FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO I PARERI SULLA GIURISPRUDENZA DEL LAVORO PARERE N. 7 TERMINE PER IRROGARE LA SANZIONE DISCIPLINARE IL QUESITO
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- Patrizia Federici
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1 FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO I PARERI SULLA GIURISPRUDENZA DEL LAVORO PARERE N. 7 TERMINE PER IRROGARE LA SANZIONE DISCIPLINARE IL QUESITO Si chiede di precisare quali sono gli effetti delle clausole dei contratti collettivi che prevedono un termine massimo per l adozione della sanzione al termine della procedura disciplinare. * * * GLI EFFETTI DELLA CLAUSOLA CONTRATTUALE CHE PREVEDE UN TERMINE PER L ADOZIONE DELLA SANZIONE DISCIPLINARE La questione riguarda la decorrenza e gli effetti di quelle clausole, spesso previste dai contratti collettivi, che prevedono un termine massimo entro il quale il datore di lavoro deve adottare la sanzione disciplinare al termine della procedura. Il problema non si pone se il contratto collettivo stabilisce espressamente il carattere perentorio del termine, con la conseguente inefficacia della sanzione irrogata tardivamente. Se, invece, il contratto collettivo tace sul punto, l orientamento largamente maggioritario ritiene che il termine per l irrogazione della sanzione abbia comunque carattere perentorio, con la conseguenza che in caso di inosservanza del termine medesimo, il datore di lavoro decade dall esercizio del potere disciplinare e la sanzione tardiva deve essere considerata invalida (Cass. n. 27 luglio 1987, in Orient. giur. lav., 1987, 483; Trib Milano, 29 ottobre 1999, in Lav. giur., 2000, n. 3, 268; Pret. Monza, 25 luglio 1995, in D&L, 1996, n. 1, p. 160; Pret. Milano, 19 agosto 1983, in Lav. 80, 1983, 967; Pret. Milano, 30 aprile 1997, in Lav. giur., 1997, n. 9, 763). Tuttavia, in senso difforme si è pronunciata altra giurisprudenza di legittimità, secondo cui in caso di silenzio del contratto collettivo in merito al carattere ordinatorio o perentorio del
2 termine, spetta al giudice attribuire ad esso l uno o l altro carattere in base ad un adeguata e motivata interpretazione del contratto (Cass. 2 ottobre 1987, n. 7374, in Dir. prat. lav., 1988, 508). Conformandosi a tale principio, un orientamento minoritario ritiene che, ove è previsto un termine massimo per l irrogazione della sanzione disciplinare, la clausola contrattuale senza espressa menzione della decadenza esprima una mera volontà contrattuale di un adeguata celerità nella definizione del procedimento disciplinare, di modo che il superamento del termine non comporta l invalidità della sanzione che resta comunque legittima (Trib. Torino, 16 settembre 1998, in Lav. giur., 1999, n. 5, 483; Pret. Torino, 9 febbraio 1994, in Lav. giur., 1994, n. 6, 619). LA DECORRENZA DEL TERMINE Un ulteriore problema affrontato dalla giurisprudenza è quello concernente la determinazione del momento iniziale dal quale comincia a decorrere il termine per l irrogazione della sanzione. Secondo un primo indirizzo, il momento iniziale di decorrenza è quello della scadenza del termine assegnato al lavoratore per presentare le difese rispetto alla contestazione, a prescindere dalla circostanza che il lavoratore abbia presentato o no le proprie giustificazioni, atteso che la contraria opinione produrrebbe l assurda conseguenza che il lavoratore ben potrebbe ritardare all infinito la presentazione delle proprie discolpe, al fine di rendere impossibile l irrogazione nei suoi confronti dell eventuale sanzione disciplinare da parte del datore di lavoro (Pret. Torino, 30 gennaio 1989, in Giur. Piemontese, 1990, n. 1, 116; in senso conforme: Pret. Milano, 19 gennaio 1999, in Lav. giur., 1999, n.5, 482). Un secondo orientamento ritiene, invece, che la decorrenza del termine sia condizionata all effettive presentazione delle giustificazioni da parte del lavoratore (Pret. Milano, 15 giugno 1987, in Lav. 80, 1987, 811; Pret. Milano, 28 ottobre 1981, in Lav. 80, 1982, n. 1, 189) e ciò in quanto la presentazione delle giustificazioni scritte o la esposizione orale di
3 esse da parte dell'incolpato costituiscono il presupposto indefettibile per la configurazione della previsione normativa che assegna al decorso del termine ed al comportamento del datore di lavoro, ad esso correlato, il significato dell'accettazione tacita di esse giustificazioni. In conseguenza la facoltà del lavoratore di fornire le giustificazioni assume la connotazione di un onere da osservare al fine di conseguire il risultato che la clausola contrattuale attribuisce al comportamento suddetto (Cass. 17 marzo 1987, n. 2707, in Orient. giur. lav., 1987, 483). IL CALCOLO DEI GIORNI La giurisprudenza ritiene che il decorso del termine debba essere computato secondo i normali giorni di calendario, ivi compresi i festivi, salvo l ipotesi che la clausola contrattuale faccia espresso riferimento ai soli giorni lavorativi o ai giorni di effettiva prestazione (Trib. Milano, 19 marzo 1991, in D&L, 1992, n. 1, 267). Peraltro, secondo una pronuncia di merito, il medesimo termine dovrebbe ritenersi sospeso durante il periodo di chiusura dello stabilimento per ferie (Pret. Thiene, 24 novembre 1980, in Or. giur. lav., 1981, n. 2, 285). IL MOMENTO IN CUI LA SANZIONE DEVE GIUNGERE AL LAVORATORE Si pone, infine, la questione se prima della scadenza del termine il datore di lavoro debba semplicemente adottare ed inviare la sanzione, ovvero sia necessario che il lavoratore riceva la relativa comunicazione. La questione in esame è di solito risolta dalla giurisprudenza facendo affidamento sul dato letterale della clausola contrattuale. In particolare, si ritiene sufficiente la semplice adozione del provvedimento disciplinare allorché la norma contrattuale utilizzi termini quale spedire, adottare, o irrogare. Viceversa, si ritiene che il provvedimento disciplinare debba essere anche ricevuto dal lavoratore qualora la clausola contrattuale faccia riferimento alla comunicazione della sanzione.
4 In mancanza di una indicazione da parte del contratto collettivo, l indirizzo prevalente della giurisprudenza di merito e di legittimità ritiene che il termine debba essere riferito al momento di adozione dell atto, e non già all imprevedibile momento della sua ricezione da parte del destinatario, atteso che la norma, infatti, è finalizzata ad un esercizio tempestivo del potere decisionale e disciplinare del datore di lavoro e non si può certo imputare a quest ultimo il tempo necessario per comunicare la decisione al dipendente (Trib. Milano, 3 novembre 1999, in Lav. giur., 2000, n. 3, 267; Cass. 26 maggio 2001, n. 7199, inedita; Cass. 21 gennaio 1988 n. 463, in Riv. dir. lav., 1988, II, 756; Pret. Nola, 16 gennaio 1996, in D&L, 1996, n. 3, 761; Pret. Gallarate, 14 dicembre 1988, in Dir. prat. lav., 1989, n. 19, 1304; Pret. Milano, 8 ottobre 1984, in Lav. 80, 1984, n. 4, 1079; Pret. Racconigi, 22 marzo 1984, in Giur. piemontese, 1985, n. 1, 87). Secondo un diverso orientamento di merito minoritario, invece, la sanzione dovrebbe essere portata a conoscenza del destinatario (e non solo adottata) entro il termine contrattuale, atteso che il provvedimento disciplinare ha natura recettizia e pertanto esplica i propri effetti soltanto quando giunge all indirizzo del destinatario (Tribunale Milano, 29 ottobre 1999, in Lav. giur., 2000, n. 3, 268; Pret. Milano, 19 agosto 1983, in Lav. 80, 1983, n. 4, 967). PRINCIPALI RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI Cass. 17 marzo 1987, n. 2707, in Orient. giur. lav., 1987, 483; Cass. 2 ottobre 1987, n. 7374, in Dir. prat. lav., 1988, 508; Cass. 21 gennaio 1988 n. 463, in Riv. dir. lav., 1988, II, 756; Cass. 26 maggio 2001, n. 7199, inedita; Pret. Thiene, 24 novembre 1980, in Or. giur. lav., 1981, n. 2, 285; Pret. Milano, 28 ottobre 1981, in Lav. 80, 1982, n. 1, 189; Pret. Milano, 19 agosto 1983, in Lav. 80, 1983, n. 4, 967. Pret. Racconigi, 22 marzo 1984, in Giur. piemontese, 1985, n. 1, 87;
5 Pret. Milano, 8 ottobre 1984, in Lav. 80, 1984, n. 4, 1079; Pret. Milano, 15 giugno 1987, in Lav. 80, 1987, 811; Pret. Gallarate 14 dicembre 1988, in Dir. prat. lav., 1989, n. 19, 1304; Pret. Torino, 30 gennaio 1989, in Giur. Piemontese, 1990, n. 1, 116; Trib. Milano, 19 marzo 1991, in D&L, 1992, n. 1, 267; Pret. Torino, 9 febbraio 1994, in Lav. giur., 1994, n. 6, 619; Pret. Monza, 25 luglio 1995, in D&L, 1996, n. 1, p. 160; Pret. Nola, 16 gennaio 1996, in D&L, 1996, n. 3, 761; Pret. Milano, 30 aprile 1997, in Lav. giur., 1997, n. 9, 763; Trib. Torino, 16 settembre 1998, in Lav. giur., 1999, n. 5, 483; Trib. Milano, 29 ottobre 1999, in Lav. giur., 2000, n. 3, 268; Pret. Milano, 19 gennaio 1999, in Lav. giur., 1999, n.5, 482; Trib. Milano, 3 novembre 1999, in Lav. giur., 2000, n. 3, 267. RIFERIMENTI NORMATIVI Art cod. civ.; art. 7, legge 20 maggio 1970, n. 300.
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