Effetti sistemici della infiammazione
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- Clementina Bondi
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1 Effetti sistemici della infiammazione L infiammazione è un fenomeno soprattutto locale ma non solo locale in quanto diverse molecole che vengono sintetizzate e rilasciate da cellule che partecipano alla infiammazione passano nel sangue ed agiscono su organi a distanza, in prevalenza il fegato, stimolandolo a produrre altre molecole che sono responsabili della risposta di fase acuta. I principali effetti sistemici della flogosi sono: üfebbre: (ipertermia febbrile) innalzamento della temperatura corporea; üleucocitosi (soprattutto neutrofila): innalzamento del numero dei leucociti circolanti; ü Aumento drammatico (talvolta centinaia di volte) della produzione di alcune proteine plasmatiche da parte del fegato (Proteine di fase acuta); üaumento della velocità di eritrosedimentazione (VES); ü Modificazione della concentrazione plasmatica di alcuni cationi bivalenti ( di Fe 2+ e Zn 2+, Cu 2+ ); ü Aumento della proteolisi muscolare e dei processi catabolici; ü Risposta immunitaria (stimolazione e proliferazione cellule B, T e NK); ü sonnolenza e mancanza di appetito, mialgia. Tutti questi effetti, per quanto in apparenza disparati, sono conseguenti alla produzione di TNF, IL-1 e IL-6 (pirogeni endogeni) da parte dei macrofagi a seguito della esposizione a pirogeni esogeni (endotossina). 1 La termoregolazione Termoregolazione. Gli esseri viventi si dividono in Poichilotermi: (dagli animali inferiori ai rettili) temperatura corporea uguale a quella dell ambiente Omeotermi: (uccelli e mammiferi) mantengono la temperatura corporea ad un valore costante che dipende dalla specie (uomo 37 C). 2
2 La termoregolazione Il processo di termoregolazione, cioè la capacità dell organismo di mantenere costante la temperatura corporea ad onta delle variazioni di quella ambientale, rappresenta una condizione di equilibrio omeostatico tra la quantità di calore prodotta dall organismo (termogenesi) e la quantità di calore da esso perduta (termodispersione). Termogenesi: il calore è prodotto da tutte le cellule durante il loro metabolismo che trasforma gli alimenti in calore sopratutto carboidrati e lipidi-. Una parte di questa energia viene anche immagazzinata sotto forma di ATP. A seguito dell irolisi dell ATP da parte delle ATPasi (attivate da diversi ioni calcio, sodio, potassio) in ADP viene rilasciato altro calore. La produzione di calore è stimolata dagli ormoni tiroidei, adrenalina e ormoni glicorticoidi. L organismo produce calore anche con contrazione dei muscoli volontari (striati) in modo involontario (brivido). Importante è anche la termoconservazione: vasocostrizione (pallore). Termodispersione: principalmente attraverso la cute con possibilità di dilatazione dei vasi superficiali (rossore da riscaldamento). Il calore viene eliminato normalmente attraverso la perspiratio insensibilis (evaporazione continua del sudore che riveste la cute). In condizioni di termodispersione aumenta la sudorazione. Perdita di calore si ha anche per via respiratoria (aria) per via digerente (feci) e urinaria (urina). 3 4
3 La termoregolazione La termoregolazione è sotto il controllo di centri termoregolatori situati nella regione preottica dell ipotalamo i quali ricevo no segnali termici locali (temperatura del sangue circolante) e periferici (termorecettori superficiali e profondi). I neuroni presenti nei centri termoregolatori sono sensibili a variazioni positive o negative della temperatura corporea rispetto alla temperatura di riferimento (37 C). Quando la temperatura si sposta da quella di riferimento vengono innescati processi termogenetici o termodispersivi arti a mantenere l omeostasi. Ipertermie non febbrili ed ipotermie In queste situazioni la temperatura corporea varia senza che sia cambiata quella di riferimento Ipotermia: diminuzione della temperatura corporea al di sotto di 37 C (per permanenza in ambiente molto freddo) Ipertermia: aumento della temperatura corporea al di sopra di 37 C: üper aumentata termogenesi -di origine endocrina conseguente all ipertiroidismo -per aumento esercizio fisico -ipertermia maligna da anestetici (malattia ereditaria) üda ostacolata termodispersione -colpo di calore 5 Effetti sistemici della infiammazione: la febbre Nella febbre o ipertermia febbrile si ha un innalzamento della temperatura di riferimento. Il decorso: 3) Fase di rialzo termico o prodromica: la temperatura aumenta; l individuo ha freddo, termoproduzione (brivido) e termoconservazione (vasocostrizionepallore ) 4) Fase stazionaria o del fastigio: la temperatura resta costante; l individuo ha caldo per elevata temperatura corporea 5) Fase della defervescenza: la temperatura diminuisce; l individuo ha caldo e suda: termodispersione (sudorazione). Questa fase può avvenire per gradualmente (per crisi) o bruscamente (per lisi) 6
4 7 Tipi di febbre Tipi di febbre: il rialzo termico febbrile assume andamenti caratteristici a seconda delle cause. Febbre continua: si mantiene sempre al di sopra dei 37 C nonostante le oscillazioni giornaliere (tifo Salmonella Typhi) Febbre remittente: la temperatura rimane sempre al di sopra di 37 C anche se nel corso della giornata si hanno variazioni molto alte anche un grado- (febbre settica-setticemia) 8
5 Febbre intermittente: si hanno dei picchi ipertermici alternati a fasi (ore o giorni) di apiressia (assenza di febbre): nella malaria a seconda dell agente eziologico (plasmodium) si ha una febbre quotidiana, terzana (febbre il primo giorno, apiressia il secondo e febbre il terzo) o quartana (febbre il primo giorno, apiressia per due giorni e febbre il quarto) 9 Febbre ondulante: si hanno cicli febbrili e afebbrili che durano vari giorni con passaggio graduale (per crisi) dagli uni agli altri (brucellosi) Febbre ricorrente: come sopra ma il passaggio fra una fase è l altra e per lisi (linfoma di Hodgkin) 10
6 Eziopatogenesi della febbre Pirogeno: sostanza in grado di indurre febbre Pirogeni esogeni: scoperti per primi (endotossina) ma poi si è capito che non sono i responsabili diretti (periodo di latenza fra inoculazione ed effetti) ma agiscono determinando la produzione di pirogeni endogeni (effetto immediato) Pirogeni endogeni: TNF Pirogeni esogeni: endotossina dei Gramesotossine dei gram + prodotti virali e di altri organismi IL-1 IL-6 IF I pirogeni endogeni vengono rilasciati nel sito della infiammazione, raggiungono i centri encefalici (barriera ematoencefalica) e inducono nei neuroni dei centri termoregolatori la produzione di PGE 2 che è responsabile degli effetti pirogeni. (Aspirina antifebbrile ciclossigenasi) 11 A cosa serve la febbre? Si tratta di una risposta (molto costosa in termini energetici) mantenuta durante tutta l evoluzione quindi deve certamente servire a qualcosa! ü Alcuni microrganismi muoiono a temperature raggiunte durante la febbre (spirochete > 41 C; pneumococchi 40 C), quindi almeno nelle infezioni sembra essere utile; ü La funzionalità dei leucociti è fortemente aumentata (mobilità per es) dall aumento della temperatura; ü la efficacia del TNF nell uccidere le cellule tumorali è aumentata. E utile curare la febbre? Le febbri superiori ai C sono generalmente pericolose. 12
7 Kluger M.J Effetti sistemici della infiammazione: la leucocitosi Nell uomo i leucociti sono / mm 3 Leucocitosi: presenza di valori al di sopra Leucopenia: valori al di sotto Neutrofilia: leucocitosi neutrofila Neutropenia Eosinofilia: caratteristica di infezioni sostenute da parassiti o nelle flogosi allergiche Basofilia: molto rara Monocitosi: caratteristica di alcune infezioni croniche (tubercolosi, sifilide, brucellosi) e durante la convalescenza Linfocitosi: alcune infezioni croniche e durante la convalescenza In generale la leucocitosi neutrofila è caratteristica della angioflogosi mentre la leucocitosi linfomonocitaria è tipica della istoflogosi. Di norma più della metà dei neutrofili si trovano in un pool reversibilmente marginato. Inoltre fattori di crescita (CSF) prodotti da varie cellule (soprattutto monociti e cellule endoteliali) durante l infiammazione stimolano la iperplasia del midollo osseo 14
8 15 Effetti sistemici della infiammazione: la risposta di fase acuta Le alterazioni a carico del sangue durante il processo flogistico sono anche a carico della componente plasmatica oltre che quella cellulare- che va incontro a modificazioni nel suo contenuto proteico. Le proteine plasmatiche di nuova sintesi o quelle di cui la sintesi è aumentata vengono definite proteine di fase acuta (per la precocità, qualche ora, della loro comparsa). Queste proteine vengono sintetizzate e secrete nel sangue dagli epatociti una volta che essi sono stati stimolati da citochine, soprattutto IL-1, Il-6 e TNF. La risposta di fase acuta determina: -riduzione della sintesi di alcune proteine (albumina); Diminuzione del ferro plasmatico - importante perché il ferro per molti organismi funziona da fattore di crescita Aumento del C3: componente fondamentale del complemento Aumento della proteina C reattiva (PCR): si lega a numerosi tipi di superfici (funziona da opsonina, influenza l aggregazione piastrinica) Aumento della alfa1-antitripsina: inattiva numerose proteasi che potrebbero danneggiare i tessuti Aumento del fibrinogeno: essenziale per la coagulazione Aumento della proteina A amiloide del siero: funzione sconosciuta 16
9 17 Effetti sistemici della infiammazione: aumento della VES In conseguenza dell aumento del fibrinogeno si ha: Aumento della VES (1-10 mm/h uomo; 1-15 mm/h donna): il fibrinogeno si lega agli eritrociti e maschera le cariche negative che normalmente tenderebbero ad allontanarli. A causa di ciò essi tendono ad impilarsi, formando dei rouleaux che avendo un peso maggiore dei singoli eritrociti precipitano più rapidamente. Questo test permette in modo rapido (circa 1 h) di sapere se si è verificato un danno tissutale e quanto sia grave il danno. La VES riflette la risposta di fase acuta. 18
10 Durata Esordio Specificità Cellule infiammatorie Alterazioni vascolari Edema Segni cardinali Necrosi tissutale Fibrosi (collageno) Risposte attive dell ospite Manifestazioni sistemiche Cambiamenti nel sangue periferico Infiammazione acuta Breve (giorni) Repentino Non specifica Neutrofili, macrofagi Vasodilatazione attiva (di solito) - Fattori plasmatici: complemento, immunoglobuline; neutrofili, fagocitosi aspecifica Febbre anche molto alta Leucocitosi neutrofila; linfocitosi nelle infezioni virali Infiammazione cronica Lunga (da settimane a mesi, anni) Insidioso; spesso non si risale all evento iniziale Specifica quando viene attivata la riposta immunitaria Macrofagi, linfociti, plasmacellule, fibroblasti Formazione di nuovi vasi-tessuto di granulazione Risposta immunologica, fagocitosi, riparazione Febbre di lieve entità; perdita di peso; anemia Spesso nessuna;leucocitosi linfomonocitaria; aumento 19delle immunoglobuline-a banda larga Esiti della infiammazione acuta (e cronica) 20
11 ü Risoluzione completa: si verifica quando lo stimolo e la durata del processo, e quindi i danni, sono di scarsa entità (assenza di necrosi) e reversibili. In questo processo si ha un ritorno del tessuto alla completa normalità. Essa prevede: - neutralizzazione o perdita spontanea di attività dei mediatori chimici con il successivo ripristino della normale permeabilità vascolare; - cessazione dell infiltrato leucocitario; - la morte (in gran parte per apoptosi) dei neutrofili; - la rimozione dei liquidi e delle proteine dell essudato, dei leucociti, degli agenti estranei e dei detriti cellulari. I vasi linfatici e i fagociti giocano un ruolo importante in queste fasi. 21 ü Guarigione: sostituzione con tessuto vivo di una porzione morta o perduta. Si verifica nei casi in cui il danno è stato di notevole entità. Prevede: -rigenerazione: quando è leso solo il parenchima; la sostituzione di cellule del parenchima danneggiato avviene con cellule dello stesso tipo. Avviene in tessuti capaci di replicare (tessuti labili o stabili). Es. Epatite acuta. - riparazione: quando è leso il parenchima ma anche lo stroma (infiammazione necrotizzante, infiammazione cronica); prevede la sostituzione con tessuto connettivo (fibrosi). Avviene in tessuti non capaci di rigenerare (tessuti perenni). Es. ascesso epatico. Il tessuto perduto viene sostituito da tessuto di granulazione che poi evolve in tessuto connettivo cicatrizzante (cicatrice). üformazione di un ascesso: quando il pus si raccoglie in una cavità che è il risultato della colliquazione del tessuto colpito (cavità neoformata) e che è circoscritta da una sorta di capsula fibrosa. Frequente nelle infezioni da piogeni (produttori del pus). ü Infiammazione cronica 22
12 Controllo della crescita cellulare normale 23 La matrice extracellulare Composta principalmente da: üproteine fibrose strutturali: Collagene: fornisce l intelaiatura extracellulare e garantisce la resistenza alla tensione. Una molecola è costituita da una tripla elica di catene polipeptidiche alfa con sequenza gly-x-y. Catene alfa diverse formano 14 tipi di collageno diverso: in particolare -Collageno tipo I,II, III (interstiziale o fibrillare) -Collageno tipo IV (amorfo) presente nelle membrane basali Le catene alfa dopo la traduzione sono soggette ad idrossilazione a livello dei residui di lisina e prolina. Questa reazione richiede la Vitamina C che quando è carente (scorbuto) determina una insoddisfacente guarigione delle ferite; Elastina, fibrillina e fibre elastiche: conferiscono elasticità ai tessuti (vasi sanguigni, cute, utero, polmoni); üglicoproteine adesive (fibronectina, laminina e integrine): legano i componenti della ECM fra di loro e alle cellule ü gel costituito da Proteoglicani e acido ialuronico 24
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14 27 La riparazione con tessuto connettivo: fibrosi Fasi del processo riparativo: c) Fase infiammatoria e) Fase proliferativa con formazione del tessuto di granulazione I. Formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi); i vasi preesistenti producono gemmazioni da cui germogliano nuovi vasi; II. Migrazione e proliferazione dei fibroblasti III. Deposizione della matrice extracellulare c) Fase del rimodellamento prevede la maturazione e organizzazione del tessuto fibroso Nel corso della infiammazione il processo riparativo è presente già dopo 24 h se non c è stata risoluzione. Si forma il tessuto di granulazione, un tessuto connettivale, altamente vascolarizzato, composto da capillari neoformati, fibroblasti proliferanti e cellule infiammatorie 28
15 Il processo riparativo: l angiogenesi angiogenesi; lo sviluppo di un nuovo vaso capillare prevede: ü Degradazione proteolitica della membrana basale del vaso originario ü Migrazione delle cellule endoteliali verso lo stimolo angiogenetico ü Proliferazione delle cellule endoteliali dietro al fronte di cellule migranti ü Maturazione delle cellule endoteliali con inibizione della loro crescita e loro rimodellamento in tubi capillari. Reclutamento delle cellule periendoteliali (periciti per i piccoli vasi e cellule muscolari lisce per vasi di maggior calibro) ü E stimolata da molti fattori di cui il più importante è il Vascular Endotelial Gowth Factor (VEGF) prodotto da cellule stromali e mesenchimali che trovano recettori sull endotelio. 29 Il processo riparativo: la fibrosi La fibrosi si presenta all interno del tessuto di granulazione e modifica la matrice extracellulare che si era formata inizialmente nelle sede della riparazione: i processi coinvolti sono due: ü Migrazione e proliferazione dei fibroblasti nella sede del danno: i nuovi vasi sono molto permeabili e permettono la fuoriuscita di molecole (fibrinogeno, fibronectina plasmatica) sulle quali crescono i fibroblasti (e le cellule endoteliali). Il fattore più importante per la fibrosi è il Trasforming Growth Factor beta (TGFbeta) che induce la migrazione e la proliferazione dei fibroblasti, aumento della sintesi di collageno e fibronectina e riduzione della degradazione della ECM ad opera di metalloproteasi; ü Deposizione di matrice extracellulare: da parte dei fibroblasti tondeggianti detti fibrociti. In particolare collageno fibrillare: conferisce resistenza al tessuto. In questa fase i fibroblasti e le cellule endoteliali proliferano meno. Infine, la trama del tessuto di granulazione viene trasformata in una cicatrice costituita da fibroblasti di forma fusata, collagene denso, frammenti di tessuto elastico e altri componenti della ECM. Con la maturazione della cicatrice, la regressione dei vasi continua, trasformando infine il tessuto di granulazione ricco di vasi in una pallida cicatrice non vascolarizzata. 30
16 31 Il processo riparativo: il rimodellamento La sostituzione del tessuto di granulazione con tessuto cicatriziale comporta una variazione nella matrice extracellulare. Il bilancio netto di sintesi e degradazione definisce il rimodellamento del tessuto connettivo. La degradazione del collageno e delle altre proteine della ECM è effettuata dalle metalloproteinasi zinco dipendenti (collagenasi interstiziali, stromalisine metalloproteinasi della matrice legate alla membrana- MBMM). Prodotte da fibroblasti, macrofagi, neutrofili. La loro sintesi è inibita da TGFbeta (ruolo nelle fibrosi). Una volta attivate loro attivazione molto regolata perché potenzialmente molto dannosi- possono essere inibite dagli inibitori tessutali delle metalloproteasi (TIMP) prodotti dalla maggior parte delle cellule mesenchimali. 32
17 La guarigione di tessuti specializzati: tipi di traumi 33 Guarigione delle ferite 34
18 35 Nel caso delle fratture e delle ferite si verifica quasi sempre emorragia. Nel caso delle ferite, il sangue fuoriuscito dai vasi riempie il fondo della ferita dove con rapidità coagula. Il coagulo ed i detriti agiscono da stimoli infiammatori per cui in corrispondenza dei margini, là dove i tessuti hanno mantenuto la loro vitalità si verifica un processo flogistico acuto. In conseguenza della reazione flogistica i fagociti (granulociti neutrofili e monocito/macrofagi) invadono l area occupata dal coagulo ed inglobano i componenti di questo (fibrina e cellule ematiche) ed i detriti cellulari. Inizia poi la proliferazione dei fibroblasti che riempiono l area precedentemente occupata dal coagulo mentre nel contempo le cellule endoteliali dei capillari sono anch esse stimolate alla proliferazione Sotto alla crosta (formata da fibrina e detriti cellulari essiccati) si ha il tessuto di granulazione, un tessuto di colore rosso per la presenza di numerosi capillari neoformati. Le modalità di guarigione delle ferite sono due: ü Per prima intenzione: i margini sono ravvicinati, la ferita è asettica ü Per seconda intenzione: la quantità di tessuto perduto è maggiore, la ferita è settica 36
19 Fattori locali e sistemici che influenzano la guarigione delle ferite La guarigione delle ferite è un processo che può essere influenzato da molti fattori, sia locali che sistemici, che possono ritardare o compromettere l esito della riparazione. Fattori locali: ü Infezioni; ü Caratteristiche della lesione (tipo, profondità, estensione, localizzazione, irregolarità della superficie della ferita); ü Inadeguato apporto ematico; ü Presenza di necrosi e corpi estranei; ü Movimento a cui può essere sottoposta l area lesa; esposizione a radiazioni ionizzanti. Fattori sistemici: ü Infezioni sistemiche (tbc, sifilide); ü Condizioni del sistema circolatorio (aterosclerosi); ü Disordini ematologici (anemie, granulocitopenie, malattie emorragiche); ü Alterazioni dello stato nutrizionale (inadeguato apporto proteico, carenza di vitamina C); 37 ü Stati dismetabolici; ü Assunzione di corticosteroidi. Aspetti patologici della riparazione delle ferite Complicazioni nella guarigione delle ferite possono insorgere a causa di anomalie dei processi riparativi di base; tali alterazioni possono essere raggruppate in quattro categorie generali: a) Infezioni (stafilococchi, streptococchi, bacillo del tetano); b) Inadeguata formazione del tessuto di granulazione o della cicatrice con conseguente ulcerazione o deiscenza (apertura) della ferita. La deiscenza della ferita è molto comune dopo interventi di chirurgia addominale a causa di un aumento della pressione addominale provocato da vomito, tosse, blocco intestinale. c) Eccessiva formazione dei componenti del processo riparativo con produzione di tessuto di granulazione in esuberanza, di cicatrici ipetrofiche, di cheloidi; d) Retrazioni cicatriziali; queste sono complicanze frequenti di estese ustioni della cute e sono causa di gravi deformazioni 38
20 39 Guarigione dei traumi del tessuto osseo: le fratture 40
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22 Nella riparazione delle fratture si ha la formazione dell ematoma (come per le ferite) fra i due monconi ossei. Subentra poi la reazione infiammatoria con la concomitante attività dei fagociti, che inglobano e digeriscono sia i detriti che le celleule presenti nel coagulo, e la formazione del tessuto di granulazione che congiunge i due monconi ossei formando il callo che, gradualmente, aumenta d consistenza per formazione di tessuto fibroso e di cartilagine (tessuto osteoide), effettuata dagli osteoblasti. Successivamente si ha deposizione di sali di calcio nel tessuto osteoide per azione di una fosfatasi alcalina prodotta dagli stessi osteoblasti. Altre cellule osse, gli osteoclasti, rimuovono dal callo la cartilagine ed il tessuto osteoide che vengono sostituiti da nuovo tessuto osseo. Complicanze delle fratture: Infezioni (osteomielite) Difetti della formazione dell osso con persistenza dl tessuto fibroso che, pur collegando i due monconi, manca di rigidità e può dar luogo ad una pseudoarticolazione. 43 Guarigione dei traumi del SN 44
23 Nel caso di traumi al sistema nervoso centrale le cellule nervose, incapaci di dividersi, vengono sostituite con cellule connettivali (oligodendrociti). Nei traumi del sistema nervoso periferico, gli esiti di un trauma che abbia sezionato un nervo sono riparabili a condizione che i neuroni da cui si dipartono i cilindrassi siano integri. I due monconi che si formano in conseguenza dl taglio di un nervo vanno incontro entrambi a fenomeni regressivi. Il moncone prossimale va incontro alla cosiddetta degenerazione retrograda che interessa il corpo cellulare (pirenoforo). Se la cellula sopravvive a tale danno, subentra una fase di riparazione che porta alla formazione di un nuovo cilindrasse che prolifera, nell uomo, alla velocità di un mm/giorno. Il moncone distale va incontro alla degenerazione secondaria che consiste nella degradazione progressiva dei cilindrassi e della guaina mielinica con formazione di detriti che vengono fagocitati dalle cellule di Schwann che sono cellule di rivestimento presenti nella guaina che avvolge il nervo. Queste ultime nel frattempo hanno cominciato a proliferare col risultato che, incontrandosi con quelle che circondano il moncone periferico ristabiliscono la continuità della guaina che era andata perduta in seguito al trauma. In questa guaina si immettono le neurofibrille provenienti dal moncone prossimale che, continuando a crescere, ristabiliscono la funzionalità perduta. 45
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