Documenti. Bernardo Gianni, Abate di Monte Oliveto. 14 agosto 2016 XX domenica del tempo ordinario

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1 Documenti Bernardo Gianni, Abate di Monte Oliveto «Un lama di fuoco. Per una ricostruzione evangelica della nostra umanità» 14 agosto 2016 XX domenica del tempo ordinario Dal libro del profeta Geremìa In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango. Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c è più pane nella città». Allora il re diede quest ordine a Ebed-Mèlec, l Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia» Dalla lettera agli Ebrei Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. 1

2 Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato. Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Omelia Fratelli e sorelle, stona dover parlare della via con cui Dio ha rivelato il suo amore, pagandone fino alle estreme conseguenze il suo prezzo, stona parlarne nel cuore dell'estate, stona turbare quel senso di pace rassicurante con la quale, più o meno a diversi livelli, tutti noi siamo sempre più persuasi che la nostra vita debba contentarsi di diventare sopravvivenza, installandola nelle coordinate sicure di alcune presunte certezze. Non voglio portare, sia chiaro, il mio discorso ad un livello immediatamente ed esclusivamente sociopolitico, nemmeno del resto ad un livello esclusivamente psicologico, l'ambizione è quella di riconoscerci tutti, me per primo, tentati da questo gesto estremo che subisce il profeta Geremia, un gesto storico, ma che diventa anche metafora simbolica, ripeto, tanto a livello sociale e storico quando a livello psicologico, per cui al disturbo che la verità comporta si preferisce occultarla, nasconderla, nemmeno in un pozzo pieno di acqua, nemmeno in un pozzo per così dire, secco, dove essa possa rimbalzare e frammentarsi, la verità anche nei suoi frammenti può tagliare, meglio un fondo limaccioso, fangoso, dove la stessa verità come sabbia mobile è costretta ad essere inghiottita e dimenticata. C'è nella pagina di Geremia una sconvolgente illuminazione su questa grande tentazione che inabita il cuore dell'uomo, quella appunto di costruire delle verità a proprio piacimento, a proprio gradimento, a propria utilità, la fatica della verità è una fatica avventurosa, implica, non diversamente dalla fede, un grande cammino dinamico di ricerca, verità dal greco Aletheia, nella sua etimologia più vera implica proprio questo svelamento, questo denudare, questo coraggio con cui mettiamo le mani sulle false apparenze per non essere inevitabilmente disturbati da tutto ciò che per sopravvivere preferiamo occultare. 2

3 Il Signore Gesù ha una lama drammatica per svelare le mille contraddizioni del nostro accomodamento umano, non della nostra condizione umana, del nostro accomodamento umano, perché la condizione umana in se stessa è, e deve essere, appassionata di verità, della scomoda avventura verso l'umanità, questa lama che il Signore Gesù impiega come se fosse davvero il temperino con cui Fontana squarciava i quadri, per denunciare con un gesto estetico di grande pregnanza, la finzione con cui anche l'arte può diventare occultamento della verità stessa, andando attraverso la tela alla ricerca, non di una metafisica, per così dire, al di là della storia, ma per così dire a quel grembo che sta nascosto nel nostro cuore, ove si possa trovare come rinnovata passione questo nostro atteggiamento adulto, forte, maturo, di esplorazione, laddove l'accomodamento ci ferma e ci rassicura. Il Signore Gesù impiega quel temperino che è la croce, un temperino di cui il Signore ha patito fino alle estreme conseguenze tutta la sua forza decostruttiva, non dico distruttiva, uso un termine importante, nella decostruzione c'è anche la possibilità che ad essa segua una ricostruzione, in altre parole l'immagine forte del fuoco che ci può spaventare, l'immagine forte di questa scissione che arriva a indebolire i gangli vitali di ogni famiglia, con buona pace di ogni rilettura moralistica del Vangelo, serve proprio a ricordarci che il Vangelo è anzitutto, fratelli e sorelle, una azione ed una forza decostruttiva. C'è voluto tutto il grande travaglio filosofico del '900 per acquisire in pienezza questa parola, la decostruzione, e non son qui a far sfoggio in piena estate, per carità, delle mie ben poche competenze filosofiche, ma appassionarvi questo sì, un po' stamani, di decostruzione, a renderci tutti un po' come il grande Fontana, disprezzato un po' perché ritenuto un artista, come dire... fin troppo facile tagliare una tela, c'è grande sapienza in quel gesto che peraltro ci dona delle pitture di grandissima bellezza ed intensità, tutti noi dovremmo essere un po' capaci di decostruire la realtà per come ci appare, gli interessi per come ci sembrano prioritari, gli interessi, i profitti, gli accomodamenti, per come ci sembrano garantire la mia sopravvivenza ed appassionarci invece di vita. Di vita piena. Difficile certo questo passaggio, significa mettersi tutti un pochino in corsa, lasciar perdere le nostre presunte certezze e diventare uomini e donne di speranza, perché anche questo la buona tradizione cattolica ce lo insegna, non la certezza è virtù teologale, ma la speranza e la speranza implica proprio questo investimento in qualcosa che sta oltre quello che io vedo e posso constatare. Domenica scorsa il Vangelo ha qualificato la nostra esperienza di fede e oggi potremmo quasi dire che ci chiede di essere uomini e donne di speranza, e con questa speranza addirittura lasciarsi attraversare dalla decostruzione del Vangelo, che significa rimetterci sanamente in discussione, preferire, per così dire, come ha fatto Geremia, per la autenticità della nostra parola e del nostro cuore, anche il rischio di sprofondare nel fango, pur di non 3

4 scegliere commistioni e combinazioni che indeboliscano la condizione umana che non ci dimentichiamo, è immagine e somiglianza di Dio. Per questo il fuoco, per questo il battesimo di cui parla il Signore Gesù, causa di angoscia per noi, chi non prova angoscia a doversi immergere nella realtà, baptìzein questo vuol dire in greco, immersione, immergere, il che significa che il Signore Gesù non è venuto per restare sulla superficie delle cose, come facciamo noi per sopravvivere, muovendo i piedi con una prudenza calcolatrice, evitando di sprofondare nella realtà delle cose; Geremia si lascia sprofondare, non teme, per autenticità della sua parola di verità e in obbedienza all'impeto dello Spirito che il Signore gli dona, di denunciare gli accomodamenti con cui il Re Sedecìa fa credere che tutto va bene nel suo territorio, quando tutto bene non va, e fa la fine di ogni profeta, da lui al Battista, a Dietrich Bonhoeffer e a tanti altri, coloro che pagano con la loro carne cosa significhi immergersi nella verità per svelare e possibilmente farne brillare la sua forza, davvero guaritrice, nel nostro cuore che spesso preferisce l'anestesia. Allora appunto una dinamica forte, il fuoco appunto, il battesimo che causa angoscia al Signore e questa affermazione lucana indubbiamente di difficile gestione, soprattutto da un punto di vista pastorale, come dire alla gente dopo aver fatto magari dieci family-day che la famiglia in forza del Vangelo può addirittura sgretolarsi, se questo la forza della croce ci chiede? Sono un po' ironico naturalmente, non mi fraintendete..ma il Signore Gesù usa appunto un linguaggio che va al cuore delle cose, perché ci chiede di andare al cuore delle relazioni, ad evitare gli interessi delle consortorie, di una cattiva interpretazione della famiglia come tutela dei nostri interessi, poi tutto ciò che al di là di essa, possa accadere quello che accade, rimette in discussione in altre parole tutto quello che il dato naturale, sociale e culturale dà per scontato, il Vangelo riporta l'uomo alla sua nudità esistenziale, addirittura ad una sua solitudine che si smuove per questa rincorsa con l'altro solitario, che è lo stesso Signore Gesù, come mirabilmente ci mostra la lettera agli Ebrei, chi di noi si pensa nell'avventura della fede come in corsa verso il Signore Gesù? Spogliato di ogni inutile orpello, di ogni falsa rassicurazione, questo la lettera agli Ebrei ci dice e semmai se qualcuno deve farci compagnia è proprio la solitudine dei profeti, di coloro che come testimoni hanno patito cosa implichi lo stare a tu per tu col Signore Gesù, cogliendo nello stesso tempo, fratelli e sorelle, questo dato essenziale della nostra fede, la centralità di Cristo, in questa pagina della lettera agli Ebrei che vi invito a rimeditare, anche davvero riscoprire insieme che l'interfaccia col mistero di Dio è proprio il volto umano del Signore Gesù, fratelli e sorelle, non abbiamo altra via, non abbiamo altre esperienze mistiche, teologiche che non sia l'umanissimo volto del Signore Gesù, una prova l'avete alle vostre spalle, volgete un attimo il vostro sguardo verso la nostra facciata, fatelo davvero fratelli e sorelle, cosa ci vedete nella nostra facciata se non due occhi e una bocca spalancata? 4

5 E' il volto di Cristo quello! Che i nostri architetti hanno disegnato nel cielo della nostra Firenze perché l'uomo ramingo si ricordasse che il suo percorso diventa pellegrinaggio ed ha una meta, quando riconosce, oltre al suo, un altro volto, quello del Signore Gesù appunto, che svela la divinità di Dio, così grande da farsi umano, da perdere cioè se stessa, in una parola filosofica da decostruirsi per ricostruire l'uomo. Capite il passaggio? Perché il primo maestro di decostruzione è proprio l'amore di Dio, l'amore, dicono i padri orientali kenotico, che si svuota, appunto che si immerge, si lascia battezzare pur di arrivare incontro alla nostra fragilità e restituirne la pienezza della dignità. Ecco tutta questa prospettiva fratelli e sorelle, che può urtare e confondere, mescolare un po' le nostre presunte certezze, soprattutto quando cerco di esporvela io che sono il caotico per eccellenza, in realtà dovrebbe lasciare nei nostri cuori un grande senso di pace, perché la verità non mi appartiene, semmai evangelicamente io appartengo alla verità, io appartengo alla verità, il che significa io devo essere al servizio della verità, non il contrario, non servirmi della verità per imporre la mia presenza. Dio in Cristo non fa questo, fratelli e sorelle, appunto si decostruisce perché la sua verità è l'amore, è la passione per l'uomo, è lo svuotarsi, il perdere, lui per primo, se stesso, la sua condizione regale, in Cristo assumere quella del servo per raccogliere l'umano e non può che essere un volto a dirci tutto questo, non i concetti, non le omelie, non le teologie, nemmeno quelle più raffinate, ma il volto del Signore Gesù e quanto di volto, di verità e di amore può brillare nei nostri occhi e ispirare i nostri gesti, le nostre parole, le nostre accoglienze, interpretare cioè che decostruendo la nostra idea di famiglia, nuora contro nuora, suocera etc etc noi siamo invitati ad allargare lo sguardo con l'espansione dell'amore kenotico di Dio e a ricordarci che siamo finalmente famiglia umana. Quante volte deve ricorrere e dovrebbe ricorrere questo sintagma, come si dice, famiglia umana, bellissima espressione, ci ricorda che quello che accade ad Aleppo riguarda anche me, che non posso fare serenamente ferragosto, o meglio lo dobbiamo fare serenamente ferragosto sulla riva del mare -così oggi avete anche un prete che non vi dice di venire a messa domani- andateci al mare, ovviamente, alla messa ci si deve andare, ma va bene anche al mare, però andarci e stare sulla spiaggia memori di quanto sta accadendo ad Aleppo, memori di quanto accade sui nostri mari, e non per raggiungere spiagge deserte, una memoria che diventa così esperienza di un cuore non più anestetizzato ma semplicemente sensibile, che usa i sensi con cui Dio, con quello sguardo, cerca l'uomo, perché l'uomo attraverso il suo sguardo, ritrovando se stesso, riscopra la sua vocazione divina, niente altro che la via verso l'amore e la verità. Amen Trascrizione a cura di Grazia Collini 5