Università degli Studi di Torino Facoltà di Medicina e Chirurgia
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- Lorenza Carnevale
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1 Università degli Studi di Torino Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche a.a. 2007/2008 Tesi di Laurea di II Livello L IMMUNOSOPPRESSIONE TUMORALE NEL CARCINOMA RENALE Relatore: Prof.ssa Lina Matera Candidato: Mariagrazia Simone
2 INTRODUZIONE 1. LA DIFESA IMMUNITARIA VERSO CELLULE TUMORALI L ospite è normalmente protetto da aggressioni interne ed esterne grazie a due tipi di risposte immunitarie: la risposta nativa e la risposta acquisita. La prima è mediata da granulociti, macrofagi e cellule natural killer (NK), mentre la seconda è una risposta specifica verso un particolare antigene ed è mediata da linfociti B e T. 1.1 Immunità nativa - I granulociti sono leucociti così chiamati per la presenza di abbondanti quantità citoplasmatiche di granuli: sono spesso catalogati come cellule infiammatorie poiché svolgono un ruolo fondamentale nell infiammazione e nell immunità naturale ed hanno la funzione di eliminare microrganismi e tessuti morti. Si possono distinguere tre tipi diversi di granulociti, che vengono classificati in base alle caratteristiche di colorazione dei loro granuli in: granulociti neutrofili, eosinofili e basofili. - I fagociti mononucleati sono cellule la cui funzione primaria è la fagocitosi, processo attraverso cui riescono ad inglobare l antigene estraneo e a distruggerlo; ciò è possibile grazie alla presenza di enzimi litici al loro interno. Fanno parte di questa classe di cellule i monociti e i macrofagi, che derivano da progenitori emopoietici del midollo osseo. I monociti sono rilasciati nel sangue non ancora totalmente differenziati e, una volta insediati nei tessuti, maturano in macrofagi. Questi ultimi rappresentano un elemento importante nell immunità antitumorale, in quanto esprimono recettori per il frammento Fc delle immunoglobuline e possono quindi indirizzare la propria attività citocida verso cellule ricoperte di anticorpi. 5
3 - Le cellule natural killer derivano dal midollo osseo e si presentano come una sottopopolazione di linfociti di grandi dimensioni dotati di numerosi granuli citoplasmatici: per tale motivo inizialmente furono denominate grandi linfociti granulari (Large Granular Lymphocytes, LGL). Tali granuli citoplasmatici contengono enzimi litici, che conferiscono alle NK la capacità di provocare la lisi delle cellule bersaglio e indurne la morte per apoptosi. Le cellule NK sono inoltre in grado di uccidere cellule tumorali e cellule infettate da virus; esse non esprimono recettori antigene-specifici, ma recettori per il complesso maggiore di istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex, MHC) di classe I associati per lo più a segnali inibitori. 1.2 Immunità acquisita Antigeni associati al tumore (TAA) Tra le aggressioni che allertano il sistema immunitario, un posto importante è occupato dall insorgenza di tumori. In questo caso, la risposta immunitaria acquisita sarà rivolta verso antigeni tumorali, i quali si suddividono in due categorie: antigeni tumore-specifici (Tumor Specific Antigen, TSA) e antigeni tumore-associati (Tumor Associated Antigen, TAA). Gli antigeni tumore-specifici sono espressi esclusivamente su cellule tumorali e, in quanto riconosciuti come estranei, sono in grado di evocare una risposta spontanea dell ospite. Gli antigeni tumore-associati sono invece antigeni normalmente espressi su cellule normali, ma la cui espressione su cellule tumorali è errata in termini di quantità, sede e tempo. Essi soltanto raramente inducono una risposta immune dell ospite, che nei loro confronti è generalmente tollerante. 6
4 1.2.2 Difesa umorale La difesa umorale è mediata dai linfociti B, le uniche cellule in grado di produrre anticorpi. Il loro recettore per l antigene (B Cell Receptor, BCR) è rappresentato dalla porzione variabile di anticorpi fissati alla membrana cellulare: l interazione dell antigene con questi anticorpi di superficie determina l attivazione dei linfociti B i quali si trasformano in plasmacellule, capaci di produrre e secernere anticorpi, e in cellule B della memoria che intervengono nella risposta secondaria, cioè in caso di una seconda stimolazione da parte dello stesso antigene Difesa cellulare Essa avviene ad opera dei linfociti T, cellule derivanti dal midollo osseo che successivamente migrano nel timo, dove vanno incontro a maturazione. I linfociti T si distinguono a loro volta in due popolazioni: T helper (CD4 + ) e T citotossici (CD8 + ). Le cellule T non producono anticorpi e presentano sulla loro superficie una serie di molecole che costituiscono il sistema recettoriale per l antigene, il cosiddetto T Cell Receptor (TCR). Attraverso questo recettore, tali cellule sono in grado di riconoscere solo peptidi antigenici legati a proteine MHC ed espressi sulla membrana delle cellule presentanti l antigene. I linfociti T helper attivati secernono citochine che a loro volta agiscono su altre cellule attivandole, mentre i linfociti T citotossici possono uccidere le cellule tumorali attraverso due meccanismi 12 : - la produzione di IFN, citochina in grado di promuovere la generazione di cellule CD4 + Th1 tumore-specifiche, di cellule T citotossiche (CTL) e di stimolare l attività citocida dei macrofagi, facilitando lo sviluppo di una risposta antitumorale sia nativa che acquisita; 2,5 - l attività citolitica, ossia la capacità di uccidere direttamente le cellule tumorali: tale attività può essere mediata dal rilascio di perforine quali il Granzyme B, una serin proteasi in grado di indurre apoptosi nella cellula bersaglio, 5,6 oppure dal legame tra il recettore di morte Fas presente sulle cellule tumorali ed il suo ligando (FasL) presente sui CTL. 7
5 Riconoscimento diretto e indiretto (cross-presentazione) L attivazione della risposta delle cellule T dipende dall appropriata presentazione dell antigene da parte delle cellule dendritiche (DC), facenti parte del gruppo di cellule presentanti l antigene (Antigen Presenting Cell, APC). Esse si sviluppano nel midollo osseo a partire da cellule progenitrici emopoietiche CD34 + (Hematopoietic Progenitor Cells, HPCs), sotto il controllo di una complessa rete di molecole prodotte ed espresse dallo stroma midollare; da questi progenitori CD34 + deriva il precursore emopoietico della DC presente nel sangue ovvero il monocito, caratterizzato dal marker CD14 e non proliferante. La capacità delle cellule dendritiche di stimolare i linfociti T si basa su due eventi: uno è quello di processare e presentare l antigene in associazione alle molecole MHC, e l altro di esporre in membrana un alto numero di questi complessi al fine di mediare il legame con i linfociti T. Queste funzioni si sviluppano sequenzialmente durante la maturazione delle DC: 3 - quando sono immature, le idc (immature Dendritic Cell, idc) inglobano l antigene attraverso meccanismi di fagocitosi e macropinocitosi, e avvalendosi di recettori come quello macrofagico del mannosio, Fc ed Fc ; - la cattura dell antigene induce le DC a maturare (mature Dendritic Cell, mdc) e ad esprimere più intensamente sulla membrana cellulare le molecole MHC e quelle di costimolazione (CD80, CD86, CD40), nonché gli antigeni associati al differenziamento in senso dendritico (come CD83 e p55). Nel contempo, viene progressivamente perduta la capacità di catturare e processare l antigene e viene acquisita la capacità di migrare verso il linfonodo per la presentazione ai linfociti, grazie alla regolazione positiva del recettore per le chemochine CCR7. L esposizione degli antigeni tumorali da parte delle cellule dendritiche per la presentazione alle cellule T naive (priming) è un processo successivo all inglobamento delle cellule tumorali da parte delle idc. Le proteine tumorali sono clivate per opera del proteasoma, processate e presentate sulla superficie cellulare in associazione con le molecole MHC. Le cellule T riconoscono gli antigeni tumorali e le molecole costimolatorie presenti sulle mdc e vanno incontro ad attivazione. Gli 8
6 antigeni self o derivanti da virus sono presentati nel contesto delle molecole MHC di classe I e riconosciuti dai linfociti T CD8 +, mentre gli antigeni esogeni sono presentati in membrana in associazione alle molecole MHC di classe II e sono in grado di attivare le cellule T CD4 +. Una proprietà unica delle cellule dendritiche è la cross-presentazione, che consiste nel caricamento di peptidi di derivazione esogena (come quelli tumorali) su molecole MHC di classe I ed il conseguente reclutamento dei precursori dei linfociti CD8 citotossici (cross-priming, Fig.1). Se le cellule T riconoscono il complesso MHC-peptide su dendritiche immature o difettose, esse andranno incontro ad anergia. Fig. 1. Presentazione diretta e cross-presentazione [ref. 3] 9
7 2. LE FASI DI CONTROLLO DELLA CRESCITA TUMORALE 2.1 La fase dell immunosorveglianza L immunosorveglianza è la capacità dell ospite di riconoscere tempestivamente i cloni cellulari maligni emergenti, in modo da distruggerli prima che la massa tumorale possa raggiungere dimensioni critiche. 8,9 Tale concetto, proposto da Burnet nel 1970, è oggi supportato dalla scoperta di oltre 1000 antigeni tumorali umani e da molteplici evidenze sperimentali e cliniche: nell uomo l infiltrazione da parte delle cellule T, ad esempio, costituisce un potente marcatore predittivo di sopravvivenza in molti tumori. 2.2 L immunoevasione Alla fase di equilibrio segue la fase di immunoevasione, che può essere il risultato di un processo di immunoselezione (o immunoediting) oppure di una soppressione attiva da parte dello stesso tumore. 1,4,10,11, Immunoediting L immunoediting è la capacità del sistema immunitario di scolpire tumori caratterizzati da scarsa immunogenicità e da un buon potenziale di sopravvivenza; 1,4,12 questa ipotesi fu proposta per la prima volta nel 2002 da GP. Dunn, LJ. Old e RD. Schreiber. Secondo la teoria dell immunoediting, le cellule tumorali che emergono dalla fase di equilibrio sono state modellate dal sistema immunitario nel loro microambiente e possono perciò progredire verso la fase di evasione, nella quale la crescita tumorale può procedere libera dal controllo del sistema immunitario e il tumore diventare clinicamente evidente. Le mutazioni in grado di conferire resistenza all attacco immunologico riguardano la perdita di espressione degli Ag tumorali, e lesioni o 10
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