Particella in un campo elettromagnetico

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1 Particella in un campo elettromagnetico Vogliamo descrivere dal punto di vista quantistico una particella carica posta in un campo elettromagnetico. Momento di una particella Dal punto di vista classico la grandezza che descrive il moto di una particella è il suo impulso, definito come p = m v (1) La prima equazione della dinamica ci dice che per far variare il valore del prodotto considerato occorre l applicazione di una forza esterna secondo la ben nota F = d dt p Sappiamo anche che l energia totale di una particella, data dalla somma di quella cinetica T e di quella potenziale V, viene espressa come U = T + V = p2 + q φ (2) ove q è la sua carica, φ il potenziale elettrico nel punto in cui la particella si trova e dove infine p è l impulso, quella grandezza la cui variazione temporale è legata alla forza applicata. Si vede subito che la (2) non può essere corretta: manca infatti in essa un riferimento al potenziale vettore A. L omissione è indice di errore in quanto φ ed A si trasformano tra loro al cambiare di sistema di riferimento e quindi devono, in generale, comparire entrambi. La (2) è errata in quanto l espressione (1) per l impulso non è esatta. A parte la corretta derivazione formale, esistono diversi semplici modi per ricavare la giusta relazione da sostituire alla (1). Uno di essi è il seguente. Si abbia un solenoide molto lungo percorso da corrente i ed, esternamente ad esso una particella di massa m e carica q in quiete a distanza r dall asse dell oggetto. Supponiamo, per semplicità che il solenoide sia fatto da materiale superconduttore cosicchè, una volta lanciata, la corrente non necessiti di ulteriore intervento esterno per il suo mantenimento. All esterno del solenoide non avremo nè campo magnetico che elettrico per cui la particella resterà in quiete. Cosa accadrebbe se, ad un certo istante, per un innalzamento di temperatura, il filo del solenoide perdesse le sue proprietà superconduttive? 1

2 Il campo magnetico andrebbe a zero e si genererebbe quindi un campo elettrico all esterno dell oggetto che, a sua volta, produrrebbe una forza agente sulla particella. In tale situazione il prodotto m v passerebbe quindi da zero ad un valore finito. Da dove deriverà questo momento? Certamente per riscaldare il solenoide non sarà stata necessaria l applicazione di alcuna forza esterna! Il paradosso può essere superato supponendo che anche in condizioni di quiete la particella possieda un momento. Per vedere come debba essere modificata la (1), consideriamo la situazione in cui l andamento a zero del campo magnetico sia talmente rapido da far si che, nel corso del processo, la particella non si sposti praticamente dalla sua posizione iniziale 1. Avremo t m v(t) m v() = q t E(t) dt = q ( ) 1 d 2π r dt Φ S(B) e dt ove S è la circonferenza di raggio r passante per la carica e avente centro nell asse ed infine e è il versore del campo elettrico generato. Avremo Φ S (B) = B n ds = ( ) A n ds = A dl S S γ per cui t m v(t) m v() = e q ( ) 1 d 2π r dt Φ S(B) dt = e q t 2π r γ ( ) d dt A dl dt Utilizzando ( d dt A) dt = da e considerando le proprietà di simmetria del potenziale vettore nel caso presente 2 si ha t m v(t) m v() = q da Da cui infine: m v(t) + q A(t) = m v() + q A() La relazione trovata ci dice che, in assenza di interventi esterni la grandezza che si conserva è m v(t) + q A(t) e non il semplice prodotto m v(t). Sarà quindi la somma m v(t) + q A(t) a variare sotto l azione di una forza esterna. 1 Una forza applicata per un tempuscolo τ causerà una velocità v(τ) = a τ ed uno spostamento s(τ) = 1 2 aτ 2. Lo spostamento risulta quindi s(τ) = 1 v(τ)τ e, se il tempuscolo è infinitesimo, il suo valore numerico risulta infinitamente più piccolo rispetto 2 a quello della velocità. 2 A è diretto come e, inoltre possiede identico modulo in tutti i punti della circonferenza γ 2

3 Si ha quindi che la (1) dovrà essere riscritta come: p(t) = m v(t) + q A(t) od anche m v(t) = p(t) q A(t) (3) La grandezza m v(t) prende il nome di momento cinetico in quanto connesso all energia cinetica, mentre p viene chiamato, per motivi che omettiamo, momento canonico. In conclusione l energia della particella sarà data non dalla eq. (2) ma dalla U = T + V = (p(t) q A(t))2 + q φ (4) Elettrone in un campo magnetico Consideriamo adesso un elettrone in un campo elettromagnetico e vediamo come debba essere scritta la sua Hamiltoniana. Essa sarà costituita dal termine associato all energia cinetica sommato con quello relativo alla potenziale. Per la (4) avremo quindi: H = ( i ) 2 + ea eφ ove si è posto q = e ed inoltre l operatore i è associato al momento canonico classico p. Sviluppando si ha quindi: 2 + e2 A2 i e ( ) A + A eφ Ricordando poi che A ψ = ψ A + A ψ 3 e scegliendo come condizione di Gauge A = si ha 2 + e2 A2 i e m A eφ (5) = e2 A2 + e A p eφ (6) m Vediamo adesso di applicare la eq. (5) a due semplici situazioni di particolare interesse. Quando cioè siano presenti nello spazio un campo magnetico oppure un campo elettrico uniforme. 3 La funzione ψ è introdotta in quanto l amiltoniana, essendo un operatore, deve essere sempre considerata come applicata a qualche cosa 3

4 Elettrone in un campo magnetico Come situazione di particolare interesse consideriamo dapprima quella in cui il sistema sia posto in un campo magnetico uniforme B. In questo caso si ha: A = 1 2 r B (7) per cui la (5) diviene 2 + e2 1 4 (r B)2 e (r B) p eφ 2 m Dato che B è uniforme vale la (r B) p = (B r) p = (r p) B. Introducendo poi il momento angolare l = r p si ottiene in questo importante caso 2 + e2 1 4 (r B)2 + e 2 m l B eφ usualmente scritta esprimendo il momento angolare in unità come 2 + e2 8m (r B)2 + µ B l B eφ (8) ove µ B = e 2 m prende il nome di Magnetone di Boor. I primi tre termini al secondo membro della (8) sono complessivamente connessi con l energia cinetica della particella. In particolare, il primo è legato al valore dell impulso e determina univocamente l energia cinetica della particella solo in assenza di campi esterni. Il secondo ed il terzo sono invece connessi all effetto di campi magnetici applicati. Dato che questi ultimi saranno in generale deboli, usualmente il terzo termine prevale sul secondo in quanto quest ultimo dipende quadraticamente dal campo. Gli effetti fisici legati a e2 8m (r B)2 sono detti diamagnetici mentre quelli legati a µ B l B sono i paramagnetici e quelli di magnetismo forte. L ultimo termine della (8) descrive infine l effetto del potenziale elettrico esterno. In un sistema atomico i contributi all energia dovuti al termine diamagnetico sono dati da < ψ e2 8m (r B)2 ψ >= e2 8m B2 < ψ r 2 ψ > ove r è la proiezione di r nel piano perpendicolare al campo 4. 4 La presenza del prodotto vettoriale fa si che siano da considerare solo le componenti di r perpendicolari alla direzione del campo 4

5 Per quanto riguarda infine il terzo termine della (8), esso ci dice che tutto avviene come se la particella possedesse un momento magnetico µ = µ B l e valesse per le interazioni di un dipolo magnetico con un campo magnetico la stessa legge che descrive l analoga interazione elettrica 5. La eq. (8) ci permette infine di definire come momento magnetico associato all elettrone la seguente quantità µ e = d ( ) e 2 db 8m (r B)2 + µ B l B (9) = e2 4m B < ψ r2 ψ > e B µ B < ψ l ψ > in cui compare il termine diamagnetico, sempre opposto alla direzione del campo esterno e quello paramagnetico la cui direzione invece dipende dalla struttura atomica. Elettrone in un campo elettrico Anche qualora si applicasse un campo elettrico l equazione di partenza sarebbe sempre la (5). Vi è tuttavia una differenza rispetto al caso precedente dell interazione magnetica. Adesso infatti il termine in A 2 agisce all interno della componente elettromagnetica del sistema e non descrive una interazione tra questo e la particella. Ciò è legato al fatto che la relazione legante il potenziale vettore al campo elettrico è la E(r, t) = d A(r, t) dt Essa, diversamente dalla analoga eq. (7), non contiene coordinate spaziali qualora il campo fosse uniforme. Ne discende quindi che l interazione di un elettrone con un campo elettrico uniforme è espressa da e A p eφ (1) m Vettore densità di corrente Vediamo adesso di ricavare una espressione che è di uso in molte situazioni fisiche. Si tratta di scrivere una espressione per il vettore densità di corrente in termini della funzione d onda di uno stato elettronico. In meccanica quantistica abbiamo a che fare con funzioni d onda, con elementi di matrice e valori di aspettazione di operatori, i quali, dal punto di vista matematico, non sono altro che integrali spaziali. Per ricavare l espressione quantistica del vettore densità di corrente dovremo quindi scrivere una espres- 5 Va notato che l analogia è solamente formale in quanto il termine considerato, derivando dal contributo cinetico dell hamiltoniana, non è fisicamente equivalente alla energia potenziale di un dipolo in un campo. 5

6 sione classica in cui tale vettore compaia come funzione integranda 6. Una volta trovata l espressione dovremo semplicemente reinterpretarla quantisticamente. Chiarita la procedura, veniamo alla derivazione considerando un elettrone. Dato che classicamente j = ρ v, il suo integrale su tutto lo spazio dovrà essere dato da j dv = e v (11) Per interpretare quantisticamente tale relazione, osserviamo che il secondo membro diviene il valore di aspettazione dell operatore quantistico e v sulla funzione d onda descrivente lo stato. In altri termini: e v e < ψ v ψ > La densità di corrente quantistica sarà quindi associata al valore di aspettazione e < ψ v ψ >= e m < ψ p + e A ψ >= e m [ i < ψ ψ ] > +e < ψ A ψ > (12) ottenuto utilizzando la (3). Osservando la eq. (11), il vettore densità di corrente sarà quindi dato dalla funzione integranda comparente nella (12). Il principio di corrispondenza ci porta quindi a dire che j dv = i e m ψ ψ e 2 dv m ψ Aψ dv e ci indica quindi l espressione da usare per il vettore densità di corrente j. Per esplicitare il fatto che la quantità cercata è reale, si aggiunge il complesso e coniugato del termine contenente l operatore e si divide per due la somma ottenuta. Si ottiene pertanto l espressione 7 : j = i e (ψ ψ ψ ) ψ e2 m A ψ ψ (13) 6 Il vettore densità di corrente è una dnsità spaziale 7 Si nota che nella derivazione si è fatto riferimento esplicito all elettrone e che quindi il segno del primo termine deve essere invertito per particelle di carica positiva. L espressione generale è quindi j = i ψ q ψ ψ ψ q2 m A ψ ψ con q carica della particella. 6

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