LE DUE COSTITUZIONI PROVVISORIE ( ) *

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1 LE DUE COSTITUZIONI PROVVISORIE ( ) * di CARMELA DECARO SOMMARIO: 1. Dal 25 luglio 1943 alla prima Costituzione provvisoria. 2. I contenuti della prima Costituzione provvisoria e il problema della continuità con il periodo statutario. 3. Il secondo Governo Bonomi e l istituzione della Consulta nazionale. 4. I Governi Parri e De Gasperi e la seconda Costituzione provvisoria. 5. Il «Governo di gabinetto» nella seconda (e nella terza) Costituzione provvisoria. 6. Conclusioni: tra rottura e continuità. 1. Dal 25 luglio 1943 alla prima Costituzione provvisoria. Le due Costituzioni provvisorie (il decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, e il decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98) rappresentano rispettivamente un punto di avvio e d arrivo nella vicenda costituzionale estremamente complessa che si sviluppa fra il 1943 e il L instabilità, tipica degli ordinamenti transitori, caratterizza quegli anni segnati dal confronto fra l anima del passato e le culture della Resistenza. Da una parte, i tentativi di riaffermazione di un «torniamo allo Statuto» nella variante pre-fascista o nostalgicamente autoritaria. Dall altra, le forze del rinnovamento, che si rinvengono all interno delle istituzioni sconfitte o che danno origine a forme inedite di aggregazione della rappresentanza. Si manifesta il farsi progressivo di un potere costituente in rottura con il passato regime, verso stabilizzazioni politiche che determinano organi, modi e procedure delle scelte istituzionali. * Questo testo rielabora il saggio pubblicato con lo stesso titolo ne: Il Parlamento Italiano Vol. XIV Repubblica e Costituzione: dalla luogotenenza di Umberto alla presidenza De Nicola, Milano, Nuova Cei, 1989.

2 IL FILANGIERI 1/2005 L instabilità è naturalmente accentuata dalla situazione politico-militare: la guerra drammaticamente perduta, il territorio nazionale occupato a sud dagli eserciti alleati, a nord dai tedeschi la manifesta incapacità delle classi dirigenti tradizionali a far fronte agli eventi, la resistenza dei militari e dei civili, la crescita del potere dei partiti antifascisti. Il «colpo di stato» con cui, dopo il 25 luglio 1943, il Re nomina, al di fuori delle procedure costituzionali create dal ventennio fascista, il governo Badoglio, un governo «tecnico» (a capo di quasi tutti i ministeri vengono nominati direttori generali provenienti dalle amministrazioni d appartenenza), costituisce più che la ripresa degli istituti del regime parlamentare il tentativo di separare la responsabilità del monarca da quella del regime fascista, riaffermando la continuità dello Statuto e della Corona. Indicativa di questo spirito l affermazione fatta dal Re a Grandi, nei giorni precedenti il 25 luglio, sul suo considerarsi un sovrano costituzionale pur in assenza di un Parlamento «funzionante» e di avere, quindi, bisogno di una «qualche indicazione da organi dello Stato e del Paese, in modo inequivoco e certo» prima di procedere alla destituzione di Mussolini. Il tentativo della Corona è peraltro drammaticamente maldestro. Le modalità della stessa resa militare, caratterizzata dalle esitazioni di Badoglio sia per la paura dei tedeschi, sia per l illusione di poterne negoziare le condizioni con gli alleati al di là della formula della «resa incondizionata» adottata a Casablanca, rompono i legami di una parte della popolazione con la monarchia. Determinano, invece, l occupazione di fatto del territorio italiano da parte dei tedeschi nell arco dei «quarantacinque giorni» ed accentuano le diffidenze alleate verso negoziatori ambigui e contraddittori. Il fallimento della politica del Re e di Badoglio, accompagnato dall assoluta assenza di un piano militare per fronteggiare l inevitabile reazione della Wermacht, sta alle origini del crollo dell 8 settembre. Del resto, anche sul piano interno si verificano non poche ambiguità. Certo, il governo Badoglio provvede all immediata li- 110

3 CARMELA DECARO quidazione di molte istituzioni del regime: vengono soppressi il Partito nazionale fascista, il Gran consiglio, la Camera dei fasci e delle corporazioni (e quindi, a norma dello Statuto, sospesa l attività del Senato), il Tribunale speciale e viene prevista l elezione, entro quattro mesi dalla fine della guerra, della Camera dei deputati (regi decreti-legge 2 agosto1943, nn. 704, 705 e 706). Rimane, però, nel regio decreto-legge n. 704 del 1943 la dizione «Capo del Governo, primo ministro», che fa sospettare l intenzione di mantenere inalterata la struttura dell organo. Sarà soltanto più tardi, con la formazione del secondo governo Badoglio, e dietro le insistenze dei partiti del Comitato di liberazione nazionale, che si tornerà, con il regio decreto-legge 16 maggio 1944, n. 136, alla dizione «Presidente del Consiglio». Rimangono pure, inopinatamente, in vigore le leggi razziali del 1938 forse per timore di possibili reazioni tedesche: esse saranno infatti abolite solo con il regio decreto-legge 20 gennaio 1944, n. 25. Mentre l estrema durezza con cui vengono represse le manifestazioni antifasciste, secondo le direttive contenute nella circolare del generale Mario Roatta adottata il 26 luglio 1943, provoca in diverse città numerosi morti e feriti fra i manifestanti e contribuisce ad allontanare, dopo l entusiasmo del 25 luglio, settori cospicui dell opinione pubblica dalla Corona. L 8 settembre registra il fallimento di ogni ipotesi di continuità dello Stato decretando il crollo delle istituzioni che avevano retto la vita politica del Regno d Italia, non certo la «morte della Patria» 1. La fuga del Re e di Badoglio da Roma, l abbandono delle forze armate senza disposizioni e senza ordini al loro destino, la vita del Regno del Sud sotto la tutela alleata, l immediata costituzione dei Comitati di liberazione na- 1 Come è noto, identifica l 8 settembre 1943 come «morte della patria» E. GALLI DELLA LOGGIA, (prima in La morte della patria. La crisi dell idea di nazione dopo la seconda guerra mondiale, in Nazione e nazionalità in Italia, a cura di G. Spadolini, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 125 s. e poi amplius in La morte della patria, Roma-Bari, Laterza, 1996), sulla scorta di un espressione impiegata da Salvatore Satta. In dissenso con questa posizione, ma anche con la «visione eroica, nazionalpopolare del periodo », cfr. E. AGA ROSSI, Una nazione allo sbando. L armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, III ed., Bologna, Il mulino, 2003, spec. p. 15 s. 111

4 IL FILANGIERI 1/2005 zionale, il sorgere e l organizzarsi dei partiti, la nascita della Repubblica sociale italiana nelle regioni controllate dai tedeschi, segnano il passaggio ad una fase caratterizzata da avvenimenti che si svolgono su piani paralleli. Quando essi si ricomporranno, l ordinamento provvisorio sarà una realtà nuova, già anticipatrice della futura Costituzione. La monarchia può contare principalmente sull appoggio inglese (l atteggiamento americano, inizialmente defilato, diventerà poi determinante per il crescente sostegno alle forze democratiche, anche grazie all autorevole mediazione di Carlo Sforza). Churchill teme che un indebolimento della monarchia possa accrescere l instabilità politica italiana. Lo ha affermato alla Camera dei comuni il 27 luglio 1943, appena due giorni dopo l arresto di Mussolini 2. Lo ha ribadito esplicitamente il 22 febbraio 1944 nel famoso discorso in cui paragona la monarchia sabauda ad un comodo e collaudato manico di caffettiera che non conviene sostituire per non bruciarsi 3. In questa ottica è scontato il sostegno britannico a Badoglio, visto come l unico Capo del governo in grado di garantire l adempimento delle clausole dell armistizio. I Comitati di liberazione rappresentano la novità istituzionale più rilevante. Nati spontaneamente intorno ai partiti risorgenti in tutte le regioni italiane, ispirati da alcuni principi comuni, «unione nella Resistenza e unione nella democrazia» 4 e coordinati da un comitato nazionale nel quale ciascuno dei 2 «Noi non desideriamo certo ridurre la vita italiana in condizioni di caos e anarchia, in modo di trovarci noi stessi senza alcuna autorità con cui trattare. Così facendo noi caricheremmo sulle nostre armate il peso di occupare miglio per miglio l intero paese» ora citato in AGOSTINO DEGLI ESPINOSA), Il Regno del Sud, 8 settembre giugno 1944, Roma, Magliaresi, 1946, p «Quando occorre tenere in mano una caffettiera bollente, è meglio non rompere il manico finché non si è sicuri di averne uno altrettanto comodo e pratico, o comunque finché non si abbia a portata di mano uno strofinaccio» ora citato in AGOSTINO DEGLI ESPINOSA, Il Regno del Sud, 8 settembre giugno 1944, Roma, Magliaresi, 1946, pp L espressione è di P. CALAMANDREI, Discorso sulla Costituzione, Milano, 1955, disco Cetra CL 0449/33 giri. 112

5 CARMELA DECARO partiti ha una rappresentanza paritetica, avranno un peso ed un ruolo ovviamente diverso fra i territori liberati e quelli occupati dai tedeschi sotto la sovranità formale della Repubblica sociale. Ma, nel complesso, la loro autorità cresce di mese in mese. Già la riflessione giuridica dell epoca riconosce ai Comitati di liberazione la natura di «istituzioni pubbliche originarie» che, «mediante autoassunzione di potere e via di fatto», si costituiscono in organo titolare del potere costituente 5. La contrapposizione dei Comitati di liberazione al «programma restauratore massimo» del Re è netta e la proposta costituente approvata a conclusione del Congresso di Bari del gennaio 1944 chiede l abdicazione del Re e la formazione di un governo provvisorio che intensifichi lo sforzo bellico contro i tedeschi e prepari, garantendo imparzialità e libertà necessarie, la convocazione di un Assemblea Costituente. Dal Congresso di Bari il complesso dei Comitati di liberazione nazionale esce come componente politica originaria di un governo in fieri 6, che si caratterizza, nelle zone liberate, con un azione di pressione politica incentrata sulla questione istituzionale e, nelle zone occupate, con un organizzazione politico-militare autonoma in rapporto dialettico con il governo ufficiale e con il governo militare alleato. La situazione di tensione tra i Comitati di liberazione nazionale e il governo cresce fino ad entrare in una impasse che si sbloccherà soltanto nella primavera del 1944 in modo imprevedibile, con il riconoscimento del governo Badoglio da parte dell Unione Sovietica (prima fra le potenze alleate) e con il ritorno in Italia di Ercole Ercoli (Palmiro Togliatti), leader del partito comunista e autorevolissimo dirigente del movimento comunista 5 Cfr., tra gli altri, C. MORTATI, La Costituente. La teoria. La storia. Il problema italiano (1945), ora in ID., Raccolta di scritti. I. Studi sul potere costituente e sulla riforma costituzionale dello Stato, Milano, Giuffrè, 1972, p. 3 s., spec. 232 s., G. GUA- RINO, Due anni di esperienza costituzionale italiana (1946), ora in ID., Dalla Costituzione all Unione europea (del fare diritto per cinquant anni), Napoli, Jovene, 1994, p. 8 s., spec. 14 s., e V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale. I. Introduzione al diritto costituzionale italiano, Padova, Cedam, 1970, p. 124 s. 6 C. LAVAGNA, voce Comitati di liberazione, in Enc. del dir., VII, Milano, Giuffrè, 1960, p. 778 s. 113

6 IL FILANGIERI 1/2005 internazionale. La proposta di Ercoli-Togliatti rinvio della questione istituzionale, priorità della guerra di liberazione, ingresso dei partiti nel governo Badoglio prende di sorpresa le altre forze politiche e lo stesso PCI. Tensioni e polemiche non mancano. Anche Benedetto Croce, che ha proposto l abdicazione di Vittorio Emanuele III e del principe Umberto e il passaggio della Corona al giovane principe di Napoli sostenuto da una reggenza, è perplesso 7. Infine, passa il compromesso De Nicola 8, che prevede nel momento stesso della liberazione di Roma un passo indietro del Re e l assunzione della Luogotenenza del Regno da parte di Umberto, come preannuncia lo stesso Vittorio Emanuele nel radiomessaggio alla Nazione del 12 aprile Si forma così il secondo governo Badoglio, con l ingresso di tutti i partiti (salvo i repubblicani, che non fanno parte dei Comitati di liberazione nazionale proprio perché ancorati alla pregiudiziale istituzionale). Sulla «svolta di Salerno» s innescheranno, allora e negli anni successivi, polemiche aspre: alcuni vi vedranno unicamente il tributo del dirigente comunista alle necessità della politica estera sovietica, là dove vi era anche, da parte di Ercoli, un autonoma convinzione ed elaborazione maturata da tempo 9. La linea di collaborazione con la monarchia è basata, infatti, sulla realistica valutazione delle future sfere d influenza degli alleati e sulla necessità di ottenere la piena legittimazione del PCI, secondo una linea politica che sarà perseguita anche negli anni successivi. In ogni caso, l iniziativa porterà alla sconfitta di quella 7 B. CROCE, Quando l Italia era tagliata in due: estratto di un diario (luglio giugno 1944), Bari, Laterza, 1948, p Sul punto cfr. anche G. SASSO, Prefazione a Dall «Italia tagliata in due» all Assemblea costituente. Documenti e testimonianze dai carteggi di Benedetto Croce, a cura di M. Griffo, Bologna, Il mulino, 1998, p. 7 s., spec. 15 s. e i documenti riportati ivi, p. 161 s. 8 B. CROCE, Taccuini di guerra , a cura di C. Cassani, Milano, Adelphi, 2004 p. 112 s.; P. PUNTONI, Parla Vittorio Emanuele III, Bologna, Il Mulino 1993, p. 222 s. 9 G. VACCA, Premessa a P. TOGLIATTI, Sul fascismo, a cura di G. Vacca, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. V s. 114

7 CARMELA DECARO «ipotesi di Stato monarchico-amministrativo, che era stata alla base della rovinosa esperienza dei quarantacinque giorni» 10, mentre il prezzo pagato sarebbe stato quello della rinuncia ad una prospettiva innovatrice basata sulla rottura drastica con gli equilibri sociali consolidatisi nel periodo fascista 11. L effetto immediato è comunque che lo stallo, derivante dalla richiesta di abdicazione del re, viene superato dal «patto di Salerno»: l accordo con la Corona sulla luogotenenza del regno e il rinvio ad un Assemblea Costituente eletta dal popolo per la soluzione della questione istituzionale rappresentano le basi politiche di quella Costituzione provvisoria destinata a consentire il passaggio, in chiave di continuità legale, alla fase costituente e al nuovo assetto istituzionale 12. Il rilievo istituzionale assunto dai Comitati di liberazione nazionale, anche per l iniziativa politica di Ugo La Malfa, si riflette sulle modalità di formazione del governo: i ministri del secondo (il quarto se si tiene conto dei rimpasti tecnici operati) governo Badoglio, costituito a partire dal 22 aprile 1944, che rappresenta il primo governo politico espressione dei partiti antifascisti, giurano ancora nelle mani del re, ma mantengono le opinioni politiche proprie e subordinate al comune accordo, necessario per i supremi interessi dello Stato, secondo la formula impiegata da Giulio Rodinò, rappresentante della DC come ministro senza portafoglio 13. Sia pure con le condizioni eccezionali che ne vedono la nascita, la soluzione adottata disegna la cornice che caratterizzerà, 10 E. RAG1ONIERI, La Storia politica e sociale, in ID., Storia d Italia. Dall Unità ad oggi, vol. IV tomo 3, Torino, Einaudi, G. QUAZZA, Resistenza e storia d Italia, Milano, Feltrinelli, V. GUELI, L assetto costituzionale provvisorio e le prerogative dei senatori (1946), in ID., Diritto costituzionale provvisorio e transitorio, Roma, Il foro italiano, 1950, p. 37 s., spec. p. 69 s. 13 V. TELMON, Ugo La Malfa. Il professore della Repubblica, Milano, Rusconi, 1983, p. 58 ss.; M. PALERMO, Memorie di un comunista napoletano, Napoli, Dante & Descartes, 1999, p Mario Palermo fu sottosegretario alla guerra nel secondo governo Badoglio e nei due governi Bonomi. 115

8 IL FILANGIERI 1/2005 con varianti importanti ma tutte «interne», la politica italiana fino alla metà del 1947, e per molti aspetti anche oltre. Dopo un mese e mezzo, nell ambito di quella cornice le coordinate istituzionali cambiano ancora: il principe di Piemonte, Umberto di Savoia, nominato, all indomani della liberazione di Roma, con regio decreto 5 giugno 1944, n. 140, luogotenente generale del regno per l esercizio di tutte le prerogative regie dopo la rinuncia «definitiva e irrevocabile» di Vittorio Emanuale III, deve accettare come presidente del Consiglio, Ivanoe Bonomi, Presidente del Comitato di liberazione nazionale centrale. Il rapporto di fiducia del governo è con i partiti del Comitato di liberazione nazionale e per sottolineare questa svolta i ministri del primo governo Bonomi (insediatosi il 18 giugno 1944) non giurano fedeltà alla Corona ma alla Nazione e si impegnano a non compiere, fino alla convocazione dell Assemblea Costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale. La forma di governo di questa fase è la risultante di una definizione dei rapporti fra Luogotenenza, Comitato di liberazione nazionale e Governo: il Luogotenente è vincolato alle decisioni del Comitato di liberazione nazionale che in quella fase assume il ruolo di una sorta di Parlamento 14 per quel che riguarda l indirizzo politico e la, scelta delle persone destinate ad attuarlo, così come per eventuali mutamenti ministeriali. L atipicità della figura del Luogotenente, capo dello Stato, è il segno più evidente dell instaurazione di un ordinamento provvisorio. Tale forma di governo viene interpretata dai costituzionalisti come una novità rivoluzionaria 15 o come legittimazione giuridica di una situazione di fatto che non trova fondamento nello Statuto o nella prassi precedente, ma rappresenta una «soluzione di carattere temporaneo» collegata alla decisione costituente Cfr. C. MORTATI, La Costituente, cit., p Cfr. G. GUARINO, Due anni di esperienza costituzionale italiana, cit., p. 18 s. 16 Così C. MORTATI, La Costituente, cit., p

9 CARMELA DECARO La «svolta di Roma», a due mesi soltanto dalla svolta di Salerno, costituisce una forte affermazione del peso del Comitato di liberazione nazionale e un drastico ridimensionamento dei poteri della monarchia. Fra i partiti, gli equilibri si spostano a sinistra, per il successo della linea intransigente del partito d azione e del partito socialista, anche se quest ultimo è condizionato dal patto di unità d azione con il PCI, che continua a svolgere una funzione di prevalente equilibrio tattico. Altro elemento interessante è la crescita del peso della democrazia cristiana, mentre si indebolisce il ruolo dei liberali, che nel «Regno del sud» hanno avuto una funzione di primo piano, anche per effetto della guida autorevole e prestigiosa di Benedetto Croce. 2. I contenuti della prima Costituzione provvisoria e il problema della continuità con il periodo statutario. Il nuovo equilibrio del sistema politico nei primi mesi del 1944 è sancito dal decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151: la prima Costituzione provvisoria è definita «l atto di nascita del nuovo ordinamento democratico» 17. La scelta delle «forme istituzionali» è affidata al popolo italiano che «a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, un Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato», secondo «modi e procedure» rinviati a un successivo provvedimento (art. 1). Il superamento della prospettiva della continuità monarchica sembra essere definitivamente sancito con l abrogazione espressa del già ricordato regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 17 Cfr. P. CALAMANDREI, Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze, Barbera, 1950, I, p. IXC s., spec. CII s. L aspetto è sottolineato con forza in P. CALAMANDREI, Nel limbo istituzionale (aprile 1945), ora in ID., Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente, Montepulciano, Le Balze, 2003, p. 25 s. Cfr. anche V. ONIDA, voce Costituzione provvisoria, in Digesto discipline pubblicistiche, vol. IV, Utet, Torino, 1989, p. 348 s., S. LABRIOLA, Storia della Costituzione italiana, Napoli, ESI, 1995, spec. p. 286 s., U. DE SIERVO, La transizione costituzionale ( ,), in Diritto pubblico, 1996, p. 543 s., spec. 567 s. 117

10 IL FILANGIERI 1/ , che aveva sciolto la Camera dei fasci e delle corporazioni prevedendo anche l elezione di una nuova Camera dei deputati (art. 2). È esplicitamente formalizzata la prassi, inaugurata con il governo Bonomi, del giuramento di fedeltà dei ministri alla Nazione nel rispetto della tregua istituzionale (art. 3). L anziano Presidente del consiglio aveva affermato, infatti, che la futura elezione di un assemblea incaricata di deliberare i nuovi ordinamenti costituzionali dello Stato aveva reso, di fatto, precario il vecchio Statuto, rendendo impossibile, come per il passato, giurare fedeltà ad una costituzione che sarebbe stata sottoposta al prossimo giudizio del paese 18. È disciplinato l esercizio del potere legislativo fino al funzionamento delle istituzioni rappresentative. I provvedimenti aventi forza di legge, definiti decreti legislativi, sono deliberati dal Consiglio dei ministri e «sanzionati e promulgati» dal Luogotenente (art. 4); mentre i decreti relativi ai regolamenti esecutivi delle leggi, a quelli per l uso delle facoltà spettanti al potere esecutivo e quelli organizzativi sono emanati dal Luogotenente (art. 5). Infine, si prevede che il decreto sia presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge (art. 6). La provvisorietà del decreto-legge sembra chiara, così come la sua funzionalità a garantire che l Assemblea Costituente svolga il suo compito; è chiara anche l esclusione di un referendum istituzionale. In questo momento, la linea della continuità dello Stato sembra toccare il suo punto più basso. La tregua fra Corona e partiti politici comporta, sul piano delle fonti, il necessario concorso tra Consiglio dei ministri, che delibera in modo collegiale (è del tutto superata la figura del primo ministro), e Luogotenente, che «sanziona» e «promulga»: al di là dell uso improprio del termine «decreti legislativi», il richiamo espresso alla sanzione, tradizionalmente riferita alle leggi approvate dalle 18 Verbali Consiglio dei Ministri, luglio maggio 1948, Ed. critica, III, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l Informazione e l Editoria, pag

11 CARMELA DECARO Camere, distinta dalla promulgazione, riprende la formula dell articolo 7 dello Statuto e ripropone, fra Luogotenente e Consiglio, il rapporto di partecipazione alla funzione legislativa esistente tra il Monarca costituzionale e le Camere. Quanto alla natura dei provvedimenti con forza di legge dell art. 4, questi non derivano da alcuna delega (non esiste un Parlamento delegante ed è un illogico giuridico pensare ad una autodelega del Governo), non sono decreti-legge perché non vi è alcun riferimento a clausole di conversione, ma sono «atti normativi straordinari legati all eccezionalità della situazione storica tipica espressione di una forma di governo del tutto nuova nella quale la divisione dei poteri era rimasta soltanto nei confronti del potere giudiziario per essere stata assunta la funzione legislativa dal governo che ne era, sia pure provvisoriamente, l esclusivo titolare» 19. La prima Costituzione provvisoria regola dunque una fase in cui il Governo ha riacquistato la sua «politicità» e con la tregua istituzionale ha riconosciuto l esercizio delle prerogative regie da parte del Luogotenente, quasi a sottolineare ruoli e garanzie formali che assicurino una legittimità costituzionale a tutte le forze in gioco. In questa prospettiva, prevedere una futura conversione per il decreto-legge luogotenenziale n. 151 del 1944, e nessuna legalizzazione per i «decreti legislativi» previsti dall art. 4, in quanto legittimati da quel decreto, è certo un «assurdo» dal momento che costringe l atto espressione di un potere costituente, che sostituisce il vecchio assetto costituzionale, a sottoporsi a limiti e condizioni di quell assetto 20 ma è anche il prodotto di un ordinamento provvisorio che tra le strade della sua legittimazione tenta anche quella della continuità formale. L esclusività e l omogeneità del potere del Go- 19 Così G. AMATO, voce Decreto legislativo luogotenenziale, in Enc. del dir., vol. XI, Milano, Giuffrè, 1962, p. 875, ove anche ulteriori indicazioni. Diversamente, nel senso cioè di qualificarli come decreti-legge, cfr. G. FERRARI, Formula e natura dell attuale decretazione con valore legislativo, Milano, Giuffrè, 1948, spec. p. 119 s. 20 Cfr. C. MORTATI, Costituente e ordinamento provvisorio dello Stato (1946), in ID., Raccolta di scritti. I, cit., p. 441 s. 119

12 IL FILANGIERI 1/2005 verno non sono in quei mesi una realtà indiscussa: proprio durante il Governo Bonomi alcuni episodi indicano come la Corona e le forze che ad essa si collegano tentino di riorganizzarsi, imponendo rallentamenti alla spinta rivoluzionaria del Comitato di liberazione nazionale. Innanzitutto, il 15 luglio 1944 Vittorio Emanuele Orlando e Tomasi della Torretta di Lampedusa vengono chiamati a presiedere 21 rispettivamente la Camera dei deputati e il Senato del Regno per assicurare secondo il comunicato del Governo una «continuità ideale dell antica Camera dei deputati con l Assemblea» che il popolo italiano avrebbe liberamente eletto. In realtà, per permettere al Luogotenente di svolgere, in caso di crisi di governo, le rituali consultazioni con i presidenti delle Assemblee e di riprendere quella iniziativa politica che il Comitato di liberazione nazionale, con la designazione di Bonomi, gli aveva negato appena un mese prima 22. È la tesi della continuità dell ordinamento provvisorio rispetto alle istituzioni statutarie che si riaffaccia, tesi che, per quel che riguarda il Senato, ha un riconoscimento in sentenze e gode di sostegni dottrinari sulla permanenza come istituzione giuridica ditale organo. In particolare, un ricorso alla Corte di cassazione contro le decadenze dei senatori, decise dall Alta corte di giustizia straordinaria istituita dal decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, è respinto per inammissibilità: saranno necessari, per eliminare ogni dubbio, il decreto legislativo presidenziale 24 giugno 1946, n. 48, che dichiarerà cessato il Senato del Regno dalla sue funzioni con effetto dal 25 giugno 1946, e la legge costituzionale 3 novembre 1947, n. 3, che disporrà la soppressione del Senato del Regno e definirà la posizione giuridica dei suoi componenti In realtà Tomasi della Torretta fu incaricato di reggere la Presidenza del Senato quale Commissario governativo. 22 C. GHISALBERTI, Storia costituzionale d Italia , n. ed. Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 398 s. 23 Per la riproduzione dei documenti citati cfr. La nascita del Senato Repubblicano, con prefazione di G. Spadolini e saggio introduttivo di C. Giannuzzi, Roma, 120

13 CARMELA DECARO Ancora: in autunno, in un contesto che vede allontanarsi la liberazione delle zone occupate del nord, il Luogotenente, in un intervista concessa al New York Times pubblicata il 31 ottobre 1944, sostiene l opportunità di affidare la scelta istituzionale ad un referendum popolare, anziché all Assemblea costituente come previsto dal decreto-legge luogotenenziale n. 151 del Secondo alcune ricostruzioni 24, anche Bonomi condivide la posizione del Re e, cogliendo l occasione di uno dei ricorrenti contrasti all interno del Governo, il 26 novembre rassegna le dimissioni nelle mani del Luogotenente, alterando così le modalità di formazione del Governo inaugurate nel giugno precedente: designazione del presidente da parte del Comitato di liberazione nazionale, nomina da parte del Luogotenente vincolata alla designazione e quindi, per converso, in caso di dimissioni, comunicazione al Comitato di liberazione nazionale delle dimissioni stesse. La Corona viene così reimmessa nel gioco istituzionale e Bonomi è confermato alla guida di un governo quadripartito, che non vede la partecipazione degli azionisti né dei socialisti, insediatosi il 12 dicembre Il secondo Governo Bonomi e l istituzione della Consulta nazionale. I contrasti fra i partiti del Comitato di liberazione nazionale Senato della Repubblica, 1989, p. 160 s. e p. 169 s. Cfr. anche V. GUELI, L assetto costituzionale provvisorio, cit., p. 37 s. 24 Falcone Lucifero, Ministro della Real casa di Umberto, ricorda nel suo diario come il testo dell intervista fosse stato licenziato con l approvazione dello stesso Bonomi, ma con la contrarietà di Visconti Venosta. Cfr. F. LUCIFERO, L ultimo Re. I diari del Ministro della Real Casa , Milano, Mondadori, 2002, p. 168 s. Secondo E. Di Nolfo, già in luglio Bonomi, in un colloquio con Ellery Stone, capo della Commissione alleata di controllo, aveva affermato che l apparenza secondo la quale il governo aveva demandato all Assemblea costituente la scelta della forma istituzionale era del tutto fallace. Il Governo «non aveva ancora deciso e non aveva al momento alcuna intenzione di decidere se la decisione avrebbe dovuto essere presa mediante un referendum popolare o mediante l elezione dei delegati dell Assemblea costituente» (cfr. E. DI NOLFO, Le paure e le speranze degli italiani ( ), Milano, Mondadori, 1986, p. 108 s.). 121

14 IL FILANGIERI 1/2005 che in modi alterni caratterizzeranno fino al 1947 la politica italiana cominciano su un terreno propriamente istituzionale. Per una brevissima fase, la contemporanea astensione dal governo di azionisti e socialisti sembra poter prefigurare la crescita di una «terza forza» fra democrazia cristiana e partito comunista. Ma Nenni dice di no alle proposte d intesa lanciate dall azionista La Malfa e resta fedele al patto di unità d azione con il PCI. Molti giudicheranno questa scelta un errore destinato a pesare per anni sugli equilibri politici, ad aprire la strada all egemonia democristiana e a condannare gli stessi socialisti ad una condizione di subalternità nei confronti del partito comunista. Inizia irreversibile lo sfaldamento del Comitato di liberazione nazionale relegato dalla regola dell unanimità ad un ruolo che si va ridimensionando. E infatti l iniziativa autonoma dei partiti politici antifascisti ad avere sempre maggior peso e a trovare nel Governo la sede istituzionale che risulterà vincente sulla monarchia. La parabola discendente del vento rivoluzionario dei Comitati di liberazione nazionale si riflette negli «accordi di Roma» del 26 dicembre 1944, nei quali il Comitato di liberazione per l Alta Italia riconosce il Governo Bonomi come unico Governo legittimo e il Governo a sua volta riconosce nel Comitato di liberazione per l Alta Italia un istituzione provvisoria locale agente con tutti i poteri in piena legalità, come «organo dei partiti antifascisti nel territorio occupato dal nemico»: con il decreto legislativo luogotenenziale 28 febbraio 1945, n. 73, il Governo delega al Comitato di liberazione nazionale per l Alta Italia pieni poteri, destinati a cessare alla fine della guerra in base all ordinanza 1 giugno 1945, n. 1, del Governo militare alleato. In questa prospettiva anche l istituzione della Consulta nazionale, con i decreti legislativi luogotenenziali 5 aprile 1945 n. 146, e 30 aprile 1945 n. 168, tradizionalmente letta come «ulteriore e significativo indice del grado di legittimazione raggiunto dal CLN» 25, può essere sintomo rivelatore di una tendenza 25 In questi termini, cfr., anche per ulteriori indicazioni, P. CARETTI, Forme 122

15 CARMELA DECARO contraria. La Consulta consente l espressione diretta delle forze vive del Paese e la collaborazione istituzionalizzata all azione del Governo di tutte le esperienze e tutte le competenze, attraverso pareri non vincolanti sui problemi generali e sui disegni di legge che ad essa vengono sottoposti dal Governo e pareri obbligatori in materia di bilancio e rendiconti consuntivi, di imposte e di disciplina elettorale. È vero, per riprendere la tesi del rilievo dato al Comitato di liberazione nazionale dal decreto istitutivo, che i consultori nominati dal Governo sono designati in maggioranza (156 su 304 della composizione originaria) dai sei partiti del CLN, ma si tratta di una maggioranza di soli otto voti. Le 148 nomine governative garantiscono il recupero di legittimazione per la vecchia classe liberale, che sostiene la necessità di creare un contrappeso alla «dittatura» del governo provvisorio rappresentativo del Comitato di liberazione nazionale, ed esprimono in modo simbolico la continuità con le istituzioni liberali. Si inseriscono in questa logica le critiche, avanzate anche da parte liberale, alla «limitatezza» dei poteri della Consulta e i tentativi, a livello di regolamento interno, elaborato nel gennaio 1946, di ridisegnare i relativi poteri riconoscendo ai consultori il potere di presentare interrogazioni e interpellanze (non mozioni), iniziative di legge ed emendamenti agli schemi di provvedimento, su cui si è espresso dissenso, e di prevedere forme di autoconvocazione ditale organo. È la logica del riconoscimento di una funzione collaborativa, ma anche correttiva che il nuovo organo viene così posto in grado di svolgere nei confronti del Governo, titolare esclusivo di ogni potere decisionale, alla quale si oppongono, con parziale successo, i socialisti e gli altri partiti di massa, che non vogliono che la Consulta possa apparire come un surrogato del Parlamento o dell Assemblea Costituente 26. di governo e diritti di libertà nel periodo costituzionale provvisorio, in La fondazione della Repubblica: dalla Costituzione provvisoria alla Assemblea costituente, a cura di E. Cheli, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 31 s., spec Così l intervento di Sandro Pertini in Atti della Consulta Nazionale, 10 gennaio 1946, p

16 IL FILANGIERI 1/2005 La Consulta opera per pochi mesi, ma la sua attività finisce per avere un peso politico non secondario. In concreto la Consulta, che si riunisce tra il 25 settembre 1945 e il 1 giugno 1946, non ha poteri per condizionare in modo decisivo l attività dei governi che si succedono in quei mesi guidati prima da Ferruccio Parri poi da Alcide De Gasperi ma diventa il luogo istituzionale in cui i vari partiti affrontano complesse questioni di rilievo politico-istituzionale, quali quelle delle leggi destinate a regolare le elezioni degli enti locali e dell Assemblea Costituente. In particolare, la discussione sulla legge elettorale per la Costituente, che avviene in seno ad una commissione speciale istituita nell ambito della Consulta e poi nell assemblea plenaria, è occasione per sciogliere nodi intorno a cui si cerca un compromesso organico: primo fra tutti, quello dei poteri e limiti dell Assemblea da eleggere, con sullo sfondo l alternativa che si va delineando, sulla scorta della già ricordata intervista di Umberto e anche per evitare la probabile spaccatura in Assemblea costituente della DC, di affidare la risoluzione della «questione istituzionale» ad un referendum popolare. Appunto all interno del decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74, legge elettorale per l Assemblea Costituente, si opta per il sistema proporzionale, con la motivazione della «specialità» dell Assemblea Costituente, si elimina l obbligatorietà giuridica del voto (sopprimendo le sanzioni originariamente previste), si garantisce la piena libertà degli elettori di scegliere i candidati eliminando il «quorum di efficienza» (ossia il rapporto voti di preferenza-voti di lista necessario a far prevalere le preferenze rispetto all ordine prestabilito dei candidati). È la prima parte del compromesso più generale poi raggiunto, pochi giorni dopo, con il decreto legislativo luogotenenziale 18 marzo 1946, n. 98, noto come «seconda Costituzione provvisoria». 4. I Governi Parri e De Gasperi e la seconda Costituzione provvisoria. Il decreto legislativo n. 98 del 1946, dal punto di vista formale, si limita ad integrare e a modificare il decreto-legge luogo- 124

17 CARMELA DECARO tenenziale n. 151 del 1944, cosicché non vi è alcuna norma di legittimazione che rinvii a successiva «ratifica», rimanendo valida la clausola di conversione futura contenuta nella prima Costituzione provvisoria: in realtì l ordinamento costituzionale transitorio viene profondamente cambiato e rispecchia il mutamento politico nel frattempo intervenuto. Il Governo guidato dall azionista Ferruccio Parri, insediatosi il 21 giugno 1945 dopo la liberazione, aveva destato grandi speranze di rinnovamento. Il grande prestigio del presidente del Consiglio uno dei massimi capi della Resistenza sembra una garanzia per il successo del «vento del nord» evocato da Nenni. Ma le speranze hanno vita breve. Comincia il riflusso politico, segnato dalla nascita di movimenti come l «Uomo qualunque», in aperta polemica con il sistema del Comitato di liberazione nazionale. La nomina di Alcide De Gasperi a successore di Parri, il 10 dicembre 1945, inaugura la lunghissima serie di governi a guida democristiana, mentre il PCI punta essenzialmente alla collaborazione fra i partiti e ad una politica di unità nazionale mediante un atteggiamento moderato che gli consente di restare fra i protagonisti del gioco. Se la prima Costituzione provvisoria, espressione della forza «rivoluzionaria» del Comitato di liberazione nazionale, sanciva la tregua in vista della decisione sulle forme istituzionali da realizzare seguendo le regole stabilite dallo stesso Comitato di liberazione nazionale (l Assemblea «a tal fine eletta»), la seconda Costituzione provvisoria registra l esaurimento della forza politica dell originario organismo costituente, in corrispondenza con le trasformazioni profonde intervenute nella situazione politica, e confermate dalla nomina di un esponente DC alla guida del Governo. La fine della guerra, l insuccesso del Governo Parri, il venir meno del principio dell unanimità nelle decisioni del Comitato di liberazione nazionale, l ascesa di De Gasperi stabilizzano i rapporti politici sottostanti e portano alla definizione di nuove regole, prima fra tutte il referendum istituzionale, da svolgersi 125

18 IL FILANGIERI 1/2005 contemporaneamente alle elezioni per l Assemblea Costituente (art. 1). Inoltre, anticipando soluzioni che saranno fatte proprie dall Assemblea Costituente, i rapporti fra i supremi organi dello Stato sono disciplinati secondo il modello del governo parlamentare, in cui il capo dello Stato affida l incarico per la formazione del governo che è legato all Assemblea dal rapporto di fiducia (artt. 2, 3, 5). Viene sciolto così, ed indipendentemente dall eventuale forma istituzionale che sarà adottata Monarchia o Repubblica, il doppio legame fiduciario con il Capo dello Stato e con la Camera, che aveva caratterizzato la vita dei governi in regime statutario. Il modello parlamentare non si riflette però sull esercizio del potere legislativo: i poteri dell Assemblea Costituente sono limitati all approvazione della Costituzione e a poche altre leggi ordinarie, a garanzia della funzionalità e del non appesantimento dei suoi lavori. Sicché il potere legislativo «resta delegato» al Governo, salva la materia costituzionale e ad eccezione delle leggi elettorali e di quelle di approvazione dei trattati internazionali. Il Governo può, peraltro, sottoporre all esame dell Assemblea Costituente qualunque argomento per il quale ritenga opportuna la sua deliberazione. In realtà, l uso atipico di una delega che il Governo si autoattribuisce e la novità (rispetto ai decreti legislativi luogotenenziali previsti dalla prima Costituzione provvisoria) del rinvio dei provvedimenti legislativi nel frattempo adottati dal Governo ad una «ratifica» da parte del nuovo Parlamento (art. 6), come una sorta di legalizzazione postuma, ridimensionano la forza politica dell Assemblea Costituente. La soluzione adottata in Assemblea Costituente, in esito a un intenso dibattito sui propri poteri 27, allo scopo di bilanciare lo squilibrio così determinatosi a favore del Governo, è 27 Per un accurata ricostruzione del dibattito cfr. G.U. RESCIGNO, La discussione nella Assemblea Costituente del 1946 intorno ai suoi poteri, ovvero del potere costituente, delle assemblee costituenti dei processi costituenti, in Diritto pubblico, 1996, p. 1 s. 126

19 CARMELA DECARO minimale e non incide sulla sostanziale iniziativa dell esecutivo: viene infatti approvata una norma nel regolamento dell Assemblea Costituente che per il resto riadotta quello della Camera dei deputati statutaria che trasforma la facoltà del governo di invio all Assemblea in obbligo di trasmissione di tutti i disegni di legge, ad eccezione di quelli di urgenza, a quattro commissioni competenti per materia che esaminano tali disegni e comunicano al governo quelli che per la loro rilevanza tecnica o politica devono essere deliberati dall Assemblea Il «governo di gabinetto» nella seconda (e nella terza) Costituzione provvisoria. Più che un sistema parlamentare, la seconda Costituzione provvisoria introduce dunque un forte «governo di gabinetto», la cui legittimità politica deriva dall accordo di tutti i partiti del Comitato di liberazione nazionale: al Governo viene riconosciuto un ruolo decisionale quasi esclusivo, per tutto il periodo dell Assemblea Costituente e fino alla convocazione del nuovo Parlamento, negli importanti interventi economici e riformatori imposti dalla ricostruzione. Quando però la solidarietà tra i partiti del Comitato di liberazione nazionale si rompe il 13 maggio 1947, con la fine del terzo governo De Gasperi, i pericoli negli equilibri istituzionali derivanti dalla concentrazione del potere legislativo nell esecutivo a danno dell Assemblea Costituente si fanno più evidenti e degenerano dopo l entrata in vigore della Costituzione il 1 gennaio 1948 e fino all elezione e alla convocazione delle nuove Camere (rispettivamente, il 18 aprile e l 8 maggio 1948) in una 28 Sul punto, cfr. ampiamente C. FIUMANÒ-R. ROMBOLI, L Assemblea Costituente e l attività di legislazione ordinaria, in La fondazione della Repubblica, cit., p. 381 s. Nel senso che per effetto dei rapporti fra governo e assemblea delineati da questa modifica regolamentare «si è venuta a realizzare una nuova fase dell assetto provvisorio nel periodo della Costituente» cfr. C. MORTATI, L ordinamento della funzione legislativa fra l entrata in vigore della Costituzione e la convocazione del nuovo Parlamento (1948), ora in ID., Raccolta di scritti I, cit., p. 543 s., spec

20 IL FILANGIERI 1/2005 prassi ancora più grave di esclusivo monopolio legislativo del Consiglio dei ministri. Va sottolineato, tuttavia, il forte senso di responsabilità del presidente del Consiglio. De Gasperi non approfitta di questa situazione eccezionale, neanche nella fase più aspra del confronto politico che coincide con la campagna elettorale per il voto del 18 aprile Come non utilizzerà della schiacciante vittoria elettorale della DC per un governo monocolore che sarebbe stato sostenuto alla Camera (ma non al Senato, composto da molti membri «di diritto» ai sensi della III disposizione transitoria e finale della Costituzione) dalla maggioranza assoluta dei componenti. È lo stesso De Gasperi a cercare la collaborazione dei partiti laici di centro, liberale, repubblicano e socialdemocratico, e a portarli nel governo. Fra l entrata in vigore della Costituzione e l elezione delle nuove Camere si verifica tuttavia una violazione della XVII disposizione transitoria della Costituzione, ossia delle norme che garantiscono in quest ultima fase transitoria l equilibrio dei rapporti fra il Governo e Assemblea Costituente 29. L attività legislativa è peraltro, in questa fase, esercitata esclusivamente dal Consiglio dei ministri. Questa conclusione si ricava in base alla XV disposizione transitoria, che, convertendo in legge il decreto-legge luogotenenziale n. 151 del 1944 (erroneamente citato come decreto legislativo) 30, è interpretata nel 29 Nella XVII disposizione transitoria il contenuto del decreto legislativo luogotenenziale n. 98 del 1946 è riproposto quasi integralmente e rappresenta una sorta di «terza Costituzione provvisoria», destinata a «novare la fonte di legittimazione dei poteri del governo provvisorio» ed a sostituire i precedenti decreti n. 151 del 1944 e n. 98 del In questo senso, cfr. C. MORTATI, L ordinamento della funzione legislativa, cit., p. 561 s. 30 Cfr., sul punto, R. ROMBOLI, Commento alla XV disposizione transitoria e finale, in Commentario alla Costituzione, fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, Bologna-Roma, Zanichelli-Il foro italiano, 1995, p, 230 s., il quale, dopo aver rilevato che si tratta di espressione «evidentemente inesatta», avanza l ipotesi che l on. Mortati, proponente dell emendamento da cui la disposizione deriva, «si era dichiarato contrario all impiego del decreto legge per la emanazione della prima Costituzione provvisoria, in quanto manifestazione di continuità tra il vecchio ed il nuovo ordinamento». 128

21 CARMELA DECARO senso di conferma dell esclusività del potere legislativo in capo al Governo, secondo quanto previsto dall art. 4 di quel decreto; e in base alla XVII disposizione transitoria che, modificando il precedente ordinamento provvisorio, è interpretata nel senso di escludere il capo dello Stato dalla partecipazione alla formazione della volontà legislativa, affidata pertanto al solo Consiglio dei ministri 31. La «forzatura» nell interpretazione della terza Costituzione provvisoria, interessante da ricordare per questa «arbitraria» preferenza della prima Costituzione provvisoria rispetto alla seconda 32, è ormai storia della Repubblica italiana e corrisponde alla stabilizzazione dei rapporti politici sulla base di due schieramenti contrapposti, in un contesto istituzionale e internazionale definito. 6. Conclusioni: tra rottura e continuità. Tornando, invece, alle novità dell ordinamento provvisorio e utilizzando la chiave di lettura della continuità fra gli ordinamenti tradizionalmente usata nel giudizio sulle prime due Costituzioni, è opportuno distinguere i due parametri ditale continuità, da un lato lo Statuto e dall altro la Costituzione repubblicana, e i vari piani rispetto ai quali valutare conclusivamente la continuità stessa dei rapporti fra i supremi organi dello Stato, dei rapporti fra Stato e cittadino e dei modelli organizzativi dell attività statale. Come si è visto, le due Costituzioni provvisorie disciplinano il primo di questi temi, quello della forma di governo, ed è evidente la rottura con lo Statuto ed il farsi di un potere costituente che, fondando la propria legittimazione sul principio della sovranità popolare e sul ruolo dei partiti politici, anticipa elementi poi definitivamente sanciti dalla Costituzione repubblicana. 31 Criticamente, su tale interpretazione, prevalsa nella prassi, cfr. P. CARETTI, Forme di governo e diritti di libertà nel periodo costituzionale provvisorio, cit., p. 81 s. 32 Cfr. ampiamente C. MORTATI, L ordinamento della funzione legislativa, cit., p. 554 s. 129

22 IL FILANGIERI 1/2005 Anche l analisi delle misure legislative adottate in materia di diritti di libertà, con l eliminazione degli elementi più antidemocratici e repressivi della legislazione fascista 33, conferma come sul piano della Costituzione materiale si vada affermando, in questo periodo, una «materia costituzionale» garantita da un «grado di resistenza» superiore, un nucleo di principi, profondamente innovativi rispetto all esperienza statutaria, sì da cogliere anche in questo campo una continuità tra sistema costituzionale provvisorio e sistema costituzionale repubblicano 34. È invece sul piano degli apparati e dei modelli organizzativi dell amministrazione statale che il passaggio dal regime autoritario a quello democratico segna la ripresa del mito liberale per cui le strutture amministrative «sono macchine senza politica e fuori della storia» 35 : sicché tornano i concetti tradizionali dell imparzialità e neutralità dell amministrazione garantita dalla riserva di legge contro le invasioni dell esecutivo. Nell ordinamento provvisorio viene conservato l alto numero di ministeri (che garantiscono ai vari partiti luoghi di esercizio del potere) e le ipotesi avanzate per modelli dipartimentali vengono del tutto trascurate 36. Continuità e rottura: una contraddizione che nasce nelle complesse vicende di quegli anni e che continuerà a pesare a lungo sulla storia della Repubblica, con esiti a volte paradossalmente fecondi, ma anche con mitologie che quasi sessant anni dopo si ripropongono. 33 Cfr., in proposito, le indagini svolte da P. CARETTI, Forme di governo e diritti di libertà nel periodo costituzionale provvisorio, cit., p. 109 s. e da M. FLORES, Governo e potere nel periodo transitorio, in AA. VV., Gli anni della Costituente. Strategie dei governi e delle classi sociali, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 1 s. 34 Cfr. P. CARETTI, Forme di governo e diritti di libertà nel periodo costituzionale provvisorio, cit., p. 67 s. 35 Cfr. S. CASSESE, La costruzione del diritto amministrativo, in ID. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. I Diritto amministrativo generale, Milano, Giuffrè, 2000, p. 1 s. 36 Cfr. C. PAVONE, La continuità dello Stato. Istituzioni e uomini (1974), ora in ID., Alle origini della Repubblica. Scritti su fascismo, antifascismo e continuità dello Stato, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, p. 70 s. e G. MELIS, Storia dell amministrazione italiana, , Bologna, Il Mulino, 1996, p. 414 s. 130

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