza ma con t cambiato di segno. Allora siamo nelle condizioni del Teorema di Ljapunovsullastabilitàasintotica,quindiūèasintoticamentestabileper v = F(v). Questosignifica che lim u(t;0,u 0) = lim v(t;0,u 0) = ū t t + perogniu 0 U, edunquedal Lemma precedenteūèinstabile per u = F(u). (4) Ho appreso questa dimostrazione dalsitodelcorsomma420 di Hjalmar Rosengren, cheringrazio. 34

35 Esempio Studiamo il sistema x =y y = ω 2 x +αy y al variare diα R eω 0 (perα < 0 tale sistema rappresenta un oscillatore armonico soggetto a un attrito quadratico). L unica posizione di equilibrio è (0, 0) e la matrice di linearizzazione ha autovalori ±iω; nel caso α = 0ilsistemaèlineareedunquelaposizioneèstabile(centro); nelcasoα 0invecenonpossiamo usare il Teorema di linearizzazione. Cerchiamo allora una funzione di Ljapunov: moltiplicando la prima equazioneperω 2 x elaseconda pery eintegrando troviamo chelafunzione W(x,y) = 1 2 ω2 x y2 definita su tuttor 2 haun minimo(globale)stretto nellaposizionediequilibrio; inoltre chepery 0hail segno diα. Perα 0, poiché W(x,y) = gradw F = αy 2 y, W = 0 y 0 ( x, y) (0,0), si ha che l unica orbita che annulla W è l equilibrio, e quindi se α < 0 la posizione di equilibrio è asintoticamente stabile per il Teorema Se α > 0, la stessa funzione W soddisfa le ipotesi del Teorema 10.12, quindi otteniamo che l equilibrio è instabile (sorgente). Poiché nella matrice di linearizzazione il coefficiente α non compare neppure, questo esempio mostra che il metodo di linearizzazione non può essere esaustivo. Esempio Studiamo le posizioni di equilibrio del sistema x = xy y =xy. Ipuntidegliassicartesiani ( x,0) e (0, y) sonotutteesoleleposizionidiequilibrio. Linearizzando si ha [ ] [ ] [ ] y x 0 x y 0 A(x,y) = A( x,0) =, A(0, y) = y x 0 x y 0 quindiper x > 0e y < 0lerispettiveposizioni diequilibrio sono instabili. Consideriamoora una posizionediequilibrio (0, y) con y > 0eprendiamolafunzione (5) W(x,y) = (x +y y) 2 +x 2 y 2. (5) Abbiamotrovato questa funzionecosì: colcambiodi variabilix = ξ +η,y = ξ η siottiene il sistema ξ = 0 η =η 2 ξ 2 = f (ξ,η) in cui la prima equazione è banale. Data una posizione di equilibrio ( ξ, η), se c è stabilità (linearizzata) per η = f (ξ,η), cioè se f η ( ξ, η) < 0nellaposizionediequilibrio,alloraèfacilevederechelafunzioneW = (ξ ξ) 2 +f(ξ,η) 2 èdiljapunovper la posizione di equilibrio. 35

36 Tale funzione ha un minimo locale stretto nel punto di equilibrio e W = [2(x +y y) +2xy 2 ]( xy) + [2(x +y y) +2x 2 y](xy) = 4x 2 y 2 (x y), cheinunintornodi (0, y) ènegativa (ricordandoche y > 0). QuindiW èunafunzionediljapunov e la posizione (0, y) è stabile. Tale stabilità non può essere asintotica perché queste posizioni di equilibrio non sono isolate. Si dimostra che la stessa funzione W(x,y) = (x +y x) 2 +x 2 y 2 è di Ljapunov per le posizioni ( x,0) nel caso x < 0, quindi anche tali posizioni sono stabili semplicemente. Resta da classificare soltanto la posizione nulla: in quanto punto di accumulazione di posizioni di equilibrio instabili, anche (0, 0) dovrebbe essere instabile. 11 Metodo delle isocline In questa breve sezione vediamo un metodo grafico per ricavare qualitativamente la forma delle orbite di un sistema differenziale bidimensionale. Consideriamo il sistema x = f (x,y) y =g(x,y), allorasi hachelapendenzaθ diun orbitarispetto all orizzontale èdata da tanθ = g(x,y) f (x,y). Fissato θ, la curva precedente viene detta isoclina di angolo θ. Disegnare alcune isocline può aiutare a capire la forma di alcune orbite, senza dover risolvere il sistema. Due isocline particolari molto importanti sono g(x,y) = 0 : l insieme dei puntiin cuileorbitehanno tangenteorizzontale f (x,y) = 0 : l insieme dei puntiin cuileorbitehanno tangenteverticale. Inoltre,ilsegnodiF eilsegnodig cidiconoqualesiailsegnodi x edi y,equindicomesonoorientati i vettori tangenti e dunque le orbite. Ad esempio, se f (x,y) = g(x,y) > 0 si ha che la tangente è parallela alla bisettrice del I-III quadrante e orientata verso NE; invece, se f (x,y) =g(x,y) < 0 si ha sempre che la tangente è parallela alla bisettrice del I-III quadrante, ma stavolta è orientata verso SW. 12 Sistemi hamiltoniani e sistemi gradiente Vediamo in questa sezione alcuni particolari tipi di sistemi dinamici, che compaiono spesso nelle applicazioni fisiche. Definizione12.1(Sistema hamiltoniano). Un sistema dinamico inr 2n si dice hamiltoniano se esisteunafunzioneh C 2 (R 2n )taleche,denotandocon(x,y),ilgenericoelementodir 2n,x,y R n, si ha xi = H y i y i = H i = 1,...,n. x i La funzione H si dice hamiltoniana del sistema. 36

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