Luigino Bruni Milano-Bicocca e Sophia (Firenze) Per crescere un bambino ci vuole l intero villaggio.

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1 Luigino Bruni Milano-Bicocca e Sophia (Firenze) Per crescere un bambino ci vuole l intero villaggio. Per crescere un bambino ci vuole l intero villaggio, recita un noto proverbio africano. Perché la famiglia possa esprimere le sue potenzialità civili c è bisogno di un nuovo patto sociale (famiglia, imprese, politica, civile), in un mondo in continua e veloce trasformazione sociale ed economica. Ma

2 Occorre riconoscere la complessità del problema, in un mondo occidentale (tra cui l Italia) che è cambiato profondamente Rivoluzione demografica e della longevità La ritirata della famiglia (cioè della donna) dalla cura non remunerata (e questo ha molte valenze positive) Nel giro di pochi decenni il mondo è cambiato molto rapidamente e radicalmente: Si è invertito il rapporto giovani/anziani L aspettativa di vita è stata aumentata di moltissimo (in due generazioni abbiamo rubato alla morte un numero medio di anni pari a quanto guadagnato durante tutta la Modernità). Tutto ciò apre nuove sfide: Va ripensato profondamente il rapporto studio/lavoro/pensione, che non può più essere rigido e verticale o a sandwich.

3 Ma prima va recuperato un nuovo rapporto con il lavoro e il lavorare: senza questo nuovo rapporto non è possibile impostare il discorso su famiglia e lavoro Sempre più dovremo lavorare mentre studiamo da giovani (già lo vediamo, meno per le scuole superiori), ma anche: Studiare mentre lavoriamo (e lo vediamo ancora poco) Lavorare e studiare mentre siamo in pensione (e lo vediamo ancor meno), anche senza che questo lavoro passi necessariamente attraverso i meccanismi tradizionali del contratto e della remunerazione monetaria Andare oltre la dicotomia dono/mercato, gratuità/lavoro, per una cultura della gratuità dentro l ordinaria vita economica, e viceversa. Andare oltre la dicotomia lavoro intellettuale/lavoro materiale (domani il lavoro sarà fare l artigiano umanista o il giardiniere filosofo). Cambiare nei giovani la mentalità che associa il lavoro al titolo di studio, come pretesa: dovremo sempre più studiando per coltivare la nostra umanità e il nostro capitale umano o daimon, e inventarci il lavoro (o i lavori) sulla base di ciò che serve agli altri (e non tanto in base a ciò che piace a noi).

4 Il lavoro è veramente tale quando è dono, quando va oltre il dovuto Il mondo del lavoro non ha il linguaggio per riconoscere il dono contenuto nel lavoro, da cui nasce nel lavoratore un deficit di accudimento strutturale Si cambia spesso lavoro in cerca di questo riconoscimento che quasi mai arriva (e forse non può arrivare solo dal lavoro!), e ci portiamo dentro tutta la vita la sensazione di non essere amati e riconosciuti per quanto meritiamo veramente. Tutto il sistema del Welfare che abbiamo costruito nel XX secolo aveva come perno la famiglia, che si poneva tra lo Stato (altro grande protagonista in Italia), e il mercato (rimasto sempre sottosviluppato).

5 Fino a pochi decenni fa, era la famiglia che: offriva lavoro alle imprese, e cura alle fragilità/vulnerabilità Ma ancor più la famiglia offriva e offre forme di capitale essenziali per lo sviluppo: capitale sociale, relazionale, emotivo, spirituale Il lavoro familiare aumenta il valore aggiunto dei beni (non solo trasformazione ma creazione di ricchezza) Ma questo sistema è entrato in crisi con la rivoluzione demografica e della longevità La famiglia non è più riuscita a coprire da sola le grandi aeree della cura e dell assistenza (anziani, bambini, soggetti svantaggiati ), e finché abbiamo potuto le abbiamo assegnate allo Stato sociale: La crisi dell enorme debito pubblico (la grande spada di Damocle della crisi italiana) è anche una crisi demografica e conseguenza dell allungamento della vita. Ciò che comunque è certo è che non possiamo andare avanti così: occorre una nuova alleanza tra famiglia, mercato e Stato, e cercare soluzioni creative e possibili

6 1. Porre al centro del nuovo sistema il mercato (modello Anglosassone e sempre più globale): il vuoto occupato da Stato sociale e famiglia lo riempie il mercato for profit : i contratti che prendono il posto dei patti: Assicurazioni private per quasi tutto, imprese che si rivolgono alla classe solvente della popolazione che domanda cura e assistenza (scuole, asili, case di cuore, case di riposo ) Fascino: il contratto di mercato è affascinante per l uomo di oggi perché èuna forma di relazione senza ferita (a differenza dei patti) a cui è legato il grande tema dei nuovi mercati della maternità surrogata commerciale, 1. Chi si occupa della quota non solvente della popolazione? Del terzo escluso dai contratti e dal mercato, che se ne occupa? Nel modello USA del terzo escluso se ne occupa in piccola parte lo Stato, e per il resto la filantropia: business is business, e degli esclusi si occupa il grande imprenditore che dona parte dei suoi profitti a grandi fondazioni e ONG (il povero resta fuori) Questo modello però ha bisogno di una cultura protestante-calvinista, basata sull individuo e le sue libertà, e sull etica pubblica.

7 La cultura latina-cattolica-comunitaria non ha mai conosciuto il modello filantropico, perché il centro l ha occupato la comunità: famiglia, chiesa, stato sociale Il mondo latino ha avuto la sua via al mercato, l Economia civile, fondata sul principio di fraternità agli albori della modernità, ma questo modello è stato perdente nel Novecento e ancor più oggi, poiché questo sistema comunitario ha conosciuto due grandi patologie: il fascismo e le mafie, entrambe degenerazioni del modello comunitario-cattolico. Nel modello economico e sociale italiana in realtà neanche la famiglia è stata vista in questo tale: si vedevano i capifamiglia, meno la comunità famigliare (tantomeno i bambini), tanto che manca ancora una legislazione fiscale sulla famiglia in quanto tale. PRIMA CONCLUSIONE: il giusto ruolo della famiglia nel sistema economico e sociale non è dietro ma di fronte a noi: è un progetto politico ancora tutto da costruire assieme!

8 Il nuovo patto sociale richiede come prima condizione il riconoscimento della natura economica globale della famiglia, e così abbandonare la mentalità concessoria e riconoscere il ruolo anche economico che la famiglia già di fatto svolge: riconoscere, cioè, il valore che queste forme di capitale hanno già per l economia. La famiglia non deve chiedere favori allo stato, ma solo il riconoscimento, civile ma anche economico, di quanto già fa senza riconoscimento. E una questione di giustizia, non di concessioni generose. La famiglia non è solo un bene meritorio è anche un bene che produce forme di capitale ad alta produttività e redditività in termini di Pil. La quota del Pil destinata alla famiglie (troppo bassa!) non è dunque un regalo, ma è questione di equità. Ecco perché qualsiasi discorso sulla sussidiarietà economica e sul regime fiscale della famiglia debba partire da una visione della famiglia come soggetto economico post-consumo/risparmio.

9 Se, infatti, alla famiglia viene riconosciuto lo status di istituzione economica, allora diventa fondato e naturale riconoscere che le tasse vadano pagate non sul reddito lordo (ricavi), ma sul reddito al netto dei costi per produrre beni relazionali, capitale sociale, trasformazione dei beni, ecc. Questi beni vanno in parte a vantaggio della stessa famiglia (mutuo supporto, vita buona, felicità ), ma in parte anche a beneficio di una cerchia sociale molto più ampia. Oltre al valore civile e morale di crescere la prole esiste anche un più diretto valore economico che aspetta, soprattutto in Italia, di essere più riconosciuto perché questa nuova alleanza parta su un piano di eguaglianza tra i partners coinvolti, come ogni alleanza (che non sia sudditanza: attenzione a non essere guidati dai bandi e dai progetti!) esige.

10 Il nuovo rapporto famiglia/lavoro (e più in generale famiglia/economia) richiede un cambiamento di mentalità riguardo il tema della fragilità e delle vulnerabilità La cultura occidentale (nonostante il Cristianesimo) non accoglie la vulnerabilità e il limite nella sfera pubblica (lavoro, politica...): la rimuove appaltandola alla famiglia, alla donna in particolare, che diventa la monopolista della cura delle vulnerabilità, delle ferite (vulnus). Tutto ciò a gravi conseguenze: 1. rende la vita della donna in conflitto strutturale con la vita lavorativa e pubblica 2. rende i luoghi del lavoro invivibili, e quando la fragilità esplode diventa devastante e insestibile. 1. La fraternità, dentro e fuori la famiglia, è davanti a noi, nessuna nostalgia di modelli passati: il Cristianesimo vive il tempo dell aurora! 2. Per rendere sostenibile il nuovo Patto famiglia/mercato/civile, dobbiamo sviluppare rapporti orizzontali e innovazioni come famiglie e come comunità: la cura, anche quella specialistica, deve di nuovo passare attraverso le comunità, non solo dal mercato for-profit o da professionisti for-profit (la gratuità che cambia il mondo è quella che crea nuove istituzioni di prossimità, non la cultura del gratis o dell elemosina). 3. Infine, la famiglia serve se stessa andando fuori le mura di casa e occupandosi della città, coltivando gli alberi della gratuità, perchése si seccano questi alberi le persone non si sposeranno, non faranno figli

11 La famiglia per vocazione deve ricordare che il lavoro è importante (soprattutto quando manca), ma la capacità di amare, di dono lo sono di più: Il lavoro ha i suoi tempi, le sue pause, le malattie e la pensione La capacità di amare e di donarsi precede accompagna e segue le stagioni del lavoro Allora: si lavora veramente quando si riconosce un di più del dono rispetto al lavoro; e si vive veramente quando si riconosce un di più della vita rispetto al lavoro. La famiglia deve ricordarlo a se stessa e a tutti!

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