FILOSOFIA DI ARISTOTELE

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1 FILOSOFIA DI ARISTOTELE 1. L oggetto della fisica La fisica studia l oggettività materiale La fisica o filosofia seconda ha come oggetto l insieme dei fenomeni sensibili del mondo esterno, in quanto dotati di movimento e sottoposti al divenire. La sua radice è la stessa del termine phýsis (= natura), che Aristotele non intende più come ciò che, in generale, definisce l ambito dell oggettività, ma come l oggettività materiale, caratterizzata dall instabilità e dal mutamento. Essa fa parte delle scienze teoretiche assieme alla matematica e alla filosofia prima; il suo compito non è dunque solo quello di descrivere gli oggetti materiali, ma anche di individuarne i criteri di comprensione attraverso principi astratti. Queste caratterizzazioni danno alla fisica aristotelica un impronta ben precisa che possiamo esprimere nel modo seguente. La fisica è scienza qualitativa 1. Come scienza teoretica o contemplativa, l indagine fisica sul mondo dei fenomeni non ha per Aristotele alcuna connotazione sperimentale, pratica o tecnica. Essa è anzi una scienza qualitativa di tipo analitico, che possiamo intendere come un autentica metafisica o ontologia della natura a carattere finalistico. Ciò basta a distinguerla dalla fisica moderna di matrice galileiana, caratterizzata invece dallo sperimentalismo e dalla riduzione matematico-quantitativa dei concetti, corrispondentemente a una concezione antimetafisica e meccanicistica della natura. 2. Al tempo stesso, proprio per il fatto di essere una scienza, la fisica in senso aristotelico implica una riabilitazione del mondo fenomenico e materiale, che non è più consegnato al non-essere (Parmenide) o ridotto all apparenza sensibile del vero essere ideale (Platone), ma sebbene in senso derivato gode di una sua autonomia conoscitiva, determinata, appunto, dalla natura particolare degli oggetti sensibili, che ci vengono offerti tramite l esperienza. 3. Come metafisica della natura, la fisica ha in comune con l ontologia i principi fondamentali dell essere, i quali testimoniano in tal modo la loro onnipervasività o trascendentalità. 4. Se il metodo dell indagine fisica si avvale di ipotesi, esperienze, induzioni e descrizioni in modo simile a come oggi siamo abituati a concepirle, la spiegazione dei fenomeni è, invece, razional-deduttiva. Essa opera con una grande semplicità strutturale ed è dotata di un alto potere esplicativo, addirittura prossimo alla tautologia. Sono infatti l intima natura delle cose, la loro forma e la loro costituzione intrinseca a determinare ciò che le cose sono e come possiamo conoscerle, non i concetti, le credenze o gli schemi intellettuali dell uomo 1. Al contrario, dunque, di quello che in prima istanza può sembrare, la fisica aristotelica non è né antropomorfica né una semplice proiezione psicologica di pensieri soggettivi sul mondo. Il mondo fisico ha anzi per Aristotele una sua struttura logica e oggettiva che si proietta nell ontologia 2. Una simile strutturazione logica conferisce alla natura materiale l immagine di un grande edificio perfettamente simmetrico, sorretto dagli

2 schemi sostanzialistici dell atto e della potenza, della forma e della materia, dell essenza e dell accidente. I principi del mondo fisico sono materia e forma La materia come possibilità e necessità a1. Prima condizione ontologica: la materia (hýle). La materia spiega innanzitutto l esistenza nel mondo fisico di una causalità meccanica, irrazionale, legata alla necessità e al caso come conseguenze della presenza nei fenomeni di un substrato in eterno cambiamento. Nel mondo sensibile (Aristotele parla anche di una materia intelligibile, per esempio l aspetto matematico degli enti concreti, che qui non consideriamo), la materia si presenta infatti sia come possibilità pura, causa della contingenza di tutto ciò che accade, sia come necessità, che corrisponde alla sua azione ateleologica, cioè resistente alla determinazione della forma. a2. Seconda condizione ontologica: la forma (morphé, éidos). La presenza fisica della forma assimila la natura alla causa intelligente dell arte, con l unica differenza che, mentre la causa intelligente degli esseri naturali è interna, quella dei prodotti dell arte è esterna. La forma, in quanto principio di organizzazione o razionalizzazione della materia, assume due aspetti: uno staticoessenziale, volto a indicare la determinazione del mondo sensibile, cioè la permanenza e la stabilità della natura nella sua compiutezza, e uno dinamico-funzionale, volto invece a indicare la causa efficiente e il fine che danno senso al movimento. Il secondo aspetto è in realtà subordinato al primo, così come il fine (entelécheia), che implica la realizzazione dell essenza o della natura intrinseca di ciascun essere, vincola il dinamismo espresso da ogni causa efficiente (forza, movimento ecc.). In termini biologici: la fisiologia e il funzionamento dei corpi fisici sono subordinati alla morfologia, che esprime la loro conformazione strutturale. L autonomia cinetica b1. Prima condizione fenomenica: l autonomia cinetica. Il movimento di ogni essere fisico è autonomo, non nel senso che abbia in sé ogni causa (le cause possono infatti essere anche esterne, cioè determinate da altri movimenti o forze), ma nel senso che le condizioni sono tutte già date nella sua essenza come sinolo (unione di materia e di forma). La natura non opera che per sé stessa e a partire da sé stessa. Il divenire b2. Seconda condizione fenomenica: il divenire. Il movimento è sempre mutamento o trasformazione, ossia, in generale, è un divenire qualcosa che nello stato precedente non si è o non si possiede come attributo. All interno di questa caratterizzazione generale, che implica una connessione tra essere e non-essere come termini relativi, il movimento similmente all essere assume molteplici significati.

3 3. Il movimento e il suo scopo Il movimento come modificazione di stato Per Aristotele, che anche in questo si conferma fedele al suo realismo, il movimento è un dato di fatto originario della natura la cui esistenza non necessita di giustificazione, ma solo di spiegazione. Esso non indica un passaggio dal non-essere assoluto all essere e viceversa passaggio evidentemente impossibile nella misura in cui ciò presuppone sempre l esistenza di qualcosa, bensì unicamente una modificazione di stato all interno dello stesso essere. Ciò permette di spiegare il movimento facendo riferimento all ontologia delle categorie, intese secondo i caratteri dinamici e trasversali della potenza e dell atto. Il divenire come passaggio dalla potenza all atto Così, per esempio, quando un ente o una sostanza si trova in una certa situazione fisica e, successivamente, in un altra, diciamo che esso è stato sottoposto al divenire, cioè ha modificato la propria condizione fisica. Ma è sempre il medesimo ente che ha subìto una modificazione, come medesimo è l insieme delle cose, cioè la natura che diviene. Occorre dunque che lo stato precedente di un ente venga concepito in potenza rispetto allo stato successivo, che rappresenta invece il suo essere in atto. L essere in potenza è così certamente un non-essere in atto, ma un nonessere relativo, giacché la potenza è qualcosa di reale, cioè un effettiva capacità e possibilità di pervenire all atto. Ebbene, per Aristotele potenza e atto possono certamente servire a descrivere il movimento come passaggio all interno dell essere, ma non sono sufficienti a spiegarlo. Che cosa impedisce infatti all essere di rimanere una mera potenzialità o, viceversa, che cosa permette a qualcosa di attuale di diventare a sua volta una potenza per un altro essere? È a questo punto che, per spiegare un simile passaggio, intervengono le due condizioni o principi ontologici della materia e della forma, più un terzo principio: la privazione (stéresis). La forma è ciò che l essere diviene, il suo fine; la materia è ciò che l essere è nel divenire, ossia la sua aspirazione incompiuta; la privazione è invece ciò che l essere nel divenire non è, vale a dire la mancanza di forma o l essenza stessa del divenire, colto nella sua tensione verso l essere. La teleologia fisica In generale, il divenire è la via che conduce alla pienezza dell essere attraverso la tensione di ogni cosa alla realizzazione, come scopo ultimo, della propria essenza o forma. Aristotele ribadisce così, anche a livello fisico, la teleologia che caratterizza l assetto metafisico della realtà. Materia, forma e privazione come criteri di spiegazione del movimento. Le quattro specie di mutamento Se ora caliamo il movimento come passaggio dalla potenza all atto attraverso i principi di materia, forma e privazione all interno delle diverse categorie, otteniamo quattro diverse specie di mutamento : 1) secondo la sostanza (generazione e corruzione); 2) secondo la qualità (alterazione); 3) secondo la quantità (aumento e diminuzione); 4) secondo il luogo (traslazione). Riguardo a questa suddivisione, bisogna fare le seguenti osservazioni.

4 Lo spazio, il tempo e l infinito Il carattere sovrastorico della fisica aristotelica dello spazio La concezione aristotelica dello spazio ha avuto una grande risonanza fino agli inizi dell età moderna, condizionando in modo decisivo tutte le immagini tradizionali dell universo e dell uomo, contro le quali hanno dovuto lottare i maggiori esponenti della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Essa assume perciò un rilievo culturale più ampio, che va al di là delle conoscenze legate all esposizione della sua filosofia della natura. Lo spazio come limite immobile del contenente Aristotele definisce anzitutto lo spazio come il luogo (tópos), ossia come la posizione di un corpo fisico tra gli altri corpi. Si tratta di una caratterizzazione analitica, di tipo qualitativo, estranea a qualsiasi riduzione metrica e dimensionale che faccia uso della nozione quantitativa di misurazione. Lo spazio come luogo qualitativo Lo spazio ha dunque una sua essenza e una forma di esistenza autonoma da quella dei corpi fisici, pur non essendo esso stesso un corpo. Ciò dipende dal fatto che, se fosse un corpo, dovrebbe a sua volta essere in un luogo e, d altra parte, se non avesse un essere, i corpi dovrebbero paradossalmente trovarsi nel non-essere, cioè non avrebbero alcuna posizione. Per qualificare l essere dello spazio, che non può ricondursi né alle sostanze sensibili né alle sostanze sovrasensibili, Aristotele deve di conseguenza impiegare un concetto-limite che permetta di separarlo dai fenomeni materiali finora conosciuti. Ora, dal momento che esso senza dubbio contiene i corpi in quanto il medesimo spazio può essere occupato da corpi diversi ma non ha alcuna relazione sostanziale di continuità con essi, ne deriva la celebre definizione, secondo cui «lo spazio è il limite immobile e immediato del contenente, in quanto esso è contiguo al contenuto». Si noti che, in tal senso, lo spazio non va confuso con un recipiente, perché non lo si può trasportare (come un vaso), né essendo il contenitore tale rispetto a un contenuto può essere vuoto. Quanto all immediatezza, significa che esso è collegato senza intermediari al suo contenuto, dal quale tuttavia si distingue come il limite di un corpo si distingue dal corpo stesso. L inammissibilità del vuoto e l esistenza dei luoghi naturali La concezione aristotelica dello spazio comporta quindi, contro gli atomisti, l inammissibilità del vuoto e l esistenza di luoghi naturali a cui ciascuno degli elementi materiali (acqua, aria, terra, fuoco) tende quando non trova ostacoli. L universo ha perciò un alto e un basso come determinazioni naturali oggettive, cioè non relative all osservatore. Esso è inoltre un insieme finito nel quale si svolgono movimenti di traslazione e la cui estremità è costituita dal cielo che, non essendo a sua volta in altro luogo, non può muoversi per traslazione, ma solo nel senso della circolarità su sé stesso.

5 La sfera sublunare e la sfera sovralunare o celeste Per tale ragione, il mondo sensibile e visibile, in cui i movimenti accadono, è diviso in due sfere: una sublunare, nella quale hanno luogo tutti i generi di movimento e in particolare quello rettilineo, e una sovralunare o celeste, caratterizzata dal solo movimento circolare perfetto, continuo ed eterno, composta da una materia separata rispetto a quella del mondo corruttibile e chiamata etere, ovvero la quinta essenza distinta dai quattro elementi sublunari.

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