Lo stato liquido 17/01/2014 1

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1 Lo stato liquido Le proprietà dei liquidi variano notevolmente a seconda del tipo di sostanza considerata. Convenzionalmente vengono suddivisi in: Liquidi ionici: costituiti da ioni che, in genere, si ottengono ad alta temperatura Liquidi molecolari: costituiti da molecole che subiscono interazioni (forze di Van der Waals o legami a idrogeno) Liquidi metallici: costituiti da metalli allo stato fuso 1

2 Caratteristica dello stato liquido è la diffusione, (comportamento che li fa assomigliare ai gas) anche se tale fenomeno si realizza più lentamente a causa della maggiore viscosità presentata La viscosità rappresenta la misura delle forze interne ad una certa sostanza che tendono ad opporsi ai movimenti translazionali delle molecole stesse le une rispetto alle altre 2

3 Altra caratteristica tipica dei liquidi è la tensione superficiale che trae origine dal gioco delle forze di attrazione intermolecolari. 3

4 4

5 Così come alla superficie di separazione gas-liquido si forma la tensione superficiale, se consideriamo due liquidi immiscibili (acqua e benzene) che si separano in fasi diverse, alla superficie di separazione delle due fasi si determina la tensione interfaciale Questo è dovuto al fatto che le molecole di acqua formano fra di se legami a idrogeno, le molecole di benzene formano tra se legami di Van Der Waals, Molecole di acqua e molecole di benzene non possono interagire per cui sia le une che le altre devono assumere una struttura altamente ordinata per diminuire al massimo la superficie di contatto, cosa che richiede una elevata energia potenziale. 5

6 Il valore della tensione interfacciale è tanto minore per quanto maggiori sono le interazioni possibili tra le molecole presenti alla interfaccia. A titolo di esempio si possono citare 3 casi: acqua/hg - tensione interfacciale 375 dine/cm acqua/benzene - 35 dine/cm acqua/esanolo dine/cm Questo perché tra acqua e Hg non è possibile nessuna interazione, mentre tra acqua ed esanolo sono possibili legami a H con l -OH alcolico 6

7 Alcuni composti sono in grado di interagire con le molecole che costituiscono le fasi immiscibili di un sistema Sono le sostanze anfipatiche, dette anche tensioattivi, che si dispongono tra le due fasi e diminuiscono la tensione interfacciale I saponi sono un esempio di tensioattivi, essi sono in grado di diminuire la tensione interfacciale tra acqua e grassi, consentendo un aumento del rapporto superficie/volume e quindi una più fine emulsione ed una più facile rimozione dei grassi stessi Un esempio di tensioattivo biologico è dato dai sali biliari 7

8 Tensione di vapore Viene definita come la capacità che ha una sostanza di passare allo stato aeriforme. È una proprietà che viene presentata da tutte le sostanze anche se con caratteristiche diverse, per cui cambia la velocità con cui una sostanza può evaporare. La tensione di vapore, dimensionalmente, si considera una pressione negativa, nel senso che tende ad opporsi alla legge di gravità 8

9 Si misura utilizzando un recipiente chiuso, collegato ad un manometro, in cui si fa il vuoto e si immette una certa quantità di liquido. Al tempo 0, il manometro segnerà ~ 0, ma la P salirà nel tempo fino a raggiungere un valore costante (a T costante) Questo indica che una parte delle molecole è passata dallo stato liquido alla fase gassosa Ma il processo di evaporazione è un processo continuo per cui, parallelamente, ci saranno un certo numero di molecole che perdono parte della loro energia e ritornano nella fase liquida, fino a raggiungere l equilibrio indicato dal manometro 9

10 La spiegazione di questo fenomeno è legata ancora una volta all energia cinetica posseduta dalle molecole o, meglio ancora, alla distribuzione della energia cinetica media delle molecole stesse. Indicando con E la energia che agisce su ogni singola molecola e la trattiene nella massa liquida (attrazioni intermolecolari), le particelle che hanno energia superiore ad E saranno in grado di staccarsi dalla massa liquida e passare allo stato di vapore. 10

11 Questa frazione varia con la temperatura ed è tanto più alta per quanto è maggiore la temperatura sperimentale 11

12 La tensione di vapore è una caratteristica delle sostanze (a T = K) e, ovviamente, influenza la velocità con cui un liquido evapora La velocità di evaporazione, però, è influenzata anche da altri parametri: la temperatura la superficie di evaporazione la pressione esterna Da notare che anche i solidi possono passare allo stato aeriforme, si parla in questo caso di sublimazione 12

13 Cristalli liquidi Notevole importanza ha lo stato di aggregazione che assumono certe sostanze anfipatiche quali il colesterolo, i fosfolipidi e i saponi Come già detto, le sostanze anfipatiche sono in grado di interagire sia con l acqua che con le molecole idrofobiche poiché possiedono sia una porzione idrofilica (es. gruppi OH) che una porzione idrofobica (es. gruppi -CH 3 ). 13

14 Allo stato puro ed a temperatura bassa, molecole come i fosfolipidi assumono una configurazione detta a doppio strato, in cui le porzioni idrofobiche risultato a contatto tra di loro e le porzioni idrofile sono rivolte all esterno, verso l ambiente acquoso Innalzando la temperatura al di sopra di una soglia critica, si ha il passaggio di questa struttura ordinata (solido cristallino) ad un altra più disordinata (liquido cristallino o cristallo liquido) che ha, contemporaneamente, alcune delle caratteristiche dei solidi e dei liquidi 14

15 Nell ambito dello stato liquido, dal punto di vista biologico, bisogna considerare in modo un po particolare L acqua Le soluzioni acquose Per l importanza pratica ed il ruolo che l acqua svolge nei meccanismi vitali, sia umani che animali e vegetali in generale 15

16 L importanza dell acqua è confermata dal fatto che è la sostanza più abbondante nell organismo umano Il suo contenuto varia dal % alla nascita fino al 60% in età avanzata Il sangue (circa 6 litri in un adulto) è costituito prevalentemente da acqua che porta in soluzione proteine, sali minerali, vitamine, ecc. La perdita di circa il 10 % del contenuto acquoso è causa di disidratazione e morte In natura non esistono, in pratica, liquidi puri, ma sistemi costituti da diversi componenti, le soluzioni 16

17 Le soluzioni sono dei sistemi omogenei, costituiti da 2 o più componenti, di cui uno (normalmente quello presente in maggior quantità), prende il nome di solvente mentre l altro, o gli altri, prendono nome di soluto. Le soluzioni possono essere liquide, solide o gassose; per semplicità e per l importanza che assumono nei fenomeni bio-medici, ci limiteremo ad accennare alle soluzioni in cui il solvente sia l acqua, ossia alle soluzioni acquose. Oltre al solvente, consideriamo il soluto, che potrà essere solido liquido gassoso è importante stabilire questa differenza, perché diversi sono i comportamenti in soluzione. 17

18 Il rapporto quantitativo tra solvente e soluto è definito dalla concentrazione della soluzione stessa, che può essere espressa in vario modo I modi più comuni per definire la concentrazione sono: 18

19 Molarità: rappresenta il numero di grammomolecole di soluto per litro di soluzione, si indica con M Normalità: rappresenta il numero di grammoequivalenti di soluto per litro di soluzione, si indica con N Molalità: rappresenta il numero di grammomolecole di soluto per 1000 g di solvente, si indica con m Percentuale in peso: rappresenta la quantità di soluto (espressa in gr) per 100 g di soluzione, si indica con % P/P Percentuale in peso rispetto al volume: rappresenta la quantità di soluto (espressa in gr) per 100 ml di soluzione, si indica con % P/V Percentuale in volume: rappresenta il volume di soluto (in ml) per 100 ml di soluzione, si indica con % V/V 19

20 Concentrazioni delle Soluzioni Concentrate o diluite? Quantità di soluto in soluzione Frazione molare: Molalità: Molarità: M i m Percento in peso o in volume: n i i V n X i Q % i n n i tot Q = kg di solvente V = L di soluzione Normalità: N i n i V V = L di soluzione 20

21 Calcolo delle moli 21

22 Generalmente possiamo dire che quanto più la struttura chimica del soluto assomiglia alla struttura chimica del solvente, maggiore è la solubilità. La soluzione satura rappresenta la soluzione con la maggior concentrazione possibile ad una certa temperatura ed è verificata dalla presenza del corpo di fondo. Per ogni soluto, si può parlare di grado di solubilità (che rappresenta la quantità del soluto stesso che si scioglie in un volume dato di un qualsiasi solvente ad una determinata temperatura) e viene misurata la solubilità specifica che rappresenta la quantità massima del soluto che si scioglie in 100 ml di acqua alla temperatura di 20 C. 22

23 I fattori che influenzano maggiormente la solubilità sono: la differenza di polarità soluto - solvente, la temperatura la pressione La differenza di polarità è fondamentale poiché maggiore è questa differenza, minore sarà la solubilità E importante stabilire la temperatura poiché la solubilità varia in funzione del calore somministrato. In linea generale la solubilità: aumenta con la temperatura per i soluti solidi diminuisce con la temperatura per i soluti gassosi dipende caso per caso per i soluti liquidi. 23

24 La pressione influenza pochissimo la solubilità dei solidi e dei liquidi, mentre per i gas la solubilità è direttamente proporzionale alla pressione Per i soluti gassosi la relazione tra pressione e solubilità è stabilità dalla la legge di Henry: a temperatura costante, la massa di gas che si scioglie in un certo volume di solvente, è direttamente proporzionale alla pressione che il gas esercita sul solvente stesso 24

25 Effetto della temperatura sulla solubilità 25

26 Temperature sopravvivenza di alcuni pesci In genere i solidi sono più solubili in acqua calda mentre i gas sono più solubili in acqua fredda 26

27 Perché le sostanze si sciolgono? Solvatazione: le molecole di solvente circondano quelle di soluto (acqua: idratazione) Formazione di una soluzione: Variazione di energia La somma dell energia dei nuovi legami deve superare l energia spesa per portare in soluzione il soluto 27

28 Struttura della molecola dell acqua Molecola acqua H H + 2 O O H E una molecola polarizzata Buon solvente per sostanze polari, ionici o covalenti H + 2 Simili sciolgono i simili 28

29 NaCl(s) Na + (aq) + Cl - (aq) CRISTALLO IONICO IONI SOLVATATI (IDRATI) - 29

30 CH 3 OH(l) CH 3 OH(aq) Alcool metilico (metanolo), CH 3 OH H + C O - 30

31 Metano, CH 4 Acido cloridrico, HCl C - Cl H + H - + HCl(aq) H + (aq) + Cl - (aq) 31

32 La dissociazione elettrolitica influenza la conducibilità elettrica: L acqua pura, H 2 O, è un debole conduttore di elettricità (contiene pochissimi ioni, cioè cariche mobili). Il saccarosio, C 12 H 22 O 11, sciolto in acqua non dà luogo a dissociazione elettrolitica, quindi la sua soluzione acquosa è un debole conduttore di elettricità. Il cloruro di sodio, NaCl, dà luogo a dissociazione elettrolitica, quindi una sua soluzione acquosa è un buon conduttore di elettricità. 32

33 PROPRIETA DELLE SOLUZIONI Come per i gas, anche per le soluzioni dobbiamo fare una distinzione. Nello studio teorico si utilizzano dei modelli che sono chiamate soluzioni ideali e si differenziano dal comportamento delle soluzioni normalmente utilizzate, che vengono indicate con il nome di soluzioni reali. Le soluzioni ideali seguono perfettamente la legge di Raoult, che afferma: la tensione di vapore di un componente di una soluzione è uguale al prodotto della tensione di vapore di quel componente allo stato puro, per la sua frazione molare. 33

34 La tensione di vapore è la naturale tendenza a passare allo stato aeriforme aumenta con la temperatura La frazione molare indica il rapporto tra il numero di grammomolecole (o moli) di uno dei componenti la soluzione ed il numero di grammomolecole totali presenti nella soluzione stessa. La frazione molare si indica con la lettera x e risulta uguale a un numero compreso tra 0 e 1. Se poniamo che: x 1 sia la frazione molare del soluto x 2 sia la frazione molare del solvente potremo calcolare: 34

35 Da questi rapporti è chiaro che: x 1 assumerà il valore di 0 solo nel caso in cui il numero di moli del soluto sia 0, vale a dire quando siamo in presenza del solo solvente, x 1 assumerà il valore di 1 solo quando il numero di moli del solvente è 0, ossia siamo in presenza del soluto puro, in tutti gli altri casi sarà un numero inferiore a 1 35

36 x 2 assumerà il valore di 0 solo quando il numero di moli del solvente è uguale a 0, vale a dire quando siamo in presenza del soluto puro, x 2 assumerà il valore di 1 solo quando il numero di moli del soluto è 0, in tutti gli altri casi sarà un numero inferiore a 1. 36

37 In base alla legge di Raoult, la tensione di vapore di una soluzione è calcolabile con l espressione: P tot = P solvente X solvente + P soluto X soluto Ma se P soluto è uguale a zero, il secondo termine di questa espressione si annulla e la P tot risultante è inferiore al valore di P solvente Per questo motivo è chiaro che: la tensione di vapore di una soluzione, in presenza di un soluto non volatile, sarà sempre inferiore alla tensione di vapore del solvente puro in accordo con la legge di Raoult. 37

38 E possibile calcolare la tensione di vapore di una soluzione ideale ricorrendo a dei semplici grafici costruiti come quello riportato E vero che, passando dalle soluzioni ideali a quelle reali si evidenziano delle variazioni che possono essere molto sensibili 38

39 L applicazione della legge di Raoult risulta particolarmente utile quando ci si riferisca a soluzioni in cui il soluto è una sostanza non volatile. In questo particolare caso, essendo la tensione di vapore del soluto = 0, l equazione scritta sopra si trasforma da: P soluzione = P soluto X soluto + P solvente X solvente a: P soluzione = P solvente X solvente dalla quale è chiaro che la tensione di vapore di una soluzione non può che essere inferiore a quella del solvente puro poiché, come detto in precedenza, la frazione molare assume un valore inferiore a uno 39

40 l ebollizione di un liquido avviene quando la tensione di vapore raggiunge la pressione esterna nel caso delle soluzioni, quindi, l aggiunta del soluto determina l abbassamento della tensione di vapore e, di conseguenza, un innalzamento della temperatura di ebollizione. Questo fenomeno, detto innalzamento ebullioscopio T eb è proporzionale a X soluto secondo l equazione: T eb = K eb m in cui : K eb = costante ebullioscopica m = molalità della soluzione per m = 1, avremo che T eb = K eb. 40

41 Considerazioni del tutto analoghe possono essere fatte per il congelamento. Anche in questo caso una soluzione congela ad una temperatura inferiore a quella del solvente puro. L abbassamento crioscopico, T cr,rappresenta la differenza tra la temperatura di congelamento del solvente puro e quella della soluzione. L equazione diviene: T cr = K cr m In cui: K cr = costante crioscopica m = molalità della soluzione 41

42 Queste proprietà: abbassamento della tensione di vapore innalzamento ebullioscopio abbassamento crioscopico unitamente alla pressione osmotica, prendono nome di proprietà colligative: esse non dipendono dalla natura del soluto, ma solo dal numero di particelle presenti in soluzione (ioni, molecole, associati molecolari). Di fatto le costanti K cr e K eb, (che rappresentano, rispettivamente l abbassamento del punto di congelamento e l innalzamento del punto di ebollizione che si determinano quando una mole di sostanza viene sciolta in 1000 g di solvente), dipendono soltanto dalla natura chimica del solvente. 42

43 Pressione osmotica A t 0 il livello dei liquidi nei tubi A e B è uguale. A t eq i livelli nei due tubi si stabilizzano ad altezze diverse. Il dislivello h corrisponde ad una pressione idrostatica che corrisponde alla pressione osmotica della soluzione 43

44 L esperienza a cui fare riferimento per descrivere questo fenomeno è quella riportata in figura, che descrive un apparecchio costituito da un tubo ad U, che nella parte inferiore della curvatura, ha un membrana semipermeabile, (ossia una membrana che consenta il passaggio delle molecole di solvente ma non di quelle di soluto). Nei due compartimenti separati dalla membrana, si pongono da un lato una certa quantità di solvente puro e dall altro una soluzione in modo tale l altezza del liquido nei due rami sia allo stesso livello. Dopo un certo tempo, questa situazione cambia, e diviene evidente che il livello nel ramo contenente la soluzione si innalza ad un livello superiore a quello del solvente puro, fino al raggiungimento dell equilibrio. 44

45 Possiamo fare la considerazione che il liquido presente nei due rami esercita una certa pressione sulla membrana, ma sarà ovvio dire che la pressione esercitata sul lato del solvente puro sarà diversa dalla pressione esercitata sul lato della soluzione. Questa differenza corrisponde alla differenza di livello che si registra nell apparecchio e prende nome di Pressione Osmotica. Questo parametro viene definito come: la pressione da esercitare sulla soluzione per impedire che il solvente diffonda attraverso la membrana semipermeabile. 45

46 Sperimentalmente è stato dimostrato che la pressione osmotica, nel caso di soluzioni diluite, si può calcolare con una equazione analoga all equazione generale dei gas: V = n RT V è il volume della soluzione, n il numero di moli del soluto, T è la temperatura assoluta. Il rapporto n/v rappresenta la concentrazione molare c e l equazione può essere anche scritta: = c RT due soluzioni ideali aventi la stessa pressione osmotica vengono dette isoosmotiche. 46

47 L esempio più classico è la soluzione fisiologica, ampiamente utilizzata nella pratica clinica, che risulta avere la stessa pressione osmotica del sangue. isotonica ipertonica ipotonica Da notare che sia la pressione osmotica, sia l abbassamento crioscopico che l innalzamento ebullioscopio possono essere utilizzati, in opportune condizioni e con una strumentazione opportuna, per determinare il peso molecolare ignoto di un soluto. 47

48 DISSOCIAZIONE ELETTROLITICA A seconda del comportamento che le sostanze tengono quando sono sciolti in acqua, i soluti vengono suddivisi in due grandi categorie: elettroliti (esempio classico il normale sale da cucina) non-elettroliti (esempio classico lo zucchero) I primi quando vengono solubilizzati tendono a scindersi in particelle con carica elettrica (gli ioni) mentre le molecole del secondo gruppo non subiscono questo fenomeno. 48

49 Gli elettroliti però, non sono tutti uguali, nel senso che non hanno tutti lo stesso comportamento, alcuni si dissociano completamente (o quasi) altri si dissociano solo parzialmente, per questo motivo si parla di: elettroliti forti : quando il soluto si dissocia completamente (o quasi), elettroliti deboli: quando il soluto si dissocia parzialmente la suddivisione in elettroliti forti e deboli viene fatta in base al grado di dissociazione elettrolitica, che rappresenta il rapporto tra il numero di molecole dissociate ed il numero di molecole di soluto inizialmente posto in soluzione. 49

50 Ad es. immaginiamo una ipotetica sostanza AB che, in soluzione, si dissoci in A + e B secondo la reazione: AB A + + B se la quantità iniziale di AB è 1 mole ed il grado di dissociazione è potremo scrivere che all equilibrio avremo contemporaneamente la presenza di: molecole AB ioni A + ioni B Da cui potremo scrivere: AB A + + B 1 - il numero totale delle particelle in soluzione corrisponde a: = 1 + = numero di moli dissociate = numero di moli dissociate numero di moli iniziali 1 50

51 sulla base di queste equazioni, quindi potremo dire che: un elettrolita forte che si dissoci completamente in soluzione, avrà grado di dissociazione = 1 un elettrolita debole, che dissoci parzialmente in soluzione, avrà grado di dissociazione < 1, di fatto, corrisponde alla percentuale di molecole dissociate rispetto alle totali. Per convenzione consideriamo elettroliti forti i sali, gli acidi forti e le basi forti 51

52 Sulla base di quanto appena detto, però, dobbiamo fare un altra considerazione. Le proprietà colligative di una soluzione dipendono: non dalla natura chimica del soluto ma dalla natura chimica del solvente e dal numero delle particelle in soluzione questo significa anche che in una soluzione diluita di un elettrolita le considerazioni che abbiamo fatto in precedenza non sono più del tutto valide ma hanno bisogno di introdurre dei correttivi. 52

53 Avevamo scritto che per una soluzione ideale la pressione osmotica può essere calcolata dall equazione: o dalla sua corrispondente V = n RT = c RT nelle quali n (e di conseguenza c) rappresentano il numero di moli in soluzione, ma abbiamo anche detto che gli elettroliti dissociano in ioni positivi e negativi causando un aumento delle particelle in soluzione. 53

54 dissociano completamente, per cui prendendo ad esempio le reazioni: NaCl Na + + Cl CaCl 2 Ca Cl AlCl 3 Al Cl dovremo dire che: in una soluzione diluita di cloruro di sodio la sarà proporzionale non alle concentrazione molare (numero di mol/l di soluto), ma al doppio di quanto teoricamente prevedibile, poiché una molecola di NaCl da origine a due ioni 54

55 in una soluzione diluita di cloruro di calcio la sarà proporzionale non alle concentrazione molare del soluto, ma ad un valore che corrisponde al triplo del valore teorico, poiché CaCl 2 da origine ad uno ione Ca 2+ e 2 ioni Cl in una soluzione diluita di cloruro di alluminio la sarà proporzionale non alle concentrazione molare del soluto, ma ad un valore che corrisponde al quadruplo del valore teorico, poiché AlCl 3 da origine ad uno ione Al 3+ e 3 ioni Cl, 55

56 generalizzando potremo dire che per gli elettroliti forti le equazioni: V = n RT = c RT devono essere corrette con l introduzione di un parametro ( ) che tenga conto del numero di particelle effettivamente in soluzione, o se preferite, del numero di ioni che si formano nelle soluzioni diluite di elettroliti forti. Ritornando all esempio fatto sopra, dovremo calcolare: per il cloruro di sodio un fattore 2 per il cloruro di calcio un fattore 3 per il cloruro di alluminio un fattore 4 56

57 Più in generale, dobbiamo introdurre un fattore (indicato con ) per cui le equazioni della pressione osmotica divengono: V = n RT = c RT che spiegano perfettamente l aumento della pressione osmotica che si realizza in queste condizioni. 57

58 Problema ancora diverso è il caso di soluzioni diluite di elettroliti deboli, vale a dire di molecole che in soluzione dissociano in maniera parziale ed il cui grado di dissociazione è inferiore a 1. Prendiamo ad esempio il comportamento in soluzione di un generico elettrolita debole ED: ED E + + D se assumiamo di avere una soluzione che contenga 1 mole di soluto, al momento in cui si stabilisce l equilibrio, dovremo considerare la presenza contemporanea di: molecole ED indissociate ioni E + ioni D 58

59 in concentrazioni che possono essere visualizzate: ED E + + D 1 - ossia all equilibrio avremo che: quantità di molecole ED indissociate = 1 - quantità di ioni E + = quantità di ioni D = in totale: (1 - ) + +, espressione che nella forma più generale diviene: (1 - ) + 59

60 ponendosi nelle condizioni più generali possibili, mettendo in soluzione n moli dello stesso elettrolita debole, avremo che: in totale: n tot ED E + + D n (1 - ) n n = n (1 - ) + n + n, espressione che nella forma più generale diviene: n tot = n (1 - ) + n, da cui n tot = n ( ), da cui n tot = n [ 1 + ( - 1 )] 60

61 Questa espressione ricavata per gli elettroliti deboli, è la più generale poiché riassume tutti i vari casi possibili. Infatti analizziamo le tre ipotesi che abbiamo fatto applicandole a quest ultima equazione. 61

62 1 Soluzione di un non-elettrolita I non elettroliti non dissociano in soluzione, per cui = 0. In questo caso l equazione n tot = n [ 1 + ( - 1)] diviene n tot = n [ 1 + ( - 1)] che ritorna ad essere quella dei non-elettroliti vista all inizio. 62

63 2 Soluzione di un elettrolita forte Gli elettroliti forti dissociano completamente in soluzione, per cui = 1. In questo caso l equazione n tot = n [ 1 + ( - 1)] diviene n tot = n [ ( - 1 )] da cui n tot = n [ ] ossia n tot = n che corrisponde a quella per gli elettroliti forti. 63

64 3 Soluzione di un elettrolita debole E l ultimo caso analizzato, l equazione è quella da cui siamo partiti e che rappresenta il caso più generale che tiene conto di tutte le possibili variabili n tot = n [ 1 + ( - 1 )] L espressione [1 + ( - 1 )] viene indicata col nome di fattore di dissociazione. 64

65 Legge di van t Hoff = pressione osmotica V = n RT da cui: Jacobus Henricus van 't Hoff Rotterdam (1852) - Steglitz (1911) Premio Nobel per la Chimica 1901 = RT c (c = molarità) [1 + ( - 1 )] fattore di dissociazione 65

66 Osmosi nei fenomeni biologici La membrana di tutte le cellule si comporta come una membrana semipermeabili: possono passare solo molecole o ioni piccoli (H 2 O) Estremamente selettive: si Na + (0,97 Å) no K + (1,33 Å). Fleboclisi (immissione di soluzioni nutritive o medicinali nel sangue), è necessario che la soluzione sia isotonica (cioè con la stessa P) con quella del sangue isotonica ipertonica ipotonica 66

67 Dialisi Rene artificiale Eliminazione dal sangue dalle scorie del metabolismo mediante circolazione extracorporea Ottenuta mediante un condotto semipermeabile immerso in una soluzione adeguata. Nella soluzione (dializzato), passano, dal sangue, solo i rifiuti metabolici (cataboliti), come l'urea. Per evitare un depauperamento, per esempio degli ioni Na + e K +, o un loro sbilanciamento (che può essere pericoloso per la pressione sanguigna) è necessario che la soluzione abbia la stessa molalità in Na + e K + del sangue e che sia isotonica. 67

68 Colloidi Caratteristiche intermedie fra le soluzioni e i miscugli eterogenei I colloidi sono sistemi bifasici in cui le particelle hanno un diametro compreso tra i 10 ed i 1000 angstrom Agente disperdente: Fase dispersa: solvente soluto SOL: GEL: EMULSIONE: AEREOSOL: fase solida dispersa in un liquido liquido disperso in un solido liquido in un secondo liquido solido o liquido in un gas 68

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