FISICA MODERNA per allievi di Matematica, Fisica Computazionale e Informatica (De Angelis)
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- Costanza Graziani
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1 Università di Udine Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali FISICA MODERNA per allievi di Matematica, Fisica Computazionale e Informatica (De Angelis) Appunti per il corso dell A.A. 2002/2003 Bozza 2.1 del 3/9/02 1) Le origini della Fisica Quantistica - Aspetti corpuscolari della radiazione - Aspetti ondulatori delle particelle 2) Funzione d onda ed equazione di Schrödinger - Potenziali lineari a tratti; barriere di potenziale ed effetto tunnel - Principio d indeterminazione di Heisenberg - Sistemi conservativi nell intorno di una posizione di equilibrio stabile 3) Atomi - Potenziali a simmetria sferica - L atomo d idrogeno - Spin e principio di Pauli - Atomi a più elettroni: cenni sulla tavola periodica 4) Statistiche quantistiche - Bose-Einstein (bosoni) - Fermi-Dirac (fermioni); meccanismi di conduzione 5) Cenni sulla meccanica quantistica in un quadro formale (fisici e matematici) o Cenni sui dispositivi a semiconduttore (informatici e ingegneri) 6) Teoria della relatività speciale - Invarianza dell intervallo spaziotemporale e trasformazioni di Lorentz - Dinamica relativistica - Formulazione covariante della teoria elettromagnetica
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3 Capitolo 1 Le origini della fisica quantistica Il mondo era così recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito. Gabriel Garcia Márquez Cent anni di solitudine Alla fine del secolo scorso era opinione generale che la meccanica newtoniana e la teoria di Maxwell dell elettromagnetismo spiegassero tutta la realtà fisica. Gli enti fisici venivano ricondotti a due rappresentazioni: particelle e onde. Alcuni esperimenti indicarono tuttavia fenomeni difficili da inquadrare nei modelli conosciuti: in particolare evidenze sperimentali puntavano verso il fatto che alcuni sistemi fisici possono assumere solo livelli ben definiti (quantizzati) di energia, che la descrizione corpuscolare è talora inadeguata a rappresentare il comportamento delle particelle, e che la descrizione ondulatoria è talora inadeguata a rappresentare il comportamento della radiazione. L esposizione in questo capitolo non rispecchia la storia della fisica. 1.1 La radiazione di corpo nero Una delle eccezioni al successo della teoria ondulatoria era associata al calcolo della radiazione emessa da un corpo a una determinata temperatura
4 2 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA T. Constatiamo l emissione di radiazione da parte di corpi ogni giorno: il sole, il filamento di una lampadina percorsa da corrente - ma anche il filamento di una lampadina non percorso da corrente, ancorché fuori dal visibile. Infatti un qualunque corpo a una qualunque temperatura T > 0 emette radiazione. La teoria elettromagnetica classica consente di calcolare la radiazione emessa da un emettitore e assorbitore perfetto (corpo nero). Un foro in una cavità è ad esempio con buona approssimazione un corpo nero: la radiazione che entra nel foro può uscirne con probabilità bassa. Raileigh e Jeans descrissero la distribuzione di energia (intensità) I delle onde emesse modellando la radiazione di corpo nero come quella proveniente da un insieme di oscillatori che possono emettere e assorbire radiazione a ogni frequenza λ. L espressione ottenuta di/dλ = 2πc k BT λ 4 (1.1) (dove k B è la costante di Boltzmann e c è la velocità della luce) diverge per λ 0 (catastrofe ultravioletta): tutti i corpi dovrebbero emettere ad alte frequenze (apparendo blu) e perdere rapidamente tutta la loro energia. Le osservazioni sperimentali erano in contrasto con il calcolo classico (Figura 1.1): 1. Legge di Stefan-Boltzmann: l intensità totale emessa per unità di tempo vale I = σt 4 con σ W/(m 2 K 4 ). Si noti che l integrale della (1.1) diverge. 2. Legge di Wien: lo spettro di emissione ha un massimo nella lunghezza d onda λ MAX = 2.9µm T/1000K (ad esempio approssimando il sole con un assorbitore perfetto si ha T 6000K). Si noti che la (1.1) non ha massimo. Il calcolo classico riproduce i dati sperimentali per grandi lunghezze d onda. Nel 1900 Planck propose una teoria della radiazione di corpo nero che riproduceva i dati sperimentali a tutte le lunghezze d onda. In questa teoria
5 1.1 La radiazione di corpo nero 3 Figura 1.1: Radiazione di corpo nero. le molecole non possono avere energie arbitrarie, ma al contrario le energie sono quantizzate, ossia possono avere solo valori discreti. E = nhf dove f è la frequenza di vibrazione, n è un intero positivo e h è una costante, oggi chiamata costante di Planck. Inoltre postulò che quando una molecola passa da uno stato di energia più alta a uno di energia più bassa essa emette un quanto di energia E = h n f. Con questi postulati, l espressione ottenuta per la radiazione di corpo nero è Per di dλ = 2πc 1 hc λ 5 e hc/λk BT 1. h Js i dati sperimentali sono ben riprodotti. Planck quindi poteva spiegare la radiazione di corpo nero; si noti che l espressione di Planck tende all espressione di Raileigh e Jeans nei limiti per λ e per h 0.
6 4 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA Figura 1.2: Apparato sperimentale per evidenziare l effetto fotoelettrico. Era sensazione generale tuttavia che le ipotesi di Planck fossero solo un artificio matematico per risolvere il problema. 1.2 Proprietà corpuscolari della radiazione L effetto fotoelettrico Quando una superficie metallica viene colpita da radiazioni di frequenza sufficientemente alta essa libera elettroni; anche in assenza di differenza di potenziale V applicata si può quindi misurare una corrente nell apparato di Figura 1.2. È quindi plausibile che la luce provochi l emissione di elettroni dal catodo. Questo fenomeno, noto all inizio del secolo, si manifesta con caratteristiche inspiegabili dalla fisica classica. In particolare: 1. L emissione, se avviene, è istantanea e il tempo di risposta non dipende dall intensità I della radiazione (qualora l emissione avvenga l intensità della corrente è proporzionale all intensità della radiazione incidente, in accordo con quanto atteso in base a ragionamenti classici). 2. Se la frequenza viene mantenuta costante e V è diretto in modo tale da opporsi al flusso, la corrente si annulla per un valore del potenziale
7 1.2 Proprietà corpuscolari della radiazione 5 Figura 1.3: Sinistra: Dipendenza della corrente dalla differenza di potenziale applicata V. Destra: dipendenza del potenziale di arresto dalla frequenza della luce f. V = V s ; V s, detto potenziale di arresto, non dipende da I. L energia cinetica degli elettroni emessi dipende dalla frequenza della radiazione incidente e non dalla sua intensità. 3. L emissione avviene solo se la luce ha frequenza maggiore di una certa frequenza di soglia f 0, e il potenziale d arresto è legato alla frequenza dalla relazione ev s = h(f f 0 ). La spiegazione di questo fenomeno sta nel fatto che l energia della radiazione incidente si trasforma in energia cinetica degli elettroni scatterati, che in conseguenza si muovono. Non sempre però essi si staccano dalle proprie orbite, in quanto l energia cinetica deve essere superiore all opposto dell energia totale (negativa) che tiene legati gli elettroni all atomo. Questo valore energetico è il potenziale di arresto, e dipende dal tipo di metallo usato come catodo; tipicamente vale 4-5 V. Einstein suppose che l energia dell onda incidente fosse concentrata in pacchetti discreti, chiamati fotoni, ciascuno di energia E = hf.
8 6 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA Quindi, se l energia di legame degli elettroni degli strati più esterni vale E 0, l energia cinetica E K acquistata dagli elettroni estratti vale: E K = hf E 0 (E K > E 0 ). L intensità della radiazione incidente determina invece il numero degli elettroni destinati ad uscire dall orbita: più sono i fotoni incidenti maggiore è il numero di elettroni con cui essi interagiranno. Numerose sono le applicazioni pratiche dell effetto fotoelettrico: ad esempio celle fotoelettriche nel televisore, nel cinema sonoro, nelle macchine fotografiche e in generale negli strumenti mediante i quali si vuole evidenziare mediante un impulso di corrente una variazione di un effetto luminoso L effetto Compton Nel 1922 Compton mise in luce il problema del cambiamento della lunghezza d onda di una radiazione monocromatica, ad esempio un fascio di raggi X, in seguito all attraversamento di una sottile lamina, per esempio di grafite. La lunghezza d onda della radiazione diffusa dalla lamina risulta essere maggiore di quella della radiazione incidente (e quindi si verifica una diminuzione della frequenza), e la variazione di lunghezza d onda dipende dall angolo di deviazione (Figura 1.5). Questa situazione sperimentale andava a scontrarsi con la teoria della fisica classica secondo la quale ogni volta che la radiazione elettromagnetica interagisce con una particella carica, la radiazione diffusa, qualunque sia la direzione, ha la stessa frequenza (e quindi la stessa lunghezza d onda se il mezzo di propagazione non cambia) della radiazione incidente. Per spiegare il fenomeno, Compton prese spunto dalle nuove teorie riguardanti l interpretazione quantistica della radiazione elettromagnetica, e ipotizzò che la parte dell energia persa dalla radiazione fosse stata trasmessa agli elettroni più esterni della lamina, permettendo ad essi di sganciarsi dalla grafite. Il collegamento con la teoria dei quanti consiste nel fatto che il fotone ha un energia hf proporzionale alla frequenza; nell interazione con l elettrone esso perde parte dell energia (e quindi la sua lunghezza d onda aumenta). In particolare, se indichiamo con φ l angolo di diffusione del fotone dopo l urto con l elettrone e con λ la differenza tra la lunghezza d onda del fotone prima e dopo l urto si può calcolare (faremo questo calcolo dopo avere introdotto
9 1.3 Proprietà ondulatorie della materia 7 Figura 1.4: Schema del processo di scattering Compton. la teoria della relatività speciale) che: λ = h (1 cos φ) m e c dove c è la velocità della luce, h la costante di Planck e m e la massa dell elettrone. Il risultato spiega i dati sperimentali. La quantità h/mc viene chiamata lunghezza d onda Compton di una particella di massa m; per l elettrone ha valore di circa 2.4 pm. 1.3 Proprietà ondulatorie della materia Se la luce può avere manifestazioni corpuscolari, è ragionevole pensare che a loro volta le particelle siano soggette a fenomeni per spiegare i quali è necessario invocare la meccanica ondulatoria. Ciò infatti si verifica sperimentalmente: in particolare, gli elettroni sono soggetti a fenomeni di diffrazione così come le onde classiche. In tali fenomeni l elettrone si comporta come un onda di lunghezza λ = h = p = k. p
10 8 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA Figura 1.5: Misura della lunghezza d onda del fotone diffuso dopo scattering Compton in funzione dell angolo di osservazione.
11 1.4 Spettri di emissione degli atomi e modello di Bohr 9 Figura 1.6: Meccanismi di emissione e di assorbimento della luce. L equazione precedente viene detta relazione di de Broglie. Ad esempio ad un elettrone che si muove a velocità v = 10 7 m/s è associata una lunghezza d onda λ m, dell ordine delle distanze interatomiche. 1.4 Spettri di emissione degli atomi e modello di Bohr Un altro grande problema irrisolto all inizio del ventesimo secolo riguardava gli atomi. Da un lato il modello in base al quale gli elettroni (negativi) orbitano attorno al nucleo comportava l instabilità dell atomo: gli elettroni avrebbero dovuto perdere energia per l irraggiamento che compete alle cariche accelerate, e quindi cadere nel nucleo. Inoltre, se la radiazione da parte degli atomi è legata a cambiamenti di energia nel moto degli elettroni, lo spettro di luce emesso dagli atomi dovrebbe essere continuo. Si osserva al contrario che lo spettro della luce emessa da atomi energetici (sodio e mercurio ad esempio) non è in generale continuo, ma composto da righe individuali, come ci si aspetterebbe se solo livelli discreti di energia fossero concessi agli elettroni, e la luce venisse emessa nella transizione tra due livelli (Figura 1.6). Considerazioni analoghe valgono per le energie assorbite. Alla fine del diciannovesimo secolo si osservò che le lunghezze d onda della luce emessa dall idrogeno soddisfacevano alla relazione 1 λ = R H ( 1 n 2 1 m 2 ), (1.2)
12 10 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA Figura 1.7: Onde stazionarie di de Broglie per un elettrone in un orbita circolare. con n < m numeri interi. Nel modello di Bohr gli elettroni orbitano intorno al nucleo, essendo ad esso legati dall attrazione elettrostatica. Se il comportamento degli elettroni è quello di un onda, è plausibile che gli stati stabili siano caratterizzati da onde stazionarie. Supponiamo che le orbite degli elettroni in un atomo per le quali le onde di materia sono stazionarie possano essere le sole orbite stabili (Figura 1.7). Se r è il raggio dell orbita, si deve avere 2πr = nλ ; n = 1, 2... e dunque, utilizzando la relazione di de Broglie 2πr = n h p = pr = L = n. Il momento angolare e quindi quantizzato. Dalla quantizzazione del momento angolare si può ricavere la quantizzazione dei valori concessi per il raggio. Abbiamo F = mv2 r = 2 E K r = 1 4πɛ 0 e 2 r 2 = E K = 1 4πɛ 0 e 2 2r E p = 1 4πɛ 0 e 2 r = E K + E p = E = 1 4πɛ 0 e 2 2r (1.3) (1.4)
13 1.4 Spettri di emissione degli atomi e modello di Bohr 11 Da L = mvr = n (1.5) E K = m 2 v2 = 1 e 2 4πɛ 0 2r (1.6) si ricava, sostituendo l espressione di v nella seconda equazione, r = 4πɛ 0 n 2 2 me 2 r n. Si noti che, come deve essere per stati legati: L energia totale è negativa. La media temporale dell energia cinetica è pari alla metà della media temporale dell energia potenziale in modulo (teorema del viriale). Il più piccolo valore del raggio concesso si dice raggio di Bohr a 0 : 2 a 0 = 4πɛ 0 = 0.053nm. (1.7) me2 Poiché il raggio e l energia sono in relazione tramite la (1.4), si ricava per la quantizzazione dell energia: E n = 1 e 2 = 1 e 2 1 ev = πɛ 0 2r n 4πɛ 0 2a 0 n2 n 2 È immaginabile che un elettrone, nel passare da uno stato di energia E i a uno stato di energia E f < E i, emetta un quanto di energia (fotone) di frequenza f tale che f = (E i E f )/h (Figura 1.6). Si ha dunque ( ) f = E i E f = 1 e h 4πɛ 0 2a 0 h n 2 i da cui con ( 1 λ = f c = R 1 H n 2 f n 2 f 1 n 2 i R H = 1 e 2 4πɛ 0 2a 0 hc. Otteniamo quindi la relazione (1.2). Bohr era arrivato alle stesse conclusioni prima dell enunciato della relazione di de Broglie, postulando che: )
14 12 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA I soli stati concessi per l elettrone siano quelli con L = n, e che non irradino; L atomo emetta o assorba radiazione quando un elettrone passa da uno stato stazionario all altro, e che, detta E la differenza di energia tra i due stati, la frequenza dell onda associata al fotone emesso sia f = E/h. 1.5 Conclusione Verso la fine del secolo scorso evidenze sperimentali indicarono tra l altro la quantizzazione di fenomeni fisici, e il fatto che le rappresentazioni delle particelle mediante punti materiali e della radiazione mediante onde erano insufficienti. C era bisogno di un nuovo concetto per rappresentare gli enti fisici. Per rappresentare i fenomeni d interferenza osservati, le particelle dovevano essere rappresentate da funzioni d onda in uno spazio almeno bidimensionale (per rendere conto di ampiezza e fase). Il più piccolo ambiente per questa rappresentazione sono le funzioni complesse delle coordinate spaziali e del tempo; il concetto più semplice sembra quello di onde di probabilità. Problemi 1. Calcolare l energia e il momento di un fotone rosso, con lunghezza d onda λ=650 nm e calcolare la lunghezza d onda di un fotone con energia pari a 2.0 ev. 2. Sapendo che il potenziale d estrazione del tungsteno è V s = 4.52 ev, determinare la frequenza di taglio fotoelettrica per questo metallo, la massima energia cinetica dei fotoelettroni quando la radiazione ha lughezza d onda di 200 nm ed il potenziale frenante in questo caso. 3. Utilizzando la legge di Wien, calcolare la lunghezza d onda alla quale un oggetto a temperatura ambiente (T=20 C) emette la massima radiazione termica e stabilire fino a quale temperatura va riscaldato l oggetto perché si presenti di colore rosso (λ=650 nm).
15 1.5 Conclusione Raggi X di lunghezza d onda 0.24 nm sono diffusi secondo la relazione di Compton e il fascio diffuso è osservato ad un angolo di 60 rispetto la direzione di incidenza. Calcolare la lunghezza d onda dei raggi X diffusi, l energia dei fotoni X diffusi, l energia degli elettroni diffusi e la loro direzione rispetto quella d incidenza. 5. Stimare le lunghezze d onda di De Broglie per (a) un automobile dal peso di 1000 kg che viaggia a 100 km/h e (b) un protone con energia di 150 MeV. 6. Una palla da biliardo di massa m=100 g è posta su un piano entro la lunghezza di 1 m. Per il principio di indeterminazione dobbiamo ammettere che la biglia abbia una piccola velocità. Calcolarne il valore e commentare il risultato.
16 14 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DELLA FISICA QUANTISTICA
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