CAPITOLO 1 POLIMERI E COMPORTAMENTO VISCOELASTICO

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1 CAPITOLO 1 POLIMERI E COMPORTAMENTO VISCOELASTICO 1.1) I POLIMERI Sono dette polimeri molecole, naturali o sintetiche, di grandi dimensioni (ovvero macromolecole) costituite da una sequenza di unità concatenate tra loro, generalmente mediante legami di tipo covalente, in elevatissimo numero; tali unità vengono dette unità ripetenti. Si dicono monomeri le sostanze di partenza in grado di formare legami con altri monomeri. La maggior parte dei materiali polimerici oggi utilizzati è ottenuta per via sintetica a partire da molecole derivate dal petrolio (polimeri sintetici); solo una piccola parte è derivata da sostanze naturali attraverso trasformazioni chimiche (polimeri semisintetici). Il tipo di struttura caratterizza i polimeri in: - lineari - ramificati - reticolati fig.1) Polimeri lineari, ramificati e reticolati L omogeneità o l eterogeneità dei monomeri di partenza caratterizza i polimeri in: - omopolimeri, ossia quei polimeri costituiti da una sola unità ripetente; - copolimeri, quei polimeri f da due o più monomeri diversi. Si tratta quindi di catene polimeriche formate da due o più unità ripetenti chimicamente differenti, disposte in varie modalità. 7

2 Si possono individuare quattro tipi distinti di copolimero: - copolimeri casuali, in cui le diverse unità sono distribuite a caso lungo la catena; - copolimeri alternati, in cui i diversi monomeri si alternano ordinatamente; - copolimeri a blocco, dove monomeri diversi sono disposti nella catena in sequenze relativamente lunghe di ogni monomero; - copolimeri ad innesto, si tratta di catene costituite da un unica unità ripetente in cui si innestano ramificazioni di un altro tipo di monomero. fig.2) a-copolimero casuale, b-copolimero alternato, c-copolimero a blocchi, d-copolimero ad innesto. In base al numero di unità ripetenti si possono definire: - bassi polimeri per un numero di unità inferiore a 100; - medi polimeri per un numero di unità compreso tra 100 e 1000; - alti polimeri per un numero di unità superiore a Alla tecnologia delle materie plastiche interessano in modo particolare gli alti polimeri che in qualche caso possono raggiungere le centinaia di migliaia di unità strutturali. 8

3 Le proprietà fisiche distinguono i polimeri in: - plastomeri (materie plastiche) gruppo di materiali sintetici che mostrano spiccate caratteristiche di plasticità. Tra essi si possono inoltre distinguere i termoindurenti ossia tutti quei polimeri che hanno caratteristiche plastiche in una fase intermedia della lavorazione e possono quindi essere foggiati nelle forme volute entro stampi, ma che poi per effetto del calore induriscono e diventano rigidi perdendo ogni plasticità (polimeri reticolati) ed i termoplastici quelli, cioè, che sono plastici in una data fase della lavorazione, diventano rigidi in una fase successiva, ma che possono sempre ritornare allo stato plastico per effetto del calore e ridiventare di nuovo rigidi con il raffreddamento (polimeri lineari o ramificati); - elastomeri (gomme) presentano, in un intervallo di temperatura di impiego intorno alla temperatura ambiente, un comportamento gommoelastico che, all aumentare della temperatura, viene conservato fino alla temperatura limite della degenerazione chimica irreversibile (polimeri reticolati a maglia larga); a questo gruppo appartengono i materiali termoelastici, polimeri che, a temperature superiori al loro ambito di impiego, divengono flessibili, di tipo elastomerico ed in questa fase possono essere formati, ma non divengono scorrevoli sino alla temperatura limite della degradazione termochimica. Il processo che consente la produzione di polimeri è detto polimerizzazione. In generale le reazioni di polimerizzazione possono essere classificate in: - reazioni di polimerizzazione per addizione (o poliaddizione); 9

4 - reazioni di polimerizzazione per condensazione (o policondensazione). La poliaddizione avviene in genere con monomeri che presentano un doppio legame: la rottura del doppio legame, favorita da un catalizzatore, fornisce i punti di attacco ai quali possono addizionarsi, cioè sommarsi, altre molecole e ciò permette l allungamento del polimero. La reazione di policondensazione si ha invece tra monomeri che possiedono particolari gruppi funzionali che si legano tra loro con la formazione, in genere, di molecole d acqua. Dal processo di polimerizzazione derivano delle macromolecole di forma lineare dette catene; è di fondamentale importanza la configurazione che una catena polimerica può assumere rispetto ai cosiddetti centri di stereoisomeria. I più importanti centri di stereoisomeria che possono trovarsi nei polimeri sono i centri stereoisomerici tetraedrici, ovvero atomi di carbonio disposti lungo la catena. Normalmente le catene sono formate dalla successione di atomi di carbonio (o silicio per i polimeri inorganici) uniti tra loro da legami di tipo covalente, i vari segmenti di catena non sono fissi nello spazio ma possono ruotare, in modo più o meno libero, attorno ai legami. fig.3) Rotazione tra gli atomi di carbonio lungo la macromolecola Si possono avere macromolecole formate da unità ripetenti aventi la stessa costituzione chimica ma diversa disposizione nello spazio. La differente configurazione porta a proprietà diverse del materiale. 10

5 In generale le lunghissime catene polimeriche si dispongono in modo del tutto casuale nello spazio con aggrovigliamenti fisici che contribuiscono ad aumentare la resistenza del materiale. La macromolecola, però, può anche assumere conformazioni orientate secondo una direzione preferenziale (conformazione estesa) o con conformazione regolarmente ripiegata o altrimenti elicoidale. Rispetto alla catena, si possono formare ramificazioni laterali che riducono l impacchettamento delle catene polimeriche e favoriscono la disposizione casuale nello spazio. Inoltre le ramificazioni indeboliscono i legami secondari abbassando, quindi, la resistenza a trazione del materiale. Le strutture lineari o ramificate sono tipiche dei polimeri termoplastici. I polimeri non reticolati sono macromolecole che tendenzialmente, anche a causa della loro mobilità, si dispongono nello spazio in modo disordinato, tuttavia alcuni polimeri tendono, in regioni particolari, ad assumere una configurazione ordinata. In base a questa caratteristica si individuano stati di cristallinità o amorfismo che caratterizzano prestazionalmente il polimero. La fase cristallina è caratterizzata dalla presenza dei cristalliti, strutture complesse in cui le catene polimeriche assumono posizioni reciproche regolari almeno per parte della loro lunghezza. Nei polimeri reticolati la cristallizzazione non può avvenire, in quanto la struttura a network impedisce qualsiasi tipo di ordinamento. Nella maggior parte dei casi le due fasi, cristallina e amorfa, coesistono. Diventa quindi importante introdurre il concetto di grado di cristallinità con cui si indica il rapporto (di solito espresso in percentuale) tra il peso della fase cristallina ed il peso totale. La cristallinità nella maggior parte dei casi non supera il 60-70%. Polimeri con un grado di cristallinità superiore al 90% sono considerati altamente cristallini. Condizione necessaria per ottenere un polimero cristallino è che le macromolecole che lo formano abbiano una conformazione regolare. La presenza di ramificazioni porta ad una drastica riduzione della percentuale di cristallinità del polimero, perché riduce la possibilità di movimento delle catene e la consequenzialità dei ripiegamenti all interno del cristallo. 11

6 In base a quanto si è detto si possono individuare: - Polimeri cristallini (o meglio semi-cristallini, in quanto la presenza di cristalli non è mai totale) a cristalli orientati o non orientati. Per la regolarità molecolare hanno prestazioni meccaniche e chimico-fisiche maggiori rispetto agli amorfi ma, per contro, sono più fragili e difficilmente lavorabili. Sono normalmente opachi a causa della dimensione dei cristalli, che è maggiore delle lunghezze d onda della luce. Si tratta di polimeri caratterizzati da una precisa temperatura di fusione determinata dalla rottura dell ordinamento cristallino a causa della somministrazione di energia termica, al di sotto di questa temperatura sono allo stato solido e quindi non possono essere trasformati. - Polimeri amorfi: la presenza di cristalliti è scarsa o nulla e le forze che agiscono tra le catene sono molto deboli, per questo, al contrario dei polimeri cristallini, presentano una bassa resistenza alla trazione ed un elevata duttilità per la possibilità che le catene hanno di scivolare una sull altra. Non hanno un punto di fusione ben determinato e per effetto dell innalzamento della temperatura subiscono un graduale rammollimento, dovuto alle oscillazioni molecolari, che ne riduce la viscosità. Sono quindi generalmente meno resistenti ma più facilmente lavorabili. Si presentano trasparenti (ad eccezione delle gomme) perché non assorbono ma diffondono le onde elettromagnetiche dello spettro visibile. Esistono dei polimeri in cui le catene molecolari non presentano soluzione di continuità in quanto sono vincolate tra di loro in punti detti di reticolazione; si 12

7 forma così il caratteristico network (reticolo) struttura tipica dei termoindurenti. Questo tipo di struttura è inscindibile, sia per somministrazione di calore che mediante solventi, e quindi un processo che le produca è quasi sempre irreversibile. Negli elastomeri vulcanizzati, la reticolazione, detta appunto vulcanizzazione, interessa un numero di punti di reticolazione, detti ponti (cross-links), decisamente inferiore rispetto ai termoindurenti, sicché il reticolo risulta meno fitto e il processo è di conseguenza reversibile. Gli elastomeri reticolati sono costituiti da polimeri amorfi, con bassa temperatura di transizione vetrosa, che hanno subito una blanda reticolazione. Questa non influisce sul comportamento elastico del polimero, ma ne impedisce la deformazione plastica. Pertanto un polimero blandamente reticolato, a differenza dello stesso non reticolato, recupera la sua forma iniziale una volta rimosso il carico. Nel caso dei polimeri, il passaggio dallo stato fuso a quello cristallino non avviene a una temperatura netta, ma piuttosto in un intervallo di temperatura. Si possono comunque individuare: - La temperatura di transizione vetrosa (T g o T v ): denominata anche temperatura di congelamento, è la temperatura di riferimento per i polimeri amorfi che al di sotto di essa hanno un comportamento simile a quello del vetro, divengono rigidi e fragili in quanto diminuisce la mobilità relativa tra le catene polimeriche per il congelamento dei moti molecolari dovuto all abbassamento del livello energetico conseguente alla sottrazione di calore; - La temperatura di distorsione (Td): rappresenta la temperatura massima di esercizio per il polimero, al di sopra di 13

8 essa si ha un sensibile decadimento delle proprietà fisicomeccaniche; - La temperatura di fusione (T f o T m ): si tratta della temperatura a cui fondono le cristalliti è quindi caratterizzante dei polimeri semicristallini, più ci si avvicina ad essa più diminuiscono le proprietà meccaniche ma aumentano le possibilità di modellazione; - La temperatura di decomposizione: corrisponde alla temperatura dalla quale ha inizio il processo di degrado del polimero. Se quest ultima è prossima alla temperatura di fusione, come accade per alcuni polimeri, diventa difficoltosa la modellazione termica e la lavorabilità del polimero. Ipotizzando un polimero perfettamente cristallino, durante il raffreddamento dallo stato fluido, la transizione liquido-solido avviene ad una precisa temperatura (temperatura di fusione) ed è accompagnata da una variazione del volume specifico. In particolare si ha una brusca contrazione di volume, tanto più elevata quanto maggiore è la cristallinità. Questo comportamento è la principale causa del fenomeno del ritiro. Diversamente per i polimeri amorfi non si osserva un punto di solidificazione, ma un aumento progressivo della viscosità del fluido che porta, senza discontinuità, il polimero dallo stato liquido a quello solido con comportamento inizialmente gommoso. In seguito, al di sotto di una certa temperatura (temperatura di transizione vetrosa) il materiale ha un comportamento simile a quello del vetro. Al di sopra della temperatura di transizione vetrosa le catene sono relativamente libere di scorrere, pertanto il polimero si trova in uno stato gommoso e si presenta morbido e flessibile; al di sotto di essa, invece, i movimenti relativi delle catene sono impediti ed il polimero si presenta duro e rigido ed in genere anche fragile. Il comportamento dei polimeri parzialmente cristallini risulta intermedio tra i due precedenti. 14

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