ACCORDO DI PROGRAMMA PER L ATTUAZIONE DEL PIANO DI ZONA TRA L AMBITO TERRITORIALE DI MONZA COMPOSTO DAI COMUNI DI

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1 ACCORDO DI PROGRAMMA PER L ATTUAZIONE DEL PIANO DI ZONA TRA L AMBITO TERRITORIALE DI MONZA COMPOSTO DAI COMUNI DI Brugherio, Monza e Villasanta LA ASL MONZA E BRIANZA E LA PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA Richiamata la seguente normativa nazionale e regionale: D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e s.m.i. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell articolo 1 della l. 23 ottobre 1992, n. 421 che individua gli organismi per la partecipazione dei Comuni alle politiche sanitarie; D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.i. Testo unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali, in particolare l art. 13, che attribuisce ai Comuni la titolarità delle competenze amministrative nel settore dei servizi alla persona e alla comunità prevedendo la gestione dei medesimi anche in forma associata; L. 8 novembre 2000, n. 328 e s.m.i. Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, in particolare l art. 6, che individua i Comuni quali titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale; L.R. 12 marzo 2008, n. 3 e s.m.i. Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario che persegue obiettivi di integrazione sociale e sociosanitaria, di sviluppo dei principi di sussidiarietà e centralità della famiglia, quale soggetto non solo portatore di bisogno, ma anche quale risorsa da sostenere nella sua funzione sociale; L.R. 30 dicembre 2009, n. 33 e s.m.i. Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità ; Richiamati i seguenti provvedimenti amministrativi regionali: 1

2 DGR n del 13 giugno 2008 Determinazione in ordine all individuazione delle unità di offerta sociali ai sensi dell articolo 4, comma 2 della L.R. 3/2008 ; DGR n del 13 giugno 2008 Determinazione in ordine all individuazione delle unità di offerta sociosanitarie ai sensi dell articolo 5, comma 2, della L.R. 3/2008 ; DGR n del 30 luglio 2008 Rete dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario. Istituzione del tavolo di consultazione dei soggetti del Terzo Settore (art. 11, C.1, lett. M), L.R. N. 3/2008) ; DGR n del 30 luglio 2008 Rete dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario. Istituzione degli Organismi degli Enti Locali, dei soggetti di diritto pubblico e privato, delle organizzazioni sindacali (art. 11, C.1, lett. M), L.R. N. 3/2008) ; Piano Socio Sanitario Regionale 2010/2014 approvato con DCR n. 88 del e s.m.i.; DGR n. 937 del 01 dicembre 2010 Determinazioni in ordine alla gestione del Servizio Socio Sanitario regionale per l esercizio 2011, in particolare l allegato 1 Indirizzi di programmazione che evidenzia come l Accordo di programma per l attuazione del Piano di Zona sia lo strumento di attuazione attraverso il quale l ASL e i Comuni sono chiamati a rispondere in modo integrato a temi quali l accesso ai servizi e l integrazione tra politiche sociosanitarie e sociali; DGR n del 25 febbraio 2011 Linee Guida per la semplificazione amministrativa e la valorizzazione degli enti del Terzo Settore nell ambito dei servizi alla persona e alla comunità ; DGR n del 16 novembre 2011 Un welfare della sostenibilità e della conoscenza Linee di indirizzo per la programmazione sociale a livello locale ; DGR n del 06 dicembre 2011 Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario regionale per l esercizio 2012 ; Richiamato, altresì, il Documento di Programmazione e Coordinamento dei Servizi Sanitari e Sociosanitari dell Asl della Provincia di Monza e Brianza per l anno 2012 approvato con Delibera aziendale n. 30 del 27 gennaio 2012 ; Atteso che l art. 13, comma 1, della L.R. 3/2008, prevede che I comuni singoli o associati.. in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla realizzazione degli obiettivi della presente legge nelle forme giuridiche e negli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini. ed in particolare, programmando, progettando e realizzando la rete locale delle unità d'offerta sociali, nel rispetto degli indirizzi e conformemente agli obiettivi stabiliti dalla Regione, anche promuovendo la partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 3 della medesima legge regionale; Atteso, altresì, che l art. 18 della medesima Legge Regionale definisce il Piano di Zona quale strumento di programmazione in ambito locale della rete d'offerta sociale nel quale prevedere le modalità di accesso alla rete, indicare gli obiettivi e le priorità di intervento, definire gli strumenti e le risorse necessarie alla loro realizzazione, e dispone : o che il Piano di Zona è strumento di integrazione tra la programmazione della rete locale di offerta sociale e la rete d'offerta sociosanitaria in ambito 2

3 o o o o o o distrettuale, anche in rapporto al sistema della sanità, dell'istruzione e della formazione e alle politiche del lavoro e della casa; che i Comuni, nella redazione del Piano di Zona, utilizzano modalità che perseguono e valorizzano il momento della prevenzione e, nella elaborazione di progetti, promuovano gli interventi conoscitivi e di studio rivolti alla individuazione e al contrasto dei fattori di rischio; che il Piano di Zona viene approvato o aggiornato dall'assemblea distrettuale dei sindaci secondo modalità che assicurano la più ampia partecipazione degli organismi rappresentativi del terzo settore e l'eventuale partecipazione della provincia; che il Piano di Zona ha valenza triennale, con possibilità di aggiornamento annuale; che i comuni attuano il Piano di Zona mediante la sottoscrizione di un Accordo di Programma con l'asl territorialmente competente e, qualora ritenuto opportuno, con la provincia e che gli organismi rappresentativi del terzo settore, che hanno partecipato alla elaborazione del piano di zona, aderiscono, su loro richiesta, all'accordo di Programma; che il Piano di Zona disciplina l'attività di servizio e di segretariato sociale; che l ambito territoriale di riferimento per il Piano di Zona costituisce, di norma, la dimensione territoriale ottimale per lo svolgimento in forma associata da parte dei Comuni, delle funzioni in materia di servizi sociali; Richiamati in particolare i principi guida delle Linee di indirizzo regionali per la programmazione a livello locale che pongono al centro del sistema la persona e la famiglia, riconoscendo l unitarietà della persona prima che la differenziazione dei bisogni. Ciò vuol dire spostare il baricentro degli interventi dall offerta alla domanda, disegnando attorno alla persona e alla famiglia politiche integrate (istruzione, formazione, lavoro, casa, trasporti, salute, tempo libero, ecc.), in una prospettiva sussidiaria che promuove sviluppo di opportunità, con il concorso di una pluralità di soggetti e attori sociali, a cominciare dalla famiglia stessa, considerata non più (o non solo) portatrice di bisogni, ma anche di valori e di risorse; Rilevati, in coerenza con le Linee di indirizzo regionali, come strategici i seguenti obiettivi: continuare a perseguire una condivisione ed un governo locale delle politiche sociali assumere responsabilmente e consapevolmente scelte puntuali di posizionamento a fronte di un significativo calo delle risorse nazionali e locali destinate all assistenza concepire politiche di welfare che: realizzino in forma compiuta un sistema di rete territoriale in grado di incontrare la famiglia, coglierne le esigenze e rispondervi in tempi brevi, in modo trasversale ed integrato; diversifichino e incrementino la gamma dei servizi fornendo ai cittadini risposte sempre più personalizzate e sempre meno indistinte; razionalizzino e ottimizzino l impiego delle risorse disponibili, perseguendo modelli di gestione associata dei servizi e l integrazione degli strumenti tecnici e dei criteri di implementazione delle policy; superino le logiche organizzative settoriali, la frammentazione e la duplicazione di interventi favorendo una presa in carico unitaria e semplificando l informazione e le procedure di accesso ai servizi perseguire le seguenti strategie operative: coordinare ed integrare le politiche pubbliche 3

4 diventare imprenditori delle reti, anche attraverso un ri-orientamento del focus, delle priorità e delle competenze, dall attività di offerta di prestazioni (in proprio, o acquistate), all iniziativa di promozione di condizioni di creazione di valore e reciproco beneficio tra gli attori del territorio. orientarsi in modo nuovo nel riconoscimento reciproco di competenze, ruoli, risorse, nell intreccio di relazioni, nella costruzione di interazioni e nella promozione di sinergie nella comunità locale, anche attraverso la valorizzazione del Terzo Settore. Considerato che la pianificazione degli interventi sociali, sociosanitari e sanitari a sostegno dei processi di integrazione deve essere perseguita attraverso la valorizzazione del ruolo programmatorio sia delle ASL che dei Comuni; Acquisito che dal 2008 la programmazione socio-assistenziale e socio-sanitaria ha indicato, in modo integrato, obiettivi e progetti comuni sia ai Piani di Zona che agli atti di Programmazione socio-sanitaria dell ASL; Dato atto che il documento Piano di Zona è composto dalla Parte I relativa alla programmazione Inter Ambiti e dalla parte II che declina in modo specifico la programmazione locale; Preso atto che nella seduta del 20 Aprile, il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci ha approvato il presente Accordo di Programma e il documento Piano di Zona, parte I, Sovra Ambiti ; Dato atto che il presente Accordo di Programma e il documento Piano di Zona (parte I e parte II) sono approvati dall Assemblea dei Sindaci dell Ambito Territoriale di Monza, secondo scadenze e indicazioni regionali; Atteso che, con separati provvedimenti formali, il presente Accordo di Programma sarà oggetto di approvazione da parte dell ASL e della Provincia di Monza e Brianza. Alla luce della positiva esperienza in materia di integrazione sociosanitaria ad oggi realizzata sul territorio della ASL della Provincia di Monza e Brianza, e vista la necessità di rinnovare l Accordo di Programma per l attuazione in tale ambito, TUTTO CIO PREMESSO Si esprime il seguente Accordo Art. 1 - Finalità ed oggetto Il presente Accordo di Programma è diretto a: 1. garantire l integrazione sociosanitaria attraverso un organizzazione dei servizi e delle prestazioni che sia in grado di rispondere ai bisogni complessi del cittadino, inteso nell accezione di persona, famiglia ed aggregato sociale (art. 1, c. 1, L.R. 3/08). 2. dare attuazione tecnico-giuridica al Piano di Zona, che s'intende far parte integrante e sostanziale del presente Accordo, in conformità alla disciplina di cui 4

5 all art. 34 del T.U. degli Enti Locali approvato con D.Lgs. 267/2000 e all art. 18, comma 7, della L.R. n. 3/2008. Le parti che lo sottoscrivono si impegnano alla realizzazione degli obiettivi che loro competono secondo quanto ivi previsto. Art. 2 Documenti di programmazione Il Documento di Programmazione Socio-Sanitaria della ASL ed il Documento Piano di Zona degli Ambiti rappresentano gli strumenti programmatori ed attuativi attraverso i quali si realizza la programmazione locale, concertando le priorità e le modalità di collaborazione sulle tematiche sociosanitarie. Tali documenti indicano anche gli strumenti e i tempi di monitoraggio, di verifica e di valutazione degli obiettivi. L ASL garantisce l attuazione degli obiettivi condivisi attraverso il governo dell intera rete d offerta sanitaria e socio-sanitaria, ivi comprese le Aziende Ospedaliere del territorio, nel raccordo con gli organismi di Rappresentanza dei Sindaci (Conferenza dei Sindaci, Consiglio di Rappresentanza, Assemblee di Distrettuali). Art. 3 Modalità di attuazione L attuazione dell integrazione sociosanitaria si sviluppa su due livelli, uno interdistrettuale ed uno distrettuale. A livello interdistrettuale, la Conferenza dei Sindaci, è l organismo attraverso il quale sono esercitate le attribuzioni comunali in materia di servizi sanitari e sociosanitari; è composto da tutti i Sindaci dei Comuni afferenti al territorio e dal Direttore Generale dell ASL di Monza e Brianza e svolge le seguenti funzioni: a) concorre alla formulazione, nell ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l impostazione programmatica dell attività sociosanitaria e sanitaria; b) esamina il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio di esercizio dell ASL; c) verifica lo stato di attuazione dei programmi e dei progetti delle ASL. Per l esercizio delle sue funzioni, la Conferenza dei Sindaci, si avvale del Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci eletto dalla Conferenza stessa. Le funzioni tecnico ed amministrative ai due organismi, sono garantite dall Ufficio di Supporto agli Organismi di Rappresentanza, istituito dall ASL di Monza e Brianza con apposito regolamento approvato con deliberazione n. 700 del 21/12/2011. A livello distrettuale, le Assemblee dei Sindaci rappresentano il luogo di elezione del confronto tra gli Enti Locali ed il Distretto Sociosanitario, relativamente alla proposta di programmazione, al monitoraggio ed alla valutazione degli obiettivi sociosanitari definiti nelle declinazioni territoriali del Documento di Programmazione Socio-Sanitaria e nei Piani di Zona di Ambito. All Assemblea dei Sindaci partecipano il Direttore di Distretto, su delega del Direttore Generale dell ASL di Monza e Brianza, e il Direttore dell Ufficio di Piano, che nelle loro funzioni sono garanti del perseguimento degli obiettivi e della 5

6 realizzazione delle azioni definite nei documenti di programmazione. Partecipa, altresì, la Provincia di Monza e Brianza, senza diritto di voto. A garanzia di una maggiore efficacia e di facilitazione dei processi di integrazione, la Conferenza dei Sindaci, il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci e le singole Assemblee d Ambito individuano un ulteriore ambito di confronto tecnico (Tavolo interistituzionale ASL/Ambiti), partecipato dai rappresentanti delle Direzioni ASL, dagli Uffici di Piano e dalla Provincia di Monza e Brianza. La definizione e le funzioni di tali organismi sono descritti analiticamente nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 3, a cui si rimanda. Art. 4 Modalità di gestione del Piano di Zona e dell Accordo di Programma I Comuni associati hanno la titolarità delle funzioni di governo del Piano di Zona. L attuazione delle azioni programmate è garantita attraverso l Ufficio di Piano che è parte costitutiva del sistema di governance descritto nel Piano di Zona. L'Ufficio di Piano, in particolare, è la struttura tecnico-amministrativa che nell Ambito territoriale assicura il coordinamento degli interventi e l'istruttoria degli atti di esecuzione del Piano, e, precisamente: supporta la programmazione, pianificando e valutando gli interventi programmati; costruisce e gestisce il budget unico; amministra le risorse complessivamente assegnate (FNPS, FSR, FNA, quote dei Comuni e di altri soggetti); coordina la partecipazione dei soggetti sottoscrittori e aderenti all Accordo di Programma; risponde nei confronti dell Assemblea dei Sindaci, dell Asl e della Regione della correttezza attendibilità e puntualità degli adempimenti previsti rispetto ai debiti informativi regionali. Ciascun Comune dell Ambito contribuisce al funzionamento dell' Ufficio di Piano proporzionalmente alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. L Assemblea dei Sindaci dell Ambito territoriale di Monza individua la sede dell Ufficio di Piano nel Comune di Monza. Sul piano delle politiche sociosanitarie, la Direzione Sociale dell ASL di Monza e Brianza, svilupperà le proprie funzioni secondo una logica spiccatamente territoriale, con la finalità prevalente di: Razionalizzare, semplificare e rendere trasparenti i percorsi di accesso alla rete dei servizi sociosanitari da parte delle persone, delle famiglie e delle comunità; Integrare sul piano territoriale gli interventi delle reti sociosanitaria e sociale; Coordinare gli interventi in materia di conciliazione, famiglia e lavoro in raccordo con la programmazione territoriale. Il Direttore Sociale assume le funzioni di Segretario partecipando, senza diritto di voto, ai lavori della Conferenza dei Sindaci e del Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci. L Ufficio di Supporto agli Organismi dei Sindaci, istituito presso la Direzione Sociale dell ASL, svolgerà funzioni tecnico-operative a supporto dei processi programmatori dell area socio-sanitaria e sanitaria in stretto rapporto con gli 6

7 Uffici di Piano per favorire il massimo raccordo fra la programmazione sociale, sociosanitaria e sanitaria a livello distrettuale. Art. 5 Enti firmatari dell'accordo di Programma, Ente capofila I soggetti firmatari dell Accordo sono i Comuni di Brugherio, Monza e Villasanta, la Provincia di Monza e Brianza e l Asl Monza e Brianza e il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci. Viene individuato il Comune di Monza, quale Ente capofila per l attuazione del presente Accordo di Programma. Le relative attività operative, amministrative e di funzionamento rientrano nelle attribuzioni del Comune capofila. Art. 6 - Adempimenti dei soggetti sottoscrittori Gli enti firmatari, ciascuno in relazione ai ruoli e alle competenze individuate dalla Legge L.R. 3/2008, concorrono in maniera integrata all esecuzione del presente Accordo di Programma, in attuazione del Piano di Zona , attraverso i livelli istituzionali e di attuazione richiamati dall Art. 3, implementandone, secondo le opportunità, gli interventi e garantendone la valutazione periodica. Fermo restando la condivisione generale e complessiva del Documento Piano di Zona, parte I, i Comuni, la Provincia di Monza e Brianza e l ASL di Monza e Brianza, ai fini di realizzare il Piano di Zona e di migliorare la continuità assistenziale nelle diverse aree di priorità e garantire l integrazione della presa in carico, individuano nello specifico le seguenti aree ad alta integrazione socio-sanitaria: o o o o o o o o il Centro per l Assistenza Domiciliare Dinamico, così come descritto nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.1 l Equipe Territoriale Integrata Minori, così come descritta nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.2 il Piano di Azione Locale per i Disabili, così come descritto nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.3 gli interventi per la prevenzione e le dipendenze, così come descritti nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.4 l integrazione con i Consultori, così come descritta nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.5 la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, così come descritta nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.7 l accesso al welfare e la telefonia sociale, così come descritti nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo 4.9 la Protezione Giuridica, così come descritta nel Documento Piano di Zona , Parte I, capitolo Ruolo del Terzo Settore Attraverso il confronto con gli organismi della programmazione partecipata, saranno individuate le modalità di adesione dei soggetti del Terzo Settore al Piano 7

8 di Zona e all Accordo di Programma nel rispetto della normativa regionale in materia. Art. 8 - Risorse umane, finanziarie e strumentali impiegate I soggetti firmatari del presente Accordo si impegnano a concorrere alla realizzazione delle azioni definite mediante allocazione delle risorse umane, finanziarie e strutturali di rispettiva competenza. Nel rispetto delle Linee di indirizzo regionali e delle indicazioni conseguenti che perverranno da Regione Lombardia, si individuano i seguenti ambiti di sperimentazione interdistrettuale che, ad implementazione di quanto già indicato nell articolo 6, si impegnano a realizzare, in funzione ai maggiori trasferimenti che verranno eventualmente riconosciuti: 1) Assistenza Domiciliare; 2) Tutela minori; 3) Disabilità; 4) Accesso al welfare; 5) Dipendenze Ulteriori ambiti sperimentali potranno essere individuati nel corso del triennio, compatibilmente con le indicazioni regionali. I soggetti firmatari convengono che le risorse finanziarie del Fondo Nazionale Politiche Sociali e del Fondo Sociale Regionale, necessarie alla realizzazione delle attività previste dal Piano di Zona, sono assegnate all Ente Capofila, individuato dall Accordo di Programmazione stesso, che curerà la gestione dei fondi anche in relazione ai compiti di liquidazione, monitoraggio e controllo da parte dell ASL. Art. 9 Le modalità di verifica e monitoraggio dell attuazione dell Accordo di Programma La Conferenza dei Sindaci, il Consiglio di rappresentanza e l Assemblea dei Sindaci di Ambito sono responsabili del monitoraggio e della verifica degli obiettivi del presente Accordo. L ASL, attraverso il Direttore Sociale, si impegna ad accogliere gli esiti di tali monitoraggi ed a garantire il superamento di eventuali criticità, anche attraverso il richiamo agli impegni assunti da parte degli Enti con cui ha specifici accordi contrattuali. L Assemblea dei Sindaci, attraverso l Ufficio di Piano, si impegna al rispetto delle scadenze e delle modalità di elaborazione e di alimentazione dei flussi informativi previsti da Regione Lombardia in funzione del monitoraggio dello stato di attuazione della programmazione sociale associata. Il Tavolo interistituzionale Asl/Ambiti definisce un sistema di indicatori qualiquantitativi utili al monitoraggio circa lo stato di attuazione del Piano, i risultati e l impatto delle progettualità previste dal PdZ Tali esiti saranno presentati alla Assemblea di Ambito la quale viene in ogni caso convocata almeno una volta all anno per un incontro con l Asl, in funzione di una restituzione reciproca in ordine allo stato di attuazione delle azioni programmate nel Documento di Programmazione dell ASL MB. In tale occasione si provvederà a determinare eventuali integrazioni, modifiche, 8

9 aggiornamenti, che si rendessero necessari nel corso della gestione operativa dei Piani. Art. 10 Responsabilità Il Comune capofila individua, quale responsabile del procedimento per l' esecuzione dell' Accordo di Programma, il Direttore dell Ufficio di Piano. L' ASL Monza e Brianza individua nel Direttore Sociale, il responsabile del procedimento per l' esecuzione dell' Accordo di Programma, per quanto di rispettiva competenza. La Provincia di Monza e Brianza individua, quale responsabile del procedimento per l esecuzione del presente Accordo, il Direttore del Settore Lavoro e Programmazione Socio-sanitaria. Art. 11 Durata dell Accordo e sua conclusione La durata dell Accordo è fissata al , con decorrenza dalla data di sottoscrizione. Art. 12 Collegio di Vigilanza La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di Programma è svolta da un collegio composto dai Sindaci dei Comuni di Brugherio, Monza, Villasanta, dal Presidente della Provincia di Monza e Brianza e dal Direttore Generale dell Asl, o loro delegati, ed è presieduto dal Presidente dell Assemblea territoriale. L' Ente capofila provvede a fornire al Collegio di Vigilanza il supporto tecnico necessario. Art. 13 Pubblicazione Il Comune di Monza, in quanto Ente capofila, si impegna a pubblicare (anche per estratto) sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia il presente Accordo di Programma e a tenere a disposizione tutta la documentazione per gli Enti sottoscrittori e gli altri soggetti aventi diritto, secondo la normativa vigente..., lì Letto e sottoscritto Per il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci - il Presidente 9

10 (Giacinto Mariani) Per l Asl Monza e Brianza il Direttore Generale (Humberto Pontoni) Per l Ambito Territoriale - il Presidente dell Assemblea dei Sindaci (Pierfranco Maffè) Per il Comune di Brugherio - il Commissario Straordinario (Maria Carmela Nuzzi) Per il Comune di Monza - il Sindaco (Marco Mariani) Per il Comune di Villasanta il Sindaco (Emilio Merlo) Per la Provincia di Monza e Brianza Il Presidente (Dario Allevi) 10

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38 Redazione a cura della Commissione Tecnica Interaziendale Dimissioni Protette PERCORSO CONDIVISO PER GARANTIRE LA CONTINUITA ASSISTENZIALE TRA OSPEDALE E TERRITORIO DEL PAZIENTE RICOVERATO (dimissioni protette) ELABORATO E CONDIVISO DA: ASL PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA A.O. SAN GERARDO A.O. VIMERCATE ISTITUTI CLINICI ZUCCHI POLICLINICO DI MONZA MEDICI DI MEDICINA GENERALE ENTI LOCALI Atto d intesa tra ASLMB, Medici di Medicina Generale, Strutture Ospedaliere pubbliche e private accreditate e i Comuni afferenti al territorio dell ASL Provincia di Monza e Brianza per la attuazione di percorsi di DIMISSIONI PROTETTE. La dimissione protetta è una sequenza integrata di interventi volti a facilitare la continuità delle cure tra l ambito specialistico ospedaliero e l ambito dell assistenza sanitaria e socio-assistenziale territoriale, entro cui si collocano le cure domiciliari. La dimissione protetta è rivolta in particolare ai pazienti che siano giudicati clinicamente dimissibili, ma che necessitino di un supporto dopo la dimissione, che può essere sia a domicilio che presso struttura protetta, perché incapaci di gestire in autonomia le cure e le funzioni primarie quotidiane. Le parti consapevoli della necessità, di condividere indirizzi comuni per l attuazione delle dimissioni protette su tutto l ambito territoriale, che garantiscano uniformità di comportamenti nel rispetto dei singoli contesti locali, concordano le procedure di seguito descritte che costituiscono modello di riferimento per l attuazione dei percorsi 1

39 Redazione a cura della Commissione Tecnica Interaziendale Dimissioni Protette di dimissioni protette a livello dei singoli Distretti/Presidi Ospedalieri/Comuni su tutto il territorio dell ASL. In riferimento alle condizioni socio sanitarie della persona possono essere individuati tre tipologie di percorsi di dimissioni protette: - attivazione per cure sanitarie o socio-sanitarie integrate non differibili - segnalazione al distretto che garantisce la continuità delle cure sanitarie ed attiva, se necessario, il servizio sociale comunale - segnalazione per cure sanitarie differibili (segnalazione ADI) in assenza di criticità sanitarie o sociali - segnalazione per bisogni socio-assistenziali in situazione di fragilità sociale segnalazione al servizio sociale del Comune di residenza. Considerato che: la responsabilità clinica della dimissione è del Direttore di unità operativa ospedaliera la responsabilità dell attivazione del percorso della dimissione è in capo alla direzione di presidio o a suo delegato la responsabilità clinica del piano assistenziale al domicilio è del medico di medicina generale la responsabilità del percorso dell attivazione delle Cure Domiciliari è dell ASL e dei Comuni (ciascuno per le parti di competenza) che garantiscono la continuità delle cure favorendo l integrazione tra i diversi livelli assistenziali e le differenti unità d offerta. Le Aziende ospedaliere si impegnano a: Promuovere le dimissioni protette, per le persone assistite che necessitano di un supporto a domicilio perché incapaci di autogestire le cure e le proprie funzioni quotidiane, attraverso le seguenti azioni: - segnalare al referente delle dimissioni protette del distretto l eventualità di attivare un percorso di dimissione protetta concordando modalità e tempi di dimissione - contribuire per quanto di competenza alla definizione del piano clinico/assistenziale globale applicabile a domicilio, con indicazione sulle necessità terapeutiche, di assistenza sanitaria e di supporto sociale, nonché i tempi e i modi per il monitoraggio e la rivalutazione del piano clinico/assistenziale - identificare e prescrivere (mod. 03) presidi ed ausili necessari per l accettabilità al domicilio, concordandoli con il referente delle dimissioni protette del distretto - educare il care giver(*) sulle modalità di assistenza al paziente ivi compreso l utilizzo di presidi/ausili - collaborare con il distretto, con il medico di medicina generale, con il servizio sociale comunale nella individuazione di soluzioni alternative nel 2

40 Redazione a cura della Commissione Tecnica Interaziendale Dimissioni Protette caso di impossibilità dell assistito al rientro a domicilio attivando i propri servizi sociali se presenti, - individuare e favorire percorsi per l accesso al consulto degli specialisti che hanno avuto in cura il paziente da parte del MMG e degli operatori sanitari coinvolti nell assistenza del paziente Identificare in ciascun presidio e reparto un referente per le dimissioni protette e comunicarlo all ASLMB utilizzare gli strumenti di comunicazione previsti nei percorsi applicativi, favorendone l applicazione anche attraverso specifici corsi di formazione/informazione per il personale coinvolto. I Medici di Medicina Generale si impegnano a: Interagire con i Presidi Ospedalieri e con il Distretto al fine di promuovere le dimissioni protette, per gli assistiti che necessitano di un supporto a domicilio perché incapaci ad autogestire le cure e le proprie funzioni quotidiane, assicurando le seguenti azioni: - valutare con il referente del Distretto e l assistente sociale referente per territorio l accettabilità al domicilio del paziente, concordando modalità e tempi della dimissione - definire con il referente del Distretto, con l assistente sociale comunale e la consulenza del medico dell unità operativa ospedaliera il piano clinico/assistenziale applicabile al domicilio, contente le indicazioni terapeutiche e di assistenza sanitaria e sociale, consultando per quanto di competenza il medico dell unità operativa ospedaliera - educare il care giver sulle modalità di assistenza domiciliare al paziente ivi compreso l utilizzo di presidi/ausili - garantire gli accessi domiciliari necessari alla definizione e al monitoraggio del PAI ( Piano Assistenziale Individualizzato) e avviare, se necessario,le pratiche per l accertamento dello stato di invalidità, redigendo una certificazione medica. collaborare con il Distretto, con l assistente sociale comunale referente per territorio e con il medico dell unità operativa ospedaliera nella individuazione di soluzioni alternative, nel caso d impossibilità di rientro a domicilio dell assistito L ASL si impegna a: Promuovere le dimissioni protette, per gli assistiti che necessitano di un supporto a domicilio perché incapaci ad autogestire le cure e le proprie funzioni quotidiane, garantendo che ogni Distretto attui le seguenti azioni: 3

41 Redazione a cura della Commissione Tecnica Interaziendale Dimissioni Protette - individuare un referente delle dimissioni protette e comunicarlo ai presidi ospedalieri, ai medici di medicina generale, ai Servizi Sociali Comunali - concordare modalità e tempi della dimissione con il medico di medicina generale e il medico curante dell unità operativa ospedaliera, valutando l accettabilità al domicilio del paziente (disponibilità della famiglia e/o del care giver, definizione delle necessità socio-assistenziali e dei relativi presidi e ausili) - educare il care giver sulle modalità di assistenza domiciliare al paziente ivi compreso l utilizzo di presidi/ausili - definire il piano clinico/assistenziale applicabile al domicilio contente le indicazioni terapeutiche e di assistenza sanitaria e sociale, in accordo con il medico di medicina generale ed il Servizio Sociale Comunale, sentito per quanto di competenza il medico dell unità operativa ospedaliera - definire con il medico di medicina generale ed il Servizio Sociale Comunale gli obiettivi del PAI ( Piano Assistenziale Individualizzato), concordando anche i tempi e i modi per il monitoraggio e la rivalutazione - assicurare l erogazione dei presidi e ausili necessari per il rientro a domicilio collaborare con il MMG e con il medico dell unità operativa ospedaliera ed il Servizio Sociale Comunale nella individuazione di soluzioni alternative nel caso di impossibilità di rientro a domicilio dell assistito, I Comuni si impegnano a: Promuovere le dimissioni protette, per le persone residenti sul territorio comunale che necessitano di un supporto socio-assistenziale a domicilio per le funzioni primarie quotidiane, garantendo che ogni Servizio Sociale Comunale attui le seguenti azioni: - individuare un referente delle dimissioni protette per il territorio comunale e comunicarlo ai presidi ospedalieri, ai medici di medicina generale, ai referenti dei Distretti - segnalare le criticità sulla dimissione al MMG, al medico referente dell unità operativa ospedaliera ed al Servizio Sociale Ospedaliero se presente, valutando l accettabilità al domicilio del paziente - erogare direttamente con propri operatori o attraverso agenzie accreditate interventi diretti di supporto alla persona, al mantenimento della qualità dell ambiente nel rispetto dei regolamenti e dei criteri vigenti per la presa in carico - educare il care giver sulle modalità di assistenza domiciliare al paziente ivi compreso l utilizzo di presidi/ausili a carattere socio-assistenziale in dotazione alla persona - definire con il medico di medicina generale ed il Distretto gli obiettivi del PAI ( Piano Assistenziale Individualizzato), sentito per quanto di 4

42 Redazione a cura della Commissione Tecnica Interaziendale Dimissioni Protette competenza il medico dell unità operativa ospedaliera ed il Servizio Sociale del Presidio Ospedaliero se presente, concordando anche i tempi e i modi per il monitoraggio e la rivalutazione collaborare con il MMG, il Distretto, con il medico referente dell unità operativa ospedaliera ed il Servizio Sociale del Presidio ospedaliero nella individuazione di soluzioni alternative nel caso di impossibilità di rientro a domicilio dell assistito, Impegni per tutti i Soggetti L ASLMB, i Medici di Medicina Generale, le Aziende Ospedaliere ed i Comuni nel sottoscrivere il presente documento, che costituisce atto di intesa tra le parti, si impegnano a rispettare le linee di indirizzo in esso definite ed a garantire il monitoraggio del processo in corso attraverso una Commissione Tecnica (Tavolo Interaziendale Permanente) coordinata dall ASL, composta da referenti individuati da Medici di medicina generale, Aziende Ospedaliere, ASL e Comuni con il compito di: definire percorsi/eventi formativi che coinvolgono le figure professionali delle Aziende e Strutture implicate nelle dimissioni protette, identificare e perfezionare gli strumenti di comunicazione in atto tra i diversi attori implicati nel percorso delle dimissioni protette, monitorare periodicamente il livello di applicazione della presente procedura nelle diverse realtà locali, monitorare l omogeneità e la rapidità nell erogazione dei presidi, recepire le criticità e proporre i possibili percorsi di miglioramento. (*) care giver : donatore di cure persona di riferimento, che si prende cura della persona non autosufficiente. 5

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53 Piano territoriale Conciliazione Famiglia e Lavoro Monza e Brianza Comune di Bovisio Masciago Comune di Ceriano Laghetto Comune di Cesano Maderno Comune di Desio Comune di Limbiate Comune di Muggiò Comune di Nova Milanese Comune di Varedo Ambito di Desio Ambito di Vimercate Ambito di Monza Ambito di Carate Bianza

54 INDICE PREMESSA... 2 MODELLO ORGANIZZATIVO... 4 FINALITA GENERALI E RISULTATI ATTESI... 6 ANALISI DELLA DOMANDA E DEI BISOGNI NEL TERRITORIO DELL ASL MONZA E BRIANZA... 8 MAPPATURA DELLE AZIONI/PROGETTI/SERVIZI TERRITORIALI IN TEMA DI CONCILIAZIONE E COSTRUZIONE DELLA FILIERA AZIONI E OBIETTIVI DEL PIANO TERRITORIALE CONCILIAZIONE MONITORAGGIO E VERIFICA ALLEGATO

55 PREMESSA Sulla scorta della DGR. R. L. 381/2010 sul territorio di Monza e Brianza è stato firmato il 30 novembre 2010 l Accordo territoriale sulla Conciliazione Famiglia e Lavoro. Tale Accordo segnala l interesse del territorio per l attivazione di un Piano di Interventi che incrementi un adeguato sviluppo finalizzato alla valorizzazione della famiglia come soggetto attivo e come risorsa imprescindibile del welfare, attivando un complesso di azioni e di interventi tesi al miglioramento della conciliazione famiglia-lavoro. In particolare si intende sostenere la costruzione e lo sviluppo di un sistema di politiche e di azioni volte alla conciliazione con specifico riferimento alle esigenze espresse dal territorio e alla valorizzazione delle risorse territoriali con gli obiettivi di lungo termine di: - potenziare il benessere della comunità e la competitività del sistema economico; - migliorare il benessere all interno dei nuclei familiari, con particolare riferimento alla condivisione dei compiti di cura e ad una migliore gestione dei tempi della famiglia; - consentire la libera partecipazione al mercato dei lavoratori e delle lavoratrici gravati dai compiti di cura familiare; - favorire il miglioramento del benessere dei lavoratori e delle lavoratrici sul posto di lavoro; - facilitare la creazione e la condivisione di competenze nell ambito dei servizi per la conciliazione, delle politiche dei tempi, della organizzazione del lavoro; - favorire le pari opportunità e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Il territorio, già sensibile ai temi della conciliazione, ha espresso diverse esperienze frutto dell attività di diversi soggetti istituzionali e non (parti sociali, associazionismo, terzo settore), che sono state oggetto di attenzione come testimoniano ad esempio : a) il Convegno recentemente organizzato nell ambito del Festival delle Famiglie a Monza dal Consorzio Comunità Brianza, con la collaborazione dell Ambito di Monza, e che ha visto la partecipazione di diversi soggetti istituzionali, del Terzo settore e del mondo dell imprenditoria; all interno del convegno è stato anche presentato il progetto di una ricerca rivolta alle famiglie, che ha, tra gli altri, lo scopo di meglio comprenderne i bisogni. b) le diverse iniziative già assunte dai Piani di Zona territoriali nell ambito della conciliazione impegni familiari/lavoro, tenendo presente le esigenze dei cittadini; sono state così adottate non solo soluzioni organizzative che semplificassero e rendessero flessibile l accesso ai servizi stessi, ma sono stati avviati interventi finalizzati alla diffusione del tema a livello culturale. La crescita di una cultura della condivisione della responsabilità di cura può infatti contribuire a contrastare la possibile espulsione delle donne dal mercato del lavoro, senza che ne siano penalizzate le scelte di vita familiare. Nell affrontare la definizione di un Piano degli Interventi centrato sul tema della conciliazione famiglia/lavoro, la famiglia deve emergere come risorsa vitale per la collettività e quindi pienamente valorizzata nelle molteplici funzioni, da essa svolte, a favore dei suoi componenti, definendosi quindi con i contorni propri di un soggetto a valenza pubblica che genera valore per l intera società. L attenzione riservata alla famiglia assume una funzione strategica trasversale ai vari settori delle vita pubblica e privata all interno della quale sono coinvolti e si mettono in rete gli operatori pubblici e si valorizzano e orientano i servizi erogati dai soggetti privati. Le organizzazioni pubbliche e private possono offrire interventi e servizi qualitativamente aderenti alle esigenze delle famiglie, qualificando il territorio come il luogo in cui in modo strategico si 2

56 sperimentano e si integrano le politiche pubbliche e si rinnovano i modelli organizzativi, attraverso il confronto. Il Piano di Interventi che si è costruito cerca quindi di rispondere alle esigenze proprie del nuovo modello di welfare che richiede la ricerca di percorsi virtuosi e inediti di protezione e promozione sociale e familiare. Il tema della conciliazione aggrega attori e risorse che condividono il fine comune di accrescere sul territorio il benessere familiare e consente, attraverso il rafforzamento delle relazioni, di generare altre risorse; nella costruzione di nuove relazioni di fiducia reciproca e di cooperazione si produce capitale sociale/relazionale. Si tratta quindi di costruire un sistema che consenta di creare, grazie ad una convergenza di obiettivi, una rete di imprese e servizi pubblici family oriented, quale alleanza concreta tra pubblico e privato, supportati dalla partecipazione delle associazioni familiari e del terzo settore. Di fatto, le politiche di pari opportunità, con accezione più ampia, e le successive azioni positive promuovono innanzitutto interventi rivolti a potenziare la posizione delle donne nel mercato del lavoro, cercando soluzioni per una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita privata. Un richiamo particolare merita il tema delle donne con disabilità che come richiamato dall art.6 nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del e successive ratificazioni sono soggette a discriminazioni multiple. Nell adozione di ogni idonea misura volta ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, questo aspetto deve essere tenuto presente e tradursi, così come per i minori con disabilità e per le persone anziane con disabilità, in accessi privilegiati ai programmi di protezione sociale (ibidem, art. 28). Si tratta di orientamenti, attività formative e organizzative, sperimentazioni, con le finalità di potenziare le possibilità di lavoro e di carriera delle donne, di eliminare o di prevenire la discriminazione o di compensare gli svantaggi. E però imprescindibile, quando si parla di conciliazione, tenere in considerazione anche il sistema di condivisione del lavoro di cura, al fine di sviluppare un nuovo contratto sociale di genere fra uomini e donne. Per le organizzazioni, sono quindi azioni per la conciliazione dei tempi tutti quegli interventi che facilitano ai lavoratori e alle lavoratrici l armonizzazione dei tempi quotidiani, sia di lavoro che di tipo personale o familiare. 3

57 MODELLO ORGANIZZATIVO A seguito della firma dell Accordo è stato quindi attivato il Tavolo di indirizzo politico/istituzionale che si è riunito il 23 dicembre 2010 e che ha dato inizio all organizzazione delle attività finalizzate alla definizione del Piano territoriale degli interventi. Il Tavolo ha coinvolto attivamente, oltre ai SOGGETTI PROMOTORI 1, anche i seguenti soggetti aderenti: - Confindustria Monza e Brianza - Apa confartigianato imprese - Ufficio scolastico territoriale - Aler - Fondazione della comunità di Monza e Brianza Onlus - CGIL - CISL - UIL - Compagnia delle Opere Monza e Brianza - Forum regionale delle associazioni familiari/associazione nazionale famiglie numerose - Forum del terzo Settore. Condividendo la visione della complessità della situazione e nella logica di una governance dell Accordo che rafforzi e valorizzi i contributi dei diversi soggetti concorrenti, sono stati avviati i lavori di tre sottogruppi con l intento di rendere fattiva la collaborazione, innescando processi di comunicazione circolare. Ai tre sottogruppi hanno partecipato quindi soggetti diversi, portando ognuno le proprie esigenze e la propria ricchezza, in termini di informazioni, capacità, risorse. Due sottogruppi sono stati finalizzati a fornire materiale già elaborato utile per la stesura del Piano degli Interventi (terzo sottogruppo) raccogliendo e riorganizzando dati relativi ai bisogni e alla domanda del territorio, servizi e progetti in atto, esperienze significative in tema di conciliazione, individuazione di risorse attivabili, indicazioni di possibili azioni, ecc. Un primo obiettivo che si può dire perseguito e raggiunto riguarda quindi l attivazione di intensi rapporti collaborativi, che hanno esitato nella costruzione di un linguaggio comune, nella produzione di due strumenti (i questionari della conciliazione), nel rafforzamento dell obiettivo comune: condividere una cultura della conciliazione che si traduca in prassi operative. La modalità partecipata con cui si è preceduto nella costruzione del Piano degli Interventi è indicativo dell orientamento che si intende dare alla realizzazione di quanto previsto nell Accordo. Nel lavoro di composizione delle informazioni e delle conoscenze specifiche di ogni soggetto coinvolto, che hanno avuto come esito la formulazione del Piano, si è proceduto secondo una logica di connessione delle reti già esistenti, all interno di una cornice comune e condivisa. Ognuno, partecipando, ha così messo a disposizione la propria rete, iniziando a costruire di fatto una rete di reti, che moltiplicando i rapporti e gli scambi si rende garante della diffusione di quanto previsto nel Piano degli Interventi. L azione di coordinamento e governo della rete sarà compito specifico del capofila dell Accordo, che assume così il ruolo di guida operativa, assicurando la piena realizzazione delle progettualità, e procedendo altresì alla verifica puntuale della programmazione e dell avanzamento degli interventi, in raccordo con il tavolo politico-istituzionale. Concretamente verranno quindi organizzati incontri periodici, a scadenze più o meno ravvicinate a seconda dell esigenza e del momento e finalizzate al monitoraggio dell intero Piano. 1 Regione Lombardia; Asl Monza e Brianza; Provincia di Monza e Brianza; Camera di commercio, Industria,Agricoltura, Artigianato di Monza e Brianza; Comune di Monza; Ambito Territoriale di Monza; Ambito Territoriale di Desio; Ambito Territoriale di Seregno;Ambito Territoriale di Carate Brianza; Ambito Territoriale di Vimercate; Consigliera di Parità Provinciale 4

58 Questi incontri sono previsti sia in senso trasversale sull intero Piano che specificamente sulle singole azioni. I momenti di incontro per il monitoraggio del progetto sono pensati secondo una logica relazionale che intende favorire processi di empowerment che valorizzano le competenze di ciascuno promuovendo una guida diffusa della rete fra i soggetti coinvolti. 5

59 FINALITA GENERALI E RISULTATI ATTESI Conciliare tempi di vita e tempi di lavoro significa attivare politiche sensibili, interventi e progetti mirati. Una distribuzione equilibrata e soddisfacente del tempo tra vita familiare e vita lavorativa rappresenta il primo e fondamentale obiettivo verso la costruzione di una società in cui maggiore attenzione viene riservata al perseguimento di un benessere che integri la realizzazione professionale e quella personale: una vita più serena ed equilibrata è anche più produttiva. Come recita la Risoluzione del Consiglio dell Unione Europea del 29 giugno 2000: La partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini sia al mercato del lavoro che alla vita familiare, che va a vantaggio sia degli uomini che delle donne, costituisce un elemento indispensabile allo sviluppo della società e la maternità, la paternità e i diritti dei figli sono valori sociali fondamentali. Il Piano elaborato persegue quindi i seguenti obiettivi generali: attivare nelle aziende flessibilità di orari e accordi con conseguenti modalità organizzative del lavoro organizzare un sistema di gestione dei tempi e degli orari delle città coordinati coordinare un sistema dei servizi e delle strutture, integrato, tenendo conto anche della mobilità sul territorio semplificare il sistema delle Amministrazioni pubbliche, con il loro ruolo e le loro politiche, rendendole più attente e vicine ai bisogni dei cittadini sollecitare una condivisione del lavoro familiare e di cura tra uomini e donne promuovere modelli culturali, stili di vita e atteggiamenti orientati al genere sostenere la famiglia nel suo ruolo sussidiario, valorizzare la consultazione e la partecipazione attiva delle associazioni familiari e delle associazioni femminili attivare nel territorio opportunità e responsabilità per sostenere azioni capaci di prevenire situazioni di potenziale disagio. E importante altresì evidenziare e mettere in luce iniziative, già presenti nel nostro territorio, specificatamente finalizzate a sostenere ad esempio le famiglie con figli, a favorire la nascita di nuove famiglie, a dare risposte innovative a bisogni di cura onerosi. Vi sono inoltre esempi diversi di imprese che hanno promosso, nel corso degli ultimi anni, e realizzato sistemi che, pur salvaguardando i criteri di produttività propri dell impresa, realizzano politiche di gestione dei dipendenti in modo innovativo, rispondendo a bisogni individuali e collettivi. Queste esperienze possono rappresentare i presupposti per un territorio sensibile alle tematiche della famiglia, offrendo esempi di BUONE PRASSI. Un esempio in tal senso riguarda i servizi di inserimento lavorativo, che si rivolgono a persone in età lavorativa in condizione di svantaggio e/o con invalidità pari o superiore al 46 %, in questo caso iscrivibili nelle liste del Collocamento Obbligatorio ai sensi della L. 68/99. I servizi, dotati di metodologia e strumenti idonei alla formulazione di progetti individuali di integrazione socio lavorativa, possono diventare partner delle aziende che ne richiedono la collaborazione. La promozione di una cultura dell integrazione lavorativa favorita dal concetto di inserimento mirato e non casuale della L 68/99, ha consentito negli anni il rafforzamento di pratiche di 6

60 collaborazione con le aziende e il raggiungimento di obiettivi sia per le imprese che per i beneficiari del servizio. Le numerose esperienze progettuali, condotte anche in partnership attraverso finanziamenti dedicati (es. Comunità Europea, Piano Provinciale Disabili, ecc.), hanno permesso a servizi e aziende l individuazione e la sperimentazione di buone pratiche, che hanno portato, nel tempo, all aumento del numero delle aziende che richiedono la collaborazione ai servizi, sia per beneficiare dei vantaggi derivanti dall assolvimento dell obbligo di legge, sia per usufruire della competenza di mediazione lavorativa propria dei SIL. Nella storia recente, si rintracciano inoltre esperienze di governo dei tempi del territorio, dove si collocano tutte quelle buone prassi orientate a far risparmiare tempo agli attori del sistema: famiglia, imprese, istituzioni. In particolare, nel nostro contesto sono attive da qualche anno esperienze di gestione di politiche temporali urbane, che hanno portato all attuazione, da parte di alcune Amministrazioni comunali, del Piano Territoriale degli Orari, come da indicazioni contenute nella Legge nazionale 53/2000 e dalla successiva legge regionale 28/2004 (Legge per le politiche regionali per il coordinamento e l amministrazione dei tempi delle città). Si tratta di Piani che indicano le linee di intervento messe in campo dalle Amministrazioni comunali per migliorare la mobilità e l accesso ai servizi di interesse collettivo e per favorire un innalzamento della qualità della vita dei cittadini. 7

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