Fondamenti di Elettrocardiografia

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1 Marcello Bracale L'elettrocardiografo è uno strumento prezioso in quanto consente al medico di valutare il percorso dell'impulso cardiaco semplicemente registrando le variazioni di potenziale elettrico in più sedi distribuite sulla superficie del corpo. Occasionalmente i potenziali cardiaci sono registrati dalle porzioni toraciche della cavità esofagea, dall'interno delle cavità cardiache durante cateterismo o dalla superficie cardiaca durante interventi chirurgici a torace aperto. Tuttavia, normalmente le differenze di potenziale vengono registrate rispetto a coppie di punti situati sulla superficie del corpo o rispetto a sedi epidermiche specifiche e un elettrodo cosiddetto 'indifferente' o 'di riferimento'. Analizzando i dettagli di tali variazioni di potenziale, il medico ottiene utili informazioni concernenti: 1) l'orientamento anatomico del cuore; 2) le dimensioni relative delle cavità cardiache; 3) tutta una serie di disturbi del ritmo e della conduzione; 4) estensione, localizzazione e progressione della compromissione ischemica del miocardio; 5) gli effetti delle alterazioni nella concentrazione di elettroliti; 6) l'influenza di determinati farmaci (soprattutto digitale e suoi derivati). Tuttavia, occorre sottolineare che l'elettrocardiogramma non fornisce informazioni dirette sul funzionamento meccanico del cuore: l'elettrocardiografia è una scienza estremamente complessa, e in questo paragrafo di essa verranno presi in considerazione soltanto i fondamenti. Elettrodi diretti Generalmente gli elettrocardiogrammi vengono registrati mediante derivazioni indirette (ossia elettrodi registratori situati sulla cute) che si trovano a una certa distanza rispetto al cuore, fonte del potenziale registrato. Tuttavia, derivazioni dirette sono state applicate sulla superficie cardiaca, in animali da esperimento e nell'uomo durante operazioni chirurgiche a torace aperto. Tratteremo in primo luogo degli elettrocardiogrammi rilevati con elettrodi diretti, in quanto sono di più facile comprensione. I principi saranno illustrati descrivendo le variazioni di potenziale rilevate direttamente alla superficie di una singola fibra miocardica lunga. Si considerino in primo luogo (Fig. 2.30) le variazioni di potenziale relative a una regione ben determinata (a contatto con l'elettrodo A). Quest'ultimo è connesso alla piastra inferiore di deflessione verticale di un oscilloscopio a raggi catodici; l'elettrodo C, all'estrema destra di A, è invece connesso alla piastra di deflessione superiore. Se la fibra muscolare riceve uno stimolo alla sua estremità sinistra, il potenziale d'azione verrà condotto da sinistra a destra lungo la fibra stessa. Tuttavia, prima che l'eccitazione raggiunga la regione A, la superficie esterna della fibra nel punto A presenterà lo stesso potenziale di superficie rilevabile per C, e pertanto fra A e C non si registrerà alcuna differenza di potenziale (Fig. 2.30, parte 1). Quando il potenziale d'azione raggiunge la regione A, il potenziale transmembrana di tale regione si inverte rapidamente e la superficie esterna nel punto A diventa elettronegativa rispetto alla superficie del punto C (parte 2 della figura). La differenza di potenziale persiste finché la regione A resta depolarizzata (parte 3 della figura). Nel momento in cui la regione A si ripolarízza, il potenziale nel punto A ritorna nuovamente pari a quello nel punto C (parte 4). La ripolarizzazione avviene con maggiore lentezza rispetto alla depolarizzazione: pertanto, la pendenza della fase 3 è meno pronunciata di quella della fase O 2. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 1 di 7

2 Fig Sequenza delle variazioni di potenziale registrate da un elettrodo esterno, A, man mano che un potenziale di azione viaggia lungo una striscia di miocardio. L'elettrodo C è situato all'estrema destra di A; l'intero ciclo di depolarizzazione e ripolarizzazione ha termine (per l'elettrodo A) prima che il potenziale di azione raggiunga C. La Fig mostra le differenze di potenziale che si rileverebbero se l'onda di attivazione venisse simultaneamente registrata in due regioni attive della stessa fibra. Nella parte 1 della figura, la posizione degli elettrodi e le connessioni con l'oscilloscopio sono identiche a quelle della Fig. 2.30; pertanto, il potenziale d'azione registrato è lo stesso. Nella parte 2 della figura viene invece mostrato il tracciato ottenuto in condizioni identiche, registrando però la differenza di potenziale fra gli elettrodi B e C. In questo caso, l'elettrodo B è connesso alla piastra di deflessione (Fisiologia cardiovascolare Cap. 2 pagg. 27,28,29,30,31) superiore e quello C alla piastra inferiore: sono state scelte tali connessioni in quanto l'elettrodo B risulta connesso anche alla piastra di deflessione superiore della parte 3, nella quale si registra la differenza di potenziale fra gli elettrodi A e B. Rispetto al potenziale d'azione registrato nella parte 1 della Fig. 2.31, il potenziale generato nella, parte 2 risulta invertito e ritardato. Tale ritardo dipende dalla distanza fra gli elettrodi A e B e dalla velocità di propagazione del potenziale d'azione. Infine, se gli elettrodi A e B vengono connessi, rispettivamente, alla piastra inferiore e a quella superiore di un oscilloscopio a raggi catodici, la differenza di potenziale rilevabile presenterà la configurazione riportata sulla destra della parte 3 della Fig Tale potenziale d'azione rappresenta la somma algebrica dei potenziali registrati separatamente nelle parti A e B (rispetto alla regione C). Pag. 2 di 7 Napoli, 20 Marzo 2002

3 Il potenziale d'azione di superficie consiste in una fase di ascesa rapida iniziale, o onda R, seguita da una piccola deflessione, detta onda S. La seconda onda principale, l'onda T, è invertita e si sviluppa durante la fase di ripolarizzazione. Negli elettrocardiogrammi l'analoga deflessione registratile durante la fase di depolarizzazione ventricolare è spesso trifasica, e viene quindi indicata con il termine di complesso QRS. L'onda T è più piccola ma presenta maggiore durata rispetto al complesso QRS, in quanto la velocità di ripolarizzazione è inferiore a quella di depolarizzazione (come risulta evidente dai tracciati monofasici riportati nelle parti 1 e 2 della figura). La porzione di tracciato compresa fra la fine del complesso QRS e l'inizio dell'onda T è detta segmento ST. In tale intervallo, le regioni corrispondenti ai due elettrodi risultano depolarizzate: poiché esse presentano identica negatività, il segmento ST è situato sulla linea isoelettrica, o linea di differenza di potenziale zero. Nella maggior parte degli elettrocardiogrammi normali, l'onda T è deflessa nella stessa direzione del complesso QRS rispetto alla linea isoelettrica, al contrario di quanto appare nella Fig Fig Potenziali di azione monofasici e bifasici registrati alla superficie di una striscia di tessuto miocardico. Nel riquadro 1, gli elettrodi A e C sono connessi all'oscilloscopio come nella Fig. 2.30, e il potenziale di azione registrato risulta pertanto identico a quello riportato nel riquadro 4 della Fig Nel riquadro 2, gli elettrodi B e C sono connessi all'oscilloscopio nella maniera raffigurata, e la deflessione risultante, B, appare invertita e spostata nel tempo rispetto alla deflessione A del riquadro 1. Nel riquadro 3, sono gli elettrodi A e D ad essere connessi all'oscilloscopio, e pertanto il complesso QRS e le onde T rappresentano la somma algebrica delle singole deflessioni A e B. Si può dare una spiegazione del fenomeno sottoponendo una striscia di muscolo cardiaco a un gradiente di temperatura (in aumento da sinistra a destra), come è mostrato nella Fig Se si applica uno stimolo all'estremità sinistra della fibra, l'onda di ripolarizzazione verrà ovviamente a propagarsi da sinistra a destra; tuttavia, poiché l'estremità destra della fibra si trova a una temperatura superiore rispetto all'estremità sinistra, il processo di ripolarizzazione può in realtà procedere da destra a sinistra, cioè nella direzione inversa rispetto a quella di propagazione dell'onda di depolarizzazione. In altri termini, la durata del potenziale di azione corrispondente all'elettrodo A (in prossimità dell'estremità più fredda) sarà maggiore di quella corrispondente all'elettrodo B (situato in prossimità dell'estremità più calda). Pertanto, in condizioni del tipo Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 3 di 7

4 descritto l'onda T verrà deflessa nella stessa direzione del complesso QRS (Fig. 2.32). Quando depolarizzazione e ripolarizzazione si propagano nella stessa direzione, l'onda T è invertita rispetto al complesso QRS: se, invece, i due processi si propagano in direzioni opposte, la deflessione manifesta la stessa polarità. Come abbiamo precedentemente affermate, l'onda di depolarizzazione nei ventricoli procede dall'endocardio all'epicardio. Tuttavia, normalmente l'onda di ripolarizzazione viaggia in direzione opposta attraverso le pareti ventricolari, producendo le deflessioni concordanti del. complesso QRS e dell'onda T. In altri termini, la durata dei potenziali di azione delle cellule subendocardiche è maggiore di quella delle cellule subepicardiche, analogamente a quanto si verifica per i potenziali di azione A e B nella parte 2 della Fig E stato ipotizzato che la pressione sviluppata nelle camere ventricolari durante la fase sistolica ritarda la ripolarizzazione più nella regione subendocardica che in quella subepicardica. Fig Quando l onda di depolarizzazione viaggia in una determinata direzione lungo una fibra miocardica, mentre l'onda di ripolarizzazione viaggia nella direzione opposta, il complesso QRS e le onde T risulteranno deflesse nella stessa direzione rispetto alla linea isoelettrica. Elettrocardiografia scalare I sistemi utilizzati per registrare gli elettrocardiogrammi di routine utilizzano l'orientamento degli elettrodi secondo piani determinati. Le diverse forze elettromotrici operanti in un dato momento nel cuore possono essere rappresentate da un vettore tridimensionale. Un sistema di elettrodi da registrazione orientati secondo un piano determinato individua solo la proiezione del vettore tridimensionale su questo piano. Inoltre, la differenza di potenziale fra due elettrodi da registrazione rappresenta la proiezione del vettore sulla linea che unisce gli elettrodi stessi. Le componenti dei vettori che si proiettano su tali linee non sono dunque vettori, ma quantità scalari (ossia dotate di intensità ma non di direzione). Pertanto, la registrazione dell'andamento temporale delle differenze di potenziale fra due punti sulla superficie corporea è detta elettrocardiogramma scalare. Configurazione dell'elettrocardiogramma scalare L'elettrocardiogramma scalare rileva le modificazioni nel tempo del potenziale elettrico tra determinati punti sull'epidermide e un elettrodo indifferente, oppure tra coppie di punti situati sull'epidermide. L'impulso cardiaco si sposta secondo un modello tridimensionale estremamente complesso; pertanto, la configurazione precisa dell'elettrocardiogramma varia da individuo a individuo, e nello stesso soggetto essa può essere diversa a seconda della localizzazione anatomica degli elettrodi. In genere il tracciato è costituito da onde P, complessi QRS e onde T (Fig. 2.33). L'intervallo P-R fornisce una misura del tempo che intercorre fra l'inizio dell'attivazione atriale e l'inizio di quella ventricolare: in condizioni normali esso è compreso fra 0, 12 e 0,20 s, e, per buona parte, Pag. 4 di 7 Napoli, 20 Marzo 2002

5 corrisponde al passaggio dell'impulso attraverso il sistema di conduzione AV. Prolungamenti patologici di tale intervallo si associano a disturbi della conduzione AV indotti da meccanismi di origine infiammatoria, circolatoria, farmacologica o nervosa. La forma e l'ampiezza del complesso QRS variano in misura notevole da individuo a individuo. La durata del complesso è in genere di 0,06-0, 1 0 s; una durata maggiore può indicare la presenza di un blocco nelle vie di conduzione normali a livello ventricolare (per esempio, un blocco della branca destra o della branca sinistra). Durante l'intervallo ST l'intero miocardio ventricolare è in condizioni di depolarizzazione; pertanto, il segmento ST è situato in condizioni normali sulla linea isoelettrica. Qualunque deviazione apprezzabile rispetto alla linea isoelettrica è rilevante, in quanto possibile espressione della compromissione ischemica del tessuto miocardico. L'intervallo Q-T viene spesso definito periodo 'di sistole elettrica' ventricolare. Esso ha una durata di circa 0,4 s, ma varia in modo inverso rispetto alla frequenza cardiaca, soprattutto perché la durata del potenziale d'azione delle cellule miocardiche varia in modo inverso rispetto alla frequenza cardiaca. Nella maggior parte delle derivazioni l'onda T viene deflessa, rispetto alla isoelettrica, nella stessa direzione della componente principale del complesso QRS, anche se onde T bifasiche o invertite sono del tutto normali in determinate derivazioni. Fig Configurazione di un elettrocardiogramma scalare tipico, nel quale vengono messe in evidenza le deflessioni e gli intervalli più importanti. Quando l'onda T e il complesso QRS risultano deflessi nella stessa direzione rispetto alla linea isoelettrica, ciò significa che il processo di ripolarizzazione non segue la stessa via del processo di depolarizzazione, secondo quanto è stato precedentemente illustrato (Fig. 2.32). Onde T anomale (per direzione o per ampiezza) possono indicare la presenza di danni a livello miocardico, di disturbi elettrolitici o di ipertrofia cardiaca. (Fisiologia cardiovascolare Cap.8 pag.142 e 143) Equilibrio fra fattori estrinseci e fattori intrinseci nella regolazione del flusso periferico Il doppio controllo della circolazione periferica (dovuto a meccanismi intrinseci ed estrinseci) consente tutta una serie di modificazioni vascolari miranti a dirigere il flusso sanguigno nelle aree in cui esso è maggiormente necessario, riducendolo invece nelle aree il cui fabbisogno immediato è inferiore. In alcuni tessuti esiste una potenza relativa più o meno fissa dei meccanismi estrinseci ed Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 5 di 7

6 intrinseci, mentre in altri il rapporto fra tali meccanismi è variabile, a seconda delle condizioni di attività. Nel cervello e nel cuore, strutture vitali con limiti di tolleranza estremamente ridotti in caso di insufficienza dell'apporto ematico, predominano i meccanismi intrinseci di regolazione del flusso. Per esempio, l'intensa attività delle regioni vasocostrittrici sui nervi simpatici, successiva ad un grave stato emorragico acuto, ha effetti trascurabili sui vasi di resistenza cerebrali e cardiaci e provoca invece una intensa vasocostrizione a livello cutaneo, renale e splancnico. A livello cutaneo predomina il controllo vascolare estrinseco. Non soltanto i vasi cutanei contribuiscono in grande misura alla vasocostrizione complessiva, ma rispondono in maniera selettiva attraverso vie ipotalamiche al meccanismo di perdita/conservazione del calore necessario alla regolazione omeotermica. Tuttavia, la presenza contemporanea di meccanismi di controllo intrinseco è dimostrata dalle variazioni termiche locali, che possono modificare o annullare l'influenza centrale sui vasi di resistenza e capacitanza. Nella muscolatura scheletrica l'interazione fra meccanismi estrinseci ed intrinseci è osservabile con grande chiarezza. In condizioni di riposo, predomina nella muscolatura scheletrica il controllo nervose (tono vasocostrittore), come dimostra il marcato incremento di flusso che fa seguito alla resezione dei nervi simpatici che conducono al tessuto preso in esame. Prima e all'inizio di uno sforzo (ad esempio, una corsa), il flusso sanguigno nei muscoli degli arti inferiori aumenta, probabilmente a seguito dell'attivazione dei sistema vasodilatatore simpatico-colinergico; dopo l'inizio dello sforzo il controllo viene assunto da meccanismi intrinseci di regolazione del flusso e, a causa dell'incremento locale di metaboliti, si osserva vasodilatazione nei muscoli attivi. Nei tessuti inattivi si ha invece vasocostrizione dovuta all'attività simpatica indotta: tuttavia, gli impulsi vasocostrittori che raggiungono i vasi di resistenza della muscolatura attiva vengono annullati dagli effetti metabolici locali. L'azione di tale doppio meccanismo di controllo consente di aumentare il flusso dove è necessario, riducendolo nelle aree relativamente inattive; effetti analoghi sono prodotti dall aumento di Pa CO2. Normalmente, l iperventilazione che si associa allo sforzo mantiene Paco, su valori normali; tuttavia' se quest'ultima dovesse aumentare, si avrebbe una vasocostrizione generalizzata a causa della stimolazione della regione vasocostrittrice da parte della CO 2 stessa. Nei muscoli attivi, dove la concentrazione di CO2 è massima, la muscolatura liscia delle arteriole si rilascerebbe in risposta ai valori locali di P CO2. I fattori che influenzano la regione vasomotrice, e ne sono a loro volta influenzati, sono riassunti nella Fig (Fisiologia cardiovascolare Cap.8 pag.142 e 143) Pag. 6 di 7 Napoli, 20 Marzo 2002

7 Fig Schema dell'attività nervosa nella regione vasomotrice (VR). IX è il nervo giossofaringeo; X, il nervo vago. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 7 di 7

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