1 PARTE: Recettori accoppiati alle proteine G
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- Ivo Pini
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1 1 PARTE: Recettori accoppiati alle proteine G Circa l 80% degli ormoni, dei neurotrasmettitori e dei neuromodulatori regolano le interazioni cellulari 1. Essi sono i cosiddetti primi messaggeri, che inducono le loro risposte combinandosi con specifici recettori, che sono accoppiati agli effettori (siano enzimi o canali ionici) attraverso proteine G. A questa famiglia di recettori si legano agonisti chimicamente molto diversi, come le ammine biogene (noradrenalina, serotonina, dopamina), i peptidi (sostanza P, angiotensina), gli ormoni glicoproteici (LH, FSH, TSH) ed i fotoni, se il recettore è il pigmento visivo rodopsina. Sia la formazione di camp (adenosin monofosfato ciclico) che la regolazione del turnover dei fosfoinositidi, come l attivazione della fosfolipasi A 2 o la modulazione di specifici canali ionici al K + o al Ca 2+, avvengono con la partecipazione di proteine G. Figura 1. Struttura dei recettori accoppiati alle proteine G 4
2 I recettori accoppiati alle proteine G 2 sono monomeri che hanno tra loro una struttura molto simile, cosa che risulta evidente dall analisi della loro struttura primaria. Ogni proteina recettoriale è costituita da una singola catena polipeptidica, che attraversa la membrana sette volte, con l estremità amminoterminale extracellulare e quella carbossiterminale intracellulare. Il numero più alto dei residui amminoacidici, conservati nei vari recettori, si riscontra nei segmenti transmembrana, soprattutto nei tratti più vicini al citoplasma. Le sole caratteristiche strutturali, che variano in modo apprezzabile tra i vari recettori, risiedono nella composizione e nella lunghezza del terzo loop citoplasmatico e dell estremità carbossiterminale. In generale, se il terzo loop è molto lungo, il territorio al terminale carbossilico della proteina sarà corto e viceversa. E molto importante, per disegnare specifici agonisti recettoriali, stabilire quali regioni conferiscano specificità di legame per l ormone o il neurotrasmettitore e quali per le proteine G. Grazie soprattutto a studi di biologia molecolare 3, si è stabilito che i diversi tipi di ligandi endogeni utilizzano diverse modalità di legame con i rispettivi recettori. Le strategie utilizzate per legare il ligando e trasdurre il segnale sono diverse secondo il tipo di recettore. Nel caso delle catecolamine, della serotonina, dell istamina, dell acetilcolina e di altri ligandi di piccole dimensioni, tra cui i fotoni, alcune o tutte e sette le regioni idrofobiche transmembrana del recettore partecipano a formare una tasca situata nello spessore della membrana plasmatica e capace di legare l agonista. In qualsiasi modo avvenga, l interazione dell agonista con il suo sito induce un cambiamento conformazionale nella porzione citosolica del recettore. Questo cambiamento conformazionale avviene soprattutto nelle regioni del terzo territorio citoplasmatico e dell estremità carbossiterminale e si trasmette alla proteina G, che si lega con diversi punti di contatto proprio in corrispondenza di queste due zone recettoriali. La formazione del complesso recettore attivato-proteina G è il passaggio cruciale per l ulteriore trasmissione del segnale. 5
3 Le diversità strutturali del terzo territorio citoplasmatico e dell estremità carbossiterminale conferiscono la specificità di legame dei diversi recettori con le diverse proteine G. Nella parte citoplasmatica della struttura recettoriale, e soprattutto nella coda carbossiterminale sono presenti numerosi siti di fosforilazione, che sono molto importanti da un punto di vista funzionale poiché coinvolti nel disaccoppiamento del recettore della proteina G e quindi nel fenomeno della desensibilizzazione. Mentre un vasto numero di farmaci clinicamente importanti sono capaci di inibire l attivazione recettoriale interferendo con il legame dell agonista (antagonisti), nessun farmaco si è ora rivelato utile per inibire in modo specifico l interazione recettore-proteina G. Interazioni con le proteine G Come per tutti i recettori accoppiati alle proteine G 4, che hanno lo stesso ligando endogeno, le regioni a più alta omologia sono nelle porzioni transmembranali ed in quella citoplasmatica vicino alla membrana. Caratteristica comune ai recettori accoppiati a tali proteine è la presenza dell amminoacido prolina. Questo è necessario alla flessibilità strutturale per trasmettere il cambiamento conformazionale, conseguente al legame con il ligando endogeno, e per determinare in questo modo l'attivazione delle proteine G. Anche la presenza di residui di cisteina nelle anse extracellulari è una caratteristica comune dei recettori accoppiati alle proteine G: questi residui amminoacidici possono formare ponti disolfuro in grado di influenzare il legame di agonisti o antagonisti al recettore. Sono anche presenti dei siti di N-glicosilazione situati in diverse porzioni di recettori adenosinici, la cui funzione rimane oscura anche se si pensa che possano stabilizzare la conformazione proteica o modularne la funzione. Le regioni transmembranali sono responsabili del legame con il ligando e, come per altri recettori di questa famiglia, si pensa che il sito di legame sia situato lontano dalla superficie della membrana cellulare. 6
4 Le sette eliche trasmembranali sono sistemate ad anello, formando così un canale a carattere anfipatico (con residui idrofobici che interagiscono con il doppio strato della membrana e residui idrofobici ed idrofilici affacciati all interno del poro), nel quale si suppone avvenga l interazione con il ligando. Una volta formatosi il complesso ligando-recettore, l informazione deve essere trasmessa alle proteine G. Le proteine G sono eterotrimeri costituiti da tre subunità denominate, in ordine di peso molecolare decrescente α, β e γ. Nel corso degli ultimi anni grazie a studi di biochimica e biologia molecolare il numero dei componenti di questa famiglia di molecole è andato continuamente aumentando e attualmente sono state scoperte circa una ventina di proteine G, che vengono distinte tra loro sulla base delle specifiche caratteristiche strutturali e funzionali delle catene α che le costituiscono. Si conoscono, infatti, oggi una ventina di subunità α, ma solo cinque unità β ed una decina di subunità γ. Probabilmente quindi una determinata catena β o γ può formare un eterotrimero con α subunità diverse. Le subunità α delle proteine G possiedono la capacità di legare i nucleotidi guanilici, in particolare il GTP e successivamente di idrolizzarlo grazie ad un attività GTPasica intrinseca. Da questo originano i nomi usati per indicare questa famiglia di molecole: proteine G, cioè proteine che legano il GTP o, alternativamente, GTPasi. Tali attività biochimiche sono, infatti, cruciali per la trasduzione del segnale attraverso le proteine G, che trasferiscono informazioni dai recettori alle molecole effettrici attraverso un ciclo di attivazione-deattivazione governato dal legame e dall idrolisi del GTP. 7
5 Ruolo biologico delle purine e trasmissione purinergica Tutti i recettori per l adenosina finora identificati sono recettori accoppiati alle proteine G. La prima evidenza farmacologica dell esistenza di recettori adenosinici si è avuta solo nel , quando Gubareff e Seator provarono che le azioni dell adenosina nel tessuto miocardico potevano essere contrastate da specifici antagonisti, quali le metil-xantine. Nel 1978 Burstock 6 propose l esistenza di almeno due tipi di recettori per le purine, denominati P1 e P2. Questa distinzione era basata sull ordine di potenza con cui i vari nucleotidi e nucleosidi sono attivi: P1 identifica la famiglia di recettori maggiormente sensibili ad adenosina, mentre i recettori P2 sono preferenzialmente attivati da ATP e ADP. L antagonismo funzionale tra ATP ed adenosina è interessante, in quanto l ATP, presente nelle terminazioni sinaptiche e parasinaptiche, genera l adenosina. L ATP dà attività rapide e transienti di tipo eccitatorio l adenosina invece, essendo un modulatore, dà effetti lenti ed inibitori. L adenosina regola quindi con un meccanismo di feed-back inibitorio sia le attività eccitatorie dell ATP, che quelle dei neurotrasmettitori classici liberati con ATP dai terminali nervosi. Questa complessa regolazione implica che più è elevato il grado di attivazione iniziale e quindi maggiore è il rilascio di ATP, maggiore sarà il controllo inibitorio esercitato dall adenosina, in quanto maggiore sarà la quantità di nucleoside formatasi da ATP. Un ulteriore differenziazione tra recettori P1 e P2 è basata sulla diversa sensibilità agli antagonisti di tipo xantinico: i recettori P1 sono, infatti, inibiti competitivamente da sostanze xantiniche quali caffeina, teofillina e teobromina, totalmente inattive sui recettori P2. Questa suddivisione generale in recettori P1 e P2 è stata la base per l attuale classificazione e nomenclatura di questi recettori. Ciascuna delle due famiglie 7 comprende diversi sottotipi recettoriali identificabili in base al profilo farmacologico, al meccanismo di trasduzione del segnale e alla struttura molecolare. 8
6 Recettori P1 per l adenosina La loro classificazione 8 si basa fondamentalmente sui profili di sensibilità ai farmaci agonisti ed antagonisti e, in misura meno stringente, in base al meccanismo di trasduzione. Sono stati a tutt oggi clonati e caratterizzati quattro distinti sottotipi di recettori P1: A 1, A 2A, A 2B e A 3, che si differenziano in base alla loro struttura molecolare. L esistenza dei primi tre recettori era stata prevista sulla base di studi farmacologici. Il recettore A 3 è stato identificato per clonaggio molecolare ed è attualmente il meno conosciuto dei vari recettori P1. I meccanismi di trasduzione con cui i vari recettori P1 evocano le loro risposte sono molteplici. I recettori A 1 e A 3 inibiscono e quelli A 2 (sia A 2A che A 2B ) stimolano l attività dell enzima adenilato ciclasi, inoltre, in alcuni tessuti, i recettori A 1 e A 3 sono anche capaci di modulare l attività della fosfolipasi C e nel caso del recettore A 1, di canali ionici per Ca 2+ o K +. I recettori A 2 sono ulteriormente suddivisi in A 2A e A 2B. I recettori A 1, A 2 e A 3 differiscono 9, talvolta in modo marcato, per quel che riguarda la distribuzione nell organismo, per gli effetti da essi evocati e per il diverso profilo di risposta farmacologica a vari analoghi non idrolizzabili di adenosina (tabella 1). 9
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