I CROMOSOMI E L EREDITARIETA. 1. La teoria cromosomica: una conferma delle teorie di Mendel

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1 I CROMOSOMI E L EREDITARIETA 1. La teoria cromosomica: una conferma delle teorie di Mendel Durante i 35 anni in cui gli esperimenti di Mendel vennero ignorati, furono fatti molti progressi nel campo della microscopia e, quindi, anche nello studio della struttura della cellula (citologia). Fu in questo periodo, per esempio, che vennero individuati i cromosomi, e furono osservati e annotati per la prima volta i loro movimenti durante la mitosi e la meiosi. Nel 1882 Walther Flemming individua i filamenti che si separano in una cellula al momento della sua divisione e duplicazione, distribuendosi successivamente nelle due cellule-figlie: è la scoperta dei cromosomi, che verranno così denominati nel 1888 da Heinrich Wilhelm Waldeyer. Nel 1902, il biologo americano Walter Sutton stava studiando la produzione di gameti nei maschi di cavalletta quando, osservando il processo meiotico, egli notò non solo che i cromosomi risultavano appaiati sin dall inizio della prima divisione meiotica, ma anche che i due cromosomi che costituivano ogni coppia si assomigliavano notevolmente. Nelle cellule diploidi, come egli osservò, i cromosomi sembravano essere a coppie. Sutton fu colpito dal parallelismo fra quanto stava osservando e la legge di Mendel sulla segregazione. In seguito il significato di questo parallelismo divenne chiaro: Sutton suppose che i cromosomi fossero portatori dei geni e che i due alleli di ogni gene si trovassero sui cromosomi omologhi; concluse quindi che gli alleli rimangono sempre indipendenti e vengono separati nella meiosi quando si separano i cromosomi omologhi. Quando, al momento della fecondazione, i gameti si fondono, si possono formare nuove combinazioni di alleli. La legge di Mendel della segregazione degli alleli poteva perciò essere spiegata dalla separazione dei cromosomi omologhi durante la meiosi. Fu, comunque, il botanico danese Wilhelm Ludwig Johansen ( ), che, per la prima volta, chiama geni le unità ereditarie mendeliane. La legge di Mendel sull'assortimento indipendente afferma invece che gli alleli di geni differenti segregano indipendentemente gli uni dagli altri. Sutton ritenne che anche questa affermazione poteva essere giusta a patto però, e questa è una condizione importante, che i geni non fossero situati sulla stessa coppia dì cromosomi omologhi; infatti, se due alleli diversi si trovano sullo stesso cromosoma, durante la meiosi finiscono quasi sempre nello stesso gamete. In base a queste considerazioni Sutton ipotizzò che i fattori descritti da Mendel fossero portati dai cromosomi. Ancora alcuni anni dopo la pubblicazione degli studi di Sutton e di altri citologi, gran parte dei ricercatori continuava a pensare che i geni non avessero una realtà fisica e che le conclusioni a cui era giunto Sutton fossero poco attinenti agli studi sull'ereditarietà. Il contributo decisivo per risolvere la questione della localizzazione dei geni sui cromosomi venne dalle ricerche effettuate sul moscerino della frutta Drosophila melanogaster; grazie agli esperimenti di incrocio condotti su questo piccolo insetto, venne dimostrato che certi caratteri ereditari dipendono dal sesso, cioè che i loro geni sono presenti senza alcun dubbio sui cromosomi sessuali. Morgan nel 1910 compie ricerche sulla Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta che è ancora oggi il materiale elettivo delle ricerche di genetica grazie alla semplicità del suo corredo genetico e alla notevole velocità con cui si riproduce. Morgan stabilisce che esistono particolari cromosomi che trasmettono i caratteri sessuali (cromosoma X per le femmine; Y per i maschi) e ottiene la prima mappa cromosomica della Drosophila. Nel 1915, Morgan e i suoi collaboratori pubblicarono un testo in cui esponevano chiaramente l ipotesi che i fattori mendeliani sono i geni, particelle materiali localizzate sui cromosomi, ed a questo autore ed ai 1

2 suoi seguaci si deve la definizione dei principi fondamentali della moderna teoria cromosomica dell ereditarietà. A partire dal 1927 si inaugura ufficialmente il grande filone di ricerca sull'ereditarietà che, combinando alcune scoperte precedenti sul materiale genetico e la teoria della trasmissione dei caratteri ereditari porterà, negli anni successivi, alla scoperta della struttura del Dna e, in tempi più recenti, alla definitiva affermazione della genetica e della biologia molecolare. 2. L eredità legata al sesso La scoperta dei caratteri legati al sesso. Abbiamo visto che alla radice delle «coppie di elementi» di Mendel che si segregano durante la formazione dei gameti c è la separazione dei cromosomi omologhi durante la meiosi; sappiamo inoltre che alla base delle forme alternative dei caratteri ereditari studiati da Mendel ci sono gli alleli, ossia le varianti di un gene presenti sui due cromosomi omologhi. Ci sono però aspetti del comportamento dei cromosomi che non trovano riscontro nei risultati delle ricerche di Mendel. Per esempio, abbiamo visto che all inizio della meiosi si verifica il crossing-over, durante il quale i due esemplari di ogni coppia di cromosomi omologhi si scambiano segmenti corrispondenti. Inoltre, esistono i cromosomi sessuali che, oltre a conferire il sesso, hanno una loro parte nell ereditarietà. Morgan usa la Drosophila per i suoi studi di genetica. Mentre Gregor Mendel si servì delle piante di pisello per i suoi esperimenti, generazioni di ricercatori dopo di lui hanno utilizzato il comune moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, per svelare i segreti della genetica. Questo minuscolo moscerino ha infatti caratteristiche che ne hanno fatto un soggetto particolarmente adatto per gli studi di genetica: è lungo solo 3 mm, è molto facile da allevare, nel corso della sua vita ogni femmina depone centinaia di uova e il tempo che intercorre tra una generazione e la successiva è breve (circa 12 giorni). Uno dei primi a servirsi di questo organismo fu l americano Thomas Hunt Morgan, che ampliò notevolmente le conoscenze di genetica mediante una serie di esperimenti iniziati attorno al Morgan scopre che i moscerini con gli occhi bianchi sono tutti maschi. FIGURA 1 Gli occhi di Drosophila. a. Occhio composto di Drosophila con occhi rossi. b. Occhio composto di Drosophila con occhi bianchi. Prima di prendere in esame le ricerche di Morgan occorre ricordare la questione della determinazione del sesso. Come aveva osservato Sutton, i cromosomi di un organismo diploide sono presenti in coppie. In tutte le coppie, tranne una, i cromosomi sono uguali nei maschi e nelle femmine (sono gli autosomi); una 2

3 coppia di cromosomi, invece, differisce a seconda che si trovi in un maschio o in una femmina: i cromosomi di questa coppia sono detti cromosomi sessuali. Nei mammiferi (uomo compreso) e in molti altri gruppi di animali (ad esempio, la Drosophila) è la femmina ad avere i due cromosomi sessuali uguali; essi sono detti cromosomi X e la femmina risulta perciò XX. I cromosomi sessuali del maschio sono costituiti da un cromosoma X (uguale al cromosoma X della femmina) e da un cromosoma Y; perciò i maschi di queste specie sono indicati con XY. Quando nei maschi XY si formano i gameti per meiosi, metà degli spermatozoi possiede un cromosoma X e metà un cromosoma Y; nelle femmine, invece, tutti i gameti prodotti contengono un cromosoma X. Il sesso dei figli dipende, quindi, dai fatto che il gamete femminile venga fecondato dal gamete maschile portatore del cromosoma X oppure da quello portatore del cromosoma Y; è, perciò, il padre a determinare il sesso dei figli. Dal momento che viene prodotto un numero uguale di spermatozoi X e Y, c'è in teoria la stessa probabilità di avere discendenti maschi o femmine. Ritorniamo ora a Morgan. Il cammino che doveva portare il nostro a grandi scoperte iniziò con un evento casuale. Un giorno, gettando un occhiata a una delle bottiglie di latte in cui allevava i moscerini della frutta, Morgan notò qualcosa di inusuale: tra i numerosi esemplari di Drosophila normali (o, come si dice, di tipo selvatico) con occhi rossi c era un maschio che aveva invece occhi bianchi (FIGURA 2). FIGURA 2 Perché sono tutti maschi i moscerini con occhi bianchi? (l allegato contiene una figura diversa da quella qui a sinistra, e vengono date ulteriori informazioni). Nelle femmine l'effetto recessivo di un gene posto sul cromosoma X può essere talvolta mascherato dall'allele dominante situato sull'altro cromosoma X. Nei maschi, invece, i geni sul cromosoma X possono manifestare anche gli effetti recessivi perché non è presente un altro cromosoma X con geni dominanti che li mascherino. I geni situati sul cromosoma X vengono detti geni legati al sesso e vengono trasmessi in modo caratteristico. Un esempio classico è, appunto, quello che riguarda il colore degli occhi nel comune moscerino della frutta. Morgan giustamente ipotizzò che ciò fosse il risultato di una variazione spontanea, o mutazione, presente in quell esemplare. Incrociò quindi quel maschio occhi bianchi con una femmina di linea pura, cioè omozigote, per gli occhi rossi. Ottenne una generazione F 1 composta interamente da esemplari con occhi rossi. In ciò nulla di strano: gli occhi rossi potevano essere un carattere dominante rispetto a quello occhi bianchi. In effetti, quando Morgan incrociò tra loro gli esemplari della generazione F 1, ottenne nella generazione F 2 un rapporto 3 : 1 tra gli individui con occhi rossi e quelli con occhi bianchi; questo rapporto era uguale a quelli ottenuti da Mendel nei suoi incroci monoibridi. In quella generazione F 2 di Drosophila c era però qualcosa di singolare: tutti gli esemplari con occhi bianchi erano maschi. Come si spiegava un fatto del genere? Morgan scopre che alcuni geni sono legati al sesso. Analogamente agli esseri umani, anche Drosophila ha cromosomi sessuali: le femmine hanno due cromosomi X, mentre i maschi ne hanno uno X e uno Y. Attraverso ulteriori esperimenti sugli esemplari 3

4 maschi con occhi bianchi, Morgan giunse alla conclusione che il gene per il colore degli occhi doveva essere proprio sul cromosoma X; inoltre, tutti i moscerini con occhi bianchi dovevano avere solo un allele di questo gene perché il carattere era recessivo. Ma perché si manifestava un carattere recessivo con un solo allele? La FIGURA 2 pagina precedente mostra schematicamente come si spiegano i risultati dell incrocio di Morgan. Due sono, quindi, le conclusioni che si possono trarre dal lavoro di Morgan: 1. I geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie che, per le caratteristiche dei cromosomi su cui si trovano, non seguono in modo regolare le leggi mendeliane; si parla in questo caso di caratteri legati al sesso. 2. Per la prima volta fu possibile collegare un certo carattere ereditario con un ben determinato cromosoma. Il rapporto tra i sessi Poiché la determinazione del sesso è basata sulla presenza degli eterocromosomi (XY) e poiché la combinazione XX ha la stessa probabilità di uscire della combinazione XY, nelle popolazioni naturali di specie a sessi separati si dovrebbe trovare un rapporto tra maschi e femmine uguale a 1 : 1. Consideriamo il problema del rapporto dei sessi nella nostra specie attraverso l esame statistico di documenti anagrafici. Si è osservato così che il rapporto sessi non è costante ma varia con l età; infatti, i maschi sono più numerosi nei primi anni di vita e subito dopo la nascita, si equiparano alle femmine verso la maturità sessuale e, a partire dai anni di età, incomincia una prevalenza delle femmine che si accentua sempre di più, fino ad arrivare a circa 80 maschi contro 100 femmine nella vecchiaia (dati di più di 20 anni fa, comunque, è probabile che le cose attualmente non siano cambiate di molto). Le differenze osservate sono più che significative per pensare a un semplice caso, dunque il maschio è più fragile, più debole, e su di esso viene esercitata una pressione di selezione che comporta una maggiore eliminazione dei maschi rispetto alle femmine. A questi dati sugli individui nati, si devono aggiungere anche quelli relativi al periodo prenatale, cioè i dati sugli aborti, e fin dove è stato possibile riconoscere il sesso, si è potuto osservare che l incidenza della mortalità era sempre maggiore nel sesso maschile. Chiarito il problema in questi termini, si sono presi in considerazione i rapporti tra i sessi nelle popolazioni urbane e in quelle di campagna, nei ceti sociali a diversi livelli, nei figli illegittimi e in quelli legittimi e così via. Si sono notate variazioni più o meno accentuate che confermano il principio generale della maggiore pressione selettiva nei confronti del sesso maschile. Si stabilirono allora diversi momenti del rapporto fra i sessi a seconda dell età, e cioè un rapporto sessi primario che è quello che si calcola al momento del concepimento, un rapporto sessi secondario, ovvero quello osservato al momento della nascita, e un rapporto sessi terziario, osservato al momento della maturità sessuale, cioè nell adulto. Poiché il rapporto sessi secondario è di circa 106 maschi contro 100 femmine e poiché la mortalità dei maschi negli aborti è prevalente, si è calcolato che al momento del concepimento il rapporto sessi dovrebbe essere di circa maschi contro 100 femmine. Si è quindi cercato di dare una spiegazione a questo fenomeno in base alla costituzione cromosomica dei due sessi. I maschi sono a costituzione XY e poiche il cromosoma Y non è omologo del cromosoma X, eventuali fattori letali recessivi ricevuti dalla madre o sorti per mutazione hanno al possibilità di manifestarsi nel maschio, mentre nella femmina, a costituzione XX, i recessivi vengono nascosti dal normale dominante presente nell altro cromosoma X. Per confermare questa teoria si fece il confronto con organismi diandrici come gli uccelli. Sebbene si abbia un buon numero di notizie a proposito, non mancano però le contraddizioni. Darwin stesso era stata informato che i maschi degli uccelli erano catturati in numero maggiore delle femmine e affermava che, nei piccioni, i maschi non solo erano sempre in numero maggiore, ma vivevano anche più a lungo. Sebbene vi sia qualche incertezza, i dati raccolti sugli Uccelli sembrano dimostrare in linea generale 4

5 che le femmine sono maggiormente selezionate. Pertanto, anche con tutte le riserve, si può ammettere che la costituzione etero gametica (XY) può avere una certa responsabilità in questo fenomeno di mortalità differenziale. Bisogna però considerare anche i processi metabolici. Biddle propose l ipotesi che il corredo cromosomico influenzi anche la velocità dei processi metabolici, i quali essendo più intensi nel maschio che non nelle femmine, comporterebbe una maggiore vulnerabilità nel maschio stesso. Che nel maschio il metabolismo sia più accelerato è provato anche nell uomo, nei topi, nei polli. D altra parte vi sono esperienze su crostacei, su pesci ecc., che, dimostrano come il periodo di vita dei maschi diminuisca rispetto a quello delle femmine a mano a mano che viene aumentata la temperatura di allevamento; altre esperienze dimostrano che il maschio soffre maggiormente delle deficienze di ossigeno, sopporta meno l alcool (ma non nella nostra specie), è meno resistente nelle infezioni parassitarie ecc. Anche se i dati sul metabolismo non sono del tutto completi al riguardo, non è da trascurare una sua influenza sulla mortalità differenziale fra i due sessi. Da tutte queste osservazioni si trae la conclusione che il rapporto sessi primario, quello all atto del concepimento, è nettamente a favore del sesso etero gametico (XY), e che pertanto vi deve essere una maggiore stabilità dei gameti che determinano la mascolinità, in qualche caso, nelle piante, questo è stato dimostrato essere vero. Ma anche se così fosse, si tratterebbe sempre e soltanto di una constatazione, e non di una spiegazione quale Fisher ha tentato di formulare. Fisher si basa sulla variabilità fenotipica come processo della massima importanza per la sopravvivenza e diffusione delle specie. Quando maschi e femmine sono nello stesso numero, al momento della procreazione si ha il massimo possibile di ricombinazione dei genotipi e quindi di variabilità, ammesso che nella specie non ci siano meccanismi che favoriscono l accoppiamento differenziale. Poiché il maschio è più debole, è necessario che la natura provveda ad assicurarsi, all atto del concepimento, un soprannumero di maschi tale che al momento della maturità sessuale si abbia un ugual rapporto tra maschi e femmine: soltanto così la specie avrà l assicurazione di esprimere la massima variabilità. 3. Malattie genetiche negli esseri umani ALCUNE MALATTIE GENETICHE SONO LEGATE AL CROMOSOMA X. Tra i geni umani che sono portatori di caratteri legati al sesso vi è, per esempio, il gene responsabile della presenza dei peli sui lobi delle orecchie; esso si trova sul cromosoma Y ed è assente sul cromosoma X, per cui solo i maschi possono manifestare questo carattere. Nella specie umana, tuttavia, è più facile che si verifichi la situazione opposta, ossia che alcuni geni siano presenti sul cromosoma X e assenti sul cromosoma Y poiché quest'ultimo è più piccolo e porta un numero molto minore di informazioni genetiche rispetto al cromosoma X. L'ereditarietà dei caratteri recessivi legati al cromosoma X è un tipo di ereditarietà particolarmente studiata in relazione ad alcune malattie dell'uomo come il daltonismo e l'emofilia: a differenza della modalità di trasmissione dei caratteri valida per gli autosomi, si può notare che: 1. le femmine eterozigoti, dette portatrici sane, sono fenotipicamente normali in quanto la presenza nelle loro cellule dell'allele sano, posto su uno dei due cromosomi X, permette al loro organismo di svolgere normalmente le proprie funzioni; i maschi eterozigoti invece manifestano nel fenotipo la malattia, perché, essendo il cromosoma Y privo dell'allele per quel carattere, essi ne possiedono di fatto uno solo; 2. una donna può manifestare la malattia solo nella forma omozigote recessiva, condizione possibile nel caso in cui essa erediti un cromosoma X portatore del gene recessivo sia dalia madre sia dal padre. Il daltonismo 5

6 il daltonismo consiste nell incapacità di percepire in modo corretto alcuni colori fondamentali, come il rosso e il verde (FIGURA 3). I geni che controllano la sensibilità alla luce rossa e verde sono entrambi posti sul cromosoma X (su di esso sono stati identificati circa 2000 geni). Se una persona di sesso maschile ha un gene difettoso per il colore verde, egli non potrà distinguere il colore verde dai rosso; allo stesso modo, un difetto del gene per il rosso fa apparire il colore rosso come verde. Le femmine eterozigoti hanno una visione normale, mentre quelle omozigoti recessive per il daltonismo, avendo entrambi i cromosomi X portatori di alleli difettosi, non distinguono il rosso dal verde (FIGURA 4). Non sorprende quindi che, a fronte di un 8% circa di uomini che, in misura minore o maggiore, soffrono della cecità al rosso e al verde, c è solo uno 0,5% di donne affette dalla stessa malattia. FIGURA 3 Test per la cecità al rosso (figura in alto). Chi non riesce a vedere il numero nel cerchio è molto probabilmente affetto da questa forma recessiva di daltonismo. FIGURA 4 Il daltonismo colpisce soprattutto i maschi (figura in basso). Nella situazione raffigurata, la madre non è daltonica ma è portatrice sana, cioè su uno dei suoi cromosomi X gli alleli per la visione dei colori non sono funzionali. Se essa trasmette quel cromosoma X a una figlia, questa non sarà daltonica, cioè non manifesterà la malattia, perché avrà gli alleli funzionali del cromosoma X ereditato dal padre; invece, se essa trasmette quel cromosoma X a un figlio, questo sarà daltonico perché avrà solo il cromosoma X difettoso ricevuto dalla madre. La sindrome di Menkes Questa patologia si manifesta generalmente nella prima infanzia, ed è dovuta ad un difetto nell' assorbimento intestinale e nel trasporto del rame. Il deficit di rame si manifesta con disturbi e anomalie di vario tipo, i più gravi a livello cerebrale. Oltre alla neurodegenerazione progressiva, il quadro clinico della malattia include anche altri disturbi, fra cui anomalie dei capelli (che risultano radi, fini e senza pigmento), alterazioni ossee e vascolari e improvvisi cali della temperatura corporea (ipotermia). La malattia colpisce in larga misura i maschi, mentre le femmine possono essere portatrici sane. La distrofia muscolare di Duchenne La distrofia muscolare di Duchenne è, fra le varie forme di distrofia, una malattia particolarmente grave, in quanto provoca un grave malfunzionamento dei muscoli volontari; le persone che ne sono affette vanno incontro a una debolezza progressiva che infine le costringe sulla sedia a rotelle. Questo tipo di distrofia, 6

7 che ha un'incidenza di un bambino malato su 3500 circa, colpisce i maschi a partire dai 2/5 anni. La malattia è prevalentemente maschile in quanto è assai difficile trovare femmine omozigoti: la gravità della malattia è tale da impedire in genere ai maschi malati di avere figli e quindi di trasmettere alle figlie il cromosoma X con l'allele malato. Nel dicembre del 1987 Louis Kunkel ha identificato e isolato una proteina, chiamata distrofina, che è difettosa (o addirittura assente) nei pazienti colpiti da distrofia muscolare. Alcune tra le ricerche più recenti su questa malattia prevedono I'impianto di particolari cellule, le cellule staminali, che promuovono la rigenerazione del tessuto muscolare; altre strategie di ricerca hanno i'obiettivo di controllare l'efficacia di farmaci contenenti una proteina, I'utrofina, che potrebbe compensare in qualche modo I'assenza di distrofina. La sindrome del cromosoma X fragile Dopo la sindrome di Down, la sindrome dell'x fragile è la causa più frequente di ritardo mentale nei maschi. Il nome deriva dall'osservazione dei cariotipo: in metafase mitotica, il cromosoma X sembra avere una strozzatura (zona fragile) a livello del braccio lungo del cromosoma. La sindrome dell'x fragile colpisce in forma leggera anche 1/3 delle femmine eterozigoti e, perciò, è da considerarsi una forma parzialmente dominante. Il favismo II favismo, un'altra malattia legata al cromosoma X, è dovuto alla carenza congenita di un enzima normalmente presente nei globuli rossi. Questa carenza in genere non crea particolari problemi, ma, quando un individuo affetto ingerisce determinati alimenti vegetali, in particolare le fave fresche, oppure alcuni farmaci, come i sulfamidici o I'acido salicilico, che inibiscono l'attività dell'enzima carente, questa mancanza diventa così grave da generare un'improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e, quindi, la comparsa di una forte anemia o anche di conseguenze più gravi. Il favismo è particolarmente diffuso in Africa, ma anche nel bacino mediterraneo dove, in alcune zone come la Grecia o la Sardegna, può avere una frequenza molto alta (fino 30% degli individui). L emofilia. Un altro esempio di ereditarietà legata al sesso è quello dell'emofilia, che comprende un gruppo di malattie in cui il sangue non coagula normalmente. La coagulazione del sangue avviene grazie a un importante gruppo di proteine, di cui fa parte la proteina nota come Fattore VIII; se il gene per questa proteina è difettoso, vi possono essere problemi di coagulazione. Per gli individui affetti da questo tipo di emofilia, anche le ferite più superficiali comportano il rischio di morte per emorragia. Oggi è disponibile un tipo di Fattore VIII, sintetizzalo grazie alle tecniche dell ingegneria genetica, che può essere somministrato agli individui malati per ridurre gli effetti negativi della malattia. Come per i daltonismo, anche le femmine eterozigoti non manifestano alcun problema, ma possono trasmettere la malattia ai figli maschi. Nelle figlie femmine eterozigoti I'allele sano è dominante e quindi la coagulazione del sangue è normale. L'emofilia ha afflitto alcune famiglie reali europee fin dal XIX secolo; la regina Vittoria fu probabilmente la portatrice sana che diffuse l'emofilia tra le famiglie reali europee. Al pari di molte altre malattie ereditarie, l'emofilia è legata al sesso: colpisce solo i maschi, ma si trasmette attraverso le femmine (che proprio per questo vengono dette portatrici sane). Si può capire la ragione di questo comportamento quando si pensi (lo vedremo meglio nel capitolo sulla riproduzione) che il maschio eredita dalla madre 22 cromosomi (autosomi) più un cromosoma X e dal padre 22 cromosomi più un cromosoma Y, ottenendo un corredo 44 + XY, mentre la femmina eredita da ognuno dei genitori il corredo 22 + X, e quindi il suo corredo complessivo è 44 + XX. Evidentemente la normale coagulazione del sangue dipende da geni («informazioni ereditarie») contenuti nel cromosoma X, e però è sufficiente la presenza di un solo cromosoma X normale perché sia normale il processo di coagulazione: tanto è vero che i maschi, pur possedendo un solo cromosoma X, sono 7

8 generalmente normalissimi sotto il profilo della coagulabilità del sangue. Se una donna ha un cromosoma X normale e l'altro malato (nel senso che non possiede la corretta informazione per la fabbricazione di tutti i «fattori» della coagulabilità), ha la coagulazione normale perché possiede, comunque. una informazione corretta (quella contenuta nel cromosoma X normale). Ai suoi figli essa consegnerà o un X normale oppure un X malato. Se consegnerà un X malato a una femmina, la malattia non potrà manifestarsi in quanto il carattere patologico verrà coperto dall'informazione normale contenuta nel cromosoma X paterno. Se consegnerà il cromosoma X malato a un maschio. che dal padre eredita un Y e non un X, il carattere patologico si manifesterà. I figli maschi di una donna portatrice hanno, quindi, 50 probabilità su 100 di nascere malati; le figlie femmine hanno 50 probabilità su 100 di essere a loro volta portatrici. Sino a pochi anni fa il destino dei bambini malati di emofilia era molto triste perché nell'infanzia si riportano molte contusioni e piccole ferite. Non si impara a camminare, a correre, a muoversi, senza un'infinità di traumi dei quali generalmente non ci si accorge nemmeno: sbucciature e lividi sono all'ordine del giorno. Ma se manca uno dei fattori della coagulazione, come avviene nell'emofilia, ogni piccola contusione porta con sé un'emorragia interna, e se l'emorragia si riversa in una cavità articolare l'articolazione perde la mobilità. va incontro a un'anchilosi. I bambini emofiliaci si riducevano quindi in pochi anni a un'invalidità fisica totale, per andare incontro poi a emorragie mortali se invece di una contusione riportavano una ferita, o se si rendeva necessaria un'operazione chirurgica, o anche soltanto l'estrazione di un dente. Oggi non è più così: si è riusciti a isolare dal sangue di individui normali il «fattore antiemofilia» e, quando un bambino emofiliaco riporta una contusione, l'immediata somministrazione del cosiddetto «fattore VIII» lo mette in condizione dr guarire normalmente. Oggi, perciò, un emofiliaco può condurre una vita quasi normale e può persino venire sottoposto a interventi chirurgici. Ma la medaglia ha un suo rovescio: un tempo i bambini emofiliaci morivano, generalmente, prima di poter mettere al mondo dei figli e quindi la trasmissione della malattia avveniva solo attraverso le donne portatrici: se i bambini, che oggi sono emofiliaci e vengono curati, sopravvivranno, come tutto lascia ritenere, avranno a loro volta figlie portatrici e quindi la malattia avrà maggiori probabilità di trasmettersi da una generazione all'altra. Vale anche per l'emofilia, come per molte altre malattie ereditarie, la cosiddetta diagnosi prenatale: se si è al corrente di portare in sé una malattia ereditaria, si può decidere di ricorrere all aborto, anche se, almeno in questo caso, come abbiamo visto l individuo può essere curato. ALCUNE MALATTIE GENETICHE SONO LEGATE AGLI AUTOSOMI Le leggi della genetica valgono per le piante di pisello quanto, ovviamente, per gli altri organismi, esseri umani compresi; vediamo ora alcune delle più importanti malattie umane che vengono ereditate in base alle leggi mendeliane e che interessano gli autosomi. MALATTIE AUTOSOMICHE CAUSATE DA UN ALLELE RECESSIVO Tutte le malattie recessive portate dagli autosomi (ossia, tutti i cromosomi tranne quelli sessuali) si manifestano solo se sono presenti nel genotipo in forma omozigote; gli individui eterozigoti per il relativo gene sono di solito privi di sintomi. Fenilchetonuria (PKU) Una delle malattie ereditarie più studiate, che si comporta come un carattere mendeliano recessivo, è la fenilchetonuria, o PKU. Agli individui affetti da PKU manca un enzima indispensabile per la demolizione dell'amminoacido fenilalanina. Quando questo enzima è assente o difettoso, la fenilalanina si accumula nella corrente sanguigna e nell'urina e può provocare un danno nelle cellule del sistema nervoso degli embrioni e dei neonati; la conseguenza è un grave ritardo mentale. Circa 1 neonato su è omozigote per questo allele, che è più comune tra gli individui originari dell'europa settentrionale. In Italia viene effettuato il test di routine per scoprire, tra i neonati, eventuali omozigoti PKU. Gli individui colpiti da questa malattia genetica devono sottoporsi a una dieta molto rigorosa a basso contenuto di fenilalanina per tutta la vita; questa dieta permette agli omozigoti PKU di crescere normalmente poiché 8

9 prevede quantità di fenilalanina sufficienti a soddisfare le esigenze alimentari, ma non tali da produrre accumuli tossici. Oggi, molti cibi e bevande con dolcificanti artificiali recano la scritta «Contiene una fonte di fenilalanina», indicazione di vitale importanza per le persone affette da questa malattia. Di recente è stato allestito un test biochimico che, abbinato all'amniocentesi, permette di identificare la PKU nel feto in via di sviluppo. In questi casi la futura madre viene sottoposta a una dieta povera di fenilalanina per i restanti mesi di gravidanza; in tal modo è possibile proteggere il suo bambino dagli effetti precoci della PKU. Morbo di Tay-Sachs Un'altra malaftia neurologica che si presenta soltanto negli individui omozigoti per un allele recessivo è il morbo di Tay-Sachs. Come nel caso della PIKU, gli omozigoti per il morbo di Tay-Sachs appaiono normali alla nascita e per i primi mesi di vita. Tuttavia, a circa otto mesi compaiono i primi sintomi di una forte apatia, cui segue, entro il primo anno di vita, una forma di cecità. I bambini colpiti da questa malattia riescono a sopravvivere in genere solo per alcuni anni. Anche nell'organismo di questi bambini non viene prodotto un determinato enzima, per cui le loro cellule cerebrali si riempiono di certe sostanze lipidiche, si gonfiano e muoiono. Non è ancora disponibile alcuna terapia per il morbo di Tay-Sachs. Mentre in una popolazione generica il morbo di Tay-Sachs è piuttosto raro (1 su nati), la sua incidenza è molto alta (1 su 3600 nati) tra gli ebrei originari dell'europa orientale e centrale, che costituiscono più del 90% della popolazione ebraica americana. Anemia falciforme e anemia mediterranea FIGURA 5 Trasmissione di una malattia autosomica recessiva. L anemia falciforme è una malattia genetica che si trasmette come carattere autosomico recessivo. Poiché un figlio o una figlia possono essere affetti da anemia falciforme, il padre e la madre devono avere ciascuno almeno un allele per questa malattia; in tal caso, c è una probabilità del 25% (1 casella su 4 del quadrato di Punnett) che un figlio erediti la malattia. Sono forme di anemia provocate da un'incapacità ereditaria di fabbricare un'emoglobina normale. Più precisamente sono forme patologiche gravi causate da un allele recessivo allo stato omozigote. L'anemia falciforme (FIGURA 5) è provocata da globuli rossi a forma di falce contenenti un'emoglobina anomala; tale anomalia è causata dalla sostituzione di un amminoacido con un altro nella struttura proteica primaria. La presenza di questi globuli rossi di forma particolare rende difficoltosa la circolazione e provoca occlusioni nei vasi sanguigni; di conseguenza, si manifestano diversi sintomi quali debolezza, anemia, dolori 9

10 e febbre, calo delle funzioni mentali, paralisi, reumatismi, insufficienza renale e danni a gran parte degli organi interni. Questo tipo di anemia ha un'alta incidenza (1 su 400 nati) in particolare tra gli afroamericani, che vivono o provenienti da zone dove la malaria è endemica. L'anemia mediterranea, nota anche come talassemia, è molto diffusa tra i vari gruppi etnici presenti nell'area mediterranea; un indagine molto accurata ed estesa, eseguita nei primi anni 50 da ricercatori italiani ha dimostrato che la frequenza di microcitemici (eterozigoti, Thth) nella popolazione era molto diversa nelle varie regioni d Italia: al di sotto dell 1 in Piemonte, in Lombardia e in molte altre regioni, mentre raggiungeva punte elevatissime (10-15 e fino a 20 ) in alcune zone: il delta padano (Ferrarese), alcune località dell Italia meridionale e delle isole. L'anemia mediterranea è di solito asintomatica nella forma eterozigote (microcitemia), mentre si manifesta nella forma omozigote per il gene talassemico; i sintomi compaiono a circa 6 mesi di vita con pallore, febbre, debolezza e ritardo nello sviluppo osseo. La talassemia è causata da globuli rossi microcitici (molto piccoli) che non sono in grado di sintetizzare emoglobina; per questo motivo la malattia è molto grave e, se non si interviene con trasfusioni continue. è incompatibile con la vita. Il termine microcitemia significa «sangue a cellule piccole»: infatti l'anormalità di struttura dell'emoglobina determina un'anormalità di forma degli eritrociti. La microcitemia è chiamata anche, come abbiamo detto, «anemia mediterranea» o «talassemia», termine che significherebbe «sangue del mare»: infatti è distribuita lungo le coste del mare Mediterraneo. C'è un motivo per questa collocazione geografica, ed è il fatto che, quando la malattia viene ereditata da un solo genitore (ovvero in condizione eterozigote), non dà alcun disturbo e anzi ostacola l'insorgere della malaria. In zone non malariche la comparsa della mutazione che porta all'emoglobina anormale non offre alcun vantaggio e, perciò, il patrimonio ereditario non l'ha conservata, mentre nelle zone malariche, che si stendevano per lo più lungo le coste della Maremma, della Sardegna, della Calabria, del Polesine, la mutazione patologica offriva un sensibile vantaggio se veniva ereditata da un genitore solo. Per questo motivo è stata conservata di generazione in generazione in quanto i portatori del «gene» anormale non venivano uccisi in giovanissima età come molti «sani» perseguitati dalle zanzare anofeli portatrici del Plasmodium malariae. Se, per contro, il «gene» patologico viene ereditato da entrambi i genitori, nel figlio di due genitori apparentemente sani insorge un'anemia gravissima, che in passato ha sempre condotto a morte al termine dell'infanzia e solo nella seconda metà del secolo scorso è stato possibile curare con maggior successo, tanto che oggi esistono degli adolescenti e dei giovani talassemici. Si calcola che in Italia i portatori di un solo gene della talassemia siano più di un milione: è dunque abbastanza probabile che essi si sposino fra loro, dando vita a bambini con due geni talassemici e perciò destinati a molte sofferenze. Per evitare questa possibilità occorre sottoporre tutti i bambini, entro i primi dieci o undici anni di vita. a un esame del sangue che mostra la presenza anche di un solo gene talassemico. I bambini e le bambine che hanno un gene malato devono venire avvertiti della situazione prima che cominci l'età feconda: non dovranno unirsi sessualmente. se non con severe misure anticoncezionali, con persone di cui non hanno visto il certificato medico che escluda il gene talassemico. L'indagine va fatta, prima di tutto, sui bambini consanguinei di un malato. È ormai da diversi anni che in molti comuni si sta svolgendo questa importante attività di medicina preventiva. Le difese biologiche. L emoglobina S, causa dell anemia falciforme, può avere anche una funzione positiva quando è presente in forma eterozigote con l emoglobina normale (emoglobina A). infatti, per ragioni che non sono ancora del tutto chiare, i globuli rossi che hanno l emoglobina S sono resistenti all invasione del parassita responsabile della malaria. Stessa cosa si può ripetere nel caso dei piccoli e deformi globuli rossi della microcitemia. La mutazione che ha prodotto la falcemia fu dovuta alla sostituzione casuale di una coppia di nucleotidi con un altra coppia in corrispondenza di una delle posizioni nucleotidiche sul miliardo di quelle possibili che si dipanano lungo i 46 cromosomi. Tale sostituzione a livello genico si traduce nella sostituzione di un 10

11 aminoacido con un altro (valina al posto dell acido glutammico) in due punti della molecola dell emoglobina su un totale di 574, tanti quanti sono gli aminoacidi che la costituiscono. Nonostante che la modificazione a prima vista sembri essere veramente di piccola entità, eppure il suo effetto è devastante, infatti, dopo che l emoglobina ha ceduto l ossigeno ai tessuti circostanti, le sue molecole, a causa della sostituzione dell acido glutammico con la valina, si allineano a formare lunghi fusi, e tale riallineamento induce una deformazione dei globuli rossi che da discoidali diventano falciformi. Mentre i globuli rossi con la normale forma biconcava (che contengono l'emoglobina A normale) trasportano efficacemente l'ossigeno dai polmoni al resto del corpo, quelli a forma di falce (che contengono l'emoglobina S alterata) tendono a ostruire i capillari sanguigni, per cui si riduce l'apporto di ossigeno al cervello e ai muscoli; questa situazione con il passare del tempo risulta fatale. Se il gene è presente in doppia copia (omozigote), la falcemia colpisce più di un terzo delle cellule, e si ha allora uno stato di grave anemia. Se, invece, il gene è in copia singola (eterozigote), le cellule falcemiche si riducono a meno dell 1% e determinano solo una lieve manifestazione patologica. Comunque sia, e questo è il fatto degno di nota, il portatore di uno o due alleli falcemici risulta protetto dalla malaria terzana maligna, malattia mortale causata da Plasmodium falciparum, un protozoo parassita dall aspetto ameboide che invade i globuli rossi e li distrugge. Insomma, l emoglobina falciforme è meno vulnerabile all invasione di Plasmodium. Grazie alla resistenza che conferisce al portatore, la presenza di una copia singola di geni per la falcemia - vale a dire un gene per cellula (eterozigote) - costituisce in ultima analisi un vantaggio in quelle parti del mondo in cui la malaria terzana maligna è diffusa. Ancora in tempi storici recenti, l area a rischio comprendeva l Africa tropicale, il Mediterraneo orientale, la Penisola Arabica e l India; in gran parte di tali zone, la selezione naturale aveva favorito l'allele falcemico al punto che la sua frequenza, comunemente attorno al 5%, saliva fino al 20% in alcune regioni del Mozambico, della Tanzania e dell Uganda. La selezione naturale è equilibrata: quando il gene falcemico diviene più diffuso, un numero maggiore di persone lo eredita in duplice copia, e quindi muore di anemia ereditaria. Viceversa, quanto più esso diventa raro, tante più persone muoiono di malaria, che sostanzialmente si può considerare come una anemia acquisita da parassiti. Nel corso dei secoli, le percentuali del gene riscontrate in Africa e altrove hanno fluttuato a seconda della frequenza con la quale esso si imbatteva nella malaria terzana maligna. L altro caso del tutto simile al precedente è il seguente: nelle popolazioni umane della regione mediterranea (Italia, Grecia, Medio Oriente, penisola iberica e isole mediterranee) è abbastanza frequente una malattia chiamata Anemia Mediterranea o Talassemia, nella cui forma minor si ha un alterazione parziale dell emoglobina mentre nella forma maior l alterazione è totale. La talassemia, in realtà, è un esempio di trasmissione di un carattere secondo il meccanismo della dominanza incompleta; allora indichiamo con th il gene normale e con Th il gene alterato, avremo così i seguenti: Gli individui omozigoti thth sono normali, cioè contengono emoglobina A (per essere più precisi nell'adulto sono presenti due emoglobine: l'una (HbA 1 ) in grande prevalenza sull'altra (HbA 2 ) che non supera mai l'1-2% del totale. Gli eterozigoti Thth presentano anemia per lo più lieve ( talassemia minor o Microcitemia) che consente una vita normale (si riconoscono all indagine ematologica perché hanno i globuli rossi più piccoli e più numerosi del normale, con una minore quantità di emoglobina e con una maggiore resistenza globulare). Gli omozigoti ThTh sono affetti da una grave forma morbosa (talassemia maior o morbo di Cooley) che li porta a morte nei primi mesi, o al massimo nei primi anni di vita; non raggiungono comunque l età della riproduzione. Nel sangue di soggetti affetti da morbo di Cooley si osserva notevole variabilità di grandezza, di forma e di tingibilità dei globuli rossi, con prevalenza di elementi scolorati, sono presenti anche eritroblasti ed emazie a bersaglio (tutte forme immature e non funzionanti dei globuli rossi); il loro midollo osseo è caratterizzato da iperproduzione di eritroblasti; ed infine sono presenti alterazioni ossee (dette iperostosi porotica) che determinano deformazioni del cranio con facies mongoloide. Sono proprio queste alterazioni ossee che hanno permesso la 11

12 ricostruzione della evoluzione storica di questa malattia, mediante una serie di importanti indagini archeologiche-genetiche soprattutto ad opera dell'antropologo inglese John Lawrence Angel. E chiaro che il gene Th viene regolarmente eliminato dalla popolazione (morte genetica) con una frequenza che si può calcolare tenendo presente che gli individui con il morbo di Cooley nascono da genitori entrambi eterozigoti (Thth x Thth) e rappresentano il 25% dei loro figli. La causa di questo fenomeno è la stessa dell anemia falciforme: il gene Th determina la formazione di globuli rossi che non risultano particolarmente appetiti dalle zanzare, forse perché più difficili da aspirare e da digerire di quelli normali; in altre parole la malaria agisce da fattore selettivo, favorendo gli eterozigoti nella lotta per la sopravvivenza. La dimostrazione di questa ipotesi è stata ottenuta per mezzo di indagini statistiche, dalle quali si è ricavato che in una popolazione piuttosto omogenea come quella della Sardegna, la frequenza del gene Th è molto elevata nei bassipiani dove l endemia malarica era altissima fino a prima dell ultima guerra (successivamente, grazie alla bonifica delle aree paludose e alle campagne antimalariche per mezzo del DDT, la malaria è completamente scomparsa in Italia e nelle isole), e decresce man mano che si esaminano popolazioni che vivono sulle colline o sulle montagne, fino a raggiungere i valori minimi là dove, mancando paludi, non vi è stata mai malaria. Fibrosi cistica La fibrosi cistica è una malattia genetica molto comune soprattutto tra gli individui di discendenza europea (1 su 2000 nati) e colpisce le cellule specializzate nella produzione di muco; a causa del quantitativo eccessivo di muco denso che finisce nei polmoni, per le persone affette da fibrosi cistica diventa più difficile respirare. L'unica terapia è quella di svuotare periodicamente i polmoni in vari modi, per esempio con specifiche pompe oppure tramite interventi chirurgici. Albinismo L'albinismo, ossia l'assenza di pigmento ne1le cellule della pelle, dei capelli e degli occhi, è provocato dall incapacità di produrre un pigmento scuro chiamato melanina. Le persone affette da questa malattia hanno la pelle estremamente pallida e ipersensibile ai raggi solari, i capelli bianchi e occhi privi di pigmento, spesso con difetti visivi. L'albinismo, che si può manifestare sotto diverse forme, è molto diffuso nel regno animale ma abbastanza raro nell'uomo ed è trasmesso come carattere recessivo portato dagli autosomi. MALATTIE AUTOSOMICHE CAUSATE DA UN ALLELE DOMINANTE Le malattie determinate da alleli dominanti sono piuttosto rare sia perché, essendo in genere molto gravi, gli individui colpiti di solito muoiono prima di riprodursi sia perché tali malattie si manifestano anche negli individui eterozigoti e sono perciò già osservabili nei genitori (le malattie recessive, invece, possono comparire nei figli omozigoti, ma non manifestarsi nei genitori eterozigoti). Nanismo acondroplastico Il nanismo acondroplastico è l'anomalia più comune causata da un allele dominante; gli individui affetti sono di statura molto bassa, mostrano un viso caratterizzato da una fronte sporgente e da un appiattimento del ponte nasale, e hanno arti particolarmente corti che rendono disarmonico il corpo. Se un individuo è eterozigote per questo carattere, pur essendo fenotipicamente nano, ha il 50% di probabilità di avere figli sani. Corea di Huntington Forse la malattia ereditaria più nota provocata da un allele dominante è la corea di Huntington, una malattia progressiva che porta alla distruzione delle cellule cerebrali e alla morte dell individuo dopo circa anni dalla comparsa dei primi sintomi. Come si può facilmente calcolare, ogni bambino che abbia un 12

13 genitore affetto da questa malattia ha il 50% di probabilità di ereditarla. A differenza di altre malattie provocate da alleli dominanti, i primi sintomi compaiono generalmente dopo i 30 anni di età, quando gran parte degli individui malati ha già avuto figli e può avere, in questo modo, già trasmesso la malattia (FIGURA 6). FIGURA 6 Trasmissione di una malattia autosomica dominante. La corea di Huntington è una malattia genetica che si trasmette come carattere autosomico dominante. Quindi basta che uno dei genitori abbia un allele per questa malattia perché vi sia il 50% di probabilità che un figlio (o una figlia) la ereditino. 4. Studi sulla localizzazione dei geni IN CHE RAPPORTO STANNO GENI E CROMOSOMI? La constatazione che certe coppie di geni non seguivano la legge dell assortimento indipendente di Mendel ha aperto la strada a ricerche che hanno chiarito la relazione tra geni e cromosomi. Qual è lo schema ereditario seguito da tali geni? Come possiamo stabilire se i geni sono posizionati su uno stesso cromosoma e a quale distanza? I GENI SITUATI SU UNO STESSO CROMOSOMA DI SOLITO VENGONO EREDITATI INSIEME. I primi esperimenti di genetica sulla drosofila furono effettuati a partire dal 1909 da Thomas Hunt Morgan e dai suoi allievi presso la Columbia University. Morgan scelse il moscerino della frutta come modello sperimentale perché, come abbiamo già detto, presentava una serie di caratteristiche vantaggiose: le dimensioni ridotte, la facilità di allevamento, la brevità dell intervallo fra una generazione e la successiva, la facilità nell identificare caratteri chiaramente riconoscibili, la possibilità di indurre con una certa facilità mutazioni creando nuovi alleli accanto a quelli selvatici. Ancora oggi la drosofila resta un soggetto estremamente importante per gli studi di struttura dei cromosomi, di genetica di popolazioni, genetica dello sviluppo e genetica del comportamento. Il gruppo di Morgan effettuò diversi tipi di esperimenti, alcuni dei quali erano finalizzati a verificare la validità della terza legge di Mendel (FIGURA 7 pagina successiva). Per raggiungere questo scopo Morgan prese in esame diversi caratteri per verificare se i loro alleli segregavano indipendentemente secondo quanto stabilito da Mendel. Egli scoprì così che in molti casi i rapporti fenotipici erano in disaccordo con quelli previsti dalla legge dell indipendenza. Consideriamo per esempio i caratteri «colore del corpo» e «forma delle ali», entrambi determinati da una coppia di alleli: 1. l allele selvatico B (corpo grigio) domina su b (corpo nero); 2. l allele selvatico F (ali normali) domina su f (ali vestigiali, cioè di dimensioni ridotte). 13

14 Incrociando un individuo eterozigote per entrambi i caratteri (genotipo BbFf) con un individuo omozigote recessivo (genotipo bbff) Morgan si aspettava di osservare quattro fenotipi in rapporto di 1:1:1:1, ma successe qualcosa di diverso. Il gene per il colore del corpo e il gene per la dimensione delle ali non si distribuivano in modo indipendente: anzi, per lo più venivano ereditati congiuntamente. Solo un piccolo numero di individui presentava la ricombinazione prevista da Mendel. Questi risultati trovarono una spiegazione quando Morgan considerò la possibilità che i due loci (posizione in cui sono localizzati i geni sul cromosoma) fossero situati sullo stesso cromosoma, cioè che fossero associati. Dopo tutto, dato che in una cellula il numero dei geni è molto superiore a quello dei cromosomi, ogni cromosoma deve contenere parecchi geni. Oggi diciamo che l intera serie di loci di un dato cromosoma costituisce un gruppo di associazione. Il numero di gruppi di associazione tipico di una specie corrisponde al suo numero di coppie di cromosomi omologhi. Ad esempio, nella Drosophila abbiamo 4 coppie di cromosomi omologhi e, quindi, 4 gruppi di associazione. Adesso supponiamo che i loci Bb e Ff siano realmente posizionati su uno stesso cromosoma. Allora perché non tutti i moscerini dell incrocio di Morgan presentavano i fenotipi parentali? In altre parole, perché l incrocio produceva anche qualcosa di diverso da moscerini grigi con ali normali (tipo selvatico) e moscerini neri con ali vestigiali? Se l associazione fosse assoluta, cioè se i cromosomi rimanessero sempre integri e immutati, dovremmo aspettarci di osservare soltanto questi due tipi di progenie. Invece, non sempre è così. FIGURA 7 La scoperta dei gruppi di associazione. Incrocio tra un moscerino eterozigote per il colore del corpo e la lunghezza delle ali, e un moscerino omozigote recessivo per entrambi questi caratteri. I risultati ottenuti da Morgan smentiscono la legge dell indipendenza, e portano all idea dei geni concatenati, cioè situati sullo stesso cromosoma. FRA I CROMATIDI FRATELLI PUÒ AVVENIRE UNO SCAMBIO DI GENI Un associazione assoluta è un evento estremamente raro. Se l associazione fosse assoluta, la legge di Mendel dell indipendenza si applicherebbe soltanto ai loci situati su cromosomi diversi. La realtà dei fatti è più complessa e quindi anche più interessante. Dato che i cromosomi si possono spezzare, è possibile che si verifichi una ricombinazione di geni: talvolta durante la meiosi geni posti in loci diversi di uno stesso cromosoma effettivamente si separano l uno dall altro. Si può avere ricombinazione fra geni quando, durante la profase I della meiosi, due cromosomi omologhi si scambiano materialmente segmenti corrispondenti, cioè attraverso il crossing-over (FIGURA 8 pagina successiva). Come abbiamo visto nel capitolo «LA MEIOSI», durante la fase S del ciclo cellulare il DNA si duplica; perciò alla profase I, quando le coppie di cromosomi omologhi si avvicinano e formano le tetradi, ciascun cromosoma è composto di due cromatidi. Gli episodi di scambio coinvolgono soltanto due dei quattro cromatidi di una tetrade, uno per ciascun rappresentante della coppia di omologhi, e possono verificarsi in qualsiasi punto lungo il cromosoma. Fra i segmenti di cromosoma interessati avviene uno scambio reciproco, perciò tutti e due i cromatidi che partecipano al crossing-over diventano ricombinanti (cioè, finiscono per contenere geni provenienti da entrambi i genitori). Di solito lungo tutta l estensione di una coppia di omologhi si verificano più episodi di scambio. Quindi, se fra due geni associati avviene un crossing-over, non tutta la progenie di un incrocio presenta i fenotipi parentali; come nell incrocio di Morgan, compare anche una prole ricombinante. Ciò avviene in 14

15 una percentuale di casi, detta frequenza di ricombinazione, che si calcola dividendo il numero di figli ricombinanti per il numero totale di figli (FIGURA 9). FIGURA 8 Il crossing-over determina il fenomeno della ricombinazione genica. I geni collocati sullo stesso cromosoma ma in loci differenti possono essere separati e ricombinati mediante il fenomeno del crossing-over. La ricombinazione avviene durante la profase I della meiosi. FIGURA 9 Come si calcola la frequenza di ricombinazione. Il conteggio degli individui caratterizzati da un fenotipo differente rispetto a quello di entrambi i genitori permette di calcolare la frequenza di ricombinazione. LE MAPPE GENETICHE Se due loci si trovano vicini nel cromosoma, le probabilità che un crossing-over si verifichi proprio nel mezzo sono scarse; se invece i due loci sono lontani, esistono molti punti intermedi nei quali può avvenire un crossing-over. Questa situazione è una conseguenza del crossing-over: maggiore è la distanza fra due geni e più numerosi sono i punti del cromosoma nei quali può avvenire la rottura e la ricongiunzione dei cromatidi. In altre parole, immaginiamo di avere una bacchetta su cui trasversalmente siano tracciate due linee; quanto più vicine esse sono tra loro, tanto meno è probabile che si separino se si spezza la bacchetta. In una popolazione di cellule in meiosi, la percentuale che subisce ricombinazione fra due loci è maggiore se i loci sono lontani rispetto a quella di due loci vicini. Nel 1911, Alfred Sturtevant, allora laureando nel laboratorio di Morgan, si rese conto che questa semplice intuizione poteva servire per scoprire la posizione reciproca dei geni sul cromosoma. Il gruppo di Morgan aveva stabilito le frequenze di ricombinazione per molte coppie di geni associati della Drosophila. Sturtevant utilizzò questi valori per creare delle mappe genetiche che mostravano la disposizione dei geni lungo il cromosoma (FIGURA 10 pagina successiva). A partire dalla prima utilizzazione ad opera di Sturtevant, questo metodo è servito ai genetisti per mappare i genomi di procarioti, eucarioti e virus esprimendo le distanze fra geni in unità di mappa corrispondenti a una frequenza di ricombinazione di 0,01; questa unità è nota anche come centimorgan (cm), in onore del fondatore del laboratorio delle Drosophile. La FIGURA 11 pagina successiva, ti insegna a costruire una mappa genetica. 15

16 FIGURA 10 Le tappe per la costruzione di una mappa genetica. Poiché la probabilità di avere un genotipo ricombinante aumenta con l aumentare della distanza fra due loci su un cromosoma, Sturtevant poté elaborare la mappa parziale di un cromosoma di Drosophila utilizzando i dati ricavati da Morgan su cinque tratti recessivi. FIGURA 11 Mappatura di alcuni geni Lo scopo di questo esercizio è di stabilire l ordine con cui tre loci (a, b e c) compaiono su un cromosoma e di individuare la distanza (espressa in cm) che li separa uno dall altro. 16

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