TESINA DI FISICA L ESPERIMENTO DI MICHELSON E MORLEY. Gioia Loprete

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1 TESINA DI FISICA L ESPERIMENTO DI MICHELSON E MORLEY Gioia Loprete

2 2 INDICE INTRODUZIONE 3 ESPERIMENTO STANDARD 4 ESPERIMENTO EFFETTUATO CON ROTAZIONE DI 90 7 CONCLUSIONE 8

3 3 INTRODUZIONE Già al tempo di Galileo Galilei si credeva che la velocità della luce fosse finita. Ogni tentativo sperimentale di calcolarla fallì miseramente a causa dell inadeguatezza delle apparecchiature usate per calcolare una velocità così grande. Discussioni sulla duplice natura della luce ebbero già inizio con Isaac Newton e Christiaan Huygens, sostenitore delle ideologie della fisica classica. Newton difendeva la teoria corpuscolare della luce che si propagava secondo le leggi della meccanica galileiana. I corpuscoli si sarebbero dovuti propagare in linea retta, rispettando i tipici fenomeni ottici, come la riflessione e la rifrazione; la riflessione era vista come un urto elastico dei corpuscoli; la rifrazione, invece, avveniva quando un corpuscolo, passando da un mezzo di propagazione ad un altro, con consistenza diversa, subiva una forza perpendicolare alla superficie del mezzo e la sua traiettoria veniva modificata. Christiaan Huygens, invece, sosteneva un ipotesi ondulatoria. L onda, quindi, trasportava energia e si propagava attraverso la perturbazione di un mezzo di trasmissione. La fisica classica percepiva questa propagazione delle onde attraverso un mezzo invisibile e sottile che venne chiamato etere luminifero. Si pensava che l etere fosse solidale al sole e che perciò i maggiori effetti della sua presenza sarebbero stati da attribuire al moto di rivoluzione della terra. Gli scienziati, quindi, vollero dimostrare l esistenza dell etere e le caratteristiche di questo mezzo. Se l etere fosse realmente esistito, la velocità della luce sarebbe stata diversa nelle varie direzioni.

4 4 ESPERIMENTO STANDARD L esperimento di maggior importanza fu quello di Michelson e Morley. Nel 1881 il fisico statunitense Albert Abraham Michelson ( ) ideò e realizzò un esperimento ripetuto in versione conclusiva nel 1887, con la collaborazione del collega Edward William Morley ( ) a Cleveland. L esperimento, avrebbe dovuto dare la conferma definitiva alla teoria dell etere. L idea chiave, che avrebbe permesso di ottenere il risultato voluto, fu quella di sfruttare l estrema sensibilità della figura d interferenza, formata dalla sovrapposizione, in un punto, di due onde luminose. L apparato sperimentale è costituito da un interferometro a due bracci perpendicolari ideato dallo stesso Michelson. Il suo funzionamento si può schematizzare nel modo seguente: un onda luminosa è emessa da una sorgente monocromatica; la luce raggiunge uno specchio semiargentato (H); parte della luce viene diretta verso lo specchio (A), mentre parte raggiunge lo specchio (B). I segmenti HB e HA sono le braccia dell interferometro e hanno rispettivamente lunghezza pari a HB = L1 e HA = L2. Il primo raggio, non deviato, prosegue nella direzione originaria, viene ritrasmesso all indietro da un secondo specchio, poi deviato verso uno schermo. Il secondo raggio, invece, viene diretto perpendicolarmente al primo, riflesso all indietro e portato allo stesso schermo.

5 5 I due raggi, inizialmente parte della stessa onda, compiono all incirca il medesimo cammino ottico, anche se per un tratto in direzioni ortogonali. Infine vanno a coincidere nel medesimo schermo, dove formano una figura d interferenza. Michelson e Morley montarono l intero apparato su una solida base di roccia (con lato circa 1.5 metri), galleggiante su mercurio, ruotante attorno all asse centrale e riparata da un coperchio di legno.

6 6 Nell ipotesi semplice in cui un braccio dell interferometro fosse stato esattamente parallelo alla direzione della velocità della terra rispetto all etere, il raggio avrebbe subito una spinta o una frenata nel caso in cui fosse stato ad esso concorde od opposto. Il tempo impiegato sarebbe stato: Invece, il raggio luminoso perpendicolare a v, avrebbe risentito trasversalmente del vento d etere, impiegando nel suo tragitto il tempo: dove l1 ed l2 indicano le lunghezze dei bracci dell apparato, v il modulo della velocità relativa tra terra ed etere e c la velocità della luce, pari a km/s. Ai tempi di Michelson e Morley, si riteneva che il Sole fosse fermo: era quindi naturale ammettere che la velocità c fosse la velocità nel sistema dell etere, rispetto al quale il Sole era considerato fermo. La figura d interferenza si forma poiché la differenza di tempo nel compiere i due cammini ottici modifica la relazione di fase tra i due raggi. Quindi, T1 = THB THA

7 7 ESPERIMENTO EFFETTUATO CON ROTAZIONE DI 90 Si effettuò poi una seconda prova ruotando l interferometro di 90. Se l etere fosse realmente esistito, il tempo necessario ai raggi per completare il percorso precedentemente descritto, doveva risultare diverso. La rotazione di 90 gradi di tutto l apparato ha l effetto di scambiare i ruoli dei due bracci e perciò i tempi impiegati a percorrere i due bracci sono: Quindi, in definitiva, la rotazione produceva la differenza: T2 = THB2 THA2

8 8 CONCLUSIONE Gli sperimentatori si aspettavano che la rotazione dell interferometro avrebbe prodotto un visibile spostamento delle frange d interferenza di 0,4, mentre T e T2 erano perfettamente identici. I due scienziati proseguirono, poi, con le misurazioni ad ogni sedicesimo di giro della base sottostante, per tre giorni attorno a mezzodì e altre tre volte verso le sei di sera. Ne risulta, quindi, che le velocità non subiscono cambiamenti, ma anzi, rimangono sempre uguali. L esito fu molto diverso dalle aspettative e Michelson e Morley scrissero nell articolo On the Relative Motion of the Earth and the Luminiferous Ether (Journal of Science, 1887) che vi poteva essere la remota possibilità, che nel periodo d osservazione, il moto dell intero sistema solare si fosse combinato con il moto di rivoluzione terrestre, in maniera da annullare il vento d etere. S impegnarono, quindi, a ripetere le misure ad intervalli di tre mesi di tempo, allo scopo di eliminare questa incertezza. La delusione per l esito negativo dell esperienza fu tale che il proposito fu subito abbandonato. In questo modo, nonostante l esperimento non riuscisse a spiegare la presenza dell etere, si poté calcolare con maggior precisione la velocità della luce. Inoltre, il pregio più importante di questo esperimento fu, come compresero anche gli autori, di aver portato all invenzione dell interferometro, uno strumento di precisione mai vista prima, che divenne in seguito lo strumento principe per misure di precisione e che nel 1907 valse a Michelson il Premio Nobel.

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