2 IL PROLOGO (Gv 1, 1-18)
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- Celia Antonelli
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1 7 2 IL PROLOGO (Gv 1, 1-18) Suddivisone generale del Vangelo: 1,1-18: IL PROLOGO Un antico inno cristiano, probabilmente proveniente da circoli giovannei, che è stato adattato per servire da introduzione al racconto evangelico della storia della Parola incarnata. 1,19-12,50: IL LIBRO DEI SEGNI Il ministero pubblico di Gesù, dove con segni e con parole egli mostra se stesso al suo popolo come la rivelazione del Padre suo, solo per essere rifiutato. 13,1-20,31: IL LIBRO DELLA GLORIA A quelli che lo accettano Gesù mostra la sua gloria ritornando al Padre nell ora della sua crocifissione, risurrezione e ascensione. Pienamente glorificato, egli comunica lo Spirito di vita. 21,1-25: L EPILOGO Un racconto aggiunto di apparizioni in Galilea dopo la risurrezione. IL PROLOGO (Gv 1,1-18) Il IV Vangelo è la perla del NT e il Prologo è la perla del IV Vangelo. La scelta dell aquila come simbolo di Giovanni è legata soprattutto ai voli del Prologo. Nel messale preconciliare era l ultima preghiera-benedizione. Il Prologo è intimamente legato al IV Vangelo. Prologhi simili solo in 1Gv e in Eb. È vero che solo nel Prologo Cristo viene chiamato Lógos senza altre aggiunte, ma nel Vangelo vi sono affermazioni collegate: Gesù dice non parole sue ma del Padre; è luce, via, verità e vita; il Figlio dell uomo ritorna là dov era prima (6,62); prima che Abramo fosse, io sono (8,58). Vangelo e Prologo si illuminano a vicenda. 1,11 riassume il libro dei segni (cc. 1-12: Gesù venne nella sua terra e non fu accolto); 1,12 riassume il libro della gloria (cc : le parole di Gesù a coloro che lo accolsero e come egli ritornò al Padre per dar loro la vita rendendoli figli).
2 8 Il movimento va dal Vangelo al Prologo, dal Lógos incarnato al Lógos preesistente; ma di fatto è stato messo in apertura del vangelo, per offrirne la chiave interpretativa. La comunità giovannea è partita dal basso ed è risalita fino alle origini (cf. Filip 2,6-11). Il Lógos giovanneo trova le sue radici soprattutto nella teologia giudaica della sapienza, della parola e della legge, non dimenticando Filone che usa lo stesso termine per collegare sapienza ebraica e filosofia greca. Giovanni si rivolge contemporaneamente ad interlocutori diversi, usando un termine evocativo per tutti, ma presentando lo specifico cristiano: il Lógos incarnato. Nessun pensatore ellenistico vedrebbe un culmine nell incarnazione, così come nessuno gnostico proclamerebbe trionfalmente che la Parola si fece carne. La descrizione del Logos presso Dio è brevissima: ciò che interessa non è Dio in se stesso, ma è il rapporto di Dio con gli uomini. Il Prologo dice che il Logos era, ma non dice come era; si dilunga invece a dire ciò che il Logos fa. La struttura del Prologo pare far riferimento alle tappe della storia della salvezza: il Lógos nella sua preesistenza, la sua manifestazione nella creazione e nella storia del popolo di Dio, l incarnazione e il dono della grazia e della verità alla comunità cristiana. In realtà in tutto il Prologo non si parla del Lógos ma di Gesù Cristo nelle sue diverse dimensioni. Avendo visto la sua gloria Giovanni scopre che da sempre Egli è presso Dio (1,1), da sempre proteso verso il seno del Padre (1,18). Lo spartiacque è 1,14: prima in termini universali, poi per la comunità cristiana. Prima strofa: la Parola con Dio (1,1-2) 1,1: In principio: cfr. Gn 1,1 (Bereshit) ma anche Pr 8,22-23 e Sir 24,9 dove indica la preesistenza, e Mc 1,1. era: indica uno stato, una condizione di esistenza permanente; opposto a divenne (eghéneto) di 1,14. il Verbo: è la parola interna a Dio, prima della creazione. Non è stato creato, era : manca ogni riferimento temporale. È pensiero-parola-progetto. Il Verbo era presso Dio: prós con l accusativo significa proteso verso in posizione di ascolto. Se Gesù potrà parlare di Dio è perché da sempre è in ascolto di Dio. Facendosi uomo, il Verbo continuerà questo atteggiamento di ascolto e di obbedienza a Dio. Il Verbo era Dio: Dio è il predicato. Non significa il Dio o divino. Serve a capire Gesù. Seconda strofa: la Parola e la creazione (1,3-5)
3 9 1,3: Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste: dopo le coordinate con Dio, ecco quelle con il mondo e la storia umana. Il Logos è importante per il mondo: tutto viene da lui, non ci sono altri intermediari. Diá (per mezzo di) non esprime mediazione tra la spiritualità di Dio e la materialità del mondo (Filone), ma esemplarità: tutto è stato pensato, progettato e fatto secondo questa Parola (cfr. Col 1,15-16, Eb 1,3). Il fatto che la Parola crea significa che la creazione è un atto di rivelazione: tutta la creazione porta l impronta della Parola di Dio (cf. Sap 13,1; Rm 1,19-20). Il Padre crea per mezzo della Parola; quindi il mondo è stato creato da Dio ed è buono. 1,4: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini: se Gesù potrà dare vita e luce è perché da sempre egli è luce e vita. Una vita senza luce (senza progetto e direzione) non è vita. Ma la vita non si riduce alla luce (alla conoscenza gnostica). 1,5: La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l hanno vinta (vecchia traduzione: accolta ): il primo verbo è al presente, è uno stato, il secondo è al passato, si riferisce a un fatto storico, dipendente dalla libertà umana: la luce del Logos non è stata vinta o spenta. Anche se a volte non sembra, il mondo e la storia hanno un senso: il quarto vangelo intende presentare questo senso. Prima parentesi: Testimonianza di Giovanni Battista alla luce (1,6-8) 1,6: Venne un uomo mandato da Dio: Sembra una interruzione nel discorso che riprenderà in 1,9. Serve a chiarire che si sta parlando di Gesù. Il Battista è solo un testimone nel grande processo. L immagine della luce che viene nel mondo per illuminare gli uomini è messianica (cf. Is 9,2; 42,6; 60,1-2). Terza strofa: la Parola nel mondo (1,9-14) La terza strofa si riferisce al ministero terreno di Gesù. Rifiutare, riconoscere, accogliere (1,9-13): la luce chiede di essere liberamente riconosciuta e accolta. È la luce vera, in opposizione a tante luci false (il Battista è solo un testimone di Gesù). Riconoscere fa riferimento al rapporto Gesù-Padre; accogliere significa obbedire e seguire. Da notare anche la gratuità del dono di diventare figli di Dio (tékna anche 11,52; hyiós solo per Gesù). Notare in 1,5 (ou katélaben) e 1,11 (ou parélabon). 1,14a: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Quella e collega 1,14 a 1,1 (tutto il resto, in qualche modo, è tra parentesi). Per la terza volta compare eghéneto: ora riferito non alla creazione (1,3) o al Battista (1,6), ma al Logos stesso. Carne (cfr. 3,6) sta per tutto l uomo e sottolinea la debolezza e la caducità: sottolinea la distanza fra il divino e l umano. Da presso Dio a fra noi (non credenti ma umanità ). L affermazione va contro ogni forma di docetismo e gnosticismo (il tema è sviluppato soprattutto nelle lettere). L AT esaltava la Parola di Dio, stabile a differenza dell uomo: la carne è come l erba... l erba secca, il fiore
4 10 appassisce, ma la Parola di Dio rimane in eterno. Ora, la Parola si è fatta carne. L affermazione di Giovanni è polemica anche con la mentalità greca, che separava spirito e materia, invitando a liberarsi dalla prigione del corpo. Per il greco la salvezza consisteva nel liberarsi della materia per salire al divino, per Giovanni è il divino che scende nella materia. Non si raggiunge Dio fuggendo dal mondo, ma solidarizzando con il mondo. 1,14b: E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Essenziale è comprendere il rapporto fra gloria e carne. Il soggetto non è più il Logos, ma il noi dei credenti: al gesto del Logos che si fa carne corrisponde la risposta della fede. Sono tipiche di Giovanni questa terminologia e questa sottolineatura: la carne non è un involucro che nasconde la gloria; è nella carne che la gloria va vista, la storia di Gesù è la visibilità di Dio. Il quarto vangelo presenta i segni che permettono di vedere la gloria nella storia di Gesù: è un vedere storico sostenuto dalla fede. La gloria di Gesù appare in modo pieno sulla croce. La gloria (kabod, doxa) è la manifestazione potente e buona di Dio tra gli uomini (cf. Es 33,18-19: Mosè disse a Dio: Mostrami la tua gloria. Dio rispose: Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te ). L incarnato è veramente il figlio del Padre. Chi ha visto me ha visto il Padre (14,9). La grazia è la benevolenza gratuita di Dio, la verità è la rivelazione di Dio all uomo: Gesù rivela un Dio fedele e misericordioso. Gli ebrei pensavano la gloria di Dio come potenza, i greci come sapienza (cf 1Cor 1,22-24); per Giovanni la gloria è la fedeltà misericordiosa, l alleanza ostinata, l amore invincibile di Dio rivelato in Gesù. Seconda parentesi: Giovanni Battista rende testimonianza alla preesistenza di Gesù (1,15) 1,15: Giovanni gli dà testimonianza...: il v. 15 è un intermezzo parallelo ai vv Quarta strofa: la partecipazione della comunità alla Parola-fatta-carne (1,16-18) 1,16: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia: la vita divina ci arriva da Gesù Cristo, Parola incarnata; il tutto gratuitamente (grazia = dono). 1,17: La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo (1,17): le due frasi sono in perfetta simmetria, c è continuità, anche se la legge è ora sostituita da Cristo, che non è solo l annunciatore della grazia e della verità; è nella sua persona che la grazia e verità sono divenute (quarto eghéneto) realtà nella storia. 1,18: Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio e che è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato: il Logos era presso (pros + accusativo) Dio (1,1), l Unigenito è (eis + accusativo) nel seno del Padre (1,18). Dio nessuno l ha mai visto non è affermazione filosofica ma storica, come storica è anche la rivelazioneesegesi che Gesù ha fatto di Dio (exeghésato). Gesù viene da Dio ed è rivolto a Dio, per questo può parlare di Dio. Gv 6,46: Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre ; 7,29: Io però lo conosco perché vengo da
5 lui ed egli mi ha mandato ; Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non Figlio e colui al quale lo voglia rivelare. 1,17 è polemico contro gli ebrei e la loro legge. 1,18 è polemico contro la filosofia greca: solo Gesù rivela Dio. Sir 43,31 si chiedeva: Chi ha contemplato Dio e lo descriverà?. Giovanni risponde: Il Figlio unigenito che viene da Dio. E 1Gv 4,12 aggiunge: Nessuno mai ha contemplato Dio, ma se ci amiamo scambievolmente Dio dimora in noi. La prima parte delle due frasi (Gv 1,18 e 1Gv 4,12) coincide (Nessuno è in grado di raggiungere Dio), la seconda parte mette in parallelo la risposta cristologica e quella ecclesiale. Il Prologo presenta Gesù come la parabola di Dio e dell uomo: perciò può parlare di Dio all uomo e dell uomo a Dio. In Giovanni c è la simultanea sottolineatura della divinità di Gesù e della sua piena umanità ( Ecco l uomo! : 19,5). 11
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