I cittadini comunitari. A cura dell'avv. Giulia Perin ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione

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1 I cittadini comunitari A cura dell'avv. Giulia Perin ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione (scheda aggiornata a marzo 2008) LE NORME CHE REGOLANO LA CONDIZIONE GIURIDICA DEI CITTADINI COMUNITARI IN ITALIA. I principi a) della prevalenza del diritto comunitario sul diritto italiano, in caso di contrasto, e b) della derogabilità del diritto comunitario da parte di norme interne più favorevoli. a) A differenza di quanto avviene per i cittadini extracomunitari, il cui regime è essenzialmente deciso dal legislatore nazionale, lo statuto dei cittadini dell Unione europea trova la sua fonte principale e inderogabile nel diritto comunitario. Il principio della prevalenza del diritto comunitario ha tre principali conseguenze: 1) il legislatore italiano, nel disciplinare i diritti e i doveri dei cittadini comunitari, deve conformarsi a quanto disposto dalle fonti del diritto comunitario: tra tali fonti, vanno considerati non solo gli atti normativi della Comunità europea, ma anche le sentenze della Corte di Giustizia, che hanno negli ordinamenti degli Stati membri lo stesso valore delle disposizioni normative; 2) i giudici e gli organi della pubblica amministrazione, compresi quelli dipendenti dagli enti locali, sono chiamati a conoscere in modo approfondito, oltre alla normativa interna, anche il diritto comunitario: qualora, infatti, il diritto italiano contrasti con il diritto comunitario, ciascun dipendente pubblico, appartenga all ordinamento giudiziario o all amministrazione pubblico, ha l obbligo di disapplicare la normativa italiana, anche di rango legislativo 1. Esempio. L art. 9, comma 3, del decreto legislativo n. 30 del 2007 prevede che la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari vada dimostrata secondo i criteri di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n In base a tale norma, il cittadino comunitario che non svolga un attività lavorativa in Italia dovrà dimostrare di possedere un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale o a un multiplo di esso a seconda del numero di familiari a carico. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Giustizia prevede che la fissazione di un limite minimo di risorse non possa mai essere intesa come inderogabile, ma debba poter essere derogata in singoli casi concreti. Ad esempio, il soggetto che non dispone di un reddito sufficiente in base a tali parametri potrà comunque ottenere il diritto all iscrizione, qualora dimostri di avere risorse di diverso tipo, quali la disponibilità di un alloggio a titolo gratuito, che permettono di diminuire il costo della vita per il nucleo familiare. 3) Il singolo cittadino che ritenga che la normativa italiana o la prassi applicativa violi il diritto comunitario può rivolgersi al giudice per ottenerne la disapplicazione o inviare una denuncia alla Commissione europea. La 1 In questo senso, cfr. la risalente sentenza della Corte di Giustizia Fratelli Costanzo, C

2 Commissione europea risponde sempre alle denunce presentate dai singoli cittadini. b) Si è detto che il diritto comunitario prevale su quello italiano. Bisogna, tuttavia, specificare che esso prevale soltanto quando contenga norme più favorevoli rispetto a quelle interne. Nel caso, infatti, in cui le norme di diritto italiano che regolano la condizione dei cittadini comunitari contengano delle previsioni più generose di quelle dell ordinamento comunitario, saranno le norme italiane a prevalere: il diritto comunitario, infatti, vieta di disciplinare la condizione dei cittadini di un altro Stato membro in modo peggiorativo rispetto a quanto discendente dal diritto comunitario, mentre è senz altro possibile un trattamento migliorativo della loro condizione. L esempio del diritto alle prestazioni sanitarie dei cittadini comunitari non in regola con le norme sul soggiorno. In base al diritto comunitario, gli Stati membri non sono obbligati ad assistere i cittadini comunitari che non abbiano un lavoro o, in alternativa, sufficienti risorse, salvo che trovi applicazione il regime della Tessera sanitaria europea (TEAM). Tuttavia, l ordinamento costituzionale italiano obbliga lo Stato ad assicurare il diritto alla salute a tutti coloro che si trovino anche irregolarmente sul nostro territorio. La soglia imposta dal diritto costituzionale in questo caso è più elevata di quella del diritto comunitario: in un ipotesi come questa, lo Stato italiano dovrà rispettare i vincoli discendenti dal diritto costituzionale e riconoscere anche ai cittadini comunitari che non possano ottenere l iscrizione anagrafica il diritto alle cure urgenti ed essenziali 2. Si osserva, inoltre, che un trattamento di miglior favore rispetto a quello previsto nella disciplina comunitaria potrà discendere dall applicazione dell art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 286 del 1998 (Testo unico sull immigrazione), che prevede che il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli. I testi normativi cui si deve fare riferimento Nel diritto comunitario, il principale testo normativo di riferimento è oggi costituito dalla Direttiva 2004/38/CE: in tale normativa, si trovano, infatti, disciplinati i diritti di ingresso e di soggiorno che spettano ai cittadini comunitari e ai loro familiari. Tale Direttiva è stata trasposta con specifici atti legislativi all interno di ogni Stato membro: in Italia, la normativa di attuazione è costituita dal d. lgs. n. 30 del 6 febbraio 2007 (significativamente rubricato "Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri"), entrato in vigore in data 11 aprile Tale decreto legislativo è stato in parte modificato con il d. lgs. n. 32 del 28 febbraio Fino al 19 febbraio 2008, il Ministero della Salute riconosceva ai comunitari che soggiornavano in Italia in violazione del d. lgs. n. 30 del 2007 il diritto alle sole cure urgenti. Si considerava conseguentemente che le cittadine comunitarie che avessero voluto ottenere le prestazioni relative alla tutela della maternità o all interruzione della gravidanza avrebbero dovuto pagare interamente le prestazioni richieste. Una tale previsione non contrastava con il diritto comunitario, ma risultava meno favorevole di quella prevista per i cittadini comunitari nonché in contrasto con la normativa costituzionale. Con circolare del 19 febbraio 2008, il Ministero della salute ha esteso in via interpretativa il significato di cure urgenti, in modo che in essa rientrino, tra le altre, anche le prestazioni relative alla salute del minore e alla tutela della maternità.

3 A CHI SI APPLICA IL REGIME DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE E DEL SOGGIORNO DEI CITTADINI COMUNITARI E DEI LORO FAMILIARI. Ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro dell Unione europea è automaticamente cittadino dell Unione. Attualmente gli Stati membri dell Unione europea sono 27: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. L importanza della cittadinanza dell Unione risiede nei diritti che conseguono al possesso di tale statuto. In particolare, da tale cittadinanza discende l applicabilità del regime della libera circolazione e del soggiorno previsto dalla normativa comunitaria. La libera circolazione delle persone si applica anche ai cittadini degli Stati aderenti all Accordo sullo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e ai cittadini della Confederazione elvetica. IL DIRITTO ALL INGRESSO IN ITALIA DEL CITTADINO COMUNITARIO E DEI SUOI FAMILIARI. Ogni cittadino comunitario ha il diritto di entrare in Italia senza dover espletare alcuna formalità. E sufficiente che sia in possesso di un passaporto o di una carta d identità valida per l espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui ha la cittadinanza. Le autorità potranno controllare la validità del documento, ma non potranno fare domande sugli scopi e sulla durata del soggiorno. Il diritto del cittadino comunitario di entrare e muoversi liberamente all interno del territorio italiano può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico, sicurezza dello Stato, sanità pubblica o restrizioni derivanti da norme penali. Il diritto all ingresso dei familiari extracomunitari del cittadino comunitario. a) Il diritto all ingresso del coniuge, dei discendenti e degli ascendenti diretti e del coniuge. I familiari del cittadino comunitario che si rechi in Italia hanno il diritto di seguirlo o raggiungerlo, qualunque sia la loro nazionalità. In base al diritto comunitario, per familiari si intendono: il coniuge; i discendenti del cittadino comunitario che abbiano meno di 21 anni o che siano a carico e i discendenti del coniuge del cittadino comunitario; gli ascendenti del cittadino comunitario o del coniuge del cittadino comunitario, purchè a carico. Il d. lgs. n. 30 del 2007 prevede che chi non è cittadino dell Unione potrebbe avere bisogno di un visto, a seconda della sua nazionalità. L eventuale visto deve essere rilasciato gratuitamente e nel più breve tempo possibile. Ad ogni modo, il familiare non può essere respinto alla frontiera soltanto per mancanza del necessario visto di ingresso. Il suo diritto all ingresso discende, infatti, dal vincolo familiare, non dal visto di ingresso: pertanto,se un cittadino comunitario o un membro della sua famiglia non dispone del documento di viaggio necessario o, nel caso in cui fosse necessario, del visto d ingresso, dovrà essere

4 concesso un termine ragionevole perché possa ottenere il documento mancante o dimostrare la loro qualità di beneficiari della libertà di circolazione e di soggiorno. b) Il diritto all ingresso dei familiari extracomunitari che non sono coniugi, né discendenti fino al 21 anno, né ascendenti diretti o del coniuge. In base al diritto comunitario, lo Stato italiano ha assunto l impegno di agevolare l ingresso ed il soggiorno anche di alcune categorie di familiari che non rientrano nelle categorie sopra indicate. In particolare, possono fare ingresso in Italia con un visto per residenza elettiva i familiari che si trovano in una delle seguenti situazioni: - sono a carico o convivono con il cittadino dell'unione titolare del diritto di soggiorno; - gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell'unione li assista personalmente; - si tratta del partner con cui il cittadino dell Unione ha una relazione stabile attestata dallo Stato del cittadino dell Unione. In questo caso, il familiare o il partner cittadino di uno Stato terzo devono essere in possesso del passaporto in corso di validità e del visto di ingresso per residenza elettiva rilasciato dalla rappresentanza consolare italiana nel paese di provenienza. IL DIRITTO AL SOGGIORNO I. SOGGIORNO INFERIORE A TRE MESI. a) I titolari del diritto al soggiorno per un periodo inferiore a tre mesi Tutti i cittadini comunitari, indipendentemente da qualsiasi requisito di reddito o di lavoro, hanno diritto di permanere in Italia per un periodo di tre mesi. Tale diritto si estende ai loro familiari, secondo la definizione sopra indicata. b) Quali sono le formalità da adempiere in questo periodo In questo primo periodo, né i cittadini comunitari, né i familiari che li accompagnano sono sottoposti a particolari formalità. Per i primi tre mesi, è sufficiente che il cittadino comunitario o il suo familiare sia in possesso di una carta d identità o di un passaporto in corso di validità senza avere l obbligo di presentarsi in Questura. Tuttavia, con il d. lgs. n. 32 del 28 febbraio 2008, è stata introdotta una modifica a tale regime. L art. 5-bis del d. lgs. n. 30 del 2007 prevede ora che, prima dei tre mesi, il cittadino dell Unione o il suo familiare possano presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza. Più che di un obbligo, si tratta di un onere a carico dei titolari della libera circolazione: l unica conseguenza discendente dalla mancata presentazione è che si presumerà che il soggiorno si sia protratto per oltre tre mesi. Spetterà al cittadino comunitario o al familiare dimostrare che il soggiorno in Italia si è protratto per un periodo di tempo inferiore ai tre mesi. c) A che cosa hanno diritto il cittadino comunitario e i suoi familiari nel periodo di primi tre mesi?

5 Durante i primi tre mesi di soggiorno, il cittadino dell'unione può senz altro intraprendere un attività lavorativa, autonoma e subordinata, senza aver bisogno di ottenere un autorizzazione al lavoro. Egli gode immediatamente nel settore lavorativo del principio di parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani. La parità di trattamento si applica a tutte le condizioni di lavoro e di impiego (ad esempio: retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o reimpiego in caso di disoccupazione). Se, tuttavia, non svolge in questi primi tre mesi alcuna attività lavorativa, il cittadino comunitario e i suoi familiari non godono, per il solo fatto della loro cittadinanza o del legame familiare, del diritto a tutte le prestazioni d'assistenza sociale, salvo che tale diritto sia automaticamente riconosciuto in forza di altre disposizioni di legge. ESEMPIO. Durante questo primo periodo, il cittadino comunitario può rimanere in Italia, anche se non dimostra di avere un lavoro o delle risorse sufficienti. Se ha bisogno dell assistenza sanitaria durante la permanenza in Italia, non avrà diritto ad ottenere l iscrizione al SSN, salvo, come si è visto, che svolga attività lavorativa, anche stagionale. Il diritto alle prestazioni sanitarie sarà in ogni caso riconosciuto ai cittadini comunitari in possesso della TEAM o di altro Modello rilasciato dal loro Paese d'origine: in questo caso, l Azienda sanitaria riconoscerà il diritto alle prestazioni sanitarie, di cui poi chiederà il rimborso allo Stato di origine. Nel caso in cui il cittadino comunitario, pur essendo assicurato nel proprio Paese, non disponga della TEAM, l Azienda sanitaria richiederà d'ufficio il certificato allo Stato estero. In mancanza di assicurazione, il pagamento della prestazione sarà richiesto direttamente all'assistito. Come risulta evidente, all amplissimo riconoscimento di un diritto al soggiorno per un periodo di tre mesi a favore di tutte le persone che abbiano la cittadinanza dell Unione fa da corollario il mancato riconoscimento della parità di trattamento in questo periodo con i cittadini italiani. II. SOGGIORNO PER UN PERIODO SUPERIORE A TRE MESI. a) I titolari del diritto al soggiorno per un periodo superiore a tre mesi in Italia A differenza di quanto avviene nei primi tre mesi di soggiorno in Italia in cui qualsiasi cittadino comunitario, in ragione della sua sola nazionalità, ha diritto a soggiornare in Italia successivamente al decorso di tale primo periodo, il diritto al soggiorno dei cittadini comunitari è subordinato al possesso di alcuni requisiti. In particolare, ai sensi dell art. 7 del d. lgs. n. 30 del 2007, ha diritto di soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi il cittadino comunitario che: è un lavoratore dipendente o autonomo in Italia; è iscritto presso un istituto d istruzione pubblico o privato per seguire un corso di studi o di formazione professionale, purché in possesso di un assicurazione sanitaria e di mezzi tali da non richiedere misure di assistenza sociale; possiede risorse sufficienti per sé e per i suoi familiari e abbia un assicurazione sanitaria completa in Italia.

6 In altre parole, si richiede che il cittadino comunitario disponga di un lavoro ovvero, in alternativa, di risorse sufficienti per sé e per i suoi familiari tali da non farlo diventare un onere a carico dell assistenza dello Stato. IL CASO DEL CITTADINO COMUNITARIO ALLA RICERCA DI UN PRIMO IMPIEGO IN ITALIA. E il cittadino comunitario che non abbia un lavoro, ma sia venuto in Italia per cercarlo e non possegga risorse sufficienti per non diventare un onere a carico dello Stato? In astratto, questo cittadino comunitario non rientra in nessuna delle categorie appena menzionate. Tuttavia, la Corte di Giustizia ha affermato che tale cittadino, anche dopo il decorso del periodo dei primi tre mesi, non può essere allontanato dallo Stato membro in cui sta cercando lavoro, finché possa dimostrare di continuare a cercare lavoro e di avere probabilità di trovarlo. Un periodo di tolleranza adeguato può essere quello di sei mesi (cfr. sentenza Antonissen). Il d. lgs. n. 30 del 2007, facendo proprio l insegnamento della Corte di Giustizia ha previsto all art. 13, comma 3, che i cittadini dell'unione che siano entrati in Italia alla ricerca di lavoro non possono essere allontanati fino a quando possono dimostrare di essere iscritti nel Centro per l'impiego da non più di sei mesi ovvero di aver reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento dell'attività lavorativa, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297 e di non essere stati esclusi dallo stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto legislativo n. 297 del La sentenza Collins della Corte di Giustizia, tuttavia, ha chiarito che in questo primo periodo di ricerca di lavoro, il cittadino comunitario non ha diritto alle prestazioni di assistenza sociale: il suo è, dunque, un diritto ad allungare il periodo di soggiorno in assenza dei requisiti al di là del normale termine di tre mesi, ma non un diritto ad ottenere la parità di trattamento con i cittadini italiani. A tal fine, è necessario che egli reperisca un lavoro ovvero disponga delle risorse necessarie a non diventare un onere a carico dello Stato italiano. b) Formalità da adempiere in questo periodo In questo secondo periodo (soggiorno superiore a tre mesi), tanto i cittadini comunitari quanto i loro familiari sono tenuti ad adempiere determinate formalità. I cittadini comunitari devono provvedere a chiedere l iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza. Sarà l Ente locale a verificare la sussistenza dei requisiti al soggiorno: mentre in precedenza, la sussistenza del diritto al soggiorno veniva verificata dalla Questura, con la nuova normativa, la competenza è passata ai Comuni, i quali prima di disporre l iscrizione anagrafica, verificheranno, oltre alla sussistenza della dimora abituale, anche l esistenza degli altri requisiti, di lavoro e di reddito richiesti dalla normativa (2). In particolare, se soggiorna in Italia come lavoratore o è familiare di lavoratore deve documentare al Comune, oltre alla dimora abituale, rispettivamente l attività lavorativa o il legame parentale; negli altri casi di soggiorno deve dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti a non farlo gravare sul sistema di assistenza pubblica e la titolarità di un assicurazione sanitaria idonea a coprire le spese sanitarie (3).

7 Per i familiari di tali cittadini non aventi la cittadinanza di uno Stato membro resta, invece, l obbligo di richiedere alla Questura un titolo di soggiorno: qualora essi dimostrino il diritto al soggiorno del loro familiare comunitario, oltre al legame familiare, verrà loro rilasciata una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell Unione valida per cinque anni. N.B. Le Questure richiedono al familiare del cittadino comunitario anche di dimostrare la legalità del proprio soggiorno, ad esempio dimostrando di essere legalmente entrati in Italia in forza di un visto. Nel caso in cui il familiare non possa dimostrare la legalità del proprio soggiorno in Italia, negano il rilascio della carta di soggiorno. Questa prassi, che pure trova fondamento nell art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 30 del 2007, che richiede al fine del rilascio della carta di soggiorno, la produzione del visto di ingresso, ove richiesto appare di dubbia legittimità alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. sentt. Carpenter, MRAX, Commissione c. Spagna, Jia). Che cosa succede se il Comune, nel corso del procedimento di iscrizione, accerta la mancanza delle condizioni per il soggiorno superiore a tre mesi? In tal caso, l Ufficio Anagrafe adotta un provvedimento di rifiuto dell iscrizione contro il quale è ammesso ricorso al Tribunale in composizione monocratica ai sensi dell art. 8 del decreto legislativo n. 30/2007. c) A che cosa ha diritto il cittadino comunitario che abbia i requisiti per soggiornare per un periodo superiore ai tre mesi? Il cittadino dell'unione che abbia i requisiti per soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi gode del diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, non solo in ambito lavorativo, ma in tutti gli ambiti, compresi quelli relativi alle diverse prestazioni sociali. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno. I minori stranieri non accompagnati. * * * * * * * * * * * * Né la direttiva 2004/38, né il decreto legislativo n. 30 del 2007 regolano l ipotesi dei minori comunitari non accompagnati. Il fenomeno, tuttavia, esiste: fino al 31 dicembre 2006, la nazionalità maggiormente presente tra i minori non accompagnati extracomunitari era quella rumena. Con l ingresso nell Unione europea di Romania e Bulgaria, i minori rumeni non rientrano più nella normativa applicabile ai minori stranieri non accompagnati, dal momento che la definizione del termine straniero contenuta in tale normativa è limitata ai soli cittadini non appartenenti alla Comunità europea. In parte la Per i minori comunitari presenti sul territorio nazionale, non accompagnati dai genitori o da chi esercita la patria potestà, si procede all iscrizione anagrafica sulla base della decisione dell Autorità giudiziaria minorile che ne dispone l affidamento o la tutela. L iscrizione anagrafica del minore sarà curata dal tutore o dall affidatario previa esibizione del provvedimento del Tribunale. * * * * * * * * * * * *

8 PERDITA DEL DIRITTO AL SOGGIORNO PER VENIR MENO DEI REQUISITI DI LAVORO E DI REDDITO O PER IL VENIR MENO DEL LEGAME FAMILIARE. LE ECCEZIONI. L art. 13 del d. lgs. n. 30 del 2007 subordina il mantenimento del diritto al soggiorno dopo i primi tre mesi al mantenimento dei requisiti di lavoro, reddito e del legame familiare. In altre parole, la regola è che quando tali requisiti vengono meno il cittadino comunitario ed i suoi familiari potrebbero essere allontanati dal territorio italiano. Esistono, tuttavia, delle importanti eccezioni a tale regola, stabilite dall art. 7, 11 e 12 del medesimo decreto legislativo, per i lavoratori e i familiari dei cittadini comunitari A. ECCEZIONI RELATIVE AI LAVORATORI. L art. 7 del d. lgs. n. 30 del 2007 prevede che il cittadino dell'unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno quando: - e' temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio; - e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed e' iscritto presso il Centro per l'impiego, ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa; - e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si e' trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, e' iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno; - segue un corso di formazione professionale. B. ECCEZIONI RELATIVE AI FAMILIARI Eccezione n. 1. Mettiamo che il cittadino comunitario che si sia spostato con la sua famiglia in Italia decida di tornarsene nel suo Paese, ma i suoi familiari non ritengano di accompagnarlo. L art. 11 stabilisce che tali familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se - hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente ovvero - lavorano o hanno risorse sufficienti. Eccezione n. 2. Mettiamo che deceda il cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con la sua famiglia. In tal caso, sempre l art. 11 stabilisce che i familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se - hanno risieduto in Italia almeno un anno prima del decesso del cittadino comunitario ovvero - hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente ovvero - lavorano ovvero hanno risorse sufficienti. Eccezione n. 3. Mettiamo che il cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con il proprio coniuge divorzi o ottenga l annullamento del matrimonio. In questo caso, il coniuge non comunitario manterrà il diritto al soggiorno qualora - abbia acquisito il diritto al soggiorno permanente; ovvero - lavori o abbia risorse sufficienti;

9 - il matrimonio e' durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o annullamento; - il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria; - il coniuge risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell'ambito familiare; - il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro benefici di un diritto di visita al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e fino a quando sono considerate necessarie. Ad ogni modo, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l eventuale decisione di allontanamento del cittadino comunitario e/o del familiare di questi può essere presa soltanto a seguito di un giudizio di proporzionalità, in cui devono considerarsi l inserimento del cittadino comunitario o del suo familiare in Italia, i legami residui con il Paese di origine o di provenienza, la temporaneità dello stato di difficoltà. III. DIRITTO DI SOGGIORNO PERMANENTE. Chi sono i titolari del diritto al soggiorno permanente? Hanno diritto a vedersi riconosciuto il diritto al soggiorno permanente: a) il cittadino dell Unione e i suoi familiari che abbiano soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni in Italia; b) il lavoratore subordinato o autonomo che raggiunga l età pensionabile o venga prepensionato, dopo tre anni di soggiorno; c) il lavoratore subordinato o autonomo che cessi di esercitare l attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente, dopo due anni di soggiorno,. Ai fini del calcolo dei cinque anni va considerato anche il periodo di soggiorno regolare precedente l entrata in vigore del decreto legislativo. In questo caso la data di decorrenza coincide con la data d inizio validità del titolo di soggiorno (permesso o carta di soggiorno) già posseduto dall interessato. La continuità del soggiorno non viene interrotta da: - assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno; - assenze di durata superiore a sei mesi per l'assolvimento di obblighi militari; - assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. Il diritto di soggiorno permanente si perde, invece, in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi. Formalità amministrative I cittadini comunitari che si trovino in una di queste condizioni hanno diritto ad ottenere dal Comune di residenza un attestato che certifichi la sua condizione di titolare del diritto di soggiorno permanente, mentre ai loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano maturato il diritto al soggiorno permanente sarà rilasciata dalla Questura una Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei. Che cosa significa diritto al soggiorno permanente?

10 Come si è visto, il diritto al soggiorno in Italia dei cittadini comunitari per un periodo superiore a tre mesi non è incondizionato. Infatti, il cittadino comunitario deve dimostrare o di lavorare o di possedere risorse sufficienti. Qualora questi requisiti vengano meno, egli potrà essere allontanato. Il principale vantaggio che concede il riconoscimento del diritto al soggiorno permanente è che da quel momento, il cittadino comunitario, così come i suoi familiari, potranno fermarsi in Italia, anche qualora i requisiti di reddito e di lavoro vengano meno. Ma non è tutto. Il titolare del diritto al soggiorno permanente è altresì più difficilmente espellibile per ragioni di ordine pubblico. IV. ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER NATURALIZZAZIONE La cittadinanza italiana per naturalizzazione può essere concessa al cittadino di uno Stato membro dell Unione europea che risieda legalmente in Italia da 4 anni, anziché da 10, come per i cittadini non appartenenti alla Comunità. * * * * * * * * * * * * L ALLONTANAMENTO DEL CITTADINO COMUNITARIO O DEL SUO FAMILIARE. Esistono due ipotesi totalmente distinte in cui il cittadino comunitario può essere allontanato dal territorio italiano. a) il cittadino comunitario o i suoi familiari possono essere allontanati quando vengano a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell interessato, senza che sussista una delle eccezioni al venir meno del diritto al soggiorno che si sono sopra analizzate; b) il cittadino comunitario o i suoi familiari possono essere allontanati in ipotesi di estrema gravità, quando sussistano motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza o altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Analizziamo tali due distinte ipotesi nel dettaglio. a) L allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto al soggiorno. - In cosa consiste? In un invito ad allontanarsi dal territorio dello Stato in un termine non inferiore ad un mese. Se il destinatario del provvedimento non ottempera all invito e viene individuato nel territorio, è previsto l arresto da un mese a sei mesi e l ammenda da 200 a euro. Il provvedimento di allontanamento non può prevedere un divieto di reingresso nel territorio nazionale. - Chi lo adotta? Il Prefetto, territorialmente competente, anche su segnalazione del sindaco del luogo di residenza o di dimora. - A chi può essere presentato ricorso?

11 Al tribunale in composizione monocratica, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento di allontanamento. b) L allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza, altri motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza. La materia dell allontanamento del cittadino comunitario e dei suoi familiari per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, già disciplinata dal d. lgs. n. 30 del 2007, è stata profondamente modificata dal d. lgs. n. 32 del 28 febbraio La normativa oggi prevede tre diverse ragioni che possono essere poste alla base di un provvedimento di allontanamento: - motivi di sicurezza dello Stato; - motivi imperativi di pubblica sicurezza; - altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Lo schema che segue rende più agevolmente comprensibile le differenze di regime tra i provvedimenti di allontanamento fondati su tali distinte ragioni. Allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato Allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza Allontanamento per altri motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza Quando sussistono tali motivi? Anche quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie previste dall art. 18 legge 22 maggio 1975, n. 152, ovvero se la permanenza sul territorio possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche. Quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all incolumità pubblica, rendendo urgente l allontanamento. Non vi è una definizione normativa in positivo, ma si afferma che le ragioni devono essere di carattere non economico, e connesse ai comportamenti individuali dell interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l adozione di tali provvedimenti. Chi non può essere allontanato in base a tali motivazioni? Chiunque può essere allontanato quando ricorrano tali motivi. Chiunque può essere allontanato quando ricorrano tali motivi. I titolari del diritto al soggiorno permanente possono essere allontanati solo se i motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato sono gravi. Le persone che abbiano soggiornato per più di dieci anni e i minori non possono essere mai allontanati per motivi di semplice ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, salvo nel caso dei minori se l allontanamento sia necessario nell interesse dello stesso minore.

12 In cosa consiste? Nell immediato allontanamento coattivo dal territorio dello Stato. Nell immediato allontanamento coattivo dal territorio dello Stato Nell invito ad allontanarsi nel termine non inferiore ad un mese dalla data della notifica, salvi i casi di comprovata urgenza, in cui il termine può essere ridotto a dieci giorni. Solo in caso di mancata ottemperanza, si procede all allontanamento coattivo. Il provvedimento comporta un divieto di reingresso per un termine non superiore a dieci anni. Il destinatario del provvedimento che viola il divieto di reingresso è punito con la reclusione fino a due anni. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale per un periodo da cinque a dieci anni. Il provvedimento comporta un divieto di reingresso per un termine non superiore a cinque anni. Il destinatario del provvedimento che viola il divieto di reingresso è punito con la reclusione fino a un anno. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale per un periodo da cinque a dieci anni. Il provvedimento comporta un divieto di reingresso per un termine non superiore a cinque anni. Il destinatario del provvedimento che viola il divieto di reingresso è punito con la reclusione fino a un anno. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale per un periodo da cinque a dieci anni. Chi lo adotta? Il Ministro dell Interno Il Ministro dell Interno, se si devono allontanare persone che abbiano soggiornato in Italia per più di dieci anni o siano minorenni, Il Ministro dell Interno se si tratti di motivi di ordine pubblico; il Prefetto, se si tratti di motivi di pubblica sicurezza altrimenti il Prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario Come si impugna? Davanti al TAR del Lazio. Può essere presentata domanda di sospensione dell esecutorietà del provvedimento, ma la presentazione di tale istanza non sospende Davanti al tribunale ordinario entro venti giorni dalla notifica. La parte può stare in giudizio personalmente. Può essere presentata domanda di sospensione dell esecutorietà del provvedimento, ma la Se si tratta di motivi di ordine pubblico, davanti al TAR del Lazio. Se si tratta di motivi di pubblica sicurezza, davanti al tribunale ordinario entro venti giorni dalla notifica. La parte può stare in giudizio personalmente. Può essere presentata domanda di

13 di per sé sola l esecutorietà del provvedimento. presentazione di tale istanza non sospende di per sé sola l esecutorietà del provvedimento. sospensione dell esecutorietà del provvedimento: fino alla definizione di tale istanza, l efficacia del provvedimento resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale Nel decidere sull'adozione un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si deve rispettare il principio di proporzionalità bilanciando, da un lato, la gravità della minaccia posta dal cittadino comunitario o dal suo familiare, dall altro, la durata del soggiorno in Italia dell'interessato, l età, lo stato di salute, la situazione familiare e economica, l integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell'importanza dei legami con il Paese d'origine. * * * * * * * * * * * * LE RESTRIZIONI DI ACCESSO AL MERCATO DEL LAVORO ATTUALMENTE IN VIGORE PER I CITTADINI PROVENIENTI DAI NUOVI STATI MEMBRI. Le restrizioni all accesso al mercato del lavoro italiano inizialmente previste per i lavoratori provenienti dalla Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria sono venute meno in data 27 luglio 2006 (cfr. Circolare del Ministero del lavoro 31 luglio 2006, n. 21). Le limitazioni al libero accesso al mercato del lavoro previste per i cittadini rumeni e bulgari cessano il 31 dicembre 2008 (cfr. Circolare dei Ministeri della Solidarietà Sociale e dell Interno n. 1 del 4 gennaio 2008). Fino a tale data, dunque, deve distinguersi tra: a) i cittadini rumeni e bulgari che vogliono svolgere la loro prestazione lavorativa nei settori liberalizzati (e cioè nei settori: turistico alberghiero; lavoro domestico e di assistenza alla persona; edilizio; metalmeccanico; dirigenziale e altamente qualificato) potranno avviare il loro rapporto di lavoro senza che i loro datori di lavoro debbano chiedere e ottenere delle autorizzazioni preventive; b) i cittadini rumeni e bulgari che vogliono svolgere la loro prestazione lavorativa nei settori non ancora liberalizzati dovranno chiedere ai propri datori di lavoro di presentare per loro allo Sportello Unico per l Immigrazione una richiesta di autorizzazione prima di intraprendere l attività lavorativa. Nessuna sanzione è, tuttavia, prevista in caso di mancata presentazione di tale richiesta. Esiste, tuttavia, una conseguenza negativa per il cittadino comunitario: quest ultimo potrebbe vedersi rifiutare dagli ufficiali dell anagrafe il diritto all iscrizione anagrafica per mancanza del documento di autorizzazione al lavoro.

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