Fatture false, assoluzione ed interpretazione estensiva

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1 Fiscal News La circolare di aggiornamento professionale N Fatture false, assoluzione ed interpretazione estensiva Lo schema di Decreto Legislativo sulla certezza del diritto modifica la definizione di elementi passivi fittizi A cura di Marco Ertman e Civita Di Russo Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Reati tributari Nella nostra Fiscal News n. 51 del abbiamo chiarito che le fatture false tecnicamente non integrano in materia d iva il comportamento tipizzato ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti perché non costituiscono elementi passivi fittizi per come definiti nell art. 1 del D.Lgs. 74/00. Ne derivano prospettive assolutorie per i processi in corso che non vengono meno neanche alla luce di un eventuale interpretazione estensiva. Premessa Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti è consumato all inserimento nelle dichiarazioni periodiche di elementi passivi fittizi. Lo schema di Decreto Legislativo sulla certezza del diritto, preliminarmente approvato nel Consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014, modifica la definizione di elementi passivi fittizi ai fini della repressione penale degli illeciti dichiarativi. In tal senso interviene sull art. 1 del D.Lgs 74/00, inserendo un riferimento all imposta dovuta che prima era del tutto assente dal testo di legge. Fino all entrata in vigore del Decreto gli elementi passivi fittizi saranno quindi tali solo laddove influiscono sulla base imponibile del tributo e non 1

2 direttamente sull imposta da versare, come tecnicamente avviene all esito della registrazione di fatture false. Nell IVA, in cui la base imponibile sono i corrispettivi lordi, le fatture per operazioni inesistenti non determinano quindi elementi passivi fittizi, ma generano un minor debito d imposta direttamente in sede di liquidazione del tributo per mezzo della creazione di un artefatta imposta a credito. Siffatta imposta a credito non agisce certo sull imponibile IVA, ma sull IVA da versare attraverso la tecnica della detrazione dell imposta dall imposta. La fattura falsa è dunque estranea alla base imponibile del tributo e, per conseguenza, non integra il comportamento tipizzato quale reato dal legislatore. Proprio da siffatta considerazione nasce l esigenza di modificare la definizione di elementi passivi fittizi e, per conseguenza, ne deriva l intervento proposto dal Legislatore delegato con il decreto sulla certezza del diritto. L attuale definizione letterale di elementi passivi fittizi è mal mirata rispetto alle esigenze di repressione penale delle frodi IVA. Chiarito il tenore testuale della norma in vigore, occorre ora delimitare la massima dilatazione linguistica che può le essere attribuita in via estensiva senza, per altro, incorrere nell interpretazione analogica, che notoriamente non opera nel diritto penale. È opportuno, quindi, verificare se l interpretazione estensiva consenta di configurare in materia di iva il reato previsto ex art. 2 del D.Lgs. 74/00 già alla luce della normativa in essere. Utilizzo del procedimento analogico in materia penale La differenziazione tra interpretazione analogica ed estensiva è sottile, ma non evanescente. Al contrario, determina l'intero iter applicativo dell'attuale disciplina in subiecta materia. Il fondamentale divieto di analogia in malam partem nel diritto penale costituisce infatti un corollario del principio di legalità, costituzionalmente riconosciuto come criterio centrale di civiltà giuridica ed in quanto tale non può mai essere disatteso per colmare in giudizio un difetto od un vuoto normativo. La notissima Sentenza della Corte Costituzionale n. 364 del 1988, insegna che la funzione di garanzia assolta dal principio di legalità esige che "nelle prescrizioni tassative del codice il soggetto deve poter trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato: ed a questo fine sono necessarie 2

3 leggi precise, chiare, contenenti riconoscibili direttive di comportamento... anche per garantire al privato la certezza di libere scelte d'azione" La notissima Sentenza della Corte costituzionale n. 364 del 1988, insegna che la funzione di garanzia assolta dal principio di legalità esige che: "nelle prescrizioni tassative del codice il soggetto deve poter trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato: ed a questo fine sono necessarie leggi precise, chiare, contenenti riconoscibili direttive di comportamento... anche per garantire al privato la certezza di libere scelte d'azione". L'analogia è dunque vietata perché, estendendo la punibilità a fatti solo simili a quelli esplicitamente tipizzati nel testo legislativo, lede quell'irrinunciabile certezza che deve essere assicurata al consociato. In sintesi l'analogia non deve mai essere confusa con l interpretazione estensiva, che si ha laddove il perimetro della legge penale è esteso ad un caso che, pur non essendo didascalicamente previsto, si deve comunque ritenere compreso nella norma per necessità logica e non per similitudine di rapporti. In concreto, non si travalicano i limiti di un'interpretazione estensiva della fattispecie incriminatrice allorché la soluzione proposta, seppure tesa all'estremo, possa rientrare comunque nell'ambito del significato letterale dei termini impiegati nel testo di legge 1. Per contro laddove, al fine di applicare la norma penale anche a casi semplicemente simili a quello tipizzato nella norma, si dovesse superare il tenore linguistico proprio delle parole scelte dal Legislatore sarebbe integrata una vera e propria analogia in malam partem, vietata sia dai parametri costituzionali 2, sia da dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo 3. Il punto centrale dell'intera questione è dunque se - in via di mera interpretazione estensiva e non analogica- sia possibile ritenere che, in materia di IVA, la dichiarazione di "elementi passivi fittizi" ex art. 2 D.Lgs. 74/2000 possa ricomprendere anche le fatture per operazioni inesistenti. 3

4 Ebbene, nel caso specifico, il compito dell'interprete è affatto vincolato poiché, anziché dirigersi direttamente sulla fattispecie incriminatrice introdotta, deve far riferimento all'art. 1 dello stesso testo legislativo, poiché è proprio tale articolo che fornisce le definizioni da applicare. Come già accennato la lettera dell art. 1 fa attualmente riferimento alla sola "base imponibile". E' dunque solo il significato testuale di tale locuzione a dover essere valutato. Ebbene è evidente che l'interpretazione estensiva della norma, per quanto portata all'estremo, non può comunque ricomprendere la punibilità ex art. 2 D.Lgs. 74/2000 dell'utilizzo di fatture fittizie ai fini iva in quanto esse non agiscono sulla base imponibile del tributo. In virtù della definizione fornita dallo stesso Legislatore ex art. 1 D.Lgs. 74/2000, gli elementi passivi fittizi, infatti, sono realmente tali solo quando alterano la base imponibile il che, nell imposta sul valore aggiunto, non avviene affatto 4. Le fatture per operazioni inesistenti non integrano, per conseguenza, il comportamento proprio del reato di cui all art. 2 del D.Lgs. 74/00. Ogni diversa conclusione estenderebbe la punibilità a comportamenti solo simili a quelli individuati tassativamente dal legislatore, incorrendo nell'inammissibile interpretazione analogica, in palese violazione del principio di legalità, costituzionalmente ed internazionalmente garantito 5. Non si nega che tale impostazione causi dei vuoti di tutela, ma sembra che l'attuale tenore della legge non consenta di colmarli in via meramente interpretativa. Lo conferma implicitamente lo stesso schema di intervento legislativo in commento. 4

5 Se, infatti, i comportamenti in esame fossero punibili ex art. 2 D.Lgs. 74/2000 già ai sensi dell'attuale normativa, non si comprenderebbero il senso e la necessità dell'intervento riformatore del decreto sulla certezza del diritto, che opera in direzione dell'estensione della punibilità, evidentemente oggi ritenuta insufficiente. Deve essere altresì ricordato che i principi penalistici generali di tassatività 6 e frammentarietà 7 ammettono che solo determinate forme di aggressione ai beni giuridici protetti siano effettivamente punite. Considerazioni conclusive È fisiologico, dunque, che il Legislatore selezioni cosa punire e cosa no, lasciando volutamente "scoperte" delle condotte che, pur risultando riprovevoli sotto il profilo morale, o comunque non molto dissimili da altri comportamenti effettivamente puniti, restano ugualmente nei limiti dell illecito amministrativo e al di fuori dalla sfera della rilevanza penale. Nel caso di specie appare tuttavia fin troppo indulgente credere che la normativa in commento sia frutto di una scelta del tutto consapevole del legislatore. Molto più probabilmente si tratta di un difetto di tecnica normativa che, solo ora, sarà verosimilmente corretto con il D.Lgs. sulla certezza del diritto. Solo allorquando sarà in vigore la modifica dell art. 1 del D.Lgs. 74/00 recentemente disposta dal legislatore delegato, nella definizione di elementi passivi fittizi saranno infatti introdotte le parole e le componenti che incidono sulla determinazione dell imposta dovuta ed il reato, testualmente, interesserà anche l imposta sul valore aggiunto. Inoltre l'ipotesi di un'applicazione retroattiva della nuova e più severa disciplina ai reati compiuti prima dell'entrata in vigore della nuova normativa è 5

6 del tutto fuori discussione, sia perché sarebbe palesemente improponibile ai sensi dei principi generali di diritto penale e costituzionale, sia perché esplicitamente esclusa dallo stesso Legislatore delegato: "i Decreti Legislativi sono adottati, nel rispetto dei principi costituzionali, in particolare di quelli di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, nonché del diritto dell'unione Europea, e di quelli dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla Legge 27 luglio 2000, n. 212, con particolare riferimento al rispetto del vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore" 8. Sembra, dunque, necessario propendere per soluzioni assolutorie nei processi già in corso. Tale conclusione è rafforzata proprio dall'implicita ammissione della carenza legislativa sottesa all'intervento riformatore, che verosimilmente dovrà condurre i Giudici verso l'interpretazione in questa sede proposta. Se così non fosse, infatti, non si comprenderebbero la ragione e la necessità delle modifiche ed integrazioni del testo di legge in commento. I tempi sono dunque maturi per un ampio ripensamento della materia e che consenta di superare una costante giurisprudenza che sembrava dare quasi per scontata la punibilità delle fatture per operazioni inesistenti ai fini iva senza il dovuto approfondimento tecnico. - Riproduzione riservata - 6

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