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1 INSEGNAMENTO DI STORIA DELLA FILOSOFIA LEZIONE IX L IDEALISMO TEDESCO PROF. LINDA DI LIETO

2 Indice 1 Verso l idealismo Fichte, ogni io pone se stesso Schelling, la materia è vita che dorme Hegel, ogni cosa si afferma, si nega, si supera Destra e sinistra hegeliana di 2

3 1 Verso l idealismo La parola idealismo presenta una varietà di significati. Nel linguaggio comune si denomina idealista colui che è attratto da determinati ideali o valori etici, religiosi, politici ecc. e che sacrifica per essi la propria vita. In filosofia, invece, si parla di idealismo a proposito di quelle visioni del mondo, come ad esempio il platonismo e il cristianesimo, che privilegiano la dimensione ideale rispetto a quella materiale e che affermano il carattere spirituale della realtà vera. In questo senso il termine idealismo viene introdotto nel linguaggio filosofico verso la metà del Seicento e viene usato in riferimento al platonismo e alla sua teoria delle idee, ma questa accezione di idealismo non ha avuto molta fortuna. Infatti, in filosofia, la parola idealismo è usata prevalentemente per alludere: 1) alle varie forme di idealismo gnoseologico; 2) all idealismo romantico o assoluto. Per idealismo gnoseologico si intendono tutte quelle posizioni di pensiero che finiscono per ridurre l oggetto della conoscenza a idea o rappresentazione. Nel secondo senso, l idealismo costituisce il nome della grande corrente filosofica postkantiana che si originò in Germania nel periodo romantico e che ha avuto numerose ramificazioni nella filosofia moderna e contemporanea di tutti i paesi. Dai suoi stessi fondatori, Fichte e Schelling, questo idealismo fu chiamato «trascendentale» o «soggettivo» o «assoluto».l aggettivo trascendentale tende a collegarlo con il punto di vista kantiano, che aveva fatto dell io penso il principio fondamentale della conoscenza. La qualifica di soggettivo tende a contrapporre questo idealismo al punto di vista di Spinoza, che aveva ridotto la realtà a un principio unico, la Sostanza, ma aveva inteso la Sostanza stessa in termini di oggetto o di natura. Infine, l aggettivo assoluto mira a sottolineare la tesi che l io o lo spirito è il principio unico di tutto e che fuori di esso non c è nulla; questa affermazione è la chiave dell idealismo romantico. Mentre in Kant l io era qualcosa di finito, in quanto non creava la realtà, ma si limitava a ordinarla secondo forme a priori, Fichte, spostando il discorso dal piano gnoseologico (o di 3 di 3

4 dottrina del conoscere) al piano metafisico (o di dottrina dell essere), abolisce lo spettro della cosa in sé, ovvero la nozione di qualsivoglia realtà estranea all io, che in tal modo diviene un entità creatrice (= fonte di tutto ciò che esiste) e infinita (= priva di limiti esterni). Da ciò la tesi tipica dell idealismo tedesco, secondo cui «tutto è spirito». Con il termine spirito, Fichte intende, la realtà umana considerata come attività conoscitiva e pratica e come libertà creatrice. Di conseguenza mentre le filosofie naturalistiche e materialistiche avevano sempre concepito la natura come causa dello spirito, asserendo che l uomo è un prodotto o un effetto di essa, Fichte, capovolgendo tale prospettiva, dichiara che è piuttosto lo spirito a essere causa della natura, poiché quest ultima esiste solo per l io e in funzione dell io, essendo semplicemente il materiale o la scena della sua attività. Secondo l interpretazione idealistica è il filosofo idealista che dopo una lunga ricerca si rende conto che la chiave di spiegazione di ciò che esiste, vanamente cercata dai filosofi fuori dall uomo, si trova invece nell uomo stesso, ovvero nello spirito. Ma se l uomo è la ragione d essere e lo scopo dell universo vuol dire che egli coincide con l assoluto e con l infinito, cioè con Dio stesso. Per cui con l idealismo ci troviamo di fronte, per la prima volta nella storia del pensiero, a una forma di panteismo spiritualistico (= Dio è lo spirito operante nel mondo, cioè l uomo), che si distingue sia dal panteismo naturalistico (= Dio è la natura), sia dal trascendentismo di tipo ebraico e cristiano (= Dio è una Persona esistente fuori dell universo). Come tale, l idealismo è anche una forma di monismo dialettico (= esiste un unica sostanza: lo spirito, inteso come realtà positiva realizzante se medesimo attraverso il negativo: la natura, il non-io ecc.). Pur essendo d accordo sull interpretazione della realtà mediante le categorie di spirito e di infinito, gli idealisti (Fichte, Schelling ed Hegel) si differenziano tra di loro per la specifica maniera di intendere l infinito e i suoi rapporti con il finito. Inoltre Fichte e Schelling, a un certo sviluppo del loro pensiero, si allontanano, almeno in parte, dalle originarie tesi idealistiche, elaborando dei nuovi organismi sistematici che pervengono talora ad un recupero di schemi della tradizione metafisica. L incarnazione più tipica dell idealismo tedesco è invece rappresentata da Hegel. 4 di 4

5 2 Fichte, ogni io pone se stesso FICHTE ( ) filosofo, di origini contadine. Compì i suoi studi di teologia a Jena e a Lipsia lottando con la miseria. Fece poi il precettore in case private. Nel 1790 venne per la prima volta in contatto con la filosofia di Kant che decise della sua formazione filosofica, rivelandogli un nuovo mondo diverso da quello della necessità, il mondo della morale, del dovere, della libertà. L influenza kantiana si può scorgere nel primo periodo della sua attività letteraria: periodo al quale appartengono il Saggio di una critica di ogni rivelazione (1793), La Rivendicazione della libertà di pensiero (1793), il Contributo per rettificare il giudizio del pubblico sulla Rivoluzione Francese (1793). Il Saggio di una critica di ogni rivelazione è scritto interamente nello spirito kantiano. La rivelazione è possibile, ma non è dimostrabile, e può quindi solo essere oggetto di una fede, che tuttavia non deve mai mancare a nessuno. Le opere a cui è dovuta l importanza storica della sua speculazione sono: Dottrina della scienza (1794) Dottrina del diritto (1796), e Dottrina della morale (1798). Tra il 1807 e il 1808 scrive i Discorsi alla nazione tedesca, nei quali sostiene il primato della Germania e ne auspica la resurrezione politica e morale, attraverso una grande opera di educazione della gioventù. Il punto di partenza e il tema fondamentale della meditazione fichtiana è costruire un edificio sistematico che abbia come fondamento un principio di libertà. Il corso storico, la vita politica, la vita individuale tendono e devono tendere verso la realizzazione di una sempre maggiore libertà, contro il meccanicismo, la passività, la ripetizione. Aderire alla filosofia ficthiana non è soltanto il risultato di una riflessione, ma è essenzialmente una scelta, che ha origine in un atto di fede, la fede nell autonomia e nella libertà dell uomo. Per dare un fondamento speculativo a queste esigenze, Fichte si serve di un metodo che pretende di andare più a fondo di quello di Kant il quale si limitava a constatare e analizzare, mentre Fichte costruisce o piuttosto descrive una genesi ideale. Il problema è ricondurre a un 5 di 5

6 principio unico di libertà ogni fenomeno, compresi quelli che si presentano con caratteri opposti ad esso. Questo principio di libertà è l Io, puro atto verso la cui realizzazione noi tendiamo. Se Kant aveva riconosciuto nell «io penso» il principio supremo di tutta la conoscenza, ma l io penso è un atto di autodeterminazione esistenziale che suppone già data l esistenza; è quindi attività, ma attività limitata e il suo limite è costituito dall intuizione sensibile. Per Fichte se l io è l unico principio non solo formale ma anche materiale del conoscere, se alla sua attività è dovuto non solo il pensiero della realtà oggettiva, ma questa realtà stessa nel suo contenuto materiale, è evidente che l io è non solo finito, ma infinito. Nella Dottrina della scienza (1794) Fichte propone una veste scientifica al criticismo kantiano attraverso l affermazione della libertà come principio stesso del sapere. Egli, infatti, capovolge il rapporto tradizionale tra logica e filosofia, nel senso che non è più la logica a fondare la filosofia, ma la dottrina della scienza a dar conto delle possibilità della logica. Le leggi aristoteliche della logica non sono incondizionate, perché è vero che A=A, ma solo a patto che A sia posto. Infatti, A, ossia qualunque contenuto del pensiero, non può porre sé stesso come soggetto e oggetto di pensiero. La logica, come studio delle leggi del pensiero, è condizionata dalla dottrina della scienza come scoperta delle attività di pensiero nel suo porsi come identità (Io puro) opposta a sé stessa (Non-io). Tale rapporto è una condizione necessaria e sufficiente per spiegare la molteplicità e il divenire del mondo superando il kantiano dualismo tra fenomeno e noumeno. L Io-puro non va inteso in senso teologico (creazionista), ma gnoseologico, quale condizione del sapere che non si può mai cogliere al di fuori di esso. Centrale è l intuizione intellettuale, non come ricezione di un idea, ma processo attivo mediante cui il pensiero ha coscienza di sé e della cosa. Nella Dottrina della scienza (1794) Fichte espone la genesi ideale del mondo attraverso alcuni principi fondamentali. Il primo principio è l io pone se stesso, con questo principio Fichte chiarisce come il concetto di io in generale si identifichi con quello di un attività autocreatrice, infinita e assoluta. Il secondo principio è l io pone il non io, anche questo principio è assoluto, inderivabile dal primo, e rende ragione della necessità di un opposizione, di una resistenza, perché l io si 6 di 6

7 realizzi. Con ciò io e non-io sono in reciproco rapporto e si limitano reciprocamente. Di qui il terzo principio che mostra come l io avendo posti il non-io, si trovi ad essere limitato da esso, esattamente come quest ultimo risulta limitato dall io. In altri termini, con il terzo principio, perveniamo alla situazione concreta del mondo, nella quale abbiamo una molteplicità di oggetti a loro volta finiti. Poiché Fichte usa l aggettivo «divisibile» per denominare il molteplice e il finito, egli esprime il principio in questione con la seguente formula: «l io oppone nell io all io divisibile un non-io divisibile». abbiamo così raggiunto la coscienza empirica, la cui esperienza, sia in quel che ha di attivo, sia in quel che ha di passivo, ha la sua fonte ultima nell io puro. L esperienza dell io è duplice: teoretica e pratica. La prima è la presa di coscienza dell io attraverso la rappresentazione dell oggetto; questo avviene attraverso una serie di gradi della conoscenza, che varia dalla semplice sensazione, alle più alte speculazioni del filosofo, mediante una progressiva interiorizzazione dell oggetto, che alla fine si rivela opera del soggetto. Fichte denomina questo processo di graduale conquista dell oggetto «storia prammatica dello spirito umano», e lo articola in sensazioni, in intuizioni, in intelletto, in ragione, che rappresenta il massimo livello conoscitivo raggiungibile dal soggetto. Ma questa esigenza non può essere soddisfatta appieno, giacché se lo fosse, verrebbe meno la stessa esperienza teoretica, la quale presuppone l alterità dell oggetto e quindi l urto del soggetto nell oggetto. Questa esigenza di possesso completo dell oggetto è la meta ideale (destinata a rimanere tale) verso cui tende progressivamente l attività pratica. E tale è in generale il compito dell uomo morale, ma questo compito si attiva attraverso una serie di azioni particolari, a seconda della singole persone e delle circostanze. La particolarità dei doveri non è data dall impulso morale puro, ma dall unione di impulso morale e impulso naturale, l impulso naturale offre la materia dell azione, il morale puro la forma. Con ciò Fichte cerca di superare le difficoltà del formalismo Kantiano; comunque la sua morale è una morale dell autonomia spirituale. Farsi liberi e rendere liberi gli altri in vista della completa unificazione del genere umano è il senso dello Streben (sforzo) sociale dell io. Per realizzare adeguatamente questo scopo, si richiede, secondo Fichte una mobilitazione di coloro che ne possiedono la maggior consapevolezza teorica cioè dei «dotti». Infatti, sostiene, Fichte nelle Lezioni sulla missione del dotto (1794),gli intellettuali non devono essere degli individui isolati e chiusi nella torre della loro scienza, ma devono essere delle persone pubbliche e con precise responsabilità sociali. In 7 di 7

8 tutti gli uomini c è un sentimento del vero, che da solo non basta, e che deve essere sviluppato, saggiato, raffinato. In altri termini, il dotto, che per Fichte deve essere l uomo moralmente migliore del suo tempo, deve farsi maestro e educatore del genere umano. Questa è la proposta di fondo dell idealismo fichtiano, «il fine supremo di ogni singolo uomo, come della società tutta intera, e - per conseguenza - di tutta l operosità sociale del dotto è il perfezionamento morale di tutto l uomo». Strettamente connessa alla dottrina morale di Fichte è la sua dottrina politico giuridica. Il diritto è fondato sull autonomia della persona e sorge dall esigenza di garantire questa autonomia. Ma a ciò non bastano le volontà singole, occorre una volontà superiore che faccia propria l esigenza giuridica e le dia forza. Questa volontà è lo stato, la cui autorità si basa sul consenso dei singoli, secondo lo schema contrattualistico, ripreso da Fichte. Ma lo stato fichtiano non è semplicemente giuridico, ha anche una funzione etico-pedagogica, volta a promuovere la libertà dei cittadini. Non deve per esempio limitarsi a garantire il diritto di proprietà, ma deve fare in modo che tutti ne fruiscono. L azione dello stato. È però soltanto un mezzo per l attuazione della vita morale, sicché esso si estinguerebbe se la vita morale potesse realizzare la meta ideale a cui aspira, ma alla quale, come si è osservato, essa può solo progressivamente avvicinarsi. Si vuole parlare di una seconda fase della filosofia fichtiana, che si fa cominciare nel 1800, anno di pubblicazione della Missione dell uomo. In essa ritroviamo tutti gli elementi della precedente speculazione, ma con un mutamento di accenti e toni. Fichte si accosta a una forma di idealismo mistico-religioso, in cui il continuo tendere dello spirito verso una realizzazione destinata a non essere mai compiuta mette capo, infine, alla presupposizione di una realtà assoluta veramente perfetta e compiuta. In altri termini, l io puro diventa una sorte di assoluto, al di sopra dell io finito, beninteso è sempre l io finito che rivela e realizza questo assoluto, ma è l assoluto che è il primo, e la libertà, il sapere dei singoli gli sono subordinati. Fichte indulge a motivi religiosi, come quello della grazia o dell aspirazione all eterno, ripercorrendo itinerari neoplatonici; tuttavia i vecchi motivi della sua filosofia continuano a vivere, ma all interno di questo nuovo quadro. Fichte ha anche disegnato la traccia generale dello sviluppo della storia dell umanità, distinguendo due stadi fondamentali: uno è quello in cui la ragione è ancora incosciente, istintiva, ed è l età dell innocenza; l altro è quello in cui la ragione si possiede interamente e 8 di 8

9 domina liberamente, ed è l età della giustificazione e della santificazione,il kantiano «regno dei fini».l intero sviluppo della storia si muove tra queste due epoche ed è il prodotto dello sforzo della ragione di passare dalla determinazione dell istinto alla piena libertà. Le epoche della storia sono determinate, in modo puramente a priori e indipendentemente dall accadimento dei fatti storici, proprio da questo sforzo. La prima epoca è quella dell istinto,in cui la ragione governa la vita umana senza la partecipazione della volontà. La seconda epoca è quella dell autorità in cui l istinto della ragione si esprime in personalità potenti, in uomini superiori, che impongono con la costrizione la ragione a un umanità incapace di seguirla per conto suo. La terza epoca è quella della rivolta contro l autorità ed è la liberazione dall istinto, di cui l autorità stessa è un espressione. Sotto l impulso della riflessione si sveglia nell uomo il libero arbitrio; ma la sua prima manifestazione è negativa in quanto è un esaltazione dell individuo al di sopra di ogni legge e di ogni costrizione. La quarta epoca è quella in cui la riflessione riconosce la propria legge e il libero arbitrio accetta una disciplina universale, è l epoca della moralità. La quinta epoca è quella in cui la legge della ragione cessa di essere un semplice ideale per divenire interamente reale nell autentico regno di Dio. Le prime due epoche sono quelle del dominio cieco della ragione, le due ultime quelle del dominio veggente della ragione. In mezzo, è l epoca della liberazione, nella quale la ragione non è più cieca ma non è ancora cosciente. Secondo Fichte a quest epoca appunto appartiene l età presente, la quale ha dietro di se il dominio cieco della ragione ma non ha ancora raggiunto il dominio veggente della ragione stessa. Come progressivo realizzarsi della ragione nella sua libertà, la storia è lo sviluppo della coscienza o del sapere. Il sapere nella sua totalità e nell eternità del suo sviluppo è l immagine compiuta della potenza divina, ma per i singoli gradi di questo sviluppo Dio è inconcepibile, questa inconcepibilità condiziona l infinito progresso della storia, e la stessa esistenza nel tempo sembra essere accidentale. In realtà né nella storia né altrove c è nulla di accidentale ma tutto è necessario e la libertà dell uomo consiste nel riconoscere questa necessità. 9 di 9

10 3 Schelling, la materia è vita che dorme Friederich Wilhelm Joseph Schelling ( ) filosofo, studiò nel seminario teologico protestante di Tubinga, dove strinse amicizia con Hegel e Hölderlin e dove conseguì il titolo di magister. La produzione filosofica di Schelling, abbondantissima negli anni della gioventù (fini al 1804) in seguito fu assai scarsa. Gli scritti principali sono: Idee per una filosofia della natura (1798); Primo abbozzo di un sistema della filosofia della natura (1799); Sistema dell idealismo trascendentale (1800); Ricerche filosofiche sull essenza della libertà umana (1809). Dopo quest opera negli ultimi 45 anni della sua vita, Schelling non pubblicò che quattro brevi scritti. I corsi tenuti a Berlino e che rappresentano l ultima fase del suo pensiero, da Shelling stesso definita «positiva», furono pubblicati dal figlio dopo la sua morte nell opera Filosofia della mitologia e Filosofia della rivelazione. L interesse dominante di Schelling è rivolto alla natura e all arte e, in seguito, al problema metafisico-religioso. Gli studiosi tendono a distinguere alcuni momenti del suo filosofare: - L iniziale momento fichtiano ( ); - La fase della filosofia della natura ( ); - Il periodo dell idealismo trascendentale (1800); - Lo stadio della filosofia dell identità e della filosofia della libertà ( ); - La fase della filosofia positiva e della filosofia della religione. Schelling pur accettando in maniera entusiasta il fichtismo, cerca, fin dall inizio, di volgerlo alla difesa degli interessi che più gli stanno a cuore, ossia quelli naturalistico-estetici. Fin dal principio egli riporta l Io assoluto alla Sostanza di Spinoza: la sostanza di Spinoza è il principio dell infinità oggettiva, l Io di Fichte è il principio dell infinità soggettiva. Schelling vuole unire le due infinità nel concetto di un Assoluto che non è riducibile né al soggetto né all oggetto, perché deve essere il fondamento dell uno e dell altro, un assoluto che sia insieme oggetto e soggetto, ragione e natura. Mentre Fichte si rivolgeva alla natura solo per scorgervi il teatro dell azione morale o solo per dichiararla «un puro nulla», Schelling non sacrifica la realtà della natura e con essa 10 di 10

11 quella dell arte, che alla natura è strettamente congiunta. La natura, secondo Sghelling, ha vita, razionalità e quindi valore in se stessa. Tutto ciò conduce Shelling ad ammettere due possibili direzioni della ricerca filosofica: l una, la filosofia della natura, diretta a mostrare come la natura si risolva nello spirito, l altra la filosofia trascendentale, diretta a mostrare come lo spirito si risolva nella natura. Alla base di tale filosofia c è il rifiuto dei due tradizionali modelli esplicativi della natura: quello meccanicistico-scientifico da un lato, e quello finalistico-teologico dall altro. A questi due modelli Schelling contrappone il proprio organicismo finalistico e immanentistico, ossia uno schema secondo cui: ogni parte ha senso solo in relazione al tutto e alle altre parti (= organicismo); l universo non si riduce a una «miracolosa collisione di atomi», ma esso si manifesta in una finalità superiore (oggettiva e reale), che, tuttavia, non deriva da un intervento esterno, ma è interno alla natura stessa (= finalismo immanentustico). Essendo spirito, sia pure inconscio la natura presenta gli stessi caratteri di fondo che Fichte aveva attribuito all io. Essa è infatti un attività spontanea e creatrice, e non può fare a meno di polarizzarsi in due principi di base: l attrazione e la repulsione, sicché ogni prodotto naturale si origina da un azione e da una relazione e la natura agisce attraverso la lotta di forze opposte. Se queste forze si considerano già date nei corpi, la loro azione è condizionata o dalla quantità (massa) o dalla qualità dei corpi stessi, nel primo caso le forze operano meccanicamente, nel secondo chimicamente. Se la lotta fra le due forze opposte si considera nei rispetti del prodotto, sono possibili tre casi: che le forze siano in equilibrio e si hanno allora i corpi non viventi; che l equilibrio venga rotto e sia ristabilito, e si ha allora il fenomeno chimico; che l equilibrio non venga ristabilito e che la lotta delle forze sia permanente, e si ha allora la vita. Nel 1800 Schelling scrive il Sistema dell idealismo trascendentale, in tale opera si propone di delineare la filosofia dello spirito. Se la filosofia della natura parte dal realismo (dall oggetto, dal reale e dal materiale) per giungere all idealismo (al soggetto, all ideale e al formale), la filosofia dello spirito parte dall idealismo (dal soggetto, dall ideale e dal formale) per giungere al realismo (all oggetto, al reale e al materiale). Il punto di partenza della deduzione schellinghiana è l autocoscienza, ovvero la coscienza o il sapere che l io ha di se stesso. Secondo Schelling, nell autocoscienza esistono due attività: una reale e una ideale. L attività reale consiste nel fatto che l io, nel suo libero e infinito porsi, incontra il limite e risulta quindi limitabile. L attività ideale consiste nel fatto che l io, nel suo infinito intuirsi e autoprodursi, procede oltre ogni limite dato e risulta quindi illimitabile. 11 di 11

12 Ovviamente queste due attività si implicano a vicenda. Schelling traccia una sorte di storia filosofica dell io distinguendo tre «epoche» o fasi di sviluppo dell io. La prima epoca procede dalla sensazione all intuizione produttiva; la seconda epoca va dall intuizione produttiva alla riflessione; la terza epoca che va dalla riflessione alla volontà è quella in cui l io si coglie come volontà e spontaneità ovvero come intelligenza autodeterminatesi. In conclusione, l idealismo trascendentale di Schelling si configura come una sorte di anamnesi filosofica dell io. Come si è detto con la terza epoca lo spirito si pone come volontà che si concretizza nella morale, che accentua la libertà e la spontaneità dell agire, e nel diritto, che accentua il momento della legalità e della necessità. In questo modo nel mondo umano nasce un antitesi fra libertà e necessità. Una prima composizione dell antitesi è rappresentata dalla storia. Di fatti la storia è sintesi di libertà e necessità, poiché mentre gli uomini credono di operare liberamente, nasce in maniera inconscia, e in virtù di una forza superiore, che si presenta come destino o come natura, o come provvidenza, ciò che essi non si proponevano. In altri termini Schelling sostiene l esistenza di un disegno che si va attuando gradualmente nel tempo. In tutto questo, lo spirito e la natura continuano a configurarsi come due poli distinti, e per Schelling l unica maniera per risolvere questo nodo è di rintracciare un attività nella quale si armonizzano completamente spirito e natura, quest attività è l arte. Infatti Schelling ritiene che l arte si configuri come l organo di rivelazione dell assoluto nei suoi caratteri di infinità, libertà e necessità. Per Schelling nella creazione estetica si ripete il mistero stesso della creazione del mondo da parte dell assoluto. Con questa dottrina di Schelling l arte, per la prima volta nella storia della filosofia, assume un significato universale e totale. Per questo motivo l idealismo di Schelling, oltre ad essere oggettivo, per l importanza attribuita alla natura, è anche denominato estetico. Le Ricerche filosofiche sull essenza della libertà umana (1809), interrompono l attività letteraria di Schelling il quale si chiuse in uno sdegnoso mutismo, assistendo al trionfo di Hegel, che identificava la realtà con la ragione. Schelling ruppe il suo silenzio dopo tre anni dalla morte di Hegel, Schelling non era mai giunto a identificare il reale con il razionale, per lui questo procedimento era impossibile. Da ciò la distinzione fra una «filosofia negativa» fondata puramente sulla logica e sulla dimostrazione e volta a cogliere la possibilità o l essenza delle cose, ma incapace di attingere l esistente in quanto tale (cioè il reale), e una «filosofia positiva» che studia la realtà effettiva delle cose. Schelling negli ultimi anni elabora la filosofia positiva che ha come tema principale la filosofia della mitologia e della 12 di 12

13 rivelazione. La filosofia positiva si occupa di un Dio che è un Dio-persona che crea il mondo, si rivela e redime l uomo dalla sua caduta. 13 di 13

14 4 Hegel, ogni cosa si afferma, si nega, si supera Georg Wilhelm Friedrich Hegel ( ), seguì i corsi di filosofia e teologia all università di Tubinga, dove si legò di amicizia con Schelling e Hölderlin. Gli avvenimenti della Rivoluzione francese suscitarono in lui un grande entusiasmo ed esercitarono sul suo pensiero un influenza duratura. Con gli amici di Tubinga, piantò un albero della libertà e fu tra essi l oratore più acceso in difesa dei principi rivoluzionari della libertà e dell eguaglianza. Gli scritti giovanili comprendono la produzione letteraria dal 1793 al Essi rimasero inediti per tutto l Ottocento e la loro importanza per intendere la personalità di Hegel e il percorso di formazione della sua filosofia è stata messa in luce solo nel corso del Novecento. Gli scritti giovanili sono: Religione popolare e Cristianesimo; La vita di Gesù; Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino. In questi scritti l argomento dominante è teologico, ma è molto netta la connessione con la politica. Hegel studia un tema molto connesso con la Rivoluzione francese: il tema della rigenerazione morale e religiosa dell uomo come fondamento della rigenerazione politica. Hegel era convinto che si potesse realizzare una rivoluzione politica solo se basata su una rigenerazione della persona nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura. Per questo motivo negli scritti giovanili non è possibile distinguere il tema religioso da quello politico. Il primo scritto filosofico pubblicato da Hegel è la Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling (1801), nel quale Hegel si pronuncia in favore dell idealismo di Schelling che, in quanto soggettivo e oggettivo allo stesso tempo, gli appare come il vero e assoluto idealismo. La prima grande opera di Hegel è la Fenomenologia dello spirito (1807), nella cui prefazione egli dichiarava il suo distacco dalla dottrina di Schelling. Poi seguono Scienza della logica ( ), l Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) che è la più compiuta formulazione del suo sistema e Lineamenti di filosofia del diritto (1821). 14 di 14

15 Per poter comprendere il pensiero di Hegel, bisogna tenere presenti le tesi di fondo del suo idealismo che sono:1) la risoluzione del finito nell infinito; 2) l identità fra ragione e realtà; 3) la funzione giustificatrice della filosofia. Con la prima tesi Hegel intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte. Tale organismo, non avendo nulla al di fuori di sé e rappresentando la ragione d essere di ogni realtà, coincide con l assoluto e con l infinito, mentre i vari enti del mondo coincidono con il finito. Di conseguenza il finito, essendo tale, non esiste, perché ciò che noi chiamiamo finito non è altro che un espressione parziale dell infinito., è un momento necessario dell infinito. In altri termini: il finito, in quanto reale, non è tale, ma è lo stesso infinito. L hegelismo si configura come una forma di monismo panteistico, cioè come una teoria che vede nel mondo (= finito) la manifestazione di Dio (= infinito). Hegel identifica l assoluto con un soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste è momento di realizzazione, quindi per Hegel la realtà non è qualcosa di immutabile e di già dato (come per Spinoza), ma un processo di auto-produzione che soltanto alla fine, cioè con l uomo e le sue attività più alte (arte, religione e filosofia) giunge a rivelarsi per quello che è veramente. Il soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene chiamato da Hegel «idea» o «ragione», intendendo con queste espressioni l identità di ragione e realtà. Da ciò il noto aforismo, contenuto, nella Prefazione ai lineamenti di filosofia del diritto: «ciò che è razionale, è reale, ciò che è reale è razionale». Con la prima parte della formula, Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità, dover essere, ma la sostanza stessa di ciò che esiste, poiché la ragione governa il mondo e lo costituisce. Viceversa, con la seconda parte della formula, Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (l idea o la ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nell uomo. Con questo aforisma, Hegel esprime la necessaria, totale e sostanziale identità di realtà e ragione. Tale identità implica anche l identità fra essere e dover essere, in quanto ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere. Hegel ritiene che la realtà costituisca una totalità processuale necessaria, formata da una serie di momenti, che rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli seguenti. Coerentemente con il suo orizzonte teorico, fondato sulle categorie di totalità e 15 di 15

16 di necessità, Hegel afferma che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono. Hegel ritiene che il farsi dinamico dell Assoluto passi attraverso i tre momenti dell idea «in sé e per sè» (tesi), dell idea «fuori di sè» (antitesi) e dell idea che «ritorna in sè» (sintesi). L idea «in sé e per sè» o idea «pura»è l idea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua concreta realizzazione nel mondo. L idea, secondo un noto paragone di Hegel, è assimilabile a Dio «prima della creazione della natura e di uno spirito finito». L idea «fuori di sè» o idea «nel suo essere altro» è la natura, cioè l alienazione dell idea nella realtà spazio-temporale del mondo. L idea che «ritorna in sè» è lo spirito, cioè l idea che dopo essersi fatta natura torna «presso di sé» nell uomo. Questa triade non è da intendersi in senso cronologico, come se prima ci fosse l idea in sé e per sé, poi la natura e infine lo spirito ma in senso ideale. Infatti ciò che esiste concretamente nella realtà è lo spirito ( la sintesi ), il quale ha come sua esterna condizione la natura (l antitesi) e come suo interno presupposto il programma logico rappresentato dall idea pura (la tesi). A questi tre momenti strutturali dell Assoluto Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: 1) La Logica che è la scienza dell idea in se e per se, cioè l idea considerata nel suo essere implicito (= in sé) e nel suo graduale esplicarsi (= per se) ma a prescindere dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito. La logica si divide in tre grandi parti, la logica dell essere, dell essenza e del concetto; a loro volta le due prime parti costituiscono la logica oggettiva, mentre la terza la logica soggettiva. Nelle due prime parti, infatti, vengono considerate quelle nozioni che costituiscono l ossatura del pensiero metafisico e scientifico (dalle nozioni astratte come l essere, il nulla, il divenire, a quelle della qualità e della quantità, ecc.). nella terza parte soltanto vengono affrontate le nozioni centrali della logica (concetto, giudizio e sillogismo), sottraendole alle tradizionali definizioni e considerandole come momenti di un processo attraverso il quale il concetto si divarica nel giudizio e si recupera, arricchito e realizzato, nel sillogismo che esprime la legge stessa della realtà. 2) la filosofia della natura, che è «la scienza dell idea del suo alienare da se». La natura rappresenta per Hegel, l estraniarsi dell idea da se stessa, il momento della sua dispersione e frantumazione che prelude e condiziona il suo ritrovarsi nello spirito. Hegel si oppone alle tendenze volte a divinizzare la natura o a considerarla come manifestazione privilegiata dello 16 di 16

17 spirito poiché, al contrario, la caratteristica della natura è la sua impotenza a realizzare pienamente il concetto. La filosofia della natura si divide in tre grandi parti che studiano la crescente complessità delle diverse forme o dei diversi ordinamenti della natura nel loro rapporto dialettico. Anzitutto la «meccanica» che studia la natura nella sua esteriorità ( rapporti spazio temporali, attrazione e repulsione, gravitazione ); in secondo luogo la«fisica», che studia al natura in quanto «si strappa alla gravità» e assume una propria unità interna (processi magnetici, elettrici e chimici)e, infine «l organica», che dalla natura geologica giunge alla vita vegetale e animale 3) la filosofia dello spirito che è «la scienza dell idea, che dal suo alienamento ritorna in sè». Anche la filosofia dello spirito è articolata in tre momenti, quello dello spirito soggettivo, oggettivo e assoluto. La filosofia dello spirito soggettivo considera le diverse forme di vita e attività dello spirito, da quelle più elementari della sensazione, a quelle più elevate di intelligenza e di volontà: anche qui come già nella logica, si tratta però di uno studio dialettico, per cui quelle che nella tradizione filosofica erano state considerate come «facoltà» isolate, vengono invece considerate come momenti di uno sviluppo unitario che muove dalle zone più profonde e oscure della vita dell anima e, attraverso il linguaggio, tende alle forme più alte di sapere (antropologia, fenomenologia, psicologia). Nello spirito oggettivo invece vengono studiate le forme in cui lo Spirito si realizza come in una «seconda natura», ossia nel mondo della storia e delle istituzioni, anche qui secondo uno schema triadico per cui dal diritto astratto, come insieme di norme che regolano la vita delle persone e i loro rapporti di proprietà, si passa alla morale come momento dell universalità etica, per giungere all eticità quale sintesi di diritto e di morale che si articola a sua volta nei tre momenti della famiglia, della società civile e dello stato. Il processo dello spirito oggettivo ripercorre in sostanza la storia stessa. In esso è possibile ravvisare l attuarsi di un disegno razionale di progressiva realizzazione della libertà del mondo orientale, dove uno solo è libero, a quello greco dove si realizza la libertà di alcuni nella forma etico-estetica della vita della polis, alla libertà universale astratta del mondo romano con la sua affermazione del diritto, fino al mondo cristiano-germanico, che pone il principio della libertà universale come libertà interiore e viceversa. La storia appare così come un vera «teodicea» ossia una giustificazione di quel disegno divino di liberazione dello spirito che tocca poi alle filosofie comprendere concettualmente quale spirito assoluto che coglie quel disegno, nella forma dell arte mediante 17 di 17

18 l intuizione e nelle sue configurazioni sensibili, nella forma della religione con la rappresentazione, e nella forma della filosofia attraverso la conoscenza intellettuale. Come si è detto, l Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire è la dialettica, che rappresenta, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realtà e la legge (logica) di comprensione della realtà. Globalmente e sinteticamente considerata, la dialettica consiste: 1) nell affermazione o posizione di un concetto «astratto e limitato» che funge da tesi; 2) nella negazione di questo concetto come alcunché di limitato e di finito e nel passaggio a un concetto opposto, che funge da antitesi; 3) nell unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi comprensiva di entrambe. Sintesi che si configura come una riaffermazione potenziata dell affermazione iniziale(tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia (antitesi). Hegel denomina questi tre momenti, rispettivamente «astratto o intellettuale», «dialettico o negativo - razionale», «speculativo o positivo-razionale». 18 di 18

19 5 Destra e sinistra hegeliana Alla morte di Hegel (1831) i suoi numerosi discepoli continuarono a ispirare la cultura filosofica tedesca, nonostante le sempre più marcate divisioni esistenti fra i vecchi hegeliani (la generazione più anziana, composta per la maggior parte dagli editori delle opere del filosofo) e i giovani hegeliani (la generazione più giovane, composta da coloro che erano nati dopo 1800). Nel 1837 David Strauss designava queste due correnti, con termini desunti dalle consuetudini del Parlamento francese, come Destra e Sinistra hegeliana. La spaccatura della scuola fu dovuta al diverso atteggiamento assunto dai discepoli di fronte alla religione e alla politica. La dottrina di Hegel risultava manifestamente ambigua. Infatti, egli aveva affermato che religione e filosofia esprimono un medesimo contenuto in due forme distinte, in quanto la prima esprime quel contenuto nella forma della «rappresentazione» e la seconda nella forma del «concetto». Ovviamente, una dottrina di questo tipo poteva dar luogo a due antitetiche impostazioni. La prima era proprio di coloro che insistevano sull identità di contenuto fra rappresentazione e concetto e che concepivano la filosofia come conservazione della religione. La seconda era propria di coloro che insistevano sulla diversità di forma fra rappresentazione e concetto e che concepivano la filosofia come distruzione della religione. La prima posizione prese corpo nella Destra, rappresentata soprattutto da Karl Friedrich Göschel ( ), Kasimir Conradi ( ) e Georg Andreas Gabler ( ) la quale finì per configurarsi come una sorta di scolastica dell hegelismo, volta a utilizzare la ragione hegeliana allo stesso modo in cui la scolastica medievale aveva utilizzato la ragione aristotelica: cioè al fine di una giustificazione razionale delle credenze religiose. Ovviamente, la Destra potè adempiere il suo compito solo al patto di adattare d Idealismo alle tesi madri del Cristianesimo: esistenza di un Dio trascendente, immortalità personale ecc. La seconda posizione prese corpo nella Sinistra, la quale, sostenendo l inconciliabilità fra dogma e verità speculativa, finì per fare della filosofia uno strumento di contestazione razione della religione. La spaccatura ebbe anche motivazioni e significati politici. Infatti la destra sostenne l identità ontologica fra realtà e ragione e assunse quindi un atteggiamento giustificazionistico e conservatore nei confronti dell esistente. Viceversa, la Sinistra, meno attaccata alla lettera dei testi hegeliani, interpretò il pensiero del maestro in modo dinamico e rivoluzionario, affermando che il mondo costituisce un processo in cui ciò che sussiste, autosuperandosi incessantemente, è chiamato a farsi razionale. 19 di 19

20 In tal modo, la Sinistra, ammettendo che non tutto ciò che esiste di fatto è razionale (e quindi genuinamente reale ), finiva per concepire la filosofia come critica dell esistente, ovvero come un progetto di trasformazione rivoluzionaria delle istituzioni politiche contemporanee. La Destra hegeliana ebbe limitata incidenza storica. Ben più influente e originale fu invece la Sinistra. Muovendo da una critica serrata dell hegelismo, la Sinistra si propose di far valere quei tratti e quei caratteri dell uomo concretocce nell idealismo non avevano trovato un riconoscimento soddisfacente. Sul piano religioso, questa impostazione dette luogo a un analisi critico- razionale dei testi biblici e al tentativo di ridurre il significato della religione a esigenze e motivazioni umane (Staruss, Feuerbach). Sul piano politico dette luogo al tentativo di interpretare la storia in modo materialistico e in chiave rivoluzionaria (Marx). 20 di 20

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