Le Misure di Temperatura
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- Alfredo Moretti
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1 1 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Meccanica Corsi di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica/Veicolo A.A. 2008/2009 II Periodo di lezione Corso di: Sperimentazione e Collaudi Docente: Prof. Enrico Mattarelli A cura di: Ing. Fabrizio Paltrinieri
2 GENERALITÀ SUI TERMOMETRI Per le misure di temperatura tutti gli strumenti usualmente impiegati a livello industriale sono tarati e si basano sulla misura delle variazioni provocate alle proprietà fisiche di un corpo dalle variazioni di temperatura. Principali tipologie di strumenti utilizzati: termometri a dilatazione; termocoppie; termoresistenze; pirometri ad irraggiamento. 2
3 GENERALITÀ SUI TERMOMETRI I termometri a dilatazione sono abbastanza diffusi e si basano sulle differenti variazioni di volume e/o di lunghezza di due corpi. Comprendono i classici termometri in vetro che si incontrano abitualmente ma che non sono molto diffusi industrialmente a causa della loro fragilità e per l impossibilità (o quanto meno scarsa facilità) di trasferire il segnale lontano dal punto di misura esigenza quest ultima sempre più sentita nell industria, per centralizzare tutte le letture così da renderle accessibili ad un solo operatore. 3
4 GENERALITÀ SUI TERMOMETRI Per le misure di temperatura nell industria, le termocoppie sono di gran lunga le più usate. Le principali caratteristiche delle termocoppie sono: ridotti ingombri dell elemento sensibile; facilità di trasporto della lettura lontano dal punto di misura; basso costo; robustezza; stabilità e resistenza alle alte temperature. Tali caratteristiche non si trovano riunite nelle altre tipologie di strumenti. 4
5 GENERALITÀ SUI TERMOMETRI Nei laboratori e nell industria, per misure di buona precisione, si impiegano i termometri e resistenza, detti anche termo-resistenze. Quando le temperature diventano talmente elevate da portare a fusione gli elementi sensibili dei termometri dei tipi predetti, occorre adottare i pirometri, che effettuano la misura della temperatura di un corpo stando a distanza, senza cioè le necessità di un contatto diretto con la superficie della quale si vuole rilevare la temperatura. Sono questi i tipi di termometri che vengono usualmente impiegati, tutti gli altri sistemi di misura si incontrano raramente nella pratica. 5
6 TERMOMETRI A DILATAZIONE Il termometro a dilatazione di liquido è costituito da un bulbo B comunicante con un tubo capillare T. Il bulbo è riempito di liquido che sale fino ad un certo livello nel capillare (livello 0 in figura). Ad una temperatura qualunque di riferimento t 0, sia V il volume del liquido contenuto all interno del termometro. Una variazione di temperatura t (ad esempio in aumento) del bulbo causa variazioni V c e V l del volume del contenitore e del liquido. 6
7 TERMOMETRI A DILATAZIONE Tali variazioni di volume sono diverse a causa dei diversi valori dei coefficienti di dilatazione cubica dei materiali α c e α l. La differenza V rappresenta di quanto il liquido si è dilatato più del suo contenitore: V = V l V c = ( α α ) V t l c Questo volume in aggiunta deve trovare sfogo salendo lungo il capillare, così che il livello del liquido all interno del bulbo si sposta dalla posizione iniziale 0 (alla temperatura t 0 ) alla posizione 1 per l incremento t. 7
8 TERMOMETRI A DILATAZIONE Si associa così ad ogni livello di temperatura una posizione del menisco che fornisce la misura della temperatura stessa. Occorre evidentemente che α l sia maggiore di α c ad esempio per mercurio all interno di un contenitore di vetro si ha: α α l c 8 I liquidi impiegati nei termometri di questo tipo non debbono subire variazioni di stato fisico nel campo delle temperature da misurare. 8
9 TERMOMETRI A DILATAZIONE Il mercurio, ad esempio, può essere utilizzato per valori di temperatura compresi tra -38 C e +357 C. La scala di valori di temperatura misurabili utilizzando il mercurio come fluido di lavoro può essere estesa fino a +500 C circa, elevandone la temperatura di ebollizione mettendolo in pressione con azoto. Oltre al mercurio, soprattutto per le basse temperature, si può utilizzare come fluido il pentano o l alcool. 9
10 TERMOMETRI A DILATAZIONE In questo caso, la misura richiede la visione diretta della posizione del menisco, con conseguente fragilità del contenitore che deve essere trasparente (vetro) e la necessità di uno sperimentatore nel punto di misura. Questi inconvenienti possono essere elimiati realizzando bulbo e capillare in metallo: l indicazione non si può allora avere per trasparenza, essa è invece fornita da un tubo di Bourdon collegato al capillare. 10
11 TERMOMETRI A DILATAZIONE In questo termometro l intero volume interno è completamente pieno di liquido. Il termometro è così costituito da un bulbo, B, (da immergere nell ambiente la cui temperatura deve essere misurata) e dal tubo capillare, T, lungo a piacere così da portare la misura dove fa più comodo l indicazione. L indicazione della misura stessa viene, infine, fornita mediante un comune manometro a tubo di Bourdon, M. 11
12 TERMOMETRI A DILATAZIONE Le variazioni di temperatura, creando differenti variazioni di volume fra liquido e contenitore, si traducono in variazioni di pressione (aumentando ad esempio la temperatura, per la maggiore dilatazione del liquido, il contenitore è sforzato ad aumentare il volume dal conseguente incremento di pressione). 12
13 TERMOMETRI A DILATAZIONE Questo strumento è però caratterizzato da un inconveniente: scaldando, ad esempio, un punto qualunque del capillare vi si crea una zona, ancorché ristretta, nella quale il liquido si dilata più del suo contenitore creando comunque un aumento di pressione: pur essendo rimasta inalterata la temperatura del bulbo, varierebbe comunque l indicazione dello strumento. Più in generale, lo strumento descritto è sensibile alle variazioni di temperatura del capillare e del manometro. 13
14 TERMOMETRI A DILATAZIONE L indicazione dello strumento dipende, ad esempio, dalla temperatura dell ambiente nel quale si trovano le parti esterne al bulbo ciò è evidentemente intollerabile. Si può eliminare tale inconveniente per confronto, mettendo uno strumento 2, identico ma senza il bulbo, accanto al termometro 1, così che tutta la parte esterna (capillare e manometro) resti alla stessa temperatura che influisce, quindi, ugualmente sulla pressione. 14
15 TERMOMETRI A DILATAZIONE La lettura del quadrante 2 fornisce la misura dell influenza della temperatura ambiente sulla misura e va sottratta a quella del termometro 1. Occorrono però due letture per una sola determinazione. Si ovvia completamente al problema esposto, inserendo nel capillare un filo di apposito materiale, detto INVAR, avente coefficiente di dilatazione cubica circa nullo. 15
16 TERMOMETRI A DILATAZIONE Ad una certa temperatura di riferimento, siano V c e V f i volumi dell interno del capillare e del filo per lunghezza unitaria. Il volume V che rimane a disposizione del liquido vale: V = V c V f Occorre, quindi, che il volume V vari con la temperatura t così come varia il volume del liquido V l (sempre per una lunghezza unitaria). 16
17 TERMOMETRI A DILATAZIONE In tale caso non c è mai differenza fra il volume del liquido e quello del recinto nel quale è contenuto e perciò non si ha nessuna influenza della pressione, che rimane condizionata dalla sola temperatura del bulbo. In conclusione, per qualunque valore di temperatura, si deve avere per la parte esterna al bulbo: V l = V c V f 17
18 TERMOMETRI A DILATAZIONE Detti α l, α c, α f, rispettivamente, i coefficienti di dilatazione cubica del liquido, del materiale costituente il capillare e del filo, per una variazione t di temperatura, deve essere: ossia: V l V α l l = = V V c c α V c V f f α f ed essendo: α f = 0 si ha: V l α l = V c α c 18
19 TERMOMETRI A DILATAZIONE È cioè possibile eliminare l influenza della temperatura ambiente, inserendo nel capillare un filo di INVAR, di dimensione tale che, per unità di lunghezza, il volume V l che resta al liquido sia: αc V l = V c α perciò essendo: αl 6 α c l si ha: V 1 6 l V c 19
20 TERMOMETRI A DILATAZIONE Il volume interno del capillare è occupato per 5/6 dal filo di INVAR, mentre il resto è a disposizione del liquido. Solitamente questo filo di compensazione non è inserito nel capillare per l intera lunghezza, ma si concentra la compensazione in un solo punto. 20
21 TERMOMETRI A DILATAZIONE Industrialmente trovano largo impiego i termometri bimetallici, basati sulla diversa dilatazione di due lamine di materiali diversi, tenute a contatto. Ad esempio, scaldando le due lamine rappresentate in figura a), se quella tratteggiata ha coefficiente di dilatazione lineare superiore all altra, essa tenderà a dilatarsi maggiormente. 21
22 TERMOMETRI A DILATAZIONE Essendo però impedito lo scorrimento relativo fra le due lamine, che sono incollate fra di loro, esse assumeranno la configurazione incurvata, raffigurata in figura b). Lo spostamento f dell estremità è proporzionale alla variazione di temperatura e ne può fornire il valore si tratta ovviamente di uno strumento tarato. 22
23 TERMOMETRI A DILATAZIONE In pratica per aumentare, per aumentare la sensibilità dello strumento si utilizza una lamina molto lunga, avvolgendola su se stessa a spira, per concentrare l ingombro all interno di uno strumento sensibile (bulbo B in figura) di dimensioni ridotte. 23
24 TERMOMETRI A DILATAZIONE In questo caso, gli spostamenti della lamina possono trascinare direttamente l indice. Si tratta, comunque, di strumenti poco costosi e robusti, anche se non molto precisi. Essi non consentono però la trasmissione del segnale a distanza. 24
25 TERMOCOPPIE Congiungendo fra loro le estremità di due conduttori di materiali diversi e tenendo le giunzioni a temperature diverse nasce una forza elettromotrice (f.e.m.) che fa circolare corrente. Questo effetto, osservato da Seebeck nel 1821, risulta somma di due fenomeni: uno scoperto da Peltier e l altro da Thomson. L effetto Peltier consiste nella generazione di calore nella giunzione fra due metalli diversi quando vi passa corrente elettrica: invertendo la corrente si ha assorbimento di calore, così come fornendo, o sottraendo calore (caso che qui interessa) circola corrente e perciò si genera una f.e.m. ai capi della giunzione. 25
26 TERMOCOPPIE Thomson osservò che, per l effetto Peltier, la dipendenza fra f.e.m. e differenza fra le temperature delle due giunzioni avrebbe dovuto essere lineare mentre sperimentalmente ciò non risultava. Pensò perciò che dovesse intervenire un altro fenomeno: scoprì così che facendo circolare corrente in un conduttore omogeneo sul quale esiste un gradiente di temperatura, si ha generazione di calore. Tale fenomeno è reversibile e la sua influenza è comunque di scarsa rilevanza. 26
27 TERMOCOPPIE Nell impiego pratico la giunzione fra i fili della termocoppia è realizzata semplicemente arrotolandoli fra di loro ed eventualmente migliorando il contatto ed il collegamento con una saldatura: per questo motivo le giunzioni sono comunemente dette anche saldature. 27
28 TERMOCOPPIE Per la misura, una delle saldature viene posizionata nell ambiente del quale si vuole misurare la temperatura (giunto o saldatura calda o di riferimento). L altra saldatura viene mantenuta ad una temperatura nota (giunto o saldatura fredda). La f.e.m. che nasce dipende, quindi, dalle temperature delle due saldature, perciò nota una di esse, e misurato il valore della f.e.m. indotta, si può ricavare il valore della temperatura incognita dell ambiente di misura. 28
29 TERMOCOPPIE Legge del metallo intermedio: in un circuito costituito da due metalli, con le saldature alle temperature t 1 e t 2, la f.e.m. [E] 2 1 non cambia se si apre una qualunque delle due giunzioni (la 2 ad esempio) e si richiude il circuito interponendo un terzo conduttore, purché le sue due giunzioni restino alla stessa temperatura t 2. 29
30 TERMOCOPPIE L importanza pratica della legge del metallo intermedio è enorme: infatti per misurare la f.e.m. di una termocoppia occorre inserire nel circuito uno strumento, detto millivoltmetro. Si deve cioè aprire la saldatura fredda e collegare i due fili della termocoppia ai due morsetti del millivoltmetro: il circuito si richiude cioè attraverso il rame dell interno dello strumento. 30
31 TERMOCOPPIE Si sa ora che la f.e.m. letta sullo strumento è proprio uguale a quella che la termocoppia fornisce quando è chiusa su se stessa. La presenza dello strumento non influenza la misura: la temperatura della saldatura fredda diventa quella dei morsetti A e B dello strumento che devono essere mantenuti a temperatura costante. 31
32 TERMOCOPPIE Legge della temperatura intermedia: la f.e.m. di una termocoppia con le saldature a t 1 e t 3, è uguale alla somma delle f.e.m. di due termocoppie, realizzate con gli stessi metalli, ma operanti rispettivamente tra le temperature t 1 e t 2 e t 2 e t 3, essendo t 2 una temperatura qualunque. 32
33 TERMOCOPPIE Per risalire dalla misura della f.e.m. letta al valore della temperatura t x della saldatura calda occorre conoscere la dipendenza f.e.m.-temperatura che di solito viene fornita dal costruttore mediante apposite tabelle e/o diagrammi. I dati riportati nelle tabelle e nei diagrammi sono di solito riferiti al caso in cui la saldatura di riferimento (giunto freddo) viene mantenuta ad una temperatura costante pari a 0 C. Si è però visto che la f.e.m. [E] ax letta sullo strumento si riferisce alla differenza fra la temperatura t x incognita e quella t a dei morsetti: non si possono cioè impiegare né la tabella, né il diagramma perché entrambi si riferiscono alla [E] 0x. 33
34 TERMOCOPPIE Si sa però che vale la seguente relazione: x a [ E ] [ ] [ ] x 0 = E 0 + E a Occorre cioè sommare al valore letto sullo strumento la [E] 0a. Per fare ciò bisogna però misurare t a con un termometro, di solito a mercurio (dilatazione di liquido). 34
35 TERMOCOPPIE [ E] x 0 x a [ E ] [ ] [ ] x 0 = E 0 + E a 35
36 TERMOCOPPIE Riassumendo, a partire dal diagramma nel quale è riportato l andamento di [E] 0 x in funzione di t x : [ E] x 0 si riporta in ascissa il valore di t a, determinando così [E] 0a (punto A in figura); a partire da A si riporta, in direzione verticale, un segmento AB proporzionale, secondo la scala delle ordinate, alla f.e.m. [E] a x letta sullo strumento; Si individua, quindi, il punto B che dà la [E] 0x, e conseguentemente, attraverso la curva, la t x cercata. 36
37 TERMOCOPPIE L esempio appena descritto mostra come si operano in pratica le misure di temperatura con le termocoppie si tratta di un sistema notevolmente macchinoso nel caso usuale in cui la temperatura del giunto freddo non è la stessa dei dati di taratura delle termocoppie (0 C). Occorre evidentemente automatizzare la metodologia di misura appena descritta, certamente non applicabile in campo industriale, ma riservata solamente alle misure di precisione. 37
38 TERMOCOPPIE Per aggirare la difficoltà descritta si può posizionare la giunzione fredda in un recinto a temperatura t 0 = 0 C, costituito da un vaso contenente una miscela di acqua e ghiaccio, ma più spesso da bagni termostatici di ottima precisione reperibili in commercio. 38
39 TERMOCOPPIE In questo caso lo strumento legge direttamente la f.e.m. [E] 0 x e la sua scala può essere direttamente graduata in C. Questa soluzione è impiegata laddove si richieda buona precisione. In tutti gli altri casi si adotta il circuito elettrico di compensazione automatica della temperatura del giunto freddo. 39
40 TERMOCOPPIE Il circuito elettrico di compensazione automatica della temperatura del giunto freddo fornisce una tensione variabile con la temperatura t a dei morsetti esattamente come [E] a 0 varia con t a. In altri termini tale circuito inserito nel millivoltmetro che misura la [E] ax fornisce la tensione [E] 0a da aggiungere in serie alla [E] ax applicata ai morsetti, così che lo strumento si trova a misurare direttamente la [E] 0x, proprio come si desidera. Tale circuito è costituito da un ponte di Wheatstone, dotato di tre resistenze (R 1, R 2 ed R 3 ) di valore uguale ed indipendente dalla temperatura (realizzate in manganina), e da una quarta resistenza, R(t a ), variabile con la temperatura e avente valore uguale alle altre tre solo per una temperatura pari a 0 C. 40
41 TERMOCOPPIE Il ponte è in equilibrio a 0 C. Al variare della temperatura t a del ponte esso si squilibra a causa della variazione di R(t a ) ed ai vertici A e B si ha una tensione di squilibrio, crescente con la temperatura. Agendo sui valori delle resistenze e della tensione di alimentazione del ponte si può far sì che detto squilibrio sia proprio uguale a [E] 0a. 41
42 TERMOCOPPIE Basta allora porre il ponte sotto ai morsetti del millivoltmetro, così che la resistenza R(t a ) si trovi sempre alla stessa temperatura dei morsetti, e collegare i vertici A e B del ponte in serie con il circuito della termocoppia, per avere la compensazione automatica della temperatura t a. 42
43 TERMOCOPPIE Le f.e.m. di più termocoppie si possono sommare algebricamente. Ad esempio, nel circuito di figura, le due termocoppie disposte in serie hanno le giunzioni alle stesse temperature. La f.e.m. che si misura è, quindi, doppia rispetto a quella fornita da una di esse si può così aumentare a piacere la f.e.m. da leggere sul millivoltmetro e perciò la sensibilità della misura. 43
44 TERMOCOPPIE Una coppia qualunque di metalli diversi può essere adottata per formare una termocoppia. È bene perciò scegliere metalli tali per i quali si abbia, a parità di variazione di temperatura, la maggior variazione di f.e.m. per aumentare la sensibilità dello strumento. È anche bene che la dipendenza f.e.m.-temperatura sia quanto più possibile lineare. Si richiede, inoltre, una grande stabilità, una buona resistenza meccanica, una scarsa dipendenza delle caratteristiche termoelettriche dalla presenza di impurità, una ottima resistenza all invecchiamento. 44
45 TERMOCOPPIE In pratica sono poche le coppie le coppie di materiali impiegate: esse sono riassunte in tabella, insieme ad alcuni dati caratteristici. Nota: il primo dei due materiali indicati, è quello a polarità positiva. 45
46 TERMOCOPPIE Le termocoppie si prestano ottimamente alla trasmissione a distanza del segnale, basta allungare quanto basta i fili della termocoppia che sono però abbastanza costosi utilizzo di fili della termocoppia corti quanto basta per uscire dal recinto a t x ed affidare a normali cavi il compito di raggiungere lo strumento di misura la saldatura fredda non è più nei morsetti dello strumento ma in A e B a temperatura t a diversa in generale da quella ambiente t a alla quale si trova lo strumento di misura. 46
47 TERMOCOPPIE In questo caso non si può più adottare il sistema di compensazione automatica del giunto freddo e si rende necessaria la conoscenza di t a ciò che industrialmente è sconveniente. Si può ovviare a questo problema utilizzando, al posto di normali cavi in rame, dei cavi realizzati in materiale speciale, tale da non dare luogo a forze elettromotrici nelle giunzioni A e B, oppure da darne di trascurabili cavi di compensazione da escludere nelle misure di precisione. 47
48 TERMOCOPPIE Per la misura delle f.e.m. generate dalle termocoppie lo strumento più semplice da utilizzare è il millivoltmetro galvanometrico. 48
49 TERMOCOPPIE I tratti verticali dell avvolgimento percorsi dalla corrente in misura sono assoggettati a forze uguali e contrarie che generano una coppia che fa ruotare il cilindretto e l indice ad esso solidale. 49
50 TERMOCOPPIE Nel circuito di misura la corrente i che circola è dovuta alla f.e.m. E generata dalla termocoppia. Detta r la resistenza ohmica dei conduttori esterni (termocoppia più eventuali cavi di compensazione), ed R la resistenza interna dello strumento si ha: i = E R + Ai morsetti dello strumento, invece, si ha la tensione V pari a: V r = R i ed è questa la tensione che esso misura che è quindi diversa dalla f.e.m. generata dalla termocoppia: V = R i = R R + E r 50
51 TERMOCOPPIE La tensione V coincide con E solamente se: R = R + r 1 ossia se la resistenza del circuito esterno è trascurabile rispetto a quella interna dello strumento. Ciò si può avere con conduttori corti e di grossa sezione costi elevati perché al crescere della sezione dei cavi aumenta il costo della termocoppia. Si potrebbe anche aumentare la resistenza interna R dello strumento riducendone, però, al contempo la sensibilità il millivoltmetro galvanometrico è uno strumento adatto solo per misure di precisione non particolarmente elevata. 51
52 TERMOCOPPIE Per evitare l errore del quale si è parlato, occorre evitare che, all atto della misura circoli corrente, poiché ad essa si associa una caduta di tensione sul circuito esterno, data da (E V) che si traduce in errore di misura. Nei potenziometri si effettua la misura della f.e.m. annullando la corrente nel circuito della termocoppia ed eliminando così la causa dell errore. Nello schema più semplice, un potenziometro è costituito da una pila P che fa circolare una corrente i costante in un circuito costituito da un reocordo A-B di resistenza totale R, e da una resistenza variabile r, sulla quale si agisce periodicamente per mantenere la corrente i costantemente al valore dovuto, verificando ciò con il milliamperometro 1. 52
53 TERMOCOPPIE V AB = R i VAC = RAC i = f.e.m. l = AB x = AC R AC = R l x f.e.m. = RAC i x Si sposta C finché V AC = f.e.m. della termocoppia e di segno opposto azzeramento dello squilibrio verificato sul milliamperometro 2. 53
54 TERMO-RESITENZE È noto che la resistività dei conduttori varia con la temperatura. Su questo principio fisico sono basati i termometri a variazione di resistenza elettrica, detti anche termo-resistenze. L elemento sensibile è costituito da un filo, avvolto su di un elemento in vetro o in porcellana, poi ricoperto (sempre con vetro o porcellana) per protezione. Nota: le dimensioni delle termo-resistenze vanno circa da 1 a qualche centimetro. 54
55 TERMO-RESITENZE La misura della resistenza, funzione della temperatura, viene realizzata mediante un ponte di Wheatstone. Tutti i materiali, tranne ad esempio la manganina, potrebbero in teoria essere impiegati per realizzare termo-ressitenze. Per l impiego pratico però è bene che la resistenza vari notevolmente ed il più possibile linearmente con la temperatura, che le caratteristiche siano stabili e ripetibili da partita a partita, che sia alta la duttilità e la resistenza meccanica, che sia elevata la resistività elettrica così da avere termometri con forte valore della resistenza (per aumentare la sensibilità) senza dover ricorrere a fili lunghissimi e perciò a bulbi ingombranti. Pochi sono i materiali che rispondono accettabilmente a tutte queste esigenze: il più adatto è il platino, sostituito solamente per ragioni di costo dal nichel (non oltre i 300 C) e dal rame nel campo delle basse temperature. 55
56 TERMO-RESITENZE Per quanto riguarda il ponte di Wheatstone, lo schema più semplice è quello a squilibrio, nel quale la lettura è fatta sul galvanometro G. Per una variazione R della resistenza R(t) termometrica rispetto alla condizione di equilibrio, su G si legge: V = V 4 R R La lettura non dipende soltanto dalla variazione R della resistenza termometrica ma anche dalla tensione V di alimentazione del ponte. 56
57 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Quando la temperatura in misura varia nel tempo, qualunque ne sia la legge, per ottenere dal termometro una indicazione che ne segua quanto più prossimamente le variazioni, occorre che il termometro stesso sia caratterizzato da una costante di tempo T più piccola possibile: T = V c ρ α S essendo: V ed S, rispettivamente, il volume e la superficie del bulbo; c e ρ, rispettivamente, il calore specifico e la densità del bulbo; α, il coefficiente di trasmissione del calore fra il bulbo ed il fluido nel quale è immerso. 57
58 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Per ridurre T come desiderato, occorre ridurre il prodotto cρ riferito al bulbo che, a sua volta, deve essere sagomato in modo da avere un rapporto S/V elevato. Tutto ciò si può ottenere dando al bulbo una forma quanto più lontana possibile da quella sferica (per la quale V/S è massimo), ossia con bulbi appiattiti e/o allungati. Deve anche essere grande il valore del coefficiente di trasmissione del calore, α, che risulta crescente con la velocità relativa fra fluido e bulbo il bulbo deve essere posizionato laddove il fluido ha una maggior velocità ed eventualmente agitato. 58
59 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Spesso occorre misurare la temperatura t f di un fluido separato con una parete dall aria ambiente, a temperatura t a in questi casi il termometro deve attraversare la parete stessa. 59
60 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Poiché le due estremità del termometro sono a temperature diverse, lungo il suo stelo si ha passaggio di calore, che entra dall ambiente a temperatura maggiore per uscirne nell ambiente a temperatura minore. Al flusso di calore, come ovvio, si associano gradienti di temperatura: in particolare, per passare dal fluido a temperatura t f al termometro o viceversa (a seconda che sia t f > o < t a ) occorre che quest ultimo si trovi ad una temperatura diversa alla conduzione di calore lungo lo stelo si associa una temperatura della parte immersa del termometro (e perciò del bulbo) diversa da quella da misurare, generando così un errore di indicazione. Si può dimostrare che tale errore è proporzionale alla differenza di temperatura t f t a. 60
61 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Inoltre, l errore di misura cresce all aumentare di l 2 e di α 2, mentre diminuisce aumentando l 1 ed α 1, essendo α 1 ed α 2 i coefficienti di trasmissione del calore fra termometro e fluido, rispettivamente a temperatura t f e t a. 61
62 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Per questo motivo, dovendosi misurare la temperatura di un fluido che scorre entro un tubo, si ricavano i pozzetti di alloggiamento dei termometri nelle curve, così che il bulbo si avvicini alla parete interna della curva stessa, là dove più alta è la velocità e perciò α 1. Al contrario, la parte emergente del termometro è protetta da una custodia che, oltre ad evitare danneggiamenti meccanici, impedisce l esposizione del termometro alle correnti d aria, contribuendo alla diminuzione di α 2. Immergendo il termometro nel pozzetto, può esserci differenza di temperatura fra fluido e bulbo poiché essi sono separati sia dalla parete del pozzetto stesso, sia dall aria entro al pozzetto per contenere l errore conseguente si riempie il pozzetto di un materiale di buona conducibilità termica, come olio o, per le più alte temperature, metalli basso fondenti (stagno e sue leghe). 62
63 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Ciò causa però, inevitabilmente, un aumento della costante di tempo, ossia una minor prontezza dello strumento nel seguire la variazione della grandezza in fase di misura. 63
64 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Quando la temperatura T f del fluido nel condotto è notevolmente diversa da quella T a dell ambiente esterno (e specialmente per T f > T a ) può nascere un errore di misura a causa dello scambio di calore per irraggiamento fra bulbo e parete. 64
65 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Dette T e T p, rispettivamente, le temperature del bulbo del termometro e della parete del condotto, a regime, la quantità di calore ceduta nella unità di tempo dal bulbo alla parete (ci si riferisce al caso più usuale T f > T a e perciò T > T p ) è uguale a quella che il fluido ha ceduto al bulbo. Si può quindi scrivere: α S ( ) ( ) 4 4 T T = ε σ S T T f p essendo: S ed ε, rispettivamente, la superficie e l emissività del bulbo; α, il coefficiente di trasmissione del calore fra fluido e bulbo; σ, la costante di Stefan-Boltzmann. 65
66 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Elaborando la relazione precedente si può ricavare: T f T = ε σ α ( ) 4 4 T T L errore di misura, T f T(il bulbo dovrebbe, infatti, essere a temperatura T f e non a T) aumenta con ε, diminuisce con α, ed è crescente al crescere dei livelli di temperatura, cioè è più temibile per i fluidi alle più alte temperature. L errore è, inoltre, crescente al crescere della differenza tra T e T p. Per diminuire quanto più possibile l errore si deve cercare di rendere speculare la superficie del bulbo (per diminuire ε), che va anche disposto nel punto dove è più alta la velocità relativa del fluido. p 66
67 AVVERTENZE PER L IMPIEGO DEI TERMOMETRI Per portare anche T p il più possibile prossima a T f (e perciò anche a T) si può isolare esternamente con un coibente (rappresentato con linea a trattini in figura), la zona del tubo interessata dalla presenza del termometro. 67
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