Progetto grafico: Tecnograf s.r.l. Stampato in Italia da Tecnograf s.r.l. Direttore Responsabile: Giancarlo Martignoni

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1 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Pubblicazione di informazione scientifica oncologica a cura di N 3 Dicembre 2013

2 L Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. EDIZIONI TECNOGRAF S.r.l. Via Piave, Canegrate (MI) Tel. (+39) Fax (+39) tecnograf@grafichetecnograf.it Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell Editore. Progetto grafico: Tecnograf s.r.l. Stampato in Italia da Tecnograf s.r.l. Direttore Responsabile: Giancarlo Martignoni Registrazione Tribunale Civile e Penale di Milano n. 301 del 30 settembre 2013 Edizione speciale fuori commercio riservata ai Sigg. Medici

3 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 1 SOMMARIO EDITORIALE: Il GISCAD che verrà Roberto Labianca 3 Neoplasie gastro-intestinali: tumori colorettali. Selezione dei migliori contributi del 2013 Michela Squadroni, Cristina Ripa, Maria Grazia Sauta, Chiara Maria La Spina, Sergio Stinco, Giordano Beretta 5 Neoplasie gastro-intestinali: tumori non colorettali. Selezione dei migliori contributi del 2013 Fausto Petrelli, Andrea Coinu, Sandro Barni : Mutamenti di strategia nel trattamento delle neoplasie gastro-intestinali: tumori del colon e del retto Sara Lonardi, Francesca Bergamo, Francesca Battaglin : Mutamenti di strategia nel trattamento delle neoplasie gastro-intestinali: tumori non colorettali Rossana Berardi, Agnese Savini, Francesca Morgese, Azzurra Onofri, Stefano Cascinu 29 Uomini, Topi e Semi di Melograno Alberto Zaniboni 39 GISCAD NEWS 41 N 3 DICEMBRE 2013

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5 3 EDITORIALE: IL GISCAD CHE VERRA Roberto Labianca Presidente GISCAD Cari amici, vi scrivo direbbe il mai troppo compianto Lucio Dalla riferendovi delle novità che ci aspettano per l anno prossimo in casa GISCAD. Più modestamente, voglio dirvi che il Consiglio Direttivo ha pensato che nel corpaccione del nostro glorioso gruppo debbano essere introdotte alcune modifiche atte a rinnovarne le ambizioni e la operatività (come diceva sempre un altro grande, il mago Helenio Herrera). Qualcuno dei giovani che ormai popolano ampiamente l Oncologia Medica del nostro Paese mi ha recentemente parlato criticamente dei Babbi Natale che si ostinano ad occupare la scena nazionale: in effetti, guardate le foto del nostro organismo dirigente e ditemi se, barbuti o no, non abbiamo tutti (o quasi) un aria di vecchi saggi con un alta percentuale di nonni E allora vogliamo darci una rinfrescata e vogliamo dimostrare che almeno noi, in questo Paese ad alto tasso di gerontocrazia, siamo in grado di rinnovarci? Detto fatto: - abbiamo cooptato nel Comitato Scientifico Sara Lonardi, Stefania Mosconi, Fausto Petrelli e Mario Scartozzi - questa Rivista vede ora nel Comitato di Redazione anche Antonio Ghidini e Fausto Petrelli - la Scuola sui Tumori dell Apparato Gastroenterico (GISCAD STAGE) ha incluso tra i propri dirigenti Sara Lonardi e Mario Scartozzi E non si tratta di una operazione puramente cosmetica: in questo modo ci proponiamo di rinnovare metodi e contenuti del nostro agire. Di più: ricordiamoci sempre che la mission di GISCAD è in primo luogo quella di progettare, condurre e pubblicare studi clinici di elevato rilievo scientifico e di significativo impatto sulla pratica clinica quotidiana. E chi meglio dei giovani ci può aiutare a sviluppare idee di qualità? Teniamo anche conto che oggi disponiamo di preziosi data-base (TOSCA, ITACAS ) e che da questi potremmo ricavare agevolmente stimolanti e utili analisi, un po come fa da tempo Dan Sargent con i progetti ACCENT e ARCAD: c è qualcuno dei nostri lettori che ci vuole dare suggerimenti in proposito? Anche nel disegno di nuovi trials clinici il ruolo dei giovani è estremamente importante: almeno CENTRAL, GAP e GIP-2, tra gli studi in corso condotti o partecipati da GISCAD, hanno avuto uno o più giovani tra i principali ideatori e mi auguro vivamente che altri si metteranno su questa strada.

6 4 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives I giovani sono molto bravi anche a condurre meta-analisi (vero, Fausto?), a preparare progetti innovativi oggi nella mani di AIFA (grazie, Mario Mandalà) e, anche uscendo dall ambito dei tumori gastroenterici, a presentare all ASCO e a pubblicare i risultati di studi realmente indipendenti e in qualche modo scomodi (complimenti ancora, per limitarci al carcinoma polmonare, a Marina e a Vanesa). Ebbene, GISCAD (ma anche tutti gli altri gruppi cooperativi: penso al nugolo di freschi cervelli che opera nel centro di Pisa e nel GONO, entrambi diretti da Alfredo Falcone) devono dare loro uno spazio adeguato perché la loro creatività e la loro intelligenza trovino sempre più agio di esprimersi. Con le sue più recenti deliberazioni, il nostro gruppo ha inteso evidenziare di fronte a tutti di come creda nei giovani e di come sia necessario investire su di loro. Passando da Dalla a De Gregori ( La storia siamo noi ) un oncologo diversamente giovane come Enrico Aitini ha recentemente lanciato a GISCAD la proposta di dare spazio a tematiche sociali e di solidarietà, proposta che abbiamo immediatamente accolto ricordando che tra i valori fondanti del nostro gruppo c è indubbiamente la vicinanza ai soggetti più deboli e indifesi. Attendiamo ora da Enrico idee concrete e articolate da far circolare all interno dell Oncologia italiana. E che dire di un altro giovane in barba bianca (perfetta sintesi tra passato e futuro) come Giancarlo Martignoni di cui abbiamo formalizzato recentemente la nomina a Direttore Responsabile di questa rivista? Auguri di buon lavoro, caro Giancarlo. E non dimentichiamo che dietro molte (o tutte ) le iniziative di cui vi parlo oggi c è quella autentica eminenza grigia (per l appunto ) rappresentata dall otto volte nonno Luciano Frontini: grazie a lui per quanto fa e farà per GISCAD per almeno altri 30 anni. Concludo approfittando sfrontatamente dello spazio a me concesso per raccomandarvi la lettura del nuovo testo La Medicina Oncologica (e relativa App sugli schemi di terapia antitumorale), curato con me da Stefano Cascinu e da un drappello di giovani di eccellente levatura quali Rossana Berardi, Massimo Di Maio, Marina Garassino, Mario Mandalà e Mario Scartozzi: il parere e le osservazioni critiche dei lettori di questa rivista saranno particolarmente graditi. E allora: lunga vita a GISCAD in attesa delle ormai vicine nozze d argento (2015) con la comunità oncologica del nostro Paese! Nel frattempo, non dimenticate l importanza dell aspirina (soluzione del mistero alla prossima puntata) Roberto Labianca Presidente GISCAD

7 5 Neoplasie gastro-intestinali: tumori colorettali. Selezione dei migliori contributi del 2013 Michela Squadroni, Cristina Ripa, Maria Grazia Sauta, Chiara Maria La Spina, Sergio Stinco, Giordano Beretta. U.O. di Oncologia Humanitas Gavazzeni, Bergamo Nel 2013 la ricerca nel tumore del colon retto ha focalizzato la sua attenzione sui trattamenti con farmaci biologici, sulla modalità ed il timing del loro utilizzo e sulla ricerca di fattori biologici prognostici e predittivi di attività di tali trattamenti volti alla sempre maggior personalizzazione della terapia sulla base delle caratteristiche della neoplasia stessa. Una migliore conoscenza della biologia molecolare delle neoplasia può infatti guidarci, nella pratica clinica, nella definizione della miglior strategia terapeutica da porre in atto. Tuttavia, sebbene il trattamento della malattia avanzata rivesta un ruolo centrale della ricerca clinica, dobbiamo ricordare il ruolo sempre più importante dello screening e della terapia postoperatoria nelle patologie radicalmente resecate. Iniziando dalla fase più iniziale della malattia, lo screening assume un ruolo centrale nella diagnosi precoce dei tumori del colon retto. L obiettivo dei controlli di screening è quello di ridurre la percentuale di decesso per patologia neoplastica, consentendo la diagnosi precoce di neoplasia o l identificazione e l asportazione endoscopica di lesioni preneoplastiche (polipi displasici). Vari studi, negli anni, hanno validato l utilità di test di screening nella diagnosi precoce del carcinoma del colon retto con varie metodiche (sangue occulto fecale, rettoscopia, colonscopia ) e tempistiche. Shaukat ha recentemente presentato i risultati a lungo termine (30 anni) di uno studio randomizzato di fase III [1], in cui sono state arruolate persone di età compresa tra 50 e 80 anni. I partecipanti allo studio sono stati randomizzati a sottoporsi a solo controlli clinici annuali (gruppo di controllo) o a screening con la ricerca di sangue occulto fecale a cadenza annuale e biennale. Dopo 30 anni di osservazione il 70% dei pazienti erano deceduti, i risultati mostrano che lo screening non influisce sulla percentuale di decesso per qualsiasi causa, mentre appare in grado di ridurre significativamente la percentuale di decessi per neoplasie intestinali. Nei gruppi di pazienti sottoposti a ricerca di sangue occulto fecale si osserva una riduzione del rischio di morte per tumore colorettale pari al 32 % e 22% rispettivamente in caso di esame eseguito a cadenza annuale e biennale. Un dato interessante emerge dall analisi dei sottogruppi per età e sesso: si osserva infatti un maggior beneficio nei pazienti di sesso maschile e di età compresa tra i 60 ed i 69 anni che si sono sottoposti al test a cadenza biennale (HR 0.48), al contrario lo screening non appare modificare la storia naturale della neoplasia nelle donne di età inferiore ai 60 anni. Queste differenze derivano probabilmente dalla diversa probabilità di sviluppare la neoplasia in questi due gruppi di pazienti, risultando più frequente negli uomini e meno nelle donne di età inferiore ai 60 anni. I dati di questo studio sono sostanzialmente sovrapponibili ad altri condotti con esami endoscopici, confermando pertanto l utilità della ricerca di sangue occulto fecale come valida opzione per lo screening del cancro intestinale. Questo esame risulta sicuramente più accessibile rispetto ad indagini endoscopiche, e soprattutto maggiormente accettato dalla maggior parte delle persone, meno invasivo e infine meno costoso. N 3 DICEMBRE 2013

8 6 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Per quanto riguarda la malattia chirurgicamente resecabile, non possiamo omettere di citare la pubblicazione dei risultati definitivi dello studio AVANT [2]. L obiettivo di questo grande studio internazionale, di fase III randomizzato era di studiare gli effetti del Bevacizumab in associazione alla chemioterapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon resecato in stadio III e II ad alto rischio. Nonostante i forti presupposti preclinici e clinici, i risultati sono stati deludenti: non è stato dimostrato alcun vantaggio dall aggiunta della terapia antiangiogenetica nella fase adiuvante del trattamento del carcinoma del colon retto. Sono stati arruolati complessivamente 3451 pazienti, randomizzati a ricevere chemioterapia FOLFOX per sei mesi (gruppo di controllo), XELOX o FOLFOX in associazione a Bevacizumab per sei mesi seguiti da ulteriori sei mesi di Bevacizumab in monoterapia. L end-point primario dello studio era la Disease Free Survival (DFS) nel sottogruppo dei pazienti in stadio III. A fronte di un iniziale apparente beneficio a favore del trattamento con Bevacizumab (ad un anno dall inizio della terapia), la percentuale di ripresa di neoplasia a due anni dalla chirurgia appare sovrapponibile nei tre bracci di studio ed è pari a circa il 25%. Con l aumentare del follow-up, il rischio di recidiva appare statisticamente sovrapponibile nei tre gruppi, con un trend verso il peggioramento nei pazienti trattati con Bevacizumab (HR per DFS 1.17 e 1.07 rispettivamente nei gruppi FOLFOX/Bevacizumab e XELOX/Bevacizumab). L analisi finale dimostra con chiarezza l assenza di beneficio in PFS dall aggiunta di Bevacizumab alla chemioterapia adiuvante nei pazienti in stadio III; appare altresì evidente un trend verso un effetto detrimentale dalla terapia antiangiogenetica; è stata infatti osservata una maggiore percentuale di decessi e ripresa di neoplasia, a cinque anni di follow-up, tra i pazienti trattati nei bracci sperimentali. La possibile spiegazione del risultato fallimentare dello studio AVANT è legata alla differente modalità di accrescimento e diffusione delle micro metastasi rispetto alla malattia avanzata. Dati analoghi erano già noti dallo studio NSABP-C-08 [3], in cui l aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia adiuvante contenente oxaliplatino, non conferisce alcun vantaggio in termini di sopravvivenza. Come per lo studio AVANT, anche in questo caso si osserva solo un transitorio beneficio del Bevacizumab per il periodo che corrisponde alla durata dell esposizione al farmaco, che viene poi rapidamente subito dopo il termine del trattamento. Ormai consolidato appare, invece, il ruolo centrale del Bevacizumab nel trattamento della malattia avanzata. Allo stato attuale, l associazione Bevacizumab a chemioterapia in prima o seconda linea è uno degli standard di trattamento dei pazienti affetti da carcinoma del colon retto metastatico. Una delle questioni più importanti della gestione della terapia antiangiogenetica è la sua durata, esistono infatti vari dati a supporto della prosecuzione del Bevacizumab in caso di progressione in corso di trattamento. La prima evidenza a supporto di questa strategia, deriva dallo studio BRITE, gravato tuttavia dai limiti statistici della natura retrospettiva dei dati presentati [4]. Sono stati inoltre pubblicati, nel corso dell ultimo anno, studi di fase II che avvalorano la tesi di un beneficio dalla prosecuzione del bevacizumab a progressione di neoplasia [5,6,7]. Il primo studio randomizzato che valuta tale approccio è stato pubblicato da Bennouna et al sul Lancet Oncology [8]. E uno studio multicentrico randomizzato di fase III; 820 pazienti, in progressione a prima linea di chemioterapia in associazione Bevacizumab, sono stati randomizzati a ricevere una seconda linea chemioterapica associata o meno a Bevacizumab. L end-point primario dello studio è la Overall Survival (OS), gli end-point secondari sono la PFS e la Overall Response Rate (ORR). I risultati dello studio di mostrano un vantaggio modesto (seppure significativo dal punto di vista statistico) per i pazienti che proseguono la terapia con Bevacizumab, con una OS pari a 11.2 e 9.8 mesi, rispettivamente per il braccio sperimentale e quello di controllo (HR 0.81; p=0.0062); anche la DFS

9 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 7 risulta maggiore nel gruppo di studio (5.7 vs 4. 1mesi, HR 0.68; p<0.0001). E stata inoltre condotta una analisi post hoc sulla ORR, che risulta anch essa migliore nel braccio di studio (68% vs 54%; p<0.001). Tuttavia, analizzando i dati con maggior attenzione si osserva una OS globale (calcolata dall inizio della prima linea di terapia) assolutamente sovrapponibile nei due gruppi di trattamento (23.9 vs 22.5 mesi; p=0.17) a significare che il minimo vantaggio in OS osservato (1.4 mesi) si perde se si considerano le totalità dei trattamenti eseguiti dai pazienti. In conclusione i dati i questo studio supportano l ipotesi che la prosecuzione del trattamento antiangiogenetico, anche a progressione di neoplasia, possa migliorare l outcome dei pazienti.. Tuttavia, il risultato dello studio va considerato con attenzione, tenendo soprattutto conto delle caratteristiche della popolazione: la maggior parte dei pazienti aveva avuto una buona risposta alla terapia iniziale con una lunga FDS, il dato inoltre di tossicità mostra una bassa percentuale di eventi avversi correlati alla terapia. Questi dati evidenziano pertanto una verosimile selezione di pazienti con buona tolleranza e risposta al trattamento con bevacizumab, che potrebbe aver in parte influenzato il risultato finale e soprattutto con rispecchiare le caratteristiche della popolazione reale. Il razionale alla base della prosecuzione dell inibizione dell angiogenesi, nonostante la progressione, potrebbe risiedere nel mantenimento dell inibizione di meccanismi alla base della crescita e proliferazione tumorali indipendentemente dall attività dei chemioterapici. Questa ipotesi viene confermata, nella pratica, anche da altri studi di fase III: il VELOUR (Aflibercept) [9] ed il CORRECT (Regorafenib) [10], sebbene gli agenti analizzati siano diversi in entrambi i casi. L aflibercept è un farmaco antiangiogenetico (VEGF trap) in grado di interagire sia con il VEGFR che con il VEGFA, VEGFB e PIGF e pertanto inibendo il legame dei fattori di crescita con i propri recettori. Lo studio VELOUR è un protocollo di fase III, randomizzato in doppio cieco, che confronta il trattamento di seconda linea con FOLFIRI con Placebo o Aflibercept, in pazienti con malattia in progressione a prima linea contenente oxaliplatino [9]. L end-point primario dello studio è l OS ed i pazienti sono stati stratificati in base alle condizioni generali (ECOG performance status) e al precedente trattamento con Bevacizumab. In tre anni ( ) sono stati arruolati 1226 pazienti randomizzati a ricevere chemioterapia con FOLFIRI e Placebo o FOLFIRI e Aflibercept. I dati dello studio sono significativamente a vantaggio del trattamento sperimentale, i pazienti trattati con aflibercept hanno una sopravvivenza mediana maggiore rispetto a quelli trattati con il solo FOLFIRI (13.5 vs mesi; HR 0.81, p=0.0032), con una probabilità di sopravvivenza a due anni del 28% rispetto al 18% del braccio di controllo. L Aflibercept conferisce inoltre un vantaggio in termini di PFS (6.9 vs 4.6 mesi; p<0.0001) e di response rate (ORR 19% vs 11.1%, p<0.0001). L analisi per sottogruppi dimostra come il vantaggio, in termini di sopravvivenza, si mantenga anche in pazienti che hanno precedentemente ricevuto terapia con Bevacizumab (circa il 30% dei pazienti pretrattati con Bevacizumab). Per quanto riguarda il profilo di tolleranza al trattamento, sono naturalmente più frequenti le tossicità legate alla terapia antiangiogentica (quali ipertensione arteriosa, sanguinamenti, rischio di trombosi); si osserva tuttavia un aumento anche delle tossicità tipicamente correlate al trattamento chemioterapico (fatigue e diarrea) ed una maggiore percentuale di interruzioni del trattamento per tossicità nel braccio di studio (26% vs 11%). I dati riguardo tale farmaco sono molto interessanti e promettenti, tuttavia l applicabilità nella pratica clinica potrebbe essere limitata solo a determinati sottogruppi di pazienti trattati con FOLFOX e Bevacizumab in prima linea. Abbiamo a questo punto dati che si supportano a vicenda, ma che nella pratica clinica potrebbero condurre ad un bivio: proseguire il trattamento con il Bevacizumab (tenendo in considerazione i limiti dello studio legati alla selezione della N 3 DICEMBRE 2013

10 8 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives popolazione in senso positivo) o proporre Aflibercept. Sarebbe utile a tal proposito poter definire dei criteri di selezione dei pazienti per definire quale comportamento adottare o poter confrontare le due differenti opzioni terapeutiche. Lo studio CORRECT [10] pone invece meno problemi di allocazione del trattamento nello scenario terapeutico del cancro del colon retto. Analizza, infatti, l attività di Regorafenib nel trattamento di pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico in progressione a tutte le possibili linee di trattamento disponibili e non suscettibili di ulteriori trattamenti. Il Regorafenib è un inibitore multikinasico anti VEGFR, PDGFR, FGFR, KIT, RET,RAF, BRAF; in uno studio di fase II si è dimostrato attivo in un piccolo gruppo di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto metastatico pluritrattati, con una percentuale di disease control del 74%. Il protocollo CORRECT è uno studio randomizzato di fase III, che confronta il trattamento con Regorafenib (160 mg al giorno per os per 3 settimane ogni 4) con la sola terapia di supporto (randomizzazoine 2:1). L endpoint primario dello studio è la OS, tra gli endpoint secondari sono inclusi la PFS, la ORR, il profilo di tossicità e la valutazione della qualità di vita. Dei 760 pazienti arruolati, 505 sono stati trattati con Regorafenib. Il trattamento è risultato nel complesso ben tollerato, sebbene la maggior parte dei pazienti abbia richiesto almeno una riduzione di dose durante il trattamento. Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario, con una OS statisticamente maggiore nel gruppo di trattamento rispetto al placebo (6.4 vs 5 mesi, HR 0.77; p=0.0052). Dall analisi dei sottogruppi emerge un dato interessante, che dimostra che il beneficio derivante dal Regorafenib nei tumori del colon (HR 0.7), si perde nei primitivi rettali (HR 0.95) facendo presupporre una non attività in questo setting di pazienti. Nonostante il beneficio in OS sia limitato (1.4 mesi), questo risultato appare importante in quanto consente di avere una opzione terapeutica aggiuntiva da offrire a pazienti pluritratttati, senza valide alternative terapeutiche. Ovviamente in questo setting, sebbene siano molte le persone che mantengono buone condizioni generali, va attentamente considerato il profilo di tossicità (le più frequenti sono fatigue, diarrea, rash e desquamazione cutanea) e nella pratica clinica è necessaria una accurata selezione dei pazienti che possano effettivamente giovarsi di una ulteriore terapia. Il trattamento del carcinoma colorettale, si avvale oltre che dei farmaci antiangiogenetici, anche di inibitori dell EGFR quali Cetuximab e Panitumumab. Anche in questo ambito, sono emersi nel corso del 2013 dati che porteranno alla modifica nell approccio terapeutico di prima linea in pazienti con carcinoma del colon. Nello studio in questione, pubblicato da Douillard sul New England Journal of Medicine [11], è stata condotta una analisi sia retrospettiva che prospettica sul trattamento di prima linea con FOLFOX in associazione o meno a panitumumab in pazienti con KRAS wild type (esone2). E ormai noto che lo stato mutazionale di KRAS costituisca il fattore predittivo di risposta a terapia con anticorpi monoclonali anti EGFR, e l assenza di mutazioni dell esone 2 è mandatoria per poter utilizzare nella pratica clinica il cetuximab ed il panitumumab. Oltre che ricercare differenze in termini di efficacia tra i due trattamenti in studio, uno degli obiettivi principali dello studio consiste nel valutare la presenza di altre mutazioni di KRAS (esone3), NRAS e BRAF ed eventualmente valutarne la correlazione con l attività della terapia in analisi. Dei 639 pazienti in studio, 512 non presentavano mutazioni in nessuno dei geni della famiglia RAS (KRAS e NRAS). In questo sottogruppo di pazienti, l aggiunta di panitumumab al FOLFOX in prima linea conferisce un significativo vantaggio in termini di PFS (10.1 vs 7.9 mesi, HR 0.72, P=0.004) e OS (26 vs 20.2 mesi; HR 0.78; p=0.04). L analisi dei dati riguardanti i 108 pazienti con KRAS esone 2 wild type, ma con mutazioni in altri geni RAS, evidenzia invece un mancato beneficio del panitumumab

11 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 9 analogamente a quanto accade per i pazienti con KRAS mutato, con dati tendenzialmente a vantaggio del solo FOLFOX (differenza non statisticamente significativa). Anche lo stato mutazionale del BRAF è stato analizzato ed i dati ne confermano il ruolo prognostico ma non predittivo di risposta al trattamento. I risultati di questo studio spiegano il motivo della presenza di una percentuale (sebbene non elevata) di pazienti con KRAS esone 2 wild type non responsivi alla terapia anti EGFR e indicano la necessità di valutare lo stato mutazionale sia di KRAS che di NRAS prima di intraprendere il trattamento di prima linea. Il vantaggio significativo a favore di una terapia contenente farmaci ad azione anti EGFR, nei pazienti senza mutazioni RAS, è stato confermato anche da dati retrospettivi e prospettici [12, 13]. Alla luce di questi risultati, l analisi mutazionale di RAS diventa necessaria nella pratica clinica per guidare la scelta terapeutica sin dalla prima linea di trattamento. In linea con i dati relativi allo stato mutazionale di RAS e il suo valore predittivo di risposta alla terapia con panitumumab, è stato pubblicato uno studio di fase II di terapia di prima linea con FOLFOXIRI in associazione a panitumumab in pazienti definiti quadruple wild type, cioè con assenza di mutazioni di KRAS, NRAS, HRAS e BRAF [14]. Il regime FOLFOXIRI ha dimostrato una importante attività ed efficacia, nel trattamento del carcinoma del colon-ratto avanzato [15], per cui l ipotesi di associarlo al panitumumab è volta ad ottenere ancora migliori risultati in una popolazione selezionata dal punto di vista genetico e biologico. Degli 87 pazienti valutati per la partecipazione allo studio, 47 sono risultati elegibili. I dati di attività del trattamento emersi dallo studio, sono molto promettenti con una ORR pari all 89% e con una percentuale di pazienti sottoposti a chirurgia R0 (sia su fegato che su altre sedi) pari a circa il 35%. La PFS mediana risulta di 11.9 mesi, e giunge sino a 14 mesi nei pazienti sottoposti a chirurgia. Nonostante i promettenti dati di attività, il limite maggiore di questo studio risiede nel profilo di tossicità. Si è reso necessario, in corso di studio, modificare le dosi dei farmaci per l elevata percentuale di tossicità correlata al trattamento. Dopo l emendamento le più frequenti tossicità di grado 3-4 sono risultate la neutropenia (48%), la diarrea (35%), la stomatite (14%) e la tossicità cutanea (14%); si è inoltre verificata una morte tossica. Nonostante l elevata percentuale di risposte obiettive e la durata della PFS, l applicabilità nella pratica clinica di questo schema di trattamento appare di difficile attuazione, se non in pazienti accuratamente selezionati anche e soprattutto dal punto di vista clinico (performance status, età, comorbidità). Il dato più interessante è sicuramente la percentuale di pazienti sottoposti a resezioni R0 di malattia metastatica (35%), che rende ipotizzabile un ruolo nella fase preoperatoria. L utilizzo del FOLFOXIRI, eventualmente anche associato a bevacizumab, può avere un ruolo nel trattamento dei pazienti con mutazioni del gene BRAF. Come già noto, la mutazione del gene BRAF costituisce un fattore prognostico negativo per i pazienti con carcinoma colo rettale, e si associa ad una scarsa percentuale di risposta ai trattamenti chemioterapici e a breve PFS e OS; per questi pazienti le chance di ottenere un reale beneficio dal trattamento sono molto limitate. Dati retrospettivi, mostrano una buona attività di FOLFOXIRI e bevacizumab nei pazienti con carcinoma del colon retto metastatico ed il vantaggio appare mantenuto nei dati per sottogruppi anche nei pazienti con mutazioni BRAF. Sulla scorta di questi risultati è stato disegnato uno studio di fase II, che valuta l attività di questa combinazione nel trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma del colon retto con mutazione di BRAF [16]. L end-point primario dello studio è osservare un aumento della percentuale di PFS a sei mesi; gli end-point secondari comprendono la PFS, l OS e l ORR. Dei 214 pazienti analizzati per la partecipazione N 3 DICEMBRE 2013

12 10 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives allo studio, solo il 7% presentava una mutazione del gene BRAF. L end-point primario è stato raggiunto, con il 73% di pazienti liberi da progressione di neoplasia a sei mesi dall inizio del trattamento. Come previsto, anche i dati di OS e PFS sono molto promettenti (24 mesi e 9.2 rispettivamente). Questi dati suggeriscono che una scelta terapeutica comprendente più farmaci, pertanto più aggressiva possa apportare un vantaggio altrimenti difficile da ottenere in pazienti con mutazioni di BRAF a supporto di una terapia intensiva, ovviamente in pazienti le cui condizioni lo consentano. Sulla scorta di questi dati è stato disegnato e condotto uno studio di fase III (TRIBE), i cui risultati sono stati presentati all ASCO del 2013 [16]. I risultati mostrano un vantaggio in termini di sopravvivenza e di risposte al trattamento nei pazienti trattati con FOLFOXIRI/Bevacizumab rispetto a FOLFIRI/Bevacizumab, vantaggio che si mantiene nel sottogruppo di pazienti con BRAF mutato. I dati presentati durante questo anno ci confermano la sempre maggior attenzione allo sviluppo di farmaci biologici nel trattamento del carcinoma del colon-retto, ma soprattutto la necessità di identificare criteri selettivi per la definizione del miglior approccio terapeutico. La possibilità di poter avere a disposizione criteri biologici predittivi di risposta al trattamento, come lo stato mutazionale di RAS, o prognostici come il BRAF, diventerà nella pratica clinica sempre più importante nel guidare la decisione terapeutica (scelta dei trattamenti e loro sequenza). Sono emersi inoltre dati molto importanti, e sicuramente meritevoli di ulteriori conferme, riguardo nuovi farmaci come l aflibercept ed il regorafeninb che potrebbero modificare ulteriormente lo scenario terapeutico dei pazienti con carcinoma avanzato non responsivo ai trattamenti. Sicuramente sulla scorta dei dati presentati e degli studi attualmente in corso, nel prossimo futuro potremmo attenderci un cambiamento ulteriore dello scenario terapeutico nel carcinoma colo-rettale. Tuttavia, in un ambito sempre più rivolto alla biologica molecolare è necessario non dimenticare che la prima selezione deve partire dalla valutazione clinica del paziente, considerando l età (spesso avanzata alla diagnosi), il performance status, le comorbidità, il potenziale impatto sulla qualità di vita dei trattamenti e molte altre variabili anch esse rilevanti nella decisione terapeutica.

13 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 11 Bibliografia 1. Shaukat A, Mongin SJ, Geisser MS et al. Long-term mortality after screening for colorectal cancer. New Engl J Med 2012;369: de Gramont A, Van Cutsem E, Schmoll HJ, et al Bevacizumab plus oxaliplatin-based chemotherapy as adjuvant treatment for colon cancer (AVANT): a phase 3 randomised controller trial. Lancet Oncol 2012, 13: Allegra CJ, Yothers G, O Connell MJ, et al. Phase III trial assessing bevacizumab in stages II and III carcinoma of the colon: results of NSABP protocol C-08. J Clin Oncol 2011; 29: Grothey A, Sugrue MM, Purdie DM et al. Bevacizumab beyond first progression is associated with prolonged overall survival in metastatic colorectal cancer: results from a large observational cohort study (BRITE). J Clin Oncol 2008; 26: Hong YS, Lee J, Kim KP, et al. Multicenter phase II study of second-line bevacizumab plus doublet combination chemotherapy in patients with metastatic colorectal cancer progressed after upfront bevacizumab plus doublet combination chemotherapy. Invet New Drugs 2013 Feb;31(1): Nakayama G, Uehara K, Ishigure K, et al. The efficacy and safety of Bevacizumab beyond first progression patient treated with first-line mfolfox6 followed by second-line FOLFIRI in advanced colorectal cancer: a multicenter, signle-arm, phase II trial (CCOG-0801). Cancer Chemother Pharmacol 2012; 70: Masi G, Loupakis F, Salvatore L et al. Second-line chemotherapy with of without bevacizumab (BV) in metastatic colorectal cancer (mcrc) patients (pts) who progressed to a first line treatment containing BV: updated results of the phase III BEBYP trial by the Gruppo Oncologico Nord Ovest (GONO). J Clin Oncol 2013; suppl: abstr Bennouna J, Arnold D, Osterlung P et al. Continuation of Bevacizumab after first progression in metastatic colorectal cancer (ML18147): a randomised trial. Lancet Oncol 2013; 14: Van Cutsem E, Tabernero J, Lakomy R, et al. Addition of Aflibercept to fluorouracil, leucovorin and irinotecan improbe serviva in a phase III randomized trial in pazients with metasttic colorectal cancer previously treated with an oxaliplatinbased regimen. J Clin Oncol 2012, 30: Grothey A, Van Cutsem E, Sobrero A, et al. Regorafenib monotherapy for previously treated metastatic colorectal cancer (CORRECT): an international, multicentre, randomized, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet 2013; 381: Douillard J-Y, Oliner KS, Siena S, et al. Panitumumab-FOFOX4 treatment and RAS mutations in colorectal cancer. New Engl J Med 2013; 369: Paterson SD, Peeters M, Siena S et al. Comprehensive anaysis of KRAS and NRAS mutations as predictive biomarkersfor single agent panitumumab response in randomized, phase III metasttic colorectan calcenre study. J Clin Oncol 2013; suppl: abstr 3617 N 3 DICEMBRE 2013

14 12 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 13. Peeters M, Oliner KS, Parker A et al. Massively parallel tumor multigene sequencing to evaluate response to panitumumab in a randomized phase III study of metastatic colorectal cancer. Clin Cancer Res 2013; 19: Fornaro L, Lonardi S, Msi G, et al. FOLFOXIRI in combination with panitumumab as first line treatment in quadruple wild-type (KRAS, NRAS, HRAS, BRAF) metastatic colorectal cancer patients: a phase II trial by the Gruppo Oncologico Nord Ovest (GONO). Ann Oncol 2013; 24: Falcone A, Ricci S, Brunetti I et al. Phase III trial of infusional fluorouracil, leucovorin, oxliplatin, and irinotecan (FOLFOXIRI) compared with infusionale fluorouracil, leucovorin and irinotecan (FOLFIRI) as first-line treatment for metastatic colorectal cancer: the Gruppo Oncologico Nord Ovest. J Clin Oncol 2007; 25: Loupakis F, Cremolini C, Salvatore L et al. FOLFOXIRI plus bevacizumab as first-line treatment in BRAF mutant metastatic colorectal cancer. Eur J Cancer 2013; 17. Falcone A, Cremolini C, Masi G et al. FOLFOXIRI/Bevacizumab /bev) versus FOLFIRI/beva s first-line treatment in unresectale metastatic colorectal cancer (mcrc) patients (pts): results of the phase III TRIBE trial by GONO group. J Clin Oncol 2013; suppl: abstr 3505

15 13 Neoplasie gastro-intestinali: tumori non colorettali. Selezione dei migliori contributi del 2013 Fausto Petrelli, Andrea Coinu, Sandro Barni UO Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Treviglio, Treviglio (BG) L anno 2013 è stato foriero di importanti novità nell ambito dei tumori del distretto gastroenterico non colo-rettali, in particolare per quando riguarda l adenocarcinoma del pancreas e il tumore gastrico. Meritano sicuramente una menzione speciale la conferma dei risultati, attraverso la pubblicazione sul New England Journal of Medicine, dello studio di confronto tra gemcitabina e gemcitabina + nab-paclitaxel, oltre che la meta-analisi degli studi di seconda linea nel carcinoma dello stomaco, stante la severa prognosi associata a queste neoplasie. Allo stesso modo lo studio di adiuvante con gemcitabina rappresenta per il clinico un baluardo importante nella cura di una neoplasia estremamente letale come il carcinoma del pancreas. Tumore del pancreas Lo studio europeo CONKO [1], che ha randomizzato 368 pazienti con tumore del pancreas operato radicalmente, a gemcitabina vs osservazione ha confermato innanzitutto il beneficio in termini di DFS, che raddoppia da 6.7 a 13.4 mesi con la terapia adiuvante. All ultimo follow up di settembre 2012, la mediana di OS incrementa da 20.2 a 22.8 mesi con un raddoppio dei pazienti vivi a 5 anni (da 10 a 20%). I dati sono rilevanti anche in considerazione del fatto che circa solo il 2/3 dei pazienti nel braccio di studio avevano completato il trattamento con i 6 cicli previsti. Lo studio conferma alcuni concetti fondamentali. Il trattamento adiuvante con gemcitabina è potenzialmente curativo nel tumore del pancreas, poiché i pazienti non trattati con terapia adiuvante hanno una sopravvivenza a lungo termine (10 anni) inferiore al 10%. Lo stadio rimane insieme al trattamento il fattore prognostico più importante, infatti i pazienti pt3-4 e pn+ vanno significativamente peggio nell analisi multivariata. Infine dall analisi delle curve di sopravvivenza si può osservare come, dopo 5-6 anni di follow up, siano relativamente pochi gli eventi (le morti) nel braccio di osservazione così come in quello sperimentale e quindi si potrebbe affermare che dopo tale intervallo di tempo, i pazienti liberi da malattia si possono ritenere guariti. Lo studio si colloca nell ambito del trattamento multidisciplinare del tumore del pancreas, integrabile anche con la radioterapia. N 3 DICEMBRE 2013

16 14 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Dopo il FOLFIRINOX [2] un'altra combinazione mostra un significativo impatto sulla sopravvivenza nel carcinoma pancreatico avanzato. La combinazione nab-paclitaxel e gemcitabina è stata confrontata in uno studio di fase III con la sola gemcitabina in pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato non pretrattati con l'endpoint primario della sopravvivenza globale [3]. Endpoints secondari erano la sopravvivenza libera da progressione e l'overall response rate. Sono stati randomizzati in aperto 861 pazienti a ricevere la combinazione nab-paclitaxel gemcitabina vs la sola gemcitabina. I pazienti sono stati stratificati secondo il PS, la provenienza geografica e la presenza o meno di metastasi epatiche. Il dato di sopravvivenza valutato sulla intention to treat population è stato 8.5 mesi con il braccio di combinazione e 6.7 mesi con la sola gemcitabina, con una riduzione del rischio di morte del 28% e una P significativa < Anche i dati di sopravvivenza a 1 e 2 anni sono stati significativamente migliori nel braccio di combinazione (35% vs 22% a 1 anno e 9% vs 4% a 2 anni). Questo dato non sembra poter essere stato condizionato da una eventuale seconda linea; infatti il 38 % dei pazienti nel gruppo della combinazione ha eseguito una seconda linea di trattamento vs il 42% nel gruppo della sola gemcitabina. Il braccio di combinazione ha anche fornito un vantaggio significativo in termini di PFS (5.5 mesi vs 3.7 mesi; HR=0.69, P<0.001) così come è da sottolineare anche il dato delle risposte obiettive, con un 23% del nab-paclitaxel gemcitabina e un 7% nel braccio della monoterapia. Il vantaggio in sopravvivenza si è confermato nella maggior parte dei sottogruppi analizzati. E interessante ed inaspettato il fatto che i sottogruppi con una maggiore riduzione del rischio di morte siano stati i pazienti con peggiore performance status, quelli con metastasi epatiche, quelli con più di 3 siti metastatici, quelli con metastasi sincrone e con un maggiore CA 19.9 al basale. Gli eventi avversi di grado 3-4 che sono stati più frequenti nel braccio di combinazione rispetto al braccio della gemcitabina sono stati la neutropenia (38% vs 27%), la fatigue (17% vs 7%) e la neuropatia periferica (17% vs 1%). Questa ultima è risultata rapidamente reversibile nella maggior parte dei pazienti, con un tempo mediano di 29 giorni. Da sottolineare il fatto che la percentuale di SAE non è risultata aumentata nel braccio di combinazione rispetto a quello della gemcitabina come single agent. Questo studio sembra indicare lo schema Nab-paclitaxel + gemcitabina come il nuovo stardard terapeutico in prima linea nel carcinoma pancreatico metastatico.

17 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 15 Tumore dello stomaco Segnaliamo altri interessanti lavori nel setting del tumore gastrico avanzato. Per la prima volta forse, vengono presentati dati di attività di farmaci in seconda linea, dove fino ad oggi nessun trattamento aveva dato dei risultati significativi in termini di OS. Il primo lavoro è una meta-analisi coreana includente 3 studi randomizzati, pubblicata su Annals of Oncology [4]. Si tratta di 2 lavori pubblicati in full paper e di 1 abstract, per un totale di oltre 400 pazienti. Un lavoro ha confrontato docetaxel trisettimanale (75 mg/m2) con best supportive care (BSC), un secondo irinotecan trisettimanale (250 mg/m2) verso BSC e un terzo BSC con docetaxel trisettimanale (60 mg/m2) o irinotecan bisettimanale (150 mg/m2). La meta-analisi include pazienti con PS 0-1, con malattia metastatica prevalentemente multi sede e con intervallo libero dalla precedente chemioterapia di meno di 3 mesi in più del 70% dei casi, quindi un setting di pazienti molto svantaggiato. Solo uno studio, quello di Kang et al, includeva pazienti orientali. Gli HRs variavano da 0.48 a 0.67 per OS con il valore migliore per lo studio di Thuss-Patience che però includeva solo 40 pazienti (irinotecan vs BSC). Il dato complessivo a favore della chemioterapia è stato di un HR=0.64. Escludendo lo studio asiatico il valore rimane significativo (HR=0.63, 95%CI ). Il risultato più interessante è che, a fronte di risposte obiettive non superiori all 11%, vi è stato un vantaggio significativo di 1 mese e mezzo in termini di mediana di OS in tutti gli studi con un disease control rate tra il 40 e il 50%. La meta-analisi dimostra a nostro avviso 3 cose. La prima che irinotecan e docetaxel sono farmaci attivi anche nelle linee avanzate. La seconda che l ottenimento di una risposta obiettiva non sembra di per se prerequisito per ottenere un vantaggio in OS. La terza che, nei pazienti fit, l uso di una seconda linea di trattamento ad oggi deve essere considerato uno standard di cura nell avanzato. Le limitazioni principali sono state l assenza di possibili fattori predittivi di migliore OS (ad esempio l istologia), il basso numero di pazienti inclusi e l assenza di dati sulla qualità di vita. Il passo successivo sarà l adozione nell ambito di studi randomizzati di schemi di polichemioterapia (ad esempio i ben noti schemi FOLFOX e FOLFIRI) che hanno attività nel tumore gastrico avanzato. La definitiva parola fine, a nostro avviso, su EGFR come target, in studi di prima linea è mostrata dallo studio inglese REAL 3, pubblicato su Lancet Oncology, che ha confrontato la chemioterapia (schema EOX) con o senza panitumumab, nel tumore esofagogastrico avanzato non pretrattato [5]. L anticorpo veniva somministrato alla dose di 9 mg/kg ogni 9 settimane. Sono stati randomizzati 533 pazienti, prevalentemente con adenocarcinoma esofageo o gastroesofageo (giunzione). Si trattava di pazienti con malattia metastatica, PS 0-1 ed età mediana di anni. La combinazione EOX + panitumumab è risultata addirittura detrimentale in termini di OS e DFS (HR=1.37, p=0.013 e HR=1.22, p=0.068) con simile percentuale di risposte obiettive. Solamente il sottogruppo di pazienti (n=10) con stato mutato di KRAS hanno presentato un trend a favore di una migliore sopravvivenza (HR=0.23). Il trattamento col monoclonale è risultato più tossico della sola chemioterapia ad eccezione della neutropenia. Si conferma il dato che i pazienti che avevano sviluppato rash cutaneo presentavano una sopravvivenza maggiore (10.3 vs 4.3 mesi). Come già detto questo studio sembra mettere fine alla possibilità che EGFR venga esplorato ulteriormente come bersaglio molecolare in pazienti non selezionati e con adenocarcinomi gastroesofagei. A supporto altri 2 studi avevano riportato risultati negativi sia in prima che seconda linea: lo studio EXPAND e il COG [6-7]. E possibile che nello studio REAL3, come suggerito dagli autori, una interazione negativa tra il panitumumab e la chemioterapia, possa aver influito sui risultati complessivi, come già lo studio COIN aveva suggerito nel colon retto. Con lo studio di fase III REGARD per la prima volta è emersa l'evidenza di un vantaggio in sopravvivenza, da parte di un farmaco biologico utilizzato come agente singolo, in un setting così difficile come quello del tumore N 3 DICEMBRE 2013

18 16 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives gastrico avanzato[8]. Il ramucirumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato antagonista del VEGFR-2, che agisce inibendo l'interazione del recettore con il rispettivo ligando e l'attivazione della relativa via di segnale intracellulare. Nello studio REGARD, trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, pazienti con carcinoma gastrico avanzato o carcinoma della giunzione gastroesofagea in progressione a una prima linea di trattamento a base di platino o fluoropirimidine (o entro 6 mesi dal trattamento adiuvante) sono stati randomizzati a ricevere BSC + ramucirumab (8mg/kg) vs BSC + placebo, ogni 2 settimane. Lo studio si proponeva di valutare la sopravvivenza globale come endpoint primario, obiettivi secondari erano la valutazione della PFS, del tasso obiettivo di risposta, la safety e la qualità di vita. Il trattamento con ramucirumab ha migliorato in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza globale rispetto al placebo (5.2 mesi vs 3.8; HR = 0.77, P=0.047), questo vantaggio si è confermato anche quando l'effetto del trattamento è stato aggiustato per fattori prognostici come il PS, la presenza o meno di metastasi peritoneali e la sede della neoplasia primitiva (stomaco vs giunzione gastro-esofagea). Da sottolineare come l'effetto sulla sopravvivenza sia risultato decisamente attenuato quando valutato nel solo sesso femminile. Il ramucirumab ha inoltre avuto un effetto significativo anche sulla sopravvivenza libera da progressione (2.1 mesi vs 1.3; HR = 0.48) in tutti i sottogruppi. Se il dato di ORR non è stato eclatante (3% vs 3 %) il disease control rate è stato significativamente maggiore nei pazienti nel gruppo del ramucirumab rispetto a quelli nel gruppo placebo ( 49% vs 23%; P=0.0001). I dati relativi alla qualità di vita sono poco numerosi e poco consistenti, tuttavia il trattamento con ramucirumab si associa ad un tempo mediano di deterioramento del PS, secondo ECOG scale, più lungo rispetto al placebo (5.1 mesi vs 2.4 mesi). Il profilo di safety del farmaco è stato assolutamente favorevole, la maggior parte degli eventi avversi hanno infatti avuto la stessa frequenza nei due gruppi, ad eccezione dell'ipertensione (8% nel gruppo del ramucirumab vs 3% nel gruppo placebo, per quanto riguardo i gradi 3-4). Il beneficio apportato in termini di sopravvivenza dal ramucirumab in questo setting di pazienti appare paragonabile con quello emerso in 2 recenti trial di fase III [9-10]che hanno confrontato la chemioterapia con il BSC, mostrando però un quadro di tollerabilità meno favorevole. Epatocarcinoma (HCC) Lo studio di fase III di Qin ha randomizzato pazienti Asiatici con HCC a FOLFOX, schema tradizionalmente utilizzato nel colon retto, e adriamicina, considerato il farmaco di riferimento nel carcinoma epatocellulare avanzato in epoca pre-sorafenib [11]. 371 pazienti con malattia avanzata, non più suscettibile di terapia loco regionale e per lo più con cirrosi HBV relata e Child A status, hanno ricevuto i 2 trattamenti fino a progressione o tossicità inaccettabile. La sopravvivenza è stata migliore per il braccio FOLFOX (6.4 vs 4.97 mesi; P=0.04) così come la progression-free survival (2.93 vs 1.77; P<0.001). Le percentuali di risposte sono state limitate nei bracci FOLFOX e adriamicina (8.7 vs 2.77 %). Complessivamente lo studio offre dei risultati deludenti se confrontati con lo studio registrativo di sorafenib [12], che però arruolava pazienti di nazionalità occidentale. Si conferma la peggiore prognosi dei pazienti asiatici, analogamente a quanto osservato nello studio Asian-Pacific di fase III (sorafenib vs placebo, [13]), probabilmente per la maggiore quota di eziologia da HBV della sottostante cirrosi. Lo studio però per la prima volta vede la superiorià di uno schema contenente oxaliplatino nello scenario dell HCC avanzato. Le combinazioni con cisplatino infatti si erano mostrate molto tossiche e non superiori all adriamicina [14]. Lo studio quindi suggerisce uno schema alternativo, potenzialmente utilizzabile ove sorafenib non sia disponibile o indicato (per motivi clinici) anche nelle popolazioni occidentali. Un altro studio di fase III che ha fornito suggestioni interessanti in una patologia che può contare su alternative terapeutiche molto limitate è il BRISK-PS. Si tratta di uno studio randomizzato, placebo-controllato che ha confrontato il brivanib (duplice inibitore di VEGF e del Fibroblast Growth Factor) con placebo, in pazienti

19 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 17 affetti da HCC andati in progressione con sorafenib, oppure intolleranti al trattamento [15]. L'endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale; endpoints secondari erano il tempo alla progressione, il tasso di risposte obiettive, il disease control rate e la safety. L'endpoint primario di sopravvivenza non è stato raggiunto, infatti l'os del braccio di trattamento con brivanib è stato 9.4 mesi vs 8.2 mesi del braccio placebo (HR, 0.89; P=0.3307). Questa Hazard Ratio potrebbe però essere stata sottostimata per sbilanciamenti tra i due gruppi (nonostante la stratificazione effettuata) per quanto riguarda fattori prognostici come l'invasione vascolare e i valori basali di alfafetoproteina che potrebbero avere favorito il gruppo placebo. Tuttavia il brivanib ha mostrato un tempo alla progressione significativamente superiore rispetto al placebo (4.2 vs 2.7 mesi) con un HR di 0.56 e una P<0.001, un tasso di risposte obiettive pari al 10 % ( vs 2 % del placebo) e un maggiore disease control rate rispetto al placebo (61% vs 40%; P<0.001). Gli eventi avversi di grado 3-4 più frequenti nel braccio del brivanib sono stati l'ipertensione (17%), la fatigue (13%), l'iponatriemia (11%) e il calo dell'appetito (10%). In associazione con i risultati di un altra recente fase III, che ha visto un confronto testa a testa tra sorafenib e brivanib in prima linea in pazienti affetti da HCC avanzato [16], questo studio non ha mostrato un chiaro vantaggio in termini di OS rispetto al braccio di controllo ma presenta dati di efficacia (TTP, ORR, DCR) interessanti, anche se ottenuti utilizzando dei criteri RECIST modificati per l'hcc, non ancora validati. GIST Nell ambito del trattamento dei GIST in fase avanzata, hanno avuto grande risalto i risultati dello studio GRID, pubblicato a fine Si tratta di un trial di Fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, che ha valutato l efficacia e la safety di regorafenib, un inibitore multikinasico, in pazienti affetti da GIST avanzato, andati incontro a precedente fallimento con imatinib e sunitinib [17]. I pazienti randomizzati (N=199), tutti con PS 0/1 e provenienti da centri europei, asiatici, nordamericani, sono stati assegnati con ratio 2:1 al braccio di trattamento con regorafenib (160 mg per os una volta al giorno per tre settimane q 28 ) + BSC o al braccio di trattamento placebo + BSC. L endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione secondo una valutazione radiologica centralizzata; endpoint secondari erano la sopravvivenza globale, il tasso di risposte obiettive, il tempo alla progressione, il disease control rate. A progressione, i pazienti randomizzati nel braccio del placebo potevano effettuare il crossover per ricevere il regorafenib in aperto, mentre i pazienti randomizzati originariamente nel braccio del regorafenib potevano proseguire il trattamento. La PFS mediana è stata di 4.8 mesi nel braccio del regorafenib rispetto a 0.9 mesi nel braccio del placebo (HR 0.27; P<0.0001). Questo significativo vantaggio in PFS si è esteso a tutti i sottogruppi analizzati, ad eccezione del piccolo subset (N=22) di pazienti andati in progressione entro 6 mesi dall inizio del trattamento con imatinib. Un beneficio simile, in termini di PFS, è stato rilevato tra pazienti con mutazione di KIT a livello dell esone 11 e 9. Non si sono rilevati vantaggi in OS tra i due bracci di trattamento, ma certamente la possibilità del crossover ha rappresentato un fattore confondente in grado di sporcare una eventuale differenza di sopravvivenza tra i due gruppi. Il regorafenib non ha indotto elevati tassi di risposta obiettiva (4.5% per il regorafenib vs 1.5% per il placebo) ma ha ottenuto un controllo di malattia certamente significativo rispetto a quello del braccio placebo (52.6% vs 9.1%, P<0.0001), specchio di una sostanziale capacità della molecola di esercitare un controllo sul tumore. Gli eventi avversi di grado 3-4 più frequenti nel braccio del regorafenib sono stati l ipertensione (23%), la hand-foot sindrome (20%), la diarrea (5%); tuttavia non c è stata una sostanziale differenza tra i due gruppi relativamente alla percentuale di eventi avversi che hanno comportato una sospensione del trattamento (6% vs 8%). Il GRID trial sancisce quindi l efficacia del regorafenib in un setting come quello dei GIST in fase avanzata che fino ad ora aveva potuto avvalersi soltanto dell imatinib e del sunitinib, con un beneficio che si mantiene a prescindere dalle varie caratteristiche dei pazienti (etnia, età, PS) e dallo stato mutazionale di KIT. N 3 DICEMBRE 2013

20 18 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Bibliografia 1. Oettle H, Neuhaus P, Hochhaus A et al. Adjuvant chemotherapy with gemcitabine and long-term outcomes among patients with resected pancreatic cancer: the CONKO-001 randomized trial. JAMA Oct 9;310(14): Conroy T, Desseigne F, Ychou M et al. FOLFIRINOX versus gemcitabine for metastatic pancreatic cancer. N Engl J Med 2011;364 : Von Hoff DD, Ervin T, Arena FP, Chiorean EG et al. Increased Survival in Pancreatic Cancer with nab-paclitaxel plus gemcitabine. N Engl J Med Oct 31;369(18): Kim HS, Kim HJ, Kim SY et al. Second-line chemotherapy versus supportive cancer treatment in advanced gastric cancer: a meta-analysis. Ann Oncol Nov;24(11): Waddell T, Chau I, Cunningham D et al. Epirubicin, oxaliplatin, and capecitabine with or without panitumumab for patients with previously untreated advanced oesophagogastric cancer (REAL3): a randomised, open-label phase 3 trial. Lancet Oncol May;14(6): doi: /S (13) Epub 2013 Apr 15. Erratum in: Lancet Oncol Jun;14(7):e254. Frances, Alicia [corrected to Okines, Alicia Frances Clare]. 6. Lordick F, Kang Y-K, Chung H-C, et al, on behalf of the Arbeitsgemeinschaft Internistische Onkologie (AIO) and EXPAND Investigators. Cetuximab and cisplatin with or without cetuximab for patients with previously untreated advanced gastric cancer (EXPAND): a randomised, open-label phase 3 trial. Lancet Oncol 2013; publihsed online April Ferry DR, Dutton SJ, Mansoor W, et al. Phase III multi-centre, randomised, double-blind, placebo-controlled trials of gefitinib versus placebo in esophageal cancer progressing after chemotherapy, COG (cancer oesophagus gefitinib). Ann Oncol 2012; 23 (suppl 9): ixe Fuchs CS, Tomasek J, Yong CJ et al. Ramucirumab monotherapy for previously treated gastric or gastro-oesophageal junction adenocarcinoma (REGARD) : an international, randomised, multicentre, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Oct 1. doi:pii: S (13) /S (13) [Epub ahead of print] 9. Kang JH, Lee SI, Lim do H et al. Salvage chemotherapy for pretreated gastric cancer: a randomized phase III trial comparing chemotherapy plus best supportive care with best supportive care alone. J Clin Oncol Aug 20;30(24): Ford H, Marshall A, Wadsley J, et al: COUGAR-02: A randomized phase III study of docetaxel versus active symptom control in patients with relapsed esophagogastric adenocarcinoma Gastrointestinal Cancers Symposium. Abstract LBA4 11. Qin S, Bai Y, Lim HY et al. Randomized, multicenter, open-label study of oxaliplatin plus fluorouracil/leucovorin versus doxorubicin as palliative chemotherapy in patients with advanced hepatocellular carcinoma from Asia. J Clin Oncol Oct 1;31(28): Llovet JM, Ricci S, Mazzaferro V et al. Sorafenib in advanced hepatocellular carcinoma. N Engl J Med Jul 24;359(4): Cheng AL, Kang YK, Chen Z et al. Efficacy and safety of sorafenib in patients in the Asia-Pacific region with advanced hepatocellular carcinoma: a phase III randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet Oncol Jan;10(1): Yeo W, Mok TS, Zee B, et al. A randomized phase III study of doxorubicin versus cisplatin/interferon alpha-2b/doxorubicin/fluorouracil (PIAF) combination chemotherapy for unresectable hepatocellular carcinoma. J Natl Cancer Inst 2005; 97: Llovet JM, Decaens T, Raoul JL et al. Brivanib in patients with advanced hepatocellular carcinoma who were intolerant to sorafenib or for whom sorafenib failed : results from the randomized phase III BRISK-PS study. J Clin Oncol Oct1;31(28): doi: /JCO Epub 2013 Aug Johnson PJ, Qin S, Park JW et al. Brivanib versus sorafenib as first-line therapy in patients with unresectable, advanced hepatocellular carcinoma: results from the randomized phase III BRISK-FL study; J Clin Oncol Oct 1;31(28): doi: /JCO Epub 2013 Aug Demetri GD, Reichardt P, Kang YK et al. Efficacy and safety of regorafenib for advanced gastrointestinal stromal tumours after failure of imatinib and sunitinib (GRID) : an international, multicentre, randomised, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Jan 26;381(9863): doi: /S (12) Epub 2012 Nov 22

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