DIFFRAZIONE E INTERFERENZA DI ONDE MATERIALI
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- Franca Guidi
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1 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 1 DIFFRAZIONE E INTERFERENZA DI ONDE MATERIALI Attualmente l equazione di Schrödinger è confermata da una massa imponente di dati sperimentali nei campi fenomenologici più disparati. Sono tuttavia interessanti anche le verifiche dirette dell esistenza di onde associate al movimento di particelle materiali. Queste sono state ottenute per la prima volta nel 1927 mediante esperimenti di diffrazione e interferenza con elettroni analoghi a quelli che si eseguono con le onde elettromagnetiche. Valutiamo innanzitutto la lunghezza dell onda associata al movimento di una particella materiale di data energia. Secondo la relazione di de Broglie si ha λ = h E, h = 6, erg s. Per una particella macroscopica, anche piccola e lenta, λ è talmente piccola da rendere impossibile qualsiasi esperimento di diffrazione. Per esempio, per m = 10 5 g e una velocità di qualche cm s 1, λ risulta dell ordine di cm. Occorre quindi ricorrere a particelle microscopiche leggere, come gli elettroni. Poiché m e = 9, g e 1 ev = 1, erg, per un elettrone risulta λ = 12, 26 E(eV) Å. Per E dell ordine di 100 ev, λ è dell ordine di 1 Å. Occorre quindi utilizzare come reticoli di diffrazione cristalli (come per i raggi X). La diffrazione di fasci di elettroni per riflessione su cristalli (analoga alla diffrazione alla Bragg di raggi X) è stata realizzata da Davisson e Germer (1927). La diffrazione di fasci di elettroni per trasmissione attraverso cristalli (analoga alla diffrazione alla von Laue di raggi X) è stata realizzata da G. P. Thomson (1927). In entrambi i casi, la rivelazione degli elettroni produce figure aventi l andamento tipico delle figure d interferenza. Attualmente la tecnica permette di realizzare esperimenti di diffrazione e interferenza con fasci di particelle più pesanti. Ad esempio si fanno raffinatissime esperienze di interferometria con fasci di neutroni (cosiddetti ultrafreddi).
2 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 2 INTERPRETAZIONE DELLA FUNZIONE D ONDA Accertata l esistenza di fenomeni ondulatori nella propagazione di particelle materiali e accettata l equazione di Schrödinger come equazione che regge tali fenomeni, iħ ( ) t ψ(x, t) = ħ2 + V (x, t) ψ(x, t) resta il problema di interpretare la funzione d onda ψ(x, t). L interpretazione deve conciliare l esistenza di aspetti corpuscolari e aspetti ondulatori nel comportamento delle particelle materiali. L esistenza, sulla quale torneremo fra breve, di entrambi tali aspetti apparentemente inconciliabili è di solito indicata come dualismo onda corpuscolo. Prima di enunciare il principio interpretativo oggi universalmente accettato (talvolta con qualche distinguo che, pur concettualmente importante, non ha alcuna rilevanza pratica), conviene stabilire alcune proprietà dell equazione di Schrödinger e delle sue soluzioni. Linearità dell equazione di Schrödinger L equazione di Schrödinger è lineare. Ciò significa che se ψ 1 (x, t) e ψ 2 (x, t) sono due soluzioni anche a ψ 1 (x, t) + b ψ 2 (x, t) (con a e b costanti complesse) è soluzione. In particolare, una soluzione può sempre essere moltiplicata per una costante arbitraria. Carattere scalare della funzione d onda di Schrödinger L equazione di Schrödinger è compatibile con l assunzione che la funzione d onda ψ(x, t) sia un campo scalare.
3 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 3 Equazione di continuità Il campo scalare reale non negativo (1) ϱ(x, t) = ψ ψ soddisfa un equazione di continuità, cioè è possibile abbinare a esso un campo vettoriale (pure costruito con ψ(x, t)) (2) j(x, t) = iħ in modo che ( ψ ψ ψ ψ ) (3) ϱ + j = 0. t Infatti, moltiplicando l equazione di Schrödinger per ψ si ottiene e, sottraendo a questa la sua complessa coniugata, ( ) iħ ψ t ψ = ψ ħ2 + V (x, t) ψ iħ t ψ ψ = ħ2 ( ψ ψ ψ ψ ) = ħ2 ( ψ ψ ψ ψ ) = ħ2 (ψ ψ ψ ψ ). Da questa segue immediatamente l equazione (3) con le espressioni (1) e (2) dei suoi ingredienti, che è detta equazione di continuità quantistica. Significato di un equazione di continuità Sia Q la quantità di cui ϱ è la densità e Q(V ) l ammontare di Q contenuto nel volume V. Allora, integrando su un volume V l equazione di continuità ϱ + j = 0, t si ottiene (4) d dt Q(V ) d d 3 x ϱ = d 3 x j = dσ j dt n J(Σ), V V Σ cioè l aumento per unità di tempo dell ammontare di Q contenuto nel volume V è pari al flusso entrante J(Σ) del vettore j attraverso la superficie Σ che delimita V. Interpretando j come la densità di corrente della quantità Q di cui ϱ è la densità, l equazione di continuità esprime la conservazione locale della quantità medesima.
4 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 4 Conservazione della norma e normalizzazione della funzione d onda Se l integrale esteso a tutto lo spazio di una densità ϱ è finito, cioè se è definita la corrispondente quantità totale, la conservazione locale della quantità implica evidentemente la conservazione globale della quantità medesima. E infatti, inserendo nell equazione (4) le espressioni di ϱ e di j, si ha d dt Vd 3 x ϱ = d d 3 x ψ ψ = iħ ( dσ ψ dt V Σ n ψ ψ n ψ ). Sotto opportune condizioni sul comportamento all infinito della funzione d onda ψ, l integrale al primo e secondo membro è convergente per V R 3 e l integrale all ultimo membro tende a 0. Allora (5) d d 3 x ϱ = d d 3 x ψ ψ = 0. dt dt Se l integrale che compare nella (5) è convergente la funzione d onda ψ si dice normalizzabile e il numero reale positivo ψ d 3 x ψ ψ si dice norma di ψ. L equazione (5) significa che l equazione di Schrödinger conserva la norma della funzione d onda. Se una funzione d onda è normalizzabile la costante arbitraria in essa contenuta può sempre essere scelta in modo che sia ψ 2 = d 3 x ψ ψ = 1. La funzione d onda si dice allora normalizzata.
5 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 5 Comportamento ondulatorio e comportamento corpuscolare L esistenza di fatto di un comportamento ondulatorio delle particelle materiali è dimostrata dagli esperimenti di diffrazione e interferenza già menzionati. Esistono d altra parte certamente comportamenti corpuscolari delle particelle materiali (e infatti così continuiamo a chiamarle): in opportune condizioni esse si comportano come particelle classiche di data massa. Se ψ(x, t) è un pacchetto ben localizzato e l evoluzione temporale lo mantiene tale, il dualismo tra i due comportamenti può non apparire drammatico. Ma ci sono casi in cui una funzione d onda, anche inizialmente ben localizzata, va incontro a sparpagliamenti notevoli (ad esempio nei fenomeni di diffrazione). Appare allora difficile associare una funzione d onda spazialmente molto estesa a un oggetto che dovrebbe essere sostanzialmente puntiforme. Tuttavia esiste un aspetto del comportamento delle particelle materiali che ne rivela il carattere corpuscolare in ogni caso, anche quando la funzione d onda è estesa. Occorre precisare che le figure di interferenza cui abbiamo accennato si formano solo quando il fascio con il quale si effettua l esperimento è costituito da un grande numero di elettroni. Se l intensità del fascio è debole e se il dispositivo rivelatore è in grado di rivelare elettroni singoli, l immagine che si forma è il risultato del progressivo accumulo di un grande numero di punti, ciascuno corrispondente al risultato della rivelazione di un singolo elettrone. In altri termini il risultato della determinazione della posizione di un singolo elettrone è sempre l attivazione di un elemento rivelatore e uno solo (naturalmente assumendo che essi elementi funzionino in modo perfetto) e l estensione spaziale e la forma della funzione ψ governano solo la distribuzione dei diversi risultati associati ai diversi elettroni costituenti il fascio.
6 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 6 Interpretazione statistica di Born Superamento del dualismo onda corpuscolo L interpretazione della funzione d onda oggi generalmente accettata fu proposta da Born. Sia la funzione d onda normalizzabile e normalizzata in modo che sia d 3 x ψ ψ = 1. Allora, secondo Born, posto ϱ(x, t) = ψ ψ, ϱ(x, t) = densità di probabilità di osservare la particella nel punto x cioè ϱ(x, t) d 3 x è la probabilità in una rivelazione eseguita al tempo t, di osservare la particella entro l elemento di volume d 3 x attorno a x in una rivelazione che sia eseguita al tempo t. La distribuzione di probabilità (di osservare la particella nel punto x in una rivelazione eseguita al tempo t) cambia nel tempo obbedendo all equazione di continuità quantistica. Di conseguenza, posto j(x, t) = iħ ( ψ ψ ψ ψ ), j(x, t) = densità di corrente di probabilità al tempo t di osservare la particella nel punto x, cioè j(x, t) n dσ dt è la probabilità (di osservare la particella in una certa regione dello spazio) che attraversa l elemento di superficie dσ (contenente il punto x) durante il tempo da t a t + dt nel verso indicato dal vettore unitario n (ortogonale a dσ), ovvero, un po impropriamente, la probabilità che la particella attraversi l elemento.... L interpretazione statistica di Born supera il dualismo onda corpuscolo, nel senso che attribuisce alla particella una posizione definita quando questa viene rivelata mentre la funzione d onda determina la distribuzione di probabilità delle diverse possibili posizioni. In modo pittorico, anche se un po alla buona, si può dire che la particella si comporta effettivamente come tale quando viene rivelata mentre si comporta come un onda quando si propaga. Nota La conservazione della norma di ψ equivale alla conservazione della probabilità totale di osservare la particella in tutto lo spazio che idealmente deve essere e rimanere uguale a 1. Nota L interpretazione di Born non è applicabile a funzioni d onda non normalizzabili. Vedremo tuttavia che esistono funzioni d onda non normalizzabili alle quali, pur con opportune cautele, può essere attribuito un significato fisico.
7 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 7 Un interpretazione che prescinde dall osservazione della particella L interpretazione di Born, se presa alla lettera, non attribuisce alcun valore o dominio di valori alla posizione di una particella se questa non viene osservata. Ciò può apparire insoddisfacente. Supponiamo che la funzione d onda della particella considerata sia confinata nel nostro laboratorio. L affermazione "la particella non è sulla luna" ci appare allora del tutto ragionevole. Un piccolo ulteriore passo ci conduce all affermazione "la particella è nel nostro laboratorio". Questo punto di vista può essere formalizzato attribuendo alla posizione della particella al tempo t una distribuzione di valori con densità dei valori data da ϱ(x, t) = ψ ψ, anziché un valore definito come avviene in meccanica classica. Allora cioè ϱ(x, t) d 3 x è l ammontare dei valori di x ϱ(x, t) = densità dei valori di x al tempo t, entro l elemento di volume d 3 x attorno a x al tempo t. La distribuzione di valori di x cambia nel tempo obbedendo all equazione di continuità quantistica. Di conseguenza, posto j(x, t) = iħ ( ψ ψ ψ ψ ), j(x, t) = densità di corrente dei valori di x al tempo t nel punto x, cioè j(x, t) n dσ dt è l ammontare dei valori di x che attraversa l elemento di superficie dσ (contenente il punto x) durante il tempo da t a t + dt nel verso indicato dal vettore unitario n (ortogonale a dσ). L interpretazione della funzione d onda ora esposta è completata aggiungendo che, ove l osservazione della posizione venga fatta, la distribuzione di probabilità dei risultati coincide con la distribuzione di valori. L interpretazione descritta sopra e completata come detto è del tutto equivalente a quella di Born per quanto riguarda le previsioni. Tuttavia essa permette (sembra a me), data la funzione d onda, una più ricca attribuzione di proprietà fisiche alla particella. Ciò sarà ancora più chiaro quando il principio enunciato per la posizione sarà affiancato da proposizioni analoghe riguardanti altre grandezze. Adotteremo nel seguito l atteggiamento interpretativo esposto in questa pagina, come credo faccia più o meno consapevolmente la maggior parte dei fisici nell uso concreto della meccanica quantistica.
8 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 8 Osservazioni sul concetto di probabilità in fisica Nell ambito della fisica, si possono attribuire al concetto di probabilità due diversi significati come è illustrato di seguito: probabilità di un evento misura della tendenza intrinseca di quell evento a verificarsi (ha significato per un singolo evento) oppure probabilità di un evento frequenza relativa di quell evento su un gran numero di eventi (ha significato solo considerando un gran numero di eventi) Naturalmente, se si adotta la prima definizione, si aggiunge anche che tale tendenza intrinseca si traduce nel valore della frequenza relativa dell evento considerato su un gran numero di eventi. Quindi in ogni caso la verifica sperimentale di una distribuzione di probabilità tra diversi eventi richiede la determinazione del numero di eventi di ciascun tipo che si verificano in un gran numero di prove ripetute in condizioni identiche. Un insieme di (un gran numero di) prove ripetute in condizione identiche prende il nome di insieme statistico, o anche ensemble. Nel caso della rivelazione della posizione di particelle, considerando un ensemble di particelle tutte descritte dalla medesima funzione d onda ψ(x, t), ϱ(x, t) d 3 x sarà la frazione di particelle effettivamente osservata nel volume d 3 x attorno a x al tempo t. Se si ha a che fare con un fascio di N particelle (non interagenti), N ϱ fornirà la densità macroscopica effettivamente osservata e N j la densità di corrente macroscopica effettivamente osservata.
9 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 9 Esperimento delle due fenditure È stato per lungo tempo un esperimento ideale; attualmente può essere realizzato con fasci di neutroni o anche particelle più pesanti ultralente. È la riduzione all essenziale di un esperimento di diffrazione e interferenza. Un fascio monocinetico di particelle è fatto incidere ortogonalmente su uno schermo riflettente F nel quale sono praticate due fenditure parallele al di là del quale si trova un secondo schermo R, parallelo a F, costituito da una batteria di rivelatori. 1 2 x z F R A ciascuna particella del fascio è associata un onda che è in parte riflessa da F e in parte diffratta attraverso le fenditure. Siano ψ 1 (x, t) e ψ 2 (x, t) le funzioni che descrivono le onde diffratte dalle fenditure 1 e 2; nello spazio tra F e R ciascuna particella è descritta dalla funzione d onda ψ 1 (x, t) se la sola fenditura 1 è lasciata aperta, ψ 2 (x, t) se la sola fenditura 2 è lasciata aperta, ψ 1 (x, t) + ψ 2 (x, t) se entrambe le fenditure sono aperte. Sia z l asse parallelo alla direzione di propagazione del fascio e ortogonale ai due schermi, y l asse parallelo alle due fenditure e x l asse trasversale a queste. Per effetto della diffrazione ψ 1 e ψ 2 si allargano nella direzione dell asse x e, scelta opportunamente la lunghezza d onda associata alla velocità delle particelle nonché i parametri geometrici del dispositivo, esse si sovrappongono nello spazio antistante lo schermo R. Se dxdy è la superficie frontale di un rivelatore, j z (x, t) dxdy = iħ ( (ψ 1 + ψ 2 ) d dz (ψ 1 + ψ 2 ) (ψ 1 + ψ 2 ) d dz (ψ 1 + ψ 2 ) ) dxdy = iħ ( ) ψ1 d dz ψ d 1 ψ 1 dz ψ 1 dxdy + iħ ( ) ψ d 2 }{{} dz ψ d 2 ψ 2 dz ψ 2 dxdy + termini incrociati }{{} j 1z dxdy dà, nel caso in cui entrambe le fenditure siano aperte, 1 j 2z dxdy l ammontare di probabilità di rivelazione che entra nel rivelatore considerato nell unità di tempo, mentre i primi due termini danno il medesimo ammontare nel caso in cui solo l una o l altra delle due fenditure siano lasciate aperte.
10 x x x x 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 10 Se z R è la coordinata dello schermo R, ϱ(x) dx = dt dy j z (x, y, z R, t) dx rappresenta il numero totale di conteggi dei rivelatori di dato x riferito al numero di particelle nel fascio. ϱ ϱ ϱ ϱ Se la sola fenditura 1 oppure la sola fenditura 2 sono lasciate aperte il diagramma dei conteggi ha l andamento indicato rispettivamente nelle figure (a) e (b). x x x x ϱ ϱ ϱ ϱ (a) (b) (c) (d) Ma se entrambe le fenditure sono aperte i termini incrociati danno luogo a interferenza e il diagramma dei conteggi ha l aspetto indicato nella figura (d). A causa dell interferenza, i conteggi con entrambe le fenditure aperte sono diversi dalla somma, figura (c), dei conteggi con una sola fenditura aperta. Ma il bello viene adesso Poniamo a ridosso delle fenditure, entrambe aperte, due rivelatori ideali (cioè in grado di rivelare il passaggio della particella senza alterare le onde diffratte). 1 2 F R Per il carattere corpuscolare delle nostre particelle solo uno dei due rivelatori può indicare il passaggio di ciascuna particella e corrispondentemente ciascuna particella è descritta dalla sola ψ 1 o dalla sola ψ 2. Tra i due schermi possiamo dividere il fascio in due sottofasci ciascuno costituito dalle particelle che sono passate per una data fenditura e sono descritte dalla corrispondente funzione d onda, ψ 1 o ψ 2. Il diagramma dei conteggi relativi a ciascun sottofascio corrisponde alle figure (a) e (b). Ci aspettiamo, pur con entrambe le fenditure aperte, ma dotate dei rivelatori, di ottenere il diagramma somma (c). E così è.
11 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 11 Domande e risposte Domanda: Risposta: Domanda: Risposta: Domanda: Risposta: nel caso delle due fenditure senza rivelatori possiamo ritenere che ciascuna particella passi per l una o per l altra delle due fenditure? no, perché se così fosse otterremmo lo stesso risultato che con i rivelatori. che tipo di comportamento evidenzia l esperimento senza i rivelatori alle fenditure? evidenzia un tipico comportamento ondulatorio, l interferenza. come si manifesta il comportamento corpuscolare? per bassa intensità del fascio (quando possiamo ritenere che le particelle siano inviate una per volta) solo uno dei rivelatori di R risulta attivato ogni volta; e se mettiamo i rivelatori a ridosso delle fenditure solo uno dei due rivelatori risulta attivato ogni volta. Attenzione! Abbiamo fatto passare di soppiatto una caratteristica stupefacente del comportamento quantistico. Il confronto dei risultati dell esperimento con e senza i rivelatori addossati alle due fenditure mostra che dobbiamo ammettere che la semplice rivelazione del passaggio della particella provoca un cambiamento della funzione d onda: solo l onda emergente dalla fenditura attraverso la quale è rivelato il passaggio sopravvive alla rivelazione. Nota È interessante notare che il risultato di un esperimento in cui si ponga un rivelatore a ridosso di una sola fenditura 1 2 F R è identico a quello dell esperimento con rivelatori a ridosso di entrambe le fenditure. Infatti, se risultano attivati un rivelatore di R e il rivelatore a ridosso di 1, la particella è certamente passata per 1; ma se risulta attivato un rivelatore di R e non il rivelatore a ridosso di 1, la particella è altrettanto certamente passata per 2.
12 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 12 Osservazione sul ruolo della probabilità in fisica quantistica L uso del concetto di probabilità in fisica non è nato con l avvento della meccanica quantistica. Anche nell ambito delle fisica classica il concetto di probabilità è stato ed è ampiamente usato. Esiste tuttavia una profonda differenza concettuale tra la probabilità in fisica classica e la probabilità in meccanica quantistica. In fisica classica l introduzione di considerazioni probabilistiche è sempre la conseguenza della nostra ignoranza e della nostra incapacità, ignoranza delle condizioni iniziali dettagliate e precise di un sistema complesso e incapacità di risolvere le equazioni di evoluzione del sistema complesso. È la situazione tipica che si presenta in meccanica statistica. In meccanica quantistica il concetto di probabilità si deve introdurre necessariamente anche per il più semplice dei sistemi, quello costituito da una sola particella. Anche se conosciamo tutto (in concreto la funzione d onda) di una particella le previsioni della teoria sui risultati di un osservazione della particella restano inevitabilmente probabilistiche.
13 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 13 RELAZIONI DI INCERTEZZA Il comportamento ondulatorio delle particelle materiali e dei quanti di radiazione (fotoni) ha come conseguenza il sussistere di limitazioni di principio alla possibilità di attribuire (in sensi diversi) valori arbitrariamente precisi alla posizione e al momento lineare (o alla velocità) di una particella. Tali limitazioni si traducono in relazioni del tipo x p x h, y p y h, z p z h, ovvero x v x h/m, y v y h/m, z v z h/m. Queste si dicono relazioni di incertezza (o di indeterminazione); furono stabilite da Heisenberg attraverso l analisi di diversi esperimenti ideali e furono dallo stesso elevate al rango di principio. Discutiamo due significativi esperimenti ideali di Heisenberg. Diffrazione attraverso una fenditura Un fascio di particelle (o anche una singola particella) di momento lineare ben definito incide ortogonalmente su uno schermo parallelo al piano yz nel quale è praticata una fenditura di larghezza d parallela all asse z. La coordinata y di una particella che attraversa la fenditura è così determinata con l incertezza y d. Ma a una particella di momento p è associata un onda di lunghezza λ = h/p, che viene diffratta dalla fenditura entro un angolo di ampiezza α 0 tale che sin α 0 λ/d. Alla direzione di propagazione individuata dall angolo α (compreso tra α 0 e α 0 ) corrisponde un momento nella direzione y dato da p y = p sin α. L incertezza di p y è quindi p y p sin α 0 p λ/d = h/d. Il prodotto delle due incertezze vale pertanto y p y h.
14 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 14 Localizzazione per mezzo di un microscopio. Misuriamo la posizione di un elettrone illuminandolo con un fascetto di luce di lunghezza d onda λ e raccogliendo su uno schermo sensibile l immagine creata da una lente. Un fotone diffuso dall elettrone crea sullo schermo un immagine P della posizione P dell elettrone. L apertura finita della lente dà luogo a diffrazione, per cui la posizione di P è affetta da un imprecisione che permette di risalire alla coordinata x di P con un incertezza x λ/ sin ε, dove ε è la semiapertura della lente vista da P. D altra parte, a causa dell apertura non nulla della lente, la direzione nella quale è stato diffuso il fotone è incerta e quindi la componente x del momento del fotone è affetta da un incertezza p sin ε = (h/λ) sin ε. Poiché nell urto fotone elettrone il momento si conserva, all incertezza del momento del fotone dopo l urto corrisponde l introduzione di un uguale incertezza del momento dell elettrone dopo l urto. Anche se il momento dell elettrone era prima della misurazione perfettamente definito, esso acquisisce per effetto della stessa un incertezza p x (h/λ) sin ε. Quindi il prodotto delle due incertezze vale almeno x p x h.
15 1/2 ONDE, CORPUSCOLI E FUNZIONE D ONDA 09/10 15 Osservazioni I due esempi ideali di Heisenberg descritti sopra sono piuttosto diversi anche concettualmente. Nel caso della diffrazione attraverso una fenditura si dimostra l impossibilità di preparare una funzione d onda della particella che abbia sia un "contenuto" perfettamente definito in posizione, sia un "contenuto" perfettamente definito in momento. Si tratta in sostanza di una esemplificazione del fatto che, per ottenere una funzione d onda spazialmente localizzata occorre sovrapporre onde piane di numero d onda e quindi di momento diverso e che, tanto più si vuole stretta la localizzazione spaziale, tanto più deve essere larga la sovrapposizione in momento. Nel caso della localizzazione per mezzo di un microscopio, abbiamo a che fare con una vera misurazione della posizione dell elettrone e si dimostra che questa agisce sull elettrone: possiamo (idealmente, con una lente grande) misurare in modo arbitrariamente preciso la posizione, ma ciò introduce necessariamente una corrispondentemente grande incertezza del momento (e, viceversa, se rinunciamo alla precisione in posizione diminuiamo l incertezza del momento). Osserviamo anche che nel caso del primo esempio all origine della relazione di incertezza è il comportamento ondulatorio delle particella considerata. Nel caso del secondo esempio invece all origine della relazione di incertezza è il comportamento ondulatorio di una parte microscopica (il fotone) dell apparato misuratore. Relazioni di incertezza tempo energia Si possono anche stabilire relazioni di incertezza del tipo E t h. In queste E, e corrispondentemente t, può assumere significati diversi dei quali per ora non ci occupiamo.
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