GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI

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1 CROSA COVER BROSSURA_dorsino23_Layout 1 19/11/ Pagina 1 Nella stessa collana: Marina Firpo La famiglia Fieschi dei conti di Lavagna Strutture familiari a Genova e nel contado fra XI e XIII secolo Genova Giovanni Battista Crosa di Vergagni I diplomi imperiali per i feudi di Savignone, Mongiardino, Vergagni (Fieschi, Spinola, Crosa) Genova 2008 Marina Firpo Il Mercato di Casella Un investimento fliscano lungo la via del Pedaggio Genova 2010 Daniele Sanguineti Genovesi in posa Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento Genova 2011 Villa Crosa Diana a Genova Sampierdarena Un restauro post-industriale a cura di Gianni Bozzo Genova 2012 Marzia Cataldi Gallo I tessuti delle Fieschine Genova 2012 Gianni Bozzo Santino Tagliafichi ( ) Tradizione e modernità a Genova tra Sette e Ottocento Genova 2013 Marina Firpo Feudalità e istituzioni Il Liber privilegiorum della famiglia Fieschi ( ) vol. I Genova 2014 Agostino Crosa di Vergagni ( ) GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI Marina Firpo I Fieschi. Potere chiesa e territorio Sant Adriano di Trigoso e Santa Maria in Via Lata Genova 2007 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI COLLANA DI STUDI FONDAZIONE CONSERVATORIO FIESCHI 50,00 (i.i.) Fondata da Agostino Crosa di Vergagni Giuseppe Crosa di Vergagni nacque nel 1886 a Belluno da una nobile famiglia genovese. Si laureò nel 1912 al Politecnico di Milano, dove fu allievo di Gaetano Moretti. Nella prima fase della sua carriera effettuò molti lavori nel territorio genovese: dalla villa Borzino a Busalla del 1922, al villino Panizza a Crocefieschi, del Altri numerosi interventi li effettuò su palazzi e ville del Genovesato. Nel 1929 assunse la carica di segretario provinciale del Sindacato Fascista Architetti e dal 1931 al 1932 fu segretario regionale; nel 1932, in disaccordo con gli esiti del piano regolatore di Genova, rassegnò le dimissioni a testimonianza del profondo dissenso con le Amministrazioni locali e le alte gerarchie del regime. Nella rassegna delle opere vanno ricordate: la casa del Balilla (1930); il palazzo per la nuova sede amministrativa delle acciaierie Ilva; e il più recente palazzo Terzano del Fra il 1935 e il 1936 realizzò la fontana di piazza De Ferrari, facendo costruire la vasca in unica fusione. Nel corso della sua attività si occupò della riabilitazione e della riqualificazione di non pochi palazzi storici genovesi; della trasformazione di edifici esistenti; della progettazione di costruzioni ospedaliere, ecclesiastiche e per il tempo libero, nonché della realizzazione di monumenti celebrativi e opere funerarie. Il volume analizza tutta la messe della documentazione disponibile evidenziandone la produzione più significativa e gli inediti pervenuti.

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4 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI COLLANA DI STUDI FONDAZIONE CONSERVATORIO FIESCHI Fondata da Agostino Crosa di Vergagni

5 Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Conservatorio Fieschi desidera in primo luogo ringraziare la Wolfsoniana Fondazione Regionale per la Cultura e lo Spettacolo, nelle persone dei suoi Conservatori, Silvia Barisione, Matteo Fochessati e Gianni Franzone, per la costante disponibilità sia nel mettere a disposizione l ingente materiale riguardante l architetto Crosa di Vergagni, che oggi è parte del patrimonio della medesima, sia nel prendere parte fattiva e importante nella stesura degli articoli, che compongono questo libro. Si ricorda che elemento essenziale per il concepimento di esso è stata l autorizzazione concessa dalla Wolfsoniana ad accedere, fotografare e permettere la pubblicazione della predetta documentazione. A ciò i Conservatori della Wolfsoniana hanno dato immediato, pieno ed entusiastico appoggio, senza il quale è superfluo dire che il presente libro non avrebbe potuto essere realizzato. Altro importante ringraziamento va a Dario Nicolini, valorosissimo interprete dei desideri degli Amministratori del Conservatorio Fieschi, che ha curato il rapporto con la Wolfsoniana, l esecuzione delle riproduzioni fotografiche e il loro inserimento nel contesto della pubblicazione, con un risultato assai apprezzabile. A lui va il ringraziamento particolare dell Amministratore Delegato, con il quale Dario Nicolini ha istituito una solida amicizia, sfociata in una ormai efficacissima collaborazione. Il ringraziamento degli Amministratori va anche e soprattutto a Francesco Tomasinelli, che ha architettato tutta l impostazione del libro, la selezione della documentazione fotografica da includere, scelta fra le centinaia di documenti resisi disponibili e tutti consultati, e il coordinamento dei vari articoli, con i quali gli estensori dei medesimi hanno puntualmente messo in risalto l opera di Crosa di Vergagni. E pertanto il ringraziamento viene esteso a Silvio Ferrari, Gianni Bozzo, Guglielmo Polastri, Silvana Balbi, Alessandro Casarino e Paola Crosa di Vergagni, che con i loro scritti hanno completato quelli di Tomasinelli, Nicolini, Fochessati e Franzone, e dato quindi il giusto e dovuto ricordo alla figura ed all opera di Giuseppe Pipino Crosa. Servizio fotografico Studio Nicolini Altre referenze fotografiche Collezione Stefano Finauri, pp (figg. 2, 3, 5) Paola Crosa di Vergagni, pp. 115, , Direzione e coordinamento editoriale Alessandro Avanzino Grafica Barbara Ottonello Sagep Editori ISBN

6 SOMMARIO GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI 8 (BELLUNO, GENOVA, 1962) Giovanni Battista Crosa di Vergagni IL PROFILO PERSONALE 14 E LA MOLE DEGLI INTERVENTI Silvio Ferrari CROSA E LA SUA CITTÀ 26 Guglielmo Polastri RIVISITAZIONI MANIERISTE 42 E BAROCCHE Gianni Bozzo VILLA BORZINO: UN ESEMPIO 60 DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI Gianni Franzone CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA 80 DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI Francesco Tomasinelli UNA AVVENTURA IN BRASILE 114 Paola Crosa di Vergagni LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA 128 EL ARCHIVIO Dario Nicolini UN ESPERIENZA DI SCHEDATURA 130 A LUNGO TERMINE : LO STUDIO E LA CATALOGAZIONE DELL ARCHIVIO CROSA NEL Alessandro Casarino VILLA BORZINO. 134 PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E IPOTESI DI RESTAURO E RIUSO DI UNA DIMORA DI VILLEGGIATURA DEGLI ANNI VENTI Silvana Balbi PROGETTI REALIZZATI REGESTO 183 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI 90 EIPALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO Matteo Fochessati

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8 La Fondazione Opera Pia Conservatorio Fieschi, più brevemente Fondazione Fieschi, è persona giuridica di diritto privato, senza fini di lucro, dotata di piena autonomia statutaria e gestionale, il cui scopo esclusivo è il perseguimento di fini di utilità sociale, consistenti nell assistenza ed educazione dei minori, e dei giovani bisognosi. L Opera Pia Conservatorio Fieschi nasce nel 1762, alla morte del suo fondatore, Conte Domenico Fieschi, che, trovandosi senza discendenti, istituisce, per testamento, suo erede universale la Scuola o Conservatorio semplicemente laicale da erigersi sotto il titolo dell immacolata Concezione, da destinarsi al ricovero e ammaestramento gratuito delle zitelle povere, orfane, abbandonate, onde poi, volontarie, ridonarle alla società, fedeli alla religione, care all industria, di esempio alle loro uguali. L Opera ha pienamente esercitato, nei secoli, la propria attività filantropica, collocandosi fra le prime della Liguria per magnitudine patrimoniale e pluralità di interventi a favore delle giovani bisognose. A titolo di mero esempio, basti ricordare un censimento dell anno 1839, effettuato sugli istituti di assistenza presenti negli Stati Sabaudi (all epoca Sardegna, Liguria, Piemonte, Valle d Aosta, Nizzardo e Savoia), ove il Conservatorio Fieschi si collocava al primo posto nella graduatoria riservata agli istituti minorili, per ammontare delle entrate e numero delle ricoverate, quantificate, per l anno in esame, in 195 su un totale di 805 in tutto il territorio. L Opera oggi svolge, esclusivamente con mezzi propri derivanti dalla gestione del patrimonio dotale della Fondazione, accortamente e saggiamente amministrato, una consistente quantità di interventi, sempre incentrati sull assistenza ed educazione dei giovani, quali la gratuita ospitalità a studenti universitari liguri, residenti fuori Genova, bisognosi di aiuto; la dazione di borse di studio a favore di studentesse universitarie madri, studenti disabili e studenti orfani; l erogazione di contributi a favore di Enti assistenziali liguri con finalità analoghe a quelle dell opera Pia, e, più generalmente, a giovani in difficoltà. Otto anni orsono la Fondazione Fieschi ha istituito una collana di Studi, fondata dall Ingegnere Agostino Crosa di Vergagni, all epoca Amministratore ed oggi prematuramente scomparso, con lo scopo di mettere a disposizione della collettività pubblicazioni, studi e/o monografie, principalmente incentrate sulla famiglia Fieschi, ma anche rivolte ad altre tematiche, prevalentemente circoscritte agli eventi storici e artistici del territorio ligure. Il decimo esemplare della collana, che costituisce la presente pubblicazione, documenta l opera dell architetto Giuseppe Crosa di Vergagni (Belluno, Genova, 1962). L archivio dell architetto, oggi depositato presso la Wolfsoniana, che ne è diventata proprietaria a seguito della donazione degli eredi del medesimo, è stato, in occasione del presente libro, attentamente consultato e i principali progetti inseriti nel testo, accompagnati da una pregevole serie di disegni, di mano dell architetto. Le principali opere eseguite, a loro volta accuratamente fotografate e riprodotte, accompagnano e illustrano gli articoli che gli estimatori dell opera dell architetto Crosa hanno voluto scrivere, a documentarne e ricordarne l attività. La Fondazione Fieschi è particolarmente lieta che il presente volume sia oggi a disposizione degli studiosi e degli studenti di architettura, e, più generalmente, di tutti coloro che hanno conosciuto e apprezzato l opera di Giuseppe Crosa di Vergagni. Fondazione Conservatorio Fieschi Il Consiglio di Amministrazione 7

9 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI (BELLUNO, GENOVA, 1962) Giovanni Battista Crosa di Vergagni Giuseppe Crosa di Vergagni nasce a Belluno nell anno 1886, da nobile famiglia genovese. I Crosa, originari di Murta, vennero a stabilirsi in Sampierdarena nel corso del sedicesimo secolo. Ivi essi prosperarono, nel XVII secolo, soprattutto con la produzione ed il commercio della seta 1. Nel XVIII secolo, i due fratelli Giò Niccolò e Giò Ambrogio Crosa 2 possedevano in Sampierdarena numerose proprietà 3, tra cui i filatoi di seta, posizionati sul letto del Polcevera, in prossimità della foce del medesimo (l odierna Fiumara), e l attuale villa Crosa-Diana, sita nell allora via del Mercato (attuale via Prete N. Daste), oggi di proprietà della Fondazione Conservatorio Fieschi. L ascrizione al patriziato della Repubblica Genovese della famiglia Crosa è del 1727, mentre nel 1733 Giò Filippo Crosa acquistò da Stefano Doria il feudo imperiale di Vergagni. La famiglia assunse poi il cognome Crosa Di Vergagni. Nel XVIII secolo la famiglia si trasferì in Genova, ove si collocò come una delle più ricche della città ed era citata fra quelle dedite al commercio, all industria e alle operazioni finanziarie 4. A Genova i Crosa, dopo aver abitato per breve periodo in San Siro, si stabilirono nel palazzo di via Canneto il Lungo 5, ove si susseguirono varie generazioni, sino ad arrivare a Giuseppe Crosa di Vergagni. L architetto Crosa compì gli studi presso l Istituto Politecnico di Milano e fu particolarmente influenzato dagli insegnamenti di Gaetano Moretti. Ivi si laureò nel Durante la prima guerra mondiale il giovane Crosa, ufficiale di 8 GIOVANNI BATTISTA CROSA DI VERGAGNI

10 artiglieria, prestò servizio al fronte nel settore dell alto e medio Isonzo, partecipando, tra l altro, alla battaglia per la conquista di Gorizia (6-8 agosto 1916), quando le truppe della brigata Treviso attaccarono le alture del monte Peuma (oggi Piuma), riuscendo ad affermarvisi, pur con grande sacrificio di uomini. Nell aprile 1917 il Crosa, membro del 49 gruppo di assedio, eseguì un mirabile schizzo dall osservatorio del monte (fig. 1). Rientrato a Genova al termine della guerra, l architetto adibì a proprio studio una vasta parte del piano nobile del palazzo di famiglia, al numero 27 di via Canneto il Lungo. Quivi vennero concepiti i primi progetti, volti alla realizzazione di residenze private, quali, a titolo di mero esempio, la villa Borzino di Busalla ( circa) e il villino Panizza a Crocefieschi (1926), nonché i primi restauri di dimore storiche e di edifici pubblici. Nel primo periodo di attività si colloca anche la realizzazione dell altare della cappella del Palazzo dell Università in via Balbi, in perfetto stile barocco. Nel 1925 prese parte con altri architetti liguri, guidati da Orlando Grosso, alla Esposizione Internazionale delle Arti Decorative ed Industriali Moderne di Parigi. Il tema trattato dal gruppo era L Atrio di una Villa Ligure e il Crosa diede un contributo fondamentale al coordinamento dei singoli professionisti, oltre a sviluppare personalmente il tema della caminata. Nel 1927 partecipò alla Biennale di Monza, con un gruppo di architetti guidati da Mario Labò, allestendo personalmente la sala del marmo. GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI 9

11 1 Fig. 1 - Schizzo panoramico dall osservatorio del Monte Peuma. Nel 1928 fu progettata la neogotica palazzina del Regio Yacht Club Italiano. Nel 1929 la monumentale sede centrale dell ILVA di via Corsica. Nel 1930 la sede della Lega Navale Italiana, e la Casa del Balilla di via Cesarea. Dal 1928 l architetto Crosa aderì alla DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti), fondata dal Labò con lo scopo di rinnovare le arti applicate liguri, abbandonando lo stile Liberty. Nel 1932 prese parte al concorso per il nuovo Piano Regolatore di Genova: pur non vincendo, la soluzione proposta dal Crosa otteneva un particolare riconoscimento. Nel 1933 effettuò con Orlando Grosso il restauro del piano nobile del palazzo Doria Spinola per la Provincia. Contemporaneamente, l architetto Crosa fu impegnato nell attività sindacale: pur non essendo iscritto al Partito Nazionale Fascista, il che comportò la sua esclusione dalla vita professionale ufficiale e dalle possibilità di lavoro proficuo, dal 1929 al 1931 fu peraltro segretario provinciale del Sindacato Fascista Architetti e ne fu segretario regionale dal 1931 al Nel 1936 prese corpo l opera indubbiamente più nota, ossia la fontana di piazza De Ferrari, donata alla città di Genova dall ingegner Carlo Piaggio per portare a compimento la volontà testamentaria del figlio Giuseppe. L originale soluzione ideata dal Crosa portò 10 GIOVANNI BATTISTA CROSA DI VERGAGNI

12 alla realizzazione di una grande coppa di bronzo, del diametro di 11 metri e del peso di 36 tonnellate, che venne fuso nell aprile 1936 nello stabilimento Tirreno alle Grazie e quindi, con non poche difficoltà, trasportata a De Ferrari. Racconta S. Paglieri che nella freschissima aria della sera il trasporto è venuto avanti lentamente, tra un gran lusso di agenti municipali e di carabinieri in un nereggiare di folla. Tanta gente da poter dire ai figli ed ai nipoti di qui a qualche anno che loro c erano, la sera che quella grande vasca venne messa al suo posto. Cesare Crosa di Vergagni Dal matrimonio con Bruna Ferrero l architetto Crosa ebbe un unico figlio, Cesare, detto Cilin, nato a Genova l 11 giugno Cesare prese parte attiva alla lotta partigiana, col nome Michi, e perì tragicamente il 31 gennaio dell anno 1945, a soli 20 anni, scivolando sul ghiaccio durante un trasferimento notturno sui monti liguri. Una lapide lo ricorda, nel luogo di Barbagelata, nel Comune di Lorsica, e a Genova gli venne dedicata una via (via Crosa di Vergagni), presso la spianata di Castelletto. La poetessa Elena Bono, recentemente scomparsa, gli dedicò due belle liriche, intitolate Dicevi: a primavera e Il cavallino nero 6, la prima delle quali inedita. Alla memoria di Cesare Crosa di Vergagni venne concessa la medaglia d argento al valor militare 7. GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI 11

13 12 GIOVANNI BATTISTA CROSA DI VERGAGNI

14 L architetto Crosa, a sua volta, fu, tra l estate del 1943 e la primavera del 1945, membro del Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria. E, dopo il 25 aprile, venne nominato vice presidente della Giunta provinciale dal 2 luglio 1945 al 26 maggio Dopo la guerra, l architetto Crosa continuò la sua intensa attività. Negli anni Cinquanta venne da lui concepito il prestigioso progetto dell Università Commerciale di San Paolo del Brasile, divenuta poi il Palazzo del Governo dello Stato omonimo. L architetto Crosa scomparve, dopo penosa infermità, il 10 giugno dell anno Nei necrologi dell epoca, l architetto venne ricordato come interprete magistrale del 700 genovese, del quale rese versioni attuali di grandissimo pregio, con sensibilità signorile ed appassionata dedizione. E ancora: nei 50 anni di attività, egli dette prova di una versatilità sorprendente, realizzando opere di avanguardia per il suo tempo quali il palazzo dell ILVA, la sede dello Yacht Club e la fontana di Piazza De Ferrari. 1 Cfr., anche per l albero genealogico, A.M.G. Scorza, Antiche famiglie liguri, i Crosa, Genova Da Giò Ambrogio, sposato con Benedetta Cambiaso, solo una figlia, Maria, sposata De Marini; da Giò Niccolò, sposato con Battina Sauli, si ebbe invece una copiosa discendenza, da cui, oltre all architetto Crosa, tutti i Crosa odierni. 3 Cfr. la pianta del Vinzoni inserita nel libro Le Ville Genovesi: Pianta del soborgo di Sampierdarena, in cui sono segnate tutte le strade, palazzi, case e giardini e ville con i loro confini ed acquedotti, formata per ordine dell illustrissimo magistrato dei padri del comune l anno 1757 da Matteo Vinzoni. 4 Cfr. G. Felloni, Gli investimenti finanziari genovesi in Europa tra il Seicento e la Restaurazione, Milano 1971, pp. 473 e sgg. 5 Il palazzo Crosa di Vergagni in Canneto era in origine un palazzo Fieschi (per breve periodo anche di proprietà di Virginia Fieschi, moglie di N. Appiani, principe di Piombino). Venne acquistato poi dai magnifici Ferretto e, in data 14 maggio 1752, il magnifico Stefano Ferretti lo vendette al magnifico Giò Niccolò Crosa (notaio Simone Daste). Venne poi venduto da Ambrogio e Niccolò Crosa ad Agostino Fieschi (con atto del notaio Saverio Pallano in data 16 agosto 1785), che lo abitò per qualche decina d anni. A seguito del matrimonio della figlia di Agostino, Carlotta, con Nicolò Crosa fu Gio Batta fu Giò Niccolò (1822), i Crosa rientrarono nel palazzo, e un ramo della famiglia lo abita a tutt oggi. 6 E. Bono, I galli notturni, Milano Brevetto n. 5778, registrato alla Corte dei Conti il 10 ottobre 1972 (vedi p. 23). GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI 13

15 IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI Silvio Ferrari Docente di Storia dell Arte Assessore del Comune di Genova (anni e ) Scrivere della personalità e soprattutto dell opera progettuale e delle realizzazioni dell architetto Giuseppe Crosa di Vergagni (Belluno, Genova, 1963) è compito per addetti ai lavori. Tuttavia nell ambito di una operazione nobilmente commemorativa come quella intrapresa dai curatori del presente volume, può trovare posto anche uno scritto esterno che nasce dall intenzione di riflettere sulla figura di questo protagonista della cultura architettonica a Genova, nella prima metà del XX secolo, ragionando su dati essenzialmente biografici e sui titoli della sua produzione, intesi come documenti di un lavoro urbano e territoriale strettamente collegato alla vita di Genova e della Liguria, promosso e richiesto dalle istituzioni sociali e politiche del tempo e dalla concreta soggettività (cioè dalle esigenze) dei committenti (pubblici e privati), per quanto attiene tutta una serie di interventi elaborati e concretamente eseguiti dal Crosa lungo un percorso temporale che va dal primo al secondo dopoguerra, con una evidente concentrazione ed una corrispondente intensità di risultati durante il periodo che va tra il 1920 e Con un criterio di riferimento come quello appena esposto diventa legittimo partire da un approccio al personaggio Crosa visto innanzi tutto come un esponente del patriziato genovese (il suo antenato Giovanni Battista di Nicolò è iscritto nel novero della nobiltà col titolo di Marchese, signore di Vergagni, a far data dal 13 aprile 1768) che, dopo una formazione scolastico-estetica che lo porta a studiare al prestigioso Politecnico di Milano, transita all esercizio di una professione intrinsecamente borghese come quella solo per citare il più celebre fra gli intellettuali europei coetanei di Giuseppe Crosa svolta da Charles Edouard Jeanneret detto Le Corbusier ( ). A complemento di un profilo esistenziale coerentemente borghese, l architetto Crosa di Vergagni contrae matrimonio con la signora Bruna Ferrero dalla quale tuttavia si separa ben presto e dalla quale ha avuto in precedenza un figlio, Cesare, nato nel La parabola drammatica della vita di questo giovane costituisce probabilmente l elemento psicologico di maggiore incidenza e rottura nella storia personale di un professionista che, secondo una testimonianza raccolta in ambito assai vicino alla cerchia di famiglia, era diventato un punto di riferimento sicuro, quasi imprescindibile, per le realizzazioni architettonico-residenziali di tanta parte dell aristocrazia genovese. Il giorno 31 gennaio 1945, in circostanze incidentali collegate a causa di servizio come si legge ancora oggi nella scheda dedicata al caduto Cesare Crosa di Vergagni (nome di battaglia Michi), conservata presso l Istituto Storico della Resistenza in Liguria, il giovane figlio del notissimo e affermato architetto, che fin dall 11 marzo 1944 aveva raggiunto i partigiani della divisione Cichero, entrando a far parte della brigata Berto, trovava la morte in località Barbagelata, scivolando sulla neve in località Costa Finale e precipitando per più di 150 metri in un dirupo. Come si può leggere nel testo Testimonianze partigiane a cura di Claudio Floris e Carla Casagrande Maschio, un volume pubblicato nel Secondo ulteriori testimonianze, in quella circostanza entrambi i genitori sarebbero andati in zona a raccogliere il corpo del loro figlio che nel corso dei nove mesi trascorsi in montagna aveva nel frattempo ottenuto il grado di ufficiale sanitario. 14 SILVIO FERRARI

16 Come si può dedurre ancora dal testo appena citato. Senza poter dilatare la portata di questo episodio (che per altro non richiede alcuna enfatizzazione, carico com è della sua tragicità storica, comune del resto a molti giovani di quelle generazioni), è chiaro che quella morte dovette rappresentare una cesura non colmabile nel complessivo percorso della vita di Giuseppe Crosa di Vergagni al quale, in quell inverno del 1945, restavano ancora quasi vent anni da vivere, sia pure con un ritmo di produzione progettuale e professionale destinato a rallentarsi, ma non a cessare. A fronte di queste relativamente scarse notizie desumibili dalla quotidianità dell esistenza assume un rilievo davvero notevole l ambito dell operatività esplicata dal Crosa, innanzitutto nella città capoluogo, Genova, ma anche nelle Riviere di levante e di ponente, in Valle Scrivia e nel basso Piemonte. Vale la pena di partire dalla sistematicità schematica del repertorio intitolato Bilancio tematico, redatto in una sorta di catalogo oggi consultabile presso la Wolfsoniana, ospitata nel Palazzo Ducale di Genova, per capacitarsi della portata del lavoro prodotto dal Crosa su una gamma obiettivamente vasta di settori di intervento. Riportandolo praticamente senza alterazioni, esso è costituito da: le grandi opere cittadine realizzate; i grandi progetti utopici (mai realizzati); i progetti urbani per le aree centrali genovesi (a partire dal concorso del 1931); i grandi restauri e le trasformazioni edilizie; le opere di regime (realizzate e non); i cinema, teatri, bar, negozi; le costruzioni per il tempo libero; le palazzine - case d abitazione e insediamenti residenziali; le trasformazioni esterne di edifici preesistenti; le realizzazioni di costruzioni annesse (portali, scale d accesso, autorimesse); la sistemazione di interni di ville e appartamenti; gli interventi minori su edifici anonimi e industriali; le grandi ville extraurbane; le ville rurali, i villini, i casolari, i castelli; le strade, i ponti, gli acquedotti; le opere ecclesiastiche e ospedaliere; i monumenti celebrativi e le opere funerarie; i progetti privati e pubblici all estero e in Italia; i progetti scolastici; gli studi per arredi e oggetti vari; la partecipazione a mostre, esposizioni e concorsi. C è obiettivamente da restare ammirati, considerando che, in questo inventario postumo, si può partire dalla Sala Ligure all Exposition des arts decoratifs a cui Crosa partecipa con il principe dei funzionari del Comune di Genova, Orlando Grosso, nel 1925 e si può giungere al progetto per la Universidade Comercial di San Paolo del Brasile, realizzato fra il 1954 e il 58, quando l architetto mantenne un sostanzioso e fertile rapporto di collaborazione con la famiglia Matarazzo, cioè con uno dei clan di prestigio e potenza economica assoluta nel continente sudamericano. IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 15

17 L uomo che ha compiuto i suoi studi, laureandosi nel 1912 al Politecnico di Milano, come si è già detto, dove ha avuto come maestro di riferimento Gaetano Moretti, entra da protagonista nel novero delle personalità più significative della cultura architettonica del tempo nella Genova degli anni 20 che è stata adeguatamente studiata e descritta da Paolo Cevini nel suo fondamentale lavoro Genova anni 30 da Labò a Daneri, edito dalla SAGEP nel 1989 e diventato un testo imprescindibile per studiosi e studenti. È all interno di questa disamina che vanno cercate e individuate le figure più rilevanti che contribuirono allo svecchiamento, all europeizzazione e alla trasformazione del panorama urbano e del patrimonio edilizio e di servizi della città capoluogo. Da Mario Labò a Robaldo Morozzo della Rocca, da Luigi Vietti a Renato Haupt, da Giacomo Carlo Nicoli a Manlio Costa, da Luigi Carlo Daneri ad Angelo Crippa e fino a Eugenio Fuselli, siamo in presenza di una significativa squadra di professionisti le cui firme e i cui studi stanno dietro a tutte le più impegnative realizzazioni architettoniche del centro città e dell enorme ampliamento urbano successivo alla creazione della Grande Genova (1926). E fra loro si muove con crescente prestigio e decifrabile stile operativo Giuseppe Crosa di Vergagni che Cevini qualifica come architetto di concezione più spiccatamente tradizionalista e conservatrice, ma al quale attribuisce al tempo stesso l eleganza e il gesto della accurata riproposizione di prerogative stilistiche riconducibili a richiami come quello del barocchetto genovese, ravvisabili soprattutto negli allestimenti espositivi e nelle decorazioni. Con i richiami all intervento del Crosa nel Padiglione ligure della già ricordata esposizione parigina dove è presente l immagine della caminata come richiamo colto al grande camino della casa e della vita medievale e si apprezza l ornamento delle ceramiche realizzate da Francesco Messina, appositamente per la circostanza. E la riconferma della sensibilità appena descritta, anche nell occasione dell allestimento della Sala del Marmo, ancora nella Sezione Ligure della III Biennale di Monza, e sempre con la presenza statuaria delle opere di Messina. Ma le prove di Crosa di Vergagni avevano già ottenuto effetti di consolidato consenso innanzitutto nel rapporto con i committenti con i due interventi esterni di Busalla e di Crocefieschi, dove rispettivamente con villa Borzino nel circa e villino Panizza nel 1926, si era realizzata una coerente convergenza fra la concezione aristocratica della villeggiatura e l assetto edilizio e qualitativo dei manufatti progettati. Del resto negli anni immediatamente successivi l architetto Crosa sarebbe entrato ben dentro il nucleo del tessuto pregiato genovese (su due diverse quote stradali del centro), con l esecuzione di due obiettivi forti, per mole e destinazione d uso: la nuova sede dell ILVA in via Corsica nel 1929 e la Casa del Balilla di via Cesarea nel E a proposito di quest ultimo complesso (recentemente restaurato e trasformato in centro di servizi civici diversi), del suo aspetto rinascimentale, soprattutto nella versione della parete esterna, prescelto dal progettista, è necessario collegare il rilievo della costruzione con il suo carattere ideologico ed implicitamente celebrativo di uno dei passaggi formativi della nuova concezione dell individuo nel sistema educativo dell Italia fascista. 16 SILVIO FERRARI

18 IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 17

19 18 SILVIO FERRARI Alla quale Crosa aderisce piuttosto per affinità corporativa che per militanza politica o, meno che mai, per attivismo squadrista. Egli risulta infatti impegnato nelle organizzazioni statali più direttamente dipendenti dal nuovo assetto delle professioni borghesi nella disciplina dell ordinamento sociale fascista. Segretario provinciale dal 1929 al 1931 del Sindacato Fascista degli Architetti, nel biennio successivo svolgerà la stessa funzione in qualità di segretario regionale. E in questa veste più che giovarsi dell innegabile prestigio e del conseguente ambito di potere che ne poteva derivare, Crosa appare piuttosto un arbitro capace di intervenire anche in conflitti e contrasti burocratici di notevole rilievo, fino al punto da rimettere il suo mandato nel 1932 (in data 24 settembre per la precisione) nelle mani del segretario nazionale dello stesso sindacato, Alberto Calza Bini che, peraltro le respingerà con dichiarazioni di stima confermata anche nella circostanza ed espressa per iscritto nei confronti del collega genovese. Si trattava nel merito di questioni di non poco conto, collegate all esito e alle decisioni della Commissione nominata dal Podestà di Genova Broccardi, per classificare i vincitori e adottare di conseguenza i progetti più meritevoli per l attuazione del Nuovo Piano Regolatore della Grande Genova. Sul contenzioso apertosi in seguito ad un ricorso, Crosa (che pure aveva partecipato a sua volta sotto la sigla Maktub allo stesso concorso, ottenendo un significativo riconoscimento, cioè una segnalazione di merito ex aequo, assieme ad altri due gruppi concorrenti) non esita ad offrire le dimissioni pur di risolvere in termini

20 accettabili uno scontro che metteva in cattiva luce la portata di una grande operazione urbanistica che avrebbe comunque stravolto lo sviluppo di Genova, aprendone di fatto una nuova funzione di città-territorio e di area metropolitana. Ma anche in precedenza, a giudicare dal tenore di una lettera, datata 29 gennaio 1930 e firmata da Marcello Piacentini, il celebre professionista di regime, impegnato a riscuotere le sue spettanze presso il Comune di Genova committente della grandiosa operazione piazza della Vittoria il ruolo di un Crosa mediatore, in ragione della sua funzione di segretario del sindacato di categoria, sembra trovare una significativa conferma, leggibile in questo, come in altri atti conservati nell archivio personale custodito presso la Wolfsoniana, a Palazzo Ducale. E, da ultimo, almeno per una completezza di riferimento su questo aspetto non secondario del comportamento del Crosa professionista in carriera, quando nel 1937 viene formalizzata la situazione e l opzione politica degli aderenti al sindacato, egli non risulta iscritto al Partito Nazionale Fascista. Naturalmente le considerazioni appena svolte non possono oscurare o rimuovere la centralità del percorso che in quegli stessi anni Crosa di Vergagni continua ad arricchire di progetti che incidono concretamente nell immagine della sua città. Risale giusto al biennio il progetto della sede del Regio Yacht Club Italiano nella parte orientale del porto vecchio, dove l architetto tenta di riproporre in termini rievocativi e con gusto citazionista e neogotico la struttura e l articolazione fra pieni e vuoti delle antiche case della palazzata attorno a Palazzo San IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 19

21 Giorgio. Almeno secondo la sensibilità critica di un giovane Alf Gaudenzi che così si esprime in proposito su una rivista dell epoca. E 1934 è datata la realizzazione di palazzo Terzano posto all angolo fra l ascesa di via Fieschi e piazza Dante e risolto, come scrive ancora qualche critico, in termini conservativi rispetto alla cultura razionalista ormai vincente in quegli stessi anni in tutta Europa. Ancora al 1934 infine risale la sistemazione, a forte valenza simbolica per committenza e destinazione patriottica dell oggetto centrale di piazza Raffaele de Ferrari Duca di Galliera: la fontana. Senza porsi certamente i problemi che intrigarono alcuni grandi intellettuali del suo tempo sul rapporto fra laicità delle competenze tecniche e affinità ideologiche alla natura e alle funzioni delle strutture da realizzare, Giuseppe Crosa di Vergagni praticò, per tutta la lunga stagione della sua attività, la progettazione di obiettivi attinenti l ambito religioso, quello assistenziale e ospedaliero. Ne fanno fede i riferimenti che vengono riportati di seguito, scanditi e ordinati non per il rilievo intrinseco dei vari interventi, ma nella semplice successione cronologica che tuttavia consente di percepire un indubbia crescita d importanza dei risultati: segno innanzitutto dell autorevolezza dei committenti, come la Curia Arcivescovile di Genova e della destinazione d uso dei siti e dei progetti. 1. Tomba Cataldi a Staglieno (1925); 2. Ampliamento dell Istituto David Chiossone (1929); 3. Tomba conte Carlo Raggio a Gavi (1929); 4. Tomba Francesco Barbagelata a Staglieno (1930); 5. Tomba Repetto a Staglieno (1935); 6. Ospedale Galliera in corso Mentana, Padiglione San Filippo e loggiato (1935); 7. Chiostro di San Matteo, consolidamento (1938); 8. Chiesa di Nostra Signora del Rosario, via Rosselli ( ); 9. Cappella Matarazzo al Verano (1961); 10. Seminario Arcivescovile al Righi, ex villa Quartara ( ). Comunque l opus continuum (il più durevole e diffuso), quello che per decenni si svolge sul territorio genovese e su quello della regione ligure (con presenze anche esterne, anzitutto in Piemonte), è costituito dall edilizia residenziale di prestigio che Crosa di Vergagni progetta, ridisegna, trasforma, recinge, arreda e assegna alle esigenze di un nucleo davvero forte di aristocrazia cittadina, non più solo di ricchezza terriera, ma operosa ed attiva nell impresa industriale e di borghesia locale in rapida ascesa economica e sociale, integrata da qualche caso di committenza straniera. In un intreccio permanente fra pubblico e privato, nella continuità delle commesse offerte dalle istituzioni e attinenti i servizi educativi 20 SILVIO FERRARI

22 e sociali di cui necessitavano anche i piccoli comuni del territorio. Basta una campionatura dei cognomi e dei luoghi per restituire credibilità alle considerazioni appena esposte. Cominciando dal prestigioso cognome degli stessi Crosa per una palazzina a Nervi e poi i Campanella, i Bertolotto a Ruta di Camogli, i Croce a Varazze, i Peirano, i Tagliafico, gli Ollandini; e ancora i Croce a Nervi, i Grosso a Bonassola, gli Scavia a Frugarolo, i Cattaneo-Spinola, i Parodi, i Vaccari a Santa Margherita Ligure, i Perrone, i Cameli, i Bruzzone, i de Thierry, i Piaggio, i Frugone, i Baratta, i Marshall, i Biaggi, i Prencipe a Portofino, i Bruzzo a Retorto di Predosa, gli Invrea a Voltaggio, i Bocciardo a Gavi, gli Scotti a Pieve Ligure, i Croce Ranuzzi ancora a Voltaggio, i Woldman a Sori; ancora i Bocciardo a Santa Margherita, i von Unruch a Zoagli, i Bombrini a Bogliasco, i Reiter all Isola d Elba, i De Ferrari a San Michele di Pagana. Con contributi progettuali, come si è già detto, diversi e differenziati, anche complementari alla struttura di edifici già esistenti e persino marginali come l erezione di un muro di cinta o l esecuzione di un autorimessa, ma con un attenzione alla qualità dell intervento da vero interprete della cultura dei gruppi dirigenti genovesi del tempo. Nel repertorio esecutivo (o anche solo progettuale) dell architetto Crosa di Vergagni prevale comunque la versatilità delle competenze che gli consente di aderire alle proposte più occasionali e variegate: dall eleganza del grande e nuovo cinematografo nel palazzo della Borsa al Gran Caffè compreso nello stesso edificio, dal negozio Zoppi a Sampierdarena alla sede degli uffici di via Santi Giacomo e Filippo, dal Banco de Italia y Rio de Plata al caseggiato di via Pisa, dall Albergo di Recco alla Pensione di Madonna di Campiglio, dalla colonia marina di Forte dei Marmi al Ristorante Nazionale di Portofino. È evidente che l elenco potrebbe assumere le dimensioni di un riepilogo o meglio quelle di un indice tematico. Ciò che preme piuttosto evidenziare in questa riflessione conclusiva è la coerenza dell assunto concettuale da cui non tanto questo semplice scritto, quanto piuttosto sembra aver preso le mosse il cammino operativo e culturale del nostro professionista. Giuseppe Crosa di Vergagni è un esponente estremo di quella concezione dell autonomia progettuale dell architetto che, durante il secolo ventesimo, ha dovuto affrontare e confliggere con tutti i condizionamenti della storia di un tempo di costrizioni e intransigenze. All interno di questo scontro impari, egli ha praticato la convinzione del primato dell individualità professionale, con risultati comunque significativi da consegnare alla memoria e alla consapevolezza di una sobria commemorazione storica come quella che sta a fondamento di tutto il ricordo della sua opera. IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 21

23 Fig. 1 - Cesare Crosa di Vergagni ( ). 1 Nota aggiuntiva su Cesare Crosa di Vergagni La presente nota che assume dimensioni inusuali nell economia di uno scritto di ampiezza concordata e tutto mirato ad illustrare il percorso civile e la committenza dei progetti di Giuseppe Crosa di Vergagni, trae origine dalla opportuna proposta di Giovanni Battista e Antonio Crosa di Vergagni che ha inteso utilizzare la circostanza della pubblicazione del volume dedicato al suo illustre parente per collocare in giusta luce anche la figura del figlio dell architetto Crosa, Cesare, della cui breve stagione di vita e della cui tragica morte sono stati forniti alcuni riferimenti essenziali nel corpo del mio scritto. È evidente che una ricostruzione puntuale della brevissima biografia del figlio di Giuseppe Crosa di Vergagni richiederebbe comunque un lavoro di consultazione di qualche documento (come quelli della formazione scolastica, dall infanzia all esame di maturità) e dovrebbe avvalersi delle fonti, tendenzialmente orali, di qualche testimonianza che i molti anni passati dalla morte di Cesare hanno reso quasi introvabile sia in ambiente familiare che presso qualche coetaneo del ragazzo di allora. Proprio a causa di questa carenza di documentazione e delle modeste tracce recuperate in lavori che risalgono al periodo immediatamente successivo alla fine della lotta di Liberazione, attribuisco grande valore e rilievo di eccezionalità testimoniale, all occasione che mi ha consentito, tramite l aiuto e la gentilezza della signora Stefania Venturino, di poter dialogare direttamente con la poetessa Elena Bono, oggi purtroppo scomparsa, la quale, oltre ad aver dedicato alla figura di Cesare Crosa un capitolo sostanzioso della sua produzione in versi, era la ragazza ventitreenne che ebbe la fortuna di conoscere di persona il partigiano Michi, in località Temossi, negli ultimi mesi del 1944, e dunque davvero poco prima della morte dello studente genovese che aveva raggiunto in montagna il luogo fisico dove realizzare la sua aspirazione alla libertà. Al termine di un lungo colloquio avuto con la signora Bono nella sua abitazione di Chiavari, credo di poter riferire senza riportare le interruzioni sempre un po fittizie che caratterizzano i cosiddetti dialoghi delle interviste, le toccanti parole che ho ascoltato e che trasferisco di seguito quasi integralmente. Stavo andando a messa con mio padre e mia sorella, a Temossi dove officiava Don Luigi Sbarbaro, don Gigetto, che era notoriamente amico e proteggeva i partigiani anche ospitandoli in chiesa, quando alle mie spalle, sul sentiero, sentii una voce dal tono insolitamente signorile (che sembrava del tutto intonata ad un passo altrettanto urbano ed elegante) pronunciare la parola permesso. Mi voltai e vidi un giovane di bellissima presenza, in maglietta, pantaloni corti e scarponcini da montagna, il fazzoletto rosso al collo e lo sten imbracciato con sicurezza ma senza spavalderia. Era Cesare, o meglio Michi, perché l ho sempre chiamato così. E da allora, per quel breve autunno, ho avuto molte occasioni di rivederlo e di parlare giovanilmente con lui, soprattutto di musica e di arte, argomenti che gli erano chiaramente congeniali. Era insieme a un altro partigiano, Walter, che aveva un aspetto e un modo di fare molto diversi. 22 SILVIO FERRARI

24 IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 23

25 Figg Posa di targa in marmo in memoria di Cesare Crosa di Vergagni alla presenza dei rappresentanti dell ANPI e di alcuni familiari, 1995, località Barbagelata, comune di Lorsica (Genova). Michi non amava parlare della sua famiglia, soffriva per la separazione dei suoi genitori, anche se proprio per salutarli e rivederli, andò a Savignone in quel capodanno del 1945, e fu l ultimo tragitto dei suoi movimenti sul territorio dell entroterra, lontano da via di Canneto il Lungo dove abitava in città. E ripensando alla sua visita, a quel suo ritorno a Savignone, mi sono sempre domandata come avesse fatto ad eludere il controllo e la presenza militare tedesca, visto che il generale Meinhold, proprio a Savignone, aveva collocato la sua residenza e per giunta nella villa requisita ai Crosa di Vergagni. Fatto sta che, appunto rientrando in zona operativa, a Barbagelata, e insieme a un compagno partigiano di nome Vigevano, come per una fatalità annunciata dallo spirito giovanile dei due ragazzi, sfidandosi reciprocamente a transitare su un lastrone di ghiaccio, Michi scivolò andando poi rovinosamente a sbattere contro un albero e subendo un trauma mortale. Quando lo venni a sapere dal suo capo distaccamento, il partigiano Banfi, non potei fare a meno di mescolare la mia disperata reazione al ricordo di quelle che erano ormai per me le sue ultime parole Vedrai, a primavera qui si ballerà, in un nuovo clima, quello di un paese libero, liberato dai giovani che come me hanno scelto la montagna. Così mi aveva detto Michi, il ventenne studente, forse iscritto alla facoltà di Legge, che aveva portato sui monti e fra i contadini il suo linguaggio e i suoi modi raffinati e appropriati. Lo stesso giovane che avevo visto tornare fiero da una missione compiuta a Borzonasca, dove era avvenuto uno scambio di prigionieri con i tedeschi che così mi aveva riferito Ci hanno trattato da pari, con il saluto e gli onori militari e non come ribelli o banditi. Come mi era sembrato orgoglioso di quel trattamento e di quell implicito riconoscimento. Lui che forse aveva avuto nella circostanza un ruolo di rilievo perchè probabilmente conosceva qualche lingua internazionale per comunicare con gli ufficiali tedeschi. Michi, così impenetrabile nel suo privato più intimamente giovanile, che, quando per canzonarlo un po, gli avevo accennato alla presenza delle belle signorine Fuselli (alta borghesia genovese di allora) in quel di Savignone, solo per vedere come avrebbe reagito, mi tolse ogni voglia di insistere, dicendo quasi rassegnato: Io sono di quelli che reggono la candela. Chissà, forse era solo un modo di difendersi. Michi, che invece con la sua innata nobiltà d animo, sapeva stare così bene dappertutto e trattare con la stessa affabilità i suoi compagni, i contadini dei paesi che li ospitavano e noi ragazze delle famiglie sfollate dalle città della costa. Quando, dopo la Liberazione, venni invitata nella sua abitazione di famiglia, in via di Canneto il Lungo, anche per aver pubblicato delle poesie dedicate proprio a lui e alla sua figura che io accostavo a quella di un cavallino nero, e incontrai sua madre, tutto traboccò in un abbraccio e la signora Bruna, con superiore delicatezza, volle ringraziarmi delle cose che avevo scritto, invocando fra le lacrime (appena trattenute) il nome del figlio e il suo tragico destino. Di lui, di Bisagno (al quale Michi era molto caro) non mi sono mai dimenticata e, come lei può vedere, le loro immagini appese alla 24 SILVIO FERRARI

26 2 3 parete della mia camera, hanno accompagnato questi lunghi anni della mia vita, dopo quel tremendo, ma anche straordinario periodo trascorso fra i monti sopra Chiavari. Ne sono rimasta segnata. Come si comprende, dopo il tono alto e una rievocazione commossa così integralmente lucida come quella che ancora occupa la profondità della memoria di Elena Bono, ogni ritorno ad altri possibili e certo altrettanto legittimi dati di riferimento storico assumerebbe un significato secondario e comunque assolutamente complementare. Mi posso solo rallegrare dell opportunità avuta e di questo ascolto diretto di una voce così straordinaria. L idea di Giovanni Battista e Antonio Crosa di Vergagni ha dunque colto nel segno e i tratti della biografia del partigiano Cesare ne sono usciti confermati e davvero convincenti. Il giovane Crosa resta un raro episodio di combattente per la libertà animato esclusivamente da una purissima aspirazione ideale, davvero esistenziale. IL PROFILO PERSONALE E LA MOLE DEGLI INTERVENTI 25

27 CROSA E LA SUA CITTÀ Guglielmo Polastri Architetto L attività di Giuseppe Crosa di Vergagni in campo urbanistico (su Genova, quasi esclusivamente), meriterebbe di essere conosciuta e documentata meglio di quel che si può fare sulla base di quanto si trova nel suo archivio e nelle pubblicazioni dell epoca. Mancano infatti suoi scritti in materia e nella sua biblioteca non ci sono testi specifici o riviste del settore che testimonino i suoi interessi e la sua preparazione professionale in materia. Sembrerebbe che qualcosa, forse molto, sia andata perduta (è emblematico il caso del concorso per alcune zone del centro cittadino, di cui in seguito) ma sono portato a ritenere che Crosa, vista la sua evidente capacità progettuale nel campo edilizio e il suo (meritato) successo professionale in quel campo, non fosse tanto interessato ai problemi della organizzazione della città quanto piuttosto tendesse a trasferire la sua visione, così spesso felice, dagli oggetti alla progettazione urbana. Diremmo oggi ad occuparsi della immagine della città, più che della sua organizzazione. Bisogna comunque ancora precisare che dei pochi progetti di urbanistica presenti nel suo archivio, spesso incompleti anche sotto l aspetto grafico, tutti mancano di relazioni illustrative, dalle quali si possano capire meglio motivi, pregi e difetti delle scelte operate, viste da chi ne è stato responsabile. Forse è superfluo farlo, ma credo sia utile ricordare che la Genova nella quale Crosa si trovò ad operare negli anni centrali, 20 e 30, della sua vita professionale (era nato nel 1886 e, laureato a Milano nel 1912, aveva sofferto della parentesi di inattività dovuta alla grande guerra) era una città in grande fermento economico e politico e che le occasioni professionali, a grande o a piccola scala,erano frequenti e certo alla portata di Crosa, sia per la sua preparazione culturale che per le relazioni sociali di cui poteva usufruire. Ma, tornando alla città, è bene ribadire che non solo avevano influito la unificazione amministrativa del 1926 e le ristrutturazioni postbelliche della grande industria, soprattutto meccanica e siderurgica, ma, e secondo me soprattutto, i grandi lavori programmati, e in parte iniziati, nel porto. Infatti, nel medesimo anno 1919 erano comparsi due progetti che avrebbero avuto molta influenza sul futuro dello scalo ma anche della città. Entrambi prevedevano notevoli sviluppi nei trasporti e nel commercio, cosa che ai genovesi interessava, allora come oggi, moltissimo, visto lo stretto legame da sempre esistito tra la città e il suo porto. Uno dei due, conosciuto come Coen-Cagli dal nome del suo principale autore, era un vero piano regolatore, sia pure di massima, che, cito solo un dato, triplicava la lunghezza delle banchine portuali, da 7 a oltre 21 km, e prevedeva la costruzione di un nuovo grande bacino protetto, con relativa diga foranea prolungata dalla Lanterna al Polcevera; l altro, il progetto Gamba-Canepa di porto industriale, non si limitava a confermare la previsione del Piano Coen-Cagli (che era peraltro da tempo noto, anche se non nella sua forma definitiva) ma la proseguiva verso ponente con nuove previsioni di vaste superfici a mare, destinate ad insediamenti produttivi, da Sampierdarena a Voltri, antesignano in questo dello stabilimento Oscar Sinigaglia, dei cantieri di Sestri Ponente e del VTE. Il piano Coen Cagli sarà poi ripreso, con limitate varianti, nel successivo piano Albertazzi ( ) con lavori iniziati, per la diga foranea, nel GUGLIELMO POLASTRI

28 Fig. 1 - L elegante sede dello Yacht Club Italiano, tuttora in perfetto stato di funzionalità e conservazione. 1 Né veniva trascurato il levante, dove spazi e investimenti erano minori ma non trascurabili, visto che vi sarebbero stati costruiti i nuovi bacini di carenaggio, anni 20, prolungando il molo Duca di Galliera e ricavando, all interno del nuovo molo di sottoflutto (Cagni) il porticciolo Duca degli Abruzzi, dove Crosa costruirà nel 1928 uno dei suoi capolavori, la sede dello YCI (fig. 1). Ma tornando alla città e quindi a Crosa, notiamo un fatto curioso cui non sfugge la sua attività progettuale, che cioè mentre in porto (da sempre, più ancora dell industria, la più importante risorsa cittadina) si programma e si lavora soprattutto nel ponente, in città CROSA E LA SUA CITTÀ 27

29 Figg Proposte di sensata modifica di piazza Leonardo Da Vinci, nella zona di Albaro, e delle strade di accesso, allo scopo di rendere la piazza più visibile e le vie più efficienti. (con la eccezione dell apertura di via di Francia) è il centro, anzi la sua parte di levante soprattutto e il levante tout-court, ad essere oggetto di studi e proposte. Passo ora in rassegna i progetti urbanistici di Crosa e comincio da uno degli ultimi (1946, Albaro) perché si tratta di un tema limitato ma che dimostra che la intelligenza di un bravo progettista come Crosa, pur esprimendo a quel che ci risulta solo una idea di massima, avrebbe potuto influire e determinare un risultato migliore di quello poi ottenuto realmente. Dunque ad Albaro, il Piano Regolatore approvato nel 1914 prevedeva, al centro del quartiere, una grande piazza circolare con 6 strade convergenti, la c.d. piazza stellare. Il Piano era stato più volte modificato, sia amministrativamente che nella realizzazione e la piazza, nella ultima variante, era diventata rettangolare. Nell archivio Crosa si trova una interessante proposta di modifica proprio sulla piazza (figg. 2, 3). Questa, realizzata secondo il piano, soffre per la eccessiva lunghezza delle 2 stecche fabbricate a sud e a nord e per la mancanza di un elemento qualificante. Il progetto di Crosa prevedeva intelligentemente una maggiore apertura, dividendo in due l edificio a sud (più luce e sole) e inserendo, in quello a nord, un cinema e diversi porticati. Avrebbe potuto essere l occasione per trasformare lo slargo anonimo che è ora piazza Leonardo da Vinci in un centro di quartiere più animato e più arioso. Un altra variante intelligente era poi quella riguardante le strade longitudinali di accesso (oggi vie Ricci e Boselli) nelle quali è progettata (da Crosa) una sola carreggiata centrale e due filari di alberi a lato, come protezione dei marciapiedi; proprio il contrario di quello che è stato fatto, con l inutile aiola centrale, troppo larga come spartitraffico, troppo stretta come giardino e nessuna protezione per i pedoni. Ma sono soprattutto, in Crosa come in altri, le zone più vicine al centro (e anche il centro stesso) ad essere oggetto di proposte progettuali, sia nell ambito di concorsi banditi dal Comune sugli argomenti allora più interessanti che come progetti, a quel che sembra autonomi o, talvolta, come nella proprietà Serra agli Orti Sauli (fig. 4), studiati per una committenza privata. I concorsi peraltro erano, negli anni 20 e 30, strumenti a cui l Amministrazione comunale genovese ricorreva volentieri. Infatti c è quello, il più celebre, per piazza della Vittoria, anzi quelli, perché ne erano stati banditi 2, entrambi nel 1923, uno dal Comune e l altro, quasi contemporaneamente, dal Corriere Mercantile. Più tardi ne vengono banditi parecchi altri: lo stesso giorno (8 febbraio 1930) addirittura due, uno per alcune zone del centro (Piccapietra, San Vincenzo e alcune aree a sud di via XX Settembre) e l altro per il levante cittadino, tra il torrente Sturla e il confine orientale. Non risulta che al secondo (ne anticipo il commento) abbia partecipato Crosa, a meno che, non essendo classificato tra i premiati, la busta con il suo motto non sia stata aperta. Io propendo però per la astensione: il concorso era molto impegnativo, tanto che i partecipanti si erano riuniti in gruppi numerosi e Crosa non mi pare che amasse granché queste formazioni. Peraltro non c è traccia di suoi progetti per queste zone. Per la cronaca il primo premio era stato 28 GUGLIELMO POLASTRI

30 2 3 CROSA E LA SUA CITTÀ 29

31 4 assegnato al gruppo di Luigi Carlo Daneri con Morozzo e Vietti, gruppo che comprendeva anche i comunali Viale e Zappa, cosa che come vedremo in un altra occasione era stato oggetto di proteste che avevano coinvolto anche Crosa ma che qui, sopita evidentemente la polemica dell anno prima e ritiratosi Crosa dalla sua carica nel Sindacato fascista degli architetti (non aveva la tessera del PNF, cosa che allora come oggi, mutatis mutandis, non guasta), nessuno aveva sollevato obiezioni. All altro concorso, bandito contemporaneamente ma con consegne di molto anticipate (31 gennaio 1931 contro 30 gennaio 1932), Crosa invece partecipa e viene premiato. Il suo progetto viene classificato al 4 posto e gode di un rimborso spese. Gli elaborati, consegnati sotto il motto Maktub, sono purtroppo andati smarriti (come peraltro tutto il resto dei materiali del concorso, progetti, verbali, ecc., di cui non c è traccia all Archivio Storico del Comune) anche se nell archivio Crosa ci sono degli elaborati che probabilmente si riferivano a quel progetto, o come preliminari o come successive elaborazioni. È singolare che neanche l ing. Eugenio Fuselli, allora assistente di Marcello Piacentini e poi professore di Urbanistica qui a Genova, avesse potuto commentare il progetto Crosa nel suo articolo sulla rivista L architettura (n ) diretta proprio da Piacentini, per mancato possesso di documentazione adeguata (p. 91). Rimane perciò poco di quel concorso e precisamente quello che era stato pubblicato dalla rivista Genova (la cui chiusura, dico per inciso, non sarà mai abbastanza rimpianta); vi viene riportata, insieme alla relazione della Commissione giudicatrice, una scelta dei progetti esaminati, abbastanza ampia, specie per quelli premiati, ma certo non esauriente, data anche la presentazione, da parte di diversi concorrenti, di soluzioni alternative, quindi numerosissime e molto varie. Per quel che riguarda Crosa viene riportato il giudizio della Commissione, piuttosto critico nei confronti del progetto, specie per gli aspetti viabilistici. Ad esempio, la previsione di una lunga gal- 30 GUGLIELMO POLASTRI

32 Fig. 4 - Ragionevole sfruttamento edilizio degli Orti Sauli, con scenografica scalinata da via San Vincenzo al Baluardo Tondo dell Acquasola. leria (quasi mezzo chilometro) tra la Marina di Sarzano (in fondo a via Madre di Dio) e via Maragliano, viene liquidata come, allo stato delle cose, superflua (ma poi ne verrà fatta una analoga, con infelice sbocco a Piccapietra), mentre sono condivise, con riserve, le scelte per Piccapietra (demolizione quasi integrale, salvo i monumenti, e abbondanza di strade in varie direzioni), via Madre di Dio e per la parallela a via San Lorenzo, partendo da piazza Dante (bisognerà aspettare il piano del 59 per vederla annullata). Saggiamente Crosa conserva intatta, con il plauso della Commissione, l area degli Orti Sauli (vedremo poi che cambierà parere) e prevede la galleria, poi realizzata, tra piazza Dante e la zona del Cavalletto. Purtroppo l unico elaborato di Crosa che la rivista riproduce è la planimetria generale e il risultato è tipograficamente di difficile lettura. Notiamo comunque che, a differenza di altri concorrenti, Crosa non prevede interventi nella parte più interna del vecchio centro (via Giustiniani e strade adiacenti), dimostrando una conoscenza e una sensibilità ambientale rara per i tempi. Il concorso venne vinto dai funzionari municipali Aldo Viale e Giulio Zappa, a quanto si sa estensori del bando, cosa evidentemente piuttosto scorretta. In seguito alla protesta del gruppo milanese Griffini, Bottoni e Pucci (3 classificato), Crosa, che era segretario regionale del sindacato fascista architetti, protesta a sua volta e si dimette dalla carica, salvo esserne dissuaso dal segretario nazionale Calza Bini. Non risulta se le dimissioni siano state ritirate, ma quel che è certo è che il nome di Crosa, di lì in poi, non compare più nelle commissioni e negli incarichi pubblici. Ancora sui concorsi, infine, ne viene nel 1933 bandito un altro, anche questo interessante, per il progetto della nuova piazza della Foce. Nell area si trovava (aveva preso, ampliandosi, anche il posto del vecchio Lazzaretto) il cantiere navale Odero, grande, bene organizzato e capace di costruzioni importanti, ma senza uno scalo protetto dalle mareggiate e quindi chiuso da tempo (il cantiere si era trasferito a ponente). Vengono presentati 7 progetti, ma solo dei primi 4, i premiati, ci risultano gli autori. Potrebbe essere quindi che Crosa avesse partecipato (anche se nelle sue carte non si trova nulla in proposito). Un suo concreto interessamento al tema tuttavia è certo, poiché sono documentati 2 suoi progetti (di massima) dei quali uno richiama da vicino la forma della piazza poi realizzata, visti i 2 fabbricati, sottili e a coppie, che si trovano sui lati, abbastanza simili a quelli in seguito progettati da Daneri (figg. 5, 6). Crosa riporta nei disegni, datati 1931, la intestazione, sembrerebbe come suo committente, del Consiglio Provinciale dell Economia Corporativa, forse interessato all area. Anzi, è da rilevare, in una seconda versione del progetto, una curiosa ipotesi di destinazione d uso a padiglioni fieristici, sembrerebbe evidentemente un anticipazione della reale futura destinazione della zona. Ricordo ancora di Crosa (sono evidentemente collegate con il Concorso per il Piano Regolatore del Centro ma non contengono riferimenti espliciti in proposito) alcune ipotesi (1931) per la ristrutturazione urbanistica (così la chiameremmo oggi, al posto del più appropriato sventramento, come si diceva allora) del quartiere di Portoria, spianato e maldestramente ricostruito negli anni 50 e 60. Non che Crosa, ci sono 4 sue diverse ipotesi (figg. 7, 8, 9, 10), si CROSA E LA SUA CITTÀ 31

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34 Figg Due proposte per la sistemazione della piazza della Foce (poi piazza Rossetti), la seconda con un ipotesi di destinazione a padiglioni fieristici. Figg Diverse ipotesi per la ristrutturazione urbanistica (melenso neologismo buonista per sventramento ) per il sestiere di Portoria sottraesse all andazzo, ma mostrava, come nei progetti edilizi, maggiori consapevolezza dei problemi e rispetto per le preesistenze. Nella prima delle ipotesi (tutte con coautore l ing. Baghino, suo socio di studio che viceversa non figura nel concorso) compone una soluzione con strade curvilinee che non solo tiene conto dei monumenti ma valorizza, per quel che si poteva, l ex Ospedale di Pammatone e la vicina chiesa di San Camillo (che oggi ha per sagrato un ignobile CROSA E LA SUA CITTÀ 33

35 10 parcheggio) e in più conserva anche, vicino al Carlo Felice, un edificio forse interessante che credo si chiamasse l Ospedaletto, o Ospedale dei Cronici, pensato come degno completamento, evidentemente, del vicino complesso monumentale formato dal teatro e dall Accademia. Nell archivio dell architetto si trova anche, isolata ed elegantemente disegnata e acquerellata, una planimetria del centro della città, da Principe a Brignole, con una sistemazione della viabilità di Genova (fig. 11), firmata dagli arch. ingg. A. Baghino, G. Crosa che fatico ad attribuire a Crosa, visti i precedenti, e l idea che mi sono fatto della sua cultura e sensibilità. Si tratta infatti di un complesso di sventramenti viabilistici che non risparmiano, oltre ai soliti San Vincenzo e Portoria (dove viene addirittura demolita la chiesa di San Camillo), neanche via Carlo Felice (allargamento sul lato di ponente e derivazione di una nuova strada al posto di via David Chiossone) e i giardini dei palazzi Negrone e Pallavicino (!) per aprire poi una parallela (a monte) di via Garibaldi, destinata a proseguire verso ponente con una parallela a via Prè. Insomma un florilegio di interventi, già assurdi per l epoca che sem GUGLIELMO POLASTRI

36 Fig Diverse ipotesi per la ristrutturazione urbanistica (melenso neologismo buonista per sventramento ) per il sestiere di Portoria. Fig Un maldestro piano di nuova viabilità per il centro cittadino, che si fatica ad attribuire all architetto Crosa. brano frutto di un altra mano, ben diversa da quella dell architetto. Trovo anche criticabili i progetti (1935) per le Nuove Borse Unite (figg. 12, 13, 14, 15), interessanti per l uso esteso dei porticati, che a Genova non hanno mai avuto, immeritatamente, troppa fortuna, ma che avrebbero dovuto occupare una serie di isolati (da demolire) tra San Lorenzo, Scuole Pie, Cinque Lampadi e aree limitrofe. Si tratta di un progetto di speculazione con elevate densità, che prevedeva fabbricati a blocco, con scarsi spazi intermedi, lungo via Galata e palazzine meno ingombranti e con distacchi a giardino più sotto l Acquasola. Progetto ben fatto ma piuttosto banale, riscattato dalla previsione di una bella scala monumentale (sembra quasi Trinità dei Monti!) tra via San Vincenzo, della quale era allora CROSA E LA SUA CITTÀ 35

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38 Figg Progetti per le nuove Borse Unite. Nelle pagine seguenti Figg Progetti per la sistemazione della zona sovrastante Brignole e Borgo Incrociati, con al centro la Porta Pila. 15 CROSA E LA SUA CITTÀ 37

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40 18 certo l allargamento e la messa in comunicazione, tramite galleria, con Piccapietra, e il baluardo tondo dell Acquasola, una previsione interessante che avrebbe dato ordine e senso ad una zona oggi molto pasticciata, che chissà se si riuscirà a mettere a posto. Anche il secondo progetto (1933) riguarda uno spigolo urbano, tema peraltro frequente nella morfologia della città, e cioè l angolo, sopra la Stazione Brignole, formato da corso Montegrappa e via Montesano (figg. 16, 17, 18, 19, 20, 21). Da quelle parti si progettava di sistemare (come poi è stato davvero fatto) la antica Porta Pila, appartenente alle c.d. Fronti Basse delle mura del 600 e diventata incompatibile con la sistemazione di piazza della Vittoria e aree vicine. Il progetto infatti si intitola proprio quartiere Porta Pila e, a differenza di come poi è stato fatto, con la porta sistemata in un posto qualunque, Crosa individua correttamente per il monumento la posizione migliore, cioè il centro dell angolo formato dalle strade lungo il crinale, e lo circonda di volumi simmetrici, disposti con eleganza e anche magistralmente disegnati. Si tratta di una bella soluzione e anche i volumi, di grande semplicità, chiaramente richiamano per la loro pulizia esempi contemporanei (Mendelssohn, Dudok, Gropius?) di cui evidentemente Crosa era bene a conoscenza. È citato infine, nella tesi di laurea su Crosa dell arch. Marina Traverso (AA , relatore Galliani e correlatori Cevini e Musso), un progetto (1950 circa) di insediamento industriale per Serravalle Scrivia, situato lungo la ferrovia, in modo da poter usufruire di un possibile raccordo; dato che la zona si trova piuttosto distante dalla stazione, da cui obbligatoriamente debbono derivare tali servizi, non sembra facile che la cosa potesse concretizzarsi, come in effetti è avvenuto. Come penso sia evidente, l attività urbanistica di Crosa è stata (non credo che i documenti perduti o mancanti potrebbero cambiare questa constatazione) certamente assai limitata, al confronto del gran numero (e anche della qualità) dei suoi progetti edilizi; la si potrebbe definire più come progettazione urbana che come urbanistica nel senso oggi più stretto del termine, e cioè di individuazione e programmazione delle destinazioni d uso dei suoli e della relativa strutturazione. Stando almeno ai libri e alle riviste presenti nella sua biblioteca, era buon conoscitore della pubblicistica mitteleuropea, Germania e Austria soprattutto, mentre sono assenti riviste inglesi e americane, le più interessanti, all epoca, per l urbanistica moderna. CROSA E LA SUA CITTÀ 39

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42 Figg Progetti per la sistemazione della zona sovrastante Brignole e Borgo Incrociati. Crosa invece, era peraltro il costume dell epoca, intende i temi, pur nell ovvia considerazione delle reti e degli spazi stradali, soprattutto come concretizzazione della sua visione della città, tant è vero che spesso i progetti sono arricchiti con prospettive e con belle viste a volo d uccello, con una impostazione piuttosto tradizionale. L architetto si muoveva infatti molto bene nelle facciate e soprattutto nella volumetria storica, in cui eccelleva, come è provato sia dalla qualità dei progetti edilizi che dal suo successo in quel campo. Solo la partecipazione alla Vª Triennale milanese (1933) con il gruppo di Daneri e Vietti, documenta la sua adesione ai modi e alle forme dell architettura moderna (così come, vedi indietro, il suo progetto per Porta Pila) ma, riporta ancora l arch. Marina Traverso nella sua tesi, sembra che il ruolo di Crosa nel progetto sia stato solo marginale. 21 CROSA E LA SUA CITTÀ 41

43 RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE Gianni Bozzo Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Torino, Asti, Biella Cuneo e Vercelli fino al luglio 2010 In sede critica, sembra proponibile e plausibile un nesso tra l appartenenza all aristocrazia dell architetto genovese Giuseppe Crosa di Vergagni e il suo frequente cimentarsi in riedizioni o remake del linguaggio barocco locale, ma non solo, e del maturo Manierismo; se la sua militanza razionalista o le cadenze Decò non postulano, né presuppongono, alcuna particolare condizione socio culturale, non così la cosciente ripresa degli stilemi di una morfologia che, per la Liguria dei secoli XVII-XVIII in senso stretto e storicistico, ma fino a tutto il secolo XX, in chiave di diffusione sociale e del gusto, ha rappresentato lo stile delle classi dominanti, invidiate e imitate dalla borghesia, ammirate e temute dal popolo, tanto che, solo per fare alcuni esempi, sino a non pochi anni or sono, prosperava in città un industria del mobile barocco e qualsiasi grande albergo non poteva privare la clientela di stucchi dorati, mobili panciuti, putti reggi-lampada e via elencando. L abbiamo rimpianto a lungo l infilascarpe / il cornetto di latta arrugginito ch era / sempre con noi. Pareva un indecenza portare / tra i similori e gli stucchi un tale orrore / Dev essere al Danieli che ho scordato / di riporlo in valigia o nel sacchetto. / Hedia la cameriera lo buttò certo nel Canalazzo. Così Montale, in una delle struggenti poesie in ricordo della moglie, la Mosca, che offre, in aggiunta, una chiave preziosa per catalogare il Barocco, sia pure di ritorno, come stile dell ufficialità, delle apparenze grandiose, della magniloquenza, in cui ciò che è minuto, povero, funzionale o essenziale, non trova spazio né cittadinanza. Una corrispondenza, quella tra il Barocco (quando non diversamente specificato, per Barocco si intende qui anche il tardo Manierismo (figg. 1, 2) e le classi aristocratiche, che può riuscire utile anche alla lettura dei prodotti artistici barocchi veri e propri, ma che certamente serve a isolare il nucleo concettuale intorno a cui si sviluppa questa particolare attività dell architetto Crosa di Vergagni. Piaccia o meno, sia pacificamente ammesso o negato, per lui in particolare, ma per tutti gli appartenenti al suo ceto, il gusto dei padri e dei nonni, lo stile delle ville e dei palazzi aviti, dei mobili che fanno bella mostra di sé in salotti e soggiorni delle case bene d Italia, della Liguria e di Genova in particolare, è barocco; neppure il neo Rinascimento, così gradito fino a qualche decennio fa ad avvocati e notai, può in effetti competere con il linguaggio barocco. D altra parte, lo stile perseguito dagli antiquari, che hanno depredato le chiese, trasformando i confessionali in mobili bar e le pianete del Settecento in ventole e paralumi, è, ancora e sempre, lo stile barocco. C è una quota dell immaginario collettivo ancora profondamente influenzata dal lusso e dalla magniloquenza barocchi, e proprio a quelle remote ma vitali corde si richiama Giuseppe Crosa nelle sue riedizioni di uno stile secentesco, visto con un ottica novecentesca e Decò (fig. 3). Si può pensare che il rigore razionalista sia correlabile alla retorica barocca, una volta sottoposta quest ultima alla più radicale delle semplificazioni, oppure che nel neo-barocco trovino spazio gli impulsi alla pienezza, talora alla sovrabbondanza, che hanno percorso, per esempio la stagione Art Nouveau e non possono ritenersi mai del tutto estinti; Paolo Portoghesi, in uno studio di parecchi anni or sono, tratta del Barocco e del Liberty in ideale continuità ed effettivamente esistono tangenze davvero singolari ad esempio tra lo stile, cosiddetto auricolare, tipico soprattutto dell oreficeria olandese e fiamminga del Seicento, e il liberty; è una sorta di ciclico ri- 42 GIANNI BOZZO

44 Fig. 1 - Schizzo di fontana. Fig. 2 - Cosimo Fanzago, Fontana del Sebeto, Napoli. 2 1 RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 43

45 3 torno del Barocco che, senza scomodare Eugenio D Ors e il suo Barocco come categoria dello spirito, e pretenderne un improbabile e sovrastorica eternità, accredita lo stile secentesco di una vitalità davvero singolare. Ma dice anche che nel rigore razionalista e nell eliminazione programmatica del superfluo covavano altre pulsioni, come dimostra, ad esempio, la vicenda artistica di Gio Ponti. A ben riflettere, lo stile Barocco è quello della condivisione, almeno in certi ambiti, come gli spazi ecclesiali (condivisione, si badi, solo apparente e affatto classista) del lusso e della scenografia; nel suo solco, le masse diseredate erano, come accade all attuale pubblico televisivo, attratte in un mondo di allettamenti e agi che, nella realtà, esisteva solo per nobili ed alto clero e ne subivano un inappagabile fascinazione (fig. 4). Non è stata fino a questo momento utilizzata la parola revival 1, che aleggia comunque sulla materia che si sta trattando come quella più propria a definire questa particolare branca dell attività 44 GIANNI BOZZO

46 Fig. 3 - Disegno di ringhiera. Fig. 4 - Disegno di una cancellata con edicola. Fig. 5 - Disegno dello specchio di Domenico Parodi a Palazzo Rosso. di Pipin Crosa e la reticenza all uso del vocabolo è dovuta al fatto che i revivals storici sono soprattutto legati al Classicismo, al Medioevo (Bisanzio compresa) e al Rinascimento, assai meno ad altre età storiche, essendo ben chiaro che non vige alcun automatismo tra i diversi momenti stilistici e le successive loro riprese. Mentre per il neogotico o il neoromanico, possiamo snocciolare serie di tipologie di manufatti eseguiti alla maniera di veri, o presunti, originali dell epoca, per il neobarocco, ciò non è possibile, limitandosi le fattispecie delle riprese a più minute categorie di oggetti, come i mobili già ricordati, ma altresì gli arazzi con scene galanti, i servizi di porcellana panciuti, gli specchi dalle cornici ridondanti, i lampadari e i tessuti. È come se le vitalissime pittura, scultura e architettura barocche mal sopportassero riprese condotte con una tecnica infinitamente inferiore, a livello qualitativo, agli originali e ammettessero solo riprese nelle cosiddette arti minori; ed è ancora questa la ragione per cui i falsi in pittura privilegiano i primitivi o i contemporanei astenendosi dalle spiccatissime individualità degli artisti barocchi, dotati di ineguagliabili capacità esecutive (fig. 5). L architettura eclettica di Giuseppe Crosa di Vergagni trae elementi anche dalle opere manieriste e rococò, fondandosi su una sorta di koinè basata sulla vitalità delle linee curve e spezzate, delle multiple profilature, dell inserzione, nell edificio, di marmi, ardesie, inferriate e ringhiere, espedienti necessari ma non sufficienti a innescare il processo evocativo dello stile, mentre altri freni della contemporaneità, evidentemente ineliminabili, agiscono per qualificare l organismo neobarocco come attuale. Neppure la categoria del divertissement può del tutto spiegare le 4 5 RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 45

47 esercitazioni neobarocche dell architetto, anche se certamente non manca una componente ludica nell uso dei materiali e delle forme di una gloriosa tradizione in chiave borghese, aggiornata agli usi e alle comodità moderne; l anacronismo è l altra figura retorica che può evocarsi e che certo contiene non pochi elementi di verità circa il linguaggio espressivo di Crosa. In certo senso, è come se la categoria del verosimile avesse preso il sopravvento e il nostro artefice si fosse posto nella condizione di operare alla maniera di un secentista, facendo cose che questi avrebbe potuto fare, ma senza rinunciare del tutto alla potenza tecnico-realizzativa dei tempi nostri, che amplia, notevolmente, le sue risorse espressive, ma inesorabilmente risulta priva di aura. L architetto, rispetto al comune mortale e quindi, nella fattispecie, agli altri membri della casata che, per chi non lo sapesse, è erede dei Fieschi, oggetto dopo la congiura del 1547, di una persecuzione feroce contro persone e cose, ha in più e in via esclusiva un suo specifico o ambito privilegiato il linguaggio delle forme che gli permette di istituire fruttuose intese col passato, visto in chiave non solo familistica, ma sociale e culturale lato sensu; è una sorta di medium, demiurgo o sciamano, in condizione di far rivivere aspetti lontani nel tempo, mediante un evocazione sospesa tra la citazione erudita e la pratica magica. È legittimo chiedersi se il linguaggio manierista e barocco evocato da Crosa di Vergagni sia storicamente fondato e criticamente vagliato e viene subito da rispondere: forse e solo in certa misura, ma, al tempo stesso, si deve osservare che egli precede la critica paludata e ufficiale nella rivalutazione dello stile secentesco di svariati decenni, sulla base di una contiguità espressiva che implica la conoscenza, l apprezzamento ed anche il discernimento. Bastano, a dimostrare l assunto esplicitato, gli studi delle specchiere di Palazzo Rosso, soprattutto di quella già riferita a Filippo e Domenico Parodi, nei quali il tracciato grafico che ripercorre gli andamenti sinuosi dei monumentali arredi è già pensiero critico (figg. 6, 7). Per Crosa, è certamente esistito un criterio di opportunità legato alle tipologie e ai committenti per cui, ad esempio, nel progetto della Casa GIL di Valenza (fig. 8) l opzione barocca non è stata neppure considerata e nel Palazzo Ilva, il motivo iconico che compare in ringhiere e cancelli è mutuato dal mondo del lavoro e della metallurgia con martelli e tenaglie che, d altro canto, erano comuni anche alle simbologie politiche novecentesche della destra e della sinistra. Nell attività di Giuseppe Crosa di Vergagni è necessario distinguere le opere realizzate dagli elaborati grafici, oggetto di una recente e meritoria campagna di ripresa fotografica e catalogazione, nei quali ultimi dobbiamo inserire gli studi da opere pittoriche e plastiche antiche, che rappresentano una documentazione essenziale per quel processo di approfondimento, che sfiora l immedesimazione, mediante il quale l architetto è posto in grado di ricreare soluzioni echeggianti gli stili storici. È il classico itinerario di studio e formazione, l ineliminabile apprentissage del mestiere, nel quale tuttavia è dato riconoscere anche un ritorno alle origini, come si diceva poc anzi e un tuffo in un retaggio ancestrale mai cancellato, anche se, in certi frangenti, momentaneamente rimosso. Vi è, dietro e in controluce, il classico itinerario formativo di un architetto ma anche di un pittore e di un conoscitore, ed anzi, gli schizzi 46 GIANNI BOZZO

48 Fig. 6 - Disegno dello specchio a muro dell alcova di Palazzo Rosso. Fig. 7 - Vaso ornamentale. Fig. 8 - Progetto per la Casa GIL di Valenza RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 47

49 Fig. 9 - Disegno da un dipinto raffigurante San Siro scaccia il basilisco dal pozzo. Fig Disegno con giovani donne con vessilli. Fig Progetto per la Villa Biaggi a Croara, Rivergara (Piacenza). di Crosa ispirati ai dipinti antichi ricordano quelli di un famoso critico d arte, Giovanni Battista Cavalcaselle, che, operando nell Ottocento, senza l ausilio della fotografia, si industriava di conservare traccia delle infinite opere pittoriche viste attraverso taccuini disegnati, con in aggiunta le indicazioni dei colori e altre sintetiche annotazioni linguistiche. Uno schizzo riprende, ad esempio, una composizione raffigurante San Siro che scaccia il basilisco dal pozzo, tema caro alla pittura barocca genovese, varie volte trattato dai maggiori artisti del Seicento locale, in primis da Giovanni Battista Carlone, che dispiega tale soggetto nel catino absidale dell omonima chiesa. Difficile dire quale dipinto l architetto ripercorra, ma il suo disegno ha la pregnanza delle composizioni grafiche antiche ed è un saggio di ricerca di sintonia qui peraltro raggiunta con un epoca passata (fig. 9). In un altro disegno, raffigurante due figure femminili nude e con movenze quasi di danza, una vicina ad una colonna (fig. 10), il ricordo dei modi compositivi del Manierismo locale è così vivo da conferire al segno grafico una straordinaria fluenza, senza, tuttavia, che le insopprimibili reminiscenze Art Nouveau si affievoliscano o scompaiano. Considerando le opere progettate, ma anche quelle realizzate valga per tutte il caso di Villa Biaggi a Rivergaro, Piacenza (fig. 11) so- 48 GIANNI BOZZO

50 12 Fig Cimitero della Villa Biaggi. Nelle pagine seguenti Fig Particolare delle nicchie del cimitero. prattutto l incredibile annesso cimitero emerge, nel background dell architetto, la conoscenza del barocco napoletano, ad esempio del Cosimo Fanzago della Certosa di San Martino o della Fontana del Sebeto, oltre ad echi del barocco austriaco o tedesco, frammisti ad ineliminabili reminiscenze di opere genovesi, come il Santuario della Madonnetta, il cui sagrato, chiuso da alte mura, preclude la vista della città ma accentua la concentrazione sulla facciata della chiesa. Difficile trovare equivalenti al capzioso e insieme severo recinto di questo cimitero, immerso nel verde come se si trattasse di una scenografia temporanea o di un teatro di verzura, tutto ripiegato su sè Fig Scalinata del cimitero di Villa Biaggi. Fig Progetto del giardino di Palazzo Quarnaro. stesso ed incentrato sulla morte, alla cui essenza si giunge, però, attraverso l esaltazione degli aspetti seducenti della vita; il pensiero corre ancora al grande chiostro della Certosa di San Martino a Napoli, con i vitalissimi e prorompenti busti di santi nelle nicchie e i teschi ammonitori sui plinti delle balaustre (figg. 12, 13, 14). Certo, i precedenti debbono ricercarsi anche tra le architetture di giardino della grande tradizione italiana; e qui l architetto dimostra l ampiezza dei suoi riferimenti e del suo orizzonte culturale; di ciò vi è puntuale conferma nel progetto per il giardino di Palazzo Quarnaro (fig. 15) in cui la sistemazione del giardino all italiana contempla RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 49

51 50 GIANNI BOZZO 13

52 14 15 RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 51

53 16 uno scalone a gradini curvi e convessi, tratto dal vestibolo michelangiolesco della Biblioteca Laurenziana. La facciata del palazzo di villa è viceversa giocata tutta sulla superficie, con frastagliature mistilinee che ne movimentano il perimetro e l inserzione di elementi in ferro battuto di grande dinamismo linearistico. L atrio di Villa Borzino a Busalla, del circa (fig. 16), sembra riassumere, moltiplicandole per mille, le tipologie decorative manieriste e il tipico contrappunto di pieni e di vuoti degli androni genovesi, che qui si esplica nell accamparsi di un numero, elevato e improbabile, di porte finestre con mostre, sopra-luci, infissi, profilature e stipiti in una evidente enfatizzazione del dato storico. Può osservarsi che ciascun elemento deriva da un acuta riflessione su testi antichi, indagati e disegnati infinite volte, ma il risultato complessivo, per forza di cose, non è manierista o barocco, ma moderno, capitolo di una spazialità nuova, attenta ai valori atmosferici e ai passaggi tonali tra interno ed esterno. Incidentalmente, si ricorda che Crosa partecipò, nel 1925, sotto la guida di Orlando Grosso, all Esposizione Internazionale delle Arti Decorative ed Industriali Moderne di Parigi, in cui il tema del gruppo era l Atrio di una Villa ligure. Un paradigma dell approccio dell architetto alle problematiche delle riprese stilistiche può ravvisarsi nella palazzina Biaggi di Via Assarotti, che ben riassume certe costanti del suo modus operandi: pur collocandosi nell ambito di una delle principali vie di risalita ottocentesche di Genova, l edificio rispetta il filo d allineamento dei fabbricati solo nel corpo sottostante, caratterizzato dalle vivacissime inferriate a nastro, mentre il volume superiore si dispone obliquo, rispetto all asse della strada, in un distacco che, se concede aria e luce alla fabbrica, contraddice ogni criterio suggerito dalla rigorosa disposizione dei palazzi lungo la via. E ancora, la severa rinuncia ad ogni policromia, mostra un pudore e un essenzialità razionalisti o un tentativo di purgare lo stile tramite una rigorosa riduzione della ricchezza o ridondanza barocche. Alla fine, v è una sorta di contrappunto del bianco e del nero delle linee rette e di quelle curve, ma in una sostanziale parità, come se le forze in campo trovassero lo spazio di un equilibrio, che suona moderno, anzi contemporaneo (figg. 17, 18). 52 GIANNI BOZZO

54 Fig Progetto dell atrio di Villa Borzino a Busalla. Fig Palazzina Biaggi in via Assarotti. Fig Inferriata della Palazzina Biaggi in via Assarotti RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 53

55 19 20 Un altro aspetto del filone neomanierista e neobarocco di Crosa di Vergagni merita di essere considerato ed è la propensione ad un restauro largamente integrativo che egli adotta, come vedremo, nel giardino Doria e nella Galleria Dorata di Lorenzo De Ferrari di palazzo Carrega Cataldi, episodi in cui gli ambiti originali sono sottoposti a radicali opere di completamento o restyling in aperto contrasto con la filosofia prudente suggerita dalla teoria del restauro di Cesare Brandi, ma che hanno avuto il merito di ridare leggibilità e senso a testi gravemente depauperati e compromessi. Crosa restauratore, se è legittimo usare questo termine, appare alla fine non dissimile da Crosa progettista, ma, dal momento che anche gli esiti dei più rigorosi interventi di restauro confluiscono in una forma, che può risultare più o meno convincente, bisogna usare cautela prima di espungere come antistorici i suoi interventi restaurativi. La Galleria Dorata, ad esempio, senza le generose integrazioni, quali lo straordinario tavolo a specchio, pura estensione dell espediente usato da Lorenzo nelle strepitose porte a Jour della Galleria, memore dell uso abbondantissimo degli specchi nel Barocco piemontese (Benedetto Alfieri) e senza il pavimento in commessi di marmi policromi, anch essi specchianti, non sarebbe la stessa e non avrebbe quel carattere autoreferenziale, esclusivo ed escludente, che, per fortuna, ancora detiene (figg. 19, 20). Il giardino odierno di Palazzo Doria in via Garibaldi ricalca certamente quello originario, anche se è frutto di un pressoché completo rifacimento degli anni Trenta del secolo scorso a opera di Giuseppe Crosa di Vergagni; la circostanza è stata rilevata in un testo recente in cui sono pubblicati i disegni che proponiamo, in parte, anche in questa sede, con un avvertenza: contrariamente a quanto lascia intendere Leonardi 2, i disegni di progetto dell architetto non sono stati seguiti integralmente; così, la planimetria prevedeva un loggiato coperto sui lati sud ed est, mentre in realtà è stato realizzato solo il lato a meridione; parimenti, il prospetto pubblicato da Leonardi ovvero, per riprendere la dicitura del disegno, la Muraglia esterna del giardino di Palazzo Doria in Strada Nuova, non riflette il costruito, ma una variante richiesta e poi non attuata (fig. 21). La versione di Crosa di Vergagni di un giardino manierista è una colta esercitazione in stile, in cui i collaudati stilemi dei suoi frequenti revivals sono posti a confronto con gli autentici contesti del palazzo e dell edilizia antica della Maddalena; l esito è quello di una sostanziale credibilità delle soluzioni escogitate, anche se non è chiaro se, nelle trasformazioni attuate, siano andati perduti tratti originali e interessanti dello stato antecedente. L invenzione delle arcate aperte sulla città antica, in verità sui suoi tetti, risulta suggestiva e appropriata a vincere il senso di confinamento di uno spazio, in verità molto ristretto. Per il resto, l architetto colloca con gusto e sensibilità i marmi antichi, con ogni probabilità appartenenti al ninfeo originario, in sobrie partiture ed essenziali nicchie, solo il fastigio del ninfeo centrale, recante l aquila dei Doria, ha una complessità di disegno che si traduce nella plasticità del rigoglioso rilevo, freddo ma corretto (figg. 22, 25). È noto che una testina non pertinente, già attribuita al putto del ninfeo di destra, è stata individuata, nel 1981, come appartenente alla Fortezza del monumento funebre di Margherita di Brabante di Giovanni Pisano 3. Giuseppe Crosa 54 GIANNI BOZZO

56 Fig Palazzo Carrega Cataldi. Il cortile interno. Fig Palazzo Carrega Cataldi. La Galleria Dorata. Fig Progetto del giardino di Palazzo Doria, planimetria. 21 RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 55

57 22 Fig Giardino di Palazzo Doria, ninfeo. Fig Progetto del ninfeo del giardino di Palazzo Doria. Fig Giardino di Palazzo Doria, ninfeo. Fig Giardino di Palazzo Doria, nicchia. di Vergagni conserva e ricolloca i marmi cinquecenteschi e quelli del Settecento, (soprattutto basamenti per vasi) dando vita ad un insieme diacronico ma di grande efficacia d ambiente o d atmosfera; spiccano, per l eleganza del disegno e la raffinata conduzione plastica, le vasche centrali, fulcro delle aiuole dei ridotti parterres. È quindi chiaro che, analogamente a ciò che avviene per le decorazioni interne, anche i complementi del giardino subiscono un remake con l affiancamento di nuovi elementi marmorei a quelli del secolo XVI, declinati nel gusto rococò e di notevole valenza funzionale e di arredo: vasche, sostegni per vasi, panchine. È forse il caso di ricordare la vasca sottostante la statua di Venere marina tra due delfini, decorata da una Zuffa di centauri nodo focale della ricomposizione di Crosa. Il giardino Doria, imprevedibile e inaspettato, è complemento di raro fascino del palazzo e della via. L attività dell architetto Crosa in Palazzo Doria riguarda almeno ancora la porta di accesso alla galleria verso il giardino e le due porte che intercettano la galleria stessa perpendicolarmente alle pareti lunghe; non è escluso che egli si sia occupato di altri ambiti dei quali è però difficile dar conto, in assenza di elementi documentali. Nel restauro del Salone del Consiglio Provinciale del Palazzo Doria Spinola, che è quello affrescato con Episodi dell Iliade da Giovanni 56 GIANNI BOZZO

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60 Fig Progetto per il pavimento del Salone del Palazzo Doria Spinola. Fig Progetto per il pavimento di Villa Musella a Verona. Fig Disegno per la cancellata di Villa Croce a Varazze. 28 e Luca Cambiaso, l architetto lavora, per così dire, sui complementi architettonici, nella certezza che la possanza della pagina figurativa del soffitto non ammetta interferenze; e questo non è solo un giudizio critico: è la prova della comprensione profonda del linguaggio dei Cambiaso. Eccolo, così, predisporre un pavimento policromo in marmi intarsiati (fig. 26) poco cinquecentesco, ma certo utile a rischiarare il cupo e affocato ambiente, la cui grandiosità (per Michelangelo, si parla di Terribilità) si poteva provare a stemperare a favore dei comuni mortali destinati ad operare sotto quella volta. Come si è già avuto modo di notare, i singoli elementi, oggetto della progettazione di Crosa per gli edifici antichi o per le architetture da lui pensate, hanno spesso valenza autonoma e caratterizzante; per ciò proponiamo all attenzione ancora un disegno per pavimento (fig. 27), ovvero la grande cancellata con vasi della Villa Croce di Varazze (fig. 28), in cui la ripetizione ritmica dei motivi, che presi a sé sono barocchi, assume un inconfondibile impronta déco. 1 G.C. Argan (a cura di), Il Revival, Milano, A. Leonardi, Percezione e memoria del giardino storico genovese. Firenze, 1931: la Liguria alla Mostra del Giardino Italiano, Genova, 2011, p. 51 figg I disegni appartengono alla Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo, Fondo Crosa di Vergagni, GA G. Rotondi Terminiello, Conservazione e restauro in M. Seidel (a cura di), Giovanni Pisano a Genova, catalogo della mostra, Genova, 1987, p. 209 e fig. 23. RIVISITAZIONI MANIERISTE E BAROCCHE 59

61 VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI Gianni Franzone Conservatore Wolfsoniana La villa per Emilio Borzino a Busalla rappresenta, con l annesso parco, un episodio di grande interesse all interno della carriera di Giuseppe Crosa di Vergagni, e per più ragioni: per le dimensioni e la durata dell intervento che si protrae almeno dal 1927 fino alla fine del decennio successivo; per la cura, la qualità e la raffinatezza dei singoli elementi che lo compongono, anche di quelli minori; ma, soprattutto, per l essere un esempio significativo di quel revival storicista-eclettico che si riafferma in Italia negli anni Venti del Novecento, e non solo in ambito architettonico. Fin da subito va precisato che si tratta di un revivalismo storicista che potremmo definire di impronta tradizional-accademica, poiché quasi mai, se non in pochi dettagli della decorazione interna, assume quello scatto verso la stilizzazione e la reinvenzione modernizzata e attualizzata che potrebbero qualificarlo in senso déco, e ancor meno si connota per quel piglio fantastico e visionario, iperbolico e colossale e per quella accentuazione acre e sonora degli apparati neo-manieristi e neobarocchi individuati da Rossana Bossaglia come caratteristiche fondamentali di quell eclettismo di ritorno riscontrabile, tanto per citare qualche esempio, in alcune opere di Giuseppe Mancini o di Giulio Ulisse Arata 1. Villa Borzino è ubicata in quella zona dell Appennino genovese tra l alta val Polcevera e la valle Scrivia che comprende le località di Giovi, Busalla, Borgo Fornari, Ronco Scrivia, Casella, Savignone fino a Voltaggio, ma che si estende anche all area dell alta valle Stura e della Scoffera e ad alcuni territori limitrofi dell alessandrino diventata, tra la metà dell Ottocento e la fine della secondo conflitto mondiale, meta prediletta di villeggiatura della borghesia imprenditoriale, commerciale e professionale genovese. Tale area fu quindi interessata da un intensa crescita edilizia, costituita soprattutto da ville, villini o, comunque, insediamenti unifamiliari destinati alle vacanze estive. Mentre la maggior parte di tali costruzioni si caratterizzano per l adozione di tipologie dall impostazione semplice e pratica, garbata e confortevole (lo chalet di derivazione svizzera o nordica; il volume parallelepipedo di tradizione ottocentesca; il villino più tipicamente liberty, mosso e asimmetrico con torretta), circondate da giardini che ben si armonizzano con il paesaggio circostante 2, nel caso di villa Borzino e in pochi altri esempi, seppure assai diversi, come villa D Orsi ai Giovi o villa Davidson a Borgo Fornari assistiamo all imposizione di un modello ben più complesso e articolato, di grandi dimensioni, in cui il desiderio di rappresentanza e autocelebrazione del committente gioca un ruolo fondamentale. Il committente Nato a Genova il 21 dicembre 1868 in una benestante famiglia borghese, Emilio Borzino fu attivo, in campo professionale, in ambiti diversi e sempre con posizioni di primo piano. Anche l impegno politico lo portò ad assumere ruoli di rilevanza nazionale. Amministratore delegato per oltre quarant anni della Compagnia Nicolay che possedeva e gestiva l omonimo acquedotto 3, fu anche costruttore edile 4, ma soprattutto fu, insieme con Evan Mackenzie, il committente dell omonimo castello progettato da Gino Coppedè, uno dei principali protagonisti della scena genovese in ambito assicurativo: attraverso L Ausonia, fondata nel 1898, i due arrivarono, nel primo decennio del nuovo secolo, a controllare un com- 60 GIANNI FRANZONE

62 Fig. 1 - Villa Borzino, 1935 circa. Fig. 2 - Emilio Borzino con la famiglia, anni Trenta. 1 2 VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 61

63 Fig. 3 - Villa Borzino. Veduta della facciata nord con la pergola, 1933 circa. Fig. 4 - Villa Borzino. Facciata principale ultimata, 1933 circa. plesso integrato di cinque nuove società con lire di capitale versato 5, cui avevano contribuito gli esponenti più noti dell industria, della finanza, dell aristocrazia e delle libere professioni cittadine. Su iniziativa dei due soci Gio Ansaldo & C. e Società nazionale di navigazione, nel 1917 si costituì il Lloyd Italico, la compagnia di assicurazioni e riassicurazioni che si contraddistinse da subito per l offerta di prodotti di elevato standard qualitativo e per la creazione di una propria rete autonoma di agenti. Negli anni il Lloyd Italico si sviluppò notevolmente, arrivando a incorporare tre altre compagnie assicurative genovesi (Ancora, Oceanus e Ermes): nel 1934 Borzino ne assunse la presidenza che lasciò solo pochi mesi prima di morire. Dopo essersi candidato senza successo alle elezioni politiche del 1913 nel collegio di Pontedecimo, Borzino fu, nel 1922, tra i fondatori, a Bologna, del Partito liberale italiano, di cui divenne il primo presidente, carica che gli venne riconfermata due anni dopo nel successivo congresso di Livorno. Il partito, che rappresentava il tentativo di unire le frammentate forze liberali e liberal-democratiche del paese in funzione antisocialista, adottò all inizio un atteggiamento favorevole alla collaborazione con il governo fascista. Nel 1923 l assicuratore genovese assunse il controllo del quotidiano Il Giornale d Italia, scegliendo una linea politica ben disposta nei confronti di Mussolini. Solo dopo il delitto di Giacomo Matteotti del 1924, il Partito liberale si decise a prendere le distanze dal fascismo e l anno successivo venne sciolto, mentre nel 1926 Borzino cedette la proprietà de Il Giornale d Italia a una nuova società di gestione controllata dall industriale Giovanni Armenise che già possedeva un altro importante quotidiano romano, La Tribuna 6. Nell ambito della sua militanza politica Borzino frequentò e strinse rapporti di amicizia con Benedetto Croce, il generale Enrico Caviglia, Luigi Einaudi, Marcello Soleri 7. Il Partito liberale venne nuovamente ricostituito nell estate del 1943, proprio su iniziativa di Croce e Einaudi. Nel 1945 Borzino venne nominato presidente del Partito liberale ligure. Per quanto riguarda la vita privata, Borzino sposò Aline Lanata, anche lei appartenente a una ricca famiglia della borghesia cittadina. Dal matrimonio nacquero due figlie: Laura e Maria Luisa, quest ultima morta di tubercolosi nel 1908 all età di tredici anni. Fu in occasione della prematura scomparsa della secondogenita che Borzino commissionò a Gino Coppedè la costruzione della cappella di famiglia nel boschetto irregolare del cimitero di Staglieno, quell area che proprio in quegli anni andava popolandosi di cappelle delle ricche famiglie genovesi che abbondonavano le tombe delle gallerie barabiniane e resaschiane. Costruita tra il 1908 e il , la cappella si richiama all architettura medievale due-trecentesca tipica di molte chiese genovesi, in particolare nel rivestimento della facciata a fasce alterne bianche e grigio scure, con un interno che si rifà a modelli quattrocenteschi fiorentini, con tanto di trittico alla Beato Angelico sull altare, forse attribuibile a Carlo Coppedè, mentre la lunetta sopra l ingresso è occupata da un altorilievo in marmo di Edoardo De Albertis con il tema della maternità. La secondogenita Laura sposò Luigi Croce da cui ebbe due figli: Andrea Giuseppe, detto Beppe, indimenticabile presidente dello Yacht Club Italiano e della Federazione internazionale della vela, 62 GIANNI FRANZONE

64 3 e Aline. Rimasta vedova prematuramente, Laura sposò in seconde nozze Agostino Crosa di Vergagni, cugino in primo grado dell architetto. Non è da escludere che il legame di parentela venutosi a creare tra le due famiglie possa aver influenzato Borzino nella scelta di affidare a Crosa la ristrutturazione della villa, anche se è indubbio che il linguaggio espressivo di quest ultimo incarnasse bene il tipo di architettura che l assicuratore aveva in testa. Borzino fu infatti il tipico esponente di quel ceto imprenditoriale alto borghese genovese per il quale era imprescindibile, non solo a livello architettonico, un legame forte e chiaro con la storia, l unico in grado di garantire ai propri desideri di autocelebrazione una patente legittimazione dal passato. Non è quindi un caso che, prima di rivolgersi a Crosa, egli avesse incaricato Coppedè della costruzione della cappella funeraria di famiglia. Nel periodo compreso tra gli ultimi anni dell Ottocento fino alla sua prematura scomparsa, l architetto fiorentino fu il migliore interprete di tale committenza 9. Se, per alcune personalità particolarmente estrose e originali, egli concepì opere fantastiche e iperboliche, in cui è un Medioevo teatrale e scenografico a imporsi basti pensare al già citato castello Mackenzie 10, ma, pure se in tono minore, anche a quelli costruiti per Türcke o Micheli-Bruzzo nei suoi palazzi cittadini è il tardo manierismo a costituire il riferimento storico: lo dimostrano i palazzi Bogliolo in corso Firenze, Zuccarino in via Maragliano e Pastorino in via B. Bosco 11, quindi lo stesso riferimento stilistico-culturale che Crosa adotterà di lì a poco nella villa per Borzino. Certo dove Coppedè aggiunse una decorazione quasi pulviscolare e fantasmagorica, Crosa si mantenne accosto a una 4 VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 63

65 Fig. 5 - Veduta della villa preesistente prima dell intervento di Giuseppe Crosa di Vergagni con il viale d accesso carrabile già in costruzione, 1927 circa. Fig. 6 - Villa Borzino. Facciata a monte durante i lavori di ristrutturazione, Fig. 7 - Villa Borzino. Schizzo della decorazione della facciata a monte, Fig. 8 - Villa Borzino. Facciata principale a valle e torretta durante i lavori di ristrutturazione, Fig. 9 - Villa Borzino. Schizzo della decorazione della facciata principale a valle, Fig Villa Borzino. Schizzo della decorazione della facciata a nord con la terrazza a monte, Nelle pagine seguenti Fig Villa Borzino. Facciata principale a valle. Stato attuale. Fig Villa Borzino. Facciata a monte, particolare. Stato attuale. Fig Villa Borzino. Facciata a monte. Stato attuale. Fig Villa Borzino. Particolare dello scalone interno e del ballatoio con ringhiera in ferro battuto. Stato attuale. rivisitazione meno spettacolare e appariscente, ma questo poco importa: l essenziale è che per entrambi rimase irrinunciabile il concetto di architettura in stile 12, di dar vita, cioè, a manufatti che suggerissero l idea del passato, in cui, indipendentemente dalla correttezza filologica nei confronti dei modelli di riferimento, le soluzioni risultassero credibili anche se potevano, in certa misura, negare gli originali. E, in entrambi i casi, siamo in presenza di un architettura in stile che non si fece problema a trarre profitto dalle recenti invenzioni della tecnica e della tecnologia, creando manufatti comodi e dotati di quanto serviva alla vita quotidiana moderna, in cui, però, tutto quanto era funzionale, era opportunamente nascosto, in modo da non compromettere e disturbare l atmosfera scenografica dell insieme. Vale la pena ricordare che alcuni membri della colonia genovese, che avevano scelto Busalla e le località limitrofe come luogo di villeggiatura, si affidarono a Coppedè per le loro dimore estive. Va citato almeno Geo Davidson, membro di spicco della comunità inglese del capoluogo ligure, per il quale l architetto fiorentino realizzò la villa a Borgo Fornari, a neppure un chilometro di distanza da quella di Borzino, e per il quale aveva già costruito a Staglieno la tomba della madre. Fu proprio il gruppo dei ricchi villeggianti genovesi a commissionare ancora a Coppedè l asilo infantile del paese, dedicato più tardi proprio alla moglie di Davidson, Adelina, scomparsa prematuramente 13. Borzino si spense a Genova il 5 gennaio Fu Benedetto Croce, a nome della direzione del Partito liberale, a redigere la lettera di condoglianze alla famiglia 14. La villa Il tema della villa tardo-cinquecentesca e seicentesca, d intonazione, cioè, latamente alessiana, rappresenta un elemento identificativo della cultura architettonica genovese e ligure e vive, tra la fine dell Ottocento e i primi tre decenni del Novecento, un momento di riscoperta e successo. Fu lo stesso Crosa ad impostare l allestimento della sezione ligure all Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi del 1925 proprio sul modello dell atrio della villa ligure, riuscendo, in questo caso, a imprimergli una sterzata espressiva nel senso del nuovo gusto déco che proprio in quella sede ebbe la sua consacrazione ufficiale 15. Due anni dopo, alla III Esposizione delle arti decorative nella villa Reale di Monza, l architetto utilizzò un modello analogo per la Sala del marmo all interno della sezione ligure, coordinata da Mario Labò 16. Non a caso è in quel periodo che egli iniziò a lavorare al progetto di villa Borzino. Nonostante nell archivio dell architetto 17 sia stato rintracciato un disegno per l ingresso al campo da tennis datato , è ipotizzabile che la fase dei rilievi si sia svolta tra il 1923 e il 1926, mentre la maggior parte dei progetti è databile al periodo Come vedremo, l esterno poteva considerarsi ultimato nel 1933, laddove i lavori di decorazione interna, come pure molti interventi nel parco, proseguirono per buona parte degli anni Trenta e la planimetria generale definitiva della proprietà è datata 6 gennaio Situata sul lato sinistro della valle Scrivia, al termine dell abitato di Busalla, la villa si configura come la ristrutturazione in forme neo-manieriste di un edificio preesistente, facente parte della 64 GIANNI FRANZONE

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68 14 VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 67

69 Fig Villa Borzino. Interno. Particolare della decorazione di un soffitto. Stato attuale. Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Villa Borzino. Studio per uno dei saloni interni, 1932 circa. Fig Villa Borzino. Interno. Porta. Stato attuale. Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Villa Borzino. Studio per panca e sedia, proprietà Cassanello, e riprende, anche nelle dimensioni, il modello delle ville suburbane genovesi del secondo Cinquecento. Nel lato a valle la facciata presenta una torretta sporgente, quadrata all esterno, ma circolare all interno, come era in origine 21, una doppia scalinata d accesso con balaustra in marmo e una profonda loggia che riprende il modello adottato in alcuni edifici storici genovesi, nelle ville Grimaldi, Imperiale Scassi e Lercari Sauli a Sampierdarena, tanto per citare alcuni esempi. Sul lato a monte, la facciata presenta due brevi avancorpi ed era in origine collegata alla porzione di parco retrostante da un ampio terrazzo sostenuto da fornice 22, successivamente demolito: oggi restano il parterre lastricato e, contro il pendio, il muraglione con vasca e ninfeo. Non è più esistente anche la pergola in legno su pilastri in pietra antistante la villa, che si prolungava verso nord, consentendo un passaggio armonioso tra gli spazi interni e l esterno 23. L intera facciata era dipinta a partitura architettonica, ormai in buona parte perduta: nell archivio sono conservate alcune fotografie dei vari lati della facciata durante il cantiere, in cui l architetto ha aggiunto ad acquerello le decorazioni nei colori originari, giallo ocra luminoso e azzurro-verde 24. È in particolare l interno, a tre piani con ammezzato, che doveva colpire e, nonostante la perdita quasi totale degli arredi e lo stato di conservazione non ottimale, ancora impressiona per la qualità degli apparati decorativi: la compresenza di ispirazioni espressive di epoche diverse rinascimentali, manieriste, barocche, rococò e financo neoclassiche si fondono e si armonizzano nel dar vita a un revival eclettico che, in definitiva, risulta coerente e unifor- 68 GIANNI FRANZONE

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71 19 me, in cui la ricercata indifferenza filologica è come riscattata dalla cura dell esecuzione e dalla preziosità dei materiali. I pavimenti sono sempre a motivi geometrici in marmo e pietra di Promontorio o in graniglia di vari colori e, nella secchezza della stilizzazione, sono gli unici ad assumere un tono déco; alcuni soffitti presentano delicati stucchi di derivazione settecentesca, talvolta colorati; le complesse ringhiere delle scale e dei pianerottoli in ferro battuto sono fra i dettagli più pregevoli 25 ; le pareti dei bagni padronali sono ricoperte da mattonelle in terracotta maiolicata di Savona nel classico bianco-blu o nel meno convenzionale giallo-marrone e propongono la tipica decorazione di derivazione settecentesca a figuretti, paesaggini e figuretti e rovine con infinite variazioni di castelli diruti, viandanti, contadini, cacciatori, damine col parasole; i finti camini sono in pietra e piastrelle in terracotta invetriata sul modello dei laggioni liguri; se gli arredi sono andati perduti, rimangono invece le porte e gli infissi, alcuni soffitti a cassettoni, le solide boiserie e, quasi integro, il bello studiolo-biblioteca del committente. I bozzetti e disegni dell archivio testimoniano puntualmente il grande impegno decorativo di Crosa 26, uno studio lungo e meticoloso che continua per buona parte degli anni Trenta e non trascura il benché minimo particolare, inclusa la pianta del gradino intarsiato dell ingresso principale della villa 27. Purtroppo la documentazione non contiene informazioni sulle maestranze e le ditte che furono impegnate nei lavori GIANNI FRANZONE

72 Fig Villa Borzino. Interno. Particolare della decorazione a mattonelle di uno dei bagni. Stato attuale. Fig Villa Borzino. Interno. Particolare di uno dei bagni. Stato attuale. Fig Villa Borzino. Interno. Particolare della decorazione a mattonelle di uno dei bagni. Stato attuale. 21 VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 71

73 Fig Villa Borzino. Interno. Particolare della decorazione a mattonelle con l albero della vita. Stato attuale GIANNI FRANZONE

74 Il parco Crosa progettò altresì il grande parco che circonda la villa 28, occupandosi, pure in questo caso, anche dei dettagli minori, dalle piante delle aiuole 29 e delle scalinate per il salto di quota 30 al design dei sedili e delle panche in marmo. I disegni conservati nell archivio datano dal 1928 agli anni Trenta. Fu proprio in quegli anni che l architetto si interessò con particolare attenzione ai parchi e ai giardini storici: restaurò, tra l altro, il giardino D Oria della Maddalena, cioè lo spazio attiguo al cinquecentesco palazzo di Nicolò Spinola in via Garibaldi 31 ; elaborò la sistemazione, poi non realizzata, di un terreno denominato Pinara che faceva parte della donazione di villa Durazzo Pallavicini a Pegli 32 ; ma soprattutto progettò il giardino genovese tra Cinque e Seicento alla Mostra del giardino italiano tenutasi a Firenze nel Il parco si presentava ricco di essenze (pini, cipressi, salici, aceri, acacie, ippocastani, noci, mandorli, castagni, oltre ai più pregiati tassi, cedri e magnolie), era strutturato in maniera tradizionale con viali e siepi di bosso ed era improntato a una magnificenza e grandiosità che non è riscontrabile nei giardini di molti degli insediamenti di villeggiatura della zona, connotati spesso da un carattere quasi sottotono e da una perfetta armonizzazione con l ambiente circostante. All interno vi erano due campi da tennis, di cui quello più recente presentava un impegnativa scalea d accesso e una cinta monumentale, entrambe d impostazione chiaramente neo-manierista 34, e altre costruzioni soprattutto ad uso agricolo e per la cura della vegetazione (vaccheria, legnaia, serre). Attualmente aperto al pubblico e ridotto nelle dimensioni a seguito delle lottizzazioni degli anni Settanta, successive alla vendita della proprietà da parte degli eredi Croce al Comune di Busalla nel , il parco aveva due accessi principali, ancora esistenti e utilizzati, uno carrabile accanto alla casa dei custodi e l altro pedonale che parte da piazza Malerba, di fronte alla stazione ferroviaria del paese. Accanto a quest ultimo si trova, sulla sinistra, un ninfeo di grande impatto e qualità che imita quasi perfettamente i modelli di grotte artificiali realizzati nei giardini delle ville genovesi a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Nei materiali dell archivio dell architetto non è stata rintracciata documentazione circa la progettazione del ninfeo, ma è probabile che anche di questo si sia occupato Crosa, all interno della ridefinizione complessiva del parco, inserendovelo quasi come un elemento di citazione colta che ben si armonizza con la grandiosità dell insieme 36. Il ninfeo Borzino, in particolare, risulta essere una copia fedele della grotta degli Orti Sauli a Genova, manufatto risalente alla seconda metà del XVI secolo, realizzato nel giardino della villa Grimaldi agli Orti Sauli appunto, cioè in quella zona appartenente allora al suburbio di Levante della città compresa tra il tratto orientale di via San Vincenzo e le alture dell Acquasola a nord. Tale grotta è oggi ancora esistente, anche se notevolmente compromessa e in parte occultata dalle strutture di un club sportivo di lunga tradizione 37. Anche il ninfeo novecentesco di villa Borzino è a pianta ottagonale come il suo illustre precedente, avendo perduto però le nicchie laterali con vasche circolari, sostituite da pareti piane con panche marmoree, così come la finta grotta maggiore centrale è ridotta alla parete di fon- VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 73

75 Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Villa Borzino. Ringhiera del pozzo, Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Villa Borzino. Disegno del pozzo per il giardino, 1929 circa. Fig Villa Borzino. Pozzo in ferro battuto nel giardino. Stato attuale GIANNI FRANZONE

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78 Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Progetto per un tennis per Villa Borzino, Busalla, Fig Giuseppe Crosa di Vergagni, Villa Borzino. Progetto della scalea d accesso al campo da tennis, do con una vasca semicircolare sempre in marmo. La volta del ninfeo Borzino risulta assai più ribassata rispetto a quella originale, con al centro un apertura sormontata da un lanternino che non compare nell esempio tardo-cinquecentesco, almeno così come è giunto a noi. Simile invece è, sia per l impianto iconografico sia per i materiali impiegati, l apparato decorativo in mosaico polimaterico che riveste entrambi i manufatti, in particolare la scena di caccia nella volta della cupola. Anche nei quattro pennacchi di raccordo tra questa e le pareti compaiono le stesse figure mitologiche di tritoni. C è una significativa analogia pure nei materiali utilizzati nel rivestimento delle due grotte: in entrambi i casi, oltre alla predominanza di tessere in maiolica smaltata nei diversi toni del verde e del blu, si nota un uso abbondante di materiali di origine naturale (ciottoli di spiaggia, dalla colorazione di preferenza nero-verdastra, conchiglie, frammenti di corallo rosa e rosso, di pietra verde della val Polcevera, di minerali e aggregati cristallini). Solo nel pavimento si assiste a una scelta diversa, orientata al recupero delle tradizioni artigianali locali: al posto delle lastre di marmo, pietra di Finale e di Promontorio della grotta degli Orti Sauli, la pavimentazione del ninfeo Borzino è costituita da un acciottolato, con predominanza di ciottoli bianchi, grigi e nero-verdastri di forme diverse, che a Genova e in Liguria è conosciuto col termine risseau 38. La scelta di un modello illustre come quello della grotta degli Orti Sauli conferma la convinzione che la villa rappresentasse per Borzino qualcosa di più di un buen retiro di villeggiatura in campagna: una dimora, in realtà, in grado di attestare la sua appartenenza sociale, la posizione economica e il prestigio raggiunti, e anche le sue ambizioni culturali e autocelebrative che lo portavano a sentirsi erede o continuatore di quel ceto genovese di mercanti, imprenditori e finanzieri che fecero la fortuna di Genova tra Cinquecento e Seicento e che furono i protagonisti indiscussi del siglo de los Genoveses. L autore desidera ringraziare Mauro Valerio Pastorino, Sindaco di Busalla, per la sollecita disponibilità, e Patrizia Trucco, Direttore del CSB Nino Carboneri della Facoltà di architettura dell Università degli studi di Genova, per la consueta, preziosa e amichevole collaborazione. Un pensiero riconoscente alla famiglia Crosa di Vergagni che ha donato l archivio dell architetto alla Wolfsoniana di Genova, in particolare all indimenticabile Piera, ad Andrea, Francesco e Nicolò. 1 R. Bossaglia, Dopo il Liberty: considerazioni sull Eclettismo di ritorno e il filone dell architettura fantastica in Italia, in Studi in onore di Giulio Carlo Argan, Roma 1984, ripubblicato in R. Bossaglia, Il giglio, l iris, la rosa, Palermo 1988, pp (in particolare pp ). 2 Si veda in proposito M.L. Beretta (a cura di), Gli insediamenti di villeggiatura del primo 900. Busalla e i Giovi, Genova 1986, p Prima dello scoppio della Grande Guerra, Borzino fu responsabile della realizzazione di una nuova galleria di filtraggio dell acquedotto nella zona Busalla-Mignanego, come ricorda una targa apposta in loco nel Si veda G. Temporelli, N. Cassinelli, Gli acquedotti genovesi, Milano 2007, pp Vd. G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, Milano 1973, vol. II, pp , nota Idem, pp VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 77

79 6 F. Borsato, «Terza pagina». Cento anni di giornalismo d autore, in L Opinione, gennaio Nell attività antifascista [Borzino] coinvolse i familiari e gli amici al punto che la sua celebre villa di Busalla era considerata un vero e proprio covo di «liberali borziniani». F.P. Oliveri, Emilio Borzino, in W. Piastra (a cura di), Dizionario biografico dei liguri dalle origini al 1990, Genova 1994, vol. II, p L autore sostiene anche che lo stesso Mussolini cercò di portarlo dalla sua parte offrendogli invano un seggio senatoriale. 8 Si veda in proposito la scheda di M.F. Giubilei in R. Bossaglia, M. Cozzi, I Coppedè, Genova 1982, pp Si veda in proposito R. Bossaglia, Stile Coppedè, in Idem, pp (in particolare pp ). 10 Per il castello Mackenzie si rimanda almeno a G. Bozzo, M. Cambi (a cura di), Il castello Mackenzie a Genova. L esordio di Gino Coppedè, Cinisello Balsamo Per i tre palazzi di vedano le schede di M.F. Giubilei in R. Bossaglia, M. Cozzi, I Coppedè, cit., pp , pp e pp Per palazzo Pastorino vd. anche M. Bottaro, Palazzo Pastorino e Gino Coppedè a Genova, Genova Non a caso Cevini stigmatizza l opera di Crosa con il termine, tutt altro che benevolo, di barocchetto genovese. Si veda P. Cevini, Genova anni 30. Da Labò a Daneri, Genova 1989, p Per tali opere si rimanda alle schede di M.F. Giubilei in R. Bossaglia, M. Cozzi, I Coppedè, cit., p. 167, pp e p Si veda In morte di Emilio Borzino. Una lettera di Benedetto Croce alla vedova, in L Opinione, Torino, 10 gennaio Copia del telegramma di condoglianze, datato 9 gennaio 1946, è conservato presso la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce di Napoli. 15 Si veda in proposito U. Nebbia, La sala ligure alla mostra delle arti decorative di Parigi, in Il Comune di Genova. Bollettino municipale mensile, V, 6, giugno 1925, pp Si veda anche M.F. Giubilei, Genova a Parigi tra Otto e Novecento e un architettura di villa all Exposition Internationale des Arts Décoratifs del 1925, in P. Boccardo, C. Di Fabio, P. Sénéchal (a cura di), Genova e la Francia. Opere, artisti, committenti, collezionisti, Cinisello Balsamo 2003, pp (in particolare pp ) e relativa bibliografia. 16 Vd. U. Nebbia, La Liguria alla III Biennale di Monza, in La grande Genova. Bollettino municipale, VII, 11, novembre 1927, pp Si veda anche P. Cevini, Genova anni 30, cit., pp e S. Barisione, Gli arredi liguri attraverso le Biennali di Monza e le Triennali di Milano, in S. Barisione, M. Fochessati, G. Franzone, A. Canziani (a cura di), Architetture in Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, cat. mostra, Genova, Palazzo della Borsa Nuova, 2004, p Come già precisato in questa sede, l archivio si trova ora presso la Wolfsoniana-Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova, a seguito della donazione degli eredi avvenuta nel dicembre del Per i materiali relativi a villa Borzino si veda GA Vd. GA Va ricordato che proprio in quegli anni Crosa trasformò in stile le ville Marshall (1927; GA ) e Baratta ( ; GA ) a Rapallo. 20 Vd. GA Cfr. GA La fotografia presenta l area al momento dell inizio dei lavori di ristrutturazione, con la costruzione del viale carrabile d accesso e l edificio preesistente, più ridotto nelle dimensioni rispetto al definitivo, con, in primo piano, sul lato est, la torretta circolare. 22 Vd. GA a. 23 Vd. GA b. La cartolina venne stampata verso la fine del 78 GIANNI FRANZONE

80 1933, come dimostra la lettera del 20 settembre di quell anno, conservata nell archivio della Wolfsoniana, dello stabilimento rotocalcografico Civicchioni di Chiavari all architetto Crosa che accompagnava la prova di stampa. È dunque corretto sostenere che almeno l esterno della villa fosse completato nel Un ulteriore conferma in proposito la fornisce il progetto completo della pergola, datato Vd. GA , ma anche GA Si veda GA In archivio sono conservati anche i disegni dei rivestimenti lapidei delle facciate (GA ). Sono pure documentati i progetti preliminari della ristrutturazione, inclusi gli impianti tecnici (GA ). 25 Altrettanto pregevoli risultano le decorazioni in ferro battuto ideate per la facciata e il parco: le inferriate che proteggono dall esterno le finestre più accessibili; le cancellate, in particolare quelle che chiudono i due ingressi principali, carrabile e pedonale, della villa; il cancello che dà accesso al ninfeo; il bel pozzo che si trova nella parte bassa del giardino, a destra dell ingresso principale carrabile. 26 Conferma dell interesse di Crosa in quel periodo per la decorazione d interni è la sua adesione, a partire dal 1928, alla DIANA (Decorazioni Industrie Artistiche Nuovi Arredamenti), fondata da Mario Labò con lo scopo di rinnovare le arti decorative liguri. Si veda in proposito P. Cevini, Genova anni 30, cit., pp Vd. GA Vd. I. Cassol, M.L. Spineto, M. Traverso, Villa Borzino. Il parco. I villini di villeggiatura della valle Scrivia ( ), tesi di laurea, Università degli studi di Genova, Facoltà di architettura, a.a Vd. GA (1928), GA (1928) e GA (1936). 30 Vd. GA (1932). 31 Vd. GA (1930). 32 Vd. GA (1930 circa). 33 Si veda in proposito A. Leonardi, Percezione e memoria del giardino storico genovese. Firenze 1931: la Liguria alla Mostra del Giardino Italiano, Quaderni Franzoniani, XVIII, 2, luglio-dicembre 2005, Genova 2011, almeno pp Si veda anche C. Olcese Spingardi, La cultura del giardino a Genova tra le due guerre, in V. Cazzato (a cura di), La memoria, il tempo, la storia nel giardino italiano tra 800 e 900, Roma 1999, pp , in particolare pp. 37 e 42. Nell archivio Crosa si veda GA Vd. GA (1927). Vi si possono notare analogie con il coevo progetto per il romitaggio e il cimitero della famiglia Biaggi a Croara nel comune di Rivergaro (Piacenza). Vd. GA ( ). 35 Purtroppo non è stato possibile consultare l atto di compravendita. In origine il parco si estendeva, a sud, fino alla strada che conduce in località Cascine. In seguito alle lottizzazioni, il nuovo campo da tennis è stato demolito. 36 Si veda in proposito la scheda Grotta di villa Borzino di C. Olcese Spingardi in V. Cazzato, M. Fagiolo, M.A. Giusti (a cura di), Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia. Italia settentrionale, Umbria e Marche, Milano 2002, p Vd. M. Sarcina, La grotta artificiale degli Orti Sauli a Genova, in Archeologia dell architettura, VI, 2001, supplemento a Archeologia medievale XXVIII, pp e la scheda Grotta Grimaldi-Sauli di M. Poggi, M. Sarcina in V. Cazzato, M. Fagiolo, M.A. Giusti (a cura di), Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia, cit., pp Per il rapporto tra ville e giardini a Genova tra rinascimento e barocco si rimanda almeno a L. Magnani, Il tempio di Venere. Giardino e villa nella cultura genovese, Genova Nel 2003 il ninfeo è stato oggetto di un restauro conservativo, eseguito dall architetto Mara Sarcina. VILLA BORZINO: UN ESEMPIO DI REVIVALISMO NEO-CINQUECENTESCO DEGLI ANNI VENTI 79

81 CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI Francesco Tomasinelli Architetto Il 23 aprile 1936 il grande bacile di bronzo, 14 metri di diametro, va a completare la costruzione della fontana di piazza De Ferrari. Finalmente lo spazio delimitato dagli edifici realizzati nel recente passato, il teatro Carlo Felice, il palazzo dell Accademia di Belle Arti, il palazzo della Navigazione Italia, quello della Borsa, assume una fisionomia che lo mette in concorrenza con le più celebrate piazze moderne delle città d Europa. La fontana è formata da tre vasche concentriche, rivestite in travertino. Le due più esterne tonde, quella centrale ad esagono con gli spigoli irrobustiti da sei potenti pilastri che reggono il catino dal centro del quale si alza lo zampillo d acqua a pennacchio, che sale per circa 10 metri di altezza. L acqua che viene raccolta, in caduta, dallo stesso catino, si riversa, poi, a cascata, nella vasca sottostante, larga metri 24,00. Di qui, attraverso, sei bocche a mascherone, incastonate in altrettanti spigoli lavorati in leggero aggetto sul perimetro, si getta in quella di livello più basso di circa metri 30,00 di diametro. Tutt attorno, a corona, si sviluppa un piano, anch esso di forma circolare, pavimentato in lastre quadrate di porfido. L intero complesso (vasche e basamento) raggiunge una larghezza di metri 50,00. Per superare la leggera acclività naturale del terreno, la struttura di base è dotata di un numero differente di scalini: maggiore verso sud-ovest, minore verso nord-est. Gradini che, a loro volta, via via che il terreno prende quota, vanno scomparendo nel selciato della piazza producendo un effetto di delicatissimo intarsio materiale. Sulla vasca centrale risalta, in lettere di bronzo, a sbalzo, il motto celebrativo: Tenace affetto di Ligure, superando il destino, alla sua città donava. È la dedica ad Erasmo Piaggio indimenticabile figura di imprenditore genovese, promotore di innumerevoli iniziative economiche e fondatore di non poche aziende industriali genovesi, senatore del regno prima e del parlamento fascista, poi. Muore nel 1932, in un incidente aereo senza aver potuto coronare il sogno della sua vita: donare un tangibile segno del suo affetto per la città che lo ha visto nascere, crescere e conquistarsi una posizione di primo piano. Il figlio Carlo tiene fede al desiderio del padre e promuove e finanzia la costruzione della fontana il cui progetto prevede, in sommità, il possente catino, in fusione unica di bronzo. La realizzazione è affidata all Ansaldo di Sampierdarena, unica industria capace di maestranze e mezzi adatti alla produzione di un simile manufatto. Ma mentre la lavorazione non presenta alcuna insormontabile difficoltà, queste si manifestano invece nel trasporto fino al sito della posa. C è la necessità di realizzare una invasatura ed una imbragatura del tutto particolari. Il catino, per le sue dimensioni, non può transitare per le strade del centro antico che conducono alla piazza. Nessuna di queste, infatti, presenta carreggiate che soddisfino le esigenze dell eccezionale trasporto. Viene allora sistemato su un pontone e rimorchiato sino alla spiaggia della Foce da dove tirato da un potente trattore percorre la copertura del Bisagno, attraversa piazza della Vittoria e risale lentamente per via XX Settembre. 80 FRANCESCO TOMASINELLI

82 Fig. 1 - La fontana di piazza De Ferrari allo stato attuale. 1 CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI 81

83 Fig. 2 - La piazza De Ferrari al tempo dell ultimazione di via XX Settembre. Fig. 3 - Il primo tentativo di arredo del rondò centrale della piazza con aiuole di palme. Nella pagina a fronte Fig. 4 - Il prospetto della fontana di Giuseppe Crosa di Vergagni. Fig. 5 - La fontana nel giorno della sua inaugurazione FRANCESCO TOMASINELLI

84 4 5 CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI 83

85 Fig. 6 - La sede dello Yacht Club. Fig. 7 - Palazzo Terzano. Fig. 8 - Palazzo dell Ilva. È un tragitto lungo e defatigante. Il convoglio lo affronta cautamente per evitare sobbalzi e contraccolpi che potrebbero mettere a dura prova le incastellature che reggono il grande e pesante manufatto. Ogni curva è un pericolo. Non è facile tenere in equilibrio il bacile. L ansia di chi è coinvolto, a qualche titolo, nell operazione, è palpabile! Altrettanto tangibile è la trepidazione della folla che si è radunata per assistere all evento! Tra tutti si distingue un elegante signore che sta un po in disparte e che palesa, attraverso il volto teso ed il suo pallore, un inquietudine quasi tangibile. È Giuseppe Crosa di Vergagni, Pipin per i famigliari e gli amici, il progettista scelto dalla famiglia Piaggio per disegnare la fontana. Architetto affermato che ha già al suo attivo opere quali villa Borzino a Busalla (1920), la partecipazione al gruppo di artisti che, capitanato da Orlando Grosso, prende parte all Esposizione Internazionale delle Arti Decorative ed Industriali, villa Panizza a Crocefieschi (1926), la sede dello Yacht Club Italiano a Genova, gli uffici dell ILVA in via Corsica, sempre a Genova (1929) e molte altre sia in Italia che all estero,soprattutto in Brasile. Il suo prestigio è tale che viene chiamato anche a ricoprire cariche di rilievo in seno al Sindacato Architetti di cui è, prima, segretario provinciale, tra il 29 ed il 31, e poi segretario regionale tra il 31 e il 32. Al di là dello sterile regesto delle opere o di un encomiastico elenco delle sue onorificenze, qual è il ruolo che Crosa riveste nel panorama dell architettura italiana del tempo? Nasce da una famiglia nobile, molto nota a Genova, i cui componenti sono i diretti discendenti dei Fieschi. Da questa attinge una solida cultura umanistica e l amore per lo studio delle cose del passato, con propensione per quelle artistiche. La curiosità che lo distingue lo porta ad affrontare con attenzione tutta particolare il risvolto scientifico della realtà delle cose che gli stanno intorno. Non ama il gesto dell artista ma al contrario vuol padroneggiare le forme attraverso il loro dato strutturale. Per questo tra tutte le Facoltà di Architettura, allora presenti nel nostro paese, sceglie quella che gliene garantisce la migliore soddisfazione: il Politecnico di Milano. Non può e soprattutto non vuol riconoscersi in quella schiera di architetti nati dalle scuole di Belle Arti o dalle Accademie, e che l accademia perseguono; ama rendersi conto, attraverso lo studio delle teorie costruttive (statica, scienza e tecnica delle costruzioni) della realtà oggettiva degli organismi edilizi: sia di quelli del passato che di quelli presenti ed anche di quelli che scaturiscono dalla fervidissima sua immaginazione. Desidera, per sé, cioè, una preparazione non mirata esclusivamente alla forma esteriore ma che, al contrario, prenda coscienza della sostanza della forma, vale a dire della consistenza della pratica piuttosto che l apparenza della superficie. Egli vive in un periodo di grandi rivolgimenti in tutti i campi: da quello sociopolitico a quello produttivo a quello artistico. Sono ancora vivissimi, in edilizia, gli echi di quell eclettismo storicistico che ha dominato la seconda metà del XIX secolo, nel ten- 84 FRANCESCO TOMASINELLI

86 6 7 8 CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI 85

87 tativo di conferire una veste internazionale alle espressioni del mondo classico infiocchettandole con non sempre riuscite elocubrazioni decorative. Al contempo sono intense le influenze di quell Art Nouveau che cerca di risolvere i conflitti ideologici tra passato e presente, pescando dall ieri ispirazioni da riproporre attraverso concetti attualizzati. Al Medioevo, ad esempio fanno riferimento Mackintosh e Gaudì, alle figurazioni classicheggianti Olbrich, Wagner e Hoffmann, fino alla riesumazione dei lessici autoctoni di Van de Velde. Il nostro, tuttavia, coglie in tutte queste innovazioni un invariante fondamentale che altro non è che la sinergia che sono capaci di esplicare, nel loro insieme, le espressioni artistiche: da quelle cosiddette maggiori, dell arte con la A maiuscola, a quelle minori dell artigianato produttivo. Il dato caratteristico di Crosa è proprio quello di riuscire a coniugare le necessità della produzione con le aspettative di un gusto ancora legato alle formule antiche. Certo antiche ma mai vecchie e/o superate: le prime ricche di principi informatori, le seconde vuote ed incomunicative. La purezza della linea e del volume, liberati da orpelli ed arzigogoli, è un principio fondamentale tanto per gli artisti di oggi quanto per quelli di ieri. È un criterio imprescindibile ed immutabile che là dove affiora distingue l opera d arte dall esercizio calligrafico di sterile scimmiottatura. È lecito citare, al proposito, un pensiero di Henry Van De Velde che si trova in un suo scritto del 1902, intitolato Laienpredigten: La linea è una forza che agisce in modo simile alle forze naturali elementari: più linee poste in reciproca presenza, agendo in senso contrario, nelle stesse condizioni provocano gli stessi risultati delle forze naturali in reciproca opposizione. È un rapporto, vale a dire, di azione e reazione, che vale soprattutto per le relazioni statiche delle ossature strutturali e non soltanto degli edifici ma pure di tutte le costruzioni (navi, aerei, automobili etc.). La vera novità è costituita dal fatto che la linea come aggiunge Van De Velde trae forza dall energia di chi l ha tracciata. In ciò sta, in sintesi, il significato di quell Einfühlung (sentire insieme, empatia) che ha permeato di se tutta l Art Nouveau. Su questi fondamenti Crosa basa il suo modo di operare. Fa propri i capisaldi di queste teorie rielaborandoli secondo un proprio codice espressivo e li ripropone con specifiche del tutto personali. L intenso senso della tradizione, che ne connota il classicismo alla Loos, tanto per indicare una referenza ben nota agli studiosi della materia, si rileva in gran parte dei suoi lavori anche se rappresentato con facies differente. Si pensi tra gli altri, alla villa il Solaro a Savignone (Genova), progettata nei primi anni venti del secolo scorso. Gli influssi della Secessione sono evidenti sia pur conditi con le innovazioni di quel codice-stile internazionale che Renato De Fusco non esita a definire Protorazionalismo e che si può riassumere nella volontà di riduzione delle geometrie in opposizione alle morfologie dell Art Nouveau, pur nella continuità degli intenti. Ancor più lo si ricava dalla incessante ricognizione delle soluzioni più adatte ad una produzione di serie (vasellame, stoviglie, posate, mobilio etc.). 86 FRANCESCO TOMASINELLI

88 Oppure alla sede dello Yacht Club Italiano (vedi fig. 6), sempre a Genova, del 1928, di cui un osservatore superficiale rimarca solamente gli stilemi dell architettura gotica (archi ad ogiva) sotto i quali si evince, però, un volume a geometria semplice definito da linee nitide. Ancora De Fusco nel tentativo di inquadrare in un codice-stile, appunto, le differenti personalità del periodo afferma che: nel protorazionalismo, e spesso nelle opere di uno stesso architetto, coesistono due atteggiamenti che sia pure con espressioni generiche possiamo definire moderno e anti-moderno. Sono queste le naturali contraddizioni di un linguaggio che va rinnovandosi e che apre la via ad uno dei più significativi rivolgimenti della storia dell Architettura moderna: il Razionalismo. In queste proposizioni si ritrovano, senza possibilità di dubbio, tutte le qualità del nostro autore. L evoluzione dell Architettura si manifesta soprattutto attraverso l applicazione pratica delle teorie scientifiche che si vanno affermando sul finire del secolo XIX e all inizio del secolo del XX. Le intuizioni dei grandi costruttori si materializzano nella diffusa utilizzazione di metodi realizzativi che permettono libertà ideative inusitate (grandi luci, portate rilevanti etc.). Il calcestruzzo armato, più del ferro, riesce a conquistare i progettisti per la lavorabilità e l adattabilità che dimostra. Ebbene l attenzione appassionata che Crosa mostra verso i nuovi metodi costruttivi lo porta a sperimentare sempre più diverse espressioni architettoniche. A questa tendenza vanno ascritti edifici quali la sede dell ILVA (fig. 8), in via Corsica, a Genova, del 1934, o il palazzo Terzano, in via Fieschi, ancora a Genova, del 1937 (fig. 7). Ad un articolazione elementare delle masse, ad una geometria semplice delle linee corrisponde una immediata concezione strutturale derivata dall uso del calcestruzzo armato, il tutto impreziosito (ecco l accenno alla classicità) da marmi e da motivi architettonici in aggetto (lesene, marcapiani, timpani etc.) che offrono all organismo edilizio, per il gioco di chiaroscuri che si determina, apprezzabili vibrazioni delle superfici dei prospetti. Non passa inosservata, poi, la propensione del nostro verso la progettazione di oggetti d uso, come già si è detto in precedenza, ma specialmente l accoppiamento di nuovi materiali a forme classicheggianti. Si può, quindi, a buona ragione, annoverare Giuseppe Crosa di Vergagni tra quei paladini non dell arte emergente, ma dell artisticità diffusa come li definisce De Fusco. Nello sfruttamento della materia e delle sue possibilità (in edilizia l avvento del calcestruzzo armato) si conferma il protorazionalismo di questo aristocratico che trova motivo di indagine nell economia di produzione. Ed è un motivo sociologico che ben si incarna nel motto arte per tutti vessillo, appunto, di questa corrente dell architettura moderna. Per questa via arriva a disegnare i suoi edifici più significativi nonché quei manufatti di esecuzione artigianale nei quali si ritrovano le linee di forza di un pensiero oltremodo concreto. Non è contrario, per partito preso, come invece lo fu Loos (non CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI 87

89 certo uno sconosciuto per Crosa) all ornamento e, pur riconoscendone i limiti nella mancanza di rapporti organici con l espressione della cultura (del tempo, n.d.r.), non ne demonizza un uso accorto e strettamente connesso con il programma di progetto dei singoli elementi che di volta in volta va configurando. In ciò ritrova una onesta avversione agli schematismi stereotipi ed a quella diffusa superficialità che nasconde nell orpello la pochezza del proprio essere. Laddove certuni vogliono ravvisare il carattere ornamentale di alcune sue finiture, va sottolineato che queste non sono mai fine a se stesse e non affondano nel fatuo decorativismo, bensì diventano forma inscindibile e significante di un assunto compositivo. Un linguaggio ricco e schietto ne identifica le qualità indelebili che pervadono tutta la sua produzione. È la storicità della fantasia come la intende Edoardo Persico, nel senso che quest ultima si innesta su un solido tronco costituito da un irrinunciabile e nutrito bagaglio culturale, trasformandone atteggiamenti e segni in altrettante vigorose capacità ideative. Nel tornare all argomento di questa memoria che riguarda specificamente la fontana di piazza De Ferrari vale la pena sottolineare alcune la peculiarità di quest opera di Crosa che certamente occupa un posto non trascurabile nella storia dell architettura genovese ed anche italiana. Intanto va sgombrato il campo da tanto astruse quanto false asserzioni circa un suo carattere esclusivamente celebrativo. Le si deve, innanzi tutto, riconoscere, il sostanziale contenuto urbanistico che le deriva dalla posizione individuata alla convergenza di assi stradali che ancor oggi rivestono un importanza capitale per il traffico, e che risulta opzione lungimirante e sagace. La formazione di una rotatoria attorno alla quale far muovere i veicoli per incanalarli verso le diverse direzioni che di qui si dipartono a raggiera, scongiura pericolosi incroci a raso con rischio anche di gravi incidenti. Occorrono, più di settant anni, prima che si ricorra ancora a simili accorgimenti per snodi viari di questa portata. È ben vero che già prima della realizzazione della fontana è presente una sorta di salvagente circolare, leggermente sopraelevato dalla carreggiata, al centro della piazza. Ma se si osserva la fotografia del sito nelle condizioni che precedono la sistemazione dell arredo in questione, si nota uno spazio poco qualificato, povero e per certi versi confuso (figg. 2, 3). I tentativi che si susseguono per arricchire questa non trascurabile soluzione di continuità del tessuto urbano arrivano a proporre l inserimento di alcune aiuole con palmizi: una centrale di dimensioni leggermente maggiori delle quattro di contorno, si rivela un misero palliativo! È necessario ben altro per dare un significato a questa sorta di quadrilatero, che, prolungandosi a nord in una propaggine di superficie più ridotta, assume un senso di indeterminatezza e sfilacciamento del tramato che non giova al suo disegno planimetrico. La proposta di Crosa e Piaggio è vincente; una fontana con alti zampilli che ingentilisse un pietroso ambiente riesce a riportare l attenzione del passante verso questo ideale centro della città (fig. 4). 88 FRANCESCO TOMASINELLI

90 Non si va lontano dal vero nell immaginare che la cultura storico architettonica dell architetto lo abbia portato a pensare, nel disegno del grande catino della sua fontana a quello della Fontana Antica di piazza San Pietro a Roma che data a prima del La foggia è molto somigliante (fig. 5), ma la misura varia sostanzialmente. Non è, però, come potrebbe apparire, un semplice esercizio di riproduzione dell antico bacile, che anzi ne deriva una forma in felice successione, dove l estensione del diametro, a più di quattro volte dell originale, diventa gioco di leggerezza che affina la massa imponente. Differente è pure il materiale utilizzato; la pietra nella prima, il bronzo nella seconda. Sono le inusitate proporzioni della vasca, che si vuole di unico pezzo, a suggerire questa preferenza. Il risultato è fastoso! Bene lo evidenzia la fotografia allegata (fig. 5) che mostra la fontana in tutta la sua maestosità, rimarcata dall assembramento di cittadini che sta in curiosa ammirazione. Oggi tutto ciò è perduto. Un insipiente progetto di semipedonalizzazione della piazza ne ha snaturato l impronta stilistica abbassandola ad un rango provinciale che ne umilia ogni sua funzionale estetica (fig. 1). Non più rotatoria! È eliminato il basamento circolare per sostituirlo con un quadrilatero delimitato da quattro volumi, squadrati all esterno e tondeggianti verso la fontana cui viene aggiunta una ulteriore vasca a corona di quella più bassa originaria che ne limita ogni slancio verticale, rendendola goffa. Di più i getti inclinati, inseriti tutto attorno, che gettano acqua, a mo di tiro a segno, nel bacile centrale, nascondono definitivamente il disegno dell apprezzabile sagoma ideata da Crosa. Come se non bastasse dai quattro volumi dianzi descritti si levano zampilli a canne d organo che accentuano l inopportuno mascheramento del pregevole manufatto originale. Cui prodest tutto ciò? Non è solo la fontana a subire gli insulti di una approssimativa sistemazione urbanistica della piazza, è l ambiente urbano, nel suo complesso, ad essere brutalizzato! Al posto dell elegante scalea è stato realizzato un piano a quota fissa raggiungibile da sud-est attraverso una meno convincente scalinata a gradoni lunghi ( sapelli in gergo) che toglie, al passante, l emozione di un ascesa incantata. Al porfido in piastrelle quadrate della pavimentazione del basamento della fontana e delle lastre di granito ( tacchi in gergo) di quella della piazza, è stata preferita una distesa di cubetti di altra pietra, di aspetto più teutonico, poco adeguati anche coloristicamente a tutto l insieme. I danni provocati dalla scarsa attenzione e dalla ancor minore riflessione alle motivazioni che avevano determinato, allora, un risultato di riconosciuta apprezzabilità, sono irreparabili. Benedetto Croce sosteneva che il soffocamento di una qualsiasi realtà è pagato, dalle comunità coinvolte, a caro prezzo e la sua riconquista richiederà sacrifici pesantissimi. CARATTERI SIGNIFICATIVI DELL ARCHITETTURA DI GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI: LA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI 89

91 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO Matteo Fochessati Conservatore Wolfsoniana Nonostante la sua ricca e complessa produzione architettonica sia stata accompagnata da significativi riconoscimenti istituzionali e da un importante rete di committenze private, l attività di Giuseppe Crosa di Vergagni è stata spesso considerata come l emblematica espressione di un attitudine progettuale incline a proporre rielaborazioni stilistiche di matrice settecentesca e neoclassica. Anche Paolo Cevini, nel suo pionieristico e fondamentale studio sull architettura genovese degli anni tra le due guerre, ha definito il ruolo di Crosa come radicato nel gusto provinciale e conservatore della città 1, attribuendogli la paternità di uno stile barocchetto che, nella sua ampia diffusione a livello locale, contribuì ad ostacolare le potenzialità espressive delle emergenti tendenze razionaliste 2. I più recenti inquadramenti critici sulle vicende architettoniche italiane del Novecento ci aiutano adesso, tuttavia, a riconoscere in Crosa l autore di alcuni tra i più celebri edifici realizzati nell ambito della trasformazione urbanistica di Genova della prima metà del Novecento e a inquadrarne l esperienza nell alveo di una composita, ma radicata area di ricerca, di cui fecero parte, tra gli altri, Marcello Piacentini e Vincenzo Fasolo. All interno di tale attitudine espressiva che, grazie al recupero del barocco e del manierismo, filtrò le suggestioni formali del déco internazionale, riadattandole autonomamente entro gli stimoli culturali del gusto Novecento, Crosa di Vergagni ha dato infatti prova, in diverse circostanze, di una poliedrica versatilità compositiva e di una sua distintiva predisposizione a confrontarsi, attraverso peculiari soluzioni formali, con le più avanzate tendenze progettuali dell epoca. Si pensi ad esempio, rispetto all impianto neogotico della palazzina dello Yacht Club di Genova ( ), alla sua originale declinazione vernacolare del perdurante gusto storicista 3, ma anche alla libera interpretazione dell architettura novecentista elaborata in occasione del progetto per l Opera Nazionale Balilla (1928), o infine, sempre nel capoluogo ligure, alla caratteristica mediazione linguistica tra istanze déco e razionaliste sperimentata nelle soluzioni architettoniche del palazzo dell ILVA ( ) e del palazzo Terzano ( ). In quest ultimo edificio è stata tra l altro riscontrata l incidenza di modelli architettonici d oltreoceano 4. E proprio a conferma di questo puntuale aggiornamento, da parte di Crosa, sulle tendenze internazionali è opportuno menzionare il fatto che nella sua biblioteca fosse conservata una pubblicazione sul Rockfeller Center di New York 5. Alcuni tra i più brillanti risultati della sua ricerca architettonica, Crosa li raggiunse, comunque, nella progettazione di spazi pubblici per l arte e lo spettacolo 6. Svincolate dalle particolari richieste estetiche e funzionali imposte, in genere, dalla committenza privata e da specifiche normative progettuali nel caso di edifici istituzionali e di rappresentanza, tali strutture architettoniche accordarono infatti a Crosa un maggiore grado di sperimentazione linguistica e una più radicale autonomia stilistica. Nel caso di tutti questi progetti in quelli realizzati, così come in quelli rimasti incompiuti, nei quali sovente manifestò una peculiare propensione verso un inedita visionarietà architettonica appare dunque evidente il distacco di Crosa dai suoi consueti modelli compositivi: lo stretto legame in tali edifici tra la loro specifica destinazione d uso (finalizzata ad una fruizione pubblica) e le conseguenti 90 MATTEO FOCHESSATI

92 1 Fig. 1 - Cinema-teatro Odeon di Rivarolo Ligure. Prospetto, impostazioni progettuali fu infatti determinante per l elaborazione di ambientazioni dal forte impatto visivo e scenografico. La sua prima realizzazione, nell ambito della progettazione di sale per spettacoli, fu il cinema-teatro Odeon di Rivarolo Ligure (fig. 1), eseguito nel in collaborazione con l ingegner Desirello 7. Come indicato in una sezione longitudinale della sala interna, nella quale erano riprodotti la duplice galleria e i palchi che, predisposti su quattro ordini, affiancavano l ampia platea, un attiva e regolare ventilazione era garantita oltre che dalle abbondanti porte e finestre da numerose bocche d aria disposte opportunamente sotto la platea e sotto le gallerie. Nel suo impaginato architettonico e nell apparato decorativo esterno, l edificio che affacciava sull allora via Principe Amedeo mostrava inoltre suggestive declinazioni formali di matrice secessionista, affini a quelle elaborate pochi anni prima da Marcello Piacentini, insieme al trentino Wenter Marini, in occasione del suo celebre progetto per il cinema-teatro Corso a Roma del L influenza esercitata dalla lezione di Piacentini sull attività di Crosa, nel campo della progettazione di sale teatrali, è d altronde confermata anche dalla presenza nella sua biblioteca di una monografia dedicata al teatro Savoia di Firenze, che l architetto romano, in collaborazione con Ghino Venturi, realizzò nel 1922 per conto del Sindacato Immobiliare, all interno di un progetto di recupero funzionale del cosiddetto Strozzino, edificio già alle dipendenze del palazzo Strozzi 8. Un analoga adesione alle perduranti tensioni moderniste si può riscontrare anche nell impianto architettonico del coevo cinema teatro Excelsior di Sampierdarena, realizzato nel 1921 su progetto di Venceslao Borzani, il quale si era rivelato come uno tra i più precoci interpreti dello stile liberty con i suoi progetti per il padiglione Iris adibito a teatro in occasione della VII Esposizione Regionale, allestita nel 1901 a Genova sulla spianata del Bisagno e per il pa- GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 91

93 2 lazzo Gambaro di via Pagano Doria (1913) 9. Rispetto al teatro di Borzani, l Odeon di Crosa come documentato da uno schizzo prospettico della facciata mostrava tuttavia un assimilazione degli elementi decorativi di matrice secessionista ancora più coerente e rigorosa, in particolare nel disegno dei pinnacoli che ornavano la sommità dell edificio e dell arco d ingresso, incorniciato da due sculture femminili. Una conforme ispirazione stilistica si ritrova anche nel suo successivo progetto per il cinema Savoia (fig. 2) che, situato al civico di via XX Settembre, all angolo con via Vernazza 10, fu inaugurato il 15 novembre 1923 con la proiezione della pellicola La madre folle di Carmine Gallone, nel quale l attrice Soave Gallone interpretava il duplice ruolo di Bijou e della Madre Folle 11. Come annunciato in una pubblicazione promozionale, edita in occasione dell inaugurazione della sala cinematografica, il progetto era stato commissionato [ ] ad un giovane, la cui fama, già chiara e salda, salirà presto noi lo auguriamo sino ad eguagliarne le virtù, che sono grandissime: l Architetto Marchese Giuseppe Crosa di Vergagni. Il suo ammirevole ingegno, nel quale la fervida alata fantasia infallibilmente governano e guidano una signorilità innata del gusto, uno studio diuturno delle migliori espressioni estetiche dello spirito umano nel passato e nel presente e una proba coscienza d artista, era garanzia della nobiltà dell opera. Tutto quanto è nel Cinema Savoia fu scelto, disegnato, voluto da lui; appositamente egli si recò, ripetute volte, a Murano e a Roma; e se non dette riposo a se stesso, altrettanto fu severo e felice nell eleggere gli esecutori delle sue concezioni 12. I lampadari delle salette d ingresso, dove era collocata la vendita dei biglietti, e le coppe disposte sul soffitto della sala di proiezione furono prodotti dalla vetreria Cappellin, Venini & C., celebre manifattura, fondata nel 1921 a Murano da Giacomo Cappellin, Paolo Venini, Luigi Ceresa e Emilio Ochs, con la quale Crosa collaborò anche in seguito. I bronzi dei mascheroni collocati sul fronte esterno, sotto il portico di via XX Settembre, delle cornici approntate per l esposizione delle fotografie, delle porte d entrata e d uscita, così come le griglie di rame e d ottone traforato e sbalzato, furono invece realizzati dalle officine David Della Torre di Roma. Sempre per gli interni del cinema, lo scultore Armando Vassallo, che aveva esordito nel 1911 alla Promotrice genovese, manifestando un adesione al liberty attraversata da suggestioni bistolfiane, e che nell immediato dopoguerra intraprese una ricerca connotata da una maggiore sintesi plastica, eseguì la statua del puttino posta all ingresso, i medaglioni che ornavano la sala e la decorazione di impostazione classica della cabina di proiezione. Paolo Stamaty Rodocanachi realizzò, infine, i pannelli dipinti del separé di legno, posto tra il pubblico e l orchestra. Analogamente al progetto per il teatro Odeon, anche in occasione di quello per il cinema Savoia, Crosa pose una particolare attenzione ai problemi della ventilazione dell ambiente e del ricambio d aria, sicché: Come fu curata la gioia degli occhi e la soddisfazione dell animo di quelli che frequenteranno questo ritrovo, altrettanto fu oggetto di convinte sollecitudini la loro preservazione fisica 13. La sala fu dotata infatti di un impianto d areazione e di depurazione realizzato con tecnologie all avanguardia dalla ditta 92 MATTEO FOCHESSATI

94 3 Fig. 2 - Cinema Savoia. Pianta, Fig. 3 - Casa del Balilla. Palcoscenico, torinese dell ingegner Carlo Ferrari di Torino. L elaborato sistema di areazione, al cui studio aveva collaborato l ingegner Carlo Satta, autore di una pubblicazione monografica sull argomento 14, garantiva dunque al cinema Savoia di essere permanentemente gremito di pubblico (e chi pone in dubbio che lo sarà?): dopo otto ore di proiezioni continue, vi si respirerà agevolmente e sanamente come da principio, in un soave tepore d inverno, in una ristorante frescura d estate 15. La modernità delle strumentazioni tecnologiche caratterizzava anche l impianto di proiezione del cinema, il cui funzionamento era garantito per diverse ore consecutive di fronte a un utenza che poteva raggiungere i seicento spettatori. Il successivo impegno di Crosa, nel campo delle strutture per lo spettacolo, fu rappresentato nel 1928 dal teatro della Gioventù, ospitato all interno della casa del Balilla (O.N.B.) di via Cesarea (fig. 3): una palazzina costituita da un corpo laterale di cinque piani, su cui si affacciava l ingresso principale e al quale erano collegati una struttura centrale, con terrazzo sovrastante, e un terzo corpo laterale a tre piani. Inaugurato il 28 ottobre del 1928, l edificio, costruito su progetto di Crosa dall impresa Garbarino & Sciaccaluga di Genova, era dotato di una palestra provvista di palcoscenico, di sala scherma, sala lettura, sala riunioni e, come si è detto, di un terrazzo al primo piano per le esercitazioni sportive all aria aperta 16. Gestito dall Opera Nazionale Balilla (poi Gioventù Italiana del Littorio), il teatro Balilla, che in seguito mutò il suo nome in teatro della Gioventù 17, fu realizzato come risulta da un lucido conservato presso l archivio Crosa di Vergagni, relativo allo schizzo preliminare della pianta dell edificio, con il diagramma delle funzioni 18 sulla base di alcune indicazioni di Enrico del Debbio, autore nel 1928 di un volu- GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 93

95 4a 4b Figg. 4a-b - Cinematografo in via Pisoni, Rivarolo. Schizzo prospettico dell atrio, Fig. 4c - Cinematografo in via Pisoni, Rivarolo. Schizzo della sala, Figg. 5a-c - Negozio Contini in via XX Settembre. Studi prospettici, 1935 c. Nelle pagine seguenti Fig. 6a - Politeama Genovese. Pianta Piano Platea, Fig. 6b - Politeama Genovese. Sezioni Longitudinali, Fig. 6c - Politeama Genovese. Sezione Trasversale, c me sulle strutture architettoniche dell Opera Nazionale Balilla 19. I tratti distintivi dello stile architettonico di Crosa tendevano comunque a emergere nell impianto progettuale della sala per gli spettacoli, di cui purtroppo non si sono conservati gli arredi. In particolare le sovrapporte delle due aperture ai lati del palcoscenico presentavano un decoro, costituito da morbide linee ondulate, che contrastava radicalmente, nella sua ispirazione barocca, con il rigore novecentista del complessivo progetto dell edificio, richiamando invece i motivi ornamentali di matrice déco degli arredi dello Yacht Club, anch essi andati perduti, e il disegno dell ingresso della sezione ligure all esposizione di Parigi del Una più consapevole e coerente adesione alle stilizzazioni compositive del gusto novecentista caratterizzò per contro, intorno al 1930, il progetto per un cinematografo in via Pisoni a Rivarolo, di cui nell archivio Crosa di Vergagni si conservano alcuni interessanti schizzi prospettici (figg. 4a, 4b, 4c) 20. Curioso appare ad esempio, in una veduta dell atrio d ingresso, il motivo a drappeggio del soffitto, ripreso con stilizzato e rigoroso andamento ondulatorio in un altra prospettiva interna del vestibolo. La dinamica tensione espressiva di questa seconda soluzione compositiva si integrava infatti nel contesto di una struttura architettonica connotata da un severo impianto geometrico con l ordinata scansione tra pieni e 94 MATTEO FOCHESSATI

96 5a 5b 5c GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 95

97 6a 6b 96 MATTEO FOCHESSATI

98 6c vuoti determinata, con simmetrica regolarità, dalle ampie aperture sulle superfici lisce e squadrate delle pareti e accentuata, nel suo sviluppo verticale su diversi livelli, dalla struttura slanciata delle colonne. L approccio formale di questo progetto, di cui si conservano anche schizzi e piante della sala interna sormontata da cupole luminose, il cui schema quadrangolare era ripreso dall impianto decorativo delle pareti della platea e della galleria sembra in parte avvicinarsi alle soluzioni progettuali del negozio Contini di via XX Settembre (figg. 5a, 5b, 5c), databile intorno alla metà degli anni Trenta 21. Nella veduta esterna del negozio, così come in quelle del corridoio centrale al piano terra e al piano superiore, con la lunga sequenza delle vetrine, è possibile riscontrare infatti un analoga pulizia formale e una stilizzata semplificazione delle linee progettuali. Sempre agli inizi degli anni Trenta, Crosa partecipò al concorso per l ammodernamento del Politeama Genovese (figg. 6a, 6b, 6c), storica sala teatrale inaugurata nel giugno del 1870 su progetto dell architetto Nicolò Bruno 22. Il riallestimento della sala, originariamente concepita con gusto storicista d impianto neoclassico, fu affidato a Mario Labò, autore nel 1932, in una tra le sue prime prove razionaliste, di un radicale progetto di ristrutturazione che determinò l eliminazione di tutti gli addobbi ottocenteschi 23. La partecipazione di Crosa a questo concorso è documentata nel suo archivio dalle piante dei diversi piani del teatro (loggione, prima e seconda galleria, platea e terrazze) e da alcune sezioni longitudinali e trasversali che mettevano in luce la struttura dominante di un ampia cupola vetrata 24. Uno tra i suoi più impegnativi progetti tra le due guerre, nell ambito delle sale per spettacoli, fu comunque rappresentato, sempre a Genova, dal cinema Olimpia (figg. 7, 8a, 8b, 8c). In questo caso si trattò della complessa opera di riallestimento del salone ellittico per concerti, originariamente decorato da Adolfo Coppedè nel piano sotterraneo del palazzo della Borsa Valori che, per conto della GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 97

99 7 Fig. 7 - Teatro Olimpia, Genova. Adattamento a cinematografo. Uscite di sicurezza sul palcoscenico, Torino Fig. 8a - Cinema Olimpia. Galleria, Fig. 8b - Cinema Olimpia. Livellamento platee, Fig. 8c - Cinema Olimpia. Soffitto Sala, Società Immobiliare Aedes, era stato edificato tra il 1909 e il 1912, alla convergenza di via XX Settembre con piazza De Ferrari, su progetto di Dario Carbone 25. Del progetto di Crosa per il cinema Olimpia, realizzato in collaborazione con l ingegnere Giuseppe Abbiati, si conserva nell archivio dell architetto genovese ampia documentazione, a partire dal Tra i diversi materiali di tale progetto compaiono infatti anche due disegni, non attribuibili a Crosa, datati appunto Torino 1922 e designati come Teatro Olimpia Genova - Adattamento a cinematografo. Le due tavole, relative alle Uscite di sicurezza sul palcoscenico e al Nuovo schermo di proiezione, furono probabilmente utilizzate da Crosa come nel caso anche di una sezione trasversale del progetto originario di Carbone 27 per il suo studio di riallestimento della sala, realizzato tra il 1941 e il 1942 a cura e a spese della Società Anonima Nuova Borsa, che il 31 gennaio del 1937 aveva affittato per nove anni i locali del teatro all Ente Nazionale Industrie Cinematografiche per una programmazione di film di prima visione. Come documentato da una cartella contenente lettere, relazioni e preventivi riguardanti il progetto definitivo della nuova sala cinematografica 28, l opera fu realizzata dall impresa di costruzioni Giovanni Job di Genova. Il restauro del teatro assicurò un ampliamento di trecento posti, grazie al riallestimento della nuova sala (dotata di ottocentotrenta poltroncine) e alla costruzione di una nuova tribuna a gradinata che, realizzata con strutture in cemento armato misto a cotto e con pavimentazione di legno, poteva ospitare duecento poltroncine e sei 98 MATTEO FOCHESSATI

100 8a 8b 8c GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 99

101 9 10a 100 MATTEO FOCHESSATI

102 10b Fig. 9 - Cinema Star in via Pisa. Sezione verticale longitudinale, fine anni Trenta. Figg. 10a-b - Cinema Centrale. Studi, palchetti. Oltre all apertura di una scala di uscita verso via Boccardo, il progetto comprese anche la realizzazione di una nuova cabina di proiezione in muratura e di un rinnovato impianto d areazione. All allestimento interno della sala, la cui originaria struttura è ancora leggibile, nonostante i lavori eseguiti per la recente apertura di un negozio, collaborò per la realizzazione delle poltroncine la Ditta Giulio Maglioni di Pontassieve, che già aveva prodotto le sedute del tipo Liguria per il teatro del Fascio di Lavagna, del tipo Genova per il cinema Palazzo di Genova e del tipo Salsomaggiore per il teatro di Salsomaggiore 29. Le decorazioni plastiche in stucco, le tinteggiature e i rivestimenti acustici furono invece eseguiti dalla ditta Braggion di Genova; le pavimentazioni dalla Società Linoleum di Milano; i lavori di falegnameria dai genovesi fratelli Ferretto e, infine, gli impianti elettrici dalla ditta Vassalli, anch essa di Genova. Tra la copiosa documentazione relativa a questo ricco e complesso appalto, è stata rintracciata anche una lettera dello scultore Guido Galletti che, con tono diretto e confidenziale, raccomandava a Crosa l amico Paolo Balocco per i lavori di stuccatura. Conservata nell archivio dell architetto, una lettera del 13 gennaio 1942 indirizzata a Crosa, con allegate alcune piante di un cinema da costruirsi a Novara per conto del Marchese Paulucci di Calboli, può confermare la sua stretta collaborazione in quest epoca con l Ente Nazionale Industrie Cinematografiche, che lo invitava infatti a esaminare i due progetti realizzati dal suo ufficio tecnico e a fornire i nominativi di ditte competenti di sua conoscenza 30. Oltre ad un progetto d impianto novecentista della fine degli anni Trenta per la costruzione di una sala da settecentoventi posti per il cinema Star (fig. 9), annesso a un caseggiato di via Pisa, in località Bocchella, di cui si conservano nell archivio le piante dei differenti piani, le sezioni longitudinali e il prospetto del fronte principale 31, Crosa disegnò nel 1946 gli arredi per l atrio del cinema Centrale (figg. 10a, 10b) 32 e, sempre nella stessa epoca, eseguì anche il progetto per un cinema a Milano 33. La connotazione metropolitana delle sale cinematografiche e teatrali luoghi deputati della modernità, in quanto espressioni di una nascente società delle comunicazioni di massa emerge in maniera ancora più incisiva nei progetti di Crosa per due monumentali edifici non realizzati: il palazzo dell Arte in piazza della Vittoria ( ) (figg. 11, 12a, 12b, 12c) e il teatro del Popolo di via XX Settembre ( ). Il primo si inquadrava all interno di quel complessivo piano urba- GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 101

103 11 Fig Palazzo dell Arte in piazza della Vittoria. Fronte principale (1 progetto), 1928 Fig. 12a - Palazzo dell Arte in piazza della Vittoria. Prospetto (2 progetto), 1939 c. nistico del centro cittadino, i cui obbiettivi di sviluppo furono all epoca così individuati: [ ] con lo spostamento del centro cittadino da Banchi a De Ferrari, con la creazione di via XX Settembre, con lo sfruttamento edilizio delle zone oltre il Bisagno [ ] si ebbe la precisa sensazione che la spianata dovesse assurgere alle funzioni di nuovo grandioso centro cittadino, atto a riunioni di folla come a smaltire il traffico, ed accogliente in sé edifici e monumenti tali da farne il vero Foro Genovese 34. La vocazione metropolitana a cui aspirava Genova in quel periodo rapportandosi direttamente e senza condizionamenti reverenziali alla contemporanea realtà delle grandi città americane, come testimoniato dagli studi urbanistici e sulla viabilità condotti in quegli anni da Renzo Picasso 35 fu d altronde condivisa all epoca, grazie anche all affermazione delle radicali teorie estetiche della poetica futurista, da altre importanti realtà urbane della penisola. Come ha infatti puntualmente osservato Giorgio Muratore: La città con la sua crescita, il suo sviluppo, le sue nuove dimensioni creative, estetiche, progettuali, fruitive, tecnologiche, diviene argomento, scenario e protagonista di una dialettica presa di coscienza dei bisogni dell uomo contemporaneo con tutte le sue contraddizioni e la sua complessità di valori, di simboli e di significati anche e soprattutto ideologici 36. Nel capoluogo ligure le tensioni sviluppate dall assunzione di questa nuova identità metropolitana confluirono, alla fine degli anni Venti, nel progetto di rinnovamento urbano promosso da Mussolini con la creazione della Grande Genova: un piano che trovò esecuzione grazie all azione politica propugnata dal segretario comunale Silvio Ardy il quale, chiamato nel 1927 a riorganizzare la complessiva attività della municipalità genovese, promosse un opera di rinnovamento urbanistico, finalizzata in particolare alle aree del centro, che vide una stretta convergenza di interessi tra il regime e la grande borghesia genovese 37. E proprio in tal senso appare opportuno ricordare che Crosa dal 1929 al 1931 fu segretario provinciale del Sindacato Fascista Architetti, di cui detenne anche, dal 1931 al 1932, la carica di segretario regionale. Con i suoi studi per il palazzo dell Arte di piazza della Vittoria, le cui diverse fasi di elaborazione coincidono con la sistemazione urbanistica di quell area, realizzata tra il 1927 e il 1939 sotto la regia operativa di Marcello Piacentini, Crosa aderì dunque a un contesto progettuale che, nel corso della prima metà del Novecento, sembrò far riferimento, pur attraverso differenti varianti formali e metodologiche, a un comune ordine architettonico monumentale. Fondendo istanze classiche con le emergenti tensioni futuriste ed espressioniste, questa tendenza trovò infatti riscontro in diverse nazioni europee come la Francia, la Germania, l Unione Sovietica o i paesi nordici attraverso le opere di Paul Tournon, Albert Speer, Boris Iofan, Edwin Lutyens, Henri Sauvage, Hans Poelzig e, in Italia, Armando Brasini, solo per citare alcuni nomi. Nella prima fase progettuale del 1928, il disegno preliminare del fronte del palazzo dell Arte presentava una facciata caratterizzata da un andamento verticale nel corpo centrale e da una struttura orizzontale lungo la fascia inferiore, costituita da un ampio porticato. Il ritmo compositivo di questo colonnato rimandava, in prima battuta, ai modelli classici e alle loro successive rielaborazioni nell ambito dell architettura visionaria francese del diciottesimo secolo, 102 MATTEO FOCHESSATI

104 12a GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 103

105 104 MATTEO FOCHESSATI 12b

106 Fig. 12b - Palazzo dell Arte in piazza della Vittoria. Pianta al piano della platea (2 progetto), 1939 c. Fig. 12c - Palazzo dell Arte in piazza della Vittoria. Sezione longitudinale (2 progetto), 1939 c. 12c GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 105

107 13 Fig Angelo Crippa, Progetto di teatro in piazza della Vittoria, schizzo prospettico, ma trovava anche un diretto riscontro nelle più recenti esperienze moderniste ad esempio il progetto di ampliamento della scuola di arti decorative a Vienna di Josef Hoffmann (1906) o la stazione ferroviaria di Helsinki di Eliel Saarinen ( ) e nell architettura ufficiale che incarnò in Italia, negli anni tra le due guerre, la retorica propagandistica del regime. Il monumentalismo dell edificio, nella sua prima variante del 1928, rimandava inoltre nella sua struttura dominata da un imponente corpo centrale rialzato alla solenne maestosità dei progetti che parteciparono al concorso per il palazzo dei Soviet di Mosca del 1932: ad esempio a quelli dell americano George Hamilton, che fu insignito del secondo premio, e di Armando Brasini, teorico di un architettura monumentale ispirata dalle suggestioni stilistiche del passato e, in particolare, dalla cultura barocca, celebrata nel suo volume L Urbe Massima 38. Un analoga enfasi monumentale si può anche riscontrare, peraltro, in ambito genovese, nel contemporaneo progetto per un teatro in piazza della Vittoria (fig. 13) eseguito nel 1928 da Angelo Crippa 39, autore quello stesso anno di uno studio per un teatro e cinema-varietà al Pistino di Novara (fig. 14), culminante con una copertura a forma di ziggurat. Contraddicendo la fama, che spesso gli è stata attribuita, di architetto attardato su impostazioni classiciste e refrattario a cogliere le innovazioni linguistiche del suo tempo, il coté monumentale di Crosa, rispetto a questi complessi architettonici di matrice storicista, sembra comunque trovare la sua più autentica espressione linguistica in un approccio progettuale caratterizzato da forme semplificate e geometriche. Questa inclinazione verso una stilizzata elaborazione espressiva appare particolarmente evidente in una sua successiva variante del palazzo dell Arte. Nella sua rigorosa scansione, l impaginato architettonico di un prospetto dell edificio del 1939 circa presentava infatti un immediato richiamo, nella fascia inferiore, al porticato continuo di piazza della Vittoria e, nella svet- 106 MATTEO FOCHESSATI

108 14 Fig Angelo Crippa, Progetto di teatro e cinema varietà al Pistino, veduta prospettica, tante struttura centrale, alla torre sud di Piacentini in piazza Dante. La grandiosa complessità del progetto rispetto anche alla concezione polifunzionale attribuita all edificio emergeva inoltre, negli studi successivi della fine degli anni Trenta, nella distribuzione degli spazi interni. Intorno alla platea, che presentava una forma ovale simile a quella del suo progetto di riallestimento del Politeama Genovese, si disponevano infatti diversi locali: barbiere, coiffeur per signora, gioielleria, profumeria, banca, poste telegrafi, fioraia e ufficio telefonico. Specularmente al foyer e ai contigui spazi commerciali, la hall di ingresso, alle spalle del palcoscenico, ospitava infine un ristorante, un bar, una sala di lettura e scrittura, un soggiorno e altri due negozi di parrucchiere per uomo e per donna. Anche nel suo progetto per un teatro del Popolo, affacciato su via XX Settembre, all angolo con via Galata, Crosa dimostrò di aver assimilato quei caratteri ciclopici e fantastici che, già sin dagli anni Dieci, avevano connotato alcune tra le più significative architetture italiane. Come ha osservato infatti Guido Zucconi, ciò che affiorava in quell epoca fu [ ] un gusto spiccato per l effetto fuori-scala, spesso suscitato da volumi che incombono sull osservatore: sulle grandi superfici di facciata, tanto lisce quanto continue, si inseriscono citazioni bizzarre che in un contesto del genere assumono un peso abnorme 40. Il gigantismo monumentale di Crosa si presentata tuttavia sfrondato da ogni eccesso decorativo e caratterizzato, piuttosto, da una rigorosa impostazione architettonica, in grado di smaltire i fantasiosi caratteri storicisti d inizio secolo. Nell ambito di un architettura improntata a un enfasi visionaria, questo processo di semplificazione linguistica appare esemplarmente testimoniato anche all interno del fenomeno di crescita urbanistica, che si sviluppò a Genova nei primi decenni del Novecento dall attività di Angelo Crippa. La sua assimilazione delle impostazioni funzionaliste del movimento moderno è infatti attestata nel dinamico contrasto tra le superfici concave e convesse della facciata del padiglione GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 107

109 Fig Angelo Crippa, Progetto dell Albergo Sibilla a Lucrino, Lido di Napoli, schizzo prospettico, Fig Teatro del Popolo in via XX Settembre. Schizzo preliminare dell entrata (1 progetto), 1929 c. Nelle pagine seguenti Fig. 17a - Teatro del Popolo in via XX Settembre. Prospetto principale, Schizzo, 1929 c. Fig. 17b - Teatro del Popolo in via XX Settembre. Schizzo preliminare (1 progetto), 1929 c. Fig. 17c - Teatro del Popolo in via XX Settembre. Prospetto principale (1 progetto), 1929 c. Fig. 18a - Teatro del Popolo in via XX Settembre. Sezione sull asse del teatro (2 progetto), 1938 c. Fig. 18b - Teatro del Popolo in via XX Settembre. Piano della platea (2 progetto), 1938 c. 15 di Medicina e Clinica pediatrica dell Istituto Giannina Gaslini di Quarto ( ) dalla sua sintetica rielaborazione di un tema architettonico che aveva già affrontato, con inflessioni storiciste, nel progetto dell Albergo Sibilla a Lucrino, Nido di Napoli del 1928 (fig. 15). Questo schema compositivo ripreso nell impaginato architettonico della facciata della Scuola della Gioventù Italiana del Littorio, realizzata a Genova nel 1937 su progetto di Camillo Nardi Greco e Lorenzo Castello caratterizza anche, con peculiare enfasi espressionista, i profili arcuati dell ingresso principale del teatro del Popolo di Crosa di Vergagni. In uno schizzo preliminare del 1929 circa (fig. 16), questa dinamica tensione espressiva della facciata contribuiva, tra l altro, ad accentuare il carattere di spartiacque assunto dall edificio, nella sua immaginaria collocazione alla confluenza tra via XX Settembre e via Galata. Allo stesso periodo risale anche il disegno preliminare del corpo principale dell edificio (figg. 17a, 17b, 17c), caratterizzato da una stilizzata rielaborazione di motivi neogotici che rimandava ad esempio nella sottolineatura delle slanciate partizioni dei prospetti alla struttura architettonica dell edificio per abitazioni di via Casoni a Genova, realizzato nel 1927,con un impronta modernista di matrice Jugenstil, su progetto di Antonio Rovelli. Le successive rielaborazioni del progetto di Crosa per il teatro del Popolo, databili intorno al 1938 (figg. 18a, 18b), contribuirono infine ad accentuare l articolazione falansterica e multifunzionale dell edificio, connotato da un organizzazione degli spazi molto simile a quella del coevo studio per il palazzo dell Arte di piazza della Vittoria, come appare evidente da un diretto confronto tra le piante. 108 MATTEO FOCHESSATI

110 16 GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 109

111 17a 17b 17c 110 MATTEO FOCHESSATI

112 18a 18b GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 111

113 1 P. Cevini, Genova anni 30. Da Labò a Daneri, Genova 1989, p Ibidem, p A. Gaudenzi, Le nuove costruzioni al porticciolo Duca degli Abruzzi, in Riviere d arte modernità turismo, 2, 1933, pp L. Lagomarsino (a cura di), Cento anni di architetture a Genova , Genova 2004, p Bollettino del Palazzo d Italia. Rockfeller Center New York. Numero di presentazione, Milano Per un inquadramento generale sulla storia delle sale teatrali e cinematografiche in Liguria, si rimanda a F. Ragazzi, Teatri storici in Liguria, Genova Questo progetto, come gli altri ai quali si farà riferimento nel corso del testo, fa parte dell Archivio Giuseppe Crosa di Vergagni, donato dagli eredi dell architetto nel dicembre del 1995 e conservato dalla Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova. Il suo numero di catalogazione è GA M. Tinti, Il teatro Savoia in Firenze, Milano-Roma Su questo progetto si rimanda a P. Millefiore, F. Sborgi (a cura di), Un idea di Città: Sampierdarena nell epoca del Liberty, cat. Centro Civico di Sampierdarena, Genova 1986, pp vd. GA Sempre in via XX Settembre, tra il Ponte Monumentale e il porticato di Santo Stefano, era stato inaugurato nella primavera del 1915, con la proiezione del film L aiglon, il Cinema-Teatro Odeon. 12 Cinema Savoia. Serata di inaugurazione, Genova 1923, pp ibidem, p A. Satta, Gli impianti di aerazione nei Cinematografi, estratto da L Igiene Moderna, 2, febbraio 1928, Genova, Cinema Savoia, cit. p Vd. C. Marchisio, La Casa del Balilla, in La Grande Genova, IX, 8, agosto 1929, pp La gestione della struttura fu affidata nel dopoguerra, sino agli anni Settanta, all Ente Nazionale della Gioventù. In seguito la gestione è passata alla Regione Liguria, che nel 2004 ha provveduto, su progetto dell architetto Maurizio Canepa, a un complessivo restauro della sala e delle pertinenze del teatro. 18 Vd. S. Barisione, La Casa del Balilla di Giuseppe Crosa di Vergagni, in Viaggio in Liguria, I, 1, novembre 2003, pp E. Del Debbio, Opera Nazionale Balilla. Progetti di costruzioni case balilla - palestre - campi sportivi - piscine ecc., Roma Vd. GA Vd. GA Sulla storia del Politeama Genovese si rimanda a R. Iovino, M. Musso (a cura di), E lucean le stelle. La Liguria e i suoi teatri storici, Genova 2008, pp Sul progetto di riallestimento di Labò per il Politeama Genovese, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, si veda A. Gaudenzi, Il Politeama Genovese e l Architetto Mario Labò, in Riviere d arte mondanità e turismo, III, 3-4, marzo-aprile 1933; G. Pagano, Il rammodernamento del Politeama Genovese, in Casabella, 4, 1933, pp ; E. Persico, Un teatro, in Casabella, 90, 1935, pp ; Quadrante, n. 7, 1933, p. 43; Fillia, Gli ambienti della nuova architettura, Torino 1935, pp ; P. Cevini, cit., pp Vd. GA Per un approfondimento sulla storia del palazzo si rimanda A.M. Nicoletti, E. Manara, G. Bozzo, Genova. Il Palazzo della Nuova Borsa, Genova 1999, pp Vd. GA MATTEO FOCHESSATI

114 27 GA GA Nella suddetta cartella è conservata tuttavia anche la corrispondenza e un preventivo della ditta S.A. Beltrami di Capriolo (Brescia), che era stata coinvolta nel progetto dall Ente Nazionale Industrie Cinematografiche. 30 Vd. GA Vd. GA La realizzazione del progetto fu eseguito dall Impresa Antonio Carena e Figli. 32 Vd. GA Si tratta del progetto del Cinema Massimo (GA ), che non reca alcuna data, ma fu sicuramente realizzato nel dopoguerra. 34 C. Marchisio, Le opere pubbliche genovesi nell ultimo anno del Decennale, in Genova, XII, 10, ottobre 1932, p Questa visione utopistica della crescita metropolitana di Genova fu elaborata da Picasso nel suo celebre volume I grattacieli ed i loro alleati in terra in mare ed in cielo. Vie di Genova e di metropoli americane, pubblicato a Genova nel 1931 e di cui, nell archivio Crosa di Vergagni, è conservata una copia con dedica dell autore all ingegner Giuseppe Abbiati, assiduo collaboratore dell architetto genovese. 36 G. Muratore, Uno sperimentalismo eclettico, in G. Ciucci, G. Muratore, Storia dell architettura italiana. Il primo Novecento, Milano 2004, p Vd. R. Mansueto, Silvio Ardy e la cultura municipalista a Genova negli anni Trenta, in C. Bianchetti (a cura di), Città immaginata e città costruita. Forma, empirismo e tecnica in Italia tra Otto e Novecento, Milano 1992, pp P. Orano, L Urbe Massima e l architettura di A. Brasini, Roma 1917; su Brasini si veda anche L. Brasini (a cura di), L opera architettonica e urbanistica di Armando Brasini. Dall Urbe Massima al Ponte sullo Stretto di Messina, Roma 1979, e M. Pisani, Architetture di Armando Brasini, Roma Lo schizzo prospettico e la pianta del piano terreno rialzato sono pubblicati su E. Fuselli, Angelo Crippa architetto, Genova 1973; si veda anche P. Cevini, cit., pp. 80,85, G. Zucconi, Gli anni dieci tra riscoperte regionali e aperture internazionali, in G. Ciucci, G. Muratore, cit., p. 42. GIUSEPPE CROSA DI VERGAGNI E I PALAZZI PUBBLICI PER L ARTE E LO SPETTACOLO 113

115 UNA AVVENTURA IN BRASILE Paola Crosa di Vergagni Architetto L Università Commerciale Il conte Francisco Matarazzo junior ( ), detto Chiquinho, dodicesimo figlio ed erede di Francesco senior ( ) 1, fondatore della omonima dinastia, era, negli anni 30, a capo delle Industrie Riunite Francisco Matarazzo in Brasile. In quello stesso periodo Francisco Matarazzo creò, inter alia, una Fondazione, con sede nello Stato di San Paolo, denominata Conte Francisco Matarazzo. Tra gli obiettivi della Fondazione quello di costruire e gestire un organismo universitario o Università Commerciale (figg. 1-2), specializzata in economia e amministrazione di imprese. La futura città universitaria avrebbe dovuto essere anche economicamente dotata per garantirne la possibilità di mantenersi. Per l ubicazione della futura facoltà venne scelto il quartiere di Morumbi, alla periferia della città di San Paolo, ed un vasto appezzamento di terreno venne reso disponibile. Risulta che in un primo tempo Francisco Matarazzo richiese un pre-progetto 2 della futura facoltà, che intendeva intitolare al Presidente Getulio Vargas 3, all architetto Marcello Piacentini e al suo collaboratore Vittorio Morpurgo 4. Quest ultimo compì anche un viaggio di studio a San Paolo nel Insorsero poi dissidi tra le parti, forse di natura economica, sfociati in una causa presso il Tribunale di Roma. Sembra che il committente imputasse ai professionisti una progettualità incompleta, particolarmente in relazione ai particolari costruttivi. D altro canto, gli architetti si sarebbero rifiutati di proseguire la progettazione senza ulteriore compenso 5. Fatto si è che la proposta di Piacentini e Morpurgo non ebbe seguito e venne abbandonata. Nell anno 1953 venne contattato l architetto Crosa di Vergagni. Il progetto di Crosa di Vergagni Il trait d union tra i Matarazzo e l Architetto Crosa fu l Ingegner Carlo Zafferri, titolare di una impresa di costruzioni, con sede in Milano. L ingegner Zafferri e la sua impresa erano stati prescelti quali futuri costruttori dell università, il che puntualmente avvenne, come si è detto, negli anni immediatamente seguenti al L ingegner Zafferri prospettò all architetto Crosa l intenzione dei committenti di affidare a lui la redazione di un progetto di massima, che sarebbe poi stato oggetto di esame ed eventuale approvazione. L architetto Crosa, accettato con entusiasmo l incarico, iniziò col raccogliere le linee generali e i desiderata del conte Matarazzo. Da ciò ne scaturì una prima progettazione (disegno A). Probabilmente di quel periodo è la seguente relazione al progetto della Universidade Comercial Conde Francisco Matarazzo, il cui contenuto e di grande interesse 7. Planimetria Generale. L asse del complesso universitario come è stato piazzato, non normale all allineamento verso Est, è il risultato logico della forma dell appezzamento di terreno messo a disposizione, e nel suo complesso l intero fabbricato risulta centrato in esso. La distorsione dell asse principale d altra parte va a favore del punto di vista che si può avere nell incontro della Avenida Morumbi con l altra strada a destra; ed anche nel proseguire lungo l Avenida Morumbi stessa. 114 CROSA DI VERGAGNI

116 Fig. 1 - Universidade Comercial come era. Fig. 2 - Il Palazzo del Governo dello stato di San Paolo in Brasile, com è oggi. 1 2 UNA AVVENTURA IN BRASILE 115

117 A Disegno A. Primo progetto. B Disegno B. La progettazione definitiva. 116 CROSA DI VERGAGNI

118 3 Fig. 3 - Uno dei due scaloni speculari. La diversità di distanza del fabbricato dalle due strade principali in realtà sparisce completamente. Non è stato possibile stabilire le quote del piazzamento del fabbricato, mancando, dai disegni inviati, le quote della Avenida Morumbi e delle altre strade, sia quelle già eseguite che quelle eseguende. Dalle fotografie, e dalla carta delle quote di livello, risulterebbe come un avallamento verso Est, che potrebbe essere facilmente sistemato, sempre però conoscendosi le quote stradali. È stato concepito un corpo di fabbrica centrale che rappresenta il nucleo principale attorno al quale e dal quale si sviluppa tutta l attività studentesca. In questo nucleo centrale hanno posto le due scale (fig. 3), le due coppie di ascensori ed il grande corridoio centrale. In questo punto si accentra tutto il movimento studentesco, e risulta perciò più facile il controllo e la sorveglianza. Qualora peraltro si ritenesse opportuno porre altre scale laterali, riterrei si potrebbe, senza mutare nulla della disposizione già segnata, collocare due rampe di scale in fondo al grande corridoio, che partendo dal sottosuolo (arrivo delle auto) salirebbe ai due piani delle aule principali. Il sottoscritto peraltro ritiene che sia il grande accesso che la grande hall (fig. 4) non abbiano per nulla ad essere disturbate e tanto meno deturpate dal passaggio degli studenti, poiché in fin dei conti è la loro casa. È la casa dove debbono imparare il loro comportamento nella vita e riterrei perciò che l austerità, ed in UNA AVVENTURA IN BRASILE 117

119 4 parte la soggezione imposta da un severo ambiente faccia parte del concetto educativo. L aumento dell auditorium (fig. 5) così da poter accogliere 1500 persone ha portato ad un suo prevalere sul restante fabbricato. Per poter incastrare detto locale nel complesso del fabbricato per far sì che ne venga a far parte integrante ed operante ne è scaturita una forma, che sarà certamente oggetto di critica. Peraltro essa è perfettamente logica. Logica nella parte del palco per le conferenze semicircolare ed a cupola (ottimo per concerti). Logico il restringersi della sala in questo punto perché gli angoli morti che risulterebbero da una sala regolare rettangolare sarebbero assolutamente nulli e persi. Le due rientranze a metà sala facilitano l afflusso ed il deflusso delle persone verso i due accessi creati fuori dell ambiente universitario. La rastremazione verso l uscita centrale nella grande hall facilita ancora il deflusso delle persone nel mentre se la sala fosse rettangolare si creerebbero dei rigurgiti dannosissimi. Dal lato esterno una parete curva è sempre più simpatica di una parete piatta. Dal lato acustico se ne ha un eguale beneficio. Calcolato di dare ad ogni persona cm. 60 di larghezza e cm. 90 di profondità potranno aver posto nella sala terrena 1100 persone. Nella balconata (fig. 6) (specialmente riservata agli studenti) avranno posto 400 posti e più, oltre alle persone eventualmente in piedi. Al terzo piano vi sono due sale (adibite a ricerche culturali) che vorrei illuminare con cupole in vetro cemento ed aerare meccanicamente ritenendo di potere ottenere un ottimo risultato. La superficie di tutti gli ambienti ritengo risponda ai dettami dati. E quindi di aver ottemperato a quanto richiesto. Successivamente, sempre tramite l ingegner Zafferri, pervenne all architetto Crosa la richiesta di alcune modifiche CROSA DI VERGAGNI

120 Fig. 4 - La grande hall. Fig. 5 - L auditorium. Fig. 6 - La balconata. 6 5 UNA AVVENTURA IN BRASILE 119

121 7 8 Fig. 7 - L architetto Crosa (al centro) al suo arrivo a San Paolo (a sinistra, l ingegner Zafferri). Fig. 8 - L architetto Crosa con le due figlie dell ingegner Zafferri, Terry Zafferri vedova Massari e Lulù Giusti Zafferri. Al ricevimento delle medesime, e dopo riesame del progetto, esso venne approvato dai committenti. Ed il medesimo Zafferri si incaricò di comunicarlo all architetto Crosa. La risposta dell architetto non si fece attendere 9 : Grazie, caro ingegnere, grazie. Ho ricevuto solo ieri sera la sua del 13 c.m. Grazie per la sua amicizia sinceramente contraccambiata e sgorgata da quel sentimento sorto al primo nostro incontro. Poiché ero ancora all oscuro di tutto, malgrado qualche larvato accenno da parte delle persone residenti qui, ancora molto riservate, anche nelle lettere ricevute da S.P. (San Paolo), lei facilmente comprenderà come accolsi la sua! Lessi e rilessi per vedere se proprio avevo letto giusto, ed ho chiuso in me stesso tutta la gioia che avrebbe potuto esplodere. Dirà che ciò è un poco infantile per la mia età. Ma ritengo che nel nostro mestiere se non ci si sente così non si farà mai nulla di caldo e di vissuto. Oltre tutto per me rappresenta una bella conclusione del mio lavoro di quarantanni fatto non a suon di tromba ma praticamente di continuo studio e di pratica. Ho letto le osservazioni sue e degli altri. Grazie anche per queste. Mi metterò subito a schizzare soluzioni in proposito e tra due giorni le riscriverò per precisarle quanto ho potuto fare. Per quanto riguarda l osservazione dell Architetto Pillon (?) che trovo giusta esteticamente parlando e che mi apparve anche durante l esecuzione della maquette non la riterrei tale praticamente poiché io ho mirato essenzialmente alla funzionalità delle aule, al loro pratico uso e mi sembrava che in linea di massima ciò fosse stato raggiunto. Dal lato estetico poi un architettura funzionale come quella non potrà mai avere importanza e sovrastare le altre. Ma non vuol dire. Vedremo di andare incontro ai desideri espressi. L aula magna sull asse centrale è buona, però vedra che planimetricamente essa sovrasterà assai sul corpo principale ed ufficiale. Così di primo acchito sento che sarà difficile far stare tutte le aule in soli due piani nella metà destra del corpo di fabbrica di fianco all aula. Non mi pare che si abbia larghezza sufficiente nel terreno, che nella parte più stretta è solo poco più di 150 mentre io avevo già 170 di sole aule. A meno di spostare tutto più in su verso le quote massime del terreno, ma le scriverò più preciso fra due giorni. L importante come conclude lei è realizzare. E ci riusciremo, vedrà. Ho fatto uno sforzo non comune in partenza che non mi ha stancato perché il progetto è venuto fuori spontaneo. Le modifiche son certo sortiranno lo stesso risultato. Avvennero poi ulteriori inevitabili modifiche, sempre su richiesta della committenza. Nel mentre l architetto Crosa si preparò per il suo primo viaggio in Brasile, che egli effettuò a partire dal 28 novembre (figg. 7, 8). E l accoglienza fu quanto mai calorosa. Al ritorno in Italia venne elaborata la progettazione definitiva (disegno B) ed approntato il bozzetto (fig. 9), che fu poi spedito in cantiere il 18 febbraio del CROSA DI VERGAGNI

122 9 Fig. 9 - Il modello o bozzetto, al suo arrivo a San Paolo, viene sistemato in cantiere. La trasformazione in Palazzo del Governo La costruzione dell università iniziò nel primo semestre dell anno 1955, e si prolungò per alcuni anni. Risulta che l architetto Crosa abbia continuato a seguire i lavori dall Italia, con suggerimenti e consigli. Ad esempio, nell anno 1958 si discusse sull opportunità di sistemare sull ingresso principale dei gruppi allegorici, da posizionare ai fianchi dell ingresso stesso. A San Paolo si suggeriva di ricorrere a due sculture raffiguranti dei cavalli, uno per parte, o più 11. Il suggerimento venne approvato ed elaborato in Italia dal Crosa, e due cavalli in bronzo figurano oggi in bella mostra ai lati dell ingresso principale (fig. 10). La Fondazione Matarazzo, a causa di problemi finanziari, non riuscì però a portare a termine i lavori. Vennero contattate anche altre Fondazioni, come la Fondazione Getulio Vargas e la Fondazione San Paolo, ma senza successo. Infine, a seguito di negoziati e transazioni di natura fiscale, nell anno 1964 il governo dello Stato di San Paolo espropriò l area e le parti costruite. Nel 1965 un decreto governativo stabilì il trasferimento della sede del governo nella nuova ubicazione. In un primo tempo il palazzo venne utilizzato sporadicamente; ed in seguito, nel 1970, dopo varie modifiche alla struttura dettate dalla necessità di adattare i locali al nuovo utilizzo, il palazzo venne definitivamente consacrato come sede del Governo dello Stato. Oggi il Palazzo ha preso il nome di Palacio dos Bandeirantes 12 ed ospita la sede del potere esecutivo, la residenza ufficiale del UNA AVVENTURA IN BRASILE 121

123 CROSA DI VERGAGNI

124 Fig Uno dei due cavalli a lato dell ingresso principale. Fig Statua del conte Francesco Matarazzo Senior, fondatore della dinastia, oggi collocata sul viale Francisco Matarazzo, quartiere Agua Branca, San Paolo del Brasile. Governatore, quattro segreterie di stato, la Casa Civile e quella Militare, nonché alcune esposizioni temporanee. Il palazzo è aperto al pubblico. La villa di Ermelino Matarazzo a Morumbi Nel primo semestre dell anno 1954 venne commissionato all architetto Crosa anche il progetto di una villa, da costruirsi sempre nel quartiere di Morumbi, e destinata ad abitazione del conte Ermelino Matarazzo ( ?), figlio secondogenito di Francisco 13. La progettazione venne eseguita ed inviata in Brasile nel giugno del Allo stato non è dato di sapere se essa sia stata approvata, né tantomeno se la villa sia stata poi costruita secondo il progetto. La statua del conte Matarazzo di Antonio Berti Mentre i lavori per l università procedevano, all Architetto Crosa venne anche richiesto di progettare una statua, in onore di Francesco Matarazzo Senior, Fondatore della dinastia, da posizionarsi all interno del campus universitario (fig. 11). La statua venne disegnata dal Crosa, e come scultore fu scelto Antonio Berti 14. Nella corrispondenza scambiata tra il Berti ed il Crosa, il primo segnalò che sarebbe stato necessario realizzare uno zoccolo, che, essendo la statua alta metri 3,30, avrebbe dovuto avere le seguenti misure: metri 1,10 x 0,90 x 0,15. Tutto ciò avvenne nel 1957, ossia mentre i lavori per l università procedevano. 11 Oggi la statua è stata portata e si trova nel viale Francisco Matarazzo, quartiere Agua Branca, ove erano situate la maggior parte delle fabbriche del gruppo. UNA AVVENTURA IN BRASILE 123

125 1 La famiglia Matarazzo origina dalla Campania. Un suo membro, Francesco ( ), primo di nove fratelli, si trasferì in Brasile alla fine del XIX secolo, dove fece fortuna. In breve tempo avviò una serie di imprese nei campi più svariati, dall agricolo (piantagioni di cotone) a quello alimentare (attività molitorie), dal tessile (fabbriche di filati) al chimico e metallurgico, dal petrolifero e al finanziario (Banca Commerciale Italiana di San Paolo; Banca Italiana del Brasile; filiale brasiliana del Banco di Napoli). Venne insignito del titolo di conte da Vittorio Emanuele III. Agli inizi degli anni 30 si poteva affermare che il conte Matarazzo rappresentava dal punto di vista economico e finanziario il secondo stato brasiliano. 2 Sembra però che un primo studio esistesse già dal , almeno per quanto riguarda la prospettiva del prospetto frontale dell edificio. 3 Getulio Vargas ( ) fu Presidente del Brasile per ben due volte, dal 1930 al 1945 e dal 1951 al Le notizie relative al primo progetto a firma di Piacentini e Morpurgo sono state desunte da Marcello Piacentini, Arquitetura no Brasil, di Tonhao Marcos, Universitade Estadual de Campinas, 1993, pag Vedi Tonhao Marcos, op. cit. 6 Le informazioni che seguono, relative alla progettazione e successiva esecuzione dell università, sono state desunte, oltre che da minute di lettere reperite nell archivio privato della famiglia Crosa, anche grazie alla preziosa collaborazione della signora Lulù Giusti Zafferri, figlia del costruttore, la quale, avendo personalmente conosciuto l architetto Crosa, è stata di enorme aiuto nella redazione di questo articolo. 7 Trattasi di minuta di archivio, priva di data. 8 È del 29 settembre 1953, uno stralcio di corrispondenza con l ingegner Zafferri, sotto forma di appunto, di cui ci è pervenuta parte della minuta di una lettera, qui di seguito riportata. Caro Zafferri, Vi ho fatto già star molta roba, ma temo non si potrà farci stare tutto quanto richiedevano. Di aule grandi ne sono venute fuori per ora 6 e 6 = 12 buone, anziché 16; due con luce solo laterale. Le 4 piccole le ho messe nel corpo centrale sull atrio, con luce solo laterale. Sulla sinistra P.T. verranno i 5 laboratori e poi potrebbe aver posto la sala studenti il bar o restaurant e la cucina. Però abbassando la quota del piano di circa m ciò mi permetterebbe, mantenendo l altezza per il reparto studenti di mt ed alzando di 0.70 il suolo al P.P. della biblioteca, di intercalare un ammezzato di mt per deposito libri, che avrebbe una superficie di 100 mq. circa (e che non saprei dove altro mettere, non certo nei sotterranei). Pur conservando la stessa altezza per un tratto di 90 m. avrebbe tre piani anziché due! Niente in contrario?. Di fianco all ingresso principale dell A.M. (aula magna?) verrebbero le due scale per il piano primo delle aule e per il secondo centrale. In quei due corpi arrotondati di allaccio dell A.M. al corpo centrale verrebbero le due colonne dei servizi igienici. Al I piano: ala sinistra, Direzione di Istituto, Sala Professori, Biblioteca Professori e Sala Biblioteca. Al piano terreno entrando a sinistra Segreteria e Tesoreria. Ma piuttosto ristretto. Manca ancora il servizio sanitario e tutti gli altri ammenicoli. Potrebbero trovarsi due accessi per l accesso degli studenti alle aule senza passare attraverso l atrio d onore nei punti A-A, con subito le scale, ascensori,ecc. 9 La risposta è datata 23 ottobre 1953, come da minuta di lettera reperita in archivio. 124 CROSA DI VERGAGNI

126 10 Esiste la minuta delle spese per il bozzetto, c.s.: Rimborso spese Tasse e spese pagate alla Sovrintendenza Monumenti per la visita al modello Cassa imballo Pagato camion e uomini trasporto copie disegni richiesti Acconto spese per nuovo bozzetto gesso Dall esame delle carte sembra che il bozzetto o modello del fabbricato sia stato fatto due volte, probabilmente sempre per andare incontro ai desiderata della committenza. L ubicazione attuale del bozzetto non è stata accertata. Dalle informazioni ricevute dalla contessa Maria Pia Matarazzo, erede del padre Francisco, la maquette potrebbe essere stata prima negli uffici del gruppo, siti nel centro di San Paolo, e poi portata nei depositi in una delle fabbriche del gruppo, in Avenida Francisco Matarazzo, nel quartiere di Agua Branca. Nemmeno si sa se esista ancora, visto che anni orsono vi fu una grande inondazione, e molto andò perduto. 11 Vedasi la seguente lettera del scritta all Architetto Crosa dal dottor Ettore Visca, funzionario del gruppo e a capo degli interessi della famiglia Matarazzo in Italia: Gentilissimo Marchese, avrei bisogno di conoscere le dimensioni dell ingresso principale dell Università nonché il Suo parere sulla dimensione dei gruppi allegorici che si ha in programma di piazzare ai fianchi dell ingresso stesso. Io penso che non è indispensabile ricorrere all opera di uno scultore dell elevatura di Berti e quindi potrei tentare di cercare quanto fa al caso. Ritengo che due cavalli, uno per ogni lato, sarebbero i più adatti, ma vorrei sapere dalla Sua opinione di quali misure dovrebbero essere questi cavalli e se vanno considerati rampanti o poggiati sulle quattro zampe. Se addirittura Lei volessi farmi uno schizzetto sommario di come vedrebbe Lei questo completamento dell ingresso, sarebbe certo molto utile, sempre però esprimendo le dimensioni degli animali. La faccio in buona salute e in attesa di leggerla cordialmente La saluto. F.to: Ettore Visca. E la seguente curiosa e divertente minuta di risposta del successivo mese di maggio: Caro ed Egregio dott. Visca, Allego un disegnino del come (planimetricamente) avrebbero dovuto esser sistemati i viali che dall ingresso arrivando all Università portano al garage, al fabbricato centrale di rappresentanza, al viale inferiore, oppure che dalla Università portano all Avenida Morumbi. Ciò è stato concretato circa due anni orsono ma poi non ne ho più saputo nulla! Sarà stato sistemato in tal modo? Ma!...(non ho più avuto nessuna notizia). In ogni modo, di cavallo o di qualcosa di simile, non se ne era mai parlato! Li desidera il Signor Conte? E mettiamoli! C è anche un problema: si deve chiudere l Università con un cancello? Ma non saprei. Veramente a San Paolo è quasi tutto aperto (ottima cosa) e specialmente una costruzione come l Università, che dovrebbe sempre essere in movimento. UNA AVVENTURA IN BRASILE 125

127 Occorrerebbero peraltro due passaggi pedonali per quelle persone (poche) che vanno ancora a piedi. Io avevo sistemato una apertura di ml per le auto e due passaggi pedonali laterali portando la larghezza totale a ml. 12 (suscettibile il tutto ad essere allargato quanto si vuole!). Per quanto riguarda i cavalli, io trovo che due cavalli soli siano veramente un po pochetti data l ampiezza del paesaggio! Ed allora io troverei opportuno due gruppi di cavalli (per modo di dire alla De Chirico ), che potrebbero ognuno di essi separare le parte pedonale dalla automobilabile. Portando così le dimensioni a: 250 cavalli 6.00 oppure cavalli pedoni 2.00 automobili 2.00 pedoni totale almeno ml. 15. Io farei per i piedestalli dei cavalli 2 blocchi lisci in pietra (o marmo), di ml 2 di larghezza per 3 di lunghezza, e di altezza non superiore a ml. 1,20. (documento non firmato) 12 I bandeirantes furono esploratori portoghesi e brasiliani, che, negli anni fra il 1700 ed il 1800, presero parte alle bandeiras, ossia spedizioni esplorative, dirette per lo più verso l interno, con l obiettivo di accrescere i confini del paese. 13 Sulla progettazione della villa a Matarazzo a Morumbi vedasi le seguenti due minute di lettera: 21 giugno 1954 Preg. dott. Ermelino Matarazzo, Le invio due copie del progetto per la Sua villa a Morumbi. Esse partono il 24 c.m. a mezzo di un loro funzionario con l Anna C. Il progetto è stato esaminato poche sere orsono dal Conte e dalla Contessa. Essi hanno dato il parere favorevole per l invio a Lei. Ora però è Lei e la Sua Signora che debbono pronunziarsi, e ripeto, colla massima schiettezza. Il progetto nel suo complesso ho cercato di studiarlo immedesimandomi alla loro vita, e dagli spunti datimi quella sera a casa loro. Come d accordo io ho studiato la villa nello scomparto assegnato dal Conte, tenendo le distanza dai confini presso a poco secondo i punti di vista del Conte stesso. Del che ne rimase soddisfatto. Riservando per lo sport un appezzamento di 50 ml. oltre il confine, il complesso mi sembra che in linea di massima possa soddisfare. Ho pensato di mettere nei fondi (dato i 3 metri ca. di dislivello tra l ingresso al giardino e la quota della villa) il garage ed i suoi annessi, per non occupare altro spazio nel giardino. Dopo la sala del camino ho pensato di fare un salone che può essere adibito a molti usi, compreso anche quello di una sala veranda, con piante, fiori, ecc. Esso ha attorno tutto un prato verde circondato da alberi di alto fusto. Detto salone è ad un piano soltanto, con soffittanza leggermente a volta. Ho tenuto l altezza da piano a piano di 5.50 (per il terreno) e di 4.50 per il primo piano. Non conoscendo assolutamente i loro usi di vita io mi sono orientato un poco sugli usi europei, ma poiché questi usi sono molto personali La prego di voler correggere su una delle copie inviate e ritornarmela onde poter modificare. E ancora: Egr. Dott. Ermelino Matarazzo, Sono partiti ieri sull Anna C con un loro funzionario i disegni per la villa. Lei troverà due copie di disegni ed in ogni copia i disegni in scala 1 a 126 CROSA DI VERGAGNI

128 200 perché si possa vedere il complesso di tutta la costruzione con il giardino. Ed i disegni in scala 1 a 100 riguardanti la disposizione degli ambienti, come meglio mi è stato possibile. Attendo ora le critiche e le correzioni che naturalmente dovrò apportare al mio progetto (se nel complesso è soddisfacente). Con i migliori saluti 14 Antonio Berti ( ) fu noto scultore, e a lui si devono molti grandi monumenti di personaggi famosi, eseguiti sopratutto nel dopoguerra, tra cui il monumento ad Alcide De Gasperi a Trento e quello di Pio XII a Roma. UNA AVVENTURA IN BRASILE 127

129 LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA E L ARCHIVIO Dario Nicolini Architetto Quando nel 2008 la Fondazione Conservatorio Fieschi mi commissionò di realizzare una documentazione fotografica circa le opere di progettazione architettonica e di arredo dell architetto Giuseppe Crosa di Vergagni, progetti realizzati e non, non pensavo di aver a che fare con una quantità veramente considerevole di disegni, veline, lucidi, cianografiche e manoscritti autografi. Tali documenti progettuali conservati presso la Wolfsoniana Centro Studi di Genova, andavano visionati uno ad uno, selezionando ciò che doveva e poteva essere riprodotto fotograficamente ed effettuando quindi una non facile discernita tra un disegno e l altro in considerazione del loro numero veramente notevole. Al termine dell opera durata circa un anno i disegni e le tavole riprodotte furono circa su visionati. La prima cosa che mi colpì, considerando che tutti gli elaborati progettuali, schizzi, disegni tecnici, disegni esecutivi furono realizzati con tecniche tradizionali, matita, china, sanguigna, (siamo nella prima metà del Novecento ), fu osservare la grande capacità e quantità produttiva dell architetto Crosa in assenza di strumenti di calcolo e di elaborazione grafica quale il calcolatore elettronico e similari. La sua mano eccezionale, probabilmente correva veloce sia negli schizzi progettuali che nei disegni esecutivi con il risultato di fornire, oltre al normale elaborato progettuale, anche delle vere e proprie opere di grafica e disegno architettonico, compreso ritratti e scenografie. I progetti visionati alternavano piccoli disegni a grandi tavole, lì trovavano spazio le ampie prospettive tratteggiate a matita e i piccoli prospetti o le piante e sezioni dei vari livelli disegnati a china quasi in assenza di righello. Spesso alcuni prospetti e assonometrie di inferriate, ringhiere, lampadari, tavoli furono disegnati nella scala uno ad uno, quindi in un formato quasi non fotografabile. Nel lavoro di riproduzione si dovette procedere con grande attenzione e delicatezza, spesso gli elaborati arrotolati tra loro non si svolgevano con facilità e il rischio di strappare la carta era continuo. Ci si attrezzò di conseguenza di un grande pannello in laminato ferroso dipinto di bianco, sul quale forti calamite trattenevano gli elaborati durante la riproduzione senza rovinare gli stessi. La sorpresa nel visionare i progetti catalogati con cura dal Centro Studi fu continua. Si passava dall osservare planimetrie urbanistiche a progetti di raffinate ville in stile liberty, da progetti di edifici pubblici e associativi in stile littorio a quelli in stile neomanieristico e agli splendidi esempi di tardo barocco e rococò (vedi progetto realizzato per la famiglia Biaggi de Blasys del cimitero di Croara Piacenza), da meticolosi disegni di elementi di arredo quali lampade, sedie, tavoli, armadi, porte, finestre, inferriate, interni di aeroplani, a grandi edifici in stile novecentesco, quale il progetto dell Università del Brasile in località Morumbi. A conclusione del lavoro di screening e riproduzione fotografica, i file sono stati stampati nel formato A4 su carta usomano e rilegati, progetto per progetto, in pregevoli contenitori, archiviati e conservati presso il Conservatorio Fieschi di Genova. Nel presente volume, per evidenti ragioni di spazio, non tutti i disegni sono stati riprodotti in grande dimensione. Gli autori dei vari capitoli hanno però potuto scegliere dall archivio ciò che più ritenevano significativo per le loro tesi esposte. Anche per quanto riguarda gli apparati fotografici delle opere architettoniche realizzate 128 DARIO NICOLINI

130 Fig. 1 - Esercitazione n. 2. Capitello colonna classica, Docente G. Giovannini (Accademia di Belle Arti, Roma 1909). il reportage fotografico si è sviluppato seguendo e inseguendo l archivio stesso; di alcuni progetti non era chiaro se erano stati fisicamente realizzati o no o trasformati nel tempo cambiando anche destinazione d uso. Anche qui si trattò di svolgere ricerche mirate che in qualche caso non diedero risultati positivi. Ciò detto al termine di quest affascinante avventura professionale ritengo dover ringraziare la committenza per la fiducia accordatami sperando che l opera documentativa conservi anche un carattere didattico e informativo per le giovani generazioni di architetti e non solo che volessero prenderne visione. 1 LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA E L ARCHIVIO 129

131 UN ESPERIENZA DI SCHEDATURA A LUNGO TERMINE : LO STUDIO E LA CATALOGAZIONE DELL ARCHIVIO CROSA NEL Alessandro Casarino Architetto Nel 1996, ancora fresco di laurea e studi universitari, riesco a partecipare con successo al bando per l assegnazione di una borsa di studio per la catalogazione, lo studio e la schedatura dell archivio dell architetto Giuseppe Crosa di Vergagni, indetto dall allora Wolfsonian Foundation in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell Università di Genova. Dato il mio grande interesse sia per la storicità dell architettura genovese del periodo a cavallo dei due secoli, sia per la nuova architettura dagli anni Venti in poi (questi aspetti convivono ecletticamente all interno della stessa città, dello stesso artista e, spesso, dello stesso monumento), il mio entusiasmo giovanile fu ampiamente ripagato: mi si presentava l occasione unica di scoprire, indagare, studiare e catalogare in via definitiva l opera omnia di un importante architetto-artista genovese. L intera attività di una vita professionale giaceva letteralmente presso l allora deposito della Collezione Wolfson (a sua volta un interessante edificio nella parte alta di via all Asilo Garbarino, affacciato sullo specchio acqueo del porto-passeggeri), grazie alla donazione degli eredi dell architetto. Di quest ultimo conoscevo solamente le tre-quattro opere principali che si incontrano quasi quotidianamente sui luoghi di memoria e di grande frequentazione, inscritti praticamente nel centro ottocentesco della città: la fontana monumentale in piazza de Ferrari (1935), il palazzo Terzano (1938) all angolo tra via Fieschi e piazza Dante (lato est), il palazzo del Balilla (ora teatro della Gioventù) in via Cesarea (1928), e, più distaccato, il palazzo per la sede direzionale dell ILVA in via Corsica (1931). Più distaccato ancora, al centro del porticciolo Duca degli Abruzzi, è situato il manufatto-capolavoro sia per la realizzazione, sia per gli innumerevoli disegni preliminari: la sede del Regio Yacht Club Italiano (1929). Data questa premessa, durante il primo sopralluogo all archivio il mio entusiasmo si scontra con il possente muro cartaceo di materiale e documentazione varia, custodito sia in rotoli preliminari di disegni e copie, sia in fogli sparsi per bozzetti e annotazioni, oppure già selezionato per le precedenti esposizioni e conservato in cornici e album nella biblioteca della fondazione, o raggruppato in scatole e scaffali pieni di manoscritti di ogni genere, corrispondenza varia, relazioni preliminari, foto, cartoline, libri, manuali, riviste e artistici pamphlets di inizio secolo. A tutto questo si deve aggiungere una preziosissima serie di cartelle dattiloscritte per mano dell autore (o degli eredi), su cui ci si poteva basare per un primo regesto dei manufatti realizzati. I mezzi per lavorare tutto questo materiale consistevano in semplici (ma preziosissimi) PC con word-processor in ambiente ancora MS-dos e un programma di catalogazione a metà strada fra un semplice schedatore informatico (cioè un inventario) e un data-base oggettivo. Ovviamente non si può ancora parlare di vero e proprio data-base relazionale (che è alla base di tutti i moderni sistemi di archiviazione), ma di una sorta di inventario aperto (studiato per i musei americani), utile al semplice inserimento di dati in successione, ma ampliabile per l aggiunta di nuovo materiale anche all interno della singola voce, o campo, o manufatto. Senza dilungarmi troppo sulle procedure tecniche, è interessante notare come ogni singola entità informatica (corrispondente alla singola unità fisica, ad esempio un solo disegno di progetto esecutivo, ma anche un unico foglietto per schizzi) consisteva in due maschere: sulla prima venivano riportati i dati tecnici come le dimensioni, il materiale, la tecnica e lo stato di conservazione; la seconda conteneva anche lo spazio per una descrizione generica dell oggetto, 130 ALESSANDRO CASARINO

132 1 UN ESPERIENZA DI SCHEDATURA A LUNGO TERMINE : LO STUDIO E LA CATALOGAZIONE DELL ARCHIVIO CROSA NEL

133 Nella pagina precedente Fig. 1 - Tesi di laurea. Progetto di chiostro per un ricovero di vecchi religiosi (Scuola di Architettura, Milano 1912). Fig. 2 - Progetto n. 2. Fontana monumentale (Scuola di Architettura, Milano, 1910). con lunghezza arbitraria e variabile in rapporto all interesse e al valore intrinseco. Quest ultima parte suscitava in me una grande attrazione: anche a costo di allungare gratuitamente i tempi di archiviazione (e con il rischio di dare interpretazioni un po troppo arbitrarie e ridondanti) sviluppavo in libertà le mie descrizioni di carattere oggettivo (poche righe, riassunte nel titolo stesso dell oggetto), o di stampo storico-critico, con continui rimandi e riferimenti alle opere già schedate dello stesso autore o di altri architetti, alle versioni di progetto (studio, schema preliminare, versione definitiva, realizzata e non), alla contestualizzazione dell opera realizzata all interno della Genova del tempo, alle interpretazioni e osservazioni di carattere più propriamente stilistico. Per la catalogazione vera e propria, ognuna di queste unità (nucleo o sotto-insieme di numerazione) veniva raggruppata nell insieme omogeneo vero e proprio, cioè la singola voce di progetto, indicizzata con un identificativo del tipo GA1996.[x=nome del progetto].[y]. [z] e così via, a seconda della tipologia e dell importanza degli elaborati numerati tramite y e z. Ma quante ipsilon e quante zeta! L entusiasmo e l interesse iniziali si scontravano con l incredibile mole di materiale da catalogare, cercando di non tralasciare nulla; ma la ricerca paziente su questo tipo di oggetto (l intera vita professionale di un grande architetto) trovava un appagamento quotidiano, uno spunto per approfondire sul campo le mie attività professionali e anche uno stimolo per riconoscere e saper vedere le singole opere (anche se minori, anche se trasformate) nel panorama cittadino e rivierasco. In poche parole: il semplice numero di schedatura (sempre maggiore, quasi tendente all infinito) trovava un ulteriore valore aggiunto nel proprio contenuto, nella sua qualità. All interno di un ampio range, molte le categorie artistiche e le espressioni stilistiche incontrate: si va dai progetti utopici (squisitamente visionari) ai singoli disegni per arredi e per motivi ornamentali; dalle falansteriche costruzioni per la collettività alle ordinarie ristrutturazioni di ville e autorimesse per la borghesia; dal grande monumento cittadino alla piccola costruzione accessoria per il tempo libero; il grande progetto urbano per la sistemazione delle nuove aree centrali convive col singolo design per il profilo di un portale in ardesia o di un corrimano in ferro battuto. Anche solo da questi piccoli schizzi o bozzetti non realizzati, che stile espressivo salta agli occhi! Libero da condizionamenti esterni e da rigide collocazioni storicistiche, azzardo un eclettismo manierista che va oltre, un articolazione di linea à la Crosa. Come dimenticare infatti, dopo aver analizzato diverse centinaia di copie e disegni, la mano dell autore, il suo marchio grafico, la sua caratteristica espressiva? Paradossalmente, la stragrande maggioranza dei disegni a mano libera (e non solo) raggiungeva la sua più alta espressività grazie all effetto di una causa economica precisa: nel contesto storico fra le due guerre, l inchiostro di china importato scarseggiava, così molto spesso si usava la grafite (su carta bianca o trasparente) sia per le tavole preliminari che per gli esecutivi di progetto. Abbiamo quindi un innumerevole serie di tavole vergate a matita grassa su lucido, con più tratti sovrapposti di linee (che a volte s intersecano sullo schema geometrico più sottile, tracciato a riga e squadra ) per un effetto caratteristico di linguaggio che rende carattere e corposità d autore al foglio, specie se paragonato alle fredde stampe su carta eliografica per i disegni di cantiere o alle pioneristiche (e poverissime) elaborazioni grafiche Cad-Cam per personal computer di metà anni Novanta. 132 ALESSANDRO CASARINO

134 2 UN ESPERIENZA DI SCHEDATURA A LUNGO TERMINE : LO STUDIO E LA CATALOGAZIONE DELL ARCHIVIO CROSA NEL

135 VILLA BORZINO. PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E IPOTESI DI RESTAURO E RIUSO DI UNA DIMORA DI VILLEGGIATURA DEGLI ANNI VENTI Silvana Balbi Architetto Il desiderio di inventarsi un passato di nobiltà porta la ricca borghesia a costruire ville e parchi che ne siano testimonianza e, ai primi del Novecento, Busalla e la valle Scrivia vengono scelti per concretizzare questo sogno che rimanda all età d oro della Repubblica Genovese. Le ville neogotiche di Coppedè, come villa Paradiso e villa Davidson, e villa Bozano sono solo alcune delle testimonianze di questa aspirazione che, all inizio del secolo scorso, caratterizza il paesaggio della valle Scrivia e del passo dei Giovi. Tuttavia è certamente il complesso del parco e della villa Borzino, su progetto dell architetto Giuseppe Crosa di Vergagni, una delle emergenze architettoniche di maggior interesse, in particolare per l aspetto formale della villa, simile a un palazzo di campagna del genovese. Il parco, realizzato in un periodo temporale di circa venti anni, presenta alcune zone a prato e a bosco, secondo le regole del giardino paesaggistico all inglese, e una parte più formale lungo i percorsi sia pedonali (ai campi da tennis, non più esistenti) che carrabili, dove le siepi di bosso ai lati delle strade ricordano gli schemi dei giardini all italiana. Paragonando lo stato attuale con il disegno di progetto del , si nota che il parco ha subito l amputazione di diverse aree. Infatti nel 1972 la villa viene venduta al Comune di Busalla per la somma di lire e, negli anni successivi, l amministrazione comunale vende a privati le aree del tennis nuovo per lottizzazioni edilizie e la zona del giardino romantico, lungo via Martiri di Voltaggio, dove sono stati costruiti posti auto coperti 2. Per descrivere il parco si possono individuare tre zone: a) La zona antistante la villa, sopra la piazza della stazione, propone uno schema progettuale preciso, per sottolineare cannocchiali prospettici ben individuati. Nelle ampie zone a prato vengono collocate essenze arboree che rendono l effetto finale assolutamente naturale, ma, in realtà, l inserimento di piante segue le regole dei trattati 3 che impongono esemplari isolati di alberi imponenti, boschetti o filari. L accostamento delle essenze è studiato in base al colore della fioritura o al colore delle foglie in autunno; vengono anche inserite piante esotiche secondo i dettami della moda dell epoca. Purtroppo, allo stato attuale, diverse piante nate spontaneamente non agevolano questa lettura del giardino e anche la collocazione dei giochi per i bambini contribuisce a cancellare la percezione originaria del parco. Tuttavia proprio questa zona, più vicina all ingresso e più frequentata, versa in un migliore stato di manutenzione. b) La parte sottostante la villa, lungo il percorso carrabile che dall ingresso del parco porta all edificio principale, è in stato di abbandono. Qui lo schema progettuale originario sta scomparendo a causa del gran numero di piante nate spontaneamente, in particolare aceri, e la zona, caratterizzata da arconi che simulano finte grotte, è devastata da vandalismi. c) Il bosco, di noccioli e castagni, nella zona più in alto, sopra alla villa, è molto bello per la conformazione ad anfiteatro del terreno e, nonostante l inselvatichimento delle essenze arboree, è ancora possibile leggere la traccia di antichi percorsi. In questa zona, la più degradata, sono in stato di rovina molte vecchie piante di ci- 134 SILVANA BALBI

136 1 liegio, alcuni esemplari di tasso e molti pini che hanno raggiunto altezze ragguardevoli e presentano significativi problemi di stabilità. Dei percorsi originari, sentieri o scale, restano soltanto labili tracce, forse accentuate dal passaggio di persone che ancora si addentrano nel parco. Attualmente nella zona del bosco è in atto un intervento di recupero per ripristinare le valenze paesaggistiche, botaniche e paesaggistiche (grazie a fondi POR FERS Asse 4.1) 4. Questo intervento deve diventare il metodo per il recupero dell intero parco. In particolare, si prevede la ridefinizione dei percorsi originari, senza generare azioni edili, ma semplicemente evidenziando il cammino tramite un filare di paletti rossi che sapranno accompagnare i fruitori lungo gli antichi sentieri. Nei tratti in cui il percorso assume pendenze significative si prevede la creazione di gradonate realizzate con metodi di ingegneria naturalistica. Il ciglio di ogni gradone sarà realizzato tramite l inserimento di tronchi di castagno scortecciato posti trasversalmente al tracciato. Durante il percorso sono previste tre aree di sosta, arredate con panchine, due nel bosco dove esistono lievi radure che fanno pensare ad antiche zone di sosta, e una sullo spazioso pianoro sito sul versante sud-ovest. Sono previste anche azioni sulla vegetazione, attraverso l inserimento di nuove piante secondo le preesistenze storiche e il contemporaneo abbattimento di alberi morti o in stato di malattia o nati spontaneamente, che creano danno visivo. Per gli alberi che vengono conservati è prevista un opportuna potatura. Per rendere completa l adesione ai modelli di villa genovese del , anche a villa Borzino venne costruito un ninfeo, a imitazione di quello di villa Grimaldi Sauli a Genova, a pianta ottagonale con nicchie sui lati minori 5. Il ninfeo è interamente ricoperto da mosaici composti da frammenti lapidei, gocce di porcellana colorata, conchiglie e, secondo la tradizione, le rappresentazioni musive illustrano scene mitologiche che esaltano il ruolo della famiglia committente. Nell area soprastante era posto un padiglione coperto che sottolineava una zona panoramica e che contemporaneamente serviva da protezione al ninfeo. Attualmente, invece, l acqua che scorre dal prato si infiltra nel ninfeo provocando grandi macchie di umidità e il distacco del tessuto musivo. Senza un intervento di raccolta delle acque nella zona soprastante, l apparato decorativo del ninfeo sarà presto totalmente compromesso. La progettazione del parco prevedeva una serie di arredi da giardino e padiglioni di cui restano una fontana a fianco del ninfeo e una nel piazzale di ingresso alla villa. C è ancora il bel pozzo in ferro battuto sopra una cisterna, in un piazzale, ora utilizzato come parcheggio, sulla destra dell ingresso carrabile alla villa. Purtroppo non è rimasta traccia dei pergolati, uno sul prospetto principale della villa e l altro nella zona del ninfeo, che serviva ad ombreggiare il percorso pedonale principale. Attualmente il parco è destinato a uso pubblico; nel palazzo alcuni spazi sono affittati o sono in uso a enti e associazioni, mentre la maggior parte dei locali è vuota e, quindi, senza alcuna manutenzione. Dall esterno la struttura dell edificio si presenta integra, se si esclude la demolizione del terrazzo che permetteva il passaggio diretto dagli ambienti interni alla zona boschiva. Di esso permangono i monconi degli archi e le nicchie sottostanti, rivestite di ciottoli di VILLA BORZINO: PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E IPOTESI DI RESTAURO E RIUSO DI UNA DIMORA DI VILLEGGIATURA DEGLI ANNI VENTI 135

137 136 SILVANA BALBI 2

138 Fig. 1 - Planimetria della proprietà Borzino a Busalla, s.d. (fine anni Trenta). Fig. 2 - Villa Borzino. Ingresso pedonale alla villa. Fig. 3 - Villa Borzino. Particolare del muro di cinta. Fig. 4 - Villa Borzino. Vascone del giardino della villa sul lato a monte. mare bianchi e neri che ripropongono l immagine di una zona a grottesche. Sulla facciata adiacente, forse a causa di questa demolizione, si notano crepe significative. Le facciate hanno ormai perso il colore originario, di cui resta traccia solo nelle zone meno esposte alle intemperie (sotto ai cornicioni), ove c è la possibilità di individuare le tonalità dominanti che erano il giallo e il verde. Altrove sono rimaste solo le incisioni sull intonaco, preparatorie alla decorazione che riproduceva finte architetture. 3 4 VILLA BORZINO: PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E IPOTESI DI RESTAURO E RIUSO DI UNA DIMORA DI VILLEGGIATURA DEGLI ANNI VENTI 137

139 La facciata principale è la più degradata, presentando distacchi di intonaco e grosse macchie di umidità nella parte inferiore. Anche la situazione della scalinata che sale al piano nobile è precaria, con gradini divelti e rovinati dall umidità. La loggia del primo piano, certamente l elemento architettonico che più caratterizza la villa, è attualmente usata come discarica di materiale cartaceo della ex Comunità montana. Questo rappresenta un elemento di pericolo, a rischio incendio, aggravato dal fatto che alcune zone della villa sono facilmente accessibili, come testimoniano le numerose scritte vandaliche sui muri, sui gradini e nel parco, e i furti, come, ad esempio, l asportazione della balaustra del terrazzo rotondo. Il rifacimento del tetto che, come tutte le altre parti della villa simula una copertura di taglio tardo-rinascimentale, non è procrastinabile. Il manto di copertura, composto da lastre in eternit, versa in uno stato di grave degrado a causa della rottura, consunzione e sconnessione delle stesse. Attraverso queste lesioni l acqua meteorica si infiltra copiosamente in più punti, generando gravi danni ai locali sottostanti. Per fortuna, allo stato attuale, non si rilevano danni alla struttura portante in legno. Anche il muretto di falda, con vistosi cantonali in forma baroccheggiante, si sta sgretolando e i monumentali camini con struttura alla genovese versano in pessimo stato. Attualmente (maggio 2013) sono iniziati i lavori di sistemazione del tetto per evitare danni ulteriori all interno della villa e per sostituire l eternit. All interno i danni maggiori sono stati causati dalle infiltrazioni d acqua, in particolare nella sala da musica, al primo piano, dove l intonaco si sta sgretolando e i preziosi stucchi stanno cadendo a pezzi, mentre nella sala adiacente, affrescata, si riscontrano ampie macchie di umidità. Sempre al primo piano, nei locali in uso al Parco regionale dell Antola, gli stucchi colorati e quelli con motivi neoclassici nella stanza rotonda sono in ottimo stato, come pure i mobili della biblioteca di Borzino, il monumentale tavolo della sala da pranzo e i molti camini, finti o funzionanti. Il secondo piano ospitava gli uffici della Comunità montana Alta Valle Scrivia e, da quando questo ente è stato soppresso, i locali sono vuoti e in grave stato di abbandono. Sono spariti gli arredi antichi del bagno con interessanti piastrelle gialle e marroni, ma il problema più rilevante è rappresentato dallo sfaldamento delle decorazioni del soffitto a cassettoni in legno. Il rifacimento delle decorazioni che incorniciano le porte rappresenta un esempio negativo di restauro integrativo, da non ripetere. I danni provocati dalle infiltrazioni d acqua (e da decoratori improvvisati) possono essere risolti con interventi non troppo onerosi, ma, per riportare la villa all antico splendore, occorrono molti soldi e, in questo momento di grave difficoltà economica, non è possibile neppure ipotizzare che l amministrazione comunale possa farsi carico di tale spesa. Poiché lo stato di abbandono e la conseguente mancanza di manutenzione sono il motivo principale dello stato di degrado in cui versa la villa, è indispensabile che l amministrazione comunale si attivi per cercare una destinazione d uso congrua all importanza del manufatto attraverso un dignitoso compromesso tra pubblico e privato. Il parco, con giochi per bambini, aree di sosta, sentieri ed eventuali 138 SILVANA BALBI

140 percorsi-benessere, dovrebbe rimanere, come è attualmente, a disposizione della cittadinanza, con rigidi orari di apertura e chiusura per arginare gli episodi di vandalismo. Sarebbe opportuno che anche alcune stanze al primo piano, come le sale da musica e da pranzo, potessero mantenere un uso pubblico ed essere utilizzate in occasione di eventi, conferenze o concerti, anche in considerazione del fatto che nella cittadina non esistono altri spazi adibiti a queste funzioni. Gli altri locali della villa potrebbero essere affittati. Per l eleganza e la ricchezza degli interni si potrebbe pensare di utilizzare l edificio per organizzare eventi, sull esempio di altre ville storiche della zona, come, ad esempio, villa Serra a Comago. Purtroppo, la vista che si gode dalla villa, che un centinaio di anni fa probabilmente era molto suggestiva, oggi spazia su industrie e soprattutto sulla raffineria. Questo annulla le possibilità di sfruttamento per ospitare manifestazioni che necessitano di sfondi adeguati, mentre la collocazione di uffici di rappresentanza di industrie, imprese locali, enti pubblici o privati potrebbe rivelarsi realizzabile, data la vicinanza alla stazione e l opportunità di parcheggio. Gli interventi di recupero potrebbero essere a carico di eventuali locatari, con contratti di affitto simili a quello che il Parco regionale dell Antola ha sottoscritto con l amministrazione comunale. Tuttavia, se questa via non verrà percorsa, per la villa si prospetta un futuro prossimo di totale abbandono. 1 Si veda GA Vd. I. Cassol, M.L. Spineto, M. Traverso, Villa Borzino, I villini di villeggiatura della Valle Scrivia ( ), tesi di laurea, Università degli studi di Genova, Facoltà di architettura, a.a E. Silva, L arte dei giardini inglesi, Milano Il Progetto preliminare per il restauro e la riqualificazione del complesso di villa Borzino (2009) è stato curato dallo studio di architetti Ghigino e Associati. 5 Vd. La grotta di Villa Borzino di C. Olcese Spingardi in V. Cazzato, M. Fagiolo, M.A. Giusti (a cura di), Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia settentrionale, Umbria e Marche, Milano VILLA BORZINO: PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E IPOTESI DI RESTAURO E RIUSO DI UNA DIMORA DI VILLEGGIATURA DEGLI ANNI VENTI 139

141

142 PROGETTI REALIZZATI

143 TEATRO OLIMPIA Genova, via XX Settembre (interno del Palazzo della Borsa Nuova) Fig. 1 - Particolare della scala di ingresso alla sala cinematografica. Fig. 2 - Vista della galleria. Fig. 3 - Vista d insieme della platea e della galleria. Fig. 4 - Soffittatura TEATRO OLIMPIA

144 3 4 PROGETTI REALIZZATI 143

145 VILLA SOLARO Savignone Fig. 5 - Schizzo di particolari di interni. Fig. 6 - Bozzetto preparatorio acquerellato. Fig. 7 - Particolari di arredi. Fig. 8 - Visione d insieme. Fig. 9 - Particolare dell ingresso verso il giardino. Fig Particolare della loggia. Fig Particolare del portone. Fig Particolare della scala interna. Fig Prospettiva interna. 144 VILLA SOLARO

146 8 PROGETTI REALIZZATI 145

147 VILLA SOLARO

148 PROGETTI REALIZZATI 147

149 VILLA BIAGGI DE BLASYS Croara Rivergaro Fig Doccione. Fig Impianto planimetrico del giardino. Fig Progetto della facciata principale. Fig Il prospetto principale. Fig Particolare della ringhiera a parapetto. Fig Particolare del prospetto. Fig Particolare dell ingresso al giardino. Fig Particolare del fronte nord. Fig Particolare della scala interna al cortile VILLA BIAGGI DE BLASYS

150 17 18 PROGETTI REALIZZATI 149

151 150 VILLA BIAGGI DE BLASYS 19

152 PROGETTI REALIZZATI 151

153 CIMITERO DELLA FAMIGLIA BIAGGI DE BLASYS Croara Rivergaro Fig Progetto della cinta. Fig Studi delle cappelle interne. Fig Visione d insieme. Fig Particolare delle luci dei muri di cinta. Fig Particolare del portone d ingresso alla cappella principale CIMITERO DELLA FAMIGLIA BIAGGI DE BLASYS

154 PROGETTI REALIZZATI 153

155 PALAZZO DEL BALILLA ONB (CASA DELLA GIOVENTÙ) Genova, via Cesarea 1928 Fig Prospettiva da via Maccaggi. Fig Prospettiva da via Malta PALAZZO DEL BALILLA ONB (CASA DELLA GIOVENTÙ)

156 29 PROGETTI REALIZZATI 155

157 SEDE DEL REGIO YACHT CLUB ITALIANO (R.Y.C.I.) Genova, nuovo Porticciolo Duca degli Abruzzi Fig Progetti di ferramenta dei serramenti. Fig Progetto del fronte sud. Fig Particolare dell atrio d ingresso. Fig Particolare delle finestre del fronte sud al piano terra. Fig Visione d insieme lato mare SEDE DEL REGIO YACHT CLUB ITALIANO (R.Y.C.I.)

158 34 PROGETTI REALIZZATI 157

159 INFERRIATE DELLA VILLA DEI PINI Bogliasco 1930 circa Fig Visione d insieme ad est. Fig Particolare dello scalone con inferriata verso il giardino a nord. Fig Particolare della ringhiera della scala che conduce al mare. Fig Particolare di arredo esterno: il tavolo. Fig Particolare di arredo esterno: lampada da giardino. Fig Particolare del porticato quota giardino INFERRIATE DELLA VILLA DEI PINI

160 36 PROGETTI REALIZZATI 159

161 160 INFERRIATE DELLA VILLA DEI PINI 37

162 PROGETTI REALIZZATI 161

163 VILLA COSTA Rapallo 1930 circa Figg Progetto dei prospetti. Fig Visione d insieme VILLA COSTA

164 43 PROGETTI REALIZZATI 163

165 SEDE CENTRALE DELL ILVA Genova, via Corsica Fig Il progetto del fronte principale. Fig Sezione di studio dello scalone. Fig Pianta piano tipo. Fig Particolare dei parapetti delle scale. Fig Particolare del fronte principale SEDE CENTRALE DELL ILVA

166 48 PROGETTI REALIZZATI 165

167 166 SEDE CENTRALE DELL ILVA 49

168 50 Fig Visione di scorcio esemplificativa di particolari di facciata. Fig Particolare delle grate delle finestre del piano terra. Fig Particolare del pavimento dell atrio d ingresso. 51 PROGETTI REALIZZATI 167

169 CASA STRATA Busalla 1931 Fig Progetto della facciata. Fig Studi preparatori. Fig Scala interna. Fig Scala interna CASA STRATA

170 55 PROGETTI REALIZZATI 169

171 PALAZZI GAMBARO E PRETI Genova, via Caffaro angolo piazza del Portello 1933 Fig Pianta piano tipo. Fig Progetto del fronte principale. Fig Sezione sulle scale interne. Fig Vista prospettica. Fig Visione d insieme da sud a nord. Fig Vista d insieme da est verso ovest PALAZZI GAMBARO E PRETI

172 60 61 PROGETTI REALIZZATI 171

173 CASA DELLA GIOVINE ITALIA LITTORIA (ONB GIL) Alessandria 1935 circa Fig Prospettiva di progetto. Fig Particolare atrio centrale CASA DELLA GIOVINE ITALIA LITTORIA (ONB GIL)

174 Fig L edificio dopo i bombardamenti. Fig L edificio ai giorni nostri PROGETTI REALIZZATI 173

175 FACCIATE DEL PALAZZO IN CORSO AURELIO SAFFI Genova 1935 circa Fig Vista prospettica. Fig Pianta del piano tipo. Fig Vista d insieme FACCIATE DEL PALAZZO IN CORSO AURELIO SAFFI

176 68 PROGETTI REALIZZATI 175

177 PALAZZO TERZANO Genova, via Fieschi angolo piazza Dante Fig Progetto del prospetto principale. Fig Pianta del piano tipo. Fig Visione da piazza Dante PALAZZO TERZANO

178 71 PROGETTI REALIZZATI 177

179 PALAZZO PIAGGIO Genova, viale delle Brigate Partigiane 1950 circa Fig Vista prospettica. Fig Pianta del piano tipo. Fig Particolare del prospetto principale. Fig Facciata nord. Fig Il prospetto principale PALAZZO PIAGGIO

180 PROGETTI REALIZZATI 179

181 CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO Genova, via Rosselli angolo via Zara 1955 Fig Bozzetto ad acquarello. Fig Pianta. Fig Vista d insieme. Fig Particolare del portone d ingresso laterale. Fig Particolare dei portoni d ingresso principali CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO

182 PROGETTI REALIZZATI 181

183

184 REGESTO

185 1. PRINCIPALI OPERE ARCHITETTONICHE A GENOVA A. Schizzo per la palestra dell O.N.B. Fronte su via Cesarea, 1928 (GA ) 184 PRINCIPALI OPERE ARCHITETTONICHE A GENOVA

186 B. Sede del Regio Yacht Club Italiano, Porticciolo Duca degli Abruzzi, (GA ) REGESTO 185

187 186 PRINCIPALI OPERE ARCHITETTONICHE A GENOVA C. Palazzo dell ILVA, via Corsica, (GA )

188 D. Sede della Lega Navale Italiana, Porticciolo Duca degli Abruzzi, 1932 (GA ) REGESTO 187

189 188 PRINCIPALI OPERE ARCHITETTONICHE A GENOVA E. Fontana, piazza De Ferrari, (GA )

190 F. Palazzo Terzano, via Fieschi, (GA ) REGESTO 189

191 190 PRINCIPALI OPERE ARCHITETTONICHE A GENOVA G. Chiesa di Nostra Signora del Rosario, via Rosselli, (GA )

192 2. PROGETTI PER EDIFICI PUBBLICI NON REALIZZATI A GENOVA A. Palazzo dell Arte, piazza della Vittoria, (GA ) REGESTO 191

193 192 PROGETTI PER EDIFICI PUBBLICI NON REALIZZATI A GENOVA B. Teatro del Popolo, via XX Settembre, 1929 (GA )

194 C. Progetto per Cattedrale, 1930 c. (GA ) REGESTO 193

195 D. Nuovo Palazzo delle Borse Riunite, piazza Banchi, , in collaborazione con Giuseppe Abbiati (GA ) 194 PROGETTI PER EDIFICI PUBBLICI NON REALIZZATI A GENOVA

196 3. PROGETTI URBANISTICI A GENOVA A. Nuova Città Giardino a Marassi, 1929 (GA ) REGESTO 195

197 B. Piano Acquasola Piccapietra, 1931, in collaborazione con Armando Baghino (GA ) C. Piano Madre di Dio, 1931, in collaborazione con Armando Baghino (GA ) 196 PROGETTI URBANISTICI A GENOVA

198 D. Progetto per la sistemazione della viabilità di Genova, 1931, in collaborazione con Armando Baghino (GA ) REGESTO 197

199 E. Progetto per la Piazza a Mare alla Foce, 1931 (GA ) 198 PROGETTI URBANISTICI A GENOVA

200 F. Sistemazione di piazza Banchi e zone limitrofe, 1932, in collaborazione con Armando Baghino (GA ) REGESTO 199

201 G. Progetto per il quartiere Porta Pila, corso Montegrappa, 1933 (GA ) 200 PROGETTI URBANISTICI A GENOVA

202 H. Sistemazione della ex piazza Stellare (Leonardo da Vinci), 1946 (GA ) REGESTO 201

203 4. RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA A. Palazzo Cataldi-Podestà, via Garibaldi, (GA ) 202 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

204 B. Banca Italo Britannica (Palazzo Cattaneo della Volta), piazza dell Annunziata, 1925 (GA ) REGESTO 203

205 C. Palazzo Centurione, via Caffaro 12, 1926 (GA ) 204 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

206 D. Villa Cattaneo, Genova Nervi (ristrutturazione), 1927 (GA ) REGESTO 205

207 E. Agenzia Italo-Britannica, piazza Banchi, 1928 (GA ) 206 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

208 F. Villa Lesca, Albaro (nuova sistemazione facciata e giardino; costruzione di garage e portineria), 1928 (GA ) REGESTO 207

209 G. Palazzo d abitazione ILVA, corso Montegrappa (restyling facciata principale), 1930 c. (GA ) 208 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

210 H. Palazzo d abitazione Tagliafico, via Cavallotti (restyling facciata principale), 1930 c. (GA ) REGESTO 209

211 I. Villa Chighizzola (già Mathey), via privata Piaggio 14 (ristrutturazione esterna), 1930 c. (GA ) 210 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

212 J. Palazzo Eridania, corso Podestà (ristrutturazione edificio originario di Riccardo Haupt), 1930 c. (GA ) REGESTO 211

213 K. Palazzo Basevi, piazza Dinegro, 1930 (GA ) 212 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

214 L. Giardino di Palazzo Doria, via della Maddalena, 1930 (GA ) REGESTO 213

215 214 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA M. Uffici, via Santi Giacomo e Filippo, 1930 c. (GA )

216 N. Magazzino nel Porto Franco, via della Mercanzia, (GA ) REGESTO 215

217 216 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA O. Salone della Borsa Merci, piazza Banchi, 1930 c. (GA )

218 P. Progetto per la nuova sede del Regio Automobil Club Italiano, corso Montegrappa, 1930 c. (GA ) REGESTO 217

219 218 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA Q. Palazzo del Governo, largo Roma (Eros Lanfranco), 1932 (GA )

220 R. Palazzo Preti, via Caffaro 3, 1933 (GA ) REGESTO 219

221 S. Palazzo Gambaro, via Caffaro 1, 1933 (GA ) 220 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

222 T. Palazzo Negrone, Genova Sestri (ampliamento e ristrutturazione esterna), 1935 c. (GA ) REGESTO 221

223 U. Palazzo Balduino, via Gorgona (trasformazione esterna), 1935 c. (GA ) 222 RESTAURI, TRASFORMAZIONI EDILIZIE E UFFICI A GENOVA

224 V. Palazzo de Il Giornale di Genova, 1935 c. (GA ) REGESTO 223

225 5. PROGETTAZIONE D INTERNI A GENOVA A. Palazzo Sauli, piazza Santa Marta, Genova (ristrutturazione interna), 1925 c. (GA ) 224 PROGETTAZIONE D INTERNI A GENOVA

226 B. Villa Celesia, Rivarolo (ristrutturazione interna), 1926 (GA1996.2) REGESTO 225

227 226 PROGETTAZIONE D INTERNI A GENOVA C. Villa Negrone, Cornigliano (ristrutturazione interna), 1926 (GA1996.7)

228 6. OPERE ARCHITETTONICHE IN ITALIA A. Edificio scolastico e sede dell Opera Nazionale Dopolavoro, Montaldeo, 1933 (GA ) REGESTO 227

229 228 OPERE ARCHITETTONICHE IN ITALIA B. Stadio del nuoto e sede dell Opera Nazionale Balilla, Alessandria, 1933 (GA1996.1)

230 C. Casa della Gioventù Italiana del Littorio, Valenza, 1933 (GA ) REGESTO 229

231 D. Società Telefonica Tirrena (TE.TI), Savona, 1933 (GA ) 230 OPERE ARCHITETTONICHE IN ITALIA

232 7. OPERE ARCHITETTONICHE ALL ESTERO A. Universitade Commercial, Morumbi, San Paolo, Brasile, (GA ) REGESTO 231

233 B. Progetto di villa, Morumbi, San Paolo, Brasile, 1954 (GA ) 232 OPERE ARCHITETTONICHE ALL ESTERO

234 8. PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI A. Villa Giuseppe Croce, Varazze (nuova sistemazione), 1926 (GA ) REGESTO 233

235 B. Nuovo Quartiere (INA), via Napoli, Genova, 1930 c. (GA ) 234 PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI

236 C. Villa Bruzzo, San Michele di Pagana, 1935 c. (GA ) REGESTO 235

237 D. Villa Speick, via Domenico Chiodo, Genova, 1938 (GA ) 236 PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI

238 E. Caseggiato d abitazione, piazza Manin, Genova, (realizzato nel 1950, in sostituzione del progetto di Beniamino Bellati del 1938 c.) (GA ) REGESTO 237

239 F. Sistemazione Villa Spinola (planimetria e nuova lottizzazione), Quarto, Genova, 1944, in collaborazione con A. Baghino (GA ) 238 PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI

240 G. Fabbricato d abitazioni, salita superiore della Rondinella, Genova, 1955 c. (GA ) REGESTO 239

241 H. Casa unifamiliare, San Michele di Pagana, 1958 (GA ) 240 PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI

242 I. Palazzina d abitazione, Bonassola, s.d. (GA ) REGESTO 241

243 J. Casetta unifamiliare, via San Giacomo, Genova, s.d. (GA ) 242 PALAZZINE, CASE D ABITAZIONE E INSEDIAMENTI RESIDENZIALI

244 9. LE GRANDI VILLE EXTRAURBANE A. Villa Borzino e parco, Busalla (trasformazione completa), (GA ) REGESTO 243

245 B. Villa Baratta, Rapallo (trasformazione in stile), (GA ) 244 LE GRANDI VILLE EXTRAURBANE

246 C. Villa Marshal, Rapallo (ristrutturazione interna e esterna), 1927 (GA ) REGESTO 245

247 246 LE GRANDI VILLE EXTRAURBANE D. Villa proprietà Biaggi-La Ticinese, Righi, Genova (trasformazione completa del preesistente Albergo Ideal, 1900 c.), (GA )

248 E. Villa Durazzo-Pallavicini, Pegli (progetto di giardino genovese con serra), 1930 c. (GA ) REGESTO 247

249 F. Villa Prencipe, Portofino (progetto di nuova costruzione), 1930 (GA ) 248 LE GRANDI VILLE EXTRAURBANE

250 10. VILLE, VILLINI E CASTELLI A. Villa Elena, Sanremo, 1925 (GA ) REGESTO 249

251 B. Villa Oberti, Pieve di Novi Ligure (progetto di nuova costruzione), 1925 c. (demolita) (GA ) 250 VILLE, VILLINI E CASTELLI

252 C. Villino Panizzi, Crocefieschi (progetto di nuova costruzione), 1925 c. (GA ) REGESTO 251

253 D. Villa Alvigini, Savignone (progetto di nuova costruzione), (GA ) 252 VILLE, VILLINI E CASTELLI

254 E. Villini rustici (Tipo 1 e Tipo 2), Savignone (progetto di nuova costruzione), 1926 (GA ) REGESTO 253

255 F. Villino rustico (Tipo C), Savignone (progetto di nuova costruzione), 1926 (GA ) 254 VILLE, VILLINI E CASTELLI

256 G. Villa Pozzo, Spotorno (progetto di nuova costruzione), 1926 (GA ) REGESTO 255

257 H. Villa Mossa, Savignone (progetto di nuova costruzione), 1926 (GA ) 256 VILLE, VILLINI E CASTELLI

258 I. Castello Bruzzo, località Retorto Predosa (trasformazione e arredi interni), (GA ) REGESTO 257

259 J. Casa municipale, Savignone, 1926 (GA ) 258 VILLE, VILLINI E CASTELLI

260 K. Asilo infantile, Savignone, 1926 (GA ) REGESTO 259

261 L. Villetta Croce-Ranuzzi, Voltaggio (progetto di nuova costruzione), 1927 (GA ) 260 VILLE, VILLINI E CASTELLI

262 M. Villa Giacomo Costa, Rapallo (progetto di nuova costruzione con G. Abbiati), 1930 c. (GA ) REGESTO 261

263 N. Villa Enrico Costa, Rapallo (progetto di nuova costruzione), 1930 c. (GA ) 262 VILLE, VILLINI E CASTELLI

264 O. Villa von Unruch, Zoagli (progetto di nuova costruzione), 1933 (GA ) REGESTO 263

265 P. Casolare agricolo La Bandita, Sassetta, 1935 (GA ) 264 VILLE, VILLINI E CASTELLI

266 Q. Villino Cobianchi, Mulinetti (progetto di nuova costruzione), 1935 c. (GA ) REGESTO 265

267 R. Villa Rosa, Santa Margherita Ligure, 1941 (GA ) 266 VILLE, VILLINI E CASTELLI

268 S. Villino Talmone-Koechlin, Varazze (progetto di nuova costruzione), 1950 c. (GA ) REGESTO 267

269 T. Villetta unifamiliare (comparto Roccolo), Pineta di Arenzano (progetto di nuova costruzione), s.d. (GA ) 268 VILLE, VILLINI E CASTELLI

270 U. Castello Miramare, Levanto, 1938 (GA ) REGESTO 269

271 11. CINEMA E TEATRI A. Cinema-teatro Odeon, Rivarolo Ligure, 1919, in collaborazione con A. Desirello (GA ) 270 CINEMA E TEATRI

272 B. Cinema Savoia, via XX Settembre, Genova, (GA ) REGESTO 271

273 272 CINEMA E TEATRI C. Cinema-teatro Olimpia, via XX Settembre, Genova, , in collaborazione con Giuseppe Abbiati (GA )

274 D. Caseggiato con cinematografo, via Pisa, Genova, 1930 (GA ) REGESTO 273

275 E. Cinematografo, via Pisoni, Genova Rivarolo, 1930 c. (GA ) 274 CINEMA E TEATRI

276 F. Riammodernamento del Teatro Politeama Genovese (progetto di concorso), Genova, 1930 c. (GA ) REGESTO 275

277 G. Cinema Massimo, Milano, s.d. (GA ) 276 CINEMA E TEATRI

278 12. LOCALI PUBBLICI E NEGOZI A. Bottega del pesce, Genova, 1929 (GA1996.5) REGESTO 277

279 B. Negozio Zoppi, Genova Sampierdarena, 1929 (GA ) 278 LOCALI PUBBLICI E NEGOZI

280 C. Gran Caffè Borsa, via XX Settembre, Genova, 1931 (GA ) REGESTO 279

281 D. Ristorante Nazionale (nuova sistemazione), Portofino, 1931 (GA ) 280 LOCALI PUBBLICI E NEGOZI

282 E. Negozio Contini, via XX Settembre, Genova, 1935 c. (GA ) REGESTO 281

283 13. EDIFICI PER IL TEMPO LIBERO A. Tiro al Piccione, Genova Quinto, 1925 c. (GA ) 282 EDIFICI PER IL TEMPO LIBERO

284 B. Progetto per la nuova sede Sezione Combattenti di Mattarana, Carrodano, 1925 c. (GA ) REGESTO 283

285 C. Sede Lawn Tennis Club, via Orti Sauli, Genova, (GA ) 284 EDIFICI PER IL TEMPO LIBERO

286 D. Colonia marina ILVA, Forte dei Marmi, (distrutta nel 1944), in collaborazione con Mantelli e Corbella (GA ) REGESTO 285

287 E. Associazione Motonautica Ligure (nuova sistemazione), Genova, 1949 (GA ) 286 EDIFICI PER IL TEMPO LIBERO

288 F. Albergo Belle Vue, San Marino, 1950 c. (GA ) REGESTO 287

289 G. Pensione Bonapace (ampliamento), Madonna di Campiglio, 1950 c. (GA ) 288 EDIFICI PER IL TEMPO LIBERO

290 14. OPERE ECCLESIASTICHE E OSPEDALIERE A. Pio Istituto Artigianelli-Montebruno, via Parini, Genova, 1933 (GA ) REGESTO 289

291 B. Pio Istituto Artigianelli-Montebruno, via Gobetti, Genova, 1935 (GA ) 290 OPERE ECCLESIASTICHE E OSPEDALIERE

292 C. Pio Istituto Artigianelli-Montebruno, Coronata, Genova, 1935 (GA ) REGESTO 291

293 D. Ospedali Galliera, Genova (nuovo padiglione San Filippo e loggiati d unione), 1935 c. (GA ) 292 OPERE ECCLESIASTICHE E OSPEDALIERE

294 E. Nuova Cappella Suore Sacramentine, via Byron, Genova, 1935 c. (GA ) REGESTO 293

295 F. Chiostro di San Matteo, Genova (restauro e consolidamento), 1938 (GA ) 294 OPERE ECCLESIASTICHE E OSPEDALIERE

296 G. Chiesa di Nostra Signora del Rosario, via Rosselli, Genova, 1955 (GA ) REGESTO 295

297 H. Seminario Arcivescovile (ex Villa Quartara), Righi, Genova, (GA ) 296 OPERE ECCLESIASTICHE E OSPEDALIERE

298 15. MONUMENTI E OPERE FUNERARIE A. Tomba Famiglia Cataldi, Staglieno, Genova, 1925 (GA ) REGESTO 297

299 B. Tomba Famiglia Capello, Staglieno, Genova, 1925 c. (GA ) 298 MONUMENTI E OPERE FUNERARIE

300 C. Cimitero di Croara (proprietà Biaggi), Rivergaro, Piacenza (progetto completo per cappella e romitaggio), (GA ) REGESTO 299

301 D. Tomba Francesco Barbagelata, Staglieno, Genova, 1930 (GA ) 300 MONUMENTI E OPERE FUNERARIE

302 E. Tomba Famiglia Repetto, Staglieno, Genova, 1935 c. (GA ) REGESTO 301

303 302 MONUMENTI E OPERE FUNERARIE F. Cappella Matarazzo, Verano, Roma, 1961 (GA )

304 16. MOSTRE E CONCORSI A. Concorso per la cattedrale della Spezia, 1929 (GA ) REGESTO 303

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