Calcolo differenziale per funzioni di una variabile
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- Costanza Angeli
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1 Capitolo 8 8. Definizione di derivata Sia y = f(x) definita nell intervallo A e sia fissato x 0 A. Diamo a x 0 un arbitrario incremento 0 su A, e indichiamo con y = f(x 0 + ) f(x 0 ) il corrispondente incremento della funzione. Il rapporto y/ si chiama rapporto incrementale della funzione y = f(x) relativo al punto x 0 ; esso è una funzione della variabile, definita nell insieme E di tutti i 0 tali che x 0 + A. Il punto = 0 è di accumulazione per E e perciò possiamo esaminare se esiste il ite del rapporto incrementale al tendere di a zero. Se accade che esista determinato e finito il 0 y = 0 f(x 0 + ) f(x 0 ), (8.) noi diremo che la funzione y = f(x) è derivabile nel punto x 0 e chiameremo tale ite la derivata della funzione y = f(x) nel punto x 0, designando la derivata col simbolo f (x 0 ). Si ha dunque la seguente definizione di derivata: f (x 0 ) = 0 f(x 0 + ) f(x 0 ) (8.2) tutte le volte che il ite esiste determinato e finito. Diremo poi che la funzione è derivabile nell intervallo A se essa è derivabile in ogni punto x A. Se ciò accade, per ogni punto x A resta ben determinato il corrispondente valore f (x) della derivata; nasce così in A una funzione f (x) che si chiama funzione derivata, o semplicemente derivata, della data funzione f(x). Oltre che col simbolo f (x) si suole indicare la derivata anche con la notazione Df(x). Si vede subito che se la funzione f(x) è derivabile nell intervallo A lo è anche la funzione cf(x), con c costante, e si ha: D[cf(x)] = c D f(x). (8.3) Diamo ora alcuni esempi di funzioni derivabili, calcolando le loro derivate. Consideriamo la funzione y = c (costante). Per ogni incremento 0 della variabile, si ha y = 0 e perciò il rapporto incrementale è sempre nullo. Dunque D c = 0. (8.4) 65
2 Capitolo 8. Per la funzione y = x si ha, evidentemente, y/ = e quindi, qualunque sia x: D x =. (8.5) Consideriamo la funzione y = log a x (con a > 0, a ) che è definita per x > 0. Si ha y = log a (x + ) log a x ( = log a + ) / x ovvero, ponendo / = ξ: ( log a + /x ) ξ. ξ Tenuto conto che per 0 si ha ξ, applicando le (6.4) e (6.0) si deduce 0 ( y = log a + /x ) ξ ( = log ξ ξ a + /x ) ξ = ξ ξ x log a e. Si ha dunque D log a x = x log a e, (x > 0), (8.6) ed in particolare, se si tratta di logaritmi naturali, D log x =, (x > 0). (8.7) x Le (8.6) e (8.7) mettono in evidenza perché, nelle considerazioni teoriche, i logaritmi naturali sono i più opportuni. Consideriamo la funzione y = sin x. Per ogni x si ha y sin(x + ) sin x 2 cos(x + /2) sin(/2) = = = sin(/2) cos(x + /2); /2 in virtù di note proprietà si deduce: 0 y = cos x ossia D sin x = cos x. (8.8) Considerata la funzione y = cos x, si ha per ogni x: y cos(x + ) cos x 2 sin(x + /2) sin(/2) = = = sin(x + /2) sin(/2), /2 66
3 8.2. Interpretazione geometrica della derivata donde D cos x = sin x. (8.9) Consideriamo la funzione y = tan x. Per ogni x (2k + )π/2 (k intero) si ha y tan(x + ) tan x = = sin(x + ) cos(x + ) sin x cos x = sin() cos x cos(x + ) e quindi D tan x = cos 2 x Osserviamo il seguente risultato: ( x (2k + ) π ). (8.0) 2 8..I Se la funzione f(x) è derivabile in un punto x 0 A essa è continua nel punto x 0. Di conseguenza, se è derivabile nell intervallo A, essa è continua nell intervallo A. Dim. Infatti si ha per ipotesi: 0 f(x 0 + ) f(x 0 ) = f (x 0 ) e quindi si può scrivere: [f(x 0 + ) f(x 0 )] = 0 0 [ f(x0 + ) f(x 0 ) ] = f (x 0 ) 0 = 0, cioè f(x 0 + ) = f(x 0 ). 0 Si tenga presente che non è vero il viceversa, cioè una funzione f(x) continua può non essere derivabile. Inoltre, se la f(x) è derivabile, la sua derivata f (x) in generale non è continua. 8.2 Interpretazione geometrica della derivata Data una funzione f(x) continua in un intervallo A, consideriamone il grafico γ. Presi su γ due punti P 0 [x 0, f(x 0 )], P [x 0 +, f(x 0 + )], osserviamo che, al tendere di a zero, il punto P varia e tende a P 0 ; infatti l ascissa x 0 + di P tende all scissa x 0 di P 0 e, in virtù della continuità di f(x), lo stesso avviene per le ordinate. Ricordiamo ora una importante definizione: si chiama retta tangente alla curva γ nel punto P 0 la posizione ite (se esiste) di una secante s P 0 P della curva stessa, quando il punto P, variando sulla curva, tende al punto P 0. 67
4 Capitolo 8. Esaminiamo ora sotto quali condizioni esiste la retta tangente definita sopra. Osserviamo che la secante P 0 P ha coefficiente angolare uguale a [f(x 0 + ) f(x 0 )]/, cioè uguale al rapporto incrementale della f(x), e quindi ha equazione y f(x 0 ) = f(x 0 + ) f(x 0 ) (x x 0 ). (8.) Per far tendere P a P 0 occorre, come detto, far tendere a zero. Ricordando la definizione di derivata è chiaro che, se la funzione f(x) è derivabile nel punto x 0, la retta (8.) ammette la posizione ite s 0 di equazione y f(x 0 ) = f (x 0 )(x x 0 ); (8.2) esiste quindi la retta tangente a γ nel punto P 0 che risulta essere una retta non parallela all asse y e rappresentata dall equazione (8.2). Se la f(x) non è derivabile nel punto x 0, possono presentarsi due casi: ) per che tende a zero il rapporto incrementale ha ite + o ; 2) per che tende a zero il rapporto incrementale non ha ite. Nel primo caso, in cui si suol dire che la f(x) ha in x 0 derivata infinita, basta scrivere la (8.) nel modo seguente [y f(x f(x 0 + ) f(x 0 ) 0 )] = x x 0 per vedere immediatamente che la secante s ha come ite la retta di equazione x x 0 = 0. Dunque: se nel punto x 0 la f(x) ha derivata infinita, la retta (8.) ammette la posizione ite s 0 di equazione x x 0 = 0: esiste pertanto la tangente a γ nel punto P 0 che risulta essere la parallela all asse delle ordinate passante per tale punto. Nel secondo caso, in cui non esiste il ite del rapporto incrementale, la retta (8.) non ha posizione ite per che tende a zero e quindi la curva γ non ammette tangente nel punto P 0. Sempre considerando il caso in cui manca il ite del rapporto incrementale, può tuttavia accadere che esistano, finiti o infiniti, diversi fra loro, i due iti f(x 0 + ) f(x 0 ) f(x, 0 + ) f(x 0 ) (8.3) che si chiamano rispettivamente la derivata a sinistra (eventualmente infinita) e la derivata e destra (eventualmente infinita) della f(x) nel punto x 0. Si vede allora facilmente che nel corrispondente punto P 0 del grafico γ si può parlare di una tangente a sinistra (eventualmente parallela all asse y) e di una tangente a destra (eventualmente parallela all asse y). Si tenga presente che, pur essendo distinti i due iti (8.3), può darsi che le due tangenti a sinistra 68
5 8.3. Definizione e proprietà del differenziale e a destra si sovrappongano; è ovvio che ciò avviene soltanto quando uno dei detti iti è + e l altro, avendosi allora la coincidenza delle due tangenti nella parallela all asse y condotta per P 0. Se le due tangenti sono distinte, il punto P 0 si dice punto angoloso di γ; se invece coincidono nella parallela all asse y, il punto P 0 si dice una cuspide di γ. 8.3 Definizione e proprietà del differenziale Sia y = f(x) derivabile nell intervallo A. Se x, x + A, chiameremo differenziale della funzione f(x) il prodotto f (x) e lo indicheremo col simbolo dy ovvero df(x): dy = df(x) = f (x). (8.4) Se si applica questa definizione alla particolare funzione f(x) = x, si ottiene essendo f (x) = dx =, per cui si può dire che il differenziale della variabile indipendente x coincide con l incremento della variabile stessa. Ne deriva che la (8.4) può anche scriversi dy = df(x) = f (x)dx (8.5) e perciò il differenziale di una funzione f(x) è uguale al prodotto della derivata per il differenziale della variabile indipendente. Dalla (8.5) segue f (x) = dy dx (8.6) cosicché la derivata di una funzione può essere considerata come il rapporto fra il differenziale della funzione stessa ed il differenziale della variabile indipendente. Il differenziale di una funzione ha una semplice interpretazione geometrica sul grafico della funzione stessa. La tangente nel punto P [x, f(x)] del grafico ha equazione Y f(x) = f (x)(x x) avendo designato con X, Y le coordinate correnti (cioè di un punto variabile sulla tangente), cosicché quel punto Q della tangente che ha l ascissa X = x + viene ad avere un ordinata Y definita dalla Y f(x) = f (x) ossia, per la (8.4), Y f(x) = df(x). Si può dunque dire: il differenziale di una funzione f(x) è uguale all incremento dell ordinata di un punto Q mobile sulla tangente alla curva y = f(x) nel suo punto di ascissa x, quando l ascissa di Q passa dal valore x al valore x +. Mettiamo ora in relazione l incremento y = f(x + ) f(x) della funzione con il differenziale dy = f (x). Sussiste la seguente importante formula y = dy + o(), (8.7) 69
6 Capitolo 8. ove o(), lo ricordiamo, denota un infinitesimo di ordine superiore rispetto a. dimostrare la (8.7) occorre far vedere che y dy 0 Per = 0, (8.8) e ciò è immediato perché y dy = y f (x) e, per 0, il secondo membro tende a zero, per definizione di derivata. Supposto che sia f (x) 0 e quindi dy 0, la (8.7) ci dice che, quando è sufficientemente piccolo, si può praticamente confondere l incremento y col differenziale dy; si suole dire che il differenziale dy fornisce la parte principale dell incremento differenziale y. Ciò non è più vero se f (x) = 0 ossia dy = 0; allora la parte principale di y ha altre espressioni, come vedremo in seguito. Osserviamo ancora che il rapporto ( y dy)/ considerato in (8.8) è una funzione ω() dell incremento, definita e continua per 0; essa non ha senso per = 0 (cioè = 0 appare come un punto singolare di essa), ma la (8.8) ci dice che tale punto singolare si può einare ponendo ω(0) = 0. Si può pertanto scrivere y dy = ω(), ossia y = [f (x) + ω()] (8.9) in ogni caso (anche se = 0), essendo ω() una opportuna funzione continua, nulla per = Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte Sia y = f(x) definita nell intervallo A ed ivi continua e crescente oppure decrescente; sappiamo che essa è dotata di funzione inversa x = g(y). Sussiste allora il seguente risultato 8.4.I Se f(x) è derivabile con derivata non nulla, anche la funzione inversa x = g(y) è derivabile con derivata non nulla e vale la relazione g (y) = f (x). (8.20) Dim. Per provare che la g(y) è derivabile, dobbiamo provare che esiste determinato e finito il ite g(y + y) g(y). (8.2) y y 0 All incremento y 0 della y corrisponde un certo incremento 0 della x e si ha g(y + y) = x +, g(y) = x, y = f(x + ) f(x). Inoltre, poiché dalla continuità di 70
7 8.4. Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte f(x) segue quella di g(y), al tendere di y a zero anche tende a zero. Perciò al ite (8.2) possiamo sostituire il seguente 0 (x + ) x f(x + ) f(x) = 0. f(x + ) f(x) Poiché per ipotesi 0 f(x + ) f(x) = f (x) 0, si conclude che il ite (8.2) vale /f (x). Dunque g (y) = /f (x), ossia la (8.20). Notiamo che, ricorrendo alla notazione coi differenziali vista in precedenza, la (8.20) si esprime così dy dx dx dy =, cioè con una identità fra i differenziali. Applichiamo ora questo risultato al calcolo di alcune derivate fondamentali. La funzione y = a x (a > 0, a ) è definita in (, + ) ed ha la funzione inversa x = log a y. Quest ultima ha la derivata (/x) log a e che è sempre 0 per cui, in virtù della (8.20), si ha per ogni x: D a x = = y log e a y log a e ossia ed in particolare, per a = e: D a x = a x log e a, (8.22) D e x = e x. (8.23) La funzione y = arcsin x è definita in [, ] e si ha π 2 y π 2. (8.24) Essa ha la funzione inversa x = sin y che ha la derivata cos y la quale è diversa da zero per y π/2, ossia per x. Ne segue che per x si ha D arcsin x = cos y ; ma cos y = + sin 2 y con segno + in virtù della (8.24) e quindi D arcsin x = x 2 (per x ). (8.25) 7
8 Capitolo 8. In modo del tutto analogo si dimostra la D arccos x = x 2 (per x ). (8.26) La funzione y = arctan x è definita in (, + ) e si ha π 2 < y < π 2. La funzione inversa è x = tan y che ha la derivata / cos 2 y. Dunque per ogni x si ha D arctan x = cos 2 y = + tan 2 y ossia D arctan x = + x 2. (8.27) Studiamo ora la derivazione delle funzioni composte. Sia data la funzione y = f(x) definita nell intervallo A dell asse x e supponiamo che il suo coinsieme sia contenuto in un certo intervallo intervallo B dell asse y. In B sia poi definita la funzione u = ϕ(y). Possiamo allora considerare in A la funzione composta u = F (x) con F (x) = ϕ[f(x)]. Vogliamo dimostrare la seguente proposizione: 8.4.II Se la funzione y = f(x) è derivabile in A, se la funzione u = ϕ(y) è derivabile in B, allora la funzione composta u=f(x) è derivabile in A e si ha F (x) = ϕ (y) f (x) con y = f(x). (8.28) Dim. Siano x, x+ con ( 0) due punti arbitrari di A; y = f(x), y + y = f(x+) i corrispondenti valori della funzione y = f(x). Per provare l esistenza della derivata F (x), dobbiamo considerare il ite per 0 del rapporto incrementale F = F (x + ) F (x) = ϕ[f(x + )] ϕ[f(x)] = ϕ(y + y) ϕ(y). Può essere y 0 o anche y = 0, ma sappiamo che in ogni caso si ha: ϕ(y + y) ϕ(y) = [ϕ (y) + ω( y)] y, con ω( y) funzione continua e nulla per y = 0; possiamo dunque scrivere F = [ϕ (y) + ω( y)] y. (8.29) 72
9 8.4. Derivazione della funzione inversa e delle funzioni composte Facciamo ora tendere a zero. Per la supposta derivabilità della y = f(x), il rapporto y/ tende a f (x); dalla (8.29) si trae quindi F 0 = ϕ (y) f (x) e questo prova la (8.28). Ricorrendo alla notazione coi differenziali, questo risultato si può formulare nel modo seguente du dx = du dy dy dx ; si riduce cioè ad una semplice identità fra i differenziali. La proposizione 8.4.II è molto utile nel calcolo delle derivate. Vediamo qui pochi esempi di applicazione al calcolo di alcune derivate fondamentali. La funzione u = x α con α numero reale qualsiasi che possiamo supporre diverso da 0 e da, essendo questi due casi già contemplati dalle (8.4) e (8.5) è definita in ogni caso per x > 0 e nel punto x = 0 ha senso solo se α > 0. È poi definita per x < 0 soltanto se l esponente α è un numero razionale positivo o negativo m/n con m, n primi tra loro e n dispari. Cominciamo col supporre x > 0. Allora si può scrivere u = e α log x e quindi la nostra funzione appare come composta mediante le due y = α log x, u = e y. ossia Applicando la 8.4.II e tenendo conto delle (8.3), (8.7), (8.23), si ricava D x α = e y α x = xα α x. D x α = α x α. (8.30) Dimostriamo ora che, nell ipotesi α = m/n con m, n primi tra loro e n dispari, la stessa formula vale anche per x < 0. Infatti in tal caso si può scrivere u = x α = ( ) α ( x) α e la funzione si può considerare come composta mediante y = x, u = ( ) α y α (con y > 0). Ne segue per la 8.4.II, tenendo conto delle (8.3), (8.5), (8.30): D x α = ( ) α α y α ( ) = α( ) α+ ( x) α = α x α. Infine, nel punto x = 0, la (8.30) vale ancora se α > ; infatti il rapporto incrementale relativo a tale punto è () α / = () α e, se α > tende a zero per 0. 73
10 Capitolo 8. Osservato che la (8.30) comprende le (8.4), (8.5), si può concludere che la (8.30) vale in ogni punto x ove hanno senso sia x α che x α. La funzione u = log x è definita per x 0 e coincide con la u = log x se x > 0; per x < 0 è composta mediante le Se ne deduce che, per x < 0, si ha y = x, u = log y (con y > 0). D log x = y ( ) = x. Dunque, in ogni caso, sussiste la formula D log x = x (8.3) che comprende la (8.7). Dalla derivazione delle funzioni composte si ottiene un altra notevole proprietà del differenziale. Considerata la funzione u = ϕ[f(x)] composta mediante le u = ϕ(y), y = f(x), se pensiamo u come funzione della y, il suo differenziale è dato da se pensiamo u come funzione della x, il suo differenziale è ϕ (y)dy; (8.32) D ϕ[f(x)]dx. (8.33) Ora è importante notare che le due espressioni (8.32), (8.33) sono uguali. Infatti, per la 8.4.II si ha che la (8.33) vale ϕ (y)f (x)dx; ma f (x)dx = dy e quindi D ϕ[f(x)]dx = ϕ (y)dy. Perciò il differenziale di una funzione u = ϕ(y) ha la stessa espressione tanto se y è variabile indipendente quanto se dipende da un altra variabile x. 8.5 Regole di derivazione Dimostriamo ora alcune proposizioni relative alla derivazione di funzioni ottenute combinando, secondo diverse operazioni, funzioni più semplici. 8.5.I Se f (x), f 2 (x),..., f n (x) sono funzioni derivabili in un medesimo intervallo A, se c, c 2,..., c n sono delle costanti, la combinazione lineare è derivabile in A e si ha f(x) = c f (x) + c 2 f 2 (x) c n f n (x) D f(x) = c D f (x) + c 2 D f 2 (x) c n D f n (x). (8.34) 74
11 8.5. Regole di derivazione Dim. Dato a x l incremento su A si ha f = c f + c 2 f c n f n e quindi f = c f + c f c f n n. Passando al ite per 0 ed applicando il 6.4.VI si ottiene la (8.34). 8.5.II Se le funzioni f(x), g(x) sono derivabili in un medesimo intervallo A, anche il loro prodotto è derivabile in A e si ha D [f(x)g(x)] = D f(x) g(x) + f(x) D g(x). (8.35) Dim. Posto F (x) = f(x)g(x), si può scrivere F = f(x + )g(x + ) f(x)g(x) Passando al ite per 0, si deduce facilmente la (8.35). = g(x + ) f g + f(x). Da questa regola si ricava immediatamente quella per il calcolo della derivata di un prodotto di tre o più fattori. In generale: la derivata del prodotto di n fattori derivabili esiste ed è data dalla somma di n termini che si ottengono dal prodotto stesso sostituendo al primo, secondo,..., n-esimo fattore la rispettiva derivata. 8.5.III Se la funzione f(x) è derivabile nell intervallo A, in ogni punto di A in cui sia f(x) 0 è anche derivabile la funzione /f(x) e si ha D f(x) = D f(x) [f(x)] 2. (8.36) Dim. Se nel punto x è f(x) 0, si può determinare un numero σ > 0 tale che per 0 < < σ sia ancora f(x + ) 0. Per 0 < < σ si può allora scrivere f(x) = f(x + ) f(x) = f(x + ) f(x), f(x)f(x + ) e passando al ite per 0, si trova la (8.36). 8.5.IV Se le funzioni f(x), g(x) sono derivabili nell intervallo A, in ogni punto di A in cui è g(x) 0 è anche derivabile il quoziente f(x)/g(x) e si ha D f(x) g(x) = D f(x) g(x) f(x) D g(x) [g(x)] 2. (8.37) 75
12 Capitolo 8. Dim. Basta scrivere f/g = f (/g) ed applicare le (8.35) e (8.36). Le regole precedenti si possono mettere in altra forma facendovi comparire i differenziali delle funzioni considerate. Alle regole di derivazione (8.34),(8.35),(8.36),(8.37) vengono allora a corrispondere altrettante regole di differenziazione che si ottengono da quelle semplicemente moltiplicando ambo i membri per dx. Si trovano allora le d(c f + c 2 f c n f n ) = c df + c 2 df c n df n, d(fg) = g df + f dg, d f = df f 2, d f g = g df f dg g Funzioni iperboliche e loro derivate Introduciamo ora le cosiddette funzioni iperboliche, che presentano grande analogia con le funzioni circolari e sono molto usate nelle applicazioni. Si chiama coseno iperbolico, e si indica con cosh x, la funzione definita in (, + ) dalla formula cosh x = ex + e x. (8.38) 2 Il suo grafico è una curva detta catenaria e si costruisce immediatamente, una volta disegnate le curve delle funzioni y = e x, y = e x, come mostrato in figura 8.. y = e x 6 y y = e x y = cosh x x Figura 8.: Grafico della funzione y = cosh x. 76
13 8.6. Funzioni iperboliche e loro derivate Si chiama seno iperbolico, e si indica con sinh x, la funzione definita in (, + ) dalla formula sinh x = ex e x. (8.39) 2 Il suo grafico si costruisce immediatamente, una volta disegnate le curve delle funzioni y = e x, y = e x, come mostrato in figura y y = e x y = sinh x x y = e x 5 Figura 8.2: Grafico della funzione y = sinh x. Osservato che si ha sempre cosh x 0, si può definire in (, + ) la tangente iperbolica mediante la formula tanh x = sinh x cosh x = ex e x e x + e x. Si può anche scrivere tanh x = e2x e 2x + oppure tanh x = e 2x + e 2x 77
14 Capitolo 8. ed è allora evidente che tanh x =, x Se ne deduce facilmente il grafico di figura 8.3. tanh x =. x + y y = tanh x x Figura 8.3: Grafico della funzione y = tanh x. Si considera anche, per x 0, la cotangente iperbolica di x, definita dalla formula il cui grafico è mostrato nella figura 8.4. coth x = cosh x sinh x = ex + e x e x e x 5 y y = coth x x Figura 8.4: Grafico della funzione y = coth x. 78
15 8.7. Tabella delle derivate fondamentali ed applicazione delle regole di derivazione Fra le funzioni iperboliche intercorrono numerose relazioni che ricordano quelle relative alle funzioni circolari. Facendo uso delle (8.38),(8.39), si dimostrano facilmente le seguenti: cosh 2 x sinh 2 x =, sinh(x ± y) = sinh x cosh y ± cosh x sinh y, cosh(x ± y) = cosh x cosh y ± sinh x sinh y, dalle quali segue in particolare sinh 2x = 2 sinh x cosh y, cosh 2x = cosh 2 x + sinh 2 x. Le derivate delle funzioni iperboliche si calcolano immediatamente applicando le regole viste in precedenza. Si ottiene D cosh x = ex e x 2 D sinh x = ex + e x 2 = sinh x, = cosh x, D tanh x = D sinh x cosh x = cosh2 x sinh 2 x cosh 2 = x cosh 2 x, D coth x = D cosh x sinh x = sinh2 x cosh 2 x sinh 2 = x sinh 2 x. 8.7 Tabella delle derivate fondamentali ed applicazione delle regole di derivazione La tabella delle derivate fondamentali, riportata nella pagina seguente, riunisce le derivate che abbiamo dimostrato nelle pagine precedenti e che costituiscono un indispensabile nucleo di conoscenze del calcolo differenziale. Per mezzo di queste derivate fondamentali, delle regole di derivazione proposte in precedenza e dell applicazione della 8.4.II, si possono calcolare le derivate di tutte le funzioni composte mediante funzioni elementari. 79
16 Capitolo 8. Tabella delle derivate fondamentali D c = 0 D a x = a x log e a (D e x = e x ) D x α = αx α D log a x = ( x log a e D log x = ) x D x = D sinh x = cosh x D x = x 2 D x = 2 x D cosh x = sinh x D tanh x = cosh 2 x D sin x = cos x D coth x = sinh 2 x D cos x = sin x D arcsin x = x 2 D tan x = cos 2 x D cot x = sin 2 x D arccos x = x 2 D arctan x = + x 2 Illustriamo l applicazione della 8.4.II. Quando si deve in pratica derivare una funzione composta ϕ[f(x)], è inutile fare la posizione f(x) = y; basta pensare di derivare la funzione ϕ come se la variabile indipendente fosse f(x) e poi moltoplicare la derivata ottenuta per la derivata della f(x). Si scrive cioè, in conformità con la (8.28): D ϕ[f(x)] = ϕ [f(x)] f (x). In pratica si incontrano anche funzioni generate mediante ripetute formazioni di funzioni composte. Ad esempio, per una funzione del tipo ψ{ϕ[f(x)]}, la derivata si calcola applicando due volte la 8.4.II e cioè si procede così: si deriva la ψ come se la variabile indipendente fosse ϕ[f(x)], si moltiplica la derivata ottenuta per la derivata della ϕ calcolata come se la variabile indipendente fosse f(x) e poi si moltiplica ancora per la derivata della f(x). Osserviamo infine che se si devono derivare funzioni del tipo y = [f(x)] g(x), con f(x) > 0, basta scrivere g(x) log f(x) y = e per avere, in virtù delle regole viste, [ D e g(x) log f(x) = e g(x) log f(x) g (x) log f(x) + g(x) f ] (x). f(x) 80
17 8.8. Derivate successive. Differenziali successivi 8.8 Derivate successive. Differenziali successivi Sia f(x) una funzione derivabile nell intervallo A. La sua derivata f (x) può essere a sua volta una funzione derivabile in A; derivandola si ottiene una nuova funzione che è naturale chiamare la derivata seconda della f(x) e che si indica con uno dei simboli f (x), D 2 f(x). Se a sua volta la f (x) è derivabile in A, possiamo parlare della derivata della derivata seconda, che chiameremo derivata terza della f(x) ed indicheremo con f (x) o con D 3 f(x). Se questo procedimento di derivazione successiva può applicarsi n volte, risulteranno definite in A la derivata prima, come anche si chiama f(x), la derivata seconda, terza,..., n-esima della f(x), quest ultima da indicarsi con f (n) (x) oppure D n f(x). Può anche darsi che il procedimento non si arresti mai e si possa considerare la derivata n-esima della f(x) con un arbitrario n; si dice allora che la f(x) ammette in A derivate di ordine comunque elevato, oppure che è derivabile quante volte si vuole. Ciò accade per le funzioni elementari presentate nella tabella delle derivate fondamentali. Osserviamo che, dato un polinomio in x di grado n f(x) = a 0 x n + a x n a n x + a n, la sua derivata prima è un polinomio di grado n, la derivata seconda un polinomio di grado n 2,..., la derivata n-esima è la costante n! a 0, mentre tutte le derivate successive alla n-esima sono identicamente nulle. Se f(x), g(x) sono due funzioni derivabili almeno n volte, esiste una formula notevole, detta di Leibnitz, che esprime la derivata n-esima del prodotto f(x)g(x) e che estende la (8.35). Essa si scrive D n [f(x)g(x)] = n k=0 ( ) n D n k f(x) D k g(x), (8.40) k ove si deve intendere che D 0 f(x) = f(x), D 0 g(x) = g(x). Si noti l analogia della (8.40) con la formula del binomio di Newton. La (8.40) è vera per n =, riducendosi in tal caso alla (8.35). Introduciamo infine una notazione ampiamente usata. Se A è un intervallo e n un intero positivo, indicheremo con C n (A) la classe delle funzioni f(x) che ammettono in A le derivate f (x), f (x),..., f (n) (x) con quest ultima derivata continua in A. Pertanto la scrittura f(x) C n (A) oppure la frase: f(x) è in A di classe C n significa che in A la f(x) è dotata di derivata n-esima continua. Si suole includere il caso n = 0, cioè scrivere f(x) C 0 (A) per esprimere che f(x) è continua in A. Si suole anche indicare con C (A) la classe delle funzioni f(x) che in A ammettono derivate di ordine comunque elevato (necessariamente continue). Molte volte si sottintende l intervallo A e si scrive semplicemente f(x) C n, f(x) C. 8
18 Capitolo 8. Il differenziale dy = f (x)dx si chiama anche il differenziale primo (o di primo ordine) della funzione y = f(x) e dipende dalle due variabili x e dx. Supposto che la f(x) abbia derivata seconda, chiameremo differenziale secondo (o di secondo ordine) della f(x), e lo indicheremo con d 2 y o d 2 f(x), il differenziale del differenziale primo, calcolato con la convenzione di considerare dx come una costante. Si ha cioè: d 2 y = d(dy) = d[f (x)dx] = D[f (x)dx] dx = f (x)dx dx ossia ove dx 2 significa (dx) 2. d 2 y = f (x)dx 2, Ammessa poi l esistenza di f (x) si può, sempre con la predetta convenzione riguardo dx, definire il differenziale terzo o di terzo ordine d 3 y come il differenziale del differenziale secondo e si trova che esso vale d 3 y = f (x)dx 3. In generale, se esiste la derivata n-esima si può parlare del differenziale n-esimo o di ordine n: d n y = f (n) (x)dx n. Ciò conduce anche alla notazione, molto usata per indicare la derivata n-esima: f (n) (x) = dn y dx n. Per i differenziali di ordine superiore a non vale la proprietà osservata in precedenza per il differenziale primo, cioè: i differenziali successivi di una funzione ϕ(y) non hanno in generale la stessa espressione se y è variabile indipendente oppure se è funzione di un altra variabile x. Ciò risulta evidente se si pensa che, se y è variabile indipendente, possiamo considerare dy come una costante e generare i differenziali successivi nel modo appena descritto; ma se y = f(x) ciò non è più possibile. Mettiamo in luce questo fatto sul differenziale secondo. Data la u = ϕ(y), se y è variabile indipendente si ha se invece y = f(x), si ha ossia d 2 u = ϕ (y)dy 2 ; (8.4) d 2 u = d{ϕ [f(x)]f (x)dx} = D{ϕ [f(x)]f (x)dx} dx = {ϕ [f(x)]f 2 (x)dx + ϕ [f(x)]f (x)dx} dx = ϕ [f(x)]f 2 (x)dx 2 + ϕ [f(x)]f (x)dx 2, d 2 u = ϕ (y)dy 2 + ϕ (y)d 2 y, (8.42) espressione diversa dalla (8.4). Si noti che alla (8.42) si arriva più speditamente utilizzando le regole di differenziazione viste in precedenza; si procede così: d 2 u = d[ϕ (y)dy] = dϕ (y) dy + ϕ (y) d(dy) = ϕ (y)dy 2 + ϕ (y)d 2 y. 82
19 8.9. Forme indeterminate. Teorema di De L Hospital 8.9 Forme indeterminate. Teorema di De L Hospital Abbiamo già considerato le forme indeterminate, 0, 0/0, / sia per le successioni che per le funzioni di una variabile. Riferendoci alle funzioni, aggiungiamo ora che altre forme indeterminate si possono presentare quando si debba studiare il ite (per x 0 o per x ± ) di una funzione del tipo [f(x)] g(x), con f(x) > 0. Precisamente ciò avviene nei tre seguenti casi: f(x) = 0, g(x) = 0; (forma indeterminata 0 0 ), (8.43) f(x) =, g(x) = ; (forma indeterminata ), (8.44) f(x) =, g(x) = 0; (forma indeterminata 0 ). (8.45) Infatti, scrivendo [f(x)] g(x) = e g(x) log f(x), (8.46) si vede subito che nei casi (8.43),(8.44),(8.45) l esponente g(x) log f(x) presenta rispettivamente la forma indeterminata 0, 0, 0. Si hanno così in tutto sette forme indeterminate ma, in base a quello che si è appena detto, si vede che basta considerare le prime quattro. Inoltre, modificando opportunamente l espressione della funzione, anche le forme indeterminate, 0, si possono ricondurre alle 0/0, /. Infatti, se f(x) =, g(x) = +, scrivendo f(x) g(x) = log ef(x) e g(x) (8.47) si vede che il rapporto indicato a secondo membro dà luogo alla forma indeterminata / ; così la forma è ricondotta alla /. Analogamente, se f(x) = 0, g(x) =, scrivendo f(x)g(x) = f(x) g(x) si riconduce la 0 alla 0/0 oppure alla /. oppure g(x) f(x) Pertanto si può itare lo studio delle forme indeterminate ai due casi 0/0, /. (8.48) Ciò premesso, per lo studio delle predette forme indeterminate è molto utile il seguente teorema. Si osservi che non sono forme indeterminate 0 +, 0 ; infatti, si vede subito, utilizzando la (8.46), che si ha: 0 + = 0, 0 = +. 83
20 Capitolo I (Teorema di de L Hospital) Assegnato un intervallo A [itato o no] sia x 0 il suo estremo sinistro [eventualmente ]; dette f(x) e g(x) due assegnate funzioni definite in A 0 ottenuto da A togliendogli il suo punto x 0, risultando g (x) 0, x A 0, se f e g sono entrambe infinitesime entrambe infinite per x x + e se esiste determinato (finito o 0 infinito) il f (x) g (x) = λ, x x 0 + allora esiste anche determinato il ite di f/g e si ha x x 0 + f(x) g(x) = λ. Analogamente per x x 0 se x 0 è l estremo destro [eventualmente + ] di A. Se x 0 è un punto interno all intervallo A, si può operare sia per x x che per x 0 x+ 0 e quindi, se esiste f (x) g (x) = λ, allora esiste x x 0 x x 0 f(x) g(x) = λ. Da quanto precede si può affermare che quando si deve esaminare il ite del rapporto f(x)/g(x) e questo conduce ad una delle forme indeterminate 0/0 oppure /, conviene esaminare, nelle ipotesi dette, il rapporto f (x)/g (x) delle derivate; se quest ultimo ammette ite (finito o o infinito), allora si può asserire l esistenza del corrispondente ite di f(x)/g(x) che viene ad avere lo stesso valore. Se f(x)/g(x) e f (x)/g (x) danno luogo a forme indeterminate dei tipi considerati, conviene esaminare, se possibile, il rapporto f (x)/g (x). Se quest ultimo ammette ite, esisterà con il medesimo valore anche quello di f (x)/g (x) e quindi quello di f(x)/g(x). 84
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