Il contributo delle strategie di autoregolazione cognitiva in presenza di disabilità intellettiva lieve
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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze dell Educazione Tesi di Laurea Triennale Il contributo delle strategie di autoregolazione cognitiva in presenza di disabilità intellettiva lieve Laureanda: Aurora Saletù Relatore: Chiar.mo Prof. Federico Mucelli Anno Accademico
2 Introduzione Negli ultimi decenni la definizione e la classificazione delle disabilità sono state al centro di un importante riflessione che ha condotto ad una revisione radicale del concetto stesso di disabilità: essa non è più considerata una deviazione dalla normalità, quindi un problema a carico del singolo individuo, ma è concepita come una variazione del funzionamento umano che origina dall interazione tra caratteristiche intrinseche dell individuo e caratteristiche dell ambiente fisico e sociale (Ustun, 2001 citato in Delle Fave, Anche la disabilità intellettiva è stata investita da questa ondata di rinnovamento concettuale. Il termine disabilità intellettiva, che ha soppiantato quello di ritardo mentale, sta attualmente ad indicare un costrutto completamente sovrapponibile al costrutto generale di disabilità; viene così data importanza a una prospettiva ecologica focalizzata sull interazione persona-ambiente (Schalock et al, 2008) che ha condotto all implementazione di interventi riabilitativi ed educativi incentrati sulla persona, miranti a garantire il raggiungimento di uno stato di benessere globale e a creare una relazione con l ambiente circostante che sia percepita come soddisfacente dal beneficiario dell intervento stesso. Gli studi compiuti allo scopo di rintracciare gli indicatori che concorrono in modo significativo a determinare una buona qualità della vita per i disabili intellettivi, ci restituiscono dei dati che indicano chiaramente che anche per questa categoria di persone è fondamentale la percezione di avere il controllo della propria vita, di poter operare delle scelte, di essere in grado di partecipare alla vita sociale e di poter esprimere la propria affettività. Nonostante sia stato fatto molto negli ultimi decenni per garantire l integrazione ai disabili intellettivi, sono ancora numerosi gli individui ai quali è di fatto negata la possibilità di scegliere in autonomia a proposito dei 1
3 fatti riguardanti la loro vita anche per colpa di certe rappresentazioni sociali che li etichettano come soggetti da accudire in modo permanente. A causa del deficit cognitivo spesso questi disabili manifestano una struttura interna caotica e una notevole dipendenza dagli altri. Il loro senso d identità è debole e caratterizzato dal timore di agire, il che determina uno scarso senso di autoefficacia e un autonomia molto limitata. La carenza di identità lascia bisogni insoddisfatti, che creano a loro volta tensioni emotive che sono originate e alimentate dalla presenza di continue frustrazioni (Mazzonetto e Dinelli, 2006). Il presente lavoro prende le mosse da queste considerazioni e dalla convinzione che l impegno dei professionisti dell educazione si debba concentrare sul progettare e realizzare percorsi educativi centrati non tanto sulle singole abilità, che spesso vengono rapidamente dimenticate, quanto sulla più generale capacità di apprendere. Come sostenuto da Cornoldi (1995) utilizzando l approccio metacognitivo si intende superare il livello dell'addestramento a compiti specifici ed aiutare il soggetto a sviluppare e usare meta regole. Nel primo capitolo viene descritto il concetto di disabilità intellettiva in rapporto alle sue cause, le sue conseguenze, la sua classificazione e il motivo per il quale la definizione di questo costrutto ha subito negli anni svariate modificazioni. Il secondo capitolo illustra il processo di trasformazione che ha coinvolto la definizione di disabilità, processo che ha portato alla creazione, da parte dell Organizzazione Mondiale della Sanità, dell ICF (International Classification of Functioning Disability and Health) e all adozione di questo strumento da parte degli operatori dell area sanitaria all interno dell attuale prospettiva biopsicosociale, tesa a cogliere le difficoltà che le disabilità possono causare all interno del contesto socio-culturale del malato. Nel terzo capitolo viene analizzato l impatto negativo della disabilità intellettiva nella costruzione di un identità personale equilibrata. Il ritardo 2
4 cognitivo riduce le possibilità di sperimentare se stessi nell ambiente generando difficoltà intellettive, emotive e relazionali di varia entità e manifestazione. Molto spesso al disabile intellettivo una volta cresciuto viene di fatto negata la possibilità di ricoprire i ruoli sociali che normalmente identificano una persona come adulta. Egli è spesso considerato un eterno bambino, una persona senza desideri ed aspirazioni, un soggetto da proteggere, dipendente dagli altri, al punto da negargli la possibilità di operare delle scelte e di vivere uno spazio di esperienza personale (Medeghini e Valtellina, 2010). Il quarto capitolo è dedicato ad illustrare il contributo dell insegnamento delle strategie di autoregolazione comportamentale, quali l autoistruzione verbale e l automonitoraggio, nel ridurre la passività e la mancanza di iniziativa che spesso caratterizzano la persona con deficit intellettivo, restituendo al soggetto il ruolo attivo di protagonista del suo sviluppo e del suo percorso. Negli ultimi anni numerose ricerche hanno indagato le possibilità di insegnare al disabile intellettivo strategie generali di risoluzione dei problemi. Questi studi hanno rilevato la presenza di un ridotto livello di consapevolezza metacognitiva riguardo l importanza dell uso di strategie e la difficoltà di utilizzare in contesti nuovi ciò che hanno precedentemente appreso in una specifica situazione con conseguenti effetti negativi sull autostima e la motivazione (Baldi, 2004). La parte finale della tesi è dedicata alla presentazione e all analisi critica di un progetto educativo, destinato ad un uomo colpito da disabilità intellettiva lieve, da me ideato ed attuato in qualità di educatrice presso una Cooperativa Sociale della mia città. 3
5 Capitolo 1. Il ritardo mentale 1.1 Definizione Citando la definizione riportata nella nona edizione del Manuale dell American Association on Mental Retardation (AAMR) 1 del 1992 il ritardo è definito come «quel funzionamento mentale inferiore di due deviazioni standard al Quoziente Intellettivo (QI) medio misurato con i comuni test parametrici, associato a limiti significativi in almeno due aree delle capacità adattive che si manifesta nel periodo evolutivo». (Luckasson et al, 1992). Anche nelle due principali classificazioni usate nella pratica clinica, l ICD- 10 e il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ( DSM-IV-TR) stilato dall American Psychiatric Association (APA) nella sua quarta edizione del 2000, si fa riferimento innanzitutto a tre aspetti fondamentali: funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, QI inferiore a 70, rilevato attraverso strumenti validi e standardizzati; concomitanti limitazioni comportamentali nell adattamento alle richieste ambientali in almeno due aree tra quelle in cui sono suddivise le capacità adattive; entrambi insorti prima dei 18 anni. Nel DSM-IV viene inoltre indicato un criterio di gravità che si basa essenzialmente su un dato psicometrico, il QI, che permette di definire 1 American Association of Mental Retardation, oggi rinominata American Association of Intellectual and Developmental Disabilities (AAIDD) è l organo ufficiale per gli studi e le ricerche sulle disabilità intellettive. 5
6 quattro gradi di gravità e, per ognuno dei quali, vi si trova formulato un profilo che esplicita il livello delle compromissioni delle funzioni cognitive e le possibilità di adattamento nell ambiente sociale per gli individui che rientrano in ciascuna di tali classi. Essi sono: RITARDO MENTALE LIEVE: livello del QI da a circa 70 RITARDO MENTALE MODERATO: livello del QI da a RITARDO MENTALE GRAVE LIVELLO: del QI da a RITARDO MENTALE GRAVISSIMO: livello del QI sotto 20 o 25. Il ritardo mentale lieve costituisce la fascia più ampia (circa l'85%) dei soggetti affetti da questo disturbo. A livello eziologico è possibile riscontrare cause di natura organica o ambientale, di norma la diagnosi avviene nei primi anni di scuola. I soggetti con questo livello di ritardo mentale generalmente sviluppano capacità sociali e comunicative negli anni prescolastici (da 0 a 5 anni di età). Nella sfera dell autonomia personale possono raggiungere livelli sufficienti e con i sostegni adeguati di solito possono vivere la quotidianità con successo ( Il ritardo mentale moderato. Questo gruppo costituisce circa il 10% dell'intera popolazione di soggetti con ritardo mentale. La causa del ritardo mentale medio è organica. Le capacità comunicative di base si evolvono con notevole rallentamento, durante l infanzia o la prima fanciullezza. Le competenze scolastiche possono raggiungere i livelli della seconda elementare. Generalmente queste persone con una supervisione possono provvedere alla cura di sé stessi ed acquisire una relativa autonomia negli ambienti a loro familiari. In contesti lavorativi protetti si osserva un discreto adattamento e 6
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